Marchionni Carlotta. Figlia del precedente e di Elisabetta Baldesi, nacque a Pescia nel 1796. Messa nel collegio delle Orsoline di Verona, si vuole che fosse trovata in estasi dinanzi a una statua di sant’Orsola, alla quale recitava certe sue filastrocche. Recitazione, che ripeteva poi per invito della stessa direttrice e delle compagne nelle ore di ricreazione. Balzò di punto in bianco dai silenzi del chiostro alle lusinghe della scena, in cui passò di compagnia in compagnia sostenendo parti or di paggetto, or di amorosa, or di seconda donna, sinchè il 1811 fu scritturata prima attrice dal capocomico Lorenzo Pani, sino al '14 ; nel quale anno appunto, essendo a spasso in Firenze gli artisti Antonio Belloni, Ferdinando Meraviglia, Carlo Calamai e Luigi Domeniconi, formarono con Elisabetta Marchionni una società, di cui fu prima donna assoluta la diciassettenne Carlotta, la quale esordì al piccolo teatro della Piazza Vecchia nella Pamela nubile del Goldoni. – Narra il Colomberti che la società iniziò il corso delle sue recite, non solamente senza alcun corredo di scena, ma senza fin anco il libro della commedia che fu per buona ventura trovato sur un banchetto. L'esordire della giovane attrice fu il primo passo alla celebrità, che divise, unica fra le donne, con Luigi Vestri e Gustavo Modena.
Ma il Modena si chiuse nella cerchia della tragedia e del dramma. Il Vestri e la Marchionni personificarono forse meglio quella varietà di attitudini che è degli attori italiani soltanto, e che permette a ciascuno di loro, che sia veramente nato all’arte, di suscitare le commozioni più disparate e diverse ; di passare con stupenda volubilità e occorrendo in una sera medesima dal tragico al comico, dall’Al fieri al Goldoni : d’essere come la Marchionni ora Mirra o Clitennestra, più tardi Mirandolina o Rosaura : come il Vestri oggi Don Marsio, domani II povero Giacomo.
E più largamente il Colomberti :
La naturale sensibilità, il nobile gestire, l’espressione del volto, e più di tutto il suono armonioso della voce donavano alla Carlotta un fascino che dominò per quasi trent’ anni tutti i pubblici d’Italia. Chi la vide rappresentare L'Alexina, La Fiera, La Lusinghiera, e La Vedova in solitudine del Nota ; La Sposa sagace, le due Pamele, Gl’Innamorati, le tre Zelinde del Goldoni ; La bella Fattora, traduzione del conte Piosasco ; le due Chiare di Rosenberg, La figlia della terra d’esilio, L'Orfanello suissera, drammi scritti a posta per lei dal fratello Luigi, non potè a meno di riconoscere e di applaudire in lei quei tratti di grande attrice, che caratterizzano il vero genio. Un altro genere da lei insuperabilmente rappresentato era quello delle parti ingenue. La Giurlì o La famiglia indiana, la Lauretta di Gonzales, e varie altre erano da lei con tale innocenza rappresentate, e nel tempo stesso con una verità si grande da far supporre che l’arte non vi aggiungesse nulla del proprio, quando invece era la sublimità di questa che le faceva raggiungere il vero ; e se questa somma attrice fu a tante superiore nella commedia e nel dramma, con non minore maestria seppe innalzarsi nella tragedia, poichè la Francesca da Rimini, ch'ella creò, la Pia de' Totornei, la Mirra, l’Ottavia, e tante altre le procuraron sempre nuovi trionfi.
E Francesco Righetti nel suo Teatro italiano, dopo di avere accennato alle invidie suscitate da lei nelle compagne d’arte, e di avere enumerati alcuni difetti di gesto e d’intonazione dovuti a mancanza di scuola, viene a concludere così :
Ma io sfido tutti i delicati conoscitori dell’arte comica a dirmi in chi, dove, e quando si è veduto nella commedia italiana una donna, che con tanta grazia, con tanta decenza, e con tanta nobiltà passeggi la scena ? Io m’appello a tutte le dame di tutte le corti più galanti, se si può con miglior dignità ed amabilità in una nobile e gentile conversazione, dir sedete come lo dice la nostra Marchionni ; con quale vivacità di colorito sa ella moltiplicare e compartire le tinte in una scena di gelosia ! Chi sa comporre quello sguardo, accomodar quel labbro, emettere quel suono di voce in una scena d’ironia al pari di lei ? Della felicità sorprendente nelle transazioni, e nel passaggio d’un affetto all’altro, della dizione semplicissima e naturale, dell’artifizio che par tutto natura, ne abbiamo un esempio parlante nella Lusinghiera dell’avvocato Nota.
E qui fa un’analisi minuziosa e interessante dell’interpretazione, in cui la Carlotta si mostrò più che in altre artista di genio ; alla quale fa seguir quella della Mirra, che ne fu la creazione più maravigliosa, approdando alle stesse conclusioni, e terminando poi con queste parole : « la nostra Marchionni ha dei difetti : e chi non ne ha ? Ma dove ella è grande, è più grande di tutte. »
La società con tanta modestia e direi meglio povertà costituita, andò innanzi dodici anni tra l’ammirazione e l’applauso di ogni pubblico, esempio unico di artistica fratellanza. Terminati i quali la Carlotta passò (la quaresima del '23) nella Compagnia Reale Sarda, in cui portò coll’arte e co' costumi l’amore del pubblico verso di lei al grado d’idolatria, e da cui si staccò nel '39, per ridursi a vita privata, e non tornar più sulle scene, fuorchè tal volta a scopo di beneficenza. Morì nubile di paralisi al cuore in Torino nel 1861. Nubile ! A proposito del sagrificio ch'ella avea fatto all’arte degli affetti di sposa e di madre, Giuseppe Costetti (op. cit., 38) dice :

E quando si rifletta che la verginità di Carlotta Marchionni non fu una maschera astuta per gabellare irresponsabilmente non dirò la scostumatezza, ma nemmeno le facili mondanità della vita del teatro, ma fu invece una castità immacolata e tersa, non appannata mai neppure dal soffio della maldicenza che, fra le quinte, è vipereo ; è da pensare piuttosto che quell’anima forte e quella vigorosa fantasia si piacessero del contrasto fra la severità del costume che s’era imposta, e le sfrenate amorose passioni che doveva rappresentare.
E più oltre (pag. 41) :
Carlotta Marchioimi, la estatica di Verona (allude al Collegio delle Orsoline), la immancabile alle messe meridiane della Consolata o di San Filippo, che prima di uscir sulla scena ogni sera si faceva senza ostentazione, nè sotterfugio, il suo bravo seguo di croce, rappresentò alla perfezione Donna Giulia (La Lusinghiera) e le sue spinte civetterie, come già aveva reso le fiamme incestuose di Mirra.
E il Colomberti :
Carlotta Marchionni fu donna adorna di modi squisiti e gentili ; d’ingegno perspicace e pronto. Tanta era l’attrattiva del suo conversare, che la di lei casa era in ogni città frequentata dai più rinomati ingegni in Arti, Scienze, e Letteratura. L'arte che professava fu sempre per lei una seconda esistenza. Nè questa le impedì d’essere figlia amorosissima, perchè non volle mai separarsi dalla sua genitrice ; e quando la morte glie la tolse, le fece innalzare nel Campo Santo di Torino un monumento che racchiuse, dopo varj anni, anche le di lei spoglie mortali.
La madre morì d’anni 65 il dì 24 marzo 1835 ; ed ebbe sulla sua tomba questa iscrizione :
Ad Elisabetta Marchionni Sanese | dalla figlia Carlotta | cui raddoppiò gli affanni nel mancar della madre | amata sopra tutte le cose umane com’era degna.
Giovanni Prati dettò il seguente sonetto :
Visitando la tomba di sua madre
Sì ; vidi anch'io quell’urna e quelle formesculte nel marmo, e che tu piangi estinte :E volto a quella che là dentro dorme,e per aura miglior l’ali ha sospinte,sclamai : « Beata, che traesti l’ormeda queste zolle in vanità dipinte,dove s’indraca un popolo difforme,che troppo ha l’alme nella creta avvinte.Beata ancor, che dietro te lasciastiuna che piange in queste basse rive,come cosa mortai più non la tocchi.Troppo le tombe scordano i rimasti !Troppo, e Dio se ne accora. Ella non vivedal dì che ha chiuso alla sua madre gli occhi. »
Gli onori tributati alla grande Carlotta ricordan quelli tributati più di due secoli a dietro a Isabella Andreini ; onori di rime, di medaglie, di marmi. Madame di Staël, a una rappresentazione della Mirra in Milano, lei che all’ammirazione del teatro italiano non fu molto inchinata, vòltasi a Silvio Pellico, sciamò : elle à le génie de son art au dernier point. Tra'versi dettati in suo onore, del Pezzòli nella Galleria dei più rinomati attori drammatici italiani, del Vico nell’opera del Costetti, ecc., scelgo il principio e la fine del sermone di Giuseppe Barbieri, Il Teatro, a lei dedicato, che è men facile a trovarsi :
……………Pochi nel genial comico ludosurgono ad alta meta insigni attori ;e Tu forse nel tragico lamentounica sei, che l’anime distemprid’ineffabil dolcezza ; e ben Tu fostia miracol mostrar, di Ciel venuta,soavissima Venere del pianto.O rara donna ! A questo erami dunquela tua maravigliosa arte serbata,questo voleva il mio destin, che tuttol’amaro e il dolce, in che passai la vita,« quand’era in parte altr'uom da quel ch'i' sono ; »tutto m’avesse a ribollir nel petto,e traboccarmi in lagrime dagli occhi ;e me da me diviso, e in te pendenteconfondermi con teco ? Illustre donna,chi non t’ammira ? Di vivaci plausiferve al tuo comparir l’Itala scena ;che dove a Te simile altra sorgesse,di Melpomene alunna e di Talia,men sonerebbe glorioso il vanto,che le galliche prove a noi rinfaccia.………………………………… o delle Museverace figlia, e delle Grazie alunna,a Te mi volgo, in Te conforto e spemegiovami por ; che Tu Roscia de' palchi,Tu del bello imitar casta, decente,affettüosa, amabile, maestrafarai le scene di lor meglio accorte ;e sarai vivo specchio, in che guardandoattori e spettator, prendano formad’ogni sincera teatral virtude.Opra è questa da Te. Natura ed arteTi componeano al bello ed all’onesto.Sirena del dolore, io ti saluto.