(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 41-43
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 41-43

Lombardi Francesco. Primo figlio di Federigo, nacque a Bergamo il 1792, e, con l’esempio del padre, si mostrò fin da giovanetto egregio amoroso in Compagnia di Antonio Goldoni, poi di Giacomo Dorati ; riuscendo quindi, sotto gli ammaestramenti di Giovanni Libanti, artista de'più pregiati. Venuto a morte in Compagnia Fabbrichesi il celebre Giovanni Bettini, andò il Lombardi a sostituirlo ; e sì bene uscì dal cimento, che partito il Belli-Blanes, egli ne sostenne le migliori parti di amoroso, passando di trionfo in trionfo. Indescrivibile è il fanatismo da lui destato a Napoli, solo uguagliato dal fratello Alessandro. Fu quindi nella Compagnia di Luigi Vestri, stipendiato dal vecchio DucaTorlonia per tre stagioni annuali in Roma, e quivi anche si rinnovarono i trionfi di Napoli. Passò da questa primo attore con Giacomo Modena, poi, intollerante di giogo, formò da sè compagnia della quale fu prima attrice l’ Amalia Vidari. La quaresima del '25 diede improvvisamente addio alle scene per ritirarsi a Bologna, ove aveva segretamente sposata la Principessa Maria Hercolani.

Il Colomberti dice di lui : che sortì dalla natura

un carattere inquieto, atrabiliare, puntiglioso e prepotente. Villano e sprezzante di tutto e di tutti, non aveva amici perchè voleva suppeditar tutti con il suo prepotente contegno, e con il suo basso e triviale frasario. Osteriante, bene spesso era preso dal vino, ed in allora nessuno sapeva il modo di contenersi con lui. Secondandolo, se ne offendeva, opponendosegli, bisognava litigare, e anche venire alle mani. Dotato di una forza erculea, su di essa affidavasi per insolentire a dritto o a torto……

A questo carattere violento, irruento, dovè il Lombardi la più tragica delle morti, che il Colomberti ancora ci racconta ne' suoi particolari :

Sentivasi egli una mattina indisposto di salute ; aveva ordinato un brodo, e tardando a riceverlo, si recò egli stesso in cucina dal cuoco, uomo già vecchio, e che da molti anni serviva nel palazzo della Principessa. Là giunto, corse fra loro un dialogo con minaccie da parte del Lombardi, e di scuse da quella del cuoco ; ma queste non servirono che a iritar maggiormente il padrone, il quale fini col percuotere il vecchio. Questi che stava sventrando un pollo, aveva in mano un lungo coltello e affilato. Alla provocazione, l’insultato e percosso rispose avvertendolo di fermarsi : ma seguitando quegli brutalmente a percuoterlo, il cuoco, perduto il lume della ragione, gli piantò il coltello nel basso ventre, e Lombardi cadde immerso nel suo sangue. A quella vista, il disgraziato vecchio fuggi dal palazzo, col coltello grondante sangue in mano, urlando lungo la via, e correndo a costituirsi in prigione, dove mori di dolore dopo pochi mesi. Mentre il cuoco correva alla polizia a palesare il fatto, Federigo, padre di Francesco, che non abitava con lui, lo andò a cercar nel suo appartamento, e avendo saputo dal cameriere ov'era, andò alla cucina ; ed entrato in quella, gli si presentò l’orribile spettacolo del figlio steso in terra, ed immerso in un lago di sangue. Come il povero Federigo rimanesse, immagini il lettore. Il figlio, dopo pochi secondi, gli spirò fra le braccia, dopo averlo riconosciuto, ma senza pronunziare una parola.

Era il giugno del 1845.

Molti testimoniaron della grandezza del suo valore. Francesco Righetti nel suo Teatro italiano (II, 104), parlando de' comici figli di comici, dice : il solo Francesco Lombardi s’alza gigante in mezzo a tanti suoi confratelli, che, o giacciono nell’oscurità, o appena toccano la mediocrità.

Nella Galleria de' più rinomati attori drammatici italiani, da cui ho tolto il presente ritratto, è uno scritto di Tommaso Locatelli, il quale dice di lui :

Il Lombardi è dotato dalla natura di alta e bella persona, d’una corretta e chiara pronunzia, e di una voce forte e soave, atta in singoiar modo a piegarsi a tutte le infinite varietà di quegli affetti, ch'ei vuole esprimere, e che sa cosi mirabilmente trasfondere negli animi de' suoi uditori. Benchè le parti tutte gli stieno bene del pari, pure la tragedia è quasi il suo campo d’onore, dov'egli in quelle, che sostiene, si addentra cosi, che più in lui non vedete l’attore, ma vi trovate dinanzi l’eroe ch'ei rappresenta. Milano n’ebbe già una prova solenne, che poteva riuscire per lui troppo fatale, allorquando del 1821 su quelle scene rappresentando l’ Emone nell’ Antigone dell’ Alfieri, nell’atto ch'ei dovea simulare di uccidersi, veramente si feri del pugnale nel fianco.

Tal fatto ci è descritto nel seguente sonetto, che tien dietro allo scritto del Locatelli :

Sei tu, Lombardi, o il furibondo Emone,
d’ Antigone svenata al crudo aspetto,
che col barbaro padre in ria tenzone
d’ira trabocca e disperato affetto ?
Chi pingendo natura, al paragone
starà di te, cui l’orrido subbietto
sul brando micidial tragge boccone,
tal che piaga non fìnta apri nel petto ?
Surse il popolo allora e un grido mise
visto il garzon che si scolora e langue,
e pietoso terror l’alme conquise.
Il cordoglio comun piagnealo esangue ;
sola dell’astigian l’ombra sorrise
allo stillar d’inaspettato sangue.

a. p.