È vero, che S. […] So, che D. […] Certo che no. […] Io credo, che si possa dire, che è più vano lui, che spende, e getta suoi danari . […] Ma che?
Splendor, che oscura al gran Pianeta i raìt Qualor più chiaro il lume suo diffonde Qui fiammeggia, qui sol tra verdi sponde Bella, e spirante virtù vedrai. Bella sì, che’l pennel della tua lingua Tal non la pinseu, o quattro volte, e sei Beato suol, che reggi il nobil velo. Ecco non pur ardor d’amor per lei L’almevleggiadre : ma n’avvampa il Cielo, Né sia, che Lethe un sìwbel fuoco estingua.
Degna del Sol celeste oggi il costume Il mio terren’ quel negli Eterei campi In nube opposta di se stesso il lume, (Se d’onda è grave) avvien, che formi, e stampi. A me, che fata son nube di pianto Si volga ormai la mia leggiadra vaga, E’l suo volto vedrà vino, e lucente. […] [NDE] « pennel’ ch’altri » = « pennello che (gli) altri ».