Confesso bene, che, chi fosse forte nella Virtù, e sicuro probabilmente di non consentire al diletto della disonestà, sentendosi invitare da qualche Personaggio Grande, a cui difficilmente potesse contraddire, e però andasse alla Commedia oscena, io non lo condannerei di grave colpa:e in questo approvo l’opinione di Monsignor Francesco Diotallevi, il quale in un Trattato di questa materia manoscritto, e veduto da me in Fiorenza dice così. […] di famiglia vietò a’ Servi lo sradicare le zizzanie, « ne forte eradicetis simul et criticum ». […] E possono immaginarsi, che di loro si avverano le parole di Eusebio. « De suis perditione letantur, similes illis, qui forte sumentes exitiales herbarum sucens, cum risu perire dicuntur. […] Forte qui pecunias effundit, vanior est: quoties enim Histriones de se Dominos ridentes vident, toties ipsi mirantur dementiam se mirantium. […] Nella Scena il viso si fa vedere ardente nell’ira, allegro nel gaudio, mesto nelle avversità, troppo ardito ne’ prosperi successi, composto nelle cose ferie, rimesso nelle burle, e acre, costante, e forte negli ardui avvenimenti.