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1 (1648) Della cristiana moderazione del teatro. Detto la qualità delle Commedie pp. -272
m Regnum Cælorum »a. Questo Santo avviso di penitenza, e di vicinanza del celeste Regno, porge a me ora dolce materia di co
con la più bella parte di se stesso, e vino, e spirante l’aura vital del corpo, entrasti un giorno nell’Ecclesiastica Scuo
l Gioco moderatamente. « Istriones moderate ludo utantur. »i L’Autore del presente Ricordo alludendo alla parola del S. Dot
ludo utantur. »i L’Autore del presente Ricordo alludendo alla parola del S. Dottore, Moderate, ha composto un’Opera circa
ttore, Moderate, ha composto un’Opera circa la necessaria Moderazione del cristiano Teatro ; e l’ha distinta in vari Libri
gli altri seguiranno appresso per beneficio delle Anime, e la gloria del Sig. Iddio : e tutti ci si procurerà, che le sent
le quali le Comiche ordinarie compariscono in scena, ovvero in banco del pubblico Teatro. Pag. 86 Q. 1. La licenza ot
fficiente per la pubblica comparsa ? Pag. 115 Q. 7 La necessità del guadagno è ragione sufficiente per la comparsa de
? Pag. 121 Q. 9. Le ordinarie Comiche nuoconov più con l’Azione del Teatro, o con la conversazione di casa ? Pag. 124
Pag. 139 Q. 11. Lez ordinarie Comiche nuoconoaa alleab anime del Teatro con altri modi ? Pag. 143 Nota Unica
Unica Intorno al documento cagionato dalle Comiche con la dolcezza del canto. Pag. 145 Q. 12. Leac ordinarie Comi
dal Teatro, perché non bisognerà anche levarle da molti altri luoghi del Mondo. Pag. 179 Q. 3. L’uso non basta per g
9 Q. 3. L’uso non basta per giustificar la comparsa delle donne del Teatro ? Pag. 181 Nota. Non tutti gli uditor
va la comparsa dei Giovanetti vestiti da Donna per le pubbliche scene del Teat. Pag. 195 Q. 5. Non basta il fine buo
on basta il fine buono per introdurre le Donne ; e i discorsi amorosi del pubblico Teatro. Pag. 198 Nota. Si continua
se lecita. Pag. 229 Q. 13. A che cosa è obbligato il Confessore del Superiore per rispetto della comparsa delle Comic
s. Sig. Cardinal de Lugo. Pag. 238 Append. Apendice per conferma del detto. Pag. 243 Nota 2. Di un Principe, che
g. 251 Append. Appendice alla risposta data intorno all’autorità del P. Galluzzi. Pag. 254 Nota. Della risposta
rdo con le parole della sua gemmata bocca concede alla preziosa gemma del cristiano zelo la forza, e il titolo di stimolo,
ngua alla caritativa ammonizione, resterà senza valevole difensionean del tremendo esame del Giudice spaventoso. E chi non
a ammonizione, resterà senza valevole difensionean del tremendo esame del Giudice spaventoso. E chi non stimola gagliardame
non stimola gagliardamente i peccatori ad uscire dallo stato infelice del peccato, e egli ancora facilmente vi cadrà preda
die, mandati all’Eminentiss. Sig. Cardinale Scipione Borghese a tempo del Pontificio Monarca Paolo V compatisce gli errori
dianti, né daiaw Ciarlatani modesti ; ma dagliax osceni : per cagione del qual danno io vi ricordo, ô Amico mio, di far ben
to veramente prometto, e spero di mantenerlo in tutta la spiegaturaay del presente Ricordo, quale distinguerò in quattro Ca
dichiarazione dei proposti Capi. Io vorrei che fossero luminosi raggi del cielo per scacciare i tenebrosi orrori del peccat
che fossero luminosi raggi del cielo per scacciare i tenebrosi orrori del peccato. Capo Primo Della Dottrina intorno a
empo non si perde in fabbricare, quando l’Architetto appoggia la mole del suo lavoro sopra la sodezza di un buon fondamento
e Dottrine scolastiche, e morali bramo di ben fondare la fabbrichetta del presente Ricordo, ricordando, e dichiarando ad al
ciò, che i Dottori sentono intorno alle drammatiche Rappresentazioni del Theatro. E questo farò, proponendo varietà di nod
i di questa lunga proposizione mirano tutti i Capi, e tutti i Quesiti del presente Ricordo. Ora poniamo le torcie nella sce
ve ciò, che con lunga dichiarazione siamo per considerare nel 2. Capo del Ricordo detto l’Istanza ; ove con la risposta mol
to più mostruosamente, disoneste, e illecite, che le Rappresentazioni del nostro tempo. Onde con ragione Clemente Alessandr
e dalla voce dei Predicatori, e molto più dalla giornalebo esperienza del fatto : onde concludo il Quesito, e dico insieme
i, dei sacri Teologi, e dei Santi Padri. Che però io lodo la prudenza del Comico Cecchino per quel poco, che nel principio
lio dire, che per sgombrare, non che distinguere, le illecite tenebre del Teatro, chiaro lume ci recano gli illuminati Dott
to, e lanciar saette. La ragione poi Tommaso riconosce nella dottrina del Filosofo, perché nella conversazione della vita p
è il ricrearsi alle volte. Aggiungo, che non tutte le persone gustano del ritiramento; anzi, come non sono tutte della stes
oso, benché splenda a modo di chiaro sole, nondimeno perde non so chè del buio di una nuvolosa opposizione. Io credo, che v
mpre vi sono stati Comici buoni e rei. Inoltre mi persuado, che i rei del nostro tempo siano di molto pregiudizio all’utile
lo contro i Commedianti, e Ciarlatani ? La rettitudine, e prudenza del buon Giudice vuole, che egli oda le ragioni delle
allo stesso Agente secondo le diverse qualità dei soggetti : la viltà del loto s’indura col vigore del raggio solare, e con
diverse qualità dei soggetti : la viltà del loto s’indura col vigore del raggio solare, e con lo stesso si liquefa la morb
solare, e con lo stesso si liquefa la morbidezza della cera: la forza del fuoco ripurga la bellezza dell’oro, e consuma la
a forza del fuoco ripurga la bellezza dell’oro, e consuma la sostanza del piombo : Anche Beltrame dice. Quella neve, che tr
uosi: le ragioni de’ quali egli ascoltò, e approvò per buone, e degne del suo favore. Il medesimo Santo pubblicò contro i C
non mancano varie risposte : Beltrame Comico ne porta due nel c. 38. del suo discorso, e dice nel primo luogo, che il bene
uosi. Anche a dir Corsari, Ladri, e Assassini, par che si dica uomini del Diavolo : ma in tal viluppo nn si rinchiudono que
Comica. Discorso veramente mal fondato, e pregiudiziale alla dottrina del Santo, e de’ suoi Consultori, e Dottori Sinodali,
Soldato. Tu viziosamente guerreggi, se non conosce pienamente l’Arte del guerreggiare ? La riprensione dell’errore suppone
o contrari tra loro; ne uniti insieme sono repugnanti alla cognizione del Prelato, scopro in lui diverse perfezioni, e si a
la modestia de’ Recitanti per relazione di altri, e vista la dottrina del suo maestro, si mortificò d’aver predicato contro
pareri dottrinali, e la immodestia degli Istrioni, Mimi, e Ciarlatani del suo tempo, e la soda dottrina de’ santi Padri, e
carla più volte in questa mia poca, e debole fatica della moderazione del Teatro. E invero siccome l’arte Comica è lecitiss
elli, che « non sunt in statu peccati », non sono nell’infelice stato del peccato. E può essere, che in alcuni Comici moder
ì, e altre devozioni. Molte Compagnie fanno dir una Messa ogni giorno del pubblico, oltre alle particolari. Molti di loro,
ste ne’ Comici da Beltrame, non scacciaci lungi da sé l’abito vizioso del parlar disonestamente in scena, e del gestire ind
aci lungi da sé l’abito vizioso del parlar disonestamente in scena, e del gestire indecentemente  ? Perché tra tanti beni,
ti, e fatti, i modi turpi, e disonesti, e le altre numerose indecenze del rappresentare sono palesicj a tutti, si odono, e
alcuni sono conosciuti , e creduti per buoni, veramente son pochi, e del poco non si tien conto, e si seppellisce nella to
son pochi, e del poco non si tien conto, e si seppellisce nella tomba del nulla. Ma i Comici creduti rei, e scandalosi sono
Azioni, e le Commedie all’ora, quando il Comico si serve per cagione del gioco di brutte parole, o di fatti brutti, ovvero
tionem, ludus peccatum mortale esset. » Ora vediamo un poco il Teatro del nostro tempo. Nelle Azioni, e nelle Commedie mode
a, le quali corrono purtroppo nelle moderne Commedie con grave offesa del Sig. Iddio. E quante parole brutte mortali sentiv
ni ; poiché faceva loro la correzione di quando in quando ? La lingua del Comico osceno serve di spada micidiale contro l’u
alo, che apportano ai deboli di Spirito, mentre le ricevono con gusto del corpo per ilcn senso, ma con disgusto dell’anima
ell’anima per ilco consenso: onde come scandalose sono parole omicide del cuore; tuttoche siano dette per solo dilettamento
rebbe a quello occasione di ruina spirituale, e chi porge l’occasione del danno, parcq che sia il dannificatore. Battista F
riso di altri che odono, e intendono, onde quando poi soni avvertite del coperto, e brutto significato, si vergognano gran
il disonesto concetto dell’equivoco osceno. Circa l’ultima particella del dubbio. Cioè. Quante oscenità si devono escludere
conclude, che Dante elesse una Favola Comica, la quale in tutto manca del Ridicolo ; benché in questo non si conformi alle
e niun ridicolo deve cagionare, che si trasgrediscano le buone leggi del civil decoro; il quale nell’Azioni Teatrali presc
i maestri, per esempio dall’ignoanza, dalla mutazione, dall’acutezza del parlare, dall’iperbole, dalla metafora, dall’inte
role oscene, e laide mortali infettano di mortale nefandezza l’Azione del cristiano Teatro: ma v’è ben dubbio, quante parol
alla luce degli illuminati Dottori. S. Tommaso favella con il numero del più, dicendo. « Turpibus verbis, illicitis verbis
no, diceva uno; perché qui si deve parlare rigorosamente, trattandosi del pericolo delle anime: e di due parole brutte si d
T. 1.6. 23. `1.« Nihil turpe ibi misceatur. » Egli favella nel numero del meno. « Nihil turpe. » Niente di brutto. E quello
, che in noi sarebbe errore. »C. 16. Io noto, che favella nel numero del meno ; quasi che un solo grave errore di una paro
e, e non le fugge, giustamente non si querela de’ Censori la facilità del rimedio è opportuno scampo al vitupero. Ma noi pa
mente modesti; e l’Istrione viene astettode a non servirsi per cagion del gioco di turpi parole, ovvero fatti, « causa ludi
tali per se stessi; ne tali diventano per la precisa, e final cagione del gioco : « cum finis iste non dicat secundum se sp
volontatii »2.2 q. 144. a. 2.c., secondo San Tommaso, nella deformità del volontario. Prendesi anche la voce, turpitudine,
ti: io mi riporto al detto loro, e rispondo in breve alla prima parte del Quesito. Cioè. Quali fatti turpi rendono l’Azione
e porge ad altri occasione di spiritual ruina. Resta la seconda parte del Quesito: dichiaramola brevemente. Nota Unica
un’ Azione; perché v’interveniva un solo bacio ; quasi che la regola del suo giùdizio fosse legge proibitiva della Commedi
e moderno Imperatore. Ma che diremo noi teologi ? S. Tommaso si serve del numero di moltitudine « Aliquibus turpibus factis
nno 1635 io stavadk nella Clarissima Catania, Città tra le principali del ricco, fiorito, e bel regno di Sicilia. Vi venner
ommosse molto: e però egli molto lo ponderò sul pergamo alla presenza del Sig. Presidente di Giustitia Rau, il quale inform
a oscenità. Concludo la presente Nota, e rispondo alla proposta parte del Quesito. Un solo fatto oscenissimo, e turpissimo 
i discorre diffusamente, per dmostrare la necessità della moderazione del Teatro, la qual necessità almeno in parte richied
a supporremo per vero il detto in quel Ricordo. Non spiace la replica del suono, quando è di gioamento, e di consolazione.
ano p.3 c. 15.. Le commedie sono, come è pubblica voce, e fama, fuori del termine dell’onestà. Or và tu a pensare, che paro
to manuscritto, veduto da me in Palermo, dice delle Commedie correnti del suo tempo; in cui scrisse, che fu l’anno 1585. Co
l’anno 1585. Concorrono Ruffiani; e il Zanni con la Serva è la falsa del Diavolo. Che farà vedere, che un Adultero chiede
, che tal riforma non si è fatta universalmente nelle compagnie tutte del nostro tempo. L’anno 1626 un famoso, dotto, e el
; et aperiat, quod formosum. »Ep. 47. 6. 3 e.Ovvero quell’altro detto del medesimo Santo. « Polliolim interdum cadit, ut ca
e vagando altrove, si allontanava: ma si accomodava all’indegno abuso del suo Consorte, e alla cattiva consuetudine dell’os
rte, e alla cattiva consuetudine dell’osceno teatro: l’intenzione poi del Comico era pestilente, e quella della Comica non
l disonesto piacere: e non era obbligata di osservare il comandamento del Marito: perché « ut obbligatio, et actio mandatio
ormata abbastanza, e secondo la moderazione di S. Tommaso la Commedia del nostro tempo. Forse è vero, che qualche Azione si
a S. Tommaso, e che appartengono all’uso moderato dell’Arte Comica, e del Teatro.   Quesito Duodecimo Che nocumento a
Teologo appresso Beltrame; o pur Beltrame stesso tologando, nel c. 59 del suo bel Discorso. E è conforme alla comune de’ Do
l diceva sfacciatamente tante, e tali indegnità, che pareva una bocca del postribolo: e io me ne confusi: onde partito riso
ne’ suoi Discorsi intorno alle Commedie, trattando della circostanza del luogo per recitarle. E è sentenza comunemente ric
e cotal’Arte da Sacerdoti, né da Religiosi, né in Chiesa, né in tempo del sacro digiuno Quaresimale. Caietano diceSun. V.
religiose, Vergini, Monache, e Sacerdoti. E reca in prova l’autorità del Concilio 4 Coloniense cap. 17. e del Concilio Sen
doti. E reca in prova l’autorità del Concilio 4 Coloniense cap. 17. e del Concilio Senonevese cap. 25. E questo può bastare
nta molteplicità di favori lidq hanno onorati, che non solamente sono del pari, ma che sono in avanzo; poiché se un giocato
. 8 Annot. II n. 3. Pag 375. Aggiungo un argomento preso dal parere del Sig. Fabio Albergatil. c. 7. II., il quale nella
er l’essenza, né per l’apparenza. Per l’essenza, perché le operazioni del Re sono riposte nelle cose davvero, e non in quel
ico II Re di Francia ha dimostrato: e questo è cosa contraria al fine del Re, che deve la vita sua alla pubblica salute ris
ia il poco rispetto, cominciando dalle cose piccole, spesso con danno del Principe finisce nelle grandi. Degno documento fu
esercitando insieme con altri la sua persona: quando però il costume del paese; o il pericolo di non disgustare i popoli a
non disgustare i popoli altro non prescrivesse. Ma che avrebbe detto del comparire nella pubblica scenadel Teatro in compa
i il pubblico recitamento, e se ne risentì tacitamente con quei versi del prologo, alludendo al Principe, che gli aveva com
una politica convenienza di gran persona, e una lodevole decevolezza del proprio e signorile stato;  benché il tutto si pa
ie: ma copia maggiore si vede nell’amenissimo giardino della Supplica del Comico Beltrame, il quale nel c. 59 dopo lunga ci
a persone di santa speculazione, e zelanti più dell’anime altrui, che del loro umano applauso. » A Beltrame io concedo, che
poderate ludis utuntur ». Non tutti camminano per l’infelice sentiero del peccato, ovvero dannazione: perché lungi da quel
i finte, e altre oscenità per dilettare. Dunque essi sono nello stato del peccato, e nella via della dannazione per sentenz
licitam, si moderate fiat. » L’arte Comica è ordinata alla necessità del sollazzo; e però è lecita, se si pratica ordinata
del sollazzo; e però è lecita, se si pratica ordinata alla necessità del sollazzo ; e però è lecita, se si pratica con mod
’altri Sommisti. Ivi egli ai Dottori antichi aggiunge alcuni moderni del nostro tempo, quasi con duplicata trincera voglia
con duplicata trincera voglia munire, e render inespugnabile il posto del suo Comico parere. Vediamo noi i detti, e le sent
sti. Se illecite siano le moderne Azioni de’ Comici, e de’ Ciarlatani del nostro tempo. « Paulus Comitulus docet, non pecca
non recitino le Commedie turpi. Che se alcuono mi chiede la sostanza del detto da Comitolo. Rispondo. Egli suppone, che la
uestione, fatta, non contro le Commedie antiche  ma contro le moderne del suo tempo. E infine conclude, che i Comici modern
e altre. La seconda proposizione con l’affermativa mostra una ragione del peccato, non escludendo le altre, se vi possono e
o primo Promptuarii. Verba Commoedia, numero 2. » Ma Francesco Maria del Monaco, Religioso della medesima Religione de’ Ch
nus admittendus publice ad communionem. »8. Sum. c. 56. n. 4.Il senso del qual luogo è questo. Tra pubblici peccatori si nu
per officio recita le Commedie turpi, e prouocative alla turpitudine del peccato : il quale Istrione, se non lascia l’offi
ovano cose molto brutte, e eccitative allaeo disonestà nelle Commedie del nostro tempo ? Risponde la fama con l’affermativa
le Commedie correnti per la maggior parte sono illecite per sentenza del Sà. Il Bonacina si legge ancora tra i Dottori all
te di sopra, e replicate più volte. Dunque sono illecite per sentenza del Bonancina. Dopo il quale Beltrame citando l’ultim
e circostanze di detti e fatti osceni: dunque è illecita per sentenza del Boninsegni, e illecitamente praticata dai Commedi
aulteri. E aggiungo, che queste non mancano alle volte nelle Commedie del nostro tempo; come in quella sporchissima intitol
al commetter colpa mortale ; e di tal condizione sono molte Commedie del nostro tempo : dunque sono giochi illeciti per gi
tato sin qui per dichiarare, che illecitissime sono moltissime Azioni del moderno Teatro; con tutto ciò voglio aggiungere q
e delizionso colle della virtù, chi non s’allontana presto dal lezzo del peccato. Nota unica Seguita all’allegazione d
addoppino l concento dottrinale a favore della necessaria moderazione del cristiano Teatro, e a condannazione delle indegni
ioni sono illecite per sentenza di Piero de’ Gusman. Francesco Maria del Monaco nella sua Parenesi approva prima le Commed
approva prima le Commedie lecite, e poi dichiara per illecite quelle del nostro tempo, dicendoPag. 271.. « Certissimum rem
Theatri licentiam. » Pietro Casano nell’Operetta bella, e fruttuosa del Fanciotti detta il Giovane Cristiano, dicec. 15.
infiniti vizi, dunque le moderne Commedie sono illecite per sentenza del Casano. Gambacorta in un Trattato manuscritto, ve
gran difetto della maggior partedegli Istrioni nostri con lo sfregio del nostro riprensivo affetto, e vituperiamo anche co
suspicior », dubito, che per lo più tali, cioè illecite, siamo quelle del nostro tempo. E è chiara la sentenza condannatori
della Commedia attenda alla distruzione de’ buoni costumi, all’offesa del prossimo. E io approvo il detto di questo Comico:
costumi: dunque le Azioni di questi Comici sono illecite per sentenza del Cecchino, il quale anche confessa candidamente, c
la Rappresentazione disonesta è come un’avvicinare il fuoco all’esca del nostro senso, il quale ancor che sia lontano dall
opera, e della fatica l’’impresa di faticar, e discrivere la risposta del proposto Quesito. Beltrame del c. 53 dice, che si
a di faticar, e discrivere la risposta del proposto Quesito. Beltrame del c. 53 dice, che si ricercano le autorità alle cos
modo alcuno, se le conoscessero per mortali. Ponderiamo per acconcio del mio dire un caso. Io mi trovai d’Estate per predi
mpio una pubblica comparsa di un Ruffiano, che col pubblico negoziato del suo ruffianesimo ruina una Donzella. Un ragioname
tti condottieri. « Salus, ubi multa consilia », scrisse la real penna del savio Salomone. E io questa scrittura addito come
alomone. E io questa scrittura addito come breve, e ottima istruzione del nostro cominciato cammino per il sentiero della d
que io dicendo, che sono tutti quei prudenti, che mirano alla pratica del mercenario Teatro, nel quale vedono per esperienz
rtar diletto anche virtuoso. Saggiamente in una principalissima Città del bel Regno di Sicilia fu risoluto, pochi anni orso
una vera Donna, o Comica ordinaria è illecita ? Se nel vorace seno del mare non si facessero mai naufragi, ognuno vi si
li naufragi sembramiga il moderno, e mercenario Teatro della Scena, o del Banco, quando in esso la Donna, Comica ordinaria,
icercava. » Questo concetto intorno alle Comiche spiega quel pratico del mondo. Ma io non credo tanto di tutte; che forse
ogg che sono contro le oscenissime oscenità dell’antico teatro, e non del moderno: perché io ho presi questi pochi dal nume
resi questi pochi dal numero dei molti, che Teofilo Rainaudo, Teologo del nostro tempo ha raccolti, come efficaci contro le
è degna di lode per la prudente, e modesta ritirata. Francesco Maria del Monaco scrive. « Honesti ludi sunt, in quibus nul
delle stesse basterebbero per infettare il mondoC. 15. della 3. par. del Giovane Cristiano.. Gambarotta in un trattato man
pi; che inqueste Commedie recitano le Donne tra gli uominiNella 3. p. del profilo spiritus nel trat. della Mortific. al c.
ottori, e gli Scrittori cristiani professano guerra contro l’oscenità del teatro: e quindi si coprono armati non solamente
, e piene di fiamma infernale, che bastano, per far ardere i più Savi del mondo ? Che effetto dunque possiamo credere, che
elle Comiche con la ragione fondata sulla dottrina di S. Paolo2. par. del Profi. Spir. Trat. della Mortifica. C. 25.; quale
lecita la comparsa della Comica ordinaria per sentenza di Bonacina, e del Diana, e per sentenza ancora d’altri, che appress
Io non ho difficoltà di credere, che tra le molte, e mostruose Sirene del Comito Mare non tutte le Comiche sono mostri vizi
lla persona, e con l’ardire licenzioso dei gesti inducono all’affetto del turpe amore gli animi degli uditori, e spettatori
e, e in pericolo di moltiplicare via sempre più i peccati per ragione del loro vivere insieme. Spiega, che sono persone, le
quentes lasciva ». I mariti sono uomini vili, e le femmine sono avide del guadagno: « dedita quæstui ». Alle volte in scena
Ribera dopo aver citato S. Cipriano, che deplorava le misere Teatrali del suo tempo, aggiunge. « Quid faceretin c. 1. Mich.
ono mirabilmente, e fanno peccare con il consenso nel Teatro, e fuori del Teatro ancora con il ricordogu. Quasi volesse dir
oncludo questo Capo con il sentimento, e con il detto di un praticone del mondo, che ancora vive, e è Grande di Spagna. Egl
r le quali le Comiche ordinarie compaionogw in Scena, ovvero in Banco del pubblico Teatro. Il vero professore della cris
ed io ne ho veduti molti di tal fatta, e molto antichi nelle fortezze del bel Regno di Sicilia. A questo scudo pare, che i
e cos’ esorbitanti, cioè la destituzione dei buoni costumi, e offense del prossimo. E perché gli fu scritto in questo punto
interrogato da me un Teologo molto vecchio dottissimo, e praticissimo del mondo, e di Roma. Se giudicava, che la comparsa d
agliardamente da molti suoi amici, che gli allegavano ancor l’esempio del Vescovo Anteoessore, mai si lasciò piegare a dar
a stampando, e consacrando il suo Discorso alla Cristianissima maestà del Gran RE di Francia: e poi mostrare, se le pareva
enza Confess. C. 4. sect. 1. n. 8. pa. 91. ? Chi conosce la bruttezza del peccato mortale, e non lo vuol commettere, non as
tutti è condannata; e si suonano le campane a doppio contro le vampe del suo focoso incendio. Quesito Secondo Il gust
a un altro, non Commediante, ma personaggio di reputazione, e pratico del mondo, il quale con gran senso, e dolore disse di
me di plauso, e molto graziose. A simili virtù si addestrino i Comici del nostro tempo, e alle invenzioni di facezie modest
incerto, e poco sicuro. Se il Capitano può servirsi della bombarda, e del cannone per l’espugnazione di una piazza, che tra
e udita alletta più efficacemente, che gli altri dilettevoli oggetti del banco, o della scena. L’anno 1638. comparvero in
banco, o della scena. L’anno 1638. comparvero in una città principale del fecondo, e bellissimo Regno di Sicilia due Compag
quali a modo di Ciarlatani volevano spacciare con vendita il segreto del Moretto, e far dopo lo spaccio la commedia in una
che possono avere. « Quodque dita sit, dice un dotto Francesco Maria del Monaco in Parenes., liquet, quando non nisi has i
e vezzosa Dona. L’allettamento nuoce a tutti. « A quoFrancesco Maria del Monaco, diceva un Teologo, non aliquem facilè exc
anello, una perla, o altra cosa. E poi chi la volava cavare dal fondo del catino, doveva porsi le mani dopo le spalle, acco
osi, e ingegnosi Comici, e Ciarlatani ; sanno servirsi della scena; e del banco per campo da seminar dolci carote, e grazio
a segno di partenza al suo compagno; colgono le tatare, e se ne vanno del pari: ma che ? Quindi poco lontano fermano il pas
eti nostri giovevoli molto ai bisogni vostri. La moltitudine concorsa del popolo restò con grazia presa da questo inopinato
nvenzione; e quei buoni compagni fecero lo spaccio con effetto felice del preteso, e desiderato emolumento. Questa invenzio
ridere, non più basta: perché sentiamo mancar la vita per la veemenza del troppo riso. Eppure tra quegli Auditori si numera
i motti, che gli portavano un riso, assassino della vita, e micidiale del cuore. Appendice alla nota con altri casi. I
on prendessi anche dalle loro scene qualche caso seguito in argomento del modesto ridicolo. Beltrame ne spiega due con lung
degna di lode, cioè la Commedia modesta, allettativa con il saporetto del modesto ridicolo, e istruttiva con la vivanda del
Scrittori; i quali da fedeli relatori sono ragguagliati degli eccessi del Teatro; e sono avvalorati dalle Teologiche dottri
moderni Comici, e Ciarlatani, che desiderano l’efficace allettamento del popolo alla scena, e al banco; e lasciassero l’us
vanni Egidio Religioso Domenicano. Se ne stava, scrive egli, un servo del Gran Re dell’universo Iddio una volta elevato con
rò in colmo, vedendo, che per essa molti passavano alle dorate stanze del celeste riposo. Ma al miele di cotale dolcezza si
lica passò senza essere segnata graziosamente. Comparve un Segretario del Cielo, un Angelico Barone, e avvisò, che nei Drag
allettamento, e d’illecita comparsa delle Donne ? Chi ode il rimbombo del tuono, tema il colpo della saetta: e chi sino a o
lla saetta: e chi sino a ora non è stato colpito, non abusi le grazie del cielo; acciocchè la divina Giustizia non lo riser
; quando però voglia sentire secondo quello, che ha stampato nel caso del suo gentile Discorso. La Commedia, dice egli, è u
la pag. 9. dei suoi Discorsi mandati l’anno 1616. al Cardinale Nipote del Papa Regnante Palo V. cioè, che non sono cinquant
dei comici virtuosi, e buoni cristiani. Io per me ho questo concetto del comico dotto, virtuoso, e buon cristiano, che egl
etto del comico dotto, virtuoso, e buon cristiano, che egli partecipi del compositore, rappresentante; e che studi molto, e
ettevole, e gustosa, e con la modesta recitazione colpisca nell’umore del popolo, e si guadagni anche l’applauso dei pruden
. E se io sono errato, mi dispiace dell’errore in questo mio concetto del Comico dotto, virtuoso, e buon cristiano. Non mi
cchioso Palinuro, non veglia diligente, e pronto per drizzar la prora del natante legno. Prudenza maggiore, che quella di U
condizione: e frattanto se ne servono per l’esercizio della scena, o del banco. S. Girolamo, credo, direbbe a ciascuna di
licenza secondo il retto dettame della sua mente, e secondo il debito del suo buono, e pastorale governo. Altri Ciarlatani,
importuni tentatori, troppo arditi, e bramosi di macchiar il candore del letto matrimoniale con le sozzure libidinose. Qui
i soletta nelle stanze dell’albergo, impiegata nel lavoro dell’ago, o del fuso. Lo zelo di buon Marito risveglia la mente,
ria Donna; e per la buona custodia si richiede la personale vicinanza del custode; poiché la separazione, e la lontananza d
erve talora di potente lenocinio per far trasgredire le pudiche leggi del santo Matrimonio. Io rispondo a questi Comici, e
condotta delle Mogli Comiche, e avvezze agli esercizi delle scene, o del banco, è molto pericolosa per la femminile pudici
per la femminile pudicizia; atteso che non sempre giova la diligenza del Marito, anche diligentissimo, per salvar dalla ma
te circostanze. Senza poi che io dica, che accetto per vero il notato del Comico Beltrame, che dice. Ogni bello è amabile;
quali avevano con se le Comiche Moglie loro: furono fermati d’ordine del Signore del luogo; acciocché facevano un’Azione:
no con se le Comiche Moglie loro: furono fermati d’ordine del Signore del luogo; acciocché facevano un’Azione: la fecero: e
, ma con la copia di molto sangue. Io qui replico: dunque la custodia del Marito non è sempre sicura salvaguardia, bastevol
ura salvaguardia, bastevole riparo ad una Comica vagante per le città del mondo. Non basta sempre un forte muro, e un gross
a, e graziosa, e legittima Consorte di un Comico, che faceva la parte del Dottore; ed era per altro uomo che attendeva con
ll’onestà. So, che talvolta alcuni giudiziosi, e pratici degli affari del mondo, dicono, che le Comiche, nominateih mogli,
uò senza gravezza d’incomodità schifarli. E così gli schifo la Moglie del sopranominato galantuomo: cos’avesse elle schifat
ricordo, che quando Monsignor Ferrucci, Governatore si Farfa al tempo del Signor Alessandro Cardinal Montalvo, volle, che c
tesoriere dell’ira divina, che sperimenteranno nel giorno spaventoso del Giudizio. Quesito Sesto Il gusto delle Donn
quasi ereditato morbo delle Donne. Eva fu piegata alla trasgressione del gran precetto più dall’ambiziosa brama di onorata
ecetto più dall’ambiziosa brama di onorata grandezza, che dalla vista del saporoso cibo. « Non Evam cibus inflexit, sed hon
illecebrosa decepit », scrive S. Ambrogio. Le donne Comiche, comparse del banco, e della scena, sono per ordinario confinat
ore, e più sicura, sono accarezzate, e onorate, e si possono pregiare del grazioso titolo di Signora. O che gusto per una D
terna morte con un disgusto eterno. Quesito Settimo La necessità del guadagno, è ragion sufficiente per la comparsa de
cunia; perché fanno per la parte una buona vita, mangiando, e bevendo del buono allegramente: fanno molti, e spessi viaggi
e , e tanto praticata nel mondo, cioè nell’Arte di cavare dalla borsa del compagno il danaro per suo provecchio, e sostenta
fine dell’anno1640. quella creatura fu rimandata alla madre d’ordine del Capo di quella Compagnia di Commedianti; e credo
nti, e animati dalla necessità. « Histriones , scrive Francesco Maria del Monaco In Parene § p. 33. , cum omnia per lucrum
o alla persuasiva, per muovere ciascuno a comprare il portato segreto del Moretto: e compiuto lo spaccio con buon guadagno,
con il Crocifisso, e con le cotte comparvero, e giunti alla scaletta del palco, vi salirono sopra, e ivi, parte predicando
gio. Concludo; e ai Comici osceni ricordo, che non basta la necessità del guadagno, per farlo lecito all’uomo bisognoso; co
hi vuole sa recitando colpire nel bersaglio della virtù, non si serva del vizio nel saettare. Quesito Ottavo In che mo
Comici, o dei Ciarlatani ? Presto si accumula la pecunia, e l’Arte del guadagnar fiorisce, quando i modi del guadagno mo
i accumula la pecunia, e l’Arte del guadagnar fiorisce, quando i modi del guadagno moltiplicano diligentemente. Io non poss
io in molte maniere. 1. Perché taluno, che non comprerebbe il segreto del Ciarlatano, lo compra per rispetto della Donna: e
con mille pensieri brutti, e disonesti, non curando punto la qualità del segreto, se buono sia, o no. Così precisamente gi
ssero tesorieri della ricca Giunone, si farebbero cortigiani mendichi del povero, e nudo Cupido, per diventare poi alla fin
occasione ai Giovani licenziosi di risvegliar le Brame dell’impurità del lascivo disegno, quale comodamente eseguivano dom
ri. Quesito Nono Le ordinarie Comiche noccionoispiù con l’azione del Teatro o con la conversazione di casa ? Le Co
ima. Poco dopo me ne partii, andando a predicare altrove la Quaresima del 1641. e finite le fatiche, fui costretto a tornar
Città, e vi trovai, che quella scellerata Comica aveva come strumento del Diavolo, cagionato grandissimo danno nei costumi
i Dio; perché moltissime commettono peccati senza numero per rispetto del comparir, che fanno pubblicamente in scena, quest
e bene colui, e volle dire, che le Comiche nuocono molto con l’Azione del Teatro, ed io qui lo raffermo e domando inoltre.
ricordarmi ciò, che già mi significò un degno personaggio, e pratico del mondo, affermando, che il male, che fanno le Comi
eatro, è il minore: perché il maggiore è quello, che fanno nelle case del loro albergo: ivi son visitate; ed esse, quando s
cagionato dalla domestica conversazione con le Comiche. L’Avidità del guadagno illecito è come il collo della Gru, molt
ogna, o svergognatissima iniquità, o guadagno vituperosissimo, contro del quale non voglio recar le spaventose minacce dell
e con questa forma. Io temoC. 46, che vi siano Comici, che si servano del palco per crocciolaiz, o zimbello, e della Moglie
i Pantalonijd, e altri Comici personaggi, i quali con l’utile condito del diletto, e con vari, nuovi, e ingegnosi detti mor
nell ’allettare: onde io credo, che sia stata invenzione, suggestione del diavolo l’introduzione Comica delle Donne in Azio
rali. Che se tanti dottori han detto fondatamente, che gli spettacoli del Teatro, « sunt Diaboli inventa », sono ritrovamen
rectos ages. » Ed avrai occasione di patir molti dolori per sentenza del medesimo; poiché « oculus vagusIbidem dolores mul
am deperiret. » Nella storia sacra, e Reale abbiamo il lacrimoso caso del Re David, che essendo uomo di tanta perfezione, r
i lasciavano più presto uccidere. Tale dovrebbe essere la risoluzione del vero amatore di Dio, e delle Virtù, cioè più pres
a Si risponde ad alcune Obiezioni. L’Occhio malevole è traditore del cuore: ma opera con tale dolcezza il tradimento,
lo gusto, e non per venire all’opera: cioè acconsento solo al diletto del pensiero lascivo; ma non voglio l’infamia della d
Non nuoce il sentimento dell’occhio, ove non occorre il consentimento del cuore. Io solo miro con il senso; e non do il con
popolo attendeva a sollazzarsi, bevendo con gli occhi l’acqua fresca del gusto Teatrale, e mirando quegli Spettacoli, che
vvisar la gente, che si stringesse, e lasciasse nel mezzo la comodità del passo. Frattantoji quel virtuoso Gentiluomo girò
n ragione fu chiamata da un Servo di Dio, Predicatore, e uomo pratico del mondo, la Congregazione del gran frutto. Questo c
Servo di Dio, Predicatore, e uomo pratico del mondo, la Congregazione del gran frutto. Questo caso, e altri simili dovrebbe
loro in oggetti migliori. Mira di notte, dice, lo stellato padiglione del cielo; mira di giorno la bella luce ardente in fr
orno la bella luce ardente in fronte al Sole: mira la marina ampiezza del liquefatto argento: che così chiudendo, e moderan
icubi popularesSer. 5. in ps. 118. cognoveris plausus, sono le parole del Santo, averte oculos ab his; ferva eos, ut erigas
irare; perché non consento al peccato col mirare. Ma quello è inganno del Diavolo, del quale però aggiunge San Bernardo. « 
non consento al peccato col mirare. Ma quello è inganno del Diavolo, del quale però aggiunge San Bernardo. « Porrigit pomu
a chi mi dice. Io miro, e stendo il senso dell’occhio, ma con la mano del consenso. « Fallax presumptioAndr. Pito de Concep
itati altrove, né qui li voglio replicare: solamente aggiungo un poco del molto, che scrive Salvianol. de Prov. pos. medit.
Donna Teatrale. E poi dico con l’Aresi. Se con la beltàL. 25. c. 24. del viso bontà dei costumi è congiunta, qual cuore da
i di potente Basilisco per uccidere il pensiero della fornicazione, e del peccato. Io rispondo, che quando una Comica è bel
raziosa, e cantante ? L’anno 1639. un Giovane molto savio, e pratico del mondo, ragionando con me delle molte, e gravi mis
n degnissimo Religioso, nobile Messinese, che in una Città principale del fiorentissimo Regno di Sicilia si trovava una fam
: nuoce ancora, con altri modi, uno dei quali si fonda sulla dolcezza del cantare, di questo ora intendo quella scrittura d
unica Intorno al nocumentojvcagionato dalle comiche con la dolcezza del canto. La mercenaria musica di certe persone v
o gravi mali con i canti loro. S. Pietro Crisostomo spiega le utilità del canto dicendo. « Omnes, qui ardua operam sublevan
che Iddio, e la natura inclinino grandemente gli uomini al godimento del virtuoso canto; in modo che ricevano un dolce sol
seguita a raccontare molte altre utilità, che l’uomo riceve dal canto del Gallo; e poi conclude. « Hoc postremo canente ips
. Teobaldo Eremita, l’asprezza della sua vita, e il felicissimo fine, del suo pellegrinaggio tra gli uomini mortali; e quin
a risoluzione, e con un cuore grande abbandonò tutte le vane speranze del mondo, e si consacrò tutto a Dio in perfetto oloc
, aut capiat. »   Appendice alla passata Nota. Contro l’oscenità del canto, in modo che si fuggisse, fugià nel concili
izio, facilemente la spargono, e efficacemente la imprimono per mezzo del diletto negli animi degli Uditori. E la ragione è
dominerà il piacere, e il dolore, quasi cge voglia dire: per cagionr del canto vizioso rovineranno le mura dei costumi vir
one molto perniciosa; e la Donna cantatrice diventerà quasi un laccio del nemicojz per far presa di molte anime. A questa v
tu, o Cantatrice, canti in modo, che ne cerchi la lode, sei piuttosto del canto venditrice, che formatrice. Deh se Padrona
ni osceni nel cantare, e così degne si fanno della miseranda morte, e del maledetto plauso, che già ricevette un osceno Can
merita la Donna, Cantatrice oscena, massimamente quando alla dolcezza del cantare aggiunge, la grazia del trattare , il vez
na, massimamente quando alla dolcezza del cantare aggiunge, la grazia del trattare , il vezzo del parlare, e la soavità del
alla dolcezza del cantare aggiunge, la grazia del trattare , il vezzo del parlare, e la soavità dell’amorosamente ragionare
con l’Innamorato ? E scoprirsi l’uno l’altro gli affetti ? E trattare del modo, e tempo di ritrovarsi ? Che sarà vedere, ch
do che incontri la sua spirituale sventura, cagionata con l’efficacia del femminile sermone; e secondo l’avviso di Crisosto
fatti con modo disonesto. Etali sono quelli, che fanno molte Comiche del nostro tempo in presenza di milti Giovani, onde s
lbergo per riposare; ma nel riposo non trovò riposo; chiuse gli occhi del corpo al sonno, e fu costretta ad aprire quelli d
e divina mano, che con medicinal percossa ferì talmente la gagliardia del corpo, che risanò le debolezza dell’animo impiaga
cominciarono un giuoco di palla, che lungi si mandava con la percossa del bastone. Ed ecco caso di gran sventura, e improvv
o; forse persuasi che quell’anima era per sempre esclusa dalle stanza del Paradiso; e però anche il corpo doveva restare pr
a vergona ivi non è sicura, dove si sta deliziando, e dove la libertà del salto femmnile si aggiunge per compagnia all’ulti
elante Crisostomo, e ci avvisa, che dove il peccato vince con le armi del lascivo salto, ivi trionfa presenzialmente Satana
Si fece chiamare il Capo, che era tra i compagni; si querelò con zelo del danno che alle anime si derivava dalla vista lasc
bblico banco Saltatrice. E o fosse piaciuto a Dio, che l’applicazione del detto rimedio non fosse stata impedita, non già d
ità nell’altra vita: le castiga in questa ancora, e aggiunge la spina del gravoso castigo alla rosa del peccaminoso diletto
a in questa ancora, e aggiunge la spina del gravoso castigo alla rosa del peccaminoso diletto. Ho saputo da un gravissimo R
giorno se ne andò baldanzosa ad u concorso, per fare splendida mostra del suo mondo femminile, e per scoprire i tesori dele
. « Mulier cum veste simul etiam pudorem exuit. » La donna si spoglia del pudico ornamento della vergogna, mentre cambiakk
etur sexus distinctio. » Ove con la veste non si tiene la distinzione del sesso Femminile dal virile, ivi si fa scapito del
non può usare il vestimento virile, e usandolo va contro un precetto del divino Legislatore; contro il quale pare, che già
ore. » La Natura ha dato agli uccelli vestimenti distintivi, e propri del sesso loro maschile, e femminile. Tra Pavoni il m
queste vaghezze di speciosità non di concedono alla femmina compagna del Pavone. « Sexum indumenta discernunt. » Ora dico,
deve conservarekm con proporzione tra soggetti maschili, e femminili del sesso umano per dettame innestatoci nell’animo da
iù è un atto sconvenievole, innaturale, che ah dello straordinario, e del mostruoso. Come il Filosofo dice, che la Natura p
re, come sia lecito, o no: e di quanta gravezza sia alla Comica l’uso del vestito virile per dilettare pubblicamente saltan
on è malagevolekn negozio l’imparar cosa rea da un reo Mætro: l’animo del discepolo, a maniera di vaso nuovamente formato,
re delle dottrine, che si derivano dalla fonte maestrale. L’artificio del sollazzo coi piedi, ballando, e saltando, fi inse
ballando, e saltando, fi insegnato dal Dragone Infernale per sentenza del S. Padre Efrem Siro. « Quis talia edocuit ? l. In
et martyrium sed contagium », dice Silvestro, non per fuggire le pene del martirio, ma per allontanarsi dal contagio della
S. Tommaso insegna, che non è colpa mortale a nostro tempo. Il luogo del S. Dottore dice così. « Quod mulier2. 2. q. 169.
a, la fornicazione, e altre cose di simil fatta; ma pechè è un’azione del numero di quelle, che assolutamente considerate p
li di spirito, e facendolo pecca d’azione scandalosa contro la carità del prossimo. Nè basta il replicare, che ella fa il t
azioni proprie della Donna sovvenire alla sua necessità; senza l’uso del vestito virile, e senza il salto scandaloso. Ha n
o scive, che il piacere della vista prestamente s’invola; ma la piaga del cuore non se ne vola prestamente; come succede, q
l inde fert lucri. » E come, per altro simile favellando, si può dire del delicato, e gran Pesce spada, che nel Faro di Mes
ando, rimirando, e vagheggiando quelle Femminelle, che con la beelzza del viso, e con l’abbellimento della persona, come co
due gagliardi mantici eccitano la fiamma della disonestà nella cinta del cuore dei negligenti Spettatori ? E se nel sacro
numerevoli persone; e che questa comparsa femminile è uno stratagemma del Diavolo, una rete dell’Inferno, e un manifesto pr
, non saranno tali, prego il benigno Lettore di compatir alla povertà del mio minuto, edi supplire al bisogno con le ricche
alla povertà del mio minuto, edi supplire al bisogno con le ricchezze del suo tesoro.   Quesito Primo Se le Donne sono
ltrame, se non si fugge la cittadinanza: poichè le Donne sono la metà del MondoG. 55.. E queste compaiono, e parlano, e mir
le scene hanno bisogno di correzione: ma quelle scene, e quella parte del Mondo si deve correggere, ove si commettonopeccat
r è affettonaturale, e mente che sia passivo, e non attivo la colpa è del fragile, e non di chi resiste. Poco male possono
ma molti, anzi moltissimi, e moltissime volte, si gettano nel baratro del peccato mortale udendo le Comiche parlanti con am
amorosi discorsi. Se non vogliono chiamare scomodo loro la privazione del guadagno teatrale; ma questo è guadagno illecito:
Meretrice, ritirandosi dal peccato, sente lo scomodo della privazione del guadagno disonesto; eppure è lampo di verità sola
dal Teatro, perché non bisognerà anche levarle da molti altri luoghi del Mondo ? La presente difficoltà è simile alquan
senza affetto di libidine, anzi con vitalità, distinguendo il diletto del senso dal peccato del consenso. Beltrame spiega m
ine, anzi con vitalità, distinguendo il diletto del senso dal peccato del consenso. Beltrame spiega molto bene questa diffi
gradi dell’estimazioneCap. 35. alle cose: e poi soggiunge così. L’uso del vedere le Donne in Commedia, e l’udir i loro disc
rza quel detto. L’Uditore degli amorosi discorsi distingue il diletto del senso dal peccato del consenso. E questo io vogli
ore degli amorosi discorsi distingue il diletto del senso dal peccato del consenso. E questo io voglio qui ora provare con
e, o per non volere, l’artificio, e la finezza dell’Arte dal pericolo del peccato; e moltissimi alla cieca si danno in pred
alle persone di tenerissima coscienza; perché tali non hanno bisogno del mio spavento, per fuggire il pericolo della loro
o; anzi a modo di ghiotti fanciulli trangugiano il confetto micidiale del piacere, e restano avvelenati, ingannati, e uccis
ione, per conoscere il vero bene dell’utilità: e non seguano il senso del piacere, per amare il falso bene della carnalità,
ole di virtù udendo gli umani discorsi di lascivo amore resta schiavo del gusto, e malamente pecca fatto seguece del senso,
ascivo amore resta schiavo del gusto, e malamente pecca fatto seguece del senso, che non attende alle astrazioni, per esser
rà taluno dicendo. Non posso io dilettarmi solamente della cognizione del comico artificio, e non delle cose oscene rappres
ie: però è molto efficace; perché se quella distinzione, e astrazione del diletto dal peccato è difficile da farsi leggendo
ichè ben guardata, e dalla propria onestà, e dall’interesse dell’onor del Marito, si sarebbero fuggiti quegli scandali, che
e da Marito, che travestire Giovanetti da Femmina. Egli sul principio del c. 55. dice con bella induzione, che ognuno s’int
ggiunge. Se i Comici potessero soddisfare tutti gli umori nell’ordine del recitare, saprebbero fare quello, che niun’ancora
rappresentare, sotto forma di Donna, lascivi amori; e poi anche fuori del Teatro procedesse con quelle maniere di conversar
o, e di moltiplicato guadagno. Ma questo sarebbe un lasciare il caldo del Sole, e saltare nel fuoco; o per fuggire le brine
fanno recitare Commedie di poca onestà. Egli in Captius circa il fine del Prologo palra con questa forma intorno alla quali
o notato nel c. 3. al Q. 14. parlando della Comica: poichè tutto vale del Comico a proporzione; così anche perché basta poc
’umo non usi la veste Femminile; pechè si fa abominevole nel copsetto del grande Iddio, e Lirano dice, « che set occasio li
i, e più importanti, e li rimetto alla considerazione, e esplicazione del benigno, e prudente Lettore. « Hoc est inventum,
ovanetti stessi con l’aiuto di qualche virtuoso Accademico nella casa del Recitamento si assestino senza molto fastidio, e
ntro la vicina Morte: si risanò dal grande morbo, e confessò a gloria del Signore, e a giovamento del prossimo; che quella
anò dal grande morbo, e confessò a gloria del Signore, e a giovamento del prossimo; che quella disonesta tentazione, che ta
va la comparsa dei Giovanetti vestiti da Donna per le pubbliche scene del Teatro. Lo schifare i pericoli è sempre bene;
di Dio, Religioso, e Sacerdote, non sentì punto di fastidio nel tempo del recitare; ma poi per molto tempo, e anni sentì gr
a farsi, un buon Religioso, che nel secolo aveva già praticata l’Arte del Commediante; perché insomma la faccia dibella, e
ce di un retto fine, non deve restare involto nelle calignose tenebre del vituperio. Con questo principio alcuni discorrono
i: perché hanno un buon fine, che è l’onestissimo, e santo Sacramento del Matrimonio. Agostino dice. « Finis si laudabilisl
ostro porposito, che non basta il buon fine solo, cioè la conclusione del matrimonio, per rendere lecite, e buone le azioni
enzione, con che si fanno: in cose tali il giuoco, e lo scherzo scusa del peccato, ovvero lo sminuisce. Altre cose, poi son
fornicazione, e cose simili; e queste non ricevono scusa per ragioni del giuoco; anzi il giuoco stesso, e lo scherzo diven
di fornicazioni, peccano per sentenza di S. Tommaso. Francesco Maria del Monaco nella sua Parenesi fa un’Obiezione a se st
, fuggiresti la luce; ove ora, come recitante, contamini lo splendore del giorno: se fosti adultero, brameresti le tenebre;
Crisostomo direbbe ora, se venisse tra noi, come disse già ai Comici del suotempo. « Honestum coniugiiHo. 6. in 2. Mat. no
stre disoneste Rappresentazioni con il venerando; ed onestissimo nome del Matrimonio. Deh che cosa tanto onesta non si deve
ostri Comici osceni, per rendere onesta la disonesta rappresentazione del lascivo innamoramento, usino la finzione del nego
sonesta rappresentazione del lascivo innamoramento, usino la finzione del negozio sacramentale del Matrimonio: è una copert
del lascivo innamoramento, usino la finzione del negozio sacramentale del Matrimonio: è una coperta finta, e burlesca, ma t
coperta finta, e burlesca, ma tale, che si scopre una vera indecenza del Sacramento. S. Tommaso vuole, che parte della mod
 » Ma si può dubitare, che non sia negozio grave, e importante quello del Matrimonio ? Dunque, non è lecito porlo in giuoco
diamo ai Comici Cristiani, e professori di modestia. Il S. Sacramento del Matrimonio non è una cosa della Chiesa, e delle F
do; e le burle non si devono frapporre tra le cose sacre per sentenza del Caietano; dunque a suo parere voi peccate, rappre
ra Fede; e come Sacramento di S. Chiesa, il quale ricerca la presenza del Parroco: ma lo rappresentano, come contratto civi
ne capacissimo, e ottimamente intende, che i Commedianti non trattano del Matrimonio, in quanto è un Sacramento della Crist
mico Genesio, non ancora convertito, deideva la sacramentale funzione del Cristiano Battesimo. Imperochèmb io rispondo, che
scherzo, e per burla, senza verunmc pensierodi burlare il Sacramento del Matrimonio, devono astenersi dalle loro parole br
si porge a semplici qualche apparenza di porre in burla il Sacramento del Matrimonio: poichè a lui si ordina la conclusione
a il Sacramento del Matrimonio: poichè a lui si ordina la conclusione del civile contratto, e qualche altro antecedente tra
ci, che non sanno la distinzione della ragione Sacramentale da quella del contratto, e del trattato, possono stimare, che s
la distinzione della ragione Sacramentale da quella del contratto, e del trattato, possono stimare, che si burli, e che si
iuoco lo stesso Matrimonio. Aggiungo. I Comici per ordinario trattano del Matrimonio, non tanto per trattare di lui, come d
i tasti per questo suono: e spero non sarà stimato grido all’orecchio del benignissimo Auditore.   Nota unica Si contin
osta intorno alla Rappresentazione di un Matrimonio La circostanza del puogo alle volte serve di legge moderativa per le
re operazioni: né tutti noi dobbiamo in ogni luogo seguire l’arbitrio del voler nostro. Ove soggiorna con maestà un Princip
à di circostanza locale, e di costumato decoro vale molto a proposito del proposto Quesito, a cui dico, continuando la Risp
dversantur bone statis nautralis. » Caietano scrive, che la negazione del debito coniugale è peccato grave. « Et quia est s
publico, quia locus publicus est contra honestatem. » Lecito è l’atto del Santo Matrimonio; e non è lecita la sua pubblica
senza di molti deboli di virttù, con apportare per scusa il buon fine del matrimonio; perché tale espressione dell’affetto
rà, credo, al mio pensieroC. 16.; perché lo cinvicerei con l’autorità del fino Beltrame, che scrive con bel garbo così. Chi
per ammaestrare con viva voce, e con apparenza i semplici. E nel fine del Capo conclude così. La Commedia è statat inventat
crete, buffonesche, sordide, sregolate, e repugnanti alla moderazione del Cristiano teatro: per le quali gli Attori meritan
ede un largo sfregio di grande, e perpetuo vituperio; e con l’esborso del piacere altrui comprò a se medesimo una ragione d
lo più i moderni Comici, e Comiche non hanno per fine la conclusione del Sacramento Matrimoniale, ma il diletto del Teatro
no per fine la conclusione del Sacramento Matrimoniale, ma il diletto del Teatro, per allettare, e per giovare, e principal
così dovrebbero essere imitati nella modestia, e virtù da quei Comici del nostro tempo, che non solo con le Femmine, ma con
approvano allora per la stampa la Supplica di Beltrame, e i Discorsi del Cechino, supposero, come lecita, la femminil comp
ndo il costume, e la pratica usata da moltissimi Comici, e Ciarlatani del nostro tempo. Ed io appunto secondo questi due ri
he in Palermo fu già stabilito santamente, che s’intimasse alle Donne del banco, che sotto grave pena non usassero nessuna
professione le basta, come cagione onesta, la necessità, o l’utilità del guadagno fatto con il medesimo recitamento, dal q
può senza grave danno, e proporzionato al suo bisogno lasciare l’arte del recitare; e però non è obbligata sotto pena di pe
ata; tutto che non segua l’effetto, ella pecca mortalmente per ragion del fine mortale. « Si se ornat eo animoTr. 30. n. 22
con intenzione di prendere nel laccio della disonestà l’animo lascivo del Generale Condottiere dell’esrcito nemico, poichè
a frequentare le amorose Rappresentazioni: dunque essa è meno scusata del peccato di adornarsi per fine di usare quel pecca
o: perché intanto pecca, di questo peccato in quanto è cagione morale del peccatoaltrui: adunque credendo, che gli altri si
e odorosi mazzetti, alle radunanze Teatrali. Onde per giustificazione del propri recitamenti ricorrono talvolta all’autorit
stre scene si dicessero. Ora supposto il suddetto, ecco la difficoltà del presente Quesito. Se nelle Azioni Teatrali stampa
uosi: e la ragione è chiara; perché ognuno sa, che la morta scrittura del Compositore non ha tanta forza, quanto ha la sua
scrittura del Compositore non ha tanta forza, quanto ha la sua Azione del Recitare; massimamente è Comico, e Comico di valo
ampano, e non si rappresentano lecitamento: e tali sono molte materie del sesto Precetto stamapte minutamente dai Teologi,
la femminile oscenità d’amoroso, e lascivo ragionamento. Dall’altezza del Cielo teatrale cadono i fulmini con violenza magg
in quello feriscono con vivezza di rappresentazione . La forza Comica del Teatro grandeggia, come guerriera; ove nella stam
paragonarsi può ad una ricca vena di aureo metallo per la preziosità del suo sapere; e ad una doviziosa conchiglia per la
ndo. Che significa questo amor Platonico ? È forse un’amore meritorio del Santo Paradiso ? Non credo; perché Platone con tu
di ogni arte, e pieno solo di ogni forte immondizia, trattano i Savi del Mondo, e gli uomini virtuosi, da ciechi incantati
isto, degli Apostoli, dei Santi tutti, e anche dei Savi per la vanità del nome di alcuni Gentili; i quali benché molte buon
no. Egli fu da Paolo V. sommo Pontefice destinato alla cura pastorale del Vescovato di Macerata, città nel bel Piceno. Segg
o, ogni oggetto gli sembra rosso. Il Cecchino ancora scrive. La scena del cuorepag. 87. è quella, sopra alla quale passeggi
ora credo, che sia verissimo, che ognuno dovrebbe correggere la scena del cuore, e custodirla con diligenza secondo l’avvis
ggere la scena del cuore, e custodirla con diligenza secondo l’avviso del Cecchino, e molto più secondo quel divino precett
non perciò lecito si è, che la scena oscena dia ai negligenti custodi del cuore, e ai lussuriosi nuova occasione di moltipl
truose: ed essi, per piacere, e guadagnare, convertono la moderazione del Teatro in dissoluzione di postribolo. Aggiungo. L
dei dotti; tra i quali Reginaldo favellando dell’ignoranza, che scusa del peccato, dice. « Excipiendum est, nisi ignorantia
e possa, e voglia fare, quando e richiesto dal suo parere. La scienza del Confessore, dice l’Eminentissimo Cardinale de Lug
iores consulat. »t. de penit. d. 21. sec. 4. n. 70. E nel particolare del punto intorno alla Comparsa delle Donne parlanti
eologico cita tanti Dottori antichi, e moderni, quasi che tutti siano del suo parere, cioè, che non riprovino detta compars
favore di quell’impedimento: e una fu, che non tutti i Dottori erano del senso del Teologo, che attendeva alla stampa: ma
quell’impedimento: e una fu, che non tutti i Dottori erano del senso del Teologo, che attendeva alla stampa: ma questo dom
ttendeva alla stampa: ma questo domandando. E quali Dottori non erano del suo senso ? Non ebbe altra risposta. E certo sagg
ranno attendendo ai propri interessi; e vorranno accomodarsi al gusto del Principe, e a grattargli piacevolemente le orecch
da sé Teologando, ma gode di formare l’armonia dottrinale sulle note del sondato giudizio universale. Quesito Decimo te
rsale. Quesito Decimo terzo A che cosa è obbligato il confessore del Superiore per rispetto della comparsa delle comic
, che egli si prefiggerà per scopo di prudenza il generare nell’animo del Principe il nobilissimo parto del vero, e forte a
di prudenza il generare nell’animo del Principe il nobilissimo parto del vero, e forte amore di Cristo da cui poi seguano
ttrine lungamente al presente Quesito, massimamente che lo scrignetto del mio poco sapere non può trare fuori né argento, n
uali è Roberto Bellarmino, che nel libro composto intorno all’officio del Principe dichiara come egli portarsi debba verso
a tutti possa essere comodamente inteso, e praticato. L’eterna salute del Principel. 1. c. 6., dice egli, dipende con modo
iente cerchi, e niente altro voglia in tutto, se non la salute eterna del suo Principe, e dei popolo a lui soggetti. Ma per
sorte non vuole lasciare quella cosa, che lo tiene immerso nel lezzo del peccato, certamente egli finge la penitenza, e no
tente, se non fa la confessione intera: e non è intera la confessione del Principe, quando confessa quei peccati follio, ch
; i giudizi si pervertono, si scandalizzano i semplici; e l’ignoranza del Principe non scusa lui presso Dio, se non fosse q
, o d’altronde, quanto malamente i Monistri portino nel comune affare del governo. E se il detto Confessore teme di offende
iti i quali non ardiscono di esigere forse per non incorrere nell’ira del Principe. Ed in questo caso vigilare deve la gius
aver accennatodel Confessore, come Giudice. Aggiungiamo qua che cosa del medesimo, come Medico. Nessuno dovrebbe essere Me
non s’ingeriremx nel governo ovvero nei negozi di ragion di stato, o del reggimento della domestica famiglia della Corte:
ura di Teologia nel Collegio Romano della Comapgnia di Gesù, nel Tomo del Sacramento della Penitenza propone questo dubbio.
quie particolari spettanti alla propria obbligazione; e se il dubbio del Confessore sarà circa il iusmy, e le ragioni, che
avvisi con la debita modestia, e rispetto: e tenga pronte le ragioni del suo umile, e modesto avviso. Finalmente se il Con
e modesto avviso. Finalmente se il Confessore vedrà, che l’ignoranza del penitente è invincibile, né da lei segue scandalo
unti, riportandomi sempre a migliore giudizio. Dico 1. La moderazione del Teatro è cosa spettante al debito del Superiore c
iudizio. Dico 1. La moderazione del Teatro è cosa spettante al debito del Superiore circa il buon governo dei Sudditi suoi:
sa tollerare si debba, o no, secondo la debita moderazione. La regola del Superiore indirizza il costume popolare al godime
o è spirituale Pastore per l’officio, o allora almeno tiene il luogo del proprio Pastore per delegazione fattagli da lui.
ndalo in pregiudizio di molti sudditi; perché si muovono dall’esempio del Superiore a giudicare lecito per se stessi, bench
andalo con avvisare il Superiore, ricordandogli di quella gran parola del Romano Oratore. « Principes plus exemplo, quam pe
il medesimo Autore n. 30. il pubblico bene prepondera al ben privato del penitente. Dico 5. Quando il confessore non sa, p
ita la comparsa di Donna parlante oscenamente d’amore, e che l’avviso del confessore gli sia per essere dannoso, o cagionat
e sinistro, e grave accidente, e però non si può dissimulare l’avviso del Confessore; perché a questo è tenuto per l’offici
ato corregge i suoi errori. Appendice a questa nota Per conferma del detto Il desiderio d’incontrare il vero senso
esito, risolsi di sottoporlo all’acuta, giudiziosa, e sincera censura del medesimo Padre Giovanni de Lugo non ancora promos
parsa femminile in scena, mi rimandò il Quesito con la breve aggiunta del suo giudizio disteso nella seguente e precisa for
, parte di convenienza, e parte di necessità; e la presentò per mezzo del suo P. Provinciale con forma di Supplica al detto
Città. Il Principe a suo agio lesse la supplicante scrittura che era del tenore seguente.   Eccellentissimo Principe. Supp
el pubblico banco della piazza, né di comparire nelle pubbliche scene del Teatro per le infrascritte ragioni. 1.perché il d
farano quelli, che vanno apposta, non alla Chiesa, ma alla radunanza del banco; si fermano a mirare, e rimirare per molto
lcuni mirano da lontano, molti mirano da vicino. Alla proibizione poi del desiderare, e non del mirare, si risponde, che è
o, molti mirano da vicino. Alla proibizione poi del desiderare, e non del mirare, si risponde, che è vera; ma è poco distan
edianti, ma proibire affatto le Commedie; e le proibì con eterna lode del suo glorioso nome. Questo esempio dovrebbe servir
o state presentate con umiltà: ne molto differì la grazia consolativa del Supplicante: poichè, passati pochi giorni, fece i
ma in un Principe lampeggia a guisa di Sole meravigliosamente; e come del Sole disse Sinesio, così dico io del virtuoso Pri
i Sole meravigliosamente; e come del Sole disse Sinesio, così dico io del virtuoso Principe. « Lucere laboriosum non est So
articolare, che sono deboli di spirito; perché in quanto all’autorità del Galluzzi dico, che egli parla, non di Donne oscen
vano il riso senza oscenità: chi vuol leggere, vedrà, che egli tratta del ridicolo modesto, e condanna l’osceno, non solo c
dissoluzione.   Appendice Alla risposta data intorno all’autorità del P. Galluzzi. Si consola, non poco, chi, costre
ui mi consolo; perché vedo, e conosco d’avere interpretato l’autorità del P. Galuzzi secondo il sentimento di lui medesimo.
vero senso interpreta le mie parole. Io mi ritengo intento il foglio del suo Quesito, per potervi dare soddisfazione, quan
nella lettera sua. Nota Unica Della Risposta intorno all’autorità del Garzoni. L’Uomo dotto non tratta sempre nello
trina: bene spesso fa comparire vestiti con diversa livrea e pensieri del suo intendimento: né egli molto cura, che quello,
o per vero questo piccolo preambolo di dire, io rispondo all’autorità del Garzoni dicendo, che elle non snerva la forza del
valore dimostrando pibblicamente in questa professione. E dei Comici del nostro tempo nomina unosolo, il quale si trasform
ubicondo in pallido, e di pallido in rubicondo, come a lui pareva : e del suo modo, della sua grazia, del suo gentile disco
o in rubicondo, come a lui pareva : e del suo modo, della sua grazia, del suo gentile discorrere dava ammirazione, e stupor
tto; e se io credo male, e non sentenzio bene, mi rimetto al giudizio del benigno, e prudente Lettore per la sentenza. L’al
; ma il rimorso della coscienza è stipendio della morte spirituale, e del peccato in sempiterno. Quesito Decimo terzo
lleranza di un Principe sia affatto intollerabile: tocchiamo il punto del proposto Quesito, e diciamo così. I principalissi
o con il riparodi questo argomento estrinseco mi difendo dalle saette del rimorso di coscienza, e stimo, che si possano tol
a; e per ammettere senza ragione in altra parte dell’anno le oscenità del banco, o della scena: ma sarebbe necessario consu
nsultare il dubbio con i Teologi, e con i pratici virtuosi, e zelanti del pubblico bene; e poi risolvere, e decretare la co
e la concessione, o la negazione della licenza. E si ricordino i Savi del nostro tempo il detto di Alessandro Afrodiseo. « 
a agli inferiori Governanti vigilare con sollecitudine all’esecuzione del debito; né devono permettere un abuso nella loro
e, che, se uno dice. È peccato permettere in questa Città le oscenità del Teatro, oda rispondersi, non solo dai semplici, m
a Roma l’anno 1616. all’Eminentissimo Sig. Cardinale Borghese, nipote del Pontefice allora Regante, e disse ciò fare, desid
licare ogni gran Signore, che giustamente distrugga tutti gli eccessi del Teatro. Io uomo da niente, e miserissimo peccator
ristiana purità imita santamente il divino costume, e oppone la forza del suo divieto all’ardire dell’altrui eccesso; e qua
, che scriva una lettera a tutti i Superiori Ecclesiastici principali del Regno, cioè Arcivescovi, e Vescovi, esortandoli a
ia non dipende dall’essere, o non essere, mercenaria; ma dalle regole del Si. Tommaso: onde gli Attori, che non fanno di pr
a dai Diavoli. Pag. 154. Uccisa con bastone. Pag. 155. C Caccia del Pesce Spada. Pag. 171. Canto è di molta utilità.
icolo si acquistarono audienza. Pag. 98. Congregazione Mesinese detta del gran frutto. Pag. 137. Commedia, che cosa è. Pag.
Pag. 102. Si può far senza la donna. Pag. 104, 105. Comico L’officio del Comico moderato è lecito. Pag. 8, 47, 56. Recita
ag. 208. Comica Che donna sia. Pag. 74. Finge talora di essere moglie del Comico. Pag. 114. Perché gusti di dare quest’arte
permissibile. Pag. 234. È un’oscenità in fatto. Pag. 89. È invenzione del Diavolo. Pag. 130. Nuoce in più modi. Pag. 130. 1
nche le Donne brutte comparendo muovono. Pag. 85. Compassione propria del Giusto. Pag. 1. Confessore di Superiore quale dev
permette male alcuno senza buona ragione. Pag. 230. Non ha ignoranza del danno cagionato dalle Comiche. Pag. 241. Di quali
tatori 73. Un recitamento di gran gusto senza oscenità. Pag. 94. Rete del Demonio è l’ornamento lascivo femminile. Pag. 103
. 5. trat. De scandalo Res. 31. In Paren. p. 30. C. 15. della 3. par. del Giovane Cristiano. Nella 3. p. del profilo spirit
Paren. p. 30. C. 15. della 3. par. del Giovane Cristiano. Nella 3. p. del profilo spiritus nel trat. della Mortific. al c.
trat. della Mortific. al c. 35. L. 1. della Tribolat. C. 11. 2. par. del Profi. Spir. Trat. della Mortifica. C. 25. Nell’A
n. 8. pa. 91. T. 1. scrt.de Iac.et Es. C. 15. C. 60. Francesco Maria del Monaco in Parenes. l. de Virg. Francesco Maria de
0. Francesco Maria del Monaco in Parenes. l. de Virg. Francesco Maria del Monaco De habitu virg.Apud Cartag. T. 4. l. 15. h
2 (1649) Della Cristiana Moderazione del Teatro. La soluzione dei nodi pp. -
[FRONTISPICE] Della Christiana Moderatione del TheatroLibro secondo, Detto La solutione de' nod
uoni Cristiani. opera Di un Teologo Religioso, stampata ad instanza del Sig. Odomenigico Lelonotti da Fanano. Si aggiunge
Tuo, ò glorioso Porfirio gloriosamente trionfi nel Divinissimo Teatro del Cielo  : e noi combattiamo pericolosamente nello
ra l’ombre di Fede, e con timore, e incertezza della salute, l’Autore del vero bene, da cui speriamo il tesoro d’ogni nostr
ommedia in sacra, e gloriosa Tragedia, confermando con lo spargimento del sangue, e con la concepita, e pubblicata, e profe
utti noi ci mutiamo  ; e tutti per mezzo tuo impetriamo una scintilla del celeste fuoco, d’onde gli affetti nostri siano ac
simo Imperatore  ; così noi, da te avvalorati, confondiamo l’Αροstata del Cielo Satanasso, superbissimo Tiranno dell’Infern
, della Novità. 44. Seconda, della Verità. 45. Terza, della Sicurezza del pericolo. 47. Quarta, del Soggetto lascivo. 48. Q
a, della Verità. 45. Terza, della Sicurezza del pericolo. 47. Quarta, del Soggetto lascivo. 48. Quinta, del guadagno diabol
Sicurezza del pericolo. 47. Quarta, del Soggetto lascivo. 48. Quinta, del guadagno diabolico 48. Sesta, dell’Interesse Econ
15. P. 17. Se la Commedia Oscena si può permettere, essendo la natura del vizioso Spettatore la cagione del peccato. 119. P
i può permettere, essendo la natura del vizioso Spettatore la cagione del peccato. 119. P. 18. Se la buona Fede, e l’Ignora
o: se si possa andare lecitamente alle correnti e Mercenarie Commedie del nostro tempo? 141. P. 24. Si spiegano alcuni Casi
i moderni Commedianti. 227. P. 10. Segue l’Autore raccontando un Caso del nostro tempo. 229. P. 11. Se i Commedianti voglio
246. P. 15. Di molti Casi accennati brevemente da D. Francesco Maria del Monaco nella sua Parenesi. Clas. 7. 248. P. 16. D
plicati si compiacciano di dare la necessaria e cristiana Moderazione del Teatro, con la quale rimangano godibili cristiana
nno, o non curano saper raccogliere fiore di merito celeste nel campo del nostro Teatro: e poi proporre a’ Peccatori la gio
a’ semplici 68. Come possono recitar molte Azioni 72. Possono vivere del guadagno 151. Ne impedire 152. Non sempre vivono
on consiglio dato loro da un Dotto 81. Quando debba seguir l’opinione del Penitente 79. Consuetudine sia ragionevole 16. Qu
41. 142. Duca Serenissimo come rimediò con grazia ad un inconveniente del Teatro 99. E Esempio non è regola di giudicare 18
2. 3. Quale deve essere 7. Pernicioso è quello della Commedia 7. 9. È del Diavolo 8. 11. S’usa anche nelle cose serie 8. L’
d’averla intorno alle Commedie se siano oscene, o no 110. Imitazione del male è male 9. L’imitar molti cattivi non scusa 9
Commedia oscena 116. Pericolo di peccato è per tutto 112. Permissione del male quando è lecita 186. 188. 208. Pesci detti R
lissimo morì malamente 253. Purgatorio a due Religiosi per la perdita del tempo 219. R Radunanza d’Uomini, e Donne alle Com
satirici, che disse 205. 206. Spettacoli vana consolazione 129. Cosa del Demonio 88. Gli osceni sono un male difficile a c
degli Uomini 245. Superiore modera il popolo 98. Rimedia a’ disordini del Teatro 99. Senza star presente 99. Non può permet
eo Abate pianse per 60. Anni 148. Teatro scuola di male 66. 84. Luogo del Demonio 97. Casa di lui 242. Nuoce a’ suoi seguac
Comici come siano mortali 29. Tolleranza non sempre dice il consenso del tollerante 184. Quando sia lecita di un male 200.
un Teologo Religioso da Fanano. Proemio La moderata ricreazione del Cristiano Teatro si concede, quasi gioconda, e sa
o, si ha nella conversazione di questa vita per mezzo della quiete, e del gioco; onde bisogna tal volta, servirsene per ris
’antica stagione ricrearono l’animo con il sollazzevole trattenimento del gioco « Non ne ex veterum monumentis proditorum I
alche onesta ricreazione, e trastullo di animo, dicendo anche Platone del suo custode della Città. « Quando ad aliquem indi
ato artificio; e non da parola, o da atto, che tengano dell’impuro, o del disonesto. Io concedo, che tal’avviso è da onorat
ste da molti a difesa delle mercenarie, e consuete Commedie, e Azioni del nostro tempo, le quali per l’ordinario sono oscen
ene, per essere giochi, siano tollerabili. Tullio saviamente scrisse del gioco, che doveva essere un lume di buono ingegno
cando e ridendo opera il peccato. Anche di quegli Israeliti adoratori del Vitello, dice la sacra Scrittura, « surrexerunt l
untur. 2. 2. q. 168. a. 2. ad 2. » Non Iddio, ma il Demonio è autore del gioco a coloro, che se ne servono disordinatament
o Ringhieri nell’Opera sua detta Cento Giochi Liberali, pone al c. 90 del lib. 9. questo titolo Gioco della Commedia : e la
iani? S. Tommaso, citato ancora dal Casani Appresso il Franc. Par. 3. del Giov. Chr., condanna gli Istrioni, che usano fatt
cciano per puro gioco, e per fine di dar piacere ad altri per cagione del gioco, il quale si ordina « ad solatium hominibus
e. Non vale per scusa l’opporre, che sono giochi; perché l’imitazione del male è parimenti male. Così dico io: se un invito
appresentazione fatta nella pubblica scena per dilettare con il gioco del teatro. Né alcuno, usi per l’auditore il detto us
tro. Né alcuno, usi per l’auditore il detto usato da Ausonio a difesa del lettore. « Cui hic ludus noster non placet, ne le
nque gli osceni non sono leciti, né permissibili; perché sono effetto del vizio, e non germogli della pianta della virtù. O
sonesto. E di questo gioco scrive D. Francesco In Paren. P. 31. Maria del Monaco. « Nefas ludi causa, qui ad animi remissio
i, leverete l’iniquità, e estinguerete tutta la peste. E la ragione è del medesimo S. Dottore; perché « quicquid illic geri
nfami Mimi,che femminando per le pubbliche piazze la contagiosa messa del vizio, corrompono i più lodevoli costumi, non ard
lla bocca torrenti di divina facondiay, screditava affatto le sozzure del vizio, che uscivano da quelle mal nate bocche, ch
infette ogn’anno moltissime anime nelle Città, anche principalissime del Cristianesimo? Ma si risponde, che non mancano bu
lla teatrale pestilenza, cosi felicemente si oppongano alla malignità del carnevalesco malore. Sebbene possiamo dire, che g
. Sebbene possiamo dire, che giustamente si permettono le ricreazioni del Carnevale, in quanto sono lecite, e si possono fa
igentemente gli Ufficiali, acciocchéaa non seguano scandali con danno del pubblico, e virtuoso governo. Il saggio, e glorio
po. L. 1. c. 8. d. 35. n. 3. . E così proibire si devono le oscenità del Teatro; perché sono illecite, e da esse, come da
festi pericoli, a quali moltissimi corrono per cagione delle oscenità del banco, o della scena; acciocché siano conosciuti,
; perché la regola de’ nostri costumi non è l’opinione, né il costume del volgo, ma la legge di Cristo, il quale, come dice
de lure naturali § sine scripto v. consensu ». E come la consuetudine del Duello non è permissibile, perché inviterebbe a’
Molto bene discorre per acconcio di questo punto Don Francesco Maria del Monaco, dicendo. «Aiunt, licere id, neque inhones
o, come al tempo di Noè, quando il peccato comune con le acque comuni del diluvio restò purgato, e non perdonato nell’unive
del diluvio restò purgato, e non perdonato nell’universale naufragio del genere umano. « Denique ut semel finiamo cur inqu
ggi di sommo valore? Voglio dire queste favole teatrali, che i Comici del nostro tempo rappresentano; queste, dico, sono qu
nto dannoso. Battista Fragoso avvisa per acconcio di questo l’obbligo del Principe dicendo. « Princeps secularis tenetur om
e dilettoso fonte teatrale; ma rimuoverne il nero, e puzzolente fango del peccato, che lo rende contaminato, ammorbato, e d
Scrittura condanni le Teatrali oscenità. Per conoscere la bruttezza del vizio, basta il lume della ragione: questa è fiac
deforme, e contraffatto. Non occorre dunque per condannar le oscenità del Teatro, ricorrere alle divine Scritture, basta il
spiega, come scrittura condannatoria delle sceniche vanità, il passo del Salmo 118. 37. « Averte oculos meos, ne videant v
118. 37. « Averte oculos meos, ne videant vanitatem. » E quell’altro del Salmo 39. 5. « Beatus vir, qui non respexit in va
, e non in Dio. II medesimo Crisostomo a parere di D. Francesco Maria del Monaco, vuole, che la proibizione si contenga nel
lliano ancora si servì anticamente, e noi ora ce ne possiamo servire, del primo Salmo di David. « Beatus vir, qui non abit
edesimo Tertulliano ricorda, che nel battesimo si rinuncia alla pompa del Diavolo e per nome di pompa intende anche la Teat
uibus prædicatur felices, qui abis abstinuerint. » D. Francesco Maria del Monaco nel principio della sua Parenesi pone il l
icolarmente contrarie alle Donne poco modeste, e tali sono le Comiche del nostro tempo. A dunque è certo, che la Divina Scr
impurità non deroga alla Sacra Scrittura; perché deroga all'Attioniak del Teatro I Sublimi, e altissimi segreti, dipendent
le riveriamo; perché ci consta per fede, che sono scritte per impero del sapientissimo Sig. Iddio, e con lo Spirito Santo;
o ardimentosa impietà, e empia sfacciataggine. Ma le impure bruttezze del Teatro ogn’uno sa, che sono scritte non col dito
ì, che un principal Signore, e molto virtuoso, non s’accorgendo forse del tiro, si parti scandalizzato, e chiaramente biasi
Festa di S. Agata, nella Clarissima Catania, Città tra le principali del fiorito Regno di Sicilia, e Città divotissima di
fa sentire a parlare in scena il lascivo Quintiano con ardente amore del suo brutto e focoso desiderio: né meno da essi è
esto modo tanto corretto, e moderato procederebbero gli osceni Comici del nostro tempo; imperochear si vede, che sdrucciola
toriarum, et gestorum Sanctorum », le Rappresentazioni della Passione del Signore, e delle storie, e dei fatti dei Santi: e
a, ac puritati valde contraria ». Non solo per conformarmi al decreto del P. Claudio Acquavivapar. 5. tr. 5. res. 5. pag. 1
o è breve e momentaneo in materia notabile contro la carità di Dio, o del prossimo, non sarebbe peccato mortale: il che è c
tà, o che le torcerà da’ legittimi eredi a forza d’argomenti? La rete del Comico non è fabbricata per tale affare; è rete d
ale si è, porre in capo Massime di nocumento grave; e che il naviglio del Comico si spalma per navigar in questo mare; e vi
lfare in modo tanto pericoloso, che chi segue la traccia, o il fanale del suo cammino, dà prestamente nelle secche, o negli
le facoltà; e ricordo, che Crisostomo scrisse ottimamente per l’abuso del suo tempo; ma vale anche a proporzione per l’ecce
per l’abuso del suo tempo; ma vale anche a proporzione per l’eccesso del nostro. « Multi consumunt pecunias. ho. 38. in Ma
tto delle Comiche Azioni rilassate spendono il loro danaro. E la rete del Comico non si getta per allacciar, e pescar solo
une de’ pratici, e de’ Dottori. Onde io inferisco: adunque l’oscenità del dire, e la lascivia del gestire, quale si è un di
ottori. Onde io inferisco: adunque l’oscenità del dire, e la lascivia del gestire, quale si è un discorso amoroso, un tratt
ma lo lascia ferito di peccato mortale per illo consenso libidinoso, del quale se non fa penitenza, se n’andrà, ancorché s
penitenza, se n’andrà, ancorché sia Cristiano, all’infernal prigione del sempiterno pianto. Né la Commedia, benché alla fi
ve con gli occhi nuovo ardore onde si può accomodare a lui lo scritto del paziente Profeta, « implebit ardore stomacum suum
esi, e né manda anche molte Compagnie in Italia. Io aggiungo al detto del Barbieri, che l’anno 1644 in Fiorenza intesi da u
vverarsi, e si può interpretare con questi detti. Dico prima. A tempo del prudentissimo Re Filippo II la licenziosa immodes
gran Signore pratico di Spagna a fine, che non tollerare le oscenità del teatro, gli diede occasione di rispondermi. È ver
an non scrisse il resto, cioè quella nuova concessione, o permissione del Re Filippo; poiché ella non pregiudicava, anzi er
osceni turbarono di nuovo, a guisa d’oscuri nuvoloni, la bella faccia del serenissimo cielo teatrale. Spinsero di nuovo il
moderne Commedie Spagnole oscene: e ambedue sono Spagnoli, e pratici del buono, e reo costume, con che procedono i moderni
si accetti con la debita distinzione. Scrive il medesimo P. Alegambe del . P. Didaco Ruiz de Montoya Teologo Hispano, e sti
no le Azioni, intrecciando al solito ragionamenti con tale espressiva del caldo affetto di Cupido, e con tale eccitamento d
go, e spazioso campo: il male della radice non si leva con l’ampiezza del nativo suolo: per tutto il radical difetto è dife
, o grandezza di un bel giardino è bastevole antidoto contro la forza del veleno, che contiene in sè un velenoso germoglio.
 » ; perché non cesserebbero di essere oscene.· poiché la circostanza del luogo « est quid extrinsecum », è cosa estrinseca
e nondimeno elle sono manifeste trasgressioni contro il grande impero del Divino Legislatore: sono abominevoli peccati; son
etti Teatri, e fatte Scene, che mostrano chiaramente, che con la vita del mondo devono conservarsi in que’ paesi. Dice poi
ce, e l’oscuro delle tenebre; la bellezza della virtù, e la bruttezza del vizio; la ragione del Cielo, e l’interesse dell’I
enebre; la bellezza della virtù, e la bruttezza del vizio; la ragione del Cielo, e l’interesse dell’Inferno. E pure vediamo
ingegnosamente prova il P. Pallavicinol. 3. pag. 2. c. 49. n. 6. e 7. del Bene., tuttoche da’ Savi siano conosciute per cos
Recitanti poi ogn’uno studia, segue Beltrame, conforme alla necessità del suo Personaggio. Quelli, che rappresentano gli Am
la Commedia campeggia bene, come lo prova pure Beltrame nel cap. 27. del suo Discorso. A cui io aggiungo, che i valenti Re
ent, flentes ad huc egredi. »l. 6. c. 2. Nota terza Della sicurezza del pericolo. Una buona ragione di piacere nasce dal
animali, molti sono stati calpestati da Cavalli, e molti dalla turba del popolo spaventato, e scompigliato hanno passato s
quinta. Del guadagno Diabolico. L’astuzia si collega con lo sforzo del Demonio, e fa, che egli renda, quanto più può, gr
v. 8. Annot. 11. v. 4. Quando un uomo, godendo l’uso della ragione, e del giudizio, si rallegra di comparire un pazzo, quas
ta, e sconturbata. Egli si vantava di trovarsi presente alla Commedia del continuo, e di udire con suo grandissimo gusto i
a per tempo il contravveleno. La morte si maschera tal volta col velo del diletto, e dilettando uccide. « Aperiat Deus ocul
prescritti da S. Tommaso, e da Teologi secondo la debita moderazione del cristiano Teatro. Ora consideriamo un poco le qua
aggiore, e corrispondente alla nobiltà, e magnificenza dell’Azione, e del pomposissimo apparato. E di questa fatta sono par
oni oltre le altre, che faccio. La prima è per la liberta, e impunità del dire: atteso che non temono castigo, benché dican
ligioso, e Teologo, non poco versato nelle dottrine della Moderazione del Teatro, udendo, che certi Giovani facevano Commed
quando sono degne di essere biasimate; perché chi scioglie la lingua del biasimo, o tempra la penna, della riprensione in
ziosi nel Teatro, i quali certo meritano di essere moderati per onore del grande Iddio, e per spirituale giovamento di molt
altro chiodo, e di cavar una spina con un’altra spina: ma la pratica del negozio riesce molto diverfa dalla supposta inten
E se i Comici vogliono insegnare il bene; perché non trattano spesso del bene, e non dei male? Perché non lasciano le mate
iono correggere alle volte qualcuno, e per un poco, dall’atto vizioso del gioco; o dalla rea conversazione con una trista F
ndante, di parole turpi, e di gesti osceni, insegnano il male in vece del bene; e non correggono dal Vizio i semplici, ma v
ve gli ammaestrano, e addottorano perché la pubblica Rappresentazione del Vizio, fatta senza la debita Moderazione,e su gli
r proponitur. » Io fondato su questa sentenza, dico, che l’intenzione del giovare non è sempre genitrice del giovamento. Al
a sentenza, dico, che l’intenzione del giovare non è sempre genitrice del giovamento. Alcuni dicono di voler recar utilità,
ntazione, che ha faccia di letizia, invita l’audienza; e poi la brama del diletto rapisce l’attenzione: e così inaspettatam
la Rappresentazione partorisce con diletto e con utile la correzione del vizioso. Ma i Dottori avvisano, che lecita non è
di fuggirlo. I Dottori concordemente dicono. Con la Rappresentazione del male, usata da’ Comici, non s’insegna il modo di
hiarato intorno al proporre le oscenità; e qui aggiungo il sentimento del Sig. Fabio Albergati, ove dice. « Perché la Repub
moramenti disonesti, i pubblici ruffianesimi, e altre solite oscenità del Teatro; nel quale chi segue per sua guida l’esper
triboli, e le spine all’erbacce, e all’ortiche già nate nel campetto del lor malvagio cuore. Adunque non riesce la correzi
nel campetto del lor malvagio cuore. Adunque non riesce la correzione del male, né l’insegnamento del bene col mezzo della
o cuore. Adunque non riesce la correzione del male, né l’insegnamento del bene col mezzo della Commedia oscena; che però è
Amore; i quali piacciono tanto, e tanto nuocono alla misera Gioventù del nostro tempo. Ora chi potrà credere, che la Comme
al correzione, né insegnano tal dottrina  : e per una bastevole prova del detto basta il fare alla sfuggita un poco di rifl
n Comico Professore ciò che io qui riporto in ItalianoD. Franc. Maria del Monaco in Parenesi pag. 47.. « Che maniera di med
nati. Deh cessa dall’insegnare in cotal modo; noi non abbiamo bisogno del tuo magistero. La Virtù a bastanza s’insegna nell
rofitto vizioso, con scapito dei virtuoso profitto, la cieca Gioventù del Cristianesimo, e quelle persone anche vecchie, o
stare le delicate vivande, e i preziosi vini; e se ben tutti mangiano del pane; nondimeno da tutti se ne fa poco capitale,
oco di bene, e giovano solo a que’ pochi, che conoscono tal bene; che del resto la moltitudine ignorante conosce; molto mal
esta Commedia meritamente si può nomar canora tromba all’abbattimento del male, e generoso invito al godimento del bene: o
nora tromba all’abbattimento del male, e generoso invito al godimento del bene: o pure arringo di Virtù, e fuga di Vizio, p
che proposizione l’astuzia di Pompeo, il quale temendo la distruzione del suo Teatro, vi aggiunse, e dedicò un piccolo Temp
esposto in voce da un Personaggio dotto in Teologia, e molto pratico del mondo: cioè, che i moderni Commedianti usano arte
buoni costumi; e poi si rappresenti, che sarà, credo, un’Azione degna del Cedro, e non dell’Olivastro. Non voglio toccare c
presentando ciascuna: come si vede avvenire tal volta con l’occasione del Recitamento, che si si di una bella, e modesti Co
Ora veniamo alla soluzione di altri Nodi, che non mancano per ragione del secondo Capo. Capo Secondo Delle Difficoltà pr
della vista di qualche grato oggetto alla forza della voce di Dio, e del suo impero. E invero chi cade in questo errore, d
ti Confessori assolvono quelli, che vi vanno, o le permettono. Gioia del tesoro di Cristo è l’assoluzione da’ peccati; e q
e pentono, e vanno ben disposti al Confessore. Ma forse la difficoltà del presente Dubbio vuol significare, che se bene alc
zelante Padre lo seppe, e si ritenne d’andare ad udire la Confessione del nobile Penitente; il quale tosto lo fece cercare,
pi l’anno 1646. di Novembre in Fiorenza per scrittura di un Penitente del medesimo P. Gori, a cui egli stesso l’aveva narra
olaro il quale due volte si trovò presente alla Commedia disonesta, e del quale fu domandato a P. D. Uomo buono, se aveva p
re; né il discorso di lui è malamente fondato. Io ritornando al punto del dare l’assoluzione. Dico che, se alcun Confessore
se vi fosse, io non la tengo probabile: onde né io, né altri, che sia del mio parere, dovrebbe, né potrebbe senza grave col
, il primo Teologo P. Giovanni de Luogo, promosso di poi all’Eminenza del Cardinalato, così scrisse. « Dixide hoc late ex q
forse tal’uno mi opporrà la Risoluzione 11. presa dalla seconda Parte del P. Diana nel tr. 13. ove cercando. An Confessariu
ænitenti opinionem. se il Confessore è tenuto di seguitare l’opinione del Penitente, così risolve. Responde affirmativè. Ti
Pontio, Salas, Valenza, Azor, Villalobos, Suarez, Coninchio, e altri: del che reca questa sola ragione; « quia quoties Conf
stò preso. Onde a lui, e a’ suoi pari si possono accomodare le parole del medesimo Senecal. de beata vita c. 14.. « Mala pr
ale rappresentava per l’appunto quella Commedia, tanto sua., favorita del Giocator Disperato, con tanta squisitezza, e con
tanta squisitezza, e con tanti fruttuosi avvenimenti, che la perdita del denaro gli servì per acquisto di lui medesimo: po
i medesimo: posciachè vedendo Orazio fallito, spogliato, in disgrazia del Padre, aborrito da gli Amici, fuggito da tutti, e
na vide comparire, comportò libera l’andata dello sventurato a’ piedi del Padre, il quale conosciuto il pentimento, ad imit
a’ piedi del Padre, il quale conosciuto il pentimento, ad imitazione del Padre di Orazio, con gran copia di lacrime gli re
an copia di lacrime gli restituì la sua grazia. Onde il Sig. Cavalier del Giglio, e il Signor Flaminio Sementa mi ebbero, q
n giusto sdegno di quel zelante Religioso. Tutto fu, perché in quelle del servo di Dio, benché facete, indifferenti e belle
ericolo: «  qui amat periculum, peribit ». Una fuga onorata dal luogo del peccato è una buona congettura della salute. Mi a
le Commedie oscene: come in fatti gli ebbe, avanti che per malvagità del Demonio si usassero tra gli uomini gli Spettacoli
quali sono chiamati da TertullianoDe Spect.. « Diaboli retia », reti del Diavolo; e da Salvianol.5. de Provid. sono detti
ia », reti del Diavolo; e da Salvianol.5. de Provid. sono detti opere del medesimo. «  Spectacula opera sunt Diaboli. » Non
telli, e Terre nel tempo delle Commedie oscene sono per ordinario più del solito abbondanti di offese di Dio, e di peccati,
ono con gran senso, e con gran zelo; cioè, che nelle Mercenarie Scene del nostro tempo si pecca gravemente con molte, e var
Scrisse per acconcio di questo con, giudizioso brevità la penna d’oro del Greco, e Ecclesiastico Oratore Crisostomoho. 33.
orarle, e lodarle eternamente. Dico per fine ad ogni Città principale del Cristianesimo, che sarebbe una sua gloria grande,
iscaccia i Comici osceni ma li fomenta, e mantiene, le dolenti parole del ProfetaThr. c. 1. 11.. « Vide Domine, et consider
ano necessario levar da’ banchi, e dalle piazze, e bandir dalle Scene del Teatro ogni Comica impurità, subito si oppongono
etate con la proibizione. E questo punto vale nel caso delle oscenità del Banco, o del Teatro: meritano, che il Superiore b
proibizione. E questo punto vale nel caso delle oscenità del Banco, o del Teatro: meritano, che il Superiore ben informato
ervanza della Divina Legge; che se in lei mai si è proibito l’eccesso del Banco, o della Scena, forse non v’è stato, bisogn
ito così grande inconveniente, può essere, e prego, che sia all’animo del Superiore, stimolo più acuto, e più penetrante; a
maggior sollecitudine nel levarlo perfettamente; onde resti il piacer del Banco, e del Teatro godibile da tutti gli onorati
citudine nel levarlo perfettamente; onde resti il piacer del Banco, e del Teatro godibile da tutti gli onorati, e cristiani
tissimi; onde si gode in Francia di presente una perfetta Moderazione del Cristiano Teatro; e si fanno le Commedie con mode
ogo, ove l’anima sua resti infetta, avvelenata, e morta con le ferite del peccato. E però non giustifica bene se stesso que
nvito pare una scortesia. Alla quale scusa io rispondo con l’autorità del Cardinal Caietano2. 2. q. 167. a. 2. in si ne.. «
principalissima Città di un Regno, nella quale si facevano in Palazzo del V. Re Commedie veramente oscene, benchè forse non
co scrupolo si è fatto d’invitar liberamente gli Amici alla frequenza del Teatro poco modesto. È prodigalità di vita il ber
n ama, e non giova il proprio Fratello. Così tal’ uno spiega, a parer del P. Cornelio secondo la forza del testo Siro, quel
tello. Così tal’ uno spiega, a parer del P. Cornelio secondo la forza del testo Siro, quel luogo de’ Proverbi. « Vir Amicab
nte quel poco, che per acconcio di questo ho letto in un Ragionamento del P. Giulio Mazzarino. Non si deve, scrive egli, ac
er andar in compagnia, di un parente al Teatro disonesto, che è luogo del Diavolo; e che come suo egli professa di posseder
con qualche Persona dotta, e spirituale  ; e le dica tutto l’interno del suo cuore, spettante a questo punto; e procuri po
, di grido, o d’altra maniera, e subito vi si rimedia con la presenza del Superiore. Così avvenne in una Città principale d
minciò a strepitare, e impedire contraffacendo con alta voce il canto del Gallo. Il Principe Padrone, che era presente, ebb
succeda nell’Auditorio alcun disordine contro la Modesta Ricreazione del Cristiano, e virtuoso Teatro. Punto decimo. Se
ente Dubbio: la prima, io prendo dal Moralissimo P. Dresselio par. 1. del Faetonte c. 19. n. 4. pag. 710. ove dice con tal
plici venire scusato col pretesto della moltitudine; perché la regola del vivere non si prende dal viver molti insieme, e e
molti; anzi per questa stessa ragione è più tosto maggiore. La colpa del delinquente non resta dalla moltitudine de’ Compa
quasi che ella stimasse di ricevere consolazione facendolo partecipe del suo peccato. « Peccatum fuit, scrive il Santo, qu
care andandovi. La Passione è un’ingegnosa Maga degli occhi, e anche del cuore: fa molte volte travedere, e molte volte de
rensione de’zelanti Censori. Tale si è la Ragione proposta nel titolo del presente Dubbio, e si pratica così. Uno sa, che s
eccano mortalmente, essendo la cagione propria per se stessa efficace del Recitamento Segue l’Autore a dire degli altri. « 
primi, ma gli ultimi ancora, cioè tutti gli Spettatori delle Commedie del nostro tempo, peccano mortalmente; perché con gli
to il secondo Teologo, che è Girolamo Fiorentino: nella Commediocrisi del quale si leggeConclus. 6. pag. 12.. « Qui Comadis
la sua presenza: onde egli non si deve giudicare cagione cooperativa del peccato a’ Commedianti. Risponde questo Autore, f
ue allegati Teologi, forse potrebbe dire uno. Se gli Spettatori primi del numero sufficiente non avessero già resi, « parat
ghino la mercede. Ora,che dirò i in questa materia, e per risoluzione del Dubbio? So, che D. Francesco Maria del Monaco scr
sta materia, e per risoluzione del Dubbio? So, che D. Francesco Maria del Monaco scrive. « Dices. Adhuc agerent in Scenam,
il male. Certo la malizia volpina non si nasconde sotto la semplicità del pollo. Voglio dire per acconcio del presente Dubb
n si nasconde sotto la semplicità del pollo. Voglio dire per acconcio del presente Dubbio. Tal’uno si trova, il quale, anda
ccato grave. Rispondo a quello astuto detto. Io non so: con le parole del P. Giulio MazzarinoRag. 110.. È una melonagginebq
enso, formerà risposta di confusione, e non d’approvazione. L’Oracolo del suo cuore, facendolo arrossire, sarà un oracolo d
con molte piaghe mortali ricevute nel cuore: e se egli entrò padrone del suo pudico affetto, spesso se n’esce schiavo dell
hi vi vanno con tal'animo. Basti per andarvi lecitamente. È opinione del Comico Beltrame, che chi vuole cercare, e ricerca
né meno basterebbe a giustificarla, se avesse aggiunto, che i Comici del nostro tempo non dicono le parole, né formano i g
s defectibus » : ove « bonum est ex integra causa », secondo il detto del gran Dionisio; e però il fin buono non basta ad i
so, dice Beltrame, che sono interessato, non saprei negar il pericolo del peccato. Ma perché possono esser pochi, dirò che
ettere un peccato maggiore, con altra maniera, che con la permissione del mal minore, potrebbe in caso tale offerirgli la m
lo. Onde Laimanl. 2. tr. 3. c. 13. n. 7. al fine. approva la dottrina del Valenza, e dice. «Commissuro maius peccatum, si i
la Carità richiede, che la correzione non si faccia senza la speranza del frutto. « Ergo multo minus, concludo con l’addott
o settimo Se la Commedia oscena si può permettere, essendo la natura del Vizioso Spettatore la cagione del peccato. Il mo
i può permettere, essendo la natura del Vizioso Spettatore la cagione del peccato. Il modo di usare le cose è qualificator
ma cattivo, e nocevole, a chi l’usa male. Infine il bellissimo lampo del Sole nomarsi può dannoso, o grazioso, all’occhi c
c. 17. Un Sensuale porta pericolo in ogni luogo: cioè, che la Natura del vizioso Spettatore, e la sua mala volontà cagioni
La buona Fede è una coraggiosa guerriera per difendere dall’assalto del peccato l’Anima fedele: chi erra con buona Fede,
tare. Spara nel vano i suoi tiri: e ella diviene bersaglio, e scherzo del vento. Ora stante il detto di tale tenore, alcuni
e è proposta molto bene, e è sciolta benissimo dal P. D. Franc. Maria del Monaco con idioma latino, che trasportato in ital
ti ciò fanno, non peccano mortalmente. La onde, chi li farà avvertiti del peccato, egli sarà reo di tutti que’ peccati, che
gran peccato, componendo l’Operetta mia, per avvisare gli Spettatori del Teatro: e quasi che i fossi partecipe di tutti qu
e per Ignoranza. Voi, o uomo letteratissimo, avete stimata cosa degna del vostro giudizio avvisar me solo, che nominate err
atori; acciocché poco dopo non pecchino mortalmente fatti consapevoli del peccato. Rispondo. Io stimo, che niuno abbia l’Ig
ia male, o no, l’andare agli Spettacoli osceni, e Teatrali. O miseria del nostro secolo, questo gli mancava, che gli Istrio
olo, questo gli mancava, che gli Istrioni in scena facessero la parte del Giudice delle coscienze; che i Buffoni insegnasse
n un affetto grande di peccare. Adunque gli Spettatori delle Commedie del nostro tempo gravissimamente peccano; tutto che a
ndo in quando a predicare pubblicamente contro le Commedie mercenarie del nostro tempo? Tosto che ad una Città giungono Com
l’ApostoloI. Cor. 14. « Si quis ignorat, ignorabitur. » O pure quelle del gran Vicario di Cristo S. Gregorio registrate ne’
o la qualità de’ morbi: e la medicina si loda, quando con l’espulsiva del malore conduce al termine di sanità a l’afflitto
conia, peccherebbe; atteso che non si deve procurare la soddisfazione del corpo con la distruzione de’ beni spirituali dell
et perturbationis sunt plena. » Voglio dire: l’anima da nello scoglio del peccato, e resta misera naufragante con perdita d
lleggerire il tedio della sua malinconia senza scapito della Virtù, e del Decoro. « Scimus quidem, avvisa un Autore, esse n
e usare altra medicina che la ricreazione oscena Teatrale per rimedio del suo morbo; così quando vi sono, si astenga dall’u
cor in terrenis voluptatibus desigunt ». Non sa desiderare i piaceri del Cielo, chi troppo ama quelli della terra. Conside
o che sollazzarsi disonestamente. E io dico. Chi gusta il dolce miele del Teatro, avverta non gustarne troppo, e con danno
ve andare, non all’oscena ma alla modesta. Non posso lasciare un poco del bello, e dotto discorso, che in prova di questo h
oglio credere, che ad alcun Fedele avvenga ciò, che racconta Damascio del Guglielmo d’Ammonio, il quale non era, come dices
al malinconico, è buono per accidente, e secondo la mala disposizione del malinconico, al quale serve per medicamento, e lo
e Oscenità, cerca diletto cattivo, diletto, di cui si avvera il detto del Boccadoro. « Re vera omnis lætitia pericolosa est
o dall’umor malinconico la persona, aggrava non poco l’anima col peso del peccato. E per conseguenza non è buono rimedio, n
va, e fondata nella vanità, nell’ozio, e perdita, o vana consumazione del tempo; e per conseguenza sia almeno peccato venia
, al Giudice Divino; così la medesima strettezza premerà per rispetto del tempo passato oziosamente, e senza frutto. Punto
con un Teologo, che quelli, che vogliono essere affabili, si servono del riso; ma spesse volte usano il troppo, l’impruden
il titolo, non di Galantuomo, ma di mal costumato, secondo il parere del Comico Beltrame, il quale discorrendo della Comme
rrillitatem in iudicio Dei cogitabat esse plectendam. » E dal costume del Savio, che scrisse. « Risum reputavi errorem: et
mundanus risus circumsert, qua tristitiam tegit. »q. 83. 52. Il riso del Mondo non è vero riso, ma è vera mestizia. « Risu
bet. » Disse un altro. Giudichi il Lettore quanto debba un tale amico del riso temere la spaventosa minaccia del Salvatore.
ore quanto debba un tale amico del riso temere la spaventosa minaccia del Salvatore. « Va vobis, qui ridetis, quia flebitis
r non rendere qualche persona troppo scrupolosa, avviso con il parere del P. Cornelio; a Lapide, che al Cristiano è disdice
l riso, che vien cagionato dalle burle oscene de’ Comici disonesti: e del qual coloro, che gustano, e se ne rallegrano, pos
aptantur, et turbine. » Questo riso non è buono; perché Die è l’amore del buono, dice Filone, « Opifex est Deus boni risus 
tti gli scogli. Chi vuol salute, moderi tutti i suoi cattivi desideri del Teatro, pensando bene la sentenza di S. Agostino.
: se si possa andare lecitamente alle correnti, e Mercenarie Commedie del nostro tempo. Il Cielo annuvolato non si snuvola
esta a gli Auditori, che possono star presenti alle Mercenarie Azioni del nostro tempo. Onde udita questa contrarietà di pa
e: se lecito sia, o no, l’andare alle Commedie correnti, e Mercenarie del nostro tempo. Io nel seguente Punto apporterò qua
rerò alcuni casi, due de’ quali già occorsero in due Città principali del fioritissimo Regno di Sicilia. Punto vigesimo qua
no protetti da Personaggio accreditato nel punto della reputazione. E del lampo di questa luce godono tal volta i Mercenari
. E del lampo di questa luce godono tal volta i Mercenari Commedianti del nostro tempo, i quali, avendo molto piccolo il ca
mmedianti del nostro tempo, i quali, avendo molto piccolo il capitale del credito loro, sono difesi, e protetti da qualche
ro una mattina in pergamo, e con buona congiuntura venne alla materia del Comico abuso, e disse. Io lodo grandemente la dil
amente Giovani, ovvero mal’abituati. Ma che? Non passò l’applicazione del rimedio senza l’oppugnazione: da un altro Religio
o stare presente ad un’oscena Rappresentazione. Or diciamo una parola del rimedio al proposto Dubbio. Credo, che per levarl
e luminose torce non camminerà tra l’ombre scure della perplessità, e del dubbio. Io per me, non con forza di rigore scolas
passare vanamente il tempo; questo basterebbe al Diavolo per sentenza del Cancelliere Gersone. « Si nihil habereto aliud de
m partem mittere in vanum? »ep. 118. Possiamo meglio piangere i danni del tempo perso, che non piangeva il Satirico, quando
r vincere l’Ozio, e per vivere senza peccati: e quindi alcuni gustano del Trattenimento delle Modeste Commedie. Ridico, scr
stito necessario per mantenersi in vita. Ora per venire alla Risposta del Dubbio, dico, che i Comici veramente Virtuosi, Mo
con il guadagno delle fatiche loro; e possono dire alludendo al detto del Serenissimo Profeta. « Labores manuum nostrarum q
nativi da Signori, e da Principi; è una vita de Cuccagna, ma Cuccagna del Diavolo; perché beni tali, e tali piaceri sono le
se ferie, e di cose allegre. Tutto questo pare a me convenga al luogo del Teatro, ove gli Attori convengono per dire, e gli
e buona guadagnandosi il sufficiente vitto, abbracciano l’Arte infame del Buffone, per meglio pappare, e per goder una vita
lia molto onoratamente. Ma l’infelice non si contentò dell’onesto, né del dovere onde parendogli la vita de’ Buffoni essere
amo tutti al Teatro, e da tutti guadagniamo. Rispondo con il paragone del Commediante al Pittore secondo l’avviso del Sig.
Rispondo con il paragone del Commediante al Pittore secondo l’avviso del Sig. Cardinal Paleoto. Dice egli,che il Virtuoso
gusto con le sue opere a persone tali senza contravvenire alle Regole del Decoro. « Nec dicimus, scrive, ut huic generi hom
ngere, qua multitudinis oculos oblectare magis solent. » Cosi dico io del Comico Moderno: egli, per piacere a chi che sia i
ettare senza offesa dell’Arte, e senza l’oltraggio della Virtù. Anche del Comico Ganassa io ho inteso, che abbondava di rid
ibertà. E sappiate che voi con le vostre indecenze vi rendete indegni del nome di Comico, e vi dovete chiamare Buffone, e n
er sempre con il fallimento delle ricchezze spirituali delle Virtù, e del tesoro della Grazia. Aggiungo. Come le Meretrici
ti; ma tenuti in pregio, e riposti tra soggetti più amati, e più cari del Mondo. Con questo senso discorronoBeltrame nel. c
non abbia l’animo, o l’officio intento al danno, o almeno al disturbo del prossimo. Questo Galantuomo fa una certa induzion
turbo del prossimo. Questo Galantuomo fa una certa induzione in prova del suo detto, la quale non è pregio dell’opera, che
e in fine aggiunge. Solo il Comico per sua natura, e per conseguenza del suo esercizio, desidera a tutti vita lunga, animo
nforme alla dottrina, che comunemente si legge intorno al Cooperatore del peccato. Ma prego bene ogni Comico modesto a legg
trina bastevolmente dichiarato, e provato. E si ricordi l’ammonizione del Signore spiegata da S. Ilario, ove dice. « Vigila
ché ciascuna persona può « uti iure suo, et sua libertate », servirsi del suo diritto, e della sua libertà. Ma il recitar i
nel linguaggio d’Amore, e gli occhi senza le parole sono ambasciatori del cuore, ma muti e non molto efficaci. Non crediamo
molti lascivi s’innamorano pazzamente; ma anche in altro tempo fuori del Teatro con la perniciosa Conversazione, dalla qua
all’Inferno? Due ben vede ognuno, quanto più deplorabile sia lo stato del presente secolo, nel quale oltre i Libri non buon
composti da’ Gentili; acciocché veggano la proprietà, e la politezza del parlare: ma in niuna maniera li dovranno dichiara
mpagnia. Il P. Claudio Acquaviva a. 27. Iunii Così sta nelle risposte del P. Claudio nell’archivio Romano. Generale fu rich
risposto a vari; con la stessa maniera seguitando in ciò le vestigia del suo Antecessore. Notasi in questa risposta quel p
altri Libri osceni e proposti da leggere con la bellezza delle forme del dire, e senza la bruttezza delle impudicizie. « C
colosi alla Gioventù. Ricevé in ottima parte il buon Maestro l’avviso del zelante Superiore, e applicò tosto l’animo ad una
per ammaestrar molto bene la Scolaresca nelle forme, e nelle maniere del buono, e bello favellare, e scrivere latino: e no
, e scrivere latino: e non andò molto tempo, che egli da’ Proginnasmi del Pontano fece una bella, e giudiziosa scelta di Co
mi, e la indirizzò all’illustrissimo Prelato. Ora vengo alla risposta del Dubbio, e dico: che io non posso lodare, né appro
ne al seguente detto, che è, non di S. Basilio, né di altro Santo, ma del malvagio Luthero, e lo cita il P. Carlo Scribano.
tà propone a se medesimo, e vi risponde molto bene D. Francesco Maria del Monaco in Paran. p. 45.. « Obiciunt, dice egli, s
ce, ma esangui; le mani irrigidite; la faccia pallida; tutto il resto del corpo senza moto, senza caldo, e simile appunto a
tto il corpo il senso, o il moto; e lo stimerete cosa divina, e degna del Paradiso. Or questo medesimo vi scorgerete, se fa
orza alla parola: onde uno con ragione chiamò le mani saetta, e dardo del parlare. Or questo non ha la lezione per se stess
alle suddette cose aggiungete il movimento lascivo di tutte le parti del corpo, la preziosità de’ vestimenti, l’artificio
e il mio senso distinto in varie Note per rispondere a tutte le parti del proposto Dubbio con quella maggior chiarezza, bre
tendo. Non è pur da mentovarsi in questo luogo la sacrosanta autorità del Sommo Sacerdote, che tiene il posto di Vice Dio i
utorità del Sommo Sacerdote, che tiene il posto di Vice Dio in terra, del quale è lecito avere opinioni, o formar concetti
ibri, tante prediche, e tanti sermoni e ristampati con l’approvazione del Sommo Pontefice, de’ Vescovi. E di S. Chiesa cont
tendano, che non si devono recitare, né ascoltare. D. Francesco Maria del Monaco scrive, che più volte era stata fatta ques
eni.   Due difficoltà si propongono, una della tolleranza, e l’altra del sostentamento. Rispondo alla prima, e dico. Forse
atone; e come usavano gli antichi savi Romani e come vuole la Ragione del buono, e virtuoso governo. Appresso i Romani, scr
tunati, e per non parer tanto austeri. Ma io dico, che la permissione del male non è lecita secondo S. Tommaso, « nisi vite
liare? Forse risponderà uno. In tal caso si può praticare la dottrina del precetto della fraterna correzione, che per esser
ienza, non secundum scientiam  e per disprezzo virtuale dell’autorità del Superiore, quasi che si giudichi degno di grave b
isdizione, e legittima superiorità. Ma per rispondere all’altra parte del Dubbio, che contiene l’obiezione del sostentament
a per rispondere all’altra parte del Dubbio, che contiene l’obiezione del sostentamento, dico, che quando un Principe con d
te volte assai più che non fa alla virtù degli altri. Lascio il resto del Cecchino e supplico con umiltà ogni Principe a po
receperis peccatorem: prohibe panes illi dare », con la dichiarazione del Sig. Cardinal Bellarominol. 4. c. 17. §. expedit
devono permettere senza buona, e sufficiente ragione: anzi l’ufficio del Principe, e del Superiore si è faticar in reprime
re senza buona, e sufficiente ragione: anzi l’ufficio del Principe, e del Superiore si è faticar in reprimere, per quanto p
mpagnia di Gesù, e aveva il soprascritto indirizzato ai Padre Rettore del Collegio, e dentro avvisava, che erano venuti i C
i costumi,e evidente rovina della misera Gioventù, e pregava per amor del Sig. Iddio ad usare ogni possibile diligenza per
g. Fabio Albergati nel tenor, che segue. Con ciò sia che per autorità del Filosofo il gioco è in vece del riposo, al Re sar
e segue. Con ciò sia che per autorità del Filosofo il gioco è in vece del riposo, al Re sarà di mestiere recare ricreazione
ricreazioni furono tanto vaghi, che ad esse gran parte delle entrate del comune destinarono, con severa legge vietando, ch
più dilettevole della imitazione, il Gioco da rappresentare a sudditi del Re sarà imitazione. Per la qual cosa dovendo imit
cipi e Superiori le approvano, e danno licenza di Recitare? L’occhio del buon Principe Cristiano, e del buon Superiore, no
e danno licenza di Recitare? L’occhio del buon Principe Cristiano, e del buon Superiore, non fa cenno d’approvazione a cos
gmata. » Perché quelli che con pia sollecitudine prescrivono le Leggi del ben vivere a’ Cittadini, non proporrebbero tali e
i, e s’abbandona nel male; egli è simile ad un peccatore, che temendo del recidivo, si risolve di continuare nel peccato, s
Legge, ma errore, secondo la dottrina di Maiore, il quale in materia del Duello, (diciamo noi a proporzione in materia del
eseguisce non si può salvare, se non fa per tempo la debita penitenza del suo errore. Che se poi a lungo tempo con la mutaz
a penitenza del suo errore. Che se poi a lungo tempo con la mutazione del Principe, o di altro Superiore, cessa l’osservanz
disciplina » scrive Agostino; e non dormirà, se efficacemente bandirà del tutto le Commedie oscene, senza concepire quel va
Anzi con le Commedie si concepisce maggior caldo; e questo poi fuori del Teatro cagiona incendio di maggior rovina. E chi
li, e mortali oscenità. E alla risoluzione si muova considerando, che del Teatro osceno si verifica il breve detto del B. L
muova considerando, che del Teatro osceno si verifica il breve detto del B. Lorenzo Giustiniano in torno al Mondo lusinghi
talia, via sempiterna mors. » È facile il passaggio dal breve diletto del Teatro all’eterno tormento dell’Inferno. Punto se
ossono lecitamente permetterla. Cassiodoro l. 4. Ver. ep. 12. scrive del Magistrato un avviso di gran sostanza; e che può
contraria alla virtuosa, e cristiana Politica. Onde nella risoluzione del proposto Dubbio procederà con la debita cautela,
peccato la cui permissione sia sconvenevole, e illecita . E nel caso del guadagno, che si ritrae dalla Commedia, scrive pa
poi bisognoso, non è punto repugnante al diritto di buona ragione, e del virtuoso governo. Ma questo non vale, quando la C
ollerare le Meretrici pubbliche in alcune Città: perché con una parte del loro guadagno si aiutano Monasteri delle povere C
bile di molti Dottori: e secondo la dottrina comune della permissione del male; della quale basti il detto di Caietano. « S
e alcun discorrerà con questa forma. Il sussidio, cavato da una parte del guadagno della Commedia oscena, e dato al Monaste
a. Rispondo a questo punto di dottrina di S. Tommaso, con la dottrina del suo Commentatore Caietano, e del Navarro. Dice Ca
trina di S. Tommaso, con la dottrina del suo Commentatore Caietano, e del Navarro. Dice Caietanoin 2. 2. q. 10. a. 11. c.,
c., che la permissione de’ peccati si deve esaminare sì per la parte del bene, che non s’impedisca; sì anche per la parte
sì per la parte del bene, che non s’impedisca; sì anche per la parte del male, che non segua. « Ad has causas; examinanda
195., che niuna permissione di peccato è lecita con la partecipazione del guadagno cavato dal peccato. « Nulla permissio pe
I Superiori, che permettono le Commedie oscene, non partecipano punto del guadagno  ; ma lo assegnano ad opere pie, e a luo
i parte di quell’illecito guadagno ad un bisognoso luogo pio d’ordine del medesimo Superiore? Questo sarebbe un distruggere
tto colore di falsa carità. Aggiungo, e rispondo secondo la debolezza del mio intendimento al luogo di S. Tommaso. Dice egl
ell’evidente pericolo dell’eterna dannazione. Concludo. La privazione del sussidio temprale, dato ad un luogo pio secondo u
vazione del sussidio temprale, dato ad un luogo pio secondo una parte del guadagno cavato dalle Commedie oscene, è qualche
uerra che gli Scrittori Cristiani sempre hanno fatto contro la vanità del poco modesto Teatro, è antichissima; perché in og
tico contro l’antico morbo suole perdere l’uso contro quell’infermità del nostro tempo, la quale è diversa da quella dell’a
c. 11. l’uso de’ teatri in modo, che vengono anche a condannare l’uso del nostro tempo. « Ita adversus theatra urgent, ut a
sint urgere contra usum nunc plerumque vigentem. » D. Francesco Maria del Monaco nella sua dotta, e bellissima Parenesi app
l’autorità degli antichi Dottori vale anche contro le oscene Commedie del nostro tempo. E però i Commedianti, e i loro Audi
rinde ut in magno convivio salibus mordeor. » Seguita poi a ragionare del nostro tempo questo Autore. « Mos his etiamnum du
S’introdusse nelle Scene una varietà di Personaggi tutti mal contenti del Re: al quale facevano molte, gagliarde istanze pe
i gli Spettatori. Allora i Comici, che rappresentavano i mal contenti del Re, cominciarono a dire tra di loro, satireggiand
simo Re, troppo amico delle Donne. Ecco scoperto, dove vanno i danari del Regno: ecco dove si consumano; nel pagare i Ruffi
media satirica; e ho saputo da un Gentiluomo degno di fede, e pratico del Teatro, e Fiorentino, che gia in Fiorenza si reci
inore, per evitarne un altro maggiore, intende, quando la permissione del minore è l’unico mezzo efficace ad evitar il magg
leciti, e permissibili Spettacoli, benché alle volte alcuni, o molti del popolo, per la loro poca virtù, e abuso, vi comme
danna parimente se stesso, e non se crede. Ma veniamo alla difficoltà del nostro Dubbio. Dicono i Commedianti. Molti Teolog
che spesso si stampano, o si odono in molti luoghi contro le Commedie del nostro tempo. Rispondo. La piena cognizione di un
pere, eziandio che non vi stiano mai presenti, o per la pubblica fama del popolo; o per la fedele relazione d’alcuni Spetta
’ Commedianti, mentre fanno le lto Azioni; o conversano insieme fuori del Teatro:e io per questo mezzo ho avuto cognizione
anti intorno alle Commedie: lascio gli altri: solo ricordo i Discorsi del Cecchino, e la Supplica di Beltrame: ambedue prof
n Teologo è costretto a dire. Molte Commedie, fatte secondo le regole del Cecchino, e di Beltrame, sono oscene, scandalose,
ti dalla necessità. Così avvenne l’anno 1655. in una Città principale del bel Regno di Sicilia; ove all’ora io dimorava. Ve
ebbene una tal Commedia leva qualche volta alcune persone da’ ridotti del gioco, o dal postribolo, o da altro luogo peccami
dall’Arte o per spaventare i Popoli dall’udire le mercenarie Commedie del nostro tempo. E pure han seminato senza raccorre
e arde l’incendio li correr si deve ad estinguere; e ove sorge l’Idra del Vizio, ivi bisogna usar il fuoco, e’l ferro, per
orra efficacemente a cagionar il frutto: perché vera si è la sentenza del gran Papa Gregorio. « Frustra laborat foris lingu
peretur gratia Salvatoris. »lib. 1. ad Simpliciam. Quest. 2. E quella del gran Dottore Agostino. « Predicam Evangelum, quid
atre audiunt et discunt. »Hom. 2. de Davis et Saul. E è vero l’avviso del gran Boccadoro, che Dio da la grazia del persuade
s et Saul. E è vero l’avviso del gran Boccadoro, che Dio da la grazia del persuadere; come dava a quel Profeta, di cui egli
llar le Commedie; perché il Mondo vuole qualche ricreazione; e quella del Teatro è lecita ne’ prescritti termini di modesti
rvano con la. debita moderazione Teatrale de’ giochi; e trattenimenti del Teatro. E se questo fine non sortisce, sortirà fo
rno alla prova. Io stampai il Libro Terzo della Cristiana Moderazione del Teatro intorno a gli Spettatori delle Commedie po
na lunga lettera, di cui una parte è questa. Ho letto il Libro, parto del suo ingegno, e effetto del suo zelo verso le anim
a parte è questa. Ho letto il Libro, parto del suo ingegno, e effetto del suo zelo verso le anime de’ curiosi Spettatori de
é di piccolo giovamento all’Anime, per salvarle dalle gravissime pene del Purgatorio. Ponderi il Lettore il seguente caso.
tà, ammonire con parole, e con esempi i troppo affezionati Spettatori del Comico passatempo teatrale, e osceno; acciocché n
o ha ponderato, che una volta il Sommo Iddio, giustissimo vendicatore del male, si compiacque di palesarci il servissimo gi
nn. Capuc. T. 1. an. 1564. n. 19. pag. 616., poco stimando la perdita del tempo, lo consumano spesso in peccati leggeri. Oc
n dolorose parole. Salvi noi siamo dall’Inferno per gran misericordia del Sommo Iddio e ma ci ha confinato a patir lungo te
ne in questo luogo, perché facendo noi pochissima stima della perdita del tempo abbiamo consumato qui, non scaldandoci seco
queste pene si tollerano nell’altro Mondo da chi non stima la perdita del tempo nella santa Religione, e lo consuma in vani
: quasi che i poveri Comici siano la feccia de’ peccatori, e la peste del Mondo, e anche peggiori degli Scismatici, e degli
l’altre debite circostanze: e mostra, che mostrar si deve la gravezza del medesimo peccato. E questo fanno, e devono fare i
lore di qualche immaginato bene, fa sotterrare i suoi Vizi, per mezzo del piacere, secondo quel detto di Seneca. « Per volu
licenza, o almeno praticano la permissione. Ottava, perché ciascun fa del Dottore in questa materia; e se bene sente a cont
siastico. E la ragione di tutto questo male si è; perché la malvagità del peccato si trova in molti, e gli rende cièchi all
invita all’Inferno ovvero nomina il Cartello che si espone, Cartello del peccato,che avvisa l’ora della dannazione; ovvero
uni Cittadini s’accordarono di porre in ordine il celebre Recitamento del Pastor fiido, per rappresentarlo dopo la Solennit
iero: perché quelli, al bisogno de’ quali s’apparteneva l’ammonizione del Servo di Dio poco se n’approfittarono; anzi, per
infelici con ostinata, e diabolica persuasiva continuarono il tenore del male, e fecero peggio, La onde quel sacro Ammonit
oppo dissoluti; e di raccomandare con caldezza di affetto alla Maestà del misericordioso Iddio la loro conversione; e per o
pullulabit mox impenitentia Mater desperationis? » La sfacciataggine del Peccatore gli genera nel cuore tale impenitenza,
ragionamento che l’audienza non corrisponda all’onorevolezza pretesa del merito; non s’appaga col sapere, che tali discors
ori, i quali professano di essere tutti ardenti con la celeste fiamma del santo zelo delle anime, e poi s’impiegano con mol
de, o la mano di un languido infermo, e poi trascurare il medicamento del capo, del cuore o di altra parte nobile, e princi
ano di un languido infermo, e poi trascurare il medicamento del capo, del cuore o di altra parte nobile, e principale malam
ndoli accorti per fuggire i pericoli di perdere l’eterna consolazione del Paradiso, per cagione dell’illecito, e vanissimo
azione de’ medicamenti. Ma non per questo la Cristianità rimane priva del godimento di altre materie belle, gravi, importan
rigione il giudizio; e lo stringe dar sentenza secondo l’inclinazione del medesimo affetto. I Commedianti moderni hanno mol
so. Non è grande ingiustizia, che persone, le quali godono la sicurtà del vitto, e del vestito; e vivono con molta riputazi
nde ingiustizia, che persone, le quali godono la sicurtà del vitto, e del vestito; e vivono con molta riputazione e credito
ditati a più potere, da chi ha punto di vero Zelo dell’onor di Dio, e del bene spirituale delle anime, né ciò si giudica da
la bellezza dell’Onestà; e sono molto occhiuti per mirare l’interesse del guadagno; e pare loro, che l’impedirlo sia materi
, quam verbo exerce. » Punto decimo. Segue l’Autore raccontando caso del nostro tempo. S. Agostino scrive, « Hypocrita gr
di Rosci, alia sibi quarere Theatra necesse habuerunt. » L’Istrionico del presente caso accenna molte cose. Prima. I Padri
molte anime, che ingiustamente erano ingannate, e allettare alla rete del Diavolo, cioè al Teatro osceno, che da Tertullian
ritti; ponendosi avanti gli occhi quel fin lodeule di insegnar l’Arte del vivere sapientemente; come al Comico si conviene.
e il ladroneccio, uccidendo alla strada i Passeggeri, e spogliandoli del dinaro, il mezzo sarebbe molto cattivo, ancorché
sentazione; questo è servirsi di un mezzo molto repugnante alla bontà del fine, cioè per cagionare casti costumi, proporre
asciano tirare anche più dalla cosa rappresentata, che dall’artificio del Rappresentante: e così la Commedia oscena nella p
da’ deboli di spirito, e s’imparano nel Teatro, per ridurli poi fuori del Teatro alla pratica disonestamente. Molti Giovane
onversazione con le Meretrici. Un moderno giudizioso, e molto pratico del moderno, e mercenario Teatro diceva. Le Commedie
la Scena e con le Meretrici, e con altre Donne moltiplicano le offese del Creatore. Né giova il voler provare, che le Comme
i quelle carte. Non giova dico; perché se si scemarono sono i peccati del Gioco, si aggiunsero quelli, che le Commedie osce
bbondanza, e con maggior bruttezza, che non sarebbero flati i peccati del Gioco. Chi sta ad un’oscena Commedia, non sta in
a deliberazione per una grazia molto straordinaria, e abbondantissima del misericordioso Iddio, e così alcuni capi sventati
are al bene, persuadano prima a se stessi l’ammaestramento, e pratica del bene, e quelli, che sono nel Vizio si ritirino da
no nelle Città, che non servono ad altro, che alla vanità, e al danno del Prossimo? Quanti vivono col far dadi, carte, pall
da’ Monaci. È vera li differenza che i Secolari si legano co’ vincoli del Matrimonio, « Matrimoni vinculis se constringunt 
ontro di me, come giudico esser detto contro di se D. Francesco Maria del MonacoIn Paranesi p. 32., quando, scrisse. « Rigi
cioè. La consuetudine di peccare diminuisce la bruttezza, e l’infamia del peccato, secondo l’opinione degli uomini; ma non,
stiano zelo, vogliono, che molti Autori condannino le oscene Commedie del nostro tempo. E non crediamo a chi dicesse con Be
deve, né si può dar occasione di precipitarsi nella rovina spirituale del peccato mortale. E però ogni Comico parli cautela
ar la Comica Professione. Così Beltrame chiaramente scrive nel titolo del capo 52. e poi vi discorre sopra diffusamente, di
ni prescritti da’ Teologi; e però non si deve secondo lui nomare Casa del Demonio. Ma io rispondo con il parere de’ Teologi
e però recano fondata ragione a’ Savi di chiamar il Teatro loro Casa del Demonio; ove non s’apprende a fuggir il male ma s
ntico Teatro si applica giudiziosamente da’ Teologi all’osceno Teatro del nostro tempo: ne è cosa non saputa da’ Dotti, che
ragione? Potrei allegar molti luoghi nella sua Supplica per acconcio del detto mio ma di vantaggio basta il cap. 57. ove s
vestito, partorì una creatura, che rappresentava la medesima immagine del Demonio, tanto spaventosa, e tanto brutta che niu
olo si potria dipingere più brutto né più abominevole. La Madre morse del parto; e di quel poco, che questa creatura visse;
simi Intermedi; in uno dei quali si rappresentarono i santissimi atti del Sacerdote, quando parato dice Messa all’Altare, e
ta e spaventosa vendetta della Divina Giustizia, e contro un derisore del sacro rito Cattolico, e contro l’illecito abuso d
ontro un derisore del sacro rito Cattolico, e contro l’illecito abuso del Cristiano Teatro, e però temano ancor quelli, che
onde tosto furono prese le Streghe, e convinte confessarono la verità del fatto, e la loro malvagia maniera d’alloggiare. E
are. E perché Sua Santità mostrò d’aver qualche dubbio nella sostanza del successo, Pietro Damiano lo confermò con l’esempi
mento: ma l’infelice, e scellerato passò troppo arditamente i confini del decoro, e della Religione, rappresentando « Spect
osì rovinar l’anima tua con l’offesa mia. E pure il malvagio si abusò del Celeste avviso, e fece peggio: né con tutto ciò f
ivo dell’emendazione. Onde l’offesa tanto, e tanto bestemmiata Regina del Cielo a quel terrestre Mostro d’infamia, e vitupe
n Madre di Dio, della quale infino i maggiori Peccatori, e Peccatrici del Mondo, sogliono essere devoti. E chi cade in tale
Punto Decimo quinto. Di molti Casi accennati da D. Francesco Maria del Monaco nella sua Parenesi Clas. 7. Riferisce Ter
ella di santo Damiano stette diciotto giorni ne’ penacissimi tormenti del Purgatorio, per aver avuto troppo diletto in udir
ta in modo, che rimase con il corpo ulcerato, e puzzolente: e in pena del suo cantar’osceno, ricevé tormento grave di fuoco
possiamo formar de’ suddetti Casi. II medesimo Autore Francesco Maria del Monaco, avanti di; spiegargli giudica, che siano
, et timeat, ne similia incurrat? » Ma non voglio tacere per rinforzo del giudizio del citato Autore ciò, che nell’Istorie
ne similia incurrat? » Ma non voglio tacere per rinforzo del giudizio del citato Autore ciò, che nell’Istorie universali de
nte, e essendo allora di legname, cadde in un subito per la grandezza del peso, e cadendo cagionò, che moltissimi vi moriro
tutta la Città. L’istorico così conclude il racconto. Questo fu segno del futuro danno, che venir doveva in breve a Fiorenz
E io quindi avviso a troppo curiosi degli indegni Spettacoli Teatrali del nostro tempo, che se ne ritirino, meditando que’
camente. Il Predicatore sentito l’avviso, e conosciuta l’inclinazione del buon Superiore, promise soddisfare al debito; e p
econdo l’obbligo mio, ne ragionerò a beneficio delle anime e a gloria del comun Signore, senza pensier di offendere, è disg
di lanciar altre saette per ferire: e solo ricordo la grave sentenza del Santo ArcivescovoAntonino. « Contingit, quod best
stessi Comici tra di loro si correggessero. Edi più nella spiegatura del contenuto in detto Capo in un luogo dice. Se l’es
e lo persuada per vero, seguendo il parere, e il lamento di Beltrame, del Cecchino, e d’altri Comici, i quali sono Professo
ttando questo Comico soggetto, usano, e da principio, e nel progresso del Trattato, più, e più volte, la debita distinzione
dichi da' Dottori comunemente essere oscena, e perconseguenza indegan del Teatro, se non riceve la necessaria, et totale Mo
tta contro tali Poeti impuri meritò una bella palma Platone a’ parere del medesimo Santo. « Platonicap. tit. danda est palm
il Cardinale con faccia grave, e alterata, voi siete, il Compositore del Pastorfido? Io non voglio domandar grazia alcuna
stato tanto il giovamento de’ miei Libri; quanto è stato il nocumento del vostro Pastorfido. Nota seconda. Il P. Paolo Comi
nell’uno, e nell’altro sesso, e fin dall’età fanciullesca fatte preda del peccato, e de Demonio. Nota terza. Operarono mala
mo stusdio, cunctisque opibus mercantur exitium. » E di questi nemici del Salvatore, e Compositori impuri attesta di più, c
celebrarlo, e magnificarlo. Il P. Famiano Strada mostra con l’esempio del Sapientissimol. 51 Prolus. 3. p. 104. Poeta Omero
del Sapientissimol. 51 Prolus. 3. p. 104. Poeta Omero a Poeti osceni del nostro tempo, che devono macchiar la vita de’loro
Al molto detto sin qui dallo Strada aggiungo per conclusione un poco del detto di altri. Il P. Daniello Bartoli nota di qu
Poeti fosse stato quest’uno di svegliare col diletto della favola, e del verso in altrui stimoli di lascivia, potevano far
che ogni Verificatore impuro considerasse, e praticasse il sentimento del famoso Poeta Carmelita Battista Mantovano, il qua
vuole, che queste Composizioni immonde siano parti usciti dalla bocca del Dragone infernale, e generati dalla bestia, e mal
Composizioni piene di molte disonestà con grave offesa di Dio e danno del prossimo . Origine avvisa, che questi Componiment
ua anima interemunt. » E qui per acconcio si può inserire il pensiero del gran LeggistaL.Cetero.4.§.tantundo.ff.famil.ercis
con le quali in Demonio lega l’anima e dolcemente la tira nella morte del peccato. Tizzoni dell’Inferno, con i quali lo spi
tesoro preziosissimo della divina Grazia, e con essa l’eterna Gloria del Paradiso. Nota sesta Che cosa contengono, e che e
o, che ha più poter si fuggano; perché malamente trattano l’anteriore del giovamento. E questi sono quei Libri, i quali fav
attano, che disonesto; altro non pare, che pretendano, che con l’esca del ben dire allacciar nelle reti del dannato piacer
are, che pretendano, che con l’esca del ben dire allacciar nelle reti del dannato piacer del senso, e chi legge, e chi asco
, che con l’esca del ben dire allacciar nelle reti del dannato piacer del senso, e chi legge, e chi ascolta. Di questiDisc.
ibidinum. »l. 3. c. 13. dis. 37. c. 15. E S. Bernardino da Siena dice del libro d’Ovidio de Arte. « Quis apud Christicolas
ato di Dio, e zelante della sua integrità, che di questi Libri osceni del nostro tempo più si verificano i biasimi, che con
sceni del nostro tempo più si verificano i biasimi, che contro quelli del tempo antico già dissero, e scrissero; che i Gent
letti sù le carte, o sentiti sù i palchi, se non persuasive, e scuole del Demonio? A questi effetti Lascivi credo alludesse
guus, modicus, parvus »Iacobi c. 3. 5.. E come S. Girolamo a vitupero del peccato di Ario disse che era una scintilla, che,
ocede l’inimico nostro assediatore Satanasso, pone il fuoco infernale del peccato, e l’esca del diletto ne’ Libri osceni, e
assediatore Satanasso, pone il fuoco infernale del peccato, e l’esca del diletto ne’ Libri osceni, e li fa volare a distru
erli nel Libro, che io scrissi della sposa di Cristo, dove nel c. 20. del lib. 5. trattai in particolare questa materia: e
« Segnalato è quell’esempio, che racconta Monsignor Rescia nella vita del gran Cardinale Osio: ove riferisce, che studiando
compose con titolo di Prato spirituale, e che fu approvato da’ Padri del 2. Concilio Niceno, racconta, che Ciriaco Abate v
cenità, o per far peggio? Certo che di molti si è verificato il detto del giudizioso Plutarco. « Parterunt pupillas virgine
di Santadella Compagnia di Gesù vita, e che fu Maestro de’ Novizi, e del B. Luigi Gonzaga, stava una volta per convalescen
zione con molto contegno dell’animo suo devoto,e pio. Ho letto ancora del P. Giacomo Alverez de Paz Spagnuolo della Compagn
la un Religioso Padre Domenicano sermoneggiando, nella sacra funzione del Santissimo Rosario, esortò gli Auditori·a fuggire
passo di questa vita mortale, per dover andar all’esame e spaventoso del Giudizio Particolare. Prego in quel punto la Madr
attribuito ad un strumento musicale, ritrovato dal favoloso Dio Pan; del quale così ragiona un Pastore pressp il Principe
Libri lascivi, e tanti; e tanti Romanzi? « Ossa eius. » Sono le ossa del Demonio: e che se queste sostentano le membra, e
le ossa del Demonio: e che se queste sostentano le membra, e la carne del Demonio, e gli danno occasione di diventare peggi
, che quella Lezione, se non espugna la mente, e la volontà per mezzo del consenso, certo la oppugna con la suggestione di
n Libro cattivo letto instilla nascostamente il suo veleno nell’animo del Lettorein Bibl. P. 1. l. 1. c. 25. p. 109.. « Ips
ctimonie bellum crudelissimu movent », muovono alla purissima santità del vero Dio Cristo una crudelissima guerra. Or chi d
In Prefat. Oper. De parijs vir. historijs. Aggiungo usando le parole del P. Daniello Bartoli. « Tutta Europa e tutto il Mo
e. « Cautissime incedat oportet, dice Plutarco secondo l’attestazione del Possevino, quisquis salutis sua curam serio gerit
n buono, e delicato cibo. L’albero vietato ad Adamo era della scienza del bene, e del male; e non dimeno Iddio intimò quel
elicato cibo. L’albero vietato ad Adamo era della scienza del bene, e del male; e non dimeno Iddio intimò quel gran divieto
bero ingannati. Quel miscuglio di male e di bene deroga all’integrità del bene secondo il volgato Assioma. « Bonum ex integ
rete all’astuto Inimico, per allacciar le anime di molti nel diletto del male con la Lezione del bene. Piacesse a Dio, che
, per allacciar le anime di molti nel diletto del male con la Lezione del bene. Piacesse a Dio, che chiunque legge Libri ta
hiunque legge Libri tali, sempre volesse, e sapesse praticar l’avviso del Profeta, « Si separaueris pretio sum a vili » : e
e buone, e oscene, si guardi dal leggere le oscenità: moderi il gusto del diletto, per non aver occasione di piangere poi i
rità, sono proclamatori di quanto ho detto, e possono usare le parole del medesimo Santo. « Melius nescire secure, quam cum
ine, che i Mortali attendessero all’acquisto della Virtù, e alla fuga del Vizio. « Poetica fabula, scrive S. Tommaso, idcir
desti. 2. Motivo è il ricordarsi, che la mente, la lingua, e la bocca del Cristiano è stata più volte consacrata col prezio
l Cristiano è stata più volte consacrata col prezioso Corpo, e Sangue del Redentore nella Santa Comunione: e però non si de
Libri disonesti sono villanie, maldicenze, e bestemmie contro l’onore del nostro celeste, e divino Padre Dio, contro la rep
ione della nostra Santa Madre Maria; e contro i nostri Santi Avvocati del Paradiso. Chi pratica dunque tal Lezione, che aiu
’ disonesti, e ne resta il misero avvelenato 6. Motivo è l’allegrezza del Diavolo nella molte del Lettore de’ Libri osceni;
il misero avvelenato 6. Motivo è l’allegrezza del Diavolo nella molte del Lettore de’ Libri osceni; l’Inimico in quel punto
di maledizioni in sempiterno: E invero se meritarono già la vendetta del Cielo coloro, « Quorum carminibus, dice Manilio,
. Plutarcoin Crasso. nota, che Surena, Capitan Generale dell’Esercito del Re de’ Parti, riportò vittoria contro i Romani co
otta delle sue schiere; e dovendo trionfare, stimò non piccola gloria del suo trionfo, far comparire in quello un Libro det
udico amore: e pure la Nazione Turchesca vive con grandissima libertà del senso: e la Milizia del Turco non si esercita nel
azione Turchesca vive con grandissima libertà del senso: e la Milizia del Turco non si esercita nella palestra della pudici
ro, e non secondo le buone Leggi della cristiana Modestia. Nella vita del virtuosissimo Servo di Dio P. Bernardino Realino
à secolare una sola se ne stampò, e fu un Commentarioc. 3. della Vita del P. Realino. sopra le Nozze Catulliane di Pelleo e
le Nozze Catulliane di Pelleo e Tetide; e quello apportava all’anima del medesimo Padre, fatto Religioso, ogni volta, che
vvisando, che Giovanni Pico della Mirandola, e alcuni altri Scrittori del nostro secolo bruciarono i Libri da loro composti
amoso Poeta Marini, il quale morì con grano sentimento di Dio in mano del P. D. Andrea Castaldo, f. m. già nostro Generale,
ittori impudichi nel passo della loro morte avranno questo sentimento del Marino, se prima con vera penitenza non avranno s
inciò a considerare un Libro da se composto, come un novello Faetonte del Mondo, e sentì nascere nel suo cuore pensiero di
e sentì nascere nel suo cuore pensiero di fulminarlo con la sentenza del fuoco; ma mentre lo prese per sacrificarlo a modo
non gli costasse parte della vita; la pubblica aspettazione, e brama del Mondo desideroso di vederla; lo splendor della gl
te gli ritenne la mano, rese stupido il braccio, e cangiò il pensiero del cuore: quindi mutato parere, stimò se stesso Auto
sicurandolo di pace; e gli promise la bella luce della Stampa in vece del vorace splendore dell’abbruciamento. Spiega nobil
no la mente a libidinosi incentivi. Don GiovanniPar. 2. c. 18. p. 79. del libro intitolato, Avvisi di coloro, che hanno cur
ro con persone viziose; così non debbono consentire, che si ritrovino del continuo, giorno e notte occupati in Libri pieni
costumi de gli uomini, ordinarono, che niun Giovane leggesse il Libro del Genesi, né do Ezechiele Profeta, né i Cantici, né
importa. in questo negozio è il santissimo, e necessarissimo Decreto del Sacrosanto Concilio di Trento, il quale per provv
ntichi scritti da’ Gentili si permettono per la proprietà, e eleganza del parlare: come dice la medesima Regola settima. « 
abuso, impiegar gli occhi, dati per servire al Creatore, nell’offese del medesimo Creatore. Nota decima quinta. Si aggiung
, e in quelle hanno saputo cercare, come l’oro nel loto, la politezza del dire, e la nobiltà delle forme da usarsi scrivend
. Cioè, i Padri lessero i Poeti, ma non tanto per imparare l’eleganza del parlare , quanto per confutare gl’errori de’ Gent
a Lezione oscena senza la debita preparazione. E questa si è a parere del Teologo Bresciano l’aver domate le passini vizios
se un Cristiano poco si vale di tal predica, può egli avere speranza del perdono delle Colpe commesse con la Lezione dison
ne pulchrum quidem esse, dicere. »Ad Demonicum. Plutarco discorrendo del modo di leggere i Poeti, mostrava che si corre gr
elli « Venenu turpilqui in aureo calice culta locutionis », il veleno del brutto parlare nel dorato calice della leggiadra
in parte; e perdono anche la solita forza per allettare; come i raggi del Sole si offuscano, e non riscaldano, quando incon
elli allettato, e allacciato. Dico 4. L’obiezione, sana con le parole del P. Strada, è tanto bene oppugnata, e espugnata da
ominciò a leggere; ma avanti di finire il primo, sentì tali incentivi del senso, che sdegnato lo gittò via, né mai più voll
iù generosa risoluzione, e più casta, pura, e santa volontà fu quella del virtuosissimo, e religiosissimo D. Francesco Gaet
za, che è cosa da piangere lo sperimentare oggidì verissime le parole del P. Bartolinell’Huomo di lettere p. mibi 78.. Non
Intorno a queste Ragioni, e altre secondo alcune proposte, e risposte del P. Giulio Mazarino, e di altri. Questo famoso, e
icenzioso , e libero studio, e massimamente delle Muse nell’Accademia del Parnaso molte cose. E prima, che i Poeti, e i pro
Dio conceduto per impiegarlo in ottime occupazioni, e per l’acquisto del Cielo, spenderlo nelle buone Arti, e non nell’app
e dissoluto? E se Timoteo, quel gran Musico, solo col cambiare l’arie del suono destava ne gl’Uomini diversi affetti d’ira,
otale Lezione altra ragione, salvo che questa, cotanto la stimò vera, del grand’allettamento da queste Favole cagionato, st
uiti. Mosè stritolò quel Vitello d’oro, che fu cagione dell’Idolatria del suo campo. E il Re Iosia discese il Serpente di b
nque fossero con spese eccessive fatti. A queste Proposte, e Risposte del P. Mazzarino aggiungo quella Proposta che fa il P
ibrilib. Cit. pa. mibi’ 89. : e ponderi, e pratichi il moderno avviso del P. Bartoli, che interrogando scrive. Mancano i Li
are senza feccia, e di sapor tanto più dolce, quanto delle sordidezze del senso sono più gustosi i puri pascoli della mente
 Aspicere aut Picturas, aut deformes prohibemus. » Quelle sono parole del Filosofo, alle quali aggiunge il P. Carlo Scriban
. « È Calvini Libris » : dalla Lezione de’ Libri di Calvino: appresso del quale mentre leggendo, che questo Eretico dice, c
i Libri, e si levino i profani. Così procedono i Carmeliti; i Monachi del Monte Oliveto, i Frati Minori dell’Osservanza; e
l Gran Pontefice Clemente VIII. visitando con gran zelo sul principio del suo Pontificio governo i Monasteri de’ Religiosi
asta un’ora di flagellazione; ma vi vuole la gravissima, e lunga pena del Purgatorio. Aggiunge altre cose quest’Autore, e l
cuna oscenità: e fattone un Volumetto, si pubblichino sotto il titolo del vero Autore: come sarebbe dire. « Selecta quadam
. si potrebbe porre il nome di qualche buono Autore secondo il parere del P. Lorino, che avvisa. « Non sane magnum sentiret
odesti. Parmi qui riferire una cosa, dice Fr. Luigi di Granatapar. 4. del Simb. al fine., che mi narrò un Signor del Consig
r. Luigi di Granatapar. 4. del Simb. al fine., che mi narrò un Signor del Consiglio generale della S. Inquisizione del Regn
, che mi narrò un Signor del Consiglio generale della S. Inquisizione del Regno di Portogallo. Contò egli, che andò a chied
i andò a chiedere il S. Battesimo, e a farsi Cristiano. A questi Casi del Granata aggiungo io quest’altro. Intesi gli anni
on gusto, e frutto trattenerti? Se tu vuoi Historie, leggi gli Annali del Mondo, e della S. Chiesa: le Cronache delle Relig
ttezze, e sporchezze? Che confusione sarà la tua Cristiano nel giorno del Giudizio, quando vedrai, che nella comodità di ta
conviene, che abbia per fine suo principale l’utile, e mantenimento, del corpo, e per accessorio il gusto, e il diletto de
e, e mantenimento, del corpo, e per accessorio il gusto, e il diletto del senso:così il·buon Poeta non si prefigge per fine
o Fracastorio:e dal quale possono conoscere la loro vanità que’ Poeti del nostro tempo, che si faticano tutto dì scrivendo
non potete, che Fama a gloria di Dio, e a vostro onore con giovamento del prossimo, suoni le trombe del vero, e cordiale pe
di Dio, e a vostro onore con giovamento del prossimo, suoni le trombe del vero, e cordiale pentimento, provandolo autentica
ere belle, ingegnose, nuove, graziose, e allettive secondo la finezza del talento vostro; ma siano Opere sacre, o almeno in
nire gloriosi Valentuomini, e valenti imitatori d’Omero, di Virgilio, del Tasso, e d’altri nobili Eroi tra’dotti, senza che
e il consumar il tempo senza frutto è peccato; ma vi è la distinzione del perder tempo, e del peccato. »cap. 51. Io approv
po senza frutto è peccato; ma vi è la distinzione del perder tempo, e del peccato. »cap. 51. Io approvo il detto, in quant
il consumar il tempo senza frutto. Ma non approvo già la distinzione del perder tempo, e del peccato: perché non so, che v
o senza frutto. Ma non approvo già la distinzione del perder tempo, e del peccato: perché non so, che vi sia tal distinzion
e degna di castigo per la colpa. E però Crisostomo condanna la vanità del Teatro; perché, se non vi fossero tanti altri pec
ché, se non vi fossero tanti altri peccati, almeno vi è questo peccar del perdere, spendere, e consumare vanamente il tempo
con peccati gravi, né con vanità leggeri ma con opere buone, e degne del vero Cristiano. E qui vale il detto del Cancellie
i ma con opere buone, e degne del vero Cristiano. E qui vale il detto del Cancellier Gersone. « Si nihil haberet aliud detr
Se l’udir Commedie oscene non avesse altro danno, che la consumazione del tempo; questo basterebbe a un Satanasso abbondant
o abbondantemente. Ma dato, e non concesso, che vi sia la distinzione del perder tempo, e del peccato: dico, che non è comp
a dato, e non concesso, che vi sia la distinzione del perder tempo, e del peccato: dico, che non è comportabile il perder t
Libri, ne’ quali siano oscenità, o di cose, o di parole. E per prova del detto bastino l’autorità, le ragioni, i casi segu
l lavorare, mangiare, e dormire. Ora mi ristringo all’ultima risposta del punto intorno al Recitamento osceno; e dico. Quan
re a ciò che per acconcio di questa Ragione ho detto nel Punto Ottavo del Capo Terzo di questo Libro, trasportando nell’Ita
Libro, trasportando nell’Italiano la Risposta, che D. Francesco Maria del Monaco nella sua dotta Parenesi ha stampato con t
resto a casa, per ristorarsi presto co cibo della mensa, e col riposo del letto. Che se pure vorrà vegliare, potrà consolar
da Ragione, cioèS’impediscono molti peccati ne’ Giovani. La bruttezza del Vizio suona la tromba alla propria distruzione: e
e di risse giovanili, o di altre simili imperfezioni. Per non dir poi del pericolo di fare una Commedia, modesta sì in part
to di vita molto meravigliosa. Or che giudizio si fece dell’Azione, e del concorso ad udirla? L’Azione fu stimata in se ste
ovani di Congregazione hanno fatto le Commedie. L’occhio mezzo chiuso del Superiore alla permissione non è buono Avvocato p
e una lucente fiamma, per scoprire il sentiero della Virtù a’ seguaci del vero bene; e però saggiamente si anima ad onorate
a risposta a questa Ragione non è un corallo, che si peschi nel fondo del Mare con difficoltà: voglio dire che è facile e s
à: voglio dire che è facile e si può comodamente spiegare co’ termini del tenor seguente. Qualche Congregazione piena di so
e poi difficilmente, anche con lunghezza di tempo, si torna al punto del suo bene aggiustato, e armonioso concento: e però
allo spirituale, e buon governo de’ Congregati. Non sempre l’elemento del fuoco serve solo per scacciare il rigor del fredd
ti. Non sempre l’elemento del fuoco serve solo per scacciare il rigor del freddo dalle membra; alle volte scalda troppo, e
Nota quinta. Della Quinta Ragione, cioè I Chierici, e i Convittori del Seminario Romano, gli Alunni d’altri Collegi, e i
sta Ragione manca di buon fondamento, e è molto difettosa nella forza del suo paragone; perché a que’ Giovani studenti, e r
Congregazione di Persone, che ne’ giorni di lavoro travagliano a pro del loro vitto; e, nelle Feste possono goder, se vogl
voglio ponderar una sola Ragione, per la quale si concede a’ Giovani del Seminario Romano l’esercitarsi in qualche Azione
costumato già, molti, e molti anni sono, che per ricreare la Gioventù del Seminario in tempo di Carnevale, si facessero ven
sua Azione: per la quale si esercitano prima tra loro con la presenza del loro Prefetto, o di altro Superiore; e senza mai
l’esercizio necessari al pubblico Recitamento: e per ordinario si fa del tempo assegnato per la solita ricreazione d’ogni
o dica, che chi recita, guadagna non poco nell’addestrarsi all’azione del dire con pubblica franchezza; nel mandar a memori
ati, crudelissimi omicidi delle anime comprate dalla morte col sangue del Redentore, Principe, e Re della nostra eterna vit
egli Eccellentissimi Signori Colonnelli la grave, e maestosa Tragedia del finale Giudizio, opera del P. Stefano Tucci Sicil
i Colonnelli la grave, e maestosa Tragedia del finale Giudizio, opera del P. Stefano Tucci Siciliano, Sacerdote della Compa
o di modo, che risolsero d’abbandonare i belli, e graziosi pomi d’oro del mondano Giardino, e d’entrare nel penoso deserto
Giovane discolo, che per suoi mali portamenti sia esiliato dalla casa del Padre, e abbandonato dagli Amici, e si trovi senz
i, e affettuosi sospiri, è atta a cavare le lacrime fino dalle radici del cuore a’ Circostanti: e però le Rappresentazioni
lli convertiti, per sanare bene hanno bisogno di altro impiastro, che del comico lenitivo: essi devono pregar il Signore co
rno tuo perdono in Paradiso. Essi devono aggiustar molto bene i conti del Libro di coscienza, e soddisfar, per quanto posso
, non si cureranno di scoccar le saette de’ loro pensieri alla vanità del gusto teatrale. Dunque concludiamo, che né per li
al zelo dell’Anime, ma è di persone buone, e virtuose. La confessione del difetto deve servir di freno per la sua correzion
onorato fallimento di bontà. Che strana ragione è quella, che a favor del far Commedie, recano alcuni dicendo. La Congregaz
atiche. E Licurgo, uomo tanto severo, e determinato Sacrificio al Dio del Riso, e volle, che ognuno fosse astretto all’atto
icreazioni secondo la misura della discreta, e necessaria concessione del Superiore. E molte volte vanno a ricrearsi spinti
i Capitoli, come che siano di un Concili Cartaginese, ma non si sa se del primo, o del secondo, o del terzo; e nel quinto d
ome che siano di un Concili Cartaginese, ma non si sa se del primo, o del secondo, o del terzo; e nel quinto di detti Capit
i un Concili Cartaginese, ma non si sa se del primo, o del secondo, o del terzo; e nel quinto di detti Capitoli si legge. «
igili con diligenza, acciocché la militare disciplina punto non perda del suo vigore. L’osservanza non scema gli eserciti,
izio di far Commedie, ma questa compassione mira, temo io, lo scapito del loro fervore, e il pericolo di abbandonarsi nell’
, e fosse trovato difettoso; e allora la correzione, e l’avvertimento del difetto non generava mai amaritudine, ma sempre c
, che recano rovina alle campagne, e guerra al mare. La Conversazione del vero, e virtuoso Congregato deve regolarsi; e agg
praintendenza, indirizzo, e beneplacito de’ Superiori, e massimamente del principale. Che se la conversazione di qualche Fr
, che tra poco uscirà il quarto Libro di questa Cristiana Moderazione del Teatro, al quale perché s’intitola. Le Ammonizion
la Commedia. 115. N. 5. Della 5. Ragione. I Chierici, e i Convittori del Seminario Romano, gli Alunni d’altri Collegi, e i
o 1646. Vincenzio Rabatta Vic. Di Fir. Stante la sopradetta relazione del Sig. Girolamo Rosati Consultore del S. Offizio si
r. Stante la sopradetta relazione del Sig. Girolamo Rosati Consultore del S. Offizio si stampi questo dì 14. di Marzo 1647.
ì 21. Aprile 1647. Vincenzio Rabatta Vic. Di Fir. Stante la relazione del Sig.Girolamo Rosati, Consultore di questo S. Offi
. 1. de amore. lib.3. de leg. In Lacon. Appresso il Franc. Par. 3. del Giov. Chr. Pedag. L. 3. c. 11. Ho. 6. in. 2. Ma
ntr. Julian. In Proem Digest. c. 44. l. 3. pag. 2. c. 49. n. 6. e 7. del Bene. l. 6. c. 2. l. 10. de Reb. Frac. Tratt. 7.
l. 1. Prol. 3. pa. 164. l. 7. della Rep. Reg. c. 10. D. Franc. Maria del Monaco in Parenesi pag. 47. Lib. 1. de Consensus
r. tr. 4. de Penit. 9. 16. § Dico tertio. Virg. Aeneid.l. 1. par. 1. del Faetonte c. 19. n. 4. pag. 710. Exod. 23. 2. l.
. n. 6. In Jonam c. 3. c. 51. a. 27. Iunii Così sta nelle risposte del P. Claudio nell’archivio Romano. in Bibl. P. 1.
Spec. Nella Piazza Universale disc. 104. cap. 53. cr. 3. contra Iul. del Bene l. 4. p. 2. c. 50. n. 7. de Spect. cap. 40.
D. ser. 143. de Temp. l. 4. c. 19. apud Fam. P. 145. c. 3. della Vita del P. Realino. In Act. Ap. C. 19. v. 19. §. Deinde d
p. 107. in Auth. Par. 1. c. 11. 5. 10. p. 402. Par. 2. c. 18. p. 79. del libro intitolato, Avvisi di coloro, che hanno cur
c. 25. p. 108. In Act. c. 19. v. 19. p. 718. Plut. in Apoph. par. 4. del Simb. al fine. in cat. Ad illud. c. 2. Iob. Filij
] Comprendre: perchè. as. [NDE] Comprendre: azione, risultato e modo del toccare. at. [NDE] Comprendre: rilassamento. au
3 (1697) Histoire de la Comédie et de l’Opéra « HISTOIRE ET ABREGE DES OUVRAGES LATIN, ITALIEN ET FRANCAIS, POUR ET CONTRE LA COMÉDIE ET L’OPERA — CHAPITRE II. » pp. 19-41
In Actores et Spectatores Comœdiarum Parænesis. Autore Franciso Maria del Monacho Siculo et c. Patavii 1630 On trouve da
Acteurs et aux Spectateurs des Comédies, composéb par François Marie del Monaco Sicilien de la Ville de Drapanoc, Docteur
apitre 3. Sect. 4. La seconde partie de cet Avertissement de François del Monaco, est employée à examiner trois proposition
représenter sans péché mortel. » La troisième partie de l’Ouvrage de del Monaco, propose les raisons apparentes des mondai
iniâtreté des hommes. La quatrième et dernière partie de l’Ouvrage de del Monaco, se réduit à trois remèdes qu’il propose c
ai pas, parce que ce sont les mêmes principes et preuves que celle de del Monaco, auxquelles il a donné un tour très délica
être vu. Il confirme son sentiment en plusieurs endroits par celui de del Monaco : il loue l’Ouvrage de ce savant Sicilien,
Père Ottonelli cite ces paroles de la page 30. de l’Avertissement de del Monaco : « Honesti ludi ii sunt in quibus nulla o
e tout le monde. b. [NDE] Le titre exact est : D. Francisci Mariae del Monaco,... In actores et spectatores comoediarum
parenæsis. in 4° Patavii, Laur. Pasquatus. c. [NDE] Francesco Maria del Monaco (1593-1651), né à Trapani en Sicile, mort
de Modène) en Italie, jésuite w. [NDE] Della christiana moderatione del theatro (1646 ; 1652), édition complète en 6 vol.
4 (1603) La première atteinte contre ceux qui accusent les comédies « A Madamoiselle di Beaulieu » p. 
rsi ritrarre. Pittor ferma il pennel’ ch’altrixpresumey Invan ritrar del mio bel Sole i lampi, Del mio bel Sol, per cui fi
, per cui fia mi consumez, Anzi pur sempre lagrimando avvampi. Degna del Sol celeste oggi il costume Il mio terren’ quel n
5 (1603) La première atteinte contre ceux qui accusent les comédies « A Madamoiselle de Beaulieu » p. 
vemente Lega, cui non sciorràmTempo, né Morte. Ma dimmi o bella mia del Ciel Sirena, Ond’èn, che’l caro nodo ancor m’acce
6 (1697) Histoire de la Comédie et de l’Opéra « TABLE DES CHAPITRES ET DES SECTIONS. »
ge 1.   CHAPITRE II. Section i. Abrégé de l’Ouvrage Latin de François del Monacho Sicilien. page 18. Section ii. Ouvrages I
7 (1697) Histoire de la Comédie et de l’Opéra « PREFACE CONTENANT L’HISTOIRE DU DIX-SEPTIEME SIECLE, SUR LA COMÉDIE. » pp. -
faits en ce siècle contre la Comédie, savoir celui de François Marie del Monacho Sicilien, et un du Père Ottonelli Jésuite
8 (1752) Traité sur la poésie dramatique « Traité sur la poésie dramatique — CHAPITRE IX. Défauts que les Etrangers ont coutume de reprocher à notre Tragédie. » pp. 231-259
aux Vers la liberté de la Prose, introduce nel dir legato, la liberta del dir sciolto, c’est-à-dire, selon moi, change la P
nti mie vene Un velen, che Medea porrò seco d’Athene ; Gia dentro del miu core il veleno diffuso, Sparge nel cor spir
d il rime, comme dans ces Vers sur l’ambition humaine, La ambicion del humano devanto, Ya’ satisfecha cansa, y de un d
9 (1752) Essai sur la comédie nouvelle « HISTOIRE DES OUVRAGES. Qui ont paru pour et contre la Comédie, depuis le 17e Siècle. » pp. 161-175
ges imprimés contre la Comédie. A Padoue, en 1630, par François Marie del Monacho, Sicilien. A Florence, en 1645, par le P.
10 (1743) De la réformation du théâtre « De la réformation du théâtre — DEUXIEME PARTIE. — Méthode et règlement pour réformer le Théâtre. Avant Propos. » pp. 87-98
; comme les combats à coups de poings sont en usage à Venise, et ceux del Calcio j à Florence ? Ne voit-on pas encore tous
11 (1765) Réflexions sur le théâtre, vol. 3 « Chapitre VIII. Assertions du Théâtre sur le tyrannicide. » pp. 130-174
e quelques vers d’une tragédie de Sénèque, commentés par le P. Martin del Rio, Jésuite Flamand, fameux par d’autres ouvrage
cieuse qu’un mauvais Roi. » Les Jésuites ont eu beau représenter que del Rio était encore dans le monde, et même Conseille
e pernicieuse qu’ils ont redoutée dans le théâtre Latin de Sénèque et del Rio, mérite encore moins de grâce dans les théâtr
esprits un bien plus mauvais effet que la tragédie et le commentaire del Rio, que personne ne connaît. Tous ces arrêts cél
aint la doctrine du tyrannicide que dans le bouquin Flamand de Martin del Rioac), Campistron a tenu le même langage. Pouvai
12 (1607) Recit touchant la comédie pp. 2-8
Teorici, teologici e istrioni : per e contro il teatro nella Francia del Cinque-Seicento, éd. Luisa Mulas, préface par Gia
13 (1671) La défense du traité du Prince de Conti pp. -
ancto zelo ; todaula nemos han quedado estas dos por cortar y abrasar del todo principio, y cabeça de hartos damnos, que so
lo dovessero et potessoro a somiglianza di Cæsare usare nella capella del Pontefice, il seggio et, il guancia d’Oro. » Gira
sto inclito Principe, et successori suoi : si in sigillare in piombo, del tenere il cero in mano dicendo si il Vangelo, et
dal Vespro della vigilia dell’Ascensione per infino all’altro Vespro, del proprio, giorno, in perpetuo, in remuneratione, e
izo al cabo de su dichosa vida. » El P. Pedro de Guzman de los bienes del honesto trabaio discurso 6. §. 8., qu’il est conv
rent quam ingeniis prodessent. »  » P. Pedro de Guzman de los bienes del honesto trabaio discurso sexto §. 8., que les Com
s assi que se representan. Pero entiendo yo que aun este es artificio del demonio, y delos que ayudan à sus intentos, que p
ien estos artifices como quien tiene tambien tomado el pulso al gusto del pueblo que si la Comedia no lleva alguna cosa ò p
mi testamento ? » Psal. 49. v. 17. P. Pedro de Guzman de los bienes del honesto trabaiodiscurso sexto §. 8., est une act
zo al cabo de su dichosa vida. » El P. Pedro de Guzman, de los bienes del honesto trabajo, discurso 6. §. 8., qu’il est con
ver, ni el pueblo gusta desto. » El P. Pedro de Guzman, de los bienes del honesto trabaio, discurso 6. § 8., , tout ce que
à otros para que no los vean. » El P. Pedro de Guzman, de los bienes del honesto trabajo . Discurso 6. §. 8. , des défens
reformar las, y permittir las. » El P. Pedro de Guzman, de los bienes del honesto trabajo, discurso 6. §. 8., tout ce que n
s adherentes no buenos, que sera discreto, y acerrado conseio, quitar del todo este entretenimiento. Pero oyamos al Angelic
su 2.2. en el articulo tercero : « Si puede aver pecado en la demasia del Juego, y entretenimiento ? » y entre los argument
e los Proverbios : « la risa se mezclara, y aguara con dolor y el fin del gozo parara en llanto, el qual llanto (dize la gl
, el qual llanto (dize la glossa) sera el eterno : Pues en la demasia del Juego ay risa desordenada, y gozo desordenado, lu
uego". Entra luego el santo, dando su parecer y doctrina en el cuerpo del articulo y dize : que los Juegos son licitos, y c
bjecto, y materia, quando en hechos, ò dichos son obscenos ò en damno del proximo ; Esta es como malicia intrinseca, que de
rseo, de Theseo, de Marte, ò de Venus ò en la Comedia de los donayres del otro, o de los zelos del otro, o de la travesura
, ò de Venus ò en la Comedia de los donayres del otro, o de los zelos del otro, o de la travesura de l’otro, ò de la Boda e
al cabo de su dichosa vida.  » El P. Pedro de Guzman de los bienes del honesto trabajo, discurso 6. §. 8. , qu’encore qu
tros cathedras de pestilentia, y de error : Otros Templos, y Iglesias del demonio, sagratios de Venus ; pompas del mundo, y
 : Otros Templos, y Iglesias del demonio, sagratios de Venus ; pompas del mundo, y su mayor vanidad. Otros solennidades del
s de Venus ; pompas del mundo, y su mayor vanidad. Otros solennidades del demonio, y fiestas de Sathanas ; Otros officinas
bien. Si las sandalias solas de Judith bastaron à arrebatar los oyos del otro ferocissimo Capitan, y su hermosura le cauti
lo tenia Holofernes, sino quiça hecho blanco, y terreto de las saetas del torpe amor. » , qu’on ne saurait mieux faire ente
es oscamas, que arrebatan la vista, y tras ella el coraçon, y aficion del que la mira…Pero à mi no solamente cada muger des
us donayres, sus acciones bien estudiadas ; ò por hablar con palabras del santissimo Chrysostomo : « Cuncta simpliciter qua
, regalos, colaciones, meriendas, aloias…. El otro daño es la perdida del tiempo que gastan assy representantes, como oyent
t illiberale, petulans, flagitiosum, obscœnum ? » Este es sin duda el del theatro. Inceptam lætitiam la llamo san Gregorio,
, lo que dizen Pedro Gregorio Tolosano en su Syntagma, y un consejero del Real Consejo, persona grave, y zelosa del bien co
su Syntagma, y un consejero del Real Consejo, persona grave, y zelosa del bien commun, y aquel hombre pio y docto, aunque d
los Predicadores, Confessores, y curas de almas, y à los Inquisidores del santo Oficio, y finalmente à todos los que tienen
o, si viera, ò supiera los dones ò dadivas que en el theatro, y fuera del se dan à esta gente, por personas poderosas en pr
da lo que poco despues dixo san Augustin, y se refiere en un capitulo del derecho, « Donare histrionibus immane vitium est 
ancto zelo ; todaula nemos han quedado estas dos por cortar y abrasar del todo principio, y cabeça de hartos damnos, que so
lo dovessero et potessoro a somiglianza di Cæsare usare nella capella del Pontefice, il seggio et, il guancia d’Oro. » Gira
sto inclito Principe, et successori suoi : si in sigillare in piombo, del tenere il cero in mano dicendo si il Vangelo, et
dal Vespro della vigilia dell’Ascensione per infino all’altro Vespro, del proprio, giorno, in perpetuo, in remuneratione, e
izo al cabo de su dichosa vida. » El P. Pedro de Guzman de los bienes del honesto trabaio discurso 6. §. 8. « Peccant ne M
rent quam ingeniis prodessent. »  » P. Pedro de Guzman de los bienes del honesto trabaio discurso sexto §. 8. « Theodectæ
s assi que se representan. Pero entiendo yo que aun este es artificio del demonio, y delos que ayudan à sus intentos, que p
ien estos artifices como quien tiene tambien tomado el pulso al gusto del pueblo que si la Comedia no lleva alguna cosa ò p
mi testamento ? » Psal. 49. v. 17. P. Pedro de Guzman de los bienes del honesto trabaiodiscurso sexto §. 8. « Omnes Coll
zo al cabo de su dichosa vida. » El P. Pedro de Guzman, de los bienes del honesto trabajo, discurso 6. §. 8. « Peccantne M
ver, ni el pueblo gusta desto. » El P. Pedro de Guzman, de los bienes del honesto trabaio, discurso 6. § 8. Dissert. pag. 2
à otros para que no los vean. » El P. Pedro de Guzman, de los bienes del honesto trabajo . Discurso 6. §. 8. « Excæcat n
reformar las, y permittir las. » El P. Pedro de Guzman, de los bienes del honesto trabajo, discurso 6. §. 8. « Censeo cum
s adherentes no buenos, que sera discreto, y acerrado conseio, quitar del todo este entretenimiento. Pero oyamos al Angelic
su 2.2. en el articulo tercero : « Si puede aver pecado en la demasia del Juego, y entretenimiento ? » y entre los argument
e los Proverbios : « la risa se mezclara, y aguara con dolor y el fin del gozo parara en llanto, el qual llanto (dize la gl
, el qual llanto (dize la glossa) sera el eterno : Pues en la demasia del Juego ay risa desordenada, y gozo desordenado, lu
uego". Entra luego el santo, dando su parecer y doctrina en el cuerpo del articulo y dize : que los Juegos son licitos, y c
bjecto, y materia, quando en hechos, ò dichos son obscenos ò en damno del proximo ; Esta es como malicia intrinseca, que de
rseo, de Theseo, de Marte, ò de Venus ò en la Comedia de los donayres del otro, o de los zelos del otro, o de la travesura
, ò de Venus ò en la Comedia de los donayres del otro, o de los zelos del otro, o de la travesura de l’otro, ò de la Boda e
al cabo de su dichosa vida.  » El P. Pedro de Guzman de los bienes del honesto trabajo, discurso 6. §. 8. « Sacerdotes
tros cathedras de pestilentia, y de error : Otros Templos, y Iglesias del demonio, sagratios de Venus ; pompas del mundo, y
 : Otros Templos, y Iglesias del demonio, sagratios de Venus ; pompas del mundo, y su mayor vanidad. Otros solennidades del
s de Venus ; pompas del mundo, y su mayor vanidad. Otros solennidades del demonio, y fiestas de Sathanas ; Otros officinas
bien. Si las sandalias solas de Judith bastaron à arrebatar los oyos del otro ferocissimo Capitan, y su hermosura le cauti
lo tenia Holofernes, sino quiça hecho blanco, y terreto de las saetas del torpe amor. » Ecclesiast. 4. v. 3. 4. 5. et 9.
es oscamas, que arrebatan la vista, y tras ella el coraçon, y aficion del que la mira…Pero à mi no solamente cada muger des
us donayres, sus acciones bien estudiadas ; ò por hablar con palabras del santissimo Chrysostomo : « Cuncta simpliciter qua
, regalos, colaciones, meriendas, aloias…. El otro daño es la perdida del tiempo que gastan assy representantes, como oyent
t illiberale, petulans, flagitiosum, obscœnum ? » Este es sin duda el del theatro. Inceptam lætitiam la llamo san Gregorio,
, lo que dizen Pedro Gregorio Tolosano en su Syntagma, y un consejero del Real Consejo, persona grave, y zelosa del bien co
su Syntagma, y un consejero del Real Consejo, persona grave, y zelosa del bien commun, y aquel hombre pio y docto, aunque d
los Predicadores, Confessores, y curas de almas, y à los Inquisidores del santo Oficio, y finalmente à todos los que tienen
o, si viera, ò supiera los dones ò dadivas que en el theatro, y fuera del se dan à esta gente, por personas poderosas en pr
da lo que poco despues dixo san Augustin, y se refiere en un capitulo del derecho, « Donare histrionibus immane vitium est 
14 (1756) Lettres sur les spectacles vol. 2 «  TABLE. DES MATIERES. Et des Personnes dont il est parlé dans les deux Volumes. » pp. 567-614
s de M. Bossuet, Evêque de Meaux, a, 61 Della Christiana moderazione del Theatro, b, 124 Desmonts (Dom), a, 607 Désaulna
énéral de Marseille, b, 457 Lorris (Guillaume de), b, 57 Lo Specchio del desinganno, b, 227 Louis (Saint). Cité sur l’exp
aractere de la plupart de ses Drames, b, 265 Monacho (François Marie del ). Extrait de son Ouvrage contre les Spectacles, &
cy (le P.), Théatin. Cité à l’occasion de l’Ouvrage de François-Marie del Monaco, b, 123 Tragédies Grecques. Supériorité d
15 (1725) Mr. de Moliere [article des Jugemens des savans] « Mr. de Moliere, » pp. 339-352
ominique Othonelli, Jésuite Italien, Frédéric Cerutus, François Marie del Monacho, & le Sieur B. A.1 qui a écrit en par
16 (1753) Compte rendu de Ramire « Compte rendu de Ramire » pp. 842-864
ire ARTICLE XXXIX.TRIUMPHO SAGRADO DEla conciencia. Ciencia divina del humano regocijo &c. C’est-à-dire, Le triomphe
17 (1754) La Comédie contraire aux principes de la morale chrétienne « EXTRAIT Du Journal de Trevoux ; Mois d’Avril 1753. Art. XXXIX. » pp. 59-70
53. Art. XXXIX. Triumpho sagrado de la Concientia. Ciencia divina del humano regocijo &c. C’est-à-dire, Le triomphe
18 (2019) Haine du théâtre: Bibliographie France (traités, pamphlets, documents, etc.)
Teorici, teologici e istrioni : per e contro il teatro nella Francia del Cinque-Seicento, a cura di Luisa Mulas, prefazion
acles] : Riflessione cristiana sopra li spettacoli ovvero le commedie del P. Giovanni Croiset della Compagnia di Gesù, Roma
Teorici, teologici e istrioni : per e contro il teatro nella Francia del Cinque-Seicento, a cura di Luisa Mulas, prefazion
Teorici, teologici e istrioni : per e contro il teatro nella Francia del Cinque-Seicento, a cura di Luisa Mulas, prefazion
Teorici, teologici e istrioni : per e contro il teatro nella Francia del Cinque-Seicento ; a cura di Luisa Mulas, prefazio
Teorici, teologici e istrioni : per e contro il teatro nella Francia del Cinque-Seicento, a cura di Luisa Mulas, prefazion
Teorici, teologici e istrioni : per e contro il teatro nella Francia del Cinque-Seicento, a cura di Luisa Mulas, prefazion
19 (1756) Lettres sur les spectacles vol. 2 «  HISTOIRE. DES OUVRAGES. POUR ET CONTRE. LES THÉATRES PUBLICS. —  HISTOIRE. DES OUVRAGES. Pour & contre les Théatres Publics. » pp. 101-566
us ; on leur opposa aussi-tôt un Ecrit intitulé : D. Francisci Mariæ del Monacho, Siculi Drepanitani in Actores & Spec
atores Comœdiarum nostri temporis Parænesis, Patavii, 1630. François del Monacho, Auteur de cet Ouvrage, étoit Sicilien, d
de Moreri, tom. 7, page 514, édition de 1759, à l’occasion de Thomas del Monacho & de Jacques del Monacho. François de
édition de 1759, à l’occasion de Thomas del Monacho & de Jacques del Monacho. François del Monacho, Théatin d’Italie,
occasion de Thomas del Monacho & de Jacques del Monacho. François del Monacho, Théatin d’Italie, vint en France en 1644
lli ; Jésuite de la Ville de Tagnane en Italie, se joignit à François del Monacho pour combattre les trois Comédiens incurs
en 3 Vol. En voici les titres abrégés : Della Christiana moderatione del Teatro : Libro, detto la qualità delle Comedie le
les Auteurs les plus respectables. Quant au Traité de François Marie del Monacho, qui est aussi à la Bibliotheque du Roi,
ublici vi possa intervenire legitamente ; in Roma, 1754. Lo Specchio del disinganno, autore Zucchino Stefani. Ce Traité de
auvaises intentions du plus grand nombre des Spectateurs. Il Teatro, del Muratori 197 in se stesso non è illecito ma tale
structive, par M. de Bure, ℣ volumes in-8°. 196. Vedendo nell’ Opera del Padre Concina condannarsi di grave colpa quei che
nostri tempi sono oscene, e più oscene delle antiche. Dissert. Teatri del Conte Diego Rubin. 197. Dans un Ouvrage intitul
ie civile. 199. Dans un Ouvrage intitulé : De i Teatri Dissertazione del Conte Diego Rubin, in Milano, 1754. in-4°. 200.
754. in-4°. 200. Dans un Ouvrage intitulé : De i vizi e de i difetti del moderno Teatro e del modo di correggergli e d’ em
s un Ouvrage intitulé : De i vizi e de i difetti del moderno Teatro e del modo di correggergli e d’ emendarli Ragionamenti 
20 (1541) Affaire du Parlement de Paris « Procès-verbal de l’action intentée devant le Parlement de Paris par le procureur général du Roi aux “maîtres entrepreneurs” du Mystère des Actes des Apôtres et du Mystère du Vieil Testament (8-12 décembre 1541) » pp. 80-82
is (Teorici, teologi e istrioni. Per e contro il teatro nella Francia del Cinque-Seicento, a cura di Luisa Mulas, Roma, Bul
21 (1756) Lettres sur les spectacles vol.1 pp. -610
d cas12. Il exhortoit aussi à lire souvent le petit Ecrit de François del Monaco, contre les Spectacles ; il l’appelloit un
tatores Comœdiarum nostri temporis Parænesis ; Autore Maria Francisco del Monaco, Clerico Regulari ; c’est-à-dire, Avertiss
& aux Spectateurs des Comédies de notre temps, par Marie-François del Monaco, Clerc Régulier Théatin. Plusieurs personn
un hommage émané de la reconnoissance. Revenons à l’Ecrit de François del Monaco. Nous en avons promis le texte original en
voici un Extrait qui en contient les principes essentiels. François del Monaco a divisé son Ouvrage en trois parties, don
réquentation des Spectacles. La seconde partie de l’Écrit de François del Monaco, est employée à examiner trois proposition
d’argent de leurs représentations. Il y en eut, du temps de François del Monaco, trois de cette derniere espece, nommés Ba
i strinse, o ci fece stringere per aver la nostra presenza nel Teatro del Collegio de’ Nobili, tanto più che faceva egli la
ici alzano la voce contro le Commedie profane, e gli altri spettacoli del Carnevale ; e con quanto maggior fervore possono,
i à fuggire ed abbominare le profane Commedie, e gli altri spettacoli del Carnevale. Ver. Sentim. di S. Filippo di Neri.
iesa, i quali unitamente detestano le Commedie. Si aggiunge l’esempio del Papa antecessore di S.B., il quale con sua gran l
di riferire un indegno proverbio, ma pur troppo vero, che le Commedie del Carnevale sono il lenocinio della quaresima : cio
ticarsi, di accendere gli affetti e le corrispondenze nel breve tempo del Carnevale, serve per una copiosa semenza, che poi
ispensabili delle loro cariche, sono costretti à seguitare la persona del Principe in ogni luogo, e conseguentemente ad ass
di questa loro obbligazione volessero coonestare solamente agli occhi del Mondo la loro leggerezza, e godessero interiormen
i, e rimarrebbero condannati da Dio, il quale vedendo la disposizione del nostro cuore, giudica la innocenza, o la reità de
i famiglia, o per lo servigio, che prestano ad altri, come i ministri del Principe, e i cortigiani, ei servitori, non può e
tro, come sono gli Attori, gli Impresarj, i Sonatori, e i Compositori del Dramma, o della Musica, e simili, avvegnachè alle
Dramma, o della Musica, e simili, avvegnachè allegassero la necessità del guadagno, che vi fanno, a fine di poter vivere, o
a materiale contro lor voglia, e non per goderne, o farne il soggetto del loro piacere, o occupazione, ma per soddisfare ad
stanno soggesti secondo l’ordine della Provvidenza ; o per necessità del proprio stato, o servizio ; stato legittimo, e se
22 (1752) Traité sur la poésie dramatique « Traité sur la poésie dramatique — CHAPITRE VII. Histoire de la Poësie Dramatique moderne. » pp. 176-202
ro Signor Giesu Christo, & le principal institut de la Confrairie del Gonfalone, étoit de représenter la Passion. Par t
23 (1760) Lettre d’un curé à M. M[armontel] « letter » pp. 3-38
e contre les Spectacles : Savoir à Padoue en 1630, par François Marie del Monaco Sicilien ; à Florence en 1645, par le P. O
24 (1769) Réflexions sur le théâtre, vol 8 « Réflexions sur le théâtre, vol 8 — RÉFLEXIONS. MORALES, POLITIQUES, HISTORIQUES, ET LITTÉRAIRES, SUR LE THÉATRE. LIVRE HUITIEME. — CHAPITRE IV. Suite des Masques. » pp. 82-109
u’il jetoit sur tout le monde & sur la cavalcade. Arrivés au bout del Pardo, les Cardinaux firent mille tours de souple
25 (1770) La Mimographe, ou Idées d’une honnête-femme pour la réformation du théâtre national « La Mimographe, ou Le Théâtre réformé. — Seconde partie. Notes. — [A] » pp. 297-379
ni ne m’a pas convaincue, si les Després, les Lalouette, les François del Monacho, les Ottonelli, les Nicole, les La Grange
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