m Regnum Cælorum »a. Questo Santo avviso di penitenza, e di vicinanza
del
celeste Regno, porge a me ora dolce materia di co
con la più bella parte di se stesso, e vino, e spirante l’aura vital
del
corpo, entrasti un giorno nell’Ecclesiastica Scuo
l Gioco moderatamente. « Istriones moderate ludo utantur. »i L’Autore
del
presente Ricordo alludendo alla parola del S. Dot
ludo utantur. »i L’Autore del presente Ricordo alludendo alla parola
del
S. Dottore, Moderate, ha composto un’Opera circa
ttore, Moderate, ha composto un’Opera circa la necessaria Moderazione
del
cristiano Teatro ; e l’ha distinta in vari Libri
gli altri seguiranno appresso per beneficio delle Anime, e la gloria
del
Sig. Iddio : e tutti ci si procurerà, che le sent
le quali le Comiche ordinarie compariscono in scena, ovvero in banco
del
pubblico Teatro. Pag. 86 Q. 1. La licenza ot
fficiente per la pubblica comparsa ? Pag. 115 Q. 7 La necessità
del
guadagno è ragione sufficiente per la comparsa de
? Pag. 121 Q. 9. Le ordinarie Comiche nuoconov più con l’Azione
del
Teatro, o con la conversazione di casa ? Pag. 124
Pag. 139 Q. 11. Lez ordinarie Comiche nuoconoaa alleab anime
del
Teatro con altri modi ? Pag. 143 Nota Unica
Unica Intorno al documento cagionato dalle Comiche con la dolcezza
del
canto. Pag. 145 Q. 12. Leac ordinarie Comi
dal Teatro, perché non bisognerà anche levarle da molti altri luoghi
del
Mondo. Pag. 179 Q. 3. L’uso non basta per g
9 Q. 3. L’uso non basta per giustificar la comparsa delle donne
del
Teatro ? Pag. 181 Nota. Non tutti gli uditor
va la comparsa dei Giovanetti vestiti da Donna per le pubbliche scene
del
Teat. Pag. 195 Q. 5. Non basta il fine buo
on basta il fine buono per introdurre le Donne ; e i discorsi amorosi
del
pubblico Teatro. Pag. 198 Nota. Si continua
se lecita. Pag. 229 Q. 13. A che cosa è obbligato il Confessore
del
Superiore per rispetto della comparsa delle Comic
s. Sig. Cardinal de Lugo. Pag. 238 Append. Apendice per conferma
del
detto. Pag. 243 Nota 2. Di un Principe, che
g. 251 Append. Appendice alla risposta data intorno all’autorità
del
P. Galluzzi. Pag. 254 Nota. Della risposta
rdo con le parole della sua gemmata bocca concede alla preziosa gemma
del
cristiano zelo la forza, e il titolo di stimolo,
ngua alla caritativa ammonizione, resterà senza valevole difensionean
del
tremendo esame del Giudice spaventoso. E chi non
a ammonizione, resterà senza valevole difensionean del tremendo esame
del
Giudice spaventoso. E chi non stimola gagliardame
non stimola gagliardamente i peccatori ad uscire dallo stato infelice
del
peccato, e egli ancora facilmente vi cadrà preda
die, mandati all’Eminentiss. Sig. Cardinale Scipione Borghese a tempo
del
Pontificio Monarca Paolo V compatisce gli errori
dianti, né daiaw Ciarlatani modesti ; ma dagliax osceni : per cagione
del
qual danno io vi ricordo, ô Amico mio, di far ben
to veramente prometto, e spero di mantenerlo in tutta la spiegaturaay
del
presente Ricordo, quale distinguerò in quattro Ca
dichiarazione dei proposti Capi. Io vorrei che fossero luminosi raggi
del
cielo per scacciare i tenebrosi orrori del peccat
che fossero luminosi raggi del cielo per scacciare i tenebrosi orrori
del
peccato. Capo Primo Della Dottrina intorno a
empo non si perde in fabbricare, quando l’Architetto appoggia la mole
del
suo lavoro sopra la sodezza di un buon fondamento
e Dottrine scolastiche, e morali bramo di ben fondare la fabbrichetta
del
presente Ricordo, ricordando, e dichiarando ad al
ciò, che i Dottori sentono intorno alle drammatiche Rappresentazioni
del
Theatro. E questo farò, proponendo varietà di nod
i di questa lunga proposizione mirano tutti i Capi, e tutti i Quesiti
del
presente Ricordo. Ora poniamo le torcie nella sce
ve ciò, che con lunga dichiarazione siamo per considerare nel 2. Capo
del
Ricordo detto l’Istanza ; ove con la risposta mol
to più mostruosamente, disoneste, e illecite, che le Rappresentazioni
del
nostro tempo. Onde con ragione Clemente Alessandr
e dalla voce dei Predicatori, e molto più dalla giornalebo esperienza
del
fatto : onde concludo il Quesito, e dico insieme
i, dei sacri Teologi, e dei Santi Padri. Che però io lodo la prudenza
del
Comico Cecchino per quel poco, che nel principio
lio dire, che per sgombrare, non che distinguere, le illecite tenebre
del
Teatro, chiaro lume ci recano gli illuminati Dott
to, e lanciar saette. La ragione poi Tommaso riconosce nella dottrina
del
Filosofo, perché nella conversazione della vita p
è il ricrearsi alle volte. Aggiungo, che non tutte le persone gustano
del
ritiramento; anzi, come non sono tutte della stes
oso, benché splenda a modo di chiaro sole, nondimeno perde non so chè
del
buio di una nuvolosa opposizione. Io credo, che v
mpre vi sono stati Comici buoni e rei. Inoltre mi persuado, che i rei
del
nostro tempo siano di molto pregiudizio all’utile
lo contro i Commedianti, e Ciarlatani ? La rettitudine, e prudenza
del
buon Giudice vuole, che egli oda le ragioni delle
allo stesso Agente secondo le diverse qualità dei soggetti : la viltà
del
loto s’indura col vigore del raggio solare, e con
diverse qualità dei soggetti : la viltà del loto s’indura col vigore
del
raggio solare, e con lo stesso si liquefa la morb
solare, e con lo stesso si liquefa la morbidezza della cera: la forza
del
fuoco ripurga la bellezza dell’oro, e consuma la
a forza del fuoco ripurga la bellezza dell’oro, e consuma la sostanza
del
piombo : Anche Beltrame dice. Quella neve, che tr
uosi: le ragioni de’ quali egli ascoltò, e approvò per buone, e degne
del
suo favore. Il medesimo Santo pubblicò contro i C
non mancano varie risposte : Beltrame Comico ne porta due nel c. 38.
del
suo discorso, e dice nel primo luogo, che il bene
uosi. Anche a dir Corsari, Ladri, e Assassini, par che si dica uomini
del
Diavolo : ma in tal viluppo nn si rinchiudono que
Comica. Discorso veramente mal fondato, e pregiudiziale alla dottrina
del
Santo, e de’ suoi Consultori, e Dottori Sinodali,
Soldato. Tu viziosamente guerreggi, se non conosce pienamente l’Arte
del
guerreggiare ? La riprensione dell’errore suppone
o contrari tra loro; ne uniti insieme sono repugnanti alla cognizione
del
Prelato, scopro in lui diverse perfezioni, e si a
la modestia de’ Recitanti per relazione di altri, e vista la dottrina
del
suo maestro, si mortificò d’aver predicato contro
pareri dottrinali, e la immodestia degli Istrioni, Mimi, e Ciarlatani
del
suo tempo, e la soda dottrina de’ santi Padri, e
carla più volte in questa mia poca, e debole fatica della moderazione
del
Teatro. E invero siccome l’arte Comica è lecitiss
elli, che « non sunt in statu peccati », non sono nell’infelice stato
del
peccato. E può essere, che in alcuni Comici moder
ì, e altre devozioni. Molte Compagnie fanno dir una Messa ogni giorno
del
pubblico, oltre alle particolari. Molti di loro,
ste ne’ Comici da Beltrame, non scacciaci lungi da sé l’abito vizioso
del
parlar disonestamente in scena, e del gestire ind
aci lungi da sé l’abito vizioso del parlar disonestamente in scena, e
del
gestire indecentemente ? Perché tra tanti beni,
ti, e fatti, i modi turpi, e disonesti, e le altre numerose indecenze
del
rappresentare sono palesicj a tutti, si odono, e
alcuni sono conosciuti , e creduti per buoni, veramente son pochi, e
del
poco non si tien conto, e si seppellisce nella to
son pochi, e del poco non si tien conto, e si seppellisce nella tomba
del
nulla. Ma i Comici creduti rei, e scandalosi sono
Azioni, e le Commedie all’ora, quando il Comico si serve per cagione
del
gioco di brutte parole, o di fatti brutti, ovvero
tionem, ludus peccatum mortale esset. » Ora vediamo un poco il Teatro
del
nostro tempo. Nelle Azioni, e nelle Commedie mode
a, le quali corrono purtroppo nelle moderne Commedie con grave offesa
del
Sig. Iddio. E quante parole brutte mortali sentiv
ni ; poiché faceva loro la correzione di quando in quando ? La lingua
del
Comico osceno serve di spada micidiale contro l’u
alo, che apportano ai deboli di Spirito, mentre le ricevono con gusto
del
corpo per ilcn senso, ma con disgusto dell’anima
ell’anima per ilco consenso: onde come scandalose sono parole omicide
del
cuore; tuttoche siano dette per solo dilettamento
rebbe a quello occasione di ruina spirituale, e chi porge l’occasione
del
danno, parcq che sia il dannificatore. Battista F
riso di altri che odono, e intendono, onde quando poi soni avvertite
del
coperto, e brutto significato, si vergognano gran
il disonesto concetto dell’equivoco osceno. Circa l’ultima particella
del
dubbio. Cioè. Quante oscenità si devono escludere
conclude, che Dante elesse una Favola Comica, la quale in tutto manca
del
Ridicolo ; benché in questo non si conformi alle
e niun ridicolo deve cagionare, che si trasgrediscano le buone leggi
del
civil decoro; il quale nell’Azioni Teatrali presc
i maestri, per esempio dall’ignoanza, dalla mutazione, dall’acutezza
del
parlare, dall’iperbole, dalla metafora, dall’inte
role oscene, e laide mortali infettano di mortale nefandezza l’Azione
del
cristiano Teatro: ma v’è ben dubbio, quante parol
alla luce degli illuminati Dottori. S. Tommaso favella con il numero
del
più, dicendo. « Turpibus verbis, illicitis verbis
no, diceva uno; perché qui si deve parlare rigorosamente, trattandosi
del
pericolo delle anime: e di due parole brutte si d
T. 1.6. 23. `1.« Nihil turpe ibi misceatur. » Egli favella nel numero
del
meno. « Nihil turpe. » Niente di brutto. E quello
, che in noi sarebbe errore. »C. 16. Io noto, che favella nel numero
del
meno ; quasi che un solo grave errore di una paro
e, e non le fugge, giustamente non si querela de’ Censori la facilità
del
rimedio è opportuno scampo al vitupero. Ma noi pa
mente modesti; e l’Istrione viene astettode a non servirsi per cagion
del
gioco di turpi parole, ovvero fatti, « causa ludi
tali per se stessi; ne tali diventano per la precisa, e final cagione
del
gioco : « cum finis iste non dicat secundum se sp
volontatii »2.2 q. 144. a. 2.c., secondo San Tommaso, nella deformità
del
volontario. Prendesi anche la voce, turpitudine,
ti: io mi riporto al detto loro, e rispondo in breve alla prima parte
del
Quesito. Cioè. Quali fatti turpi rendono l’Azione
e porge ad altri occasione di spiritual ruina. Resta la seconda parte
del
Quesito: dichiaramola brevemente. Nota Unica
un’ Azione; perché v’interveniva un solo bacio ; quasi che la regola
del
suo giùdizio fosse legge proibitiva della Commedi
e moderno Imperatore. Ma che diremo noi teologi ? S. Tommaso si serve
del
numero di moltitudine « Aliquibus turpibus factis
nno 1635 io stavadk nella Clarissima Catania, Città tra le principali
del
ricco, fiorito, e bel regno di Sicilia. Vi venner
ommosse molto: e però egli molto lo ponderò sul pergamo alla presenza
del
Sig. Presidente di Giustitia Rau, il quale inform
a oscenità. Concludo la presente Nota, e rispondo alla proposta parte
del
Quesito. Un solo fatto oscenissimo, e turpissimo
i discorre diffusamente, per dmostrare la necessità della moderazione
del
Teatro, la qual necessità almeno in parte richied
a supporremo per vero il detto in quel Ricordo. Non spiace la replica
del
suono, quando è di gioamento, e di consolazione.
ano p.3 c. 15.. Le commedie sono, come è pubblica voce, e fama, fuori
del
termine dell’onestà. Or và tu a pensare, che paro
to manuscritto, veduto da me in Palermo, dice delle Commedie correnti
del
suo tempo; in cui scrisse, che fu l’anno 1585. Co
l’anno 1585. Concorrono Ruffiani; e il Zanni con la Serva è la falsa
del
Diavolo. Che farà vedere, che un Adultero chiede
, che tal riforma non si è fatta universalmente nelle compagnie tutte
del
nostro tempo. L’anno 1626 un famoso, dotto, e el
; et aperiat, quod formosum. »Ep. 47. 6. 3 e.Ovvero quell’altro detto
del
medesimo Santo. « Polliolim interdum cadit, ut ca
e vagando altrove, si allontanava: ma si accomodava all’indegno abuso
del
suo Consorte, e alla cattiva consuetudine dell’os
rte, e alla cattiva consuetudine dell’osceno teatro: l’intenzione poi
del
Comico era pestilente, e quella della Comica non
l disonesto piacere: e non era obbligata di osservare il comandamento
del
Marito: perché « ut obbligatio, et actio mandatio
ormata abbastanza, e secondo la moderazione di S. Tommaso la Commedia
del
nostro tempo. Forse è vero, che qualche Azione si
a S. Tommaso, e che appartengono all’uso moderato dell’Arte Comica, e
del
Teatro. Quesito Duodecimo Che nocumento a
Teologo appresso Beltrame; o pur Beltrame stesso tologando, nel c. 59
del
suo bel Discorso. E è conforme alla comune de’ Do
l diceva sfacciatamente tante, e tali indegnità, che pareva una bocca
del
postribolo: e io me ne confusi: onde partito riso
ne’ suoi Discorsi intorno alle Commedie, trattando della circostanza
del
luogo per recitarle. E è sentenza comunemente ric
e cotal’Arte da Sacerdoti, né da Religiosi, né in Chiesa, né in tempo
del
sacro digiuno Quaresimale. Caietano diceSun. V.
religiose, Vergini, Monache, e Sacerdoti. E reca in prova l’autorità
del
Concilio 4 Coloniense cap. 17. e del Concilio Sen
doti. E reca in prova l’autorità del Concilio 4 Coloniense cap. 17. e
del
Concilio Senonevese cap. 25. E questo può bastare
nta molteplicità di favori lidq hanno onorati, che non solamente sono
del
pari, ma che sono in avanzo; poiché se un giocato
. 8 Annot. II n. 3. Pag 375. Aggiungo un argomento preso dal parere
del
Sig. Fabio Albergatil. c. 7. II., il quale nella
er l’essenza, né per l’apparenza. Per l’essenza, perché le operazioni
del
Re sono riposte nelle cose davvero, e non in quel
ico II Re di Francia ha dimostrato: e questo è cosa contraria al fine
del
Re, che deve la vita sua alla pubblica salute ris
ia il poco rispetto, cominciando dalle cose piccole, spesso con danno
del
Principe finisce nelle grandi. Degno documento fu
esercitando insieme con altri la sua persona: quando però il costume
del
paese; o il pericolo di non disgustare i popoli a
non disgustare i popoli altro non prescrivesse. Ma che avrebbe detto
del
comparire nella pubblica scenadel Teatro in compa
i il pubblico recitamento, e se ne risentì tacitamente con quei versi
del
prologo, alludendo al Principe, che gli aveva com
una politica convenienza di gran persona, e una lodevole decevolezza
del
proprio e signorile stato; benché il tutto si pa
ie: ma copia maggiore si vede nell’amenissimo giardino della Supplica
del
Comico Beltrame, il quale nel c. 59 dopo lunga ci
a persone di santa speculazione, e zelanti più dell’anime altrui, che
del
loro umano applauso. » A Beltrame io concedo, che
poderate ludis utuntur ». Non tutti camminano per l’infelice sentiero
del
peccato, ovvero dannazione: perché lungi da quel
i finte, e altre oscenità per dilettare. Dunque essi sono nello stato
del
peccato, e nella via della dannazione per sentenz
licitam, si moderate fiat. » L’arte Comica è ordinata alla necessità
del
sollazzo; e però è lecita, se si pratica ordinata
del sollazzo; e però è lecita, se si pratica ordinata alla necessità
del
sollazzo ; e però è lecita, se si pratica con mod
’altri Sommisti. Ivi egli ai Dottori antichi aggiunge alcuni moderni
del
nostro tempo, quasi con duplicata trincera voglia
con duplicata trincera voglia munire, e render inespugnabile il posto
del
suo Comico parere. Vediamo noi i detti, e le sent
sti. Se illecite siano le moderne Azioni de’ Comici, e de’ Ciarlatani
del
nostro tempo. « Paulus Comitulus docet, non pecca
non recitino le Commedie turpi. Che se alcuono mi chiede la sostanza
del
detto da Comitolo. Rispondo. Egli suppone, che la
uestione, fatta, non contro le Commedie antiche ma contro le moderne
del
suo tempo. E infine conclude, che i Comici modern
e altre. La seconda proposizione con l’affermativa mostra una ragione
del
peccato, non escludendo le altre, se vi possono e
o primo Promptuarii. Verba Commoedia, numero 2. » Ma Francesco Maria
del
Monaco, Religioso della medesima Religione de’ Ch
nus admittendus publice ad communionem. »8. Sum. c. 56. n. 4.Il senso
del
qual luogo è questo. Tra pubblici peccatori si nu
per officio recita le Commedie turpi, e prouocative alla turpitudine
del
peccato : il quale Istrione, se non lascia l’offi
ovano cose molto brutte, e eccitative allaeo disonestà nelle Commedie
del
nostro tempo ? Risponde la fama con l’affermativa
le Commedie correnti per la maggior parte sono illecite per sentenza
del
Sà. Il Bonacina si legge ancora tra i Dottori all
te di sopra, e replicate più volte. Dunque sono illecite per sentenza
del
Bonancina. Dopo il quale Beltrame citando l’ultim
e circostanze di detti e fatti osceni: dunque è illecita per sentenza
del
Boninsegni, e illecitamente praticata dai Commedi
aulteri. E aggiungo, che queste non mancano alle volte nelle Commedie
del
nostro tempo; come in quella sporchissima intitol
al commetter colpa mortale ; e di tal condizione sono molte Commedie
del
nostro tempo : dunque sono giochi illeciti per gi
tato sin qui per dichiarare, che illecitissime sono moltissime Azioni
del
moderno Teatro; con tutto ciò voglio aggiungere q
e delizionso colle della virtù, chi non s’allontana presto dal lezzo
del
peccato. Nota unica Seguita all’allegazione d
addoppino l concento dottrinale a favore della necessaria moderazione
del
cristiano Teatro, e a condannazione delle indegni
ioni sono illecite per sentenza di Piero de’ Gusman. Francesco Maria
del
Monaco nella sua Parenesi approva prima le Commed
approva prima le Commedie lecite, e poi dichiara per illecite quelle
del
nostro tempo, dicendoPag. 271.. « Certissimum rem
Theatri licentiam. » Pietro Casano nell’Operetta bella, e fruttuosa
del
Fanciotti detta il Giovane Cristiano, dicec. 15.
infiniti vizi, dunque le moderne Commedie sono illecite per sentenza
del
Casano. Gambacorta in un Trattato manuscritto, ve
gran difetto della maggior partedegli Istrioni nostri con lo sfregio
del
nostro riprensivo affetto, e vituperiamo anche co
suspicior », dubito, che per lo più tali, cioè illecite, siamo quelle
del
nostro tempo. E è chiara la sentenza condannatori
della Commedia attenda alla distruzione de’ buoni costumi, all’offesa
del
prossimo. E io approvo il detto di questo Comico:
costumi: dunque le Azioni di questi Comici sono illecite per sentenza
del
Cecchino, il quale anche confessa candidamente, c
la Rappresentazione disonesta è come un’avvicinare il fuoco all’esca
del
nostro senso, il quale ancor che sia lontano dall
opera, e della fatica l’’impresa di faticar, e discrivere la risposta
del
proposto Quesito. Beltrame del c. 53 dice, che si
a di faticar, e discrivere la risposta del proposto Quesito. Beltrame
del
c. 53 dice, che si ricercano le autorità alle cos
modo alcuno, se le conoscessero per mortali. Ponderiamo per acconcio
del
mio dire un caso. Io mi trovai d’Estate per predi
mpio una pubblica comparsa di un Ruffiano, che col pubblico negoziato
del
suo ruffianesimo ruina una Donzella. Un ragioname
tti condottieri. « Salus, ubi multa consilia », scrisse la real penna
del
savio Salomone. E io questa scrittura addito come
alomone. E io questa scrittura addito come breve, e ottima istruzione
del
nostro cominciato cammino per il sentiero della d
que io dicendo, che sono tutti quei prudenti, che mirano alla pratica
del
mercenario Teatro, nel quale vedono per esperienz
rtar diletto anche virtuoso. Saggiamente in una principalissima Città
del
bel Regno di Sicilia fu risoluto, pochi anni orso
una vera Donna, o Comica ordinaria è illecita ? Se nel vorace seno
del
mare non si facessero mai naufragi, ognuno vi si
li naufragi sembramiga il moderno, e mercenario Teatro della Scena, o
del
Banco, quando in esso la Donna, Comica ordinaria,
icercava. » Questo concetto intorno alle Comiche spiega quel pratico
del
mondo. Ma io non credo tanto di tutte; che forse
ogg che sono contro le oscenissime oscenità dell’antico teatro, e non
del
moderno: perché io ho presi questi pochi dal nume
resi questi pochi dal numero dei molti, che Teofilo Rainaudo, Teologo
del
nostro tempo ha raccolti, come efficaci contro le
è degna di lode per la prudente, e modesta ritirata. Francesco Maria
del
Monaco scrive. « Honesti ludi sunt, in quibus nul
delle stesse basterebbero per infettare il mondoC. 15. della 3. par.
del
Giovane Cristiano.. Gambarotta in un trattato man
pi; che inqueste Commedie recitano le Donne tra gli uominiNella 3. p.
del
profilo spiritus nel trat. della Mortific. al c.
ottori, e gli Scrittori cristiani professano guerra contro l’oscenità
del
teatro: e quindi si coprono armati non solamente
, e piene di fiamma infernale, che bastano, per far ardere i più Savi
del
mondo ? Che effetto dunque possiamo credere, che
elle Comiche con la ragione fondata sulla dottrina di S. Paolo2. par.
del
Profi. Spir. Trat. della Mortifica. C. 25.; quale
lecita la comparsa della Comica ordinaria per sentenza di Bonacina, e
del
Diana, e per sentenza ancora d’altri, che appress
Io non ho difficoltà di credere, che tra le molte, e mostruose Sirene
del
Comito Mare non tutte le Comiche sono mostri vizi
lla persona, e con l’ardire licenzioso dei gesti inducono all’affetto
del
turpe amore gli animi degli uditori, e spettatori
e, e in pericolo di moltiplicare via sempre più i peccati per ragione
del
loro vivere insieme. Spiega, che sono persone, le
quentes lasciva ». I mariti sono uomini vili, e le femmine sono avide
del
guadagno: « dedita quæstui ». Alle volte in scena
Ribera dopo aver citato S. Cipriano, che deplorava le misere Teatrali
del
suo tempo, aggiunge. « Quid faceretin c. 1. Mich.
ono mirabilmente, e fanno peccare con il consenso nel Teatro, e fuori
del
Teatro ancora con il ricordogu. Quasi volesse dir
oncludo questo Capo con il sentimento, e con il detto di un praticone
del
mondo, che ancora vive, e è Grande di Spagna. Egl
r le quali le Comiche ordinarie compaionogw in Scena, ovvero in Banco
del
pubblico Teatro. Il vero professore della cris
ed io ne ho veduti molti di tal fatta, e molto antichi nelle fortezze
del
bel Regno di Sicilia. A questo scudo pare, che i
e cos’ esorbitanti, cioè la destituzione dei buoni costumi, e offense
del
prossimo. E perché gli fu scritto in questo punto
interrogato da me un Teologo molto vecchio dottissimo, e praticissimo
del
mondo, e di Roma. Se giudicava, che la comparsa d
agliardamente da molti suoi amici, che gli allegavano ancor l’esempio
del
Vescovo Anteoessore, mai si lasciò piegare a dar
a stampando, e consacrando il suo Discorso alla Cristianissima maestà
del
Gran RE di Francia: e poi mostrare, se le pareva
enza Confess. C. 4. sect. 1. n. 8. pa. 91. ? Chi conosce la bruttezza
del
peccato mortale, e non lo vuol commettere, non as
tutti è condannata; e si suonano le campane a doppio contro le vampe
del
suo focoso incendio. Quesito Secondo Il gust
a un altro, non Commediante, ma personaggio di reputazione, e pratico
del
mondo, il quale con gran senso, e dolore disse di
me di plauso, e molto graziose. A simili virtù si addestrino i Comici
del
nostro tempo, e alle invenzioni di facezie modest
incerto, e poco sicuro. Se il Capitano può servirsi della bombarda, e
del
cannone per l’espugnazione di una piazza, che tra
e udita alletta più efficacemente, che gli altri dilettevoli oggetti
del
banco, o della scena. L’anno 1638. comparvero in
banco, o della scena. L’anno 1638. comparvero in una città principale
del
fecondo, e bellissimo Regno di Sicilia due Compag
quali a modo di Ciarlatani volevano spacciare con vendita il segreto
del
Moretto, e far dopo lo spaccio la commedia in una
che possono avere. « Quodque dita sit, dice un dotto Francesco Maria
del
Monaco in Parenes., liquet, quando non nisi has i
e vezzosa Dona. L’allettamento nuoce a tutti. « A quoFrancesco Maria
del
Monaco, diceva un Teologo, non aliquem facilè exc
anello, una perla, o altra cosa. E poi chi la volava cavare dal fondo
del
catino, doveva porsi le mani dopo le spalle, acco
osi, e ingegnosi Comici, e Ciarlatani ; sanno servirsi della scena; e
del
banco per campo da seminar dolci carote, e grazio
a segno di partenza al suo compagno; colgono le tatare, e se ne vanno
del
pari: ma che ? Quindi poco lontano fermano il pas
eti nostri giovevoli molto ai bisogni vostri. La moltitudine concorsa
del
popolo restò con grazia presa da questo inopinato
nvenzione; e quei buoni compagni fecero lo spaccio con effetto felice
del
preteso, e desiderato emolumento. Questa invenzio
ridere, non più basta: perché sentiamo mancar la vita per la veemenza
del
troppo riso. Eppure tra quegli Auditori si numera
i motti, che gli portavano un riso, assassino della vita, e micidiale
del
cuore. Appendice alla nota con altri casi. I
on prendessi anche dalle loro scene qualche caso seguito in argomento
del
modesto ridicolo. Beltrame ne spiega due con lung
degna di lode, cioè la Commedia modesta, allettativa con il saporetto
del
modesto ridicolo, e istruttiva con la vivanda del
Scrittori; i quali da fedeli relatori sono ragguagliati degli eccessi
del
Teatro; e sono avvalorati dalle Teologiche dottri
moderni Comici, e Ciarlatani, che desiderano l’efficace allettamento
del
popolo alla scena, e al banco; e lasciassero l’us
vanni Egidio Religioso Domenicano. Se ne stava, scrive egli, un servo
del
Gran Re dell’universo Iddio una volta elevato con
rò in colmo, vedendo, che per essa molti passavano alle dorate stanze
del
celeste riposo. Ma al miele di cotale dolcezza si
lica passò senza essere segnata graziosamente. Comparve un Segretario
del
Cielo, un Angelico Barone, e avvisò, che nei Drag
allettamento, e d’illecita comparsa delle Donne ? Chi ode il rimbombo
del
tuono, tema il colpo della saetta: e chi sino a o
lla saetta: e chi sino a ora non è stato colpito, non abusi le grazie
del
cielo; acciocchè la divina Giustizia non lo riser
; quando però voglia sentire secondo quello, che ha stampato nel caso
del
suo gentile Discorso. La Commedia, dice egli, è u
la pag. 9. dei suoi Discorsi mandati l’anno 1616. al Cardinale Nipote
del
Papa Regnante Palo V. cioè, che non sono cinquant
dei comici virtuosi, e buoni cristiani. Io per me ho questo concetto
del
comico dotto, virtuoso, e buon cristiano, che egl
etto del comico dotto, virtuoso, e buon cristiano, che egli partecipi
del
compositore, rappresentante; e che studi molto, e
ettevole, e gustosa, e con la modesta recitazione colpisca nell’umore
del
popolo, e si guadagni anche l’applauso dei pruden
. E se io sono errato, mi dispiace dell’errore in questo mio concetto
del
Comico dotto, virtuoso, e buon cristiano. Non mi
cchioso Palinuro, non veglia diligente, e pronto per drizzar la prora
del
natante legno. Prudenza maggiore, che quella di U
condizione: e frattanto se ne servono per l’esercizio della scena, o
del
banco. S. Girolamo, credo, direbbe a ciascuna di
licenza secondo il retto dettame della sua mente, e secondo il debito
del
suo buono, e pastorale governo. Altri Ciarlatani,
importuni tentatori, troppo arditi, e bramosi di macchiar il candore
del
letto matrimoniale con le sozzure libidinose. Qui
i soletta nelle stanze dell’albergo, impiegata nel lavoro dell’ago, o
del
fuso. Lo zelo di buon Marito risveglia la mente,
ria Donna; e per la buona custodia si richiede la personale vicinanza
del
custode; poiché la separazione, e la lontananza d
erve talora di potente lenocinio per far trasgredire le pudiche leggi
del
santo Matrimonio. Io rispondo a questi Comici, e
condotta delle Mogli Comiche, e avvezze agli esercizi delle scene, o
del
banco, è molto pericolosa per la femminile pudici
per la femminile pudicizia; atteso che non sempre giova la diligenza
del
Marito, anche diligentissimo, per salvar dalla ma
te circostanze. Senza poi che io dica, che accetto per vero il notato
del
Comico Beltrame, che dice. Ogni bello è amabile;
quali avevano con se le Comiche Moglie loro: furono fermati d’ordine
del
Signore del luogo; acciocché facevano un’Azione:
no con se le Comiche Moglie loro: furono fermati d’ordine del Signore
del
luogo; acciocché facevano un’Azione: la fecero: e
, ma con la copia di molto sangue. Io qui replico: dunque la custodia
del
Marito non è sempre sicura salvaguardia, bastevol
ura salvaguardia, bastevole riparo ad una Comica vagante per le città
del
mondo. Non basta sempre un forte muro, e un gross
a, e graziosa, e legittima Consorte di un Comico, che faceva la parte
del
Dottore; ed era per altro uomo che attendeva con
ll’onestà. So, che talvolta alcuni giudiziosi, e pratici degli affari
del
mondo, dicono, che le Comiche, nominateih mogli,
uò senza gravezza d’incomodità schifarli. E così gli schifo la Moglie
del
sopranominato galantuomo: cos’avesse elle schifat
ricordo, che quando Monsignor Ferrucci, Governatore si Farfa al tempo
del
Signor Alessandro Cardinal Montalvo, volle, che c
tesoriere dell’ira divina, che sperimenteranno nel giorno spaventoso
del
Giudizio. Quesito Sesto Il gusto delle Donn
quasi ereditato morbo delle Donne. Eva fu piegata alla trasgressione
del
gran precetto più dall’ambiziosa brama di onorata
ecetto più dall’ambiziosa brama di onorata grandezza, che dalla vista
del
saporoso cibo. « Non Evam cibus inflexit, sed hon
illecebrosa decepit », scrive S. Ambrogio. Le donne Comiche, comparse
del
banco, e della scena, sono per ordinario confinat
ore, e più sicura, sono accarezzate, e onorate, e si possono pregiare
del
grazioso titolo di Signora. O che gusto per una D
terna morte con un disgusto eterno. Quesito Settimo La necessità
del
guadagno, è ragion sufficiente per la comparsa de
cunia; perché fanno per la parte una buona vita, mangiando, e bevendo
del
buono allegramente: fanno molti, e spessi viaggi
e , e tanto praticata nel mondo, cioè nell’Arte di cavare dalla borsa
del
compagno il danaro per suo provecchio, e sostenta
fine dell’anno1640. quella creatura fu rimandata alla madre d’ordine
del
Capo di quella Compagnia di Commedianti; e credo
nti, e animati dalla necessità. « Histriones , scrive Francesco Maria
del
Monaco In Parene § p. 33. , cum omnia per lucrum
o alla persuasiva, per muovere ciascuno a comprare il portato segreto
del
Moretto: e compiuto lo spaccio con buon guadagno,
con il Crocifisso, e con le cotte comparvero, e giunti alla scaletta
del
palco, vi salirono sopra, e ivi, parte predicando
gio. Concludo; e ai Comici osceni ricordo, che non basta la necessità
del
guadagno, per farlo lecito all’uomo bisognoso; co
hi vuole sa recitando colpire nel bersaglio della virtù, non si serva
del
vizio nel saettare. Quesito Ottavo In che mo
Comici, o dei Ciarlatani ? Presto si accumula la pecunia, e l’Arte
del
guadagnar fiorisce, quando i modi del guadagno mo
i accumula la pecunia, e l’Arte del guadagnar fiorisce, quando i modi
del
guadagno moltiplicano diligentemente. Io non poss
io in molte maniere. 1. Perché taluno, che non comprerebbe il segreto
del
Ciarlatano, lo compra per rispetto della Donna: e
con mille pensieri brutti, e disonesti, non curando punto la qualità
del
segreto, se buono sia, o no. Così precisamente gi
ssero tesorieri della ricca Giunone, si farebbero cortigiani mendichi
del
povero, e nudo Cupido, per diventare poi alla fin
occasione ai Giovani licenziosi di risvegliar le Brame dell’impurità
del
lascivo disegno, quale comodamente eseguivano dom
ri. Quesito Nono Le ordinarie Comiche noccionoispiù con l’azione
del
Teatro o con la conversazione di casa ? Le Co
ima. Poco dopo me ne partii, andando a predicare altrove la Quaresima
del
1641. e finite le fatiche, fui costretto a tornar
Città, e vi trovai, che quella scellerata Comica aveva come strumento
del
Diavolo, cagionato grandissimo danno nei costumi
i Dio; perché moltissime commettono peccati senza numero per rispetto
del
comparir, che fanno pubblicamente in scena, quest
e bene colui, e volle dire, che le Comiche nuocono molto con l’Azione
del
Teatro, ed io qui lo raffermo e domando inoltre.
ricordarmi ciò, che già mi significò un degno personaggio, e pratico
del
mondo, affermando, che il male, che fanno le Comi
eatro, è il minore: perché il maggiore è quello, che fanno nelle case
del
loro albergo: ivi son visitate; ed esse, quando s
cagionato dalla domestica conversazione con le Comiche. L’Avidità
del
guadagno illecito è come il collo della Gru, molt
ogna, o svergognatissima iniquità, o guadagno vituperosissimo, contro
del
quale non voglio recar le spaventose minacce dell
e con questa forma. Io temoC. 46, che vi siano Comici, che si servano
del
palco per crocciolaiz, o zimbello, e della Moglie
i Pantalonijd, e altri Comici personaggi, i quali con l’utile condito
del
diletto, e con vari, nuovi, e ingegnosi detti mor
nell ’allettare: onde io credo, che sia stata invenzione, suggestione
del
diavolo l’introduzione Comica delle Donne in Azio
rali. Che se tanti dottori han detto fondatamente, che gli spettacoli
del
Teatro, « sunt Diaboli inventa », sono ritrovamen
rectos ages. » Ed avrai occasione di patir molti dolori per sentenza
del
medesimo; poiché « oculus vagusIbidem dolores mul
am deperiret. » Nella storia sacra, e Reale abbiamo il lacrimoso caso
del
Re David, che essendo uomo di tanta perfezione, r
i lasciavano più presto uccidere. Tale dovrebbe essere la risoluzione
del
vero amatore di Dio, e delle Virtù, cioè più pres
a Si risponde ad alcune Obiezioni. L’Occhio malevole è traditore
del
cuore: ma opera con tale dolcezza il tradimento,
lo gusto, e non per venire all’opera: cioè acconsento solo al diletto
del
pensiero lascivo; ma non voglio l’infamia della d
Non nuoce il sentimento dell’occhio, ove non occorre il consentimento
del
cuore. Io solo miro con il senso; e non do il con
popolo attendeva a sollazzarsi, bevendo con gli occhi l’acqua fresca
del
gusto Teatrale, e mirando quegli Spettacoli, che
vvisar la gente, che si stringesse, e lasciasse nel mezzo la comodità
del
passo. Frattantoji quel virtuoso Gentiluomo girò
n ragione fu chiamata da un Servo di Dio, Predicatore, e uomo pratico
del
mondo, la Congregazione del gran frutto. Questo c
Servo di Dio, Predicatore, e uomo pratico del mondo, la Congregazione
del
gran frutto. Questo caso, e altri simili dovrebbe
loro in oggetti migliori. Mira di notte, dice, lo stellato padiglione
del
cielo; mira di giorno la bella luce ardente in fr
orno la bella luce ardente in fronte al Sole: mira la marina ampiezza
del
liquefatto argento: che così chiudendo, e moderan
icubi popularesSer. 5. in ps. 118. cognoveris plausus, sono le parole
del
Santo, averte oculos ab his; ferva eos, ut erigas
irare; perché non consento al peccato col mirare. Ma quello è inganno
del
Diavolo, del quale però aggiunge San Bernardo. «
non consento al peccato col mirare. Ma quello è inganno del Diavolo,
del
quale però aggiunge San Bernardo. « Porrigit pomu
a chi mi dice. Io miro, e stendo il senso dell’occhio, ma con la mano
del
consenso. « Fallax presumptioAndr. Pito de Concep
itati altrove, né qui li voglio replicare: solamente aggiungo un poco
del
molto, che scrive Salvianol. de Prov. pos. medit.
Donna Teatrale. E poi dico con l’Aresi. Se con la beltàL. 25. c. 24.
del
viso bontà dei costumi è congiunta, qual cuore da
i di potente Basilisco per uccidere il pensiero della fornicazione, e
del
peccato. Io rispondo, che quando una Comica è bel
raziosa, e cantante ? L’anno 1639. un Giovane molto savio, e pratico
del
mondo, ragionando con me delle molte, e gravi mis
n degnissimo Religioso, nobile Messinese, che in una Città principale
del
fiorentissimo Regno di Sicilia si trovava una fam
: nuoce ancora, con altri modi, uno dei quali si fonda sulla dolcezza
del
cantare, di questo ora intendo quella scrittura d
unica Intorno al nocumentojvcagionato dalle comiche con la dolcezza
del
canto. La mercenaria musica di certe persone v
o gravi mali con i canti loro. S. Pietro Crisostomo spiega le utilità
del
canto dicendo. « Omnes, qui ardua operam sublevan
che Iddio, e la natura inclinino grandemente gli uomini al godimento
del
virtuoso canto; in modo che ricevano un dolce sol
seguita a raccontare molte altre utilità, che l’uomo riceve dal canto
del
Gallo; e poi conclude. « Hoc postremo canente ips
. Teobaldo Eremita, l’asprezza della sua vita, e il felicissimo fine,
del
suo pellegrinaggio tra gli uomini mortali; e quin
a risoluzione, e con un cuore grande abbandonò tutte le vane speranze
del
mondo, e si consacrò tutto a Dio in perfetto oloc
, aut capiat. » Appendice alla passata Nota. Contro l’oscenità
del
canto, in modo che si fuggisse, fugià nel concili
izio, facilemente la spargono, e efficacemente la imprimono per mezzo
del
diletto negli animi degli Uditori. E la ragione è
dominerà il piacere, e il dolore, quasi cge voglia dire: per cagionr
del
canto vizioso rovineranno le mura dei costumi vir
one molto perniciosa; e la Donna cantatrice diventerà quasi un laccio
del
nemicojz per far presa di molte anime. A questa v
tu, o Cantatrice, canti in modo, che ne cerchi la lode, sei piuttosto
del
canto venditrice, che formatrice. Deh se Padrona
ni osceni nel cantare, e così degne si fanno della miseranda morte, e
del
maledetto plauso, che già ricevette un osceno Can
merita la Donna, Cantatrice oscena, massimamente quando alla dolcezza
del
cantare aggiunge, la grazia del trattare , il vez
na, massimamente quando alla dolcezza del cantare aggiunge, la grazia
del
trattare , il vezzo del parlare, e la soavità del
alla dolcezza del cantare aggiunge, la grazia del trattare , il vezzo
del
parlare, e la soavità dell’amorosamente ragionare
con l’Innamorato ? E scoprirsi l’uno l’altro gli affetti ? E trattare
del
modo, e tempo di ritrovarsi ? Che sarà vedere, ch
do che incontri la sua spirituale sventura, cagionata con l’efficacia
del
femminile sermone; e secondo l’avviso di Crisosto
fatti con modo disonesto. Etali sono quelli, che fanno molte Comiche
del
nostro tempo in presenza di milti Giovani, onde s
lbergo per riposare; ma nel riposo non trovò riposo; chiuse gli occhi
del
corpo al sonno, e fu costretta ad aprire quelli d
e divina mano, che con medicinal percossa ferì talmente la gagliardia
del
corpo, che risanò le debolezza dell’animo impiaga
cominciarono un giuoco di palla, che lungi si mandava con la percossa
del
bastone. Ed ecco caso di gran sventura, e improvv
o; forse persuasi che quell’anima era per sempre esclusa dalle stanza
del
Paradiso; e però anche il corpo doveva restare pr
a vergona ivi non è sicura, dove si sta deliziando, e dove la libertà
del
salto femmnile si aggiunge per compagnia all’ulti
elante Crisostomo, e ci avvisa, che dove il peccato vince con le armi
del
lascivo salto, ivi trionfa presenzialmente Satana
Si fece chiamare il Capo, che era tra i compagni; si querelò con zelo
del
danno che alle anime si derivava dalla vista lasc
bblico banco Saltatrice. E o fosse piaciuto a Dio, che l’applicazione
del
detto rimedio non fosse stata impedita, non già d
ità nell’altra vita: le castiga in questa ancora, e aggiunge la spina
del
gravoso castigo alla rosa del peccaminoso diletto
a in questa ancora, e aggiunge la spina del gravoso castigo alla rosa
del
peccaminoso diletto. Ho saputo da un gravissimo R
giorno se ne andò baldanzosa ad u concorso, per fare splendida mostra
del
suo mondo femminile, e per scoprire i tesori dele
. « Mulier cum veste simul etiam pudorem exuit. » La donna si spoglia
del
pudico ornamento della vergogna, mentre cambiakk
etur sexus distinctio. » Ove con la veste non si tiene la distinzione
del
sesso Femminile dal virile, ivi si fa scapito del
non può usare il vestimento virile, e usandolo va contro un precetto
del
divino Legislatore; contro il quale pare, che già
ore. » La Natura ha dato agli uccelli vestimenti distintivi, e propri
del
sesso loro maschile, e femminile. Tra Pavoni il m
queste vaghezze di speciosità non di concedono alla femmina compagna
del
Pavone. « Sexum indumenta discernunt. » Ora dico,
deve conservarekm con proporzione tra soggetti maschili, e femminili
del
sesso umano per dettame innestatoci nell’animo da
iù è un atto sconvenievole, innaturale, che ah dello straordinario, e
del
mostruoso. Come il Filosofo dice, che la Natura p
re, come sia lecito, o no: e di quanta gravezza sia alla Comica l’uso
del
vestito virile per dilettare pubblicamente saltan
on è malagevolekn negozio l’imparar cosa rea da un reo Mætro: l’animo
del
discepolo, a maniera di vaso nuovamente formato,
re delle dottrine, che si derivano dalla fonte maestrale. L’artificio
del
sollazzo coi piedi, ballando, e saltando, fi inse
ballando, e saltando, fi insegnato dal Dragone Infernale per sentenza
del
S. Padre Efrem Siro. « Quis talia edocuit ? l. In
et martyrium sed contagium », dice Silvestro, non per fuggire le pene
del
martirio, ma per allontanarsi dal contagio della
S. Tommaso insegna, che non è colpa mortale a nostro tempo. Il luogo
del
S. Dottore dice così. « Quod mulier2. 2. q. 169.
a, la fornicazione, e altre cose di simil fatta; ma pechè è un’azione
del
numero di quelle, che assolutamente considerate p
li di spirito, e facendolo pecca d’azione scandalosa contro la carità
del
prossimo. Nè basta il replicare, che ella fa il t
azioni proprie della Donna sovvenire alla sua necessità; senza l’uso
del
vestito virile, e senza il salto scandaloso. Ha n
o scive, che il piacere della vista prestamente s’invola; ma la piaga
del
cuore non se ne vola prestamente; come succede, q
l inde fert lucri. » E come, per altro simile favellando, si può dire
del
delicato, e gran Pesce spada, che nel Faro di Mes
ando, rimirando, e vagheggiando quelle Femminelle, che con la beelzza
del
viso, e con l’abbellimento della persona, come co
due gagliardi mantici eccitano la fiamma della disonestà nella cinta
del
cuore dei negligenti Spettatori ? E se nel sacro
numerevoli persone; e che questa comparsa femminile è uno stratagemma
del
Diavolo, una rete dell’Inferno, e un manifesto pr
, non saranno tali, prego il benigno Lettore di compatir alla povertà
del
mio minuto, edi supplire al bisogno con le ricche
alla povertà del mio minuto, edi supplire al bisogno con le ricchezze
del
suo tesoro. Quesito Primo Se le Donne sono
ltrame, se non si fugge la cittadinanza: poichè le Donne sono la metà
del
MondoG. 55.. E queste compaiono, e parlano, e mir
le scene hanno bisogno di correzione: ma quelle scene, e quella parte
del
Mondo si deve correggere, ove si commettonopeccat
r è affettonaturale, e mente che sia passivo, e non attivo la colpa è
del
fragile, e non di chi resiste. Poco male possono
ma molti, anzi moltissimi, e moltissime volte, si gettano nel baratro
del
peccato mortale udendo le Comiche parlanti con am
amorosi discorsi. Se non vogliono chiamare scomodo loro la privazione
del
guadagno teatrale; ma questo è guadagno illecito:
Meretrice, ritirandosi dal peccato, sente lo scomodo della privazione
del
guadagno disonesto; eppure è lampo di verità sola
dal Teatro, perché non bisognerà anche levarle da molti altri luoghi
del
Mondo ? La presente difficoltà è simile alquan
senza affetto di libidine, anzi con vitalità, distinguendo il diletto
del
senso dal peccato del consenso. Beltrame spiega m
ine, anzi con vitalità, distinguendo il diletto del senso dal peccato
del
consenso. Beltrame spiega molto bene questa diffi
gradi dell’estimazioneCap. 35. alle cose: e poi soggiunge così. L’uso
del
vedere le Donne in Commedia, e l’udir i loro disc
rza quel detto. L’Uditore degli amorosi discorsi distingue il diletto
del
senso dal peccato del consenso. E questo io vogli
ore degli amorosi discorsi distingue il diletto del senso dal peccato
del
consenso. E questo io voglio qui ora provare con
e, o per non volere, l’artificio, e la finezza dell’Arte dal pericolo
del
peccato; e moltissimi alla cieca si danno in pred
alle persone di tenerissima coscienza; perché tali non hanno bisogno
del
mio spavento, per fuggire il pericolo della loro
o; anzi a modo di ghiotti fanciulli trangugiano il confetto micidiale
del
piacere, e restano avvelenati, ingannati, e uccis
ione, per conoscere il vero bene dell’utilità: e non seguano il senso
del
piacere, per amare il falso bene della carnalità,
ole di virtù udendo gli umani discorsi di lascivo amore resta schiavo
del
gusto, e malamente pecca fatto seguece del senso,
ascivo amore resta schiavo del gusto, e malamente pecca fatto seguece
del
senso, che non attende alle astrazioni, per esser
rà taluno dicendo. Non posso io dilettarmi solamente della cognizione
del
comico artificio, e non delle cose oscene rappres
ie: però è molto efficace; perché se quella distinzione, e astrazione
del
diletto dal peccato è difficile da farsi leggendo
ichè ben guardata, e dalla propria onestà, e dall’interesse dell’onor
del
Marito, si sarebbero fuggiti quegli scandali, che
e da Marito, che travestire Giovanetti da Femmina. Egli sul principio
del
c. 55. dice con bella induzione, che ognuno s’int
ggiunge. Se i Comici potessero soddisfare tutti gli umori nell’ordine
del
recitare, saprebbero fare quello, che niun’ancora
rappresentare, sotto forma di Donna, lascivi amori; e poi anche fuori
del
Teatro procedesse con quelle maniere di conversar
o, e di moltiplicato guadagno. Ma questo sarebbe un lasciare il caldo
del
Sole, e saltare nel fuoco; o per fuggire le brine
fanno recitare Commedie di poca onestà. Egli in Captius circa il fine
del
Prologo palra con questa forma intorno alla quali
o notato nel c. 3. al Q. 14. parlando della Comica: poichè tutto vale
del
Comico a proporzione; così anche perché basta poc
’umo non usi la veste Femminile; pechè si fa abominevole nel copsetto
del
grande Iddio, e Lirano dice, « che set occasio li
i, e più importanti, e li rimetto alla considerazione, e esplicazione
del
benigno, e prudente Lettore. « Hoc est inventum,
ovanetti stessi con l’aiuto di qualche virtuoso Accademico nella casa
del
Recitamento si assestino senza molto fastidio, e
ntro la vicina Morte: si risanò dal grande morbo, e confessò a gloria
del
Signore, e a giovamento del prossimo; che quella
anò dal grande morbo, e confessò a gloria del Signore, e a giovamento
del
prossimo; che quella disonesta tentazione, che ta
va la comparsa dei Giovanetti vestiti da Donna per le pubbliche scene
del
Teatro. Lo schifare i pericoli è sempre bene;
di Dio, Religioso, e Sacerdote, non sentì punto di fastidio nel tempo
del
recitare; ma poi per molto tempo, e anni sentì gr
a farsi, un buon Religioso, che nel secolo aveva già praticata l’Arte
del
Commediante; perché insomma la faccia dibella, e
ce di un retto fine, non deve restare involto nelle calignose tenebre
del
vituperio. Con questo principio alcuni discorrono
i: perché hanno un buon fine, che è l’onestissimo, e santo Sacramento
del
Matrimonio. Agostino dice. « Finis si laudabilisl
ostro porposito, che non basta il buon fine solo, cioè la conclusione
del
matrimonio, per rendere lecite, e buone le azioni
enzione, con che si fanno: in cose tali il giuoco, e lo scherzo scusa
del
peccato, ovvero lo sminuisce. Altre cose, poi son
fornicazione, e cose simili; e queste non ricevono scusa per ragioni
del
giuoco; anzi il giuoco stesso, e lo scherzo diven
di fornicazioni, peccano per sentenza di S. Tommaso. Francesco Maria
del
Monaco nella sua Parenesi fa un’Obiezione a se st
, fuggiresti la luce; ove ora, come recitante, contamini lo splendore
del
giorno: se fosti adultero, brameresti le tenebre;
Crisostomo direbbe ora, se venisse tra noi, come disse già ai Comici
del
suotempo. « Honestum coniugiiHo. 6. in 2. Mat. no
stre disoneste Rappresentazioni con il venerando; ed onestissimo nome
del
Matrimonio. Deh che cosa tanto onesta non si deve
ostri Comici osceni, per rendere onesta la disonesta rappresentazione
del
lascivo innamoramento, usino la finzione del nego
sonesta rappresentazione del lascivo innamoramento, usino la finzione
del
negozio sacramentale del Matrimonio: è una copert
del lascivo innamoramento, usino la finzione del negozio sacramentale
del
Matrimonio: è una coperta finta, e burlesca, ma t
coperta finta, e burlesca, ma tale, che si scopre una vera indecenza
del
Sacramento. S. Tommaso vuole, che parte della mod
» Ma si può dubitare, che non sia negozio grave, e importante quello
del
Matrimonio ? Dunque, non è lecito porlo in giuoco
diamo ai Comici Cristiani, e professori di modestia. Il S. Sacramento
del
Matrimonio non è una cosa della Chiesa, e delle F
do; e le burle non si devono frapporre tra le cose sacre per sentenza
del
Caietano; dunque a suo parere voi peccate, rappre
ra Fede; e come Sacramento di S. Chiesa, il quale ricerca la presenza
del
Parroco: ma lo rappresentano, come contratto civi
ne capacissimo, e ottimamente intende, che i Commedianti non trattano
del
Matrimonio, in quanto è un Sacramento della Crist
mico Genesio, non ancora convertito, deideva la sacramentale funzione
del
Cristiano Battesimo. Imperochèmb io rispondo, che
scherzo, e per burla, senza verunmc pensierodi burlare il Sacramento
del
Matrimonio, devono astenersi dalle loro parole br
si porge a semplici qualche apparenza di porre in burla il Sacramento
del
Matrimonio: poichè a lui si ordina la conclusione
a il Sacramento del Matrimonio: poichè a lui si ordina la conclusione
del
civile contratto, e qualche altro antecedente tra
ci, che non sanno la distinzione della ragione Sacramentale da quella
del
contratto, e del trattato, possono stimare, che s
la distinzione della ragione Sacramentale da quella del contratto, e
del
trattato, possono stimare, che si burli, e che si
iuoco lo stesso Matrimonio. Aggiungo. I Comici per ordinario trattano
del
Matrimonio, non tanto per trattare di lui, come d
i tasti per questo suono: e spero non sarà stimato grido all’orecchio
del
benignissimo Auditore. Nota unica Si contin
osta intorno alla Rappresentazione di un Matrimonio La circostanza
del
puogo alle volte serve di legge moderativa per le
re operazioni: né tutti noi dobbiamo in ogni luogo seguire l’arbitrio
del
voler nostro. Ove soggiorna con maestà un Princip
à di circostanza locale, e di costumato decoro vale molto a proposito
del
proposto Quesito, a cui dico, continuando la Risp
dversantur bone statis nautralis. » Caietano scrive, che la negazione
del
debito coniugale è peccato grave. « Et quia est s
publico, quia locus publicus est contra honestatem. » Lecito è l’atto
del
Santo Matrimonio; e non è lecita la sua pubblica
senza di molti deboli di virttù, con apportare per scusa il buon fine
del
matrimonio; perché tale espressione dell’affetto
rà, credo, al mio pensieroC. 16.; perché lo cinvicerei con l’autorità
del
fino Beltrame, che scrive con bel garbo così. Chi
per ammaestrare con viva voce, e con apparenza i semplici. E nel fine
del
Capo conclude così. La Commedia è statat inventat
crete, buffonesche, sordide, sregolate, e repugnanti alla moderazione
del
Cristiano teatro: per le quali gli Attori meritan
ede un largo sfregio di grande, e perpetuo vituperio; e con l’esborso
del
piacere altrui comprò a se medesimo una ragione d
lo più i moderni Comici, e Comiche non hanno per fine la conclusione
del
Sacramento Matrimoniale, ma il diletto del Teatro
no per fine la conclusione del Sacramento Matrimoniale, ma il diletto
del
Teatro, per allettare, e per giovare, e principal
così dovrebbero essere imitati nella modestia, e virtù da quei Comici
del
nostro tempo, che non solo con le Femmine, ma con
approvano allora per la stampa la Supplica di Beltrame, e i Discorsi
del
Cechino, supposero, come lecita, la femminil comp
ndo il costume, e la pratica usata da moltissimi Comici, e Ciarlatani
del
nostro tempo. Ed io appunto secondo questi due ri
he in Palermo fu già stabilito santamente, che s’intimasse alle Donne
del
banco, che sotto grave pena non usassero nessuna
professione le basta, come cagione onesta, la necessità, o l’utilità
del
guadagno fatto con il medesimo recitamento, dal q
può senza grave danno, e proporzionato al suo bisogno lasciare l’arte
del
recitare; e però non è obbligata sotto pena di pe
ata; tutto che non segua l’effetto, ella pecca mortalmente per ragion
del
fine mortale. « Si se ornat eo animoTr. 30. n. 22
con intenzione di prendere nel laccio della disonestà l’animo lascivo
del
Generale Condottiere dell’esrcito nemico, poichè
a frequentare le amorose Rappresentazioni: dunque essa è meno scusata
del
peccato di adornarsi per fine di usare quel pecca
o: perché intanto pecca, di questo peccato in quanto è cagione morale
del
peccatoaltrui: adunque credendo, che gli altri si
e odorosi mazzetti, alle radunanze Teatrali. Onde per giustificazione
del
propri recitamenti ricorrono talvolta all’autorit
stre scene si dicessero. Ora supposto il suddetto, ecco la difficoltà
del
presente Quesito. Se nelle Azioni Teatrali stampa
uosi: e la ragione è chiara; perché ognuno sa, che la morta scrittura
del
Compositore non ha tanta forza, quanto ha la sua
scrittura del Compositore non ha tanta forza, quanto ha la sua Azione
del
Recitare; massimamente è Comico, e Comico di valo
ampano, e non si rappresentano lecitamento: e tali sono molte materie
del
sesto Precetto stamapte minutamente dai Teologi,
la femminile oscenità d’amoroso, e lascivo ragionamento. Dall’altezza
del
Cielo teatrale cadono i fulmini con violenza magg
in quello feriscono con vivezza di rappresentazione . La forza Comica
del
Teatro grandeggia, come guerriera; ove nella stam
paragonarsi può ad una ricca vena di aureo metallo per la preziosità
del
suo sapere; e ad una doviziosa conchiglia per la
ndo. Che significa questo amor Platonico ? È forse un’amore meritorio
del
Santo Paradiso ? Non credo; perché Platone con tu
di ogni arte, e pieno solo di ogni forte immondizia, trattano i Savi
del
Mondo, e gli uomini virtuosi, da ciechi incantati
isto, degli Apostoli, dei Santi tutti, e anche dei Savi per la vanità
del
nome di alcuni Gentili; i quali benché molte buon
no. Egli fu da Paolo V. sommo Pontefice destinato alla cura pastorale
del
Vescovato di Macerata, città nel bel Piceno. Segg
o, ogni oggetto gli sembra rosso. Il Cecchino ancora scrive. La scena
del
cuorepag. 87. è quella, sopra alla quale passeggi
ora credo, che sia verissimo, che ognuno dovrebbe correggere la scena
del
cuore, e custodirla con diligenza secondo l’avvis
ggere la scena del cuore, e custodirla con diligenza secondo l’avviso
del
Cecchino, e molto più secondo quel divino precett
non perciò lecito si è, che la scena oscena dia ai negligenti custodi
del
cuore, e ai lussuriosi nuova occasione di moltipl
truose: ed essi, per piacere, e guadagnare, convertono la moderazione
del
Teatro in dissoluzione di postribolo. Aggiungo. L
dei dotti; tra i quali Reginaldo favellando dell’ignoranza, che scusa
del
peccato, dice. « Excipiendum est, nisi ignorantia
e possa, e voglia fare, quando e richiesto dal suo parere. La scienza
del
Confessore, dice l’Eminentissimo Cardinale de Lug
iores consulat. »t. de penit. d. 21. sec. 4. n. 70. E nel particolare
del
punto intorno alla Comparsa delle Donne parlanti
eologico cita tanti Dottori antichi, e moderni, quasi che tutti siano
del
suo parere, cioè, che non riprovino detta compars
favore di quell’impedimento: e una fu, che non tutti i Dottori erano
del
senso del Teologo, che attendeva alla stampa: ma
quell’impedimento: e una fu, che non tutti i Dottori erano del senso
del
Teologo, che attendeva alla stampa: ma questo dom
ttendeva alla stampa: ma questo domandando. E quali Dottori non erano
del
suo senso ? Non ebbe altra risposta. E certo sagg
ranno attendendo ai propri interessi; e vorranno accomodarsi al gusto
del
Principe, e a grattargli piacevolemente le orecch
da sé Teologando, ma gode di formare l’armonia dottrinale sulle note
del
sondato giudizio universale. Quesito Decimo te
rsale. Quesito Decimo terzo A che cosa è obbligato il confessore
del
Superiore per rispetto della comparsa delle comic
, che egli si prefiggerà per scopo di prudenza il generare nell’animo
del
Principe il nobilissimo parto del vero, e forte a
di prudenza il generare nell’animo del Principe il nobilissimo parto
del
vero, e forte amore di Cristo da cui poi seguano
ttrine lungamente al presente Quesito, massimamente che lo scrignetto
del
mio poco sapere non può trare fuori né argento, n
uali è Roberto Bellarmino, che nel libro composto intorno all’officio
del
Principe dichiara come egli portarsi debba verso
a tutti possa essere comodamente inteso, e praticato. L’eterna salute
del
Principel. 1. c. 6., dice egli, dipende con modo
iente cerchi, e niente altro voglia in tutto, se non la salute eterna
del
suo Principe, e dei popolo a lui soggetti. Ma per
sorte non vuole lasciare quella cosa, che lo tiene immerso nel lezzo
del
peccato, certamente egli finge la penitenza, e no
tente, se non fa la confessione intera: e non è intera la confessione
del
Principe, quando confessa quei peccati follio, ch
; i giudizi si pervertono, si scandalizzano i semplici; e l’ignoranza
del
Principe non scusa lui presso Dio, se non fosse q
, o d’altronde, quanto malamente i Monistri portino nel comune affare
del
governo. E se il detto Confessore teme di offende
iti i quali non ardiscono di esigere forse per non incorrere nell’ira
del
Principe. Ed in questo caso vigilare deve la gius
aver accennatodel Confessore, come Giudice. Aggiungiamo qua che cosa
del
medesimo, come Medico. Nessuno dovrebbe essere Me
non s’ingeriremx nel governo ovvero nei negozi di ragion di stato, o
del
reggimento della domestica famiglia della Corte:
ura di Teologia nel Collegio Romano della Comapgnia di Gesù, nel Tomo
del
Sacramento della Penitenza propone questo dubbio.
quie particolari spettanti alla propria obbligazione; e se il dubbio
del
Confessore sarà circa il iusmy, e le ragioni, che
avvisi con la debita modestia, e rispetto: e tenga pronte le ragioni
del
suo umile, e modesto avviso. Finalmente se il Con
e modesto avviso. Finalmente se il Confessore vedrà, che l’ignoranza
del
penitente è invincibile, né da lei segue scandalo
unti, riportandomi sempre a migliore giudizio. Dico 1. La moderazione
del
Teatro è cosa spettante al debito del Superiore c
iudizio. Dico 1. La moderazione del Teatro è cosa spettante al debito
del
Superiore circa il buon governo dei Sudditi suoi:
sa tollerare si debba, o no, secondo la debita moderazione. La regola
del
Superiore indirizza il costume popolare al godime
o è spirituale Pastore per l’officio, o allora almeno tiene il luogo
del
proprio Pastore per delegazione fattagli da lui.
ndalo in pregiudizio di molti sudditi; perché si muovono dall’esempio
del
Superiore a giudicare lecito per se stessi, bench
andalo con avvisare il Superiore, ricordandogli di quella gran parola
del
Romano Oratore. « Principes plus exemplo, quam pe
il medesimo Autore n. 30. il pubblico bene prepondera al ben privato
del
penitente. Dico 5. Quando il confessore non sa, p
ita la comparsa di Donna parlante oscenamente d’amore, e che l’avviso
del
confessore gli sia per essere dannoso, o cagionat
e sinistro, e grave accidente, e però non si può dissimulare l’avviso
del
Confessore; perché a questo è tenuto per l’offici
ato corregge i suoi errori. Appendice a questa nota Per conferma
del
detto Il desiderio d’incontrare il vero senso
esito, risolsi di sottoporlo all’acuta, giudiziosa, e sincera censura
del
medesimo Padre Giovanni de Lugo non ancora promos
parsa femminile in scena, mi rimandò il Quesito con la breve aggiunta
del
suo giudizio disteso nella seguente e precisa for
, parte di convenienza, e parte di necessità; e la presentò per mezzo
del
suo P. Provinciale con forma di Supplica al detto
Città. Il Principe a suo agio lesse la supplicante scrittura che era
del
tenore seguente. Eccellentissimo Principe. Supp
el pubblico banco della piazza, né di comparire nelle pubbliche scene
del
Teatro per le infrascritte ragioni. 1.perché il d
farano quelli, che vanno apposta, non alla Chiesa, ma alla radunanza
del
banco; si fermano a mirare, e rimirare per molto
lcuni mirano da lontano, molti mirano da vicino. Alla proibizione poi
del
desiderare, e non del mirare, si risponde, che è
o, molti mirano da vicino. Alla proibizione poi del desiderare, e non
del
mirare, si risponde, che è vera; ma è poco distan
edianti, ma proibire affatto le Commedie; e le proibì con eterna lode
del
suo glorioso nome. Questo esempio dovrebbe servir
o state presentate con umiltà: ne molto differì la grazia consolativa
del
Supplicante: poichè, passati pochi giorni, fece i
ma in un Principe lampeggia a guisa di Sole meravigliosamente; e come
del
Sole disse Sinesio, così dico io del virtuoso Pri
i Sole meravigliosamente; e come del Sole disse Sinesio, così dico io
del
virtuoso Principe. « Lucere laboriosum non est So
articolare, che sono deboli di spirito; perché in quanto all’autorità
del
Galluzzi dico, che egli parla, non di Donne oscen
vano il riso senza oscenità: chi vuol leggere, vedrà, che egli tratta
del
ridicolo modesto, e condanna l’osceno, non solo c
dissoluzione. Appendice Alla risposta data intorno all’autorità
del
P. Galluzzi. Si consola, non poco, chi, costre
ui mi consolo; perché vedo, e conosco d’avere interpretato l’autorità
del
P. Galuzzi secondo il sentimento di lui medesimo.
vero senso interpreta le mie parole. Io mi ritengo intento il foglio
del
suo Quesito, per potervi dare soddisfazione, quan
nella lettera sua. Nota Unica Della Risposta intorno all’autorità
del
Garzoni. L’Uomo dotto non tratta sempre nello
trina: bene spesso fa comparire vestiti con diversa livrea e pensieri
del
suo intendimento: né egli molto cura, che quello,
o per vero questo piccolo preambolo di dire, io rispondo all’autorità
del
Garzoni dicendo, che elle non snerva la forza del
valore dimostrando pibblicamente in questa professione. E dei Comici
del
nostro tempo nomina unosolo, il quale si trasform
ubicondo in pallido, e di pallido in rubicondo, come a lui pareva : e
del
suo modo, della sua grazia, del suo gentile disco
o in rubicondo, come a lui pareva : e del suo modo, della sua grazia,
del
suo gentile discorrere dava ammirazione, e stupor
tto; e se io credo male, e non sentenzio bene, mi rimetto al giudizio
del
benigno, e prudente Lettore per la sentenza. L’al
; ma il rimorso della coscienza è stipendio della morte spirituale, e
del
peccato in sempiterno. Quesito Decimo terzo
lleranza di un Principe sia affatto intollerabile: tocchiamo il punto
del
proposto Quesito, e diciamo così. I principalissi
o con il riparodi questo argomento estrinseco mi difendo dalle saette
del
rimorso di coscienza, e stimo, che si possano tol
a; e per ammettere senza ragione in altra parte dell’anno le oscenità
del
banco, o della scena: ma sarebbe necessario consu
nsultare il dubbio con i Teologi, e con i pratici virtuosi, e zelanti
del
pubblico bene; e poi risolvere, e decretare la co
e la concessione, o la negazione della licenza. E si ricordino i Savi
del
nostro tempo il detto di Alessandro Afrodiseo. «
a agli inferiori Governanti vigilare con sollecitudine all’esecuzione
del
debito; né devono permettere un abuso nella loro
e, che, se uno dice. È peccato permettere in questa Città le oscenità
del
Teatro, oda rispondersi, non solo dai semplici, m
a Roma l’anno 1616. all’Eminentissimo Sig. Cardinale Borghese, nipote
del
Pontefice allora Regante, e disse ciò fare, desid
licare ogni gran Signore, che giustamente distrugga tutti gli eccessi
del
Teatro. Io uomo da niente, e miserissimo peccator
ristiana purità imita santamente il divino costume, e oppone la forza
del
suo divieto all’ardire dell’altrui eccesso; e qua
, che scriva una lettera a tutti i Superiori Ecclesiastici principali
del
Regno, cioè Arcivescovi, e Vescovi, esortandoli a
ia non dipende dall’essere, o non essere, mercenaria; ma dalle regole
del
Si. Tommaso: onde gli Attori, che non fanno di pr
a dai Diavoli. Pag. 154. Uccisa con bastone. Pag. 155. C Caccia
del
Pesce Spada. Pag. 171. Canto è di molta utilità.
icolo si acquistarono audienza. Pag. 98. Congregazione Mesinese detta
del
gran frutto. Pag. 137. Commedia, che cosa è. Pag.
Pag. 102. Si può far senza la donna. Pag. 104, 105. Comico L’officio
del
Comico moderato è lecito. Pag. 8, 47, 56. Recita
ag. 208. Comica Che donna sia. Pag. 74. Finge talora di essere moglie
del
Comico. Pag. 114. Perché gusti di dare quest’arte
permissibile. Pag. 234. È un’oscenità in fatto. Pag. 89. È invenzione
del
Diavolo. Pag. 130. Nuoce in più modi. Pag. 130. 1
nche le Donne brutte comparendo muovono. Pag. 85. Compassione propria
del
Giusto. Pag. 1. Confessore di Superiore quale dev
permette male alcuno senza buona ragione. Pag. 230. Non ha ignoranza
del
danno cagionato dalle Comiche. Pag. 241. Di quali
tatori 73. Un recitamento di gran gusto senza oscenità. Pag. 94. Rete
del
Demonio è l’ornamento lascivo femminile. Pag. 103
. 5. trat. De scandalo Res. 31. In Paren. p. 30. C. 15. della 3. par.
del
Giovane Cristiano. Nella 3. p. del profilo spirit
Paren. p. 30. C. 15. della 3. par. del Giovane Cristiano. Nella 3. p.
del
profilo spiritus nel trat. della Mortific. al c.
trat. della Mortific. al c. 35. L. 1. della Tribolat. C. 11. 2. par.
del
Profi. Spir. Trat. della Mortifica. C. 25. Nell’A
n. 8. pa. 91. T. 1. scrt.de Iac.et Es. C. 15. C. 60. Francesco Maria
del
Monaco in Parenes. l. de Virg. Francesco Maria de
0. Francesco Maria del Monaco in Parenes. l. de Virg. Francesco Maria
del
Monaco De habitu virg.Apud Cartag. T. 4. l. 15. h
[FRONTISPICE] Della Christiana Moderatione
del
TheatroLibro secondo, Detto La solutione de' nod
uoni Cristiani. opera Di un Teologo Religioso, stampata ad instanza
del
Sig. Odomenigico Lelonotti da Fanano. Si aggiunge
Tuo, ò glorioso Porfirio gloriosamente trionfi nel Divinissimo Teatro
del
Cielo : e noi combattiamo pericolosamente nello
ra l’ombre di Fede, e con timore, e incertezza della salute, l’Autore
del
vero bene, da cui speriamo il tesoro d’ogni nostr
ommedia in sacra, e gloriosa Tragedia, confermando con lo spargimento
del
sangue, e con la concepita, e pubblicata, e profe
utti noi ci mutiamo ; e tutti per mezzo tuo impetriamo una scintilla
del
celeste fuoco, d’onde gli affetti nostri siano ac
simo Imperatore ; così noi, da te avvalorati, confondiamo l’Αροstata
del
Cielo Satanasso, superbissimo Tiranno dell’Infern
, della Novità. 44. Seconda, della Verità. 45. Terza, della Sicurezza
del
pericolo. 47. Quarta, del Soggetto lascivo. 48. Q
a, della Verità. 45. Terza, della Sicurezza del pericolo. 47. Quarta,
del
Soggetto lascivo. 48. Quinta, del guadagno diabol
Sicurezza del pericolo. 47. Quarta, del Soggetto lascivo. 48. Quinta,
del
guadagno diabolico 48. Sesta, dell’Interesse Econ
15. P. 17. Se la Commedia Oscena si può permettere, essendo la natura
del
vizioso Spettatore la cagione del peccato. 119. P
i può permettere, essendo la natura del vizioso Spettatore la cagione
del
peccato. 119. P. 18. Se la buona Fede, e l’Ignora
o: se si possa andare lecitamente alle correnti e Mercenarie Commedie
del
nostro tempo? 141. P. 24. Si spiegano alcuni Casi
i moderni Commedianti. 227. P. 10. Segue l’Autore raccontando un Caso
del
nostro tempo. 229. P. 11. Se i Commedianti voglio
246. P. 15. Di molti Casi accennati brevemente da D. Francesco Maria
del
Monaco nella sua Parenesi. Clas. 7. 248. P. 16. D
plicati si compiacciano di dare la necessaria e cristiana Moderazione
del
Teatro, con la quale rimangano godibili cristiana
nno, o non curano saper raccogliere fiore di merito celeste nel campo
del
nostro Teatro: e poi proporre a’ Peccatori la gio
a’ semplici 68. Come possono recitar molte Azioni 72. Possono vivere
del
guadagno 151. Ne impedire 152. Non sempre vivono
on consiglio dato loro da un Dotto 81. Quando debba seguir l’opinione
del
Penitente 79. Consuetudine sia ragionevole 16. Qu
41. 142. Duca Serenissimo come rimediò con grazia ad un inconveniente
del
Teatro 99. E Esempio non è regola di giudicare 18
2. 3. Quale deve essere 7. Pernicioso è quello della Commedia 7. 9. È
del
Diavolo 8. 11. S’usa anche nelle cose serie 8. L’
d’averla intorno alle Commedie se siano oscene, o no 110. Imitazione
del
male è male 9. L’imitar molti cattivi non scusa 9
Commedia oscena 116. Pericolo di peccato è per tutto 112. Permissione
del
male quando è lecita 186. 188. 208. Pesci detti R
lissimo morì malamente 253. Purgatorio a due Religiosi per la perdita
del
tempo 219. R Radunanza d’Uomini, e Donne alle Com
satirici, che disse 205. 206. Spettacoli vana consolazione 129. Cosa
del
Demonio 88. Gli osceni sono un male difficile a c
degli Uomini 245. Superiore modera il popolo 98. Rimedia a’ disordini
del
Teatro 99. Senza star presente 99. Non può permet
eo Abate pianse per 60. Anni 148. Teatro scuola di male 66. 84. Luogo
del
Demonio 97. Casa di lui 242. Nuoce a’ suoi seguac
Comici come siano mortali 29. Tolleranza non sempre dice il consenso
del
tollerante 184. Quando sia lecita di un male 200.
un Teologo Religioso da Fanano. Proemio La moderata ricreazione
del
Cristiano Teatro si concede, quasi gioconda, e sa
o, si ha nella conversazione di questa vita per mezzo della quiete, e
del
gioco; onde bisogna tal volta, servirsene per ris
’antica stagione ricrearono l’animo con il sollazzevole trattenimento
del
gioco « Non ne ex veterum monumentis proditorum I
alche onesta ricreazione, e trastullo di animo, dicendo anche Platone
del
suo custode della Città. « Quando ad aliquem indi
ato artificio; e non da parola, o da atto, che tengano dell’impuro, o
del
disonesto. Io concedo, che tal’avviso è da onorat
ste da molti a difesa delle mercenarie, e consuete Commedie, e Azioni
del
nostro tempo, le quali per l’ordinario sono oscen
ene, per essere giochi, siano tollerabili. Tullio saviamente scrisse
del
gioco, che doveva essere un lume di buono ingegno
cando e ridendo opera il peccato. Anche di quegli Israeliti adoratori
del
Vitello, dice la sacra Scrittura, « surrexerunt l
untur. 2. 2. q. 168. a. 2. ad 2. » Non Iddio, ma il Demonio è autore
del
gioco a coloro, che se ne servono disordinatament
o Ringhieri nell’Opera sua detta Cento Giochi Liberali, pone al c. 90
del
lib. 9. questo titolo Gioco della Commedia : e la
iani? S. Tommaso, citato ancora dal Casani Appresso il Franc. Par. 3.
del
Giov. Chr., condanna gli Istrioni, che usano fatt
cciano per puro gioco, e per fine di dar piacere ad altri per cagione
del
gioco, il quale si ordina « ad solatium hominibus
e. Non vale per scusa l’opporre, che sono giochi; perché l’imitazione
del
male è parimenti male. Così dico io: se un invito
appresentazione fatta nella pubblica scena per dilettare con il gioco
del
teatro. Né alcuno, usi per l’auditore il detto us
tro. Né alcuno, usi per l’auditore il detto usato da Ausonio a difesa
del
lettore. « Cui hic ludus noster non placet, ne le
nque gli osceni non sono leciti, né permissibili; perché sono effetto
del
vizio, e non germogli della pianta della virtù. O
sonesto. E di questo gioco scrive D. Francesco In Paren. P. 31. Maria
del
Monaco. « Nefas ludi causa, qui ad animi remissio
i, leverete l’iniquità, e estinguerete tutta la peste. E la ragione è
del
medesimo S. Dottore; perché « quicquid illic geri
nfami Mimi,che femminando per le pubbliche piazze la contagiosa messa
del
vizio, corrompono i più lodevoli costumi, non ard
lla bocca torrenti di divina facondiay, screditava affatto le sozzure
del
vizio, che uscivano da quelle mal nate bocche, ch
infette ogn’anno moltissime anime nelle Città, anche principalissime
del
Cristianesimo? Ma si risponde, che non mancano bu
lla teatrale pestilenza, cosi felicemente si oppongano alla malignità
del
carnevalesco malore. Sebbene possiamo dire, che g
. Sebbene possiamo dire, che giustamente si permettono le ricreazioni
del
Carnevale, in quanto sono lecite, e si possono fa
igentemente gli Ufficiali, acciocchéaa non seguano scandali con danno
del
pubblico, e virtuoso governo. Il saggio, e glorio
po. L. 1. c. 8. d. 35. n. 3. . E così proibire si devono le oscenità
del
Teatro; perché sono illecite, e da esse, come da
festi pericoli, a quali moltissimi corrono per cagione delle oscenità
del
banco, o della scena; acciocché siano conosciuti,
; perché la regola de’ nostri costumi non è l’opinione, né il costume
del
volgo, ma la legge di Cristo, il quale, come dice
de lure naturali § sine scripto v. consensu ». E come la consuetudine
del
Duello non è permissibile, perché inviterebbe a’
Molto bene discorre per acconcio di questo punto Don Francesco Maria
del
Monaco, dicendo. «Aiunt, licere id, neque inhones
o, come al tempo di Noè, quando il peccato comune con le acque comuni
del
diluvio restò purgato, e non perdonato nell’unive
del diluvio restò purgato, e non perdonato nell’universale naufragio
del
genere umano. « Denique ut semel finiamo cur inqu
ggi di sommo valore? Voglio dire queste favole teatrali, che i Comici
del
nostro tempo rappresentano; queste, dico, sono qu
nto dannoso. Battista Fragoso avvisa per acconcio di questo l’obbligo
del
Principe dicendo. « Princeps secularis tenetur om
e dilettoso fonte teatrale; ma rimuoverne il nero, e puzzolente fango
del
peccato, che lo rende contaminato, ammorbato, e d
Scrittura condanni le Teatrali oscenità. Per conoscere la bruttezza
del
vizio, basta il lume della ragione: questa è fiac
deforme, e contraffatto. Non occorre dunque per condannar le oscenità
del
Teatro, ricorrere alle divine Scritture, basta il
spiega, come scrittura condannatoria delle sceniche vanità, il passo
del
Salmo 118. 37. « Averte oculos meos, ne videant v
118. 37. « Averte oculos meos, ne videant vanitatem. » E quell’altro
del
Salmo 39. 5. « Beatus vir, qui non respexit in va
, e non in Dio. II medesimo Crisostomo a parere di D. Francesco Maria
del
Monaco, vuole, che la proibizione si contenga nel
lliano ancora si servì anticamente, e noi ora ce ne possiamo servire,
del
primo Salmo di David. « Beatus vir, qui non abit
edesimo Tertulliano ricorda, che nel battesimo si rinuncia alla pompa
del
Diavolo e per nome di pompa intende anche la Teat
uibus prædicatur felices, qui abis abstinuerint. » D. Francesco Maria
del
Monaco nel principio della sua Parenesi pone il l
icolarmente contrarie alle Donne poco modeste, e tali sono le Comiche
del
nostro tempo. A dunque è certo, che la Divina Scr
impurità non deroga alla Sacra Scrittura; perché deroga all'Attioniak
del
Teatro I Sublimi, e altissimi segreti, dipendent
le riveriamo; perché ci consta per fede, che sono scritte per impero
del
sapientissimo Sig. Iddio, e con lo Spirito Santo;
o ardimentosa impietà, e empia sfacciataggine. Ma le impure bruttezze
del
Teatro ogn’uno sa, che sono scritte non col dito
ì, che un principal Signore, e molto virtuoso, non s’accorgendo forse
del
tiro, si parti scandalizzato, e chiaramente biasi
Festa di S. Agata, nella Clarissima Catania, Città tra le principali
del
fiorito Regno di Sicilia, e Città divotissima di
fa sentire a parlare in scena il lascivo Quintiano con ardente amore
del
suo brutto e focoso desiderio: né meno da essi è
esto modo tanto corretto, e moderato procederebbero gli osceni Comici
del
nostro tempo; imperochear si vede, che sdrucciola
toriarum, et gestorum Sanctorum », le Rappresentazioni della Passione
del
Signore, e delle storie, e dei fatti dei Santi: e
a, ac puritati valde contraria ». Non solo per conformarmi al decreto
del
P. Claudio Acquavivapar. 5. tr. 5. res. 5. pag. 1
o è breve e momentaneo in materia notabile contro la carità di Dio, o
del
prossimo, non sarebbe peccato mortale: il che è c
tà, o che le torcerà da’ legittimi eredi a forza d’argomenti? La rete
del
Comico non è fabbricata per tale affare; è rete d
ale si è, porre in capo Massime di nocumento grave; e che il naviglio
del
Comico si spalma per navigar in questo mare; e vi
lfare in modo tanto pericoloso, che chi segue la traccia, o il fanale
del
suo cammino, dà prestamente nelle secche, o negli
le facoltà; e ricordo, che Crisostomo scrisse ottimamente per l’abuso
del
suo tempo; ma vale anche a proporzione per l’ecce
per l’abuso del suo tempo; ma vale anche a proporzione per l’eccesso
del
nostro. « Multi consumunt pecunias. ho. 38. in Ma
tto delle Comiche Azioni rilassate spendono il loro danaro. E la rete
del
Comico non si getta per allacciar, e pescar solo
une de’ pratici, e de’ Dottori. Onde io inferisco: adunque l’oscenità
del
dire, e la lascivia del gestire, quale si è un di
ottori. Onde io inferisco: adunque l’oscenità del dire, e la lascivia
del
gestire, quale si è un discorso amoroso, un tratt
ma lo lascia ferito di peccato mortale per illo consenso libidinoso,
del
quale se non fa penitenza, se n’andrà, ancorché s
penitenza, se n’andrà, ancorché sia Cristiano, all’infernal prigione
del
sempiterno pianto. Né la Commedia, benché alla fi
ve con gli occhi nuovo ardore onde si può accomodare a lui lo scritto
del
paziente Profeta, « implebit ardore stomacum suum
esi, e né manda anche molte Compagnie in Italia. Io aggiungo al detto
del
Barbieri, che l’anno 1644 in Fiorenza intesi da u
vverarsi, e si può interpretare con questi detti. Dico prima. A tempo
del
prudentissimo Re Filippo II la licenziosa immodes
gran Signore pratico di Spagna a fine, che non tollerare le oscenità
del
teatro, gli diede occasione di rispondermi. È ver
an non scrisse il resto, cioè quella nuova concessione, o permissione
del
Re Filippo; poiché ella non pregiudicava, anzi er
osceni turbarono di nuovo, a guisa d’oscuri nuvoloni, la bella faccia
del
serenissimo cielo teatrale. Spinsero di nuovo il
moderne Commedie Spagnole oscene: e ambedue sono Spagnoli, e pratici
del
buono, e reo costume, con che procedono i moderni
si accetti con la debita distinzione. Scrive il medesimo P. Alegambe
del
. P. Didaco Ruiz de Montoya Teologo Hispano, e sti
no le Azioni, intrecciando al solito ragionamenti con tale espressiva
del
caldo affetto di Cupido, e con tale eccitamento d
go, e spazioso campo: il male della radice non si leva con l’ampiezza
del
nativo suolo: per tutto il radical difetto è dife
, o grandezza di un bel giardino è bastevole antidoto contro la forza
del
veleno, che contiene in sè un velenoso germoglio.
» ; perché non cesserebbero di essere oscene.· poiché la circostanza
del
luogo « est quid extrinsecum », è cosa estrinseca
e nondimeno elle sono manifeste trasgressioni contro il grande impero
del
Divino Legislatore: sono abominevoli peccati; son
etti Teatri, e fatte Scene, che mostrano chiaramente, che con la vita
del
mondo devono conservarsi in que’ paesi. Dice poi
ce, e l’oscuro delle tenebre; la bellezza della virtù, e la bruttezza
del
vizio; la ragione del Cielo, e l’interesse dell’I
enebre; la bellezza della virtù, e la bruttezza del vizio; la ragione
del
Cielo, e l’interesse dell’Inferno. E pure vediamo
ingegnosamente prova il P. Pallavicinol. 3. pag. 2. c. 49. n. 6. e 7.
del
Bene., tuttoche da’ Savi siano conosciute per cos
Recitanti poi ogn’uno studia, segue Beltrame, conforme alla necessità
del
suo Personaggio. Quelli, che rappresentano gli Am
la Commedia campeggia bene, come lo prova pure Beltrame nel cap. 27.
del
suo Discorso. A cui io aggiungo, che i valenti Re
ent, flentes ad huc egredi. »l. 6. c. 2. Nota terza Della sicurezza
del
pericolo. Una buona ragione di piacere nasce dal
animali, molti sono stati calpestati da Cavalli, e molti dalla turba
del
popolo spaventato, e scompigliato hanno passato s
quinta. Del guadagno Diabolico. L’astuzia si collega con lo sforzo
del
Demonio, e fa, che egli renda, quanto più può, gr
v. 8. Annot. 11. v. 4. Quando un uomo, godendo l’uso della ragione, e
del
giudizio, si rallegra di comparire un pazzo, quas
ta, e sconturbata. Egli si vantava di trovarsi presente alla Commedia
del
continuo, e di udire con suo grandissimo gusto i
a per tempo il contravveleno. La morte si maschera tal volta col velo
del
diletto, e dilettando uccide. « Aperiat Deus ocul
prescritti da S. Tommaso, e da Teologi secondo la debita moderazione
del
cristiano Teatro. Ora consideriamo un poco le qua
aggiore, e corrispondente alla nobiltà, e magnificenza dell’Azione, e
del
pomposissimo apparato. E di questa fatta sono par
oni oltre le altre, che faccio. La prima è per la liberta, e impunità
del
dire: atteso che non temono castigo, benché dican
ligioso, e Teologo, non poco versato nelle dottrine della Moderazione
del
Teatro, udendo, che certi Giovani facevano Commed
quando sono degne di essere biasimate; perché chi scioglie la lingua
del
biasimo, o tempra la penna, della riprensione in
ziosi nel Teatro, i quali certo meritano di essere moderati per onore
del
grande Iddio, e per spirituale giovamento di molt
altro chiodo, e di cavar una spina con un’altra spina: ma la pratica
del
negozio riesce molto diverfa dalla supposta inten
E se i Comici vogliono insegnare il bene; perché non trattano spesso
del
bene, e non dei male? Perché non lasciano le mate
iono correggere alle volte qualcuno, e per un poco, dall’atto vizioso
del
gioco; o dalla rea conversazione con una trista F
ndante, di parole turpi, e di gesti osceni, insegnano il male in vece
del
bene; e non correggono dal Vizio i semplici, ma v
ve gli ammaestrano, e addottorano perché la pubblica Rappresentazione
del
Vizio, fatta senza la debita Moderazione,e su gli
r proponitur. » Io fondato su questa sentenza, dico, che l’intenzione
del
giovare non è sempre genitrice del giovamento. Al
a sentenza, dico, che l’intenzione del giovare non è sempre genitrice
del
giovamento. Alcuni dicono di voler recar utilità,
ntazione, che ha faccia di letizia, invita l’audienza; e poi la brama
del
diletto rapisce l’attenzione: e così inaspettatam
la Rappresentazione partorisce con diletto e con utile la correzione
del
vizioso. Ma i Dottori avvisano, che lecita non è
di fuggirlo. I Dottori concordemente dicono. Con la Rappresentazione
del
male, usata da’ Comici, non s’insegna il modo di
hiarato intorno al proporre le oscenità; e qui aggiungo il sentimento
del
Sig. Fabio Albergati, ove dice. « Perché la Repub
moramenti disonesti, i pubblici ruffianesimi, e altre solite oscenità
del
Teatro; nel quale chi segue per sua guida l’esper
triboli, e le spine all’erbacce, e all’ortiche già nate nel campetto
del
lor malvagio cuore. Adunque non riesce la correzi
nel campetto del lor malvagio cuore. Adunque non riesce la correzione
del
male, né l’insegnamento del bene col mezzo della
o cuore. Adunque non riesce la correzione del male, né l’insegnamento
del
bene col mezzo della Commedia oscena; che però è
Amore; i quali piacciono tanto, e tanto nuocono alla misera Gioventù
del
nostro tempo. Ora chi potrà credere, che la Comme
al correzione, né insegnano tal dottrina : e per una bastevole prova
del
detto basta il fare alla sfuggita un poco di rifl
n Comico Professore ciò che io qui riporto in ItalianoD. Franc. Maria
del
Monaco in Parenesi pag. 47.. « Che maniera di med
nati. Deh cessa dall’insegnare in cotal modo; noi non abbiamo bisogno
del
tuo magistero. La Virtù a bastanza s’insegna nell
rofitto vizioso, con scapito dei virtuoso profitto, la cieca Gioventù
del
Cristianesimo, e quelle persone anche vecchie, o
stare le delicate vivande, e i preziosi vini; e se ben tutti mangiano
del
pane; nondimeno da tutti se ne fa poco capitale,
oco di bene, e giovano solo a que’ pochi, che conoscono tal bene; che
del
resto la moltitudine ignorante conosce; molto mal
esta Commedia meritamente si può nomar canora tromba all’abbattimento
del
male, e generoso invito al godimento del bene: o
nora tromba all’abbattimento del male, e generoso invito al godimento
del
bene: o pure arringo di Virtù, e fuga di Vizio, p
che proposizione l’astuzia di Pompeo, il quale temendo la distruzione
del
suo Teatro, vi aggiunse, e dedicò un piccolo Temp
esposto in voce da un Personaggio dotto in Teologia, e molto pratico
del
mondo: cioè, che i moderni Commedianti usano arte
buoni costumi; e poi si rappresenti, che sarà, credo, un’Azione degna
del
Cedro, e non dell’Olivastro. Non voglio toccare c
presentando ciascuna: come si vede avvenire tal volta con l’occasione
del
Recitamento, che si si di una bella, e modesti Co
Ora veniamo alla soluzione di altri Nodi, che non mancano per ragione
del
secondo Capo. Capo Secondo Delle Difficoltà pr
della vista di qualche grato oggetto alla forza della voce di Dio, e
del
suo impero. E invero chi cade in questo errore, d
ti Confessori assolvono quelli, che vi vanno, o le permettono. Gioia
del
tesoro di Cristo è l’assoluzione da’ peccati; e q
e pentono, e vanno ben disposti al Confessore. Ma forse la difficoltà
del
presente Dubbio vuol significare, che se bene alc
zelante Padre lo seppe, e si ritenne d’andare ad udire la Confessione
del
nobile Penitente; il quale tosto lo fece cercare,
pi l’anno 1646. di Novembre in Fiorenza per scrittura di un Penitente
del
medesimo P. Gori, a cui egli stesso l’aveva narra
olaro il quale due volte si trovò presente alla Commedia disonesta, e
del
quale fu domandato a P. D. Uomo buono, se aveva p
re; né il discorso di lui è malamente fondato. Io ritornando al punto
del
dare l’assoluzione. Dico che, se alcun Confessore
se vi fosse, io non la tengo probabile: onde né io, né altri, che sia
del
mio parere, dovrebbe, né potrebbe senza grave col
, il primo Teologo P. Giovanni de Luogo, promosso di poi all’Eminenza
del
Cardinalato, così scrisse. « Dixide hoc late ex q
forse tal’uno mi opporrà la Risoluzione 11. presa dalla seconda Parte
del
P. Diana nel tr. 13. ove cercando. An Confessariu
ænitenti opinionem. se il Confessore è tenuto di seguitare l’opinione
del
Penitente, così risolve. Responde affirmativè. Ti
Pontio, Salas, Valenza, Azor, Villalobos, Suarez, Coninchio, e altri:
del
che reca questa sola ragione; « quia quoties Conf
stò preso. Onde a lui, e a’ suoi pari si possono accomodare le parole
del
medesimo Senecal. de beata vita c. 14.. « Mala pr
ale rappresentava per l’appunto quella Commedia, tanto sua., favorita
del
Giocator Disperato, con tanta squisitezza, e con
tanta squisitezza, e con tanti fruttuosi avvenimenti, che la perdita
del
denaro gli servì per acquisto di lui medesimo: po
i medesimo: posciachè vedendo Orazio fallito, spogliato, in disgrazia
del
Padre, aborrito da gli Amici, fuggito da tutti, e
na vide comparire, comportò libera l’andata dello sventurato a’ piedi
del
Padre, il quale conosciuto il pentimento, ad imit
a’ piedi del Padre, il quale conosciuto il pentimento, ad imitazione
del
Padre di Orazio, con gran copia di lacrime gli re
an copia di lacrime gli restituì la sua grazia. Onde il Sig. Cavalier
del
Giglio, e il Signor Flaminio Sementa mi ebbero, q
n giusto sdegno di quel zelante Religioso. Tutto fu, perché in quelle
del
servo di Dio, benché facete, indifferenti e belle
ericolo: « qui amat periculum, peribit ». Una fuga onorata dal luogo
del
peccato è una buona congettura della salute. Mi a
le Commedie oscene: come in fatti gli ebbe, avanti che per malvagità
del
Demonio si usassero tra gli uomini gli Spettacoli
quali sono chiamati da TertullianoDe Spect.. « Diaboli retia », reti
del
Diavolo; e da Salvianol.5. de Provid. sono detti
ia », reti del Diavolo; e da Salvianol.5. de Provid. sono detti opere
del
medesimo. « Spectacula opera sunt Diaboli. » Non
telli, e Terre nel tempo delle Commedie oscene sono per ordinario più
del
solito abbondanti di offese di Dio, e di peccati,
ono con gran senso, e con gran zelo; cioè, che nelle Mercenarie Scene
del
nostro tempo si pecca gravemente con molte, e var
Scrisse per acconcio di questo con, giudizioso brevità la penna d’oro
del
Greco, e Ecclesiastico Oratore Crisostomoho. 33.
orarle, e lodarle eternamente. Dico per fine ad ogni Città principale
del
Cristianesimo, che sarebbe una sua gloria grande,
iscaccia i Comici osceni ma li fomenta, e mantiene, le dolenti parole
del
ProfetaThr. c. 1. 11.. « Vide Domine, et consider
ano necessario levar da’ banchi, e dalle piazze, e bandir dalle Scene
del
Teatro ogni Comica impurità, subito si oppongono
etate con la proibizione. E questo punto vale nel caso delle oscenità
del
Banco, o del Teatro: meritano, che il Superiore b
proibizione. E questo punto vale nel caso delle oscenità del Banco, o
del
Teatro: meritano, che il Superiore ben informato
ervanza della Divina Legge; che se in lei mai si è proibito l’eccesso
del
Banco, o della Scena, forse non v’è stato, bisogn
ito così grande inconveniente, può essere, e prego, che sia all’animo
del
Superiore, stimolo più acuto, e più penetrante; a
maggior sollecitudine nel levarlo perfettamente; onde resti il piacer
del
Banco, e del Teatro godibile da tutti gli onorati
citudine nel levarlo perfettamente; onde resti il piacer del Banco, e
del
Teatro godibile da tutti gli onorati, e cristiani
tissimi; onde si gode in Francia di presente una perfetta Moderazione
del
Cristiano Teatro; e si fanno le Commedie con mode
ogo, ove l’anima sua resti infetta, avvelenata, e morta con le ferite
del
peccato. E però non giustifica bene se stesso que
nvito pare una scortesia. Alla quale scusa io rispondo con l’autorità
del
Cardinal Caietano2. 2. q. 167. a. 2. in si ne.. «
principalissima Città di un Regno, nella quale si facevano in Palazzo
del
V. Re Commedie veramente oscene, benchè forse non
co scrupolo si è fatto d’invitar liberamente gli Amici alla frequenza
del
Teatro poco modesto. È prodigalità di vita il ber
n ama, e non giova il proprio Fratello. Così tal’ uno spiega, a parer
del
P. Cornelio secondo la forza del testo Siro, quel
tello. Così tal’ uno spiega, a parer del P. Cornelio secondo la forza
del
testo Siro, quel luogo de’ Proverbi. « Vir Amicab
nte quel poco, che per acconcio di questo ho letto in un Ragionamento
del
P. Giulio Mazzarino. Non si deve, scrive egli, ac
er andar in compagnia, di un parente al Teatro disonesto, che è luogo
del
Diavolo; e che come suo egli professa di posseder
con qualche Persona dotta, e spirituale ; e le dica tutto l’interno
del
suo cuore, spettante a questo punto; e procuri po
, di grido, o d’altra maniera, e subito vi si rimedia con la presenza
del
Superiore. Così avvenne in una Città principale d
minciò a strepitare, e impedire contraffacendo con alta voce il canto
del
Gallo. Il Principe Padrone, che era presente, ebb
succeda nell’Auditorio alcun disordine contro la Modesta Ricreazione
del
Cristiano, e virtuoso Teatro. Punto decimo. Se
ente Dubbio: la prima, io prendo dal Moralissimo P. Dresselio par. 1.
del
Faetonte c. 19. n. 4. pag. 710. ove dice con tal
plici venire scusato col pretesto della moltitudine; perché la regola
del
vivere non si prende dal viver molti insieme, e e
molti; anzi per questa stessa ragione è più tosto maggiore. La colpa
del
delinquente non resta dalla moltitudine de’ Compa
quasi che ella stimasse di ricevere consolazione facendolo partecipe
del
suo peccato. « Peccatum fuit, scrive il Santo, qu
care andandovi. La Passione è un’ingegnosa Maga degli occhi, e anche
del
cuore: fa molte volte travedere, e molte volte de
rensione de’zelanti Censori. Tale si è la Ragione proposta nel titolo
del
presente Dubbio, e si pratica così. Uno sa, che s
eccano mortalmente, essendo la cagione propria per se stessa efficace
del
Recitamento Segue l’Autore a dire degli altri. «
primi, ma gli ultimi ancora, cioè tutti gli Spettatori delle Commedie
del
nostro tempo, peccano mortalmente; perché con gli
to il secondo Teologo, che è Girolamo Fiorentino: nella Commediocrisi
del
quale si leggeConclus. 6. pag. 12.. « Qui Comadis
la sua presenza: onde egli non si deve giudicare cagione cooperativa
del
peccato a’ Commedianti. Risponde questo Autore, f
ue allegati Teologi, forse potrebbe dire uno. Se gli Spettatori primi
del
numero sufficiente non avessero già resi, « parat
ghino la mercede. Ora,che dirò i in questa materia, e per risoluzione
del
Dubbio? So, che D. Francesco Maria del Monaco scr
sta materia, e per risoluzione del Dubbio? So, che D. Francesco Maria
del
Monaco scrive. « Dices. Adhuc agerent in Scenam,
il male. Certo la malizia volpina non si nasconde sotto la semplicità
del
pollo. Voglio dire per acconcio del presente Dubb
n si nasconde sotto la semplicità del pollo. Voglio dire per acconcio
del
presente Dubbio. Tal’uno si trova, il quale, anda
ccato grave. Rispondo a quello astuto detto. Io non so: con le parole
del
P. Giulio MazzarinoRag. 110.. È una melonagginebq
enso, formerà risposta di confusione, e non d’approvazione. L’Oracolo
del
suo cuore, facendolo arrossire, sarà un oracolo d
con molte piaghe mortali ricevute nel cuore: e se egli entrò padrone
del
suo pudico affetto, spesso se n’esce schiavo dell
hi vi vanno con tal'animo. Basti per andarvi lecitamente. È opinione
del
Comico Beltrame, che chi vuole cercare, e ricerca
né meno basterebbe a giustificarla, se avesse aggiunto, che i Comici
del
nostro tempo non dicono le parole, né formano i g
s defectibus » : ove « bonum est ex integra causa », secondo il detto
del
gran Dionisio; e però il fin buono non basta ad i
so, dice Beltrame, che sono interessato, non saprei negar il pericolo
del
peccato. Ma perché possono esser pochi, dirò che
ettere un peccato maggiore, con altra maniera, che con la permissione
del
mal minore, potrebbe in caso tale offerirgli la m
lo. Onde Laimanl. 2. tr. 3. c. 13. n. 7. al fine. approva la dottrina
del
Valenza, e dice. «Commissuro maius peccatum, si i
la Carità richiede, che la correzione non si faccia senza la speranza
del
frutto. « Ergo multo minus, concludo con l’addott
o settimo Se la Commedia oscena si può permettere, essendo la natura
del
Vizioso Spettatore la cagione del peccato. Il mo
i può permettere, essendo la natura del Vizioso Spettatore la cagione
del
peccato. Il modo di usare le cose è qualificator
ma cattivo, e nocevole, a chi l’usa male. Infine il bellissimo lampo
del
Sole nomarsi può dannoso, o grazioso, all’occhi c
c. 17. Un Sensuale porta pericolo in ogni luogo: cioè, che la Natura
del
vizioso Spettatore, e la sua mala volontà cagioni
La buona Fede è una coraggiosa guerriera per difendere dall’assalto
del
peccato l’Anima fedele: chi erra con buona Fede,
tare. Spara nel vano i suoi tiri: e ella diviene bersaglio, e scherzo
del
vento. Ora stante il detto di tale tenore, alcuni
e è proposta molto bene, e è sciolta benissimo dal P. D. Franc. Maria
del
Monaco con idioma latino, che trasportato in ital
ti ciò fanno, non peccano mortalmente. La onde, chi li farà avvertiti
del
peccato, egli sarà reo di tutti que’ peccati, che
gran peccato, componendo l’Operetta mia, per avvisare gli Spettatori
del
Teatro: e quasi che i fossi partecipe di tutti qu
e per Ignoranza. Voi, o uomo letteratissimo, avete stimata cosa degna
del
vostro giudizio avvisar me solo, che nominate err
atori; acciocché poco dopo non pecchino mortalmente fatti consapevoli
del
peccato. Rispondo. Io stimo, che niuno abbia l’Ig
ia male, o no, l’andare agli Spettacoli osceni, e Teatrali. O miseria
del
nostro secolo, questo gli mancava, che gli Istrio
olo, questo gli mancava, che gli Istrioni in scena facessero la parte
del
Giudice delle coscienze; che i Buffoni insegnasse
n un affetto grande di peccare. Adunque gli Spettatori delle Commedie
del
nostro tempo gravissimamente peccano; tutto che a
ndo in quando a predicare pubblicamente contro le Commedie mercenarie
del
nostro tempo? Tosto che ad una Città giungono Com
l’ApostoloI. Cor. 14. « Si quis ignorat, ignorabitur. » O pure quelle
del
gran Vicario di Cristo S. Gregorio registrate ne’
o la qualità de’ morbi: e la medicina si loda, quando con l’espulsiva
del
malore conduce al termine di sanità a l’afflitto
conia, peccherebbe; atteso che non si deve procurare la soddisfazione
del
corpo con la distruzione de’ beni spirituali dell
et perturbationis sunt plena. » Voglio dire: l’anima da nello scoglio
del
peccato, e resta misera naufragante con perdita d
lleggerire il tedio della sua malinconia senza scapito della Virtù, e
del
Decoro. « Scimus quidem, avvisa un Autore, esse n
e usare altra medicina che la ricreazione oscena Teatrale per rimedio
del
suo morbo; così quando vi sono, si astenga dall’u
cor in terrenis voluptatibus desigunt ». Non sa desiderare i piaceri
del
Cielo, chi troppo ama quelli della terra. Conside
o che sollazzarsi disonestamente. E io dico. Chi gusta il dolce miele
del
Teatro, avverta non gustarne troppo, e con danno
ve andare, non all’oscena ma alla modesta. Non posso lasciare un poco
del
bello, e dotto discorso, che in prova di questo h
oglio credere, che ad alcun Fedele avvenga ciò, che racconta Damascio
del
Guglielmo d’Ammonio, il quale non era, come dices
al malinconico, è buono per accidente, e secondo la mala disposizione
del
malinconico, al quale serve per medicamento, e lo
e Oscenità, cerca diletto cattivo, diletto, di cui si avvera il detto
del
Boccadoro. « Re vera omnis lætitia pericolosa est
o dall’umor malinconico la persona, aggrava non poco l’anima col peso
del
peccato. E per conseguenza non è buono rimedio, n
va, e fondata nella vanità, nell’ozio, e perdita, o vana consumazione
del
tempo; e per conseguenza sia almeno peccato venia
, al Giudice Divino; così la medesima strettezza premerà per rispetto
del
tempo passato oziosamente, e senza frutto. Punto
con un Teologo, che quelli, che vogliono essere affabili, si servono
del
riso; ma spesse volte usano il troppo, l’impruden
il titolo, non di Galantuomo, ma di mal costumato, secondo il parere
del
Comico Beltrame, il quale discorrendo della Comme
rrillitatem in iudicio Dei cogitabat esse plectendam. » E dal costume
del
Savio, che scrisse. « Risum reputavi errorem: et
mundanus risus circumsert, qua tristitiam tegit. »q. 83. 52. Il riso
del
Mondo non è vero riso, ma è vera mestizia. « Risu
bet. » Disse un altro. Giudichi il Lettore quanto debba un tale amico
del
riso temere la spaventosa minaccia del Salvatore.
ore quanto debba un tale amico del riso temere la spaventosa minaccia
del
Salvatore. « Va vobis, qui ridetis, quia flebitis
r non rendere qualche persona troppo scrupolosa, avviso con il parere
del
P. Cornelio; a Lapide, che al Cristiano è disdice
l riso, che vien cagionato dalle burle oscene de’ Comici disonesti: e
del
qual coloro, che gustano, e se ne rallegrano, pos
aptantur, et turbine. » Questo riso non è buono; perché Die è l’amore
del
buono, dice Filone, « Opifex est Deus boni risus
tti gli scogli. Chi vuol salute, moderi tutti i suoi cattivi desideri
del
Teatro, pensando bene la sentenza di S. Agostino.
: se si possa andare lecitamente alle correnti, e Mercenarie Commedie
del
nostro tempo. Il Cielo annuvolato non si snuvola
esta a gli Auditori, che possono star presenti alle Mercenarie Azioni
del
nostro tempo. Onde udita questa contrarietà di pa
e: se lecito sia, o no, l’andare alle Commedie correnti, e Mercenarie
del
nostro tempo. Io nel seguente Punto apporterò qua
rerò alcuni casi, due de’ quali già occorsero in due Città principali
del
fioritissimo Regno di Sicilia. Punto vigesimo qua
no protetti da Personaggio accreditato nel punto della reputazione. E
del
lampo di questa luce godono tal volta i Mercenari
. E del lampo di questa luce godono tal volta i Mercenari Commedianti
del
nostro tempo, i quali, avendo molto piccolo il ca
mmedianti del nostro tempo, i quali, avendo molto piccolo il capitale
del
credito loro, sono difesi, e protetti da qualche
ro una mattina in pergamo, e con buona congiuntura venne alla materia
del
Comico abuso, e disse. Io lodo grandemente la dil
amente Giovani, ovvero mal’abituati. Ma che? Non passò l’applicazione
del
rimedio senza l’oppugnazione: da un altro Religio
o stare presente ad un’oscena Rappresentazione. Or diciamo una parola
del
rimedio al proposto Dubbio. Credo, che per levarl
e luminose torce non camminerà tra l’ombre scure della perplessità, e
del
dubbio. Io per me, non con forza di rigore scolas
passare vanamente il tempo; questo basterebbe al Diavolo per sentenza
del
Cancelliere Gersone. « Si nihil habereto aliud de
m partem mittere in vanum? »ep. 118. Possiamo meglio piangere i danni
del
tempo perso, che non piangeva il Satirico, quando
r vincere l’Ozio, e per vivere senza peccati: e quindi alcuni gustano
del
Trattenimento delle Modeste Commedie. Ridico, scr
stito necessario per mantenersi in vita. Ora per venire alla Risposta
del
Dubbio, dico, che i Comici veramente Virtuosi, Mo
con il guadagno delle fatiche loro; e possono dire alludendo al detto
del
Serenissimo Profeta. « Labores manuum nostrarum q
nativi da Signori, e da Principi; è una vita de Cuccagna, ma Cuccagna
del
Diavolo; perché beni tali, e tali piaceri sono le
se ferie, e di cose allegre. Tutto questo pare a me convenga al luogo
del
Teatro, ove gli Attori convengono per dire, e gli
e buona guadagnandosi il sufficiente vitto, abbracciano l’Arte infame
del
Buffone, per meglio pappare, e per goder una vita
lia molto onoratamente. Ma l’infelice non si contentò dell’onesto, né
del
dovere onde parendogli la vita de’ Buffoni essere
amo tutti al Teatro, e da tutti guadagniamo. Rispondo con il paragone
del
Commediante al Pittore secondo l’avviso del Sig.
Rispondo con il paragone del Commediante al Pittore secondo l’avviso
del
Sig. Cardinal Paleoto. Dice egli,che il Virtuoso
gusto con le sue opere a persone tali senza contravvenire alle Regole
del
Decoro. « Nec dicimus, scrive, ut huic generi hom
ngere, qua multitudinis oculos oblectare magis solent. » Cosi dico io
del
Comico Moderno: egli, per piacere a chi che sia i
ettare senza offesa dell’Arte, e senza l’oltraggio della Virtù. Anche
del
Comico Ganassa io ho inteso, che abbondava di rid
ibertà. E sappiate che voi con le vostre indecenze vi rendete indegni
del
nome di Comico, e vi dovete chiamare Buffone, e n
er sempre con il fallimento delle ricchezze spirituali delle Virtù, e
del
tesoro della Grazia. Aggiungo. Come le Meretrici
ti; ma tenuti in pregio, e riposti tra soggetti più amati, e più cari
del
Mondo. Con questo senso discorronoBeltrame nel. c
non abbia l’animo, o l’officio intento al danno, o almeno al disturbo
del
prossimo. Questo Galantuomo fa una certa induzion
turbo del prossimo. Questo Galantuomo fa una certa induzione in prova
del
suo detto, la quale non è pregio dell’opera, che
e in fine aggiunge. Solo il Comico per sua natura, e per conseguenza
del
suo esercizio, desidera a tutti vita lunga, animo
nforme alla dottrina, che comunemente si legge intorno al Cooperatore
del
peccato. Ma prego bene ogni Comico modesto a legg
trina bastevolmente dichiarato, e provato. E si ricordi l’ammonizione
del
Signore spiegata da S. Ilario, ove dice. « Vigila
ché ciascuna persona può « uti iure suo, et sua libertate », servirsi
del
suo diritto, e della sua libertà. Ma il recitar i
nel linguaggio d’Amore, e gli occhi senza le parole sono ambasciatori
del
cuore, ma muti e non molto efficaci. Non crediamo
molti lascivi s’innamorano pazzamente; ma anche in altro tempo fuori
del
Teatro con la perniciosa Conversazione, dalla qua
all’Inferno? Due ben vede ognuno, quanto più deplorabile sia lo stato
del
presente secolo, nel quale oltre i Libri non buon
composti da’ Gentili; acciocché veggano la proprietà, e la politezza
del
parlare: ma in niuna maniera li dovranno dichiara
mpagnia. Il P. Claudio Acquaviva a. 27. Iunii Così sta nelle risposte
del
P. Claudio nell’archivio Romano. Generale fu rich
risposto a vari; con la stessa maniera seguitando in ciò le vestigia
del
suo Antecessore. Notasi in questa risposta quel p
altri Libri osceni e proposti da leggere con la bellezza delle forme
del
dire, e senza la bruttezza delle impudicizie. « C
colosi alla Gioventù. Ricevé in ottima parte il buon Maestro l’avviso
del
zelante Superiore, e applicò tosto l’animo ad una
per ammaestrar molto bene la Scolaresca nelle forme, e nelle maniere
del
buono, e bello favellare, e scrivere latino: e no
, e scrivere latino: e non andò molto tempo, che egli da’ Proginnasmi
del
Pontano fece una bella, e giudiziosa scelta di Co
mi, e la indirizzò all’illustrissimo Prelato. Ora vengo alla risposta
del
Dubbio, e dico: che io non posso lodare, né appro
ne al seguente detto, che è, non di S. Basilio, né di altro Santo, ma
del
malvagio Luthero, e lo cita il P. Carlo Scribano.
tà propone a se medesimo, e vi risponde molto bene D. Francesco Maria
del
Monaco in Paran. p. 45.. « Obiciunt, dice egli, s
ce, ma esangui; le mani irrigidite; la faccia pallida; tutto il resto
del
corpo senza moto, senza caldo, e simile appunto a
tto il corpo il senso, o il moto; e lo stimerete cosa divina, e degna
del
Paradiso. Or questo medesimo vi scorgerete, se fa
orza alla parola: onde uno con ragione chiamò le mani saetta, e dardo
del
parlare. Or questo non ha la lezione per se stess
alle suddette cose aggiungete il movimento lascivo di tutte le parti
del
corpo, la preziosità de’ vestimenti, l’artificio
e il mio senso distinto in varie Note per rispondere a tutte le parti
del
proposto Dubbio con quella maggior chiarezza, bre
tendo. Non è pur da mentovarsi in questo luogo la sacrosanta autorità
del
Sommo Sacerdote, che tiene il posto di Vice Dio i
utorità del Sommo Sacerdote, che tiene il posto di Vice Dio in terra,
del
quale è lecito avere opinioni, o formar concetti
ibri, tante prediche, e tanti sermoni e ristampati con l’approvazione
del
Sommo Pontefice, de’ Vescovi. E di S. Chiesa cont
tendano, che non si devono recitare, né ascoltare. D. Francesco Maria
del
Monaco scrive, che più volte era stata fatta ques
eni. Due difficoltà si propongono, una della tolleranza, e l’altra
del
sostentamento. Rispondo alla prima, e dico. Forse
atone; e come usavano gli antichi savi Romani e come vuole la Ragione
del
buono, e virtuoso governo. Appresso i Romani, scr
tunati, e per non parer tanto austeri. Ma io dico, che la permissione
del
male non è lecita secondo S. Tommaso, « nisi vite
liare? Forse risponderà uno. In tal caso si può praticare la dottrina
del
precetto della fraterna correzione, che per esser
ienza, non secundum scientiam e per disprezzo virtuale dell’autorità
del
Superiore, quasi che si giudichi degno di grave b
isdizione, e legittima superiorità. Ma per rispondere all’altra parte
del
Dubbio, che contiene l’obiezione del sostentament
a per rispondere all’altra parte del Dubbio, che contiene l’obiezione
del
sostentamento, dico, che quando un Principe con d
te volte assai più che non fa alla virtù degli altri. Lascio il resto
del
Cecchino e supplico con umiltà ogni Principe a po
receperis peccatorem: prohibe panes illi dare », con la dichiarazione
del
Sig. Cardinal Bellarominol. 4. c. 17. §. expedit
devono permettere senza buona, e sufficiente ragione: anzi l’ufficio
del
Principe, e del Superiore si è faticar in reprime
re senza buona, e sufficiente ragione: anzi l’ufficio del Principe, e
del
Superiore si è faticar in reprimere, per quanto p
mpagnia di Gesù, e aveva il soprascritto indirizzato ai Padre Rettore
del
Collegio, e dentro avvisava, che erano venuti i C
i costumi,e evidente rovina della misera Gioventù, e pregava per amor
del
Sig. Iddio ad usare ogni possibile diligenza per
g. Fabio Albergati nel tenor, che segue. Con ciò sia che per autorità
del
Filosofo il gioco è in vece del riposo, al Re sar
e segue. Con ciò sia che per autorità del Filosofo il gioco è in vece
del
riposo, al Re sarà di mestiere recare ricreazione
ricreazioni furono tanto vaghi, che ad esse gran parte delle entrate
del
comune destinarono, con severa legge vietando, ch
più dilettevole della imitazione, il Gioco da rappresentare a sudditi
del
Re sarà imitazione. Per la qual cosa dovendo imit
cipi e Superiori le approvano, e danno licenza di Recitare? L’occhio
del
buon Principe Cristiano, e del buon Superiore, no
e danno licenza di Recitare? L’occhio del buon Principe Cristiano, e
del
buon Superiore, non fa cenno d’approvazione a cos
gmata. » Perché quelli che con pia sollecitudine prescrivono le Leggi
del
ben vivere a’ Cittadini, non proporrebbero tali e
i, e s’abbandona nel male; egli è simile ad un peccatore, che temendo
del
recidivo, si risolve di continuare nel peccato, s
Legge, ma errore, secondo la dottrina di Maiore, il quale in materia
del
Duello, (diciamo noi a proporzione in materia del
eseguisce non si può salvare, se non fa per tempo la debita penitenza
del
suo errore. Che se poi a lungo tempo con la mutaz
a penitenza del suo errore. Che se poi a lungo tempo con la mutazione
del
Principe, o di altro Superiore, cessa l’osservanz
disciplina » scrive Agostino; e non dormirà, se efficacemente bandirà
del
tutto le Commedie oscene, senza concepire quel va
Anzi con le Commedie si concepisce maggior caldo; e questo poi fuori
del
Teatro cagiona incendio di maggior rovina. E chi
li, e mortali oscenità. E alla risoluzione si muova considerando, che
del
Teatro osceno si verifica il breve detto del B. L
muova considerando, che del Teatro osceno si verifica il breve detto
del
B. Lorenzo Giustiniano in torno al Mondo lusinghi
talia, via sempiterna mors. » È facile il passaggio dal breve diletto
del
Teatro all’eterno tormento dell’Inferno. Punto se
ossono lecitamente permetterla. Cassiodoro l. 4. Ver. ep. 12. scrive
del
Magistrato un avviso di gran sostanza; e che può
contraria alla virtuosa, e cristiana Politica. Onde nella risoluzione
del
proposto Dubbio procederà con la debita cautela,
peccato la cui permissione sia sconvenevole, e illecita . E nel caso
del
guadagno, che si ritrae dalla Commedia, scrive pa
poi bisognoso, non è punto repugnante al diritto di buona ragione, e
del
virtuoso governo. Ma questo non vale, quando la C
ollerare le Meretrici pubbliche in alcune Città: perché con una parte
del
loro guadagno si aiutano Monasteri delle povere C
bile di molti Dottori: e secondo la dottrina comune della permissione
del
male; della quale basti il detto di Caietano. « S
e alcun discorrerà con questa forma. Il sussidio, cavato da una parte
del
guadagno della Commedia oscena, e dato al Monaste
a. Rispondo a questo punto di dottrina di S. Tommaso, con la dottrina
del
suo Commentatore Caietano, e del Navarro. Dice Ca
trina di S. Tommaso, con la dottrina del suo Commentatore Caietano, e
del
Navarro. Dice Caietanoin 2. 2. q. 10. a. 11. c.,
c., che la permissione de’ peccati si deve esaminare sì per la parte
del
bene, che non s’impedisca; sì anche per la parte
sì per la parte del bene, che non s’impedisca; sì anche per la parte
del
male, che non segua. « Ad has causas; examinanda
195., che niuna permissione di peccato è lecita con la partecipazione
del
guadagno cavato dal peccato. « Nulla permissio pe
I Superiori, che permettono le Commedie oscene, non partecipano punto
del
guadagno ; ma lo assegnano ad opere pie, e a luo
i parte di quell’illecito guadagno ad un bisognoso luogo pio d’ordine
del
medesimo Superiore? Questo sarebbe un distruggere
tto colore di falsa carità. Aggiungo, e rispondo secondo la debolezza
del
mio intendimento al luogo di S. Tommaso. Dice egl
ell’evidente pericolo dell’eterna dannazione. Concludo. La privazione
del
sussidio temprale, dato ad un luogo pio secondo u
vazione del sussidio temprale, dato ad un luogo pio secondo una parte
del
guadagno cavato dalle Commedie oscene, è qualche
uerra che gli Scrittori Cristiani sempre hanno fatto contro la vanità
del
poco modesto Teatro, è antichissima; perché in og
tico contro l’antico morbo suole perdere l’uso contro quell’infermità
del
nostro tempo, la quale è diversa da quella dell’a
c. 11. l’uso de’ teatri in modo, che vengono anche a condannare l’uso
del
nostro tempo. « Ita adversus theatra urgent, ut a
sint urgere contra usum nunc plerumque vigentem. » D. Francesco Maria
del
Monaco nella sua dotta, e bellissima Parenesi app
l’autorità degli antichi Dottori vale anche contro le oscene Commedie
del
nostro tempo. E però i Commedianti, e i loro Audi
rinde ut in magno convivio salibus mordeor. » Seguita poi a ragionare
del
nostro tempo questo Autore. « Mos his etiamnum du
S’introdusse nelle Scene una varietà di Personaggi tutti mal contenti
del
Re: al quale facevano molte, gagliarde istanze pe
i gli Spettatori. Allora i Comici, che rappresentavano i mal contenti
del
Re, cominciarono a dire tra di loro, satireggiand
simo Re, troppo amico delle Donne. Ecco scoperto, dove vanno i danari
del
Regno: ecco dove si consumano; nel pagare i Ruffi
media satirica; e ho saputo da un Gentiluomo degno di fede, e pratico
del
Teatro, e Fiorentino, che gia in Fiorenza si reci
inore, per evitarne un altro maggiore, intende, quando la permissione
del
minore è l’unico mezzo efficace ad evitar il magg
leciti, e permissibili Spettacoli, benché alle volte alcuni, o molti
del
popolo, per la loro poca virtù, e abuso, vi comme
danna parimente se stesso, e non se crede. Ma veniamo alla difficoltà
del
nostro Dubbio. Dicono i Commedianti. Molti Teolog
che spesso si stampano, o si odono in molti luoghi contro le Commedie
del
nostro tempo. Rispondo. La piena cognizione di un
pere, eziandio che non vi stiano mai presenti, o per la pubblica fama
del
popolo; o per la fedele relazione d’alcuni Spetta
’ Commedianti, mentre fanno le lto Azioni; o conversano insieme fuori
del
Teatro:e io per questo mezzo ho avuto cognizione
anti intorno alle Commedie: lascio gli altri: solo ricordo i Discorsi
del
Cecchino, e la Supplica di Beltrame: ambedue prof
n Teologo è costretto a dire. Molte Commedie, fatte secondo le regole
del
Cecchino, e di Beltrame, sono oscene, scandalose,
ti dalla necessità. Così avvenne l’anno 1655. in una Città principale
del
bel Regno di Sicilia; ove all’ora io dimorava. Ve
ebbene una tal Commedia leva qualche volta alcune persone da’ ridotti
del
gioco, o dal postribolo, o da altro luogo peccami
dall’Arte o per spaventare i Popoli dall’udire le mercenarie Commedie
del
nostro tempo. E pure han seminato senza raccorre
e arde l’incendio li correr si deve ad estinguere; e ove sorge l’Idra
del
Vizio, ivi bisogna usar il fuoco, e’l ferro, per
orra efficacemente a cagionar il frutto: perché vera si è la sentenza
del
gran Papa Gregorio. « Frustra laborat foris lingu
peretur gratia Salvatoris. »lib. 1. ad Simpliciam. Quest. 2. E quella
del
gran Dottore Agostino. « Predicam Evangelum, quid
atre audiunt et discunt. »Hom. 2. de Davis et Saul. E è vero l’avviso
del
gran Boccadoro, che Dio da la grazia del persuade
s et Saul. E è vero l’avviso del gran Boccadoro, che Dio da la grazia
del
persuadere; come dava a quel Profeta, di cui egli
llar le Commedie; perché il Mondo vuole qualche ricreazione; e quella
del
Teatro è lecita ne’ prescritti termini di modesti
rvano con la. debita moderazione Teatrale de’ giochi; e trattenimenti
del
Teatro. E se questo fine non sortisce, sortirà fo
rno alla prova. Io stampai il Libro Terzo della Cristiana Moderazione
del
Teatro intorno a gli Spettatori delle Commedie po
na lunga lettera, di cui una parte è questa. Ho letto il Libro, parto
del
suo ingegno, e effetto del suo zelo verso le anim
a parte è questa. Ho letto il Libro, parto del suo ingegno, e effetto
del
suo zelo verso le anime de’ curiosi Spettatori de
é di piccolo giovamento all’Anime, per salvarle dalle gravissime pene
del
Purgatorio. Ponderi il Lettore il seguente caso.
tà, ammonire con parole, e con esempi i troppo affezionati Spettatori
del
Comico passatempo teatrale, e osceno; acciocché n
o ha ponderato, che una volta il Sommo Iddio, giustissimo vendicatore
del
male, si compiacque di palesarci il servissimo gi
nn. Capuc. T. 1. an. 1564. n. 19. pag. 616., poco stimando la perdita
del
tempo, lo consumano spesso in peccati leggeri. Oc
n dolorose parole. Salvi noi siamo dall’Inferno per gran misericordia
del
Sommo Iddio e ma ci ha confinato a patir lungo te
ne in questo luogo, perché facendo noi pochissima stima della perdita
del
tempo abbiamo consumato qui, non scaldandoci seco
queste pene si tollerano nell’altro Mondo da chi non stima la perdita
del
tempo nella santa Religione, e lo consuma in vani
: quasi che i poveri Comici siano la feccia de’ peccatori, e la peste
del
Mondo, e anche peggiori degli Scismatici, e degli
l’altre debite circostanze: e mostra, che mostrar si deve la gravezza
del
medesimo peccato. E questo fanno, e devono fare i
lore di qualche immaginato bene, fa sotterrare i suoi Vizi, per mezzo
del
piacere, secondo quel detto di Seneca. « Per volu
licenza, o almeno praticano la permissione. Ottava, perché ciascun fa
del
Dottore in questa materia; e se bene sente a cont
siastico. E la ragione di tutto questo male si è; perché la malvagità
del
peccato si trova in molti, e gli rende cièchi all
invita all’Inferno ovvero nomina il Cartello che si espone, Cartello
del
peccato,che avvisa l’ora della dannazione; ovvero
uni Cittadini s’accordarono di porre in ordine il celebre Recitamento
del
Pastor fiido, per rappresentarlo dopo la Solennit
iero: perché quelli, al bisogno de’ quali s’apparteneva l’ammonizione
del
Servo di Dio poco se n’approfittarono; anzi, per
infelici con ostinata, e diabolica persuasiva continuarono il tenore
del
male, e fecero peggio, La onde quel sacro Ammonit
oppo dissoluti; e di raccomandare con caldezza di affetto alla Maestà
del
misericordioso Iddio la loro conversione; e per o
pullulabit mox impenitentia Mater desperationis? » La sfacciataggine
del
Peccatore gli genera nel cuore tale impenitenza,
ragionamento che l’audienza non corrisponda all’onorevolezza pretesa
del
merito; non s’appaga col sapere, che tali discors
ori, i quali professano di essere tutti ardenti con la celeste fiamma
del
santo zelo delle anime, e poi s’impiegano con mol
de, o la mano di un languido infermo, e poi trascurare il medicamento
del
capo, del cuore o di altra parte nobile, e princi
ano di un languido infermo, e poi trascurare il medicamento del capo,
del
cuore o di altra parte nobile, e principale malam
ndoli accorti per fuggire i pericoli di perdere l’eterna consolazione
del
Paradiso, per cagione dell’illecito, e vanissimo
azione de’ medicamenti. Ma non per questo la Cristianità rimane priva
del
godimento di altre materie belle, gravi, importan
rigione il giudizio; e lo stringe dar sentenza secondo l’inclinazione
del
medesimo affetto. I Commedianti moderni hanno mol
so. Non è grande ingiustizia, che persone, le quali godono la sicurtà
del
vitto, e del vestito; e vivono con molta riputazi
nde ingiustizia, che persone, le quali godono la sicurtà del vitto, e
del
vestito; e vivono con molta riputazione e credito
ditati a più potere, da chi ha punto di vero Zelo dell’onor di Dio, e
del
bene spirituale delle anime, né ciò si giudica da
la bellezza dell’Onestà; e sono molto occhiuti per mirare l’interesse
del
guadagno; e pare loro, che l’impedirlo sia materi
, quam verbo exerce. » Punto decimo. Segue l’Autore raccontando caso
del
nostro tempo. S. Agostino scrive, « Hypocrita gr
di Rosci, alia sibi quarere Theatra necesse habuerunt. » L’Istrionico
del
presente caso accenna molte cose. Prima. I Padri
molte anime, che ingiustamente erano ingannate, e allettare alla rete
del
Diavolo, cioè al Teatro osceno, che da Tertullian
ritti; ponendosi avanti gli occhi quel fin lodeule di insegnar l’Arte
del
vivere sapientemente; come al Comico si conviene.
e il ladroneccio, uccidendo alla strada i Passeggeri, e spogliandoli
del
dinaro, il mezzo sarebbe molto cattivo, ancorché
sentazione; questo è servirsi di un mezzo molto repugnante alla bontà
del
fine, cioè per cagionare casti costumi, proporre
asciano tirare anche più dalla cosa rappresentata, che dall’artificio
del
Rappresentante: e così la Commedia oscena nella p
da’ deboli di spirito, e s’imparano nel Teatro, per ridurli poi fuori
del
Teatro alla pratica disonestamente. Molti Giovane
onversazione con le Meretrici. Un moderno giudizioso, e molto pratico
del
moderno, e mercenario Teatro diceva. Le Commedie
la Scena e con le Meretrici, e con altre Donne moltiplicano le offese
del
Creatore. Né giova il voler provare, che le Comme
i quelle carte. Non giova dico; perché se si scemarono sono i peccati
del
Gioco, si aggiunsero quelli, che le Commedie osce
bbondanza, e con maggior bruttezza, che non sarebbero flati i peccati
del
Gioco. Chi sta ad un’oscena Commedia, non sta in
a deliberazione per una grazia molto straordinaria, e abbondantissima
del
misericordioso Iddio, e così alcuni capi sventati
are al bene, persuadano prima a se stessi l’ammaestramento, e pratica
del
bene, e quelli, che sono nel Vizio si ritirino da
no nelle Città, che non servono ad altro, che alla vanità, e al danno
del
Prossimo? Quanti vivono col far dadi, carte, pall
da’ Monaci. È vera li differenza che i Secolari si legano co’ vincoli
del
Matrimonio, « Matrimoni vinculis se constringunt
ontro di me, come giudico esser detto contro di se D. Francesco Maria
del
MonacoIn Paranesi p. 32., quando, scrisse. « Rigi
cioè. La consuetudine di peccare diminuisce la bruttezza, e l’infamia
del
peccato, secondo l’opinione degli uomini; ma non,
stiano zelo, vogliono, che molti Autori condannino le oscene Commedie
del
nostro tempo. E non crediamo a chi dicesse con Be
deve, né si può dar occasione di precipitarsi nella rovina spirituale
del
peccato mortale. E però ogni Comico parli cautela
ar la Comica Professione. Così Beltrame chiaramente scrive nel titolo
del
capo 52. e poi vi discorre sopra diffusamente, di
ni prescritti da’ Teologi; e però non si deve secondo lui nomare Casa
del
Demonio. Ma io rispondo con il parere de’ Teologi
e però recano fondata ragione a’ Savi di chiamar il Teatro loro Casa
del
Demonio; ove non s’apprende a fuggir il male ma s
ntico Teatro si applica giudiziosamente da’ Teologi all’osceno Teatro
del
nostro tempo: ne è cosa non saputa da’ Dotti, che
ragione? Potrei allegar molti luoghi nella sua Supplica per acconcio
del
detto mio ma di vantaggio basta il cap. 57. ove s
vestito, partorì una creatura, che rappresentava la medesima immagine
del
Demonio, tanto spaventosa, e tanto brutta che niu
olo si potria dipingere più brutto né più abominevole. La Madre morse
del
parto; e di quel poco, che questa creatura visse;
simi Intermedi; in uno dei quali si rappresentarono i santissimi atti
del
Sacerdote, quando parato dice Messa all’Altare, e
ta e spaventosa vendetta della Divina Giustizia, e contro un derisore
del
sacro rito Cattolico, e contro l’illecito abuso d
ontro un derisore del sacro rito Cattolico, e contro l’illecito abuso
del
Cristiano Teatro, e però temano ancor quelli, che
onde tosto furono prese le Streghe, e convinte confessarono la verità
del
fatto, e la loro malvagia maniera d’alloggiare. E
are. E perché Sua Santità mostrò d’aver qualche dubbio nella sostanza
del
successo, Pietro Damiano lo confermò con l’esempi
mento: ma l’infelice, e scellerato passò troppo arditamente i confini
del
decoro, e della Religione, rappresentando « Spect
osì rovinar l’anima tua con l’offesa mia. E pure il malvagio si abusò
del
Celeste avviso, e fece peggio: né con tutto ciò f
ivo dell’emendazione. Onde l’offesa tanto, e tanto bestemmiata Regina
del
Cielo a quel terrestre Mostro d’infamia, e vitupe
n Madre di Dio, della quale infino i maggiori Peccatori, e Peccatrici
del
Mondo, sogliono essere devoti. E chi cade in tale
Punto Decimo quinto. Di molti Casi accennati da D. Francesco Maria
del
Monaco nella sua Parenesi Clas. 7. Riferisce Ter
ella di santo Damiano stette diciotto giorni ne’ penacissimi tormenti
del
Purgatorio, per aver avuto troppo diletto in udir
ta in modo, che rimase con il corpo ulcerato, e puzzolente: e in pena
del
suo cantar’osceno, ricevé tormento grave di fuoco
possiamo formar de’ suddetti Casi. II medesimo Autore Francesco Maria
del
Monaco, avanti di; spiegargli giudica, che siano
, et timeat, ne similia incurrat? » Ma non voglio tacere per rinforzo
del
giudizio del citato Autore ciò, che nell’Istorie
ne similia incurrat? » Ma non voglio tacere per rinforzo del giudizio
del
citato Autore ciò, che nell’Istorie universali de
nte, e essendo allora di legname, cadde in un subito per la grandezza
del
peso, e cadendo cagionò, che moltissimi vi moriro
tutta la Città. L’istorico così conclude il racconto. Questo fu segno
del
futuro danno, che venir doveva in breve a Fiorenz
E io quindi avviso a troppo curiosi degli indegni Spettacoli Teatrali
del
nostro tempo, che se ne ritirino, meditando que’
camente. Il Predicatore sentito l’avviso, e conosciuta l’inclinazione
del
buon Superiore, promise soddisfare al debito; e p
econdo l’obbligo mio, ne ragionerò a beneficio delle anime e a gloria
del
comun Signore, senza pensier di offendere, è disg
di lanciar altre saette per ferire: e solo ricordo la grave sentenza
del
Santo ArcivescovoAntonino. « Contingit, quod best
stessi Comici tra di loro si correggessero. Edi più nella spiegatura
del
contenuto in detto Capo in un luogo dice. Se l’es
e lo persuada per vero, seguendo il parere, e il lamento di Beltrame,
del
Cecchino, e d’altri Comici, i quali sono Professo
ttando questo Comico soggetto, usano, e da principio, e nel progresso
del
Trattato, più, e più volte, la debita distinzione
dichi da' Dottori comunemente essere oscena, e perconseguenza indegan
del
Teatro, se non riceve la necessaria, et totale Mo
tta contro tali Poeti impuri meritò una bella palma Platone a’ parere
del
medesimo Santo. « Platonicap. tit. danda est palm
il Cardinale con faccia grave, e alterata, voi siete, il Compositore
del
Pastorfido? Io non voglio domandar grazia alcuna
stato tanto il giovamento de’ miei Libri; quanto è stato il nocumento
del
vostro Pastorfido. Nota seconda. Il P. Paolo Comi
nell’uno, e nell’altro sesso, e fin dall’età fanciullesca fatte preda
del
peccato, e de Demonio. Nota terza. Operarono mala
mo stusdio, cunctisque opibus mercantur exitium. » E di questi nemici
del
Salvatore, e Compositori impuri attesta di più, c
celebrarlo, e magnificarlo. Il P. Famiano Strada mostra con l’esempio
del
Sapientissimol. 51 Prolus. 3. p. 104. Poeta Omero
del Sapientissimol. 51 Prolus. 3. p. 104. Poeta Omero a Poeti osceni
del
nostro tempo, che devono macchiar la vita de’loro
Al molto detto sin qui dallo Strada aggiungo per conclusione un poco
del
detto di altri. Il P. Daniello Bartoli nota di qu
Poeti fosse stato quest’uno di svegliare col diletto della favola, e
del
verso in altrui stimoli di lascivia, potevano far
che ogni Verificatore impuro considerasse, e praticasse il sentimento
del
famoso Poeta Carmelita Battista Mantovano, il qua
vuole, che queste Composizioni immonde siano parti usciti dalla bocca
del
Dragone infernale, e generati dalla bestia, e mal
Composizioni piene di molte disonestà con grave offesa di Dio e danno
del
prossimo . Origine avvisa, che questi Componiment
ua anima interemunt. » E qui per acconcio si può inserire il pensiero
del
gran LeggistaL.Cetero.4.§.tantundo.ff.famil.ercis
con le quali in Demonio lega l’anima e dolcemente la tira nella morte
del
peccato. Tizzoni dell’Inferno, con i quali lo spi
tesoro preziosissimo della divina Grazia, e con essa l’eterna Gloria
del
Paradiso. Nota sesta Che cosa contengono, e che e
o, che ha più poter si fuggano; perché malamente trattano l’anteriore
del
giovamento. E questi sono quei Libri, i quali fav
attano, che disonesto; altro non pare, che pretendano, che con l’esca
del
ben dire allacciar nelle reti del dannato piacer
are, che pretendano, che con l’esca del ben dire allacciar nelle reti
del
dannato piacer del senso, e chi legge, e chi asco
, che con l’esca del ben dire allacciar nelle reti del dannato piacer
del
senso, e chi legge, e chi ascolta. Di questiDisc.
ibidinum. »l. 3. c. 13. dis. 37. c. 15. E S. Bernardino da Siena dice
del
libro d’Ovidio de Arte. « Quis apud Christicolas
ato di Dio, e zelante della sua integrità, che di questi Libri osceni
del
nostro tempo più si verificano i biasimi, che con
sceni del nostro tempo più si verificano i biasimi, che contro quelli
del
tempo antico già dissero, e scrissero; che i Gent
letti sù le carte, o sentiti sù i palchi, se non persuasive, e scuole
del
Demonio? A questi effetti Lascivi credo alludesse
guus, modicus, parvus »Iacobi c. 3. 5.. E come S. Girolamo a vitupero
del
peccato di Ario disse che era una scintilla, che,
ocede l’inimico nostro assediatore Satanasso, pone il fuoco infernale
del
peccato, e l’esca del diletto ne’ Libri osceni, e
assediatore Satanasso, pone il fuoco infernale del peccato, e l’esca
del
diletto ne’ Libri osceni, e li fa volare a distru
erli nel Libro, che io scrissi della sposa di Cristo, dove nel c. 20.
del
lib. 5. trattai in particolare questa materia: e
« Segnalato è quell’esempio, che racconta Monsignor Rescia nella vita
del
gran Cardinale Osio: ove riferisce, che studiando
compose con titolo di Prato spirituale, e che fu approvato da’ Padri
del
2. Concilio Niceno, racconta, che Ciriaco Abate v
cenità, o per far peggio? Certo che di molti si è verificato il detto
del
giudizioso Plutarco. « Parterunt pupillas virgine
di Santadella Compagnia di Gesù vita, e che fu Maestro de’ Novizi, e
del
B. Luigi Gonzaga, stava una volta per convalescen
zione con molto contegno dell’animo suo devoto,e pio. Ho letto ancora
del
P. Giacomo Alverez de Paz Spagnuolo della Compagn
la un Religioso Padre Domenicano sermoneggiando, nella sacra funzione
del
Santissimo Rosario, esortò gli Auditori·a fuggire
passo di questa vita mortale, per dover andar all’esame e spaventoso
del
Giudizio Particolare. Prego in quel punto la Madr
attribuito ad un strumento musicale, ritrovato dal favoloso Dio Pan;
del
quale così ragiona un Pastore pressp il Principe
Libri lascivi, e tanti; e tanti Romanzi? « Ossa eius. » Sono le ossa
del
Demonio: e che se queste sostentano le membra, e
le ossa del Demonio: e che se queste sostentano le membra, e la carne
del
Demonio, e gli danno occasione di diventare peggi
, che quella Lezione, se non espugna la mente, e la volontà per mezzo
del
consenso, certo la oppugna con la suggestione di
n Libro cattivo letto instilla nascostamente il suo veleno nell’animo
del
Lettorein Bibl. P. 1. l. 1. c. 25. p. 109.. « Ips
ctimonie bellum crudelissimu movent », muovono alla purissima santità
del
vero Dio Cristo una crudelissima guerra. Or chi d
In Prefat. Oper. De parijs vir. historijs. Aggiungo usando le parole
del
P. Daniello Bartoli. « Tutta Europa e tutto il Mo
e. « Cautissime incedat oportet, dice Plutarco secondo l’attestazione
del
Possevino, quisquis salutis sua curam serio gerit
n buono, e delicato cibo. L’albero vietato ad Adamo era della scienza
del
bene, e del male; e non dimeno Iddio intimò quel
elicato cibo. L’albero vietato ad Adamo era della scienza del bene, e
del
male; e non dimeno Iddio intimò quel gran divieto
bero ingannati. Quel miscuglio di male e di bene deroga all’integrità
del
bene secondo il volgato Assioma. « Bonum ex integ
rete all’astuto Inimico, per allacciar le anime di molti nel diletto
del
male con la Lezione del bene. Piacesse a Dio, che
, per allacciar le anime di molti nel diletto del male con la Lezione
del
bene. Piacesse a Dio, che chiunque legge Libri ta
hiunque legge Libri tali, sempre volesse, e sapesse praticar l’avviso
del
Profeta, « Si separaueris pretio sum a vili » : e
e buone, e oscene, si guardi dal leggere le oscenità: moderi il gusto
del
diletto, per non aver occasione di piangere poi i
rità, sono proclamatori di quanto ho detto, e possono usare le parole
del
medesimo Santo. « Melius nescire secure, quam cum
ine, che i Mortali attendessero all’acquisto della Virtù, e alla fuga
del
Vizio. « Poetica fabula, scrive S. Tommaso, idcir
desti. 2. Motivo è il ricordarsi, che la mente, la lingua, e la bocca
del
Cristiano è stata più volte consacrata col prezio
l Cristiano è stata più volte consacrata col prezioso Corpo, e Sangue
del
Redentore nella Santa Comunione: e però non si de
Libri disonesti sono villanie, maldicenze, e bestemmie contro l’onore
del
nostro celeste, e divino Padre Dio, contro la rep
ione della nostra Santa Madre Maria; e contro i nostri Santi Avvocati
del
Paradiso. Chi pratica dunque tal Lezione, che aiu
’ disonesti, e ne resta il misero avvelenato 6. Motivo è l’allegrezza
del
Diavolo nella molte del Lettore de’ Libri osceni;
il misero avvelenato 6. Motivo è l’allegrezza del Diavolo nella molte
del
Lettore de’ Libri osceni; l’Inimico in quel punto
di maledizioni in sempiterno: E invero se meritarono già la vendetta
del
Cielo coloro, « Quorum carminibus, dice Manilio,
. Plutarcoin Crasso. nota, che Surena, Capitan Generale dell’Esercito
del
Re de’ Parti, riportò vittoria contro i Romani co
otta delle sue schiere; e dovendo trionfare, stimò non piccola gloria
del
suo trionfo, far comparire in quello un Libro det
udico amore: e pure la Nazione Turchesca vive con grandissima libertà
del
senso: e la Milizia del Turco non si esercita nel
azione Turchesca vive con grandissima libertà del senso: e la Milizia
del
Turco non si esercita nella palestra della pudici
ro, e non secondo le buone Leggi della cristiana Modestia. Nella vita
del
virtuosissimo Servo di Dio P. Bernardino Realino
à secolare una sola se ne stampò, e fu un Commentarioc. 3. della Vita
del
P. Realino. sopra le Nozze Catulliane di Pelleo e
le Nozze Catulliane di Pelleo e Tetide; e quello apportava all’anima
del
medesimo Padre, fatto Religioso, ogni volta, che
vvisando, che Giovanni Pico della Mirandola, e alcuni altri Scrittori
del
nostro secolo bruciarono i Libri da loro composti
amoso Poeta Marini, il quale morì con grano sentimento di Dio in mano
del
P. D. Andrea Castaldo, f. m. già nostro Generale,
ittori impudichi nel passo della loro morte avranno questo sentimento
del
Marino, se prima con vera penitenza non avranno s
inciò a considerare un Libro da se composto, come un novello Faetonte
del
Mondo, e sentì nascere nel suo cuore pensiero di
e sentì nascere nel suo cuore pensiero di fulminarlo con la sentenza
del
fuoco; ma mentre lo prese per sacrificarlo a modo
non gli costasse parte della vita; la pubblica aspettazione, e brama
del
Mondo desideroso di vederla; lo splendor della gl
te gli ritenne la mano, rese stupido il braccio, e cangiò il pensiero
del
cuore: quindi mutato parere, stimò se stesso Auto
sicurandolo di pace; e gli promise la bella luce della Stampa in vece
del
vorace splendore dell’abbruciamento. Spiega nobil
no la mente a libidinosi incentivi. Don GiovanniPar. 2. c. 18. p. 79.
del
libro intitolato, Avvisi di coloro, che hanno cur
ro con persone viziose; così non debbono consentire, che si ritrovino
del
continuo, giorno e notte occupati in Libri pieni
costumi de gli uomini, ordinarono, che niun Giovane leggesse il Libro
del
Genesi, né do Ezechiele Profeta, né i Cantici, né
importa. in questo negozio è il santissimo, e necessarissimo Decreto
del
Sacrosanto Concilio di Trento, il quale per provv
ntichi scritti da’ Gentili si permettono per la proprietà, e eleganza
del
parlare: come dice la medesima Regola settima. «
abuso, impiegar gli occhi, dati per servire al Creatore, nell’offese
del
medesimo Creatore. Nota decima quinta. Si aggiung
, e in quelle hanno saputo cercare, come l’oro nel loto, la politezza
del
dire, e la nobiltà delle forme da usarsi scrivend
. Cioè, i Padri lessero i Poeti, ma non tanto per imparare l’eleganza
del
parlare , quanto per confutare gl’errori de’ Gent
a Lezione oscena senza la debita preparazione. E questa si è a parere
del
Teologo Bresciano l’aver domate le passini vizios
se un Cristiano poco si vale di tal predica, può egli avere speranza
del
perdono delle Colpe commesse con la Lezione dison
ne pulchrum quidem esse, dicere. »Ad Demonicum. Plutarco discorrendo
del
modo di leggere i Poeti, mostrava che si corre gr
elli « Venenu turpilqui in aureo calice culta locutionis », il veleno
del
brutto parlare nel dorato calice della leggiadra
in parte; e perdono anche la solita forza per allettare; come i raggi
del
Sole si offuscano, e non riscaldano, quando incon
elli allettato, e allacciato. Dico 4. L’obiezione, sana con le parole
del
P. Strada, è tanto bene oppugnata, e espugnata da
ominciò a leggere; ma avanti di finire il primo, sentì tali incentivi
del
senso, che sdegnato lo gittò via, né mai più voll
iù generosa risoluzione, e più casta, pura, e santa volontà fu quella
del
virtuosissimo, e religiosissimo D. Francesco Gaet
za, che è cosa da piangere lo sperimentare oggidì verissime le parole
del
P. Bartolinell’Huomo di lettere p. mibi 78.. Non
Intorno a queste Ragioni, e altre secondo alcune proposte, e risposte
del
P. Giulio Mazarino, e di altri. Questo famoso, e
icenzioso , e libero studio, e massimamente delle Muse nell’Accademia
del
Parnaso molte cose. E prima, che i Poeti, e i pro
Dio conceduto per impiegarlo in ottime occupazioni, e per l’acquisto
del
Cielo, spenderlo nelle buone Arti, e non nell’app
e dissoluto? E se Timoteo, quel gran Musico, solo col cambiare l’arie
del
suono destava ne gl’Uomini diversi affetti d’ira,
otale Lezione altra ragione, salvo che questa, cotanto la stimò vera,
del
grand’allettamento da queste Favole cagionato, st
uiti. Mosè stritolò quel Vitello d’oro, che fu cagione dell’Idolatria
del
suo campo. E il Re Iosia discese il Serpente di b
nque fossero con spese eccessive fatti. A queste Proposte, e Risposte
del
P. Mazzarino aggiungo quella Proposta che fa il P
ibrilib. Cit. pa. mibi’ 89. : e ponderi, e pratichi il moderno avviso
del
P. Bartoli, che interrogando scrive. Mancano i Li
are senza feccia, e di sapor tanto più dolce, quanto delle sordidezze
del
senso sono più gustosi i puri pascoli della mente
Aspicere aut Picturas, aut deformes prohibemus. » Quelle sono parole
del
Filosofo, alle quali aggiunge il P. Carlo Scriban
. « È Calvini Libris » : dalla Lezione de’ Libri di Calvino: appresso
del
quale mentre leggendo, che questo Eretico dice, c
i Libri, e si levino i profani. Così procedono i Carmeliti; i Monachi
del
Monte Oliveto, i Frati Minori dell’Osservanza; e
l Gran Pontefice Clemente VIII. visitando con gran zelo sul principio
del
suo Pontificio governo i Monasteri de’ Religiosi
asta un’ora di flagellazione; ma vi vuole la gravissima, e lunga pena
del
Purgatorio. Aggiunge altre cose quest’Autore, e l
cuna oscenità: e fattone un Volumetto, si pubblichino sotto il titolo
del
vero Autore: come sarebbe dire. « Selecta quadam
. si potrebbe porre il nome di qualche buono Autore secondo il parere
del
P. Lorino, che avvisa. « Non sane magnum sentiret
odesti. Parmi qui riferire una cosa, dice Fr. Luigi di Granatapar. 4.
del
Simb. al fine., che mi narrò un Signor del Consig
r. Luigi di Granatapar. 4. del Simb. al fine., che mi narrò un Signor
del
Consiglio generale della S. Inquisizione del Regn
, che mi narrò un Signor del Consiglio generale della S. Inquisizione
del
Regno di Portogallo. Contò egli, che andò a chied
i andò a chiedere il S. Battesimo, e a farsi Cristiano. A questi Casi
del
Granata aggiungo io quest’altro. Intesi gli anni
on gusto, e frutto trattenerti? Se tu vuoi Historie, leggi gli Annali
del
Mondo, e della S. Chiesa: le Cronache delle Relig
ttezze, e sporchezze? Che confusione sarà la tua Cristiano nel giorno
del
Giudizio, quando vedrai, che nella comodità di ta
conviene, che abbia per fine suo principale l’utile, e mantenimento,
del
corpo, e per accessorio il gusto, e il diletto de
e, e mantenimento, del corpo, e per accessorio il gusto, e il diletto
del
senso:così il·buon Poeta non si prefigge per fine
o Fracastorio:e dal quale possono conoscere la loro vanità que’ Poeti
del
nostro tempo, che si faticano tutto dì scrivendo
non potete, che Fama a gloria di Dio, e a vostro onore con giovamento
del
prossimo, suoni le trombe del vero, e cordiale pe
di Dio, e a vostro onore con giovamento del prossimo, suoni le trombe
del
vero, e cordiale pentimento, provandolo autentica
ere belle, ingegnose, nuove, graziose, e allettive secondo la finezza
del
talento vostro; ma siano Opere sacre, o almeno in
nire gloriosi Valentuomini, e valenti imitatori d’Omero, di Virgilio,
del
Tasso, e d’altri nobili Eroi tra’dotti, senza che
e il consumar il tempo senza frutto è peccato; ma vi è la distinzione
del
perder tempo, e del peccato. »cap. 51. Io approv
po senza frutto è peccato; ma vi è la distinzione del perder tempo, e
del
peccato. »cap. 51. Io approvo il detto, in quant
il consumar il tempo senza frutto. Ma non approvo già la distinzione
del
perder tempo, e del peccato: perché non so, che v
o senza frutto. Ma non approvo già la distinzione del perder tempo, e
del
peccato: perché non so, che vi sia tal distinzion
e degna di castigo per la colpa. E però Crisostomo condanna la vanità
del
Teatro; perché, se non vi fossero tanti altri pec
ché, se non vi fossero tanti altri peccati, almeno vi è questo peccar
del
perdere, spendere, e consumare vanamente il tempo
con peccati gravi, né con vanità leggeri ma con opere buone, e degne
del
vero Cristiano. E qui vale il detto del Cancellie
i ma con opere buone, e degne del vero Cristiano. E qui vale il detto
del
Cancellier Gersone. « Si nihil haberet aliud detr
Se l’udir Commedie oscene non avesse altro danno, che la consumazione
del
tempo; questo basterebbe a un Satanasso abbondant
o abbondantemente. Ma dato, e non concesso, che vi sia la distinzione
del
perder tempo, e del peccato: dico, che non è comp
a dato, e non concesso, che vi sia la distinzione del perder tempo, e
del
peccato: dico, che non è comportabile il perder t
Libri, ne’ quali siano oscenità, o di cose, o di parole. E per prova
del
detto bastino l’autorità, le ragioni, i casi segu
l lavorare, mangiare, e dormire. Ora mi ristringo all’ultima risposta
del
punto intorno al Recitamento osceno; e dico. Quan
re a ciò che per acconcio di questa Ragione ho detto nel Punto Ottavo
del
Capo Terzo di questo Libro, trasportando nell’Ita
Libro, trasportando nell’Italiano la Risposta, che D. Francesco Maria
del
Monaco nella sua dotta Parenesi ha stampato con t
resto a casa, per ristorarsi presto co cibo della mensa, e col riposo
del
letto. Che se pure vorrà vegliare, potrà consolar
da Ragione, cioèS’impediscono molti peccati ne’ Giovani. La bruttezza
del
Vizio suona la tromba alla propria distruzione: e
e di risse giovanili, o di altre simili imperfezioni. Per non dir poi
del
pericolo di fare una Commedia, modesta sì in part
to di vita molto meravigliosa. Or che giudizio si fece dell’Azione, e
del
concorso ad udirla? L’Azione fu stimata in se ste
ovani di Congregazione hanno fatto le Commedie. L’occhio mezzo chiuso
del
Superiore alla permissione non è buono Avvocato p
e una lucente fiamma, per scoprire il sentiero della Virtù a’ seguaci
del
vero bene; e però saggiamente si anima ad onorate
a risposta a questa Ragione non è un corallo, che si peschi nel fondo
del
Mare con difficoltà: voglio dire che è facile e s
à: voglio dire che è facile e si può comodamente spiegare co’ termini
del
tenor seguente. Qualche Congregazione piena di so
e poi difficilmente, anche con lunghezza di tempo, si torna al punto
del
suo bene aggiustato, e armonioso concento: e però
allo spirituale, e buon governo de’ Congregati. Non sempre l’elemento
del
fuoco serve solo per scacciare il rigor del fredd
ti. Non sempre l’elemento del fuoco serve solo per scacciare il rigor
del
freddo dalle membra; alle volte scalda troppo, e
Nota quinta. Della Quinta Ragione, cioè I Chierici, e i Convittori
del
Seminario Romano, gli Alunni d’altri Collegi, e i
sta Ragione manca di buon fondamento, e è molto difettosa nella forza
del
suo paragone; perché a que’ Giovani studenti, e r
Congregazione di Persone, che ne’ giorni di lavoro travagliano a pro
del
loro vitto; e, nelle Feste possono goder, se vogl
voglio ponderar una sola Ragione, per la quale si concede a’ Giovani
del
Seminario Romano l’esercitarsi in qualche Azione
costumato già, molti, e molti anni sono, che per ricreare la Gioventù
del
Seminario in tempo di Carnevale, si facessero ven
sua Azione: per la quale si esercitano prima tra loro con la presenza
del
loro Prefetto, o di altro Superiore; e senza mai
l’esercizio necessari al pubblico Recitamento: e per ordinario si fa
del
tempo assegnato per la solita ricreazione d’ogni
o dica, che chi recita, guadagna non poco nell’addestrarsi all’azione
del
dire con pubblica franchezza; nel mandar a memori
ati, crudelissimi omicidi delle anime comprate dalla morte col sangue
del
Redentore, Principe, e Re della nostra eterna vit
egli Eccellentissimi Signori Colonnelli la grave, e maestosa Tragedia
del
finale Giudizio, opera del P. Stefano Tucci Sicil
i Colonnelli la grave, e maestosa Tragedia del finale Giudizio, opera
del
P. Stefano Tucci Siciliano, Sacerdote della Compa
o di modo, che risolsero d’abbandonare i belli, e graziosi pomi d’oro
del
mondano Giardino, e d’entrare nel penoso deserto
Giovane discolo, che per suoi mali portamenti sia esiliato dalla casa
del
Padre, e abbandonato dagli Amici, e si trovi senz
i, e affettuosi sospiri, è atta a cavare le lacrime fino dalle radici
del
cuore a’ Circostanti: e però le Rappresentazioni
lli convertiti, per sanare bene hanno bisogno di altro impiastro, che
del
comico lenitivo: essi devono pregar il Signore co
rno tuo perdono in Paradiso. Essi devono aggiustar molto bene i conti
del
Libro di coscienza, e soddisfar, per quanto posso
, non si cureranno di scoccar le saette de’ loro pensieri alla vanità
del
gusto teatrale. Dunque concludiamo, che né per li
al zelo dell’Anime, ma è di persone buone, e virtuose. La confessione
del
difetto deve servir di freno per la sua correzion
onorato fallimento di bontà. Che strana ragione è quella, che a favor
del
far Commedie, recano alcuni dicendo. La Congregaz
atiche. E Licurgo, uomo tanto severo, e determinato Sacrificio al Dio
del
Riso, e volle, che ognuno fosse astretto all’atto
icreazioni secondo la misura della discreta, e necessaria concessione
del
Superiore. E molte volte vanno a ricrearsi spinti
i Capitoli, come che siano di un Concili Cartaginese, ma non si sa se
del
primo, o del secondo, o del terzo; e nel quinto d
ome che siano di un Concili Cartaginese, ma non si sa se del primo, o
del
secondo, o del terzo; e nel quinto di detti Capit
i un Concili Cartaginese, ma non si sa se del primo, o del secondo, o
del
terzo; e nel quinto di detti Capitoli si legge. «
igili con diligenza, acciocché la militare disciplina punto non perda
del
suo vigore. L’osservanza non scema gli eserciti,
izio di far Commedie, ma questa compassione mira, temo io, lo scapito
del
loro fervore, e il pericolo di abbandonarsi nell’
, e fosse trovato difettoso; e allora la correzione, e l’avvertimento
del
difetto non generava mai amaritudine, ma sempre c
, che recano rovina alle campagne, e guerra al mare. La Conversazione
del
vero, e virtuoso Congregato deve regolarsi; e agg
praintendenza, indirizzo, e beneplacito de’ Superiori, e massimamente
del
principale. Che se la conversazione di qualche Fr
, che tra poco uscirà il quarto Libro di questa Cristiana Moderazione
del
Teatro, al quale perché s’intitola. Le Ammonizion
la Commedia. 115. N. 5. Della 5. Ragione. I Chierici, e i Convittori
del
Seminario Romano, gli Alunni d’altri Collegi, e i
o 1646. Vincenzio Rabatta Vic. Di Fir. Stante la sopradetta relazione
del
Sig. Girolamo Rosati Consultore del S. Offizio si
r. Stante la sopradetta relazione del Sig. Girolamo Rosati Consultore
del
S. Offizio si stampi questo dì 14. di Marzo 1647.
ì 21. Aprile 1647. Vincenzio Rabatta Vic. Di Fir. Stante la relazione
del
Sig.Girolamo Rosati, Consultore di questo S. Offi
. 1. de amore. lib.3. de leg. In Lacon. Appresso il Franc. Par. 3.
del
Giov. Chr. Pedag. L. 3. c. 11. Ho. 6. in. 2. Ma
ntr. Julian. In Proem Digest. c. 44. l. 3. pag. 2. c. 49. n. 6. e 7.
del
Bene. l. 6. c. 2. l. 10. de Reb. Frac. Tratt. 7.
l. 1. Prol. 3. pa. 164. l. 7. della Rep. Reg. c. 10. D. Franc. Maria
del
Monaco in Parenesi pag. 47. Lib. 1. de Consensus
r. tr. 4. de Penit. 9. 16. § Dico tertio. Virg. Aeneid.l. 1. par. 1.
del
Faetonte c. 19. n. 4. pag. 710. Exod. 23. 2. l.
. n. 6. In Jonam c. 3. c. 51. a. 27. Iunii Così sta nelle risposte
del
P. Claudio nell’archivio Romano. in Bibl. P. 1.
Spec. Nella Piazza Universale disc. 104. cap. 53. cr. 3. contra Iul.
del
Bene l. 4. p. 2. c. 50. n. 7. de Spect. cap. 40.
D. ser. 143. de Temp. l. 4. c. 19. apud Fam. P. 145. c. 3. della Vita
del
P. Realino. In Act. Ap. C. 19. v. 19. §. Deinde d
p. 107. in Auth. Par. 1. c. 11. 5. 10. p. 402. Par. 2. c. 18. p. 79.
del
libro intitolato, Avvisi di coloro, che hanno cur
c. 25. p. 108. In Act. c. 19. v. 19. p. 718. Plut. in Apoph. par. 4.
del
Simb. al fine. in cat. Ad illud. c. 2. Iob. Filij
] Comprendre: perchè. as. [NDE] Comprendre: azione, risultato e modo
del
toccare. at. [NDE] Comprendre: rilassamento. au
In Actores et Spectatores Comœdiarum Parænesis. Autore Franciso Maria
del
Monacho Siculo et c. Patavii 1630 On trouve da
Acteurs et aux Spectateurs des Comédies, composéb par François Marie
del
Monaco Sicilien de la Ville de Drapanoc, Docteur
apitre 3. Sect. 4. La seconde partie de cet Avertissement de François
del
Monaco, est employée à examiner trois proposition
représenter sans péché mortel. » La troisième partie de l’Ouvrage de
del
Monaco, propose les raisons apparentes des mondai
iniâtreté des hommes. La quatrième et dernière partie de l’Ouvrage de
del
Monaco, se réduit à trois remèdes qu’il propose c
ai pas, parce que ce sont les mêmes principes et preuves que celle de
del
Monaco, auxquelles il a donné un tour très délica
être vu. Il confirme son sentiment en plusieurs endroits par celui de
del
Monaco : il loue l’Ouvrage de ce savant Sicilien,
Père Ottonelli cite ces paroles de la page 30. de l’Avertissement de
del
Monaco : « Honesti ludi ii sunt in quibus nulla o
e tout le monde. b. [NDE] Le titre exact est : D. Francisci Mariae
del
Monaco,... In actores et spectatores comoediarum
parenæsis. in 4° Patavii, Laur. Pasquatus. c. [NDE] Francesco Maria
del
Monaco (1593-1651), né à Trapani en Sicile, mort
de Modène) en Italie, jésuite w. [NDE] Della christiana moderatione
del
theatro (1646 ; 1652), édition complète en 6 vol.
rsi ritrarre. Pittor ferma il pennel’ ch’altrixpresumey Invan ritrar
del
mio bel Sole i lampi, Del mio bel Sol, per cui fi
, per cui fia mi consumez, Anzi pur sempre lagrimando avvampi. Degna
del
Sol celeste oggi il costume Il mio terren’ quel n
vemente Lega, cui non sciorràmTempo, né Morte. Ma dimmi o bella mia
del
Ciel Sirena, Ond’èn, che’l caro nodo ancor m’acce
ge 1. CHAPITRE II. Section i. Abrégé de l’Ouvrage Latin de François
del
Monacho Sicilien. page 18. Section ii. Ouvrages I
faits en ce siècle contre la Comédie, savoir celui de François Marie
del
Monacho Sicilien, et un du Père Ottonelli Jésuite
aux Vers la liberté de la Prose, introduce nel dir legato, la liberta
del
dir sciolto, c’est-à-dire, selon moi, change la P
nti mie vene Un velen, che Medea porrò seco d’Athene ; Gia dentro
del
miu core il veleno diffuso, Sparge nel cor spir
d il rime, comme dans ces Vers sur l’ambition humaine, La ambicion
del
humano devanto, Ya’ satisfecha cansa, y de un d
ges imprimés contre la Comédie. A Padoue, en 1630, par François Marie
del
Monacho, Sicilien. A Florence, en 1645, par le P.
; comme les combats à coups de poings sont en usage à Venise, et ceux
del
Calcio j à Florence ? Ne voit-on pas encore tous
e quelques vers d’une tragédie de Sénèque, commentés par le P. Martin
del
Rio, Jésuite Flamand, fameux par d’autres ouvrage
cieuse qu’un mauvais Roi. » Les Jésuites ont eu beau représenter que
del
Rio était encore dans le monde, et même Conseille
e pernicieuse qu’ils ont redoutée dans le théâtre Latin de Sénèque et
del
Rio, mérite encore moins de grâce dans les théâtr
esprits un bien plus mauvais effet que la tragédie et le commentaire
del
Rio, que personne ne connaît. Tous ces arrêts cél
aint la doctrine du tyrannicide que dans le bouquin Flamand de Martin
del
Rioac), Campistron a tenu le même langage. Pouvai
Teorici, teologici e istrioni : per e contro il teatro nella Francia
del
Cinque-Seicento, éd. Luisa Mulas, préface par Gia
ancto zelo ; todaula nemos han quedado estas dos por cortar y abrasar
del
todo principio, y cabeça de hartos damnos, que so
lo dovessero et potessoro a somiglianza di Cæsare usare nella capella
del
Pontefice, il seggio et, il guancia d’Oro. » Gira
sto inclito Principe, et successori suoi : si in sigillare in piombo,
del
tenere il cero in mano dicendo si il Vangelo, et
dal Vespro della vigilia dell’Ascensione per infino all’altro Vespro,
del
proprio, giorno, in perpetuo, in remuneratione, e
izo al cabo de su dichosa vida. » El P. Pedro de Guzman de los bienes
del
honesto trabaio discurso 6. §. 8., qu’il est conv
rent quam ingeniis prodessent. » » P. Pedro de Guzman de los bienes
del
honesto trabaio discurso sexto §. 8., que les Com
s assi que se representan. Pero entiendo yo que aun este es artificio
del
demonio, y delos que ayudan à sus intentos, que p
ien estos artifices como quien tiene tambien tomado el pulso al gusto
del
pueblo que si la Comedia no lleva alguna cosa ò p
mi testamento ? » Psal. 49. v. 17. P. Pedro de Guzman de los bienes
del
honesto trabaiodiscurso sexto §. 8., est une act
zo al cabo de su dichosa vida. » El P. Pedro de Guzman, de los bienes
del
honesto trabajo, discurso 6. §. 8., qu’il est con
ver, ni el pueblo gusta desto. » El P. Pedro de Guzman, de los bienes
del
honesto trabaio, discurso 6. § 8., , tout ce que
à otros para que no los vean. » El P. Pedro de Guzman, de los bienes
del
honesto trabajo . Discurso 6. §. 8. , des défens
reformar las, y permittir las. » El P. Pedro de Guzman, de los bienes
del
honesto trabajo, discurso 6. §. 8., tout ce que n
s adherentes no buenos, que sera discreto, y acerrado conseio, quitar
del
todo este entretenimiento. Pero oyamos al Angelic
su 2.2. en el articulo tercero : « Si puede aver pecado en la demasia
del
Juego, y entretenimiento ? » y entre los argument
e los Proverbios : « la risa se mezclara, y aguara con dolor y el fin
del
gozo parara en llanto, el qual llanto (dize la gl
, el qual llanto (dize la glossa) sera el eterno : Pues en la demasia
del
Juego ay risa desordenada, y gozo desordenado, lu
uego". Entra luego el santo, dando su parecer y doctrina en el cuerpo
del
articulo y dize : que los Juegos son licitos, y c
bjecto, y materia, quando en hechos, ò dichos son obscenos ò en damno
del
proximo ; Esta es como malicia intrinseca, que de
rseo, de Theseo, de Marte, ò de Venus ò en la Comedia de los donayres
del
otro, o de los zelos del otro, o de la travesura
, ò de Venus ò en la Comedia de los donayres del otro, o de los zelos
del
otro, o de la travesura de l’otro, ò de la Boda e
al cabo de su dichosa vida. » El P. Pedro de Guzman de los bienes
del
honesto trabajo, discurso 6. §. 8. , qu’encore qu
tros cathedras de pestilentia, y de error : Otros Templos, y Iglesias
del
demonio, sagratios de Venus ; pompas del mundo, y
: Otros Templos, y Iglesias del demonio, sagratios de Venus ; pompas
del
mundo, y su mayor vanidad. Otros solennidades del
s de Venus ; pompas del mundo, y su mayor vanidad. Otros solennidades
del
demonio, y fiestas de Sathanas ; Otros officinas
bien. Si las sandalias solas de Judith bastaron à arrebatar los oyos
del
otro ferocissimo Capitan, y su hermosura le cauti
lo tenia Holofernes, sino quiça hecho blanco, y terreto de las saetas
del
torpe amor. » , qu’on ne saurait mieux faire ente
es oscamas, que arrebatan la vista, y tras ella el coraçon, y aficion
del
que la mira…Pero à mi no solamente cada muger des
us donayres, sus acciones bien estudiadas ; ò por hablar con palabras
del
santissimo Chrysostomo : « Cuncta simpliciter qua
, regalos, colaciones, meriendas, aloias…. El otro daño es la perdida
del
tiempo que gastan assy representantes, como oyent
t illiberale, petulans, flagitiosum, obscœnum ? » Este es sin duda el
del
theatro. Inceptam lætitiam la llamo san Gregorio,
, lo que dizen Pedro Gregorio Tolosano en su Syntagma, y un consejero
del
Real Consejo, persona grave, y zelosa del bien co
su Syntagma, y un consejero del Real Consejo, persona grave, y zelosa
del
bien commun, y aquel hombre pio y docto, aunque d
los Predicadores, Confessores, y curas de almas, y à los Inquisidores
del
santo Oficio, y finalmente à todos los que tienen
o, si viera, ò supiera los dones ò dadivas que en el theatro, y fuera
del
se dan à esta gente, por personas poderosas en pr
da lo que poco despues dixo san Augustin, y se refiere en un capitulo
del
derecho, « Donare histrionibus immane vitium est
ancto zelo ; todaula nemos han quedado estas dos por cortar y abrasar
del
todo principio, y cabeça de hartos damnos, que so
lo dovessero et potessoro a somiglianza di Cæsare usare nella capella
del
Pontefice, il seggio et, il guancia d’Oro. » Gira
sto inclito Principe, et successori suoi : si in sigillare in piombo,
del
tenere il cero in mano dicendo si il Vangelo, et
dal Vespro della vigilia dell’Ascensione per infino all’altro Vespro,
del
proprio, giorno, in perpetuo, in remuneratione, e
izo al cabo de su dichosa vida. » El P. Pedro de Guzman de los bienes
del
honesto trabaio discurso 6. §. 8. « Peccant ne M
rent quam ingeniis prodessent. » » P. Pedro de Guzman de los bienes
del
honesto trabaio discurso sexto §. 8. « Theodectæ
s assi que se representan. Pero entiendo yo que aun este es artificio
del
demonio, y delos que ayudan à sus intentos, que p
ien estos artifices como quien tiene tambien tomado el pulso al gusto
del
pueblo que si la Comedia no lleva alguna cosa ò p
mi testamento ? » Psal. 49. v. 17. P. Pedro de Guzman de los bienes
del
honesto trabaiodiscurso sexto §. 8. « Omnes Coll
zo al cabo de su dichosa vida. » El P. Pedro de Guzman, de los bienes
del
honesto trabajo, discurso 6. §. 8. « Peccantne M
ver, ni el pueblo gusta desto. » El P. Pedro de Guzman, de los bienes
del
honesto trabaio, discurso 6. § 8. Dissert. pag. 2
à otros para que no los vean. » El P. Pedro de Guzman, de los bienes
del
honesto trabajo . Discurso 6. §. 8. « Excæcat n
reformar las, y permittir las. » El P. Pedro de Guzman, de los bienes
del
honesto trabajo, discurso 6. §. 8. « Censeo cum
s adherentes no buenos, que sera discreto, y acerrado conseio, quitar
del
todo este entretenimiento. Pero oyamos al Angelic
su 2.2. en el articulo tercero : « Si puede aver pecado en la demasia
del
Juego, y entretenimiento ? » y entre los argument
e los Proverbios : « la risa se mezclara, y aguara con dolor y el fin
del
gozo parara en llanto, el qual llanto (dize la gl
, el qual llanto (dize la glossa) sera el eterno : Pues en la demasia
del
Juego ay risa desordenada, y gozo desordenado, lu
uego". Entra luego el santo, dando su parecer y doctrina en el cuerpo
del
articulo y dize : que los Juegos son licitos, y c
bjecto, y materia, quando en hechos, ò dichos son obscenos ò en damno
del
proximo ; Esta es como malicia intrinseca, que de
rseo, de Theseo, de Marte, ò de Venus ò en la Comedia de los donayres
del
otro, o de los zelos del otro, o de la travesura
, ò de Venus ò en la Comedia de los donayres del otro, o de los zelos
del
otro, o de la travesura de l’otro, ò de la Boda e
al cabo de su dichosa vida. » El P. Pedro de Guzman de los bienes
del
honesto trabajo, discurso 6. §. 8. « Sacerdotes
tros cathedras de pestilentia, y de error : Otros Templos, y Iglesias
del
demonio, sagratios de Venus ; pompas del mundo, y
: Otros Templos, y Iglesias del demonio, sagratios de Venus ; pompas
del
mundo, y su mayor vanidad. Otros solennidades del
s de Venus ; pompas del mundo, y su mayor vanidad. Otros solennidades
del
demonio, y fiestas de Sathanas ; Otros officinas
bien. Si las sandalias solas de Judith bastaron à arrebatar los oyos
del
otro ferocissimo Capitan, y su hermosura le cauti
lo tenia Holofernes, sino quiça hecho blanco, y terreto de las saetas
del
torpe amor. » Ecclesiast. 4. v. 3. 4. 5. et 9.
es oscamas, que arrebatan la vista, y tras ella el coraçon, y aficion
del
que la mira…Pero à mi no solamente cada muger des
us donayres, sus acciones bien estudiadas ; ò por hablar con palabras
del
santissimo Chrysostomo : « Cuncta simpliciter qua
, regalos, colaciones, meriendas, aloias…. El otro daño es la perdida
del
tiempo que gastan assy representantes, como oyent
t illiberale, petulans, flagitiosum, obscœnum ? » Este es sin duda el
del
theatro. Inceptam lætitiam la llamo san Gregorio,
, lo que dizen Pedro Gregorio Tolosano en su Syntagma, y un consejero
del
Real Consejo, persona grave, y zelosa del bien co
su Syntagma, y un consejero del Real Consejo, persona grave, y zelosa
del
bien commun, y aquel hombre pio y docto, aunque d
los Predicadores, Confessores, y curas de almas, y à los Inquisidores
del
santo Oficio, y finalmente à todos los que tienen
o, si viera, ò supiera los dones ò dadivas que en el theatro, y fuera
del
se dan à esta gente, por personas poderosas en pr
da lo que poco despues dixo san Augustin, y se refiere en un capitulo
del
derecho, « Donare histrionibus immane vitium est
s de M. Bossuet, Evêque de Meaux, a, 61 Della Christiana moderazione
del
Theatro, b, 124 Desmonts (Dom), a, 607 Désaulna
énéral de Marseille, b, 457 Lorris (Guillaume de), b, 57 Lo Specchio
del
desinganno, b, 227 Louis (Saint). Cité sur l’exp
aractere de la plupart de ses Drames, b, 265 Monacho (François Marie
del
). Extrait de son Ouvrage contre les Spectacles, &
cy (le P.), Théatin. Cité à l’occasion de l’Ouvrage de François-Marie
del
Monaco, b, 123 Tragédies Grecques. Supériorité d
ominique Othonelli, Jésuite Italien, Frédéric Cerutus, François Marie
del
Monacho, & le Sieur B. A.1 qui a écrit en par
ire ARTICLE XXXIX.TRIUMPHO SAGRADO DEla conciencia. Ciencia divina
del
humano regocijo &c. C’est-à-dire, Le triomphe
53. Art. XXXIX. Triumpho sagrado de la Concientia. Ciencia divina
del
humano regocijo &c. C’est-à-dire, Le triomphe
Teorici, teologici e istrioni : per e contro il teatro nella Francia
del
Cinque-Seicento, a cura di Luisa Mulas, prefazion
acles] : Riflessione cristiana sopra li spettacoli ovvero le commedie
del
P. Giovanni Croiset della Compagnia di Gesù, Roma
Teorici, teologici e istrioni : per e contro il teatro nella Francia
del
Cinque-Seicento, a cura di Luisa Mulas, prefazion
Teorici, teologici e istrioni : per e contro il teatro nella Francia
del
Cinque-Seicento, a cura di Luisa Mulas, prefazion
Teorici, teologici e istrioni : per e contro il teatro nella Francia
del
Cinque-Seicento ; a cura di Luisa Mulas, prefazio
Teorici, teologici e istrioni : per e contro il teatro nella Francia
del
Cinque-Seicento, a cura di Luisa Mulas, prefazion
Teorici, teologici e istrioni : per e contro il teatro nella Francia
del
Cinque-Seicento, a cura di Luisa Mulas, prefazion
us ; on leur opposa aussi-tôt un Ecrit intitulé : D. Francisci Mariæ
del
Monacho, Siculi Drepanitani in Actores & Spec
atores Comœdiarum nostri temporis Parænesis, Patavii, 1630. François
del
Monacho, Auteur de cet Ouvrage, étoit Sicilien, d
de Moreri, tom. 7, page 514, édition de 1759, à l’occasion de Thomas
del
Monacho & de Jacques del Monacho. François de
édition de 1759, à l’occasion de Thomas del Monacho & de Jacques
del
Monacho. François del Monacho, Théatin d’Italie,
occasion de Thomas del Monacho & de Jacques del Monacho. François
del
Monacho, Théatin d’Italie, vint en France en 1644
lli ; Jésuite de la Ville de Tagnane en Italie, se joignit à François
del
Monacho pour combattre les trois Comédiens incurs
en 3 Vol. En voici les titres abrégés : Della Christiana moderatione
del
Teatro : Libro, detto la qualità delle Comedie le
les Auteurs les plus respectables. Quant au Traité de François Marie
del
Monacho, qui est aussi à la Bibliotheque du Roi,
ublici vi possa intervenire legitamente ; in Roma, 1754. Lo Specchio
del
disinganno, autore Zucchino Stefani. Ce Traité de
auvaises intentions du plus grand nombre des Spectateurs. Il Teatro,
del
Muratori 197 in se stesso non è illecito ma tale
structive, par M. de Bure, ℣ volumes in-8°. 196. Vedendo nell’ Opera
del
Padre Concina condannarsi di grave colpa quei che
nostri tempi sono oscene, e più oscene delle antiche. Dissert. Teatri
del
Conte Diego Rubin. 197. Dans un Ouvrage intitul
ie civile. 199. Dans un Ouvrage intitulé : De i Teatri Dissertazione
del
Conte Diego Rubin, in Milano, 1754. in-4°. 200.
754. in-4°. 200. Dans un Ouvrage intitulé : De i vizi e de i difetti
del
moderno Teatro e del modo di correggergli e d’ em
s un Ouvrage intitulé : De i vizi e de i difetti del moderno Teatro e
del
modo di correggergli e d’ emendarli Ragionamenti
is (Teorici, teologi e istrioni. Per e contro il teatro nella Francia
del
Cinque-Seicento, a cura di Luisa Mulas, Roma, Bul
d cas12. Il exhortoit aussi à lire souvent le petit Ecrit de François
del
Monaco, contre les Spectacles ; il l’appelloit un
tatores Comœdiarum nostri temporis Parænesis ; Autore Maria Francisco
del
Monaco, Clerico Regulari ; c’est-à-dire, Avertiss
& aux Spectateurs des Comédies de notre temps, par Marie-François
del
Monaco, Clerc Régulier Théatin. Plusieurs personn
un hommage émané de la reconnoissance. Revenons à l’Ecrit de François
del
Monaco. Nous en avons promis le texte original en
voici un Extrait qui en contient les principes essentiels. François
del
Monaco a divisé son Ouvrage en trois parties, don
réquentation des Spectacles. La seconde partie de l’Écrit de François
del
Monaco, est employée à examiner trois proposition
d’argent de leurs représentations. Il y en eut, du temps de François
del
Monaco, trois de cette derniere espece, nommés Ba
i strinse, o ci fece stringere per aver la nostra presenza nel Teatro
del
Collegio de’ Nobili, tanto più che faceva egli la
ici alzano la voce contro le Commedie profane, e gli altri spettacoli
del
Carnevale ; e con quanto maggior fervore possono,
i à fuggire ed abbominare le profane Commedie, e gli altri spettacoli
del
Carnevale. Ver. Sentim. di S. Filippo di Neri.
iesa, i quali unitamente detestano le Commedie. Si aggiunge l’esempio
del
Papa antecessore di S.B., il quale con sua gran l
di riferire un indegno proverbio, ma pur troppo vero, che le Commedie
del
Carnevale sono il lenocinio della quaresima : cio
ticarsi, di accendere gli affetti e le corrispondenze nel breve tempo
del
Carnevale, serve per una copiosa semenza, che poi
ispensabili delle loro cariche, sono costretti à seguitare la persona
del
Principe in ogni luogo, e conseguentemente ad ass
di questa loro obbligazione volessero coonestare solamente agli occhi
del
Mondo la loro leggerezza, e godessero interiormen
i, e rimarrebbero condannati da Dio, il quale vedendo la disposizione
del
nostro cuore, giudica la innocenza, o la reità de
i famiglia, o per lo servigio, che prestano ad altri, come i ministri
del
Principe, e i cortigiani, ei servitori, non può e
tro, come sono gli Attori, gli Impresarj, i Sonatori, e i Compositori
del
Dramma, o della Musica, e simili, avvegnachè alle
Dramma, o della Musica, e simili, avvegnachè allegassero la necessità
del
guadagno, che vi fanno, a fine di poter vivere, o
a materiale contro lor voglia, e non per goderne, o farne il soggetto
del
loro piacere, o occupazione, ma per soddisfare ad
stanno soggesti secondo l’ordine della Provvidenza ; o per necessità
del
proprio stato, o servizio ; stato legittimo, e se
ro Signor Giesu Christo, & le principal institut de la Confrairie
del
Gonfalone, étoit de représenter la Passion. Par t
e contre les Spectacles : Savoir à Padoue en 1630, par François Marie
del
Monaco Sicilien ; à Florence en 1645, par le P. O
u’il jetoit sur tout le monde & sur la cavalcade. Arrivés au bout
del
Pardo, les Cardinaux firent mille tours de souple
ni ne m’a pas convaincue, si les Després, les Lalouette, les François
del
Monacho, les Ottonelli, les Nicole, les La Grange
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