pudica, e servando per regola de’ tuoi costumi l’impero di Satanasso;
che
però lo Storico della tua vita scrive. : « Viveba
a, que illi Demon suggessisset »b. Vita senza spirito di vera vita, e
che
era vero principio di eterna morte. Ma che ? tu m
za spirito di vera vita, e che era vero principio di eterna morte. Ma
che
? tu morto con la più bella parte di se stesso, e
iam agite ; appropinquavit enim Regnum Cælorum. » E quindi tu in men,
che
non balena il cielo, di fatto discepolo buono, e
il grato soggetto della mia congratulazione. Io lodo, e ammiro in te,
che
subito dal sacro tempio uscendo, quali da un arde
i doviziosi acquisti sono tesori vostri, divideteli, e godeteli voi ;
che
io mi parto, rinunciando al secolar inganno, e me
ù Comiche, ma Eroine, e tosto co’ fatti confermaroh i detti. Viddero,
che
Babilia si racchiuse volontario prigioniero della
ri Comici Penitenti, e Comiche Convertite. Prego umilissimamente Dio,
che
ammollisca i cuori, e apra le orecchie di quei Co
mente Dio, che ammollisca i cuori, e apra le orecchie di quei Comici,
che
sono osceni, e di quelle Comiche che sono impudic
apra le orecchie di quei Comici, che sono osceni, e di quelle Comiche
che
sono impudiche; acciocché odano presto, e fruttuo
num Celorum ». Lo Stampatore a chi legge. San Tommaso insegna,
che
gli Attori Teatrali possono lecitamente esercitar
a buoni Cristiani, e quale la illecita. Il 2. Libro, e Ricordo prova,
che
la Commedia illecita non si deve permettere senza
i deve permettere senza buona ragione. Il 3. Libro, e Ricordo mostra,
che
come le Pitture, e le Statue disoneste non sono p
Libro. e Ricordo supplica instantemente i Sig. Superiori a comandare,
che
le Commedie si recitino secondo le regole di S. T
non si offenda con i peccati mortali. Ora esce il primo Libro, spero,
che
gli altri seguiranno appresso per beneficio delle
io delle Anime, e la gloria del Sig. Iddio : e tutti ci si procurerà,
che
le sentenze latine, stampate con diverso caratter
rette, ma benigne, e sicure : acciocché il Buon Cristiano sappia ciò,
che
può fare senza offendere il Creatore. Ne egli esc
lude affatto le vere Donne dalla Scena, o dal Banco, ma le disoneste,
che
vi comparisconol scandalosamente. Ne condanna in
Tommaso, e i dottori. Pag. 30 Q. 10. Quali sono i fatti brutti,
che
rendono illecita l’azione secondo S. Tommaso ? E
lleciti, e mortali ? Pag. 36 Q. 12. Che nocumentoq al prossimo,
che
tempo, che luogo, che negozio, e che persona rend
mortali ? Pag. 36 Q. 12. Che nocumentoq al prossimo, che tempo,
che
luogo, che negozio, e che persona rende illecita
ag. 36 Q. 12. Che nocumentoq al prossimo, che tempo, che luogo,
che
negozio, e che persona rende illecita la Commedia
. Che nocumentoq al prossimo, che tempo, che luogo, che negozio, e
che
persona rende illecita la Commedia secondo la dot
Comiche nel pubblico Teatro ? 92 Q. 3. L’allenamento efficace,
che
nasce dalla femminile comparsa, è buona ragione p
e sufficiente per la comparsa delle comiche ? Pag. 116 Q. 8. In
che
modo le ordinarie Comiche aiutano al guadagno dei
? Pag. 170 Capo Quarto. Delle risposte ad alcune difficoltà,
che
si fanno per difendere la comparsa delle ordinari
. Per la lecita comparsa delle Comiche parlanti d’amore non basta,
che
si supponga esser lecita nei libri stampati con l
ca approvazione dei Super. Pag. 212 Q. 7. Non è lecito, almeno,
che
la donna comparisca ornata aaj Teatro, per far la
Non basta l’esempio delle Comiche introdotte nelle Commedie stampate,
che
per introdurle ancora lecitamente nelle recitate
ancora lecitamente nelle recitate ? Pag. 220 Q. 9. Chi dicesse,
che
le Comiche parlano d’amore alla Platonica, non gi
comparsa delle Comiche, se non fosse lecita. Pag. 229 Q. 13. A
che
cosa è obbligato il Confessore del Superiore per
endice per conferma del detto. Pag. 243 Nota 2. Di un Principe,
che
avvistato della illecita comparsa delle Comiche l
Q. 14. perché lo scritto da alcuni moderni, e dotti Personaggi,
che
concedono la comparsa di donne in commedia, non b
roemio. Gregorio Santo, Tesorier dovizioso della moralità, scrive,
che
la vera Giustizia è posseditrice di compassione.
questa Giustizia, e santità compassionante alludendo S. Agostino par,
che
ci dica. Troppo è duro, chi può con la penna, ò c
Camitemc. 55 S. Crisostomo con la sua penna intinta nell’oro scrive,
che
non ha scudo valevole per difesa contro te saette
is, quod rectum est »Ser. De Fas. Dom.. E è ben ragione lo stimolare,
che
si ritiri da morte, chi pericola nella vita : anz
orte, chi pericola nella vita : anzi è legge prescritta dalla carità,
che
si avvisi ben tostoal, e si risvegli, chi sonnacc
i detti registrati da questi gravissimi Dottori, e santi Padri dico,
che
chi considera da senno il manifesto periglio di m
s nobis tantum vivere ». Loap zelo è tanto vigoroso di celeste forza,
che
rende il buon fedele santamente inquieto. Lo scri
to : e vorrei porre qualche dolce lenitivo ad un certo Comico malore,
che
per cagione di certi viziosi va infettando il Tea
e Comica odiosa a molte, zelanti, e virtuose persone ; ma non vorrei,
che
s’irritasse, chi professa di essere, e è verament
dice così. Chi della Commedia tratta, scrivendo, o parlando, mentre,
che
distingua i tempi, i modi, le persone, sempre dir
tempo del Pontificio Monarca Paolo V compatisce gli errori di quelli,
che
senza distinzione assolutamente concludono, che n
gli errori di quelli, che senza distinzione assolutamente concludono,
che
non si deve permettere, né recitare, né ascoltare
edia, e fuggire quel biasmoas, al quale sono sottoposti tutti quelli,
che
la fanno male. Ora io desiderando trattar, e scr
o zappettando lo sterile campetto della teatrale vanità. Dico dunque,
che
la bella luce dellacristiana moderazione ombreggi
ostri amorevoli la Qualità delle azioni, e Commedie illecite : impero
che
il diritto di ragione, et lo zelo discreto vuole,
lecite : impero che il diritto di ragione, et lo zelo discreto vuole,
che
si scriva in questa materia con buona, e chiara d
e; né ad essi deve pregiudicare il difetto dei viziosi. Ragione si è,
che
viva lieto sotto il manto di onorata lode, chi vi
to il manto di onorata lode, chi vive professor verace della virtù, e
che
all’incontro sia bersaglio di meritato vitupero,
vitupero, chi demerita tra i virtuosi della sua professione. Degno è,
che
si salvi dalle censure, chi salva sé dagli eccess
non biasimarsi ; ma biasimando chi non deve biasimare, è un biasimo,
che
ritorna sopra il biasimante. Il Comico Beltrame s
o per altra fine questo Discorso, se non per supplicare quesiti tali,
che
tanto volentieri vibrano la spada della loro ling
i dalle censure. E io a Beltrame, e ai Professori dell’Arte sua dico,
che
questo veramente prometto, e spero di mantenerlo
Comiche pubblicamente. E nel 4. Capo risponderò ad alcune difficoltà,
che
si fanno per difendere, come lecita, la suddetta
o il velo, e cominciamo la dichiarazione dei proposti Capi. Io vorrei
che
fossero luminosi raggi del cielo per scacciare i
ichetta del presente Ricordo, ricordando, e dichiarando ad altri ciò,
che
i Dottori sentono intorno alle drammatiche Rappre
Quesiti, e disciogliendoli con varie risposte : e giovami di sperare,
che
questa fatica non sarà un fabbricar sopra le aren
e cristiana moderazione ? Voglio porre su questo principio, quello
che
pongo nel fine di un’altra Opera detta l’Istanza,
rnata lascivamente, e parlante d’amore in pubblico Auditorio, ove sa,
che
sono molti deboli di virtù, e ne conosce alcuni i
r mirar i mercenari Rappresen tanti: e ricordiamoci qui in breve ciò,
che
con lunga dichiarazione siamo per considerare nel
ve con la risposta moltiplicata a molti Quesiti da noi si concluderà,
che
le moderne Azioni non si recitano da molti second
citano da molti secondo la debitabb, e cristiana moderazione. È vero,
che
il Comico Cecchio, e Beltrame, e l’Andreino, e al
altri Comici valenti, e principali, suppongono il contrario in modo,
che
pare una perdita di tempo il ragionare di questo
a di tempo il ragionare di questo punto : e Beltrame dice. Dubito,
che
talvolta si scriva più per fare un bel volumeCap.
Dubito, che talvolta si scriva più per fare un bel volumeCap. 29.,
che
per lo stimolo, che faccia l’urgente necessità. M
lta si scriva più per fare un bel volumeCap. 29., che per lo stimolo,
che
faccia l’urgente necessità. Ma io spero di non pe
nava, non supporre, ma provare : o provare almeno più efficacemente ;
che
essi non provano. Voglio dire, che l’incendio Com
provare almeno più efficacemente ; che essi non provano. Voglio dire,
che
l’incendio Comico, e osceno aveva bisogno, che ac
provano. Voglio dire, che l’incendio Comico, e osceno aveva bisogno,
che
acqua più copiosa si portasse, per dichiararlo es
a quando voi vi renderete reibi dei medesimi peccati ? volete forse,
che
l’applicazione dei rimedi cessi prima, che non si
mi peccati ? volete forse, che l’applicazione dei rimedi cessi prima,
che
non si veggabj cessata la Pestilenza dei vizi ? i
lenza dei vizi ? io seguiròbk a dire con disegno di giovare a coloro,
che
anche contro voglia ricevono giovamento. Seneca g
santità dei virtuosi. Questo medesimo Santo altrove usa certe parole,
che
noi parimente usar possiamo, dicendo. « Si persev
servirò di più pungente, e penetrante spada ; né mi poserò, fin tanto
che
non mandi in dispersione affatto le diaboliche di
boliche dissoluzioni teatrali. Io volentieri concedo, come verissimo,
che
le azioni dell’antico Teatro erano molto più most
’antico Teatro erano molto più mostruosamente, disoneste, e illecite,
che
le Rappresentazioni del nostro tempo. Onde con ra
one libidinose inquietantes. » Ma non posso già, né devo concedere,
che
queste moderne azioni si recitino secondo i termi
azioni si recitino secondo i termini sufficienti alla moderazione, e
che
sono prescritti dai cristiani Dottori : perché se
i : perché se ciò concedessi, e affermassi, veggobn chiarissimamente,
che
farei, o di menzogna rinfacciato, o di grandissim
: cæcis vero nihil est lucidum. »Tr. de lapsu Religionis c. 11. Cioè,
che
le moderne azioni non si recitino secondo la debi
istiana moderazione, è un lampo di verità si certa ; a chi bene vede,
che
sembra chiaritore più chiaro della luce stessa :
vede, che sembra chiaritore più chiaro della luce stessa : ma colui,
che
vive in cecità, non è vagheggiator di alcun lucen
adri. Che però io lodo la prudenza del Comico Cecchino per quel poco,
che
nel principio dei suoi Discorsi intorno alle Comm
intorno alle Commedie scrive ai Lettori con questo avviso. Parendomi,
che
nei dubbi l’aver ricorso ai più dotti, e intenden
e : se si può esercitare, e di essa legittimamente vivere : e trovai,
che
non solo chi l’esercita, ma chi la permette, e as
di peccato mortale, quando però la Commedia non abbia quei requisiti,
che
S. Tommaso, S. Antonino, e altri Sacri Dottori ha
a lasciato scritto. Discorre con senno questo Comico : e io aggiungo,
che
per discacciare con agevolezza le cieche tenebre
so doppierebr, quasi risplendente stella, o bella luna : voglio dire,
che
per sgombrare, non che distinguere, le illecite t
splendente stella, o bella luna : voglio dire, che per sgombrare, non
che
distinguere, le illecite tenebre del Teatro, chia
nel dubbio cammino delle drammatiche oscurità. E S.Tommaso è quello,
che
nel primo luogo c’illumina grandemente ; e io di
o, che nel primo luogo c’illumina grandemente ; e io di lui suppongo,
che
secondo Silvestro lasciò scritti i fondamenti di
emporibus indebitis. »q. cit. a. 3. ad. 3. Il senso di S. Tommaso è,
che
il gioco scenico, e teatrale all’ora è peccaminos
l Comico si vale di detti turpi, o disonesti fatti, oppure di quello,
che
per essere peccato mortale, reca al prossimo grav
nso di lui con il rigore scolastico, e per cavarne la cognizione, con
che
possiam distinguere la Commedia lecita dalla ille
dunque consoliamoci soavemente, e diciamo, rispondendo al Quesito. Si
che
le Commedie sono lecite a nostro tempo secondo la
ove si narra quel volgarissimo caso di S. Giovanni, e quel su detto,
che
non si puòC. 21. tenere sempre l’arco teso ; inco
ntem decet interdum remittere aciem rebus agendis inventam. » Voglio,
che
tu ti ricrei un poco: perché decevole al Savio si
oco: perché decevole al Savio si è il ricrearsi alle volte. Aggiungo,
che
non tutte le persone gustano del ritiramento; anz
oncludono con S. Tommaso tutti gli altri sacri Espositori, dice egli,
che
la Commedia si possa fare come gioco necessario p
parlar contro le Commedia. Dice bene questo Comico, volendo inferire,
che
le Comiche azioni sono lecite secondo la dottrina
e secondo la dottrina di S. Tommaso. E io dico lo stesso: e professo,
che
il giudizio Tomistico serve a me dibw porto sicur
odo battuto da me altrove in questa materia: e ora solamente ricordo,
che
un’Arte da tristi esercitata pregiudica bene spes
meno perde non so chè del buio di una nuvolosa opposizione. Io credo,
che
vi siano molti Comici di buona intenzione, e di v
ti Comici di buona intenzione, e di virtuosi costumi: ma credo ancor,
che
siano gigli tra molte spie, e che sia vero il det
i virtuosi costumi: ma credo ancor, che siano gigli tra molte spie, e
che
sia vero il detto di Beltrame, cioè che sempre vi
siano gigli tra molte spie, e che sia vero il detto di Beltrame, cioè
che
sempre vi sono stati Comici buoni e rei. Inoltre
ioè che sempre vi sono stati Comici buoni e rei. Inoltre mi persuado,
che
i rei del nostro tempo siano di molto pregiudizio
ibendo ludum negotiis, et temporibus indebitis. » E vuol significare,
che
non è stato peccaminoso quello degli Istrioni, ch
vuol significare, che non è stato peccaminoso quello degli Istrioni,
che
sono moderati, non usando parole, o fatti illecit
. Governatore, il quale, fatta la prima Commedia, diede loro licenza,
che
partissero, di che essi attoniti la supplicarono,
uale, fatta la prima Commedia, diede loro licenza, che partissero, di
che
essi attoniti la supplicarono, per intendere la r
ono, per intendere la ragione: e egli disse loro. Certi m’hanno detto
che
la Commedia è azione di peccato mortale e m’hanno
a Commedia è azione di peccato mortale e m’hanno fatto vedere quello,
che
ne scrive il Sig. Cardinale Arcivescovo : però an
ve il Sig. Cardinale Arcivescovo : però andate a lui, e aggiustatevi;
che
poi avrò gusto di servirvi qualche volta: tra tan
te giorno si disputò il caso, e all’ultimo il Sig. Cardinale decretò,
che
si potessero recitar Commedie nella, sua Diocedi,
si potessero recitar Commedie nella, sua Diocedi, osservando il modo,
che
prescrive S. Tommaso : e impose ai Comici, che mo
i, osservando il modo, che prescrive S. Tommaso : e impose ai Comici,
che
mostrassero gli scenari giorno per giorno al suo
foro. Questo caso narra diffusamente Beltrame, e con esso si avvera,
che
i Superiori possono secondo S. Tommaso dare licen
e Ciarlatani ? La rettitudine, e prudenza del buon Giudice vuole,
che
egli oda le ragioni delle parti, bilanci il valor
luzione per gl’innocenti, e di condannazioneby per i rei. Non è nuovo
che
diversi effetti procedano dallo stesso Agente sec
e consuma la sostanza del piombo : Anche Beltrame dice. Quella neve,
che
travaglia il verno col freddo, è la stessa, che r
me dice. Quella neve, che travaglia il verno col freddo, è la stessa,
che
rifiorabz togliendo il caldo alle bevande l’Estat
altro Decreto, e è Sinodale, e io l’ho posto qui con le sue parole,
che
sono queste. « Principes, et Mgistratus commonen
t. » Cioè. Noi abbiamo giudicato avvisare i Principi, e i Magistrati,
che
di scaccino dai loro confini gli Istrioni, i Mimi
tal fatta; e castighino aspramente i ricevitori loro. E qui io dico,
che
questo Decreto è secondo la dottrina di S. Tommas
ommaso; perché dal S. Dottore santamente sono condannati quei Comici,
che
non osservano la debita moderazione, e tali sono
ico ne porta due nel c. 38. del suo discorso, e dice nel primo luogo,
che
il benedetto Prelato non scrisse contro i Comici
e parole. « Alcuni mostrano, ove S. Carlo Borromeo ha detto un non so
che
contro le Commedie : ma non dicono, che l’Autore
o Borromeo ha detto un non so che contro le Commedie : ma non dicono,
che
l’Autore dice. Commedianti, Mimi, e Buffoni e che
ie : ma non dicono, che l’Autore dice. Commedianti, Mimi, e Buffoni e
che
nel viluppo di questi esercizi ha inteso parlar d
non de’ Comici virtuosi. Anche a dir Corsari, Ladri, e Assassini, par
che
si dica uomini del Diavolo : ma in tal viluppo nn
Diavolo : ma in tal viluppo nn si rinchiudono quei Corsari Illustri,
che
sgombrano il mare da Ladroni Pirati, e che suppon
ono quei Corsari Illustri, che sgombrano il mare da Ladroni Pirati, e
che
suppongono ai nemici dellacc nostra fede: che vi
re da Ladroni Pirati, e che suppongono ai nemici dellacc nostra fede:
che
vi è differenza da chi ha per arte il furto, a ch
ico Cantore, e non da uno scolastico Pressore: perché veramente par,
che
S. Carlo ristringa il largo, e comune significato
s. » E però secondo questa risposta, e esplicazione non fu necessario
che
si parlasse con distinzione de’ Comici buoni da c
tti i professori delle science: e massimamente di quei santi Pastori,
che
professano di saper molto bene le cose, che decre
te di quei santi Pastori, che professano di saper molto bene le cose,
che
decretano pubblicamente nelle Sinodali radunanze
le anime commesse alla loro dotta, e zelante sollecitudine. Quindi è,
che
io stimo non doversi lodare, né approvare la seco
è, che io stimo non doversi lodare, né approvare la seconda risposta,
che
il Comico Beltrame reca per mostrare, che il Sino
rovare la seconda risposta, che il Comico Beltrame reca per mostrare,
che
il Sinodal Decreto, pubblicato dal sollecitissimo
n aveva piena cognizione dell’Arte Comica. Anche quel buon Religioso,
che
i costumi, e la dottrina lo facevano nominare dai
ostolo de’ Fiorentini, diceva male de’ Comici, e delle Commedie prima
che
egli sapesse, qual modo tengono i Comici virtuosi
rtuosi, e la diversità de’ pareri degli Autori, ma dopo visto quello,
che
il suo proprio maestro in ciò aveva scritto, diss
critto, disse a Cavalieri principali (e quelli l’hanno riferito a me)
che
rimaneva mortificato non poco d’aver mal trattato
aver mal trattato pubblico l’Arte Comica, e i professori di quella: e
che
se non fosse stato per non generar confusione nel
e nel popolo, si avrebbe disdetto di molte cose, amando più la verità
che
il suo credito. E così può essere stato S. Carlo.
o obbligati a saper ogni cosa ; molti descrivono una fortuna di Mare,
che
forse non hanno veduto un lago ; tanti ragionano
re, che forse non hanno veduto un lago ; tanti ragionano di Commedia,
che
mai forse non avranno veduto una scena ; ma comme
a, che mai forse non avranno veduto una scena ; ma commentano quello,
che
trovano scritto. Quando la dottrina non è soprann
e. Che il benedetto Prelato non scrivesse contro i Comici virtuosi: o
che
o fosse ben capace dell’arte Comica, io lo cavocd
qui Beltrame. E qui parimente noti il benigno, e giudizioso Lettore,
che
l’avvenimento, spiegato ivi diffusænte dal Comico
re, che l’avvenimento, spiegato ivi diffusænte dal Comico, fu quello,
che
occorse in Milano; quando i Comici, fatta la prim
uesito Quarto. Onde Beltrame stima discorrere fondatamente inserendo,
che
il S. Arcivescovo col 2. Decreto favorevole mostr
che il S. Arcivescovo col 2. Decreto favorevole mostrasse co’ fatti,
che
il primo fu da lui stabilito senza aver piena con
replica di poi senza modificarlo con la particella, forse, stimando,
che
il benedetto Prelato non fosse ben capace dell’ar
edetto Prelato non fosse ben capace dell’arte Comica. Ma io rispondo,
che
Il detto Beltrame è privo di probabilità. Prima p
o di vigilante Pastore: e a questo ufficio s’appartiene saper quello,
che
lecito si è nell’Arte Comica, e quello, che non è
’appartiene saper quello, che lecito si è nell’Arte Comica, e quello,
che
non è lecito; per poter poi concedere le licenze,
si fa l’istanza da Commedianti per ottenerle. Dunque non è probabile,
che
S. Carlo forse nona vesse, o senza forse, piena c
na vesse, o senza forse, piena cognizione dell’Arte Comica nel tempo,
che
formò quel Decreto contro i Comici. 2. Non è prob
carsi nello spazio di molti anni. E chi tra Comici stessi può negare,
che
San Carlo non facesse, come si sogliono; e si dev
la consulta, e approvazione di molti, e consumati Dottori, e Teologi,
che
si trovano presenti ne’ principali Sinodi congreg
zioni Diocesane. Io stimerei me stesso dicitor temerario, se dicessi,
che
l’Arcivescovo di Milano S. Carlo non faceva i suo
tempo: o almeno n’avevano avuta piena cognizione dell’arte Comica: e
che
il Prelato decretante non fosse ben capace di que
la. Aggiungo. Quel Decreto non fu contro l’Arte, ma contro i viziosi,
che
peccano nell’Arte, e meritano di essere cacciati.
. E chi dichiara per vizioso un professore di un’Arte lecita, mostra,
che
ha piena cognizione di quell’Arte. E chi potrà pu
nel riprensore. Devo io pregar inoltre il Lettore a far riflessione,
che
i due Decreti fatti dal Santo Borromeo non sono c
no a diversi fondamenti. Il Decreto di Milano è effetto di giustizia,
che
« secundum allegata, et probata » sentenza a favo
: e così sentenziò S. Carlo. Il Decreto Sinodale è effetto di carità,
che
con sollecita vigilanza avvisa, che si caccino i
eto Sinodale è effetto di carità, che con sollecita vigilanza avvisa,
che
si caccino i tristi; e così avvisò S. Carlo. E qu
o Decreto si fonda almeno nella convenienza: perché conveniente si è,
che
i Principi, e i Magistrati caccino da sé le perso
lato, come al personaggio privo di piena cognizione dell’Arte Comica,
che
era Arte lecita: perché questo può provare ancora
ico vizioso, ne per tal prova merita la licenza; ma credo, provarono,
che
essi, come virtuosi, la esercitavano lecitamente
facoltà di esercitarla, ma con la debita moderazione. E chi negherà,
che
tutto questo non supponga nel Superior, che conce
derazione. E chi negherà, che tutto questo non supponga nel Superior,
che
concede tal facoltà, una piena cognizione ? Dica
l Superior, che concede tal facoltà, una piena cognizione ? Dica ciò,
che
vuole Beltrame, il suo primo detto, come improbab
eltrame, se non resta conciliato l’assenso di molti al detto suo, con
che
nega, col forse, la piena cognizione dell’arte Co
l’Arte Comica e contro i professori suoi. Io a questa prova rispondo,
che
non sono astrettocg alla giustificazione di quel
nizione, e capacità di S. Carlo intorno all’Arte Comica: e però dico,
che
le 4. condizioni di non sapere, attribuite a quel
si devono attribuire al Santo Prelato : anzi si deve dire francamente
che
egli sapeva, e il modo usato dai Comici virtuosi,
suo tempo, e la soda dottrina de’ santi Padri, e de’ buoni Politici,
che
condannano le teatrali indecenze, e però sapendo
ere quanto prima dal suo pulito, e ingegnoso Discorso questa censura,
che
fa alla pratica cognizione di S. Carlo: la qual c
così volentieri la tralascio, e mi volgo altrove, per trovar lume con
che
io accenda la fiaccola mia, e vinca il buio di qu
o molto cattiva, e pregiudiziale a’ Commedianti, quasi presupponendo,
che
siano una gente molto viziosa, e di vita perduta.
ca di recitare da Comici usata nel suo tempo, la quale era tanto rea,
che
alcune Città si risolsero di cacciare tutti i Com
hé mirò al modo di parlar, e scrivere usato quasi da tutti i Dottori,
che
trattano della Comica : pochi Dottori fanno quest
l Comico può essere virtuoso e degno di riporsi nel numero di quelli,
che
« non sunt in statu peccati », non sono nell’infe
tu peccati », non sono nell’infelice stato del peccato. E può essere,
che
in alcuni Comici moderni, e forse in molti si avv
etiam pauperibus elemosinas largiuntur. » Significa il Santo Dottore,
che
si trovano Comici, i quali sebbene non hanno altr
ine ai poveri di Cristo. Un Autore innominato dice appresso Beltrame,
che
i Comici udiranno la Messa, e qualche predica, al
ia dei virtuosi Comici, e dice cosi. « Io dico, e lo dico con verità,
che
pochi Comici si trovano, che non vadano alla Mess
e cosi. « Io dico, e lo dico con verità, che pochi Comici si trovano,
che
non vadano alla Messe ogni giorno, che non dicano
, che pochi Comici si trovano, che non vadano alla Messe ogni giorno,
che
non dicano orazioni nell’andar a letto, e nel lev
ar a letto, e nel levarsi; e così fanno fare ai loro figliuoli ; anzi
che
molti avvezzano le loro creature a dire le Litani
ano l’Officio della Vergine ogni giorno : enon vi è Comico, o Comica,
che
non faccia una vigilia la settimana, oltre le com
con verità; ma perché mi stringerei in pochi, mi taccio; parendomi,
che
la figura Sinedoche confinasse con l’ipocrisia ;
arendomi, che la figura Sinedoche confinasse con l’ipocrisia ; basta,
che
Comici sono Cristiani. » Così discorre Beltrame,
rofessori dell’arte sua: tutto bene : ma quella conclusione. « Basta,
che
i Comici sono Cristiani, non basta per provar, ch
clusione. « Basta, che i Comici sono Cristiani, non basta per provar,
che
sono virtuosi. » E io pregherei Beltrame, se foss
ego tutti i suoi fautori, a considerare solamente un luogo dei molti,
che
si leggono ne’ libri de’ Santi Padri. Il luogo è
mon fecerimus. Set. 216 de temp. » Seguita poi il Santo a dichiarare,
che
il nome du cristiano giova a quel fedele, che abb
il Santo a dichiarare, che il nome du cristiano giova a quel fedele,
che
abbraccia le sante virtù, e fugge dai vizi, e dai
. Non basta dire i Comici sono Cristiani. Aggiungo di più. Non basta,
che
faccino delle opere buone e dicano delle sante Or
che faccino delle opere buone e dicano delle sante Orazioni: bisogna,
che
si astengano da tutti i peccati mortali, se vogli
orcarsi col lezzo di cose brutte ? Orsù voglio accettar per vero ciò,
che
il galant’uomo Beltrame scrive de’ Comici ; ma no
che il galant’uomo Beltrame scrive de’ Comici ; ma non posso negare,
che
quelle tante perfezioni per ordinario sono manife
tti, e fatti da’ Comici, concepisce di loro fondatamente un’opinione,
che
siano persone indegne, disoneste, e vituperose. E
eltrame fa un presupposto tale, come se fossero dannati. Ora dico io,
che
San Carlo mirò a questa opinione universale de’ C
one de’ buoni dai rei, e dei modesti dai viziosi, e disonesti. Credo,
che
il detto fin qui basti per rispondere al Quesito
i negozio. 7. Disconvenienza di persona. Sono sette note sconcertate,
che
sconcertano l’armonioso concerto della dilettevol
i ; io non voglio altri Areopagisti in questo Comico Areopago. Credo,
che
forse, e senza forse, diranno indubitatamente, e
na de’ Dottori, e di S. Tommaso ? Non è legge di prudente ragione,
che
l’uso di un giocoso detto cagioni un lacrimoso ef
deve darlo senza verunacm amarezza. Non è vero dolce in quel liquore,
che
si sente grato al palato, ma poi al cuore arreca
ché diventano mortali per accidente, cioè per ragione dello scandalo,
che
apportano ai deboli di Spirito, mentre le ricevon
inde inducendos ad culpam luxuriæ saltem desiderii. » Cioè. Avverto,
che
quelle parole brutte possono per accidente e esse
sono per accidente e esser peccati mortali per ragion dello scandalo,
che
si dà alle persone presenti deboli di spirito; e
deboli di spirito; e la ragione si è, perché chi parla, deve credere,
che
gli Uditori s’indurranno col motivo delle parole
tale arreca all’anima il turpiloquio per rispetto della circonstanza,
che
sia cagione di mortal pcccato ; quale si è la cir
ruttezze, benché animo tale non vi sia, è peccato mortale. E io dico,
che
pericolo tale spessissimo nasce almeno ai deboli
ente pretende muover il riso, se egli ragionevolmente potesse temere,
che
tal buffoneria provocasse alcuno ai libidinosi af
casione di ruina spirituale, e chi porge l’occasione del danno, parcq
che
sia il dannificatore. Battista Fragoso, scriveIn
rebus scandalum sconsurgere. Ita Rebel. Azor. Sanchez. Lessio. » Ma
che
occorre citare altri Scolastici moderni, e traspo
ato documento. Parla christiatiamcte questo Comico; e piacesse a Dio,
che
il detto suo fosse praticato da tutti i Comici cr
ità della sua dottrina un’altra verità di certissima esperienza, cioè
che
nell’Auditorio Teatrale si ritrovano moltissime p
rto i Comici, e ne conoscono molte in particolare; e quindi inferiamo
che
le parole brutte dette da loro, non mortali di lo
Tommaso, lasciare tal volta i beni temporali, e anche gli spirituali,
che
sono di consiglio, per fuggire lo scandalo de’ de
atura ? Si vede tanto chiaro l’obbligo di lasciarle, come scandalose,
che
il provarlo con argomenti è una prova di superflu
occhi di neve con il candor di lana. Basta per noi dire con Caietano,
che
il servirsi delle scandaloso Turpiloquio, benché
grave est, et fugiendum valde. » E però molti Comici osceni meritano,
che
contro di loro si vibri la spada dell’Apostolica
eritano, che contro di loro si vibri la spada dell’Apostolica lingua,
che
già disse8 Tit. c. 11.« Sunt multi vaniloqui, et
pracs il tutto, insegnando per brutto interesse di lucro quelle cose,
che
non sono di necessità ; possono chiamarsi maestri
e, che non sono di necessità ; possono chiamarsi maestri di dottrina,
che
imparata cagiona una nocevole ignoranza, e disimp
perché l’escluderle tutte; e in tutto, pare troppo rigore; e mostra,
che
non si vogliacu concedere materia alcuna da rider
e non si vogliacu concedere materia alcuna da ridere agli spettatori,
che
alla fine vanno alla Commedia per ricrearsi, e pe
omoHo, 23 in Genes.« Tunc homo est, quando virtutem colit. » (E vero,
che
può darsi caso, come dichiarerò nel Ricordo detto
irlo con belle parole, acciocché non sia inteso da tutti, non toglie,
che
non sia in se stesso vizioso: come la Cortigiana,
realtà, se ben da tutti talvolta non è conosciuta. Non voglio tacere,
che
l’equivoco osceno coperto con parole modeste, cag
francamente senza vergognarsi e così riesce più nocivo; massimamente
che
alle volte le persore semplici, non lo intendendo
; e lo usano, e replicano senza scrupolo proprio, e con riso di altri
che
odono, e intendono, onde quando poi soni avvertit
uenti. In quanto poi al ricrearli, e ridere consolatamente, ora dico,
che
Giacomo Mazzoni discorre con molta erudizione a p
ora dico, che Giacomo Mazzoni discorre con molta erudizione a prova,
che
il Ridicolo non fu sempre essenziale alla Commedi
, che il Ridicolo non fu sempre essenziale alla Commedia: e conclude,
che
Dante elesse una Favola Comica, la quale in tutto
questo non si conformi alle Regole di Aristotilecw, ma di quei Poeti
che
cangiarono la Commedia vecchia, non in quella di
nella quale la favola ridicola si mutò in un’altra maniera di favola,
che
era più tosto sopra qualche negozio verisimile de
era più tosto sopra qualche negozio verisimile de’ Cittadin privati,
che
fatto ridicolo: al che pare alludesse Robertello,
alche negozio verisimile de’ Cittadin privati, che fatto ridicolo: al
che
pare alludesse Robertello, quando scrissep. 41.«
imitatur homines quasi negotiantes, et agentes. » Nondimeno concede,
che
il Ridicolo è cosa molto propria della Comica Rap
tazione: ma bisogna usarlo giudiziosamente, e con scelta, e arte tale
che
tutti i ridicoli rechino gusto agli Auditori, e l
lode meritata ai virtuosi Recitanti: e niun ridicolo deve cagionare,
che
si trasgrediscano le buone leggi del civil decoro
el civil decoro; il quale nell’Azioni Teatrali prescrive agli Attori,
che
abbiano riguardo alle qualità e grado delle pers
gli Attori, che abbiano riguardo alle qualità e grado delle persone,
che
vi concorrono : vuole, che considerino la disposi
uardo alle qualità e grado delle persone, che vi concorrono : vuole,
che
considerino la disposizione degli animi degli Udi
e considerino la disposizione degli animi degli Uditori, e Uditrici :
che
mirino il luogo, ove parlano: il tempo, in cui re
ano: e le altre circostanze annesse alla modesta Commedia: e insegna,
che
secondo la convenienza di questi particolari usin
uditorio, e farebbe se stesso un ridicoloso Recitante. Sanno i Dotti,
che
le cose dette, ovvero Udite, intanto piacciono pe
agli Audotori, in quanto sono cornforme ai loro costumi: onde posto,
che
la moltitudine, concorsa per udire la Commedia, s
udire la Commedia, sia di persone virtuose, e oneste : come i Comici,
che
fanno, e vogliono, servare il necessario decoro d
, potranno mai dire oscenità in presenza di tale moltitudine ? Certo,
che
niuna proporzione si trova tra la puritàcy degli
nzi odio ; e non riporteranno lode, anzi vitupero. E di più aggiungo;
che
si mostreranno, o disonesti, o almeno ignoranti d
che si mostreranno, o disonesti, o almeno ignoranti dell’Arte buona,
che
professano di bene esercitare ; poiché possono ca
erbole, dalla metafora, dall’interpretazione, e da altri capi : senza
che
dica dalle persone, quali sono i vecchi, i servit
Graziani, e simili : essi vogliono cavare il ridicolo dalla oscenità,
che
è un capo bassissimo, trivialissimo, e lontanissi
L. 3 de sermone. De altero extremo, hoc est, scurrilitate.Io tengocz,
che
i Commedianti immodesti con i ridicoli osceni fac
e vivande : anche un banchetto riceve il titolo di abominevole, tutto
che
solo pochi piatti siano degni di abominazione; e
per generar malori, e produrre gravissimi nocumenti. Non v’è dubbio,
che
molte parole oscene, e laide mortali infettano di
Ma egli non ispiega ; ne io ho letto sin ora alcun suo Commentatore,
che
spieghi minutamente, e precisamente; quante parol
e spieghi minutamente, e precisamente; quante parole mortali faccino,
che
in sentenza di S.Tommaso l’azione sia peccaminosa
del pericolo delle anime: e di due parole brutte si dice con verità,
che
sono « turpia verba, illicita verba » : con tutto
ire col parere di molti Teologi interrogati da me sopra questo punto,
che
in semenza di S. Tommaso il numero di 4. ovvero 6
arole brutte mortali cagionano bruttezza a tutta la Commedia. E vero,
che
quando una parola sola fosse piena di grandissima
te per se solo a macchiare l’animo d’ogni persona ben nata; io credo,
che
dal S. Dottore si giudicherebbe potente, abbastan
potente, abbastanza, per far illecita l’azione ; ma perché non trovo,
che
la Quistione. « Utrum unum verbum ad hoc sufficia
nt, mortale peccatum fine dubio incurritur a facientibus. » Notisida,
che
quello, « Aliquid », qualche cosa, si verifica an
sola parola turpe mortale per rendere peccaminoso il Recitamento. Ma
che
? Beltrame stesso par, che sia di questo senso. «
per rendere peccaminoso il Recitamento. Ma che ? Beltrame stesso par,
che
sia di questo senso. « Non dico, scrive egli,che
Beltrame stesso par, che sia di questo senso. « Non dico, scrive egli,
che
in Commedia si nomini peccato da far’ arrossir i
ini peccato da far’ arrossir i Giovani puri, o le semplici Fanciulle,
che
in noi sarebbe errore. »C. 16. Io noto, che fave
o le semplici Fanciulle, che in noi sarebbe errore. »C. 16. Io noto,
che
favella nel numero del meno ; quasi che un solo g
bbe errore. »C. 16. Io noto, che favella nel numero del meno ; quasi
che
un solo grave errore di una parola renda tutta la
a illecita, e in degna di onorato recitamento. Ho udito da un Comico,
che
vide, e è buon testimonio in questo, che l’anno 1
ento. Ho udito da un Comico, che vide, e è buon testimonio in questo,
che
l’anno 1640 un Principe fece battere con scorno i
vertenza, e per abito cattivo, una sola parolaccia, quasi accennando,
che
una sola parola indegna comunica l’indegnità a tu
parola indegna comunica l’indegnità a tutta l’Azione. Ma non occorre,
che
io tratti più diffusamente questa Questione; perc
ente, e dottamente in rigore di scuola questa difficoltà : e risolve,
che
alle volte una sola parola può essere bastevoledb
ta sentenza appresso lui: e se gli pare alquanto duretta, si ricordi,
che
facilissimo è il rimedio per far lecita l’azione,
simo è il rimedio per far lecita l’azione, cioè levare quella parola,
che
la rende impura, restando ella nel rimanente con
a guida di S. Tommaso. Quesito Decimo Quali sono i fatti brutti,
che
rendono illecita l’Azione secondo San Tommaso. E
re, e deformi sbozzidd, è oggetto meritevole di biasimo. Voglio dire,
che
l’officio istrionico esercitato con parole modest
, come scrive S. Tommaso. E Caietano commenta per fatti turpi quelli,
che
di lor natura sono peccati mortali. « Multa enim
secundum se speciem mortalis peccati, sed potius alleviet ». Essendo
che
tal fine non dica secondo sé specie di colpa mort
luno. Equali sono i fatti turpi, mortali di lor natura ? Io rispondo,
che
Caietano dà questo esempio. Se uno per dar sollaz
io. Prendesi anche la voce, turpitudine, nel significato di oscenità:
che
però in S. Paolo Ephes. 5. La Siriacadf legge « O
« Turpido ». Ma quale si è la turpitudine mortale, e oscena ? Quella
che
efficacemente infiamma, e provoca alla disonestà:
giochi, ne’ quali si trova la turpitudine, e giochi antichi teatrali,
che
provocavano ll disonesto amore. Ne mi dica alcuno
ichi teatrali, che provocavano ll disonesto amore. Ne mi dica alcuno,
che
sono leggerezze veneree, turpitudini leggieru, e
erezze veneree, turpitudini leggieru, e non mortali; perché rispondo,
che
io so l’opinione di coloro che concedono « levita
gieru, e non mortali; perché rispondo, che io so l’opinione di coloro
che
concedono « levitatem materie in venereis excusan
n questi fatti gli affetti degli spettatori ? Lo dicano quei Giovani,
che
tutto dìdi lo sperimentano, quando stanno alle Co
? E dico. I turpi, mortali, secondo la lor natura. E tali sono quelli
che
provocano efficacemente alla disonestà. Aggiungo.
mente alla disonestà. Aggiungo. La rendono anche illecita quei fatti,
che
sono mortali per ragione dello scandali, che ne r
che illecita quei fatti, che sono mortali per ragione dello scandali,
che
ne ricevono gli spettatori deboli di spirito; per
ori deboli di spirito; perché le ragioni poste nell’ottavo Quesito, e
che
provano delle parole turpi, vaglionodj ancora per
em prabet ruinæ. » Lo scandalo è un detto, ovvero un fatto men buono,
che
porge ad altri occasione di spiritual ruina. Rest
erità troppo certa; dunque noi non la spieghiamo troppo ; ma diciamo,
che
la vita onesta de’ drammatici Reccitamenti resta
olte estinta con le ferite de’ fatti osceni, e disonesti ; intorno al
che
si questiona dimandando. Quanti fatti bastano pe
, e morta alla virtù, e illecita un’Azione teatrale ? E si risponde,
che
qualche volta è avvenuto, che un Santo, e zelante
ta un’Azione teatrale ? E si risponde, che qualche volta è avvenuto,
che
un Santo, e zelante Principe non ha permesso il r
recitamento di un’ Azione; perché v’interveniva un solo bacio ; quasi
che
la regola del suo giùdizio fosse legge proibitiva
simo, e zelantissimo Ferdiriando II Imperatore ; la cui maestà seppe,
che
in una Commedia, che recitar li doveva nel suo co
Ferdiriando II Imperatore ; la cui maestà seppe, che in una Commedia,
che
recitar li doveva nel suo cospetto pubblicamente,
trattato senza veruna apparenza di altra oscenità : e subito ordinò,
che
si restasse affatto da tal recitamento: onde l’Au
a oscena per sentenza di un saggio, zelante, e moderno Imperatore. Ma
che
diremo noi teologi ? S. Tommaso si serve del nume
Onde secondo lui non basta un solo fatto; quando però non fosse tale,
che
contenesse una molto aperta oscenità; perché allo
le, che contenesse una molto aperta oscenità; perché allora io credo,
che
ancor’uno solo basterebbe. L’Anno 1635 io stavadk
i, un gesto di tanta indegnità, così fu riferito da chi era presente,
che
tutti, e tra tutti anche i più licenziosi, di mod
e tutti, e tra tutti anche i più licenziosi, di modo si vergognarono,
che
calarono unitamente gli occhi alla terra, oppress
si da gran vergogna, e niuno rise. Or qui, chi legge questo, negherà,
che
gesto di tal fatta, benché unico, bastasse per re
chi ciò negasse ? Ma quello fu gesto, e fatto di un Comico: questo,
che
aggiungo, fu d’un Ciarlatano. Nellaa bella e gran
lla galera. Giusta condannazione, la quale serve a noi per giudicare,
che
quel Ciarlatano era tutto osceno per quel fatto s
lquanto i tasti già toccati: e far qui sentire un poco di quel suono,
che
altrove si forma con la nostra debolezza; voglio
lica voce, e fama, fuori del termine dell’onestà. Or và tu a pensare,
che
parole, e che fatti si veggono, e si odono in tal
ama, fuori del termine dell’onestà. Or và tu a pensare, che parole, e
che
fatti si veggono, e si odono in tali Commedie. C
ceNell’Orat. Gra. Contra Histriones. . Sono tali le moderne Commedie,
che
a pena una si recita senza lascivie. « Ut vixi am
Palermo, dice delle Commedie correnti del suo tempo; in cui scrisse,
che
fu l’anno 1585. Concorrono Ruffiani; e il Zanni c
ani; e il Zanni con la Serva è la falsa del Diavolo. Che farà vedere,
che
un Adultero chiede un bacio, e l’ottiene ? Che fa
farà vedere, che un Adultero chiede un bacio, e l’ottiene ? Che farà,
che
la donna fingendosi pazza, comparisce mezzo spogl
ente da queste imperfezioni. Io replico. Piacesse alla Divina maestà,
che
così fosse. Sarebbe un bel sereno dopo un ruinoso
se. Sarebbe un bel sereno dopo un ruinoso temporale. Forse può esere,
che
sia così rispetto di qualche buona, modesta e vir
, modesta e virtuosa Comagnia di Comici onorati: , a certissimo si è,
che
tal riforma non si è fatta universalmente nelle c
Può ella giudiziosamente, e indubitamente raccogliere, e concludere,
che
sono oscene, da questo solo accidente, che narro,
raccogliere, e concludere, che sono oscene, da questo solo accidente,
che
narro, tacendo gli altri. Nel pubblico Teatro all
i Comidi rappresentarono un disonesto tentativo di un ardito Amante,
che
si sforzava di assalire una bramata Donna, la qua
uasi videri noluerit, celat festina, quod volens detexerat. »Ep. 47.E
che
stimate per cotal fatto, o Padre ? Sono Commedie
o, e risolse di predicare: e lo fecero tonando, e fulminando in modo,
che
le sue parole, e i concetti suoi furono saette di
spetto di molti Cavalieri e molte Dame; e usavano fatti tali d’amore,
che
molte di quelle Dame dissero liberamente poi a ce
quelle Dame dissero liberamente poi a certi amici. Non si può negare,
che
la persona non si senta muovere, e affezionare. E
nare. E erano Signore di spirito, e vi andavano controvoglia loro. Or
che
diremo delle persone poco virtuose ? In oltre, di
ro. Or che diremo delle persone poco virtuose ? In oltre, diremo noi,
che
le moderne Commedie sono riformate, quanto convie
noi, che le moderne Commedie sono riformate, quanto conviene ? Dico,
che
no, e lo provo di puù con questo fatto di Comica
Dico, che no, e lo provo di puù con questo fatto di Comica autorità,
che
vale non poco per questo punto. Pochi anni sono,
Comica autorità, che vale non poco per questo punto. Pochi anni sono,
che
una Comica bella, modesta ; di buona volontà, e m
igata di seguitarlo, come io proverò nel c. 3. q. 9.) il quale vuole,
che
io comparisca in scena facendo l’innamorata, e ch
.) il quale vuole, che io comparisca in scena facendo l’innamorata, e
che
alle volte mostri il petto nudo, coprendolo con u
bianco trasparente ; e faccia altri atti, secondo richiede l’Azione,
che
recitiamo. Or qui noi di grazia argomentiamo da q
i abbastanza moderate, o no; se peccavano, o non peccavano. Io credo,
che
dica bene il Bonacina, ove dice. « Femine utentes
juxta consuetudinem patia absque prava intentione. »dnCioè. Le Donne
che
coprono il petto con un velo si trasparente, che
e. »dnCioè. Le Donne che coprono il petto con un velo si trasparente,
che
non è riparo bastevole alla penetrante acutezza d
ella patria, e senza difetto di viziosa intenzione. Ma non credo già,
che
quella Comica sia accomodasse all’uso della sua P
est. »l. si remonerandi § si passus ff. mandat.Dunque infieriamo noi,
che
non è riformata abbastanza, e secondo la moderazi
moderazione di S. Tommaso la Commedia del nostro tempo. Forse è vero,
che
qualche Azione si vede recitata moderatamente; un
nte; un a un lampo non scalda un formo, direbbe un Comico: e io dico,
che
un giglio, e una rosa nata in un bosco, non fanno
co: e io dico, che un giglio, e una rosa nata in un bosco, non fanno,
che
la boscaglia nomar si debba grazioso, e ben colti
o, e ben coltivato giardino. La fama avvisa, e l’esperienza conferma,
che
poche Compagnie de’ Comici moderni recitano nell’
presentazioni. Ma consideriamo gli altri capi tocchi da S. Tommaso, e
che
appartengono all’uso moderato dell’Arte Comica, e
a, e del Teatro. Quesito Duodecimo Che nocumento al prossimo,
che
tempo, che luogo, che negozio, e che persona rend
atro. Quesito Duodecimo Che nocumento al prossimo, che tempo,
che
luogo, che negozio, e che persona rende illecita
Quesito Duodecimo Che nocumento al prossimo, che tempo, che luogo,
che
negozio, e che persona rende illecita la Commedia
imo Che nocumento al prossimo, che tempo, che luogo, che negozio, e
che
persona rende illecita la Commedia, secondo la do
ne humana »2 2. q. 168. a. 2. ad. I., scrive S. Tommaso. Ma conviene,
che
il gioco sia, come una bella rosa, che si gode od
crive S. Tommaso. Ma conviene, che il gioco sia, come una bella rosa,
che
si gode odorosa senza spina fastidiosa: cioè deve
oximo », dice un Teologo, e lo piglia da S. Tommaso, il quale scrive,
che
l’ufficio Istrionico è illecito, quando si serve
cumenti al prossimo. « His quæ vergunt in proximi nocumentum. » Mi di
che
nocumenti ragiona ? Egli lo spiega subito aggiung
e i Ciarlatani con le loro ordinarie Azioni ? Io rispondo. Non penso,
che
nocano mortalmente ne’ beni temporali: perché non
Ciarlatani per le loro buone mercanzie è prezzo giusto. Ma temo bene,
che
nocano mortalmente ne’ beni spirituali dell’anima
olti frequentano il banco de’ Ciarlatani. De’ Comici basti quel poco,
che
scrive Cellotio dicendo. Ora i nostri giochi sono
o giunti a termine tanto ignominioso per difetto degli infami Attori,
che
in lor presenza appena si può far un sorriso senz
rlatani poi con brevità ci avvisa il Giardino de’ Sommisti nel c. 321
che
peccano per le parole disoneste, gesti, e scandal
per le parole disoneste, gesti, e scandalo; e per li cattivi costumi,
che
insegnano. Tutto è vero, ne mancano in prova i ca
azzo in banco, il qual diceva sfacciatamente tante, e tali indegnità,
che
pareva una bocca del postribolo: e io me ne confu
udire quelle indegnità: il secondo di aver scandalizzato le persone,
che
mi conoscevano, e mi vedevano perder il tempo in
so Sacerdote sentì pungersi il cuore da giusto rimorso; pensiamo noi,
che
tutti ciò sentano nel cuore ? Non lo pensa, credo
i ciò sentano nel cuore ? Non lo pensa, credo il pratico, anzi stima,
che
moltissimi gustano di quelle bruttteze, e diventa
tallina onda di fresco fronte, mille pensieri peccaminosi, e mortali,
che
sono poi tante ferite alle loro anime infelici. N
Non voglio dir altro de nocumentido: e voglio anche tacere il tempo,
che
da S.Tommaso è chiamato indebito; perché basta qu
tempo, che da S.Tommaso è chiamato indebito; perché basta quel poco,
che
noterò nel Ricordo detto l’Instanza al Capo Quart
l’Instanza al Capo Quarto, Quesito undecimo: acciocché s’intenda, in
che
tempo si possa, o non si possa, lecitamente usar
similia a in Ecclesia. » S. Antonino dice lo stesso. Altri vogliono,
che
luogo illecito per le Comedie, e per le Azioni pr
oni profane sia il Cortile, o Claustro sacrato. E Beltrame riferisce,
che
così fu stabilito col Decreto di S. Carlo. Anche
la più lungamente. Tocchiamo coti brevità le due ultime circonstanze,
che
sono di negozio, e di persona, delle quali dice S
anze, che sono di negozio, e di persona, delle quali dice S. Tommaso,
che
l’Azione istrionica non sia « præter convenientia
ia « præter convenientiam negotii, et personæ ». Cioè fuor di quello,
che
si convenga al negozio, e alla persona. Silvestro
di quello, che si convenga al negozio, e alla persona. Silvestro dice
che
non si facci con negoziato d’incantesimi, né da p
rsona. « Non decet Clericum talia exercere. » Il decoro non comporta,
che
tali Azioni siano esercitate da personaggi Cleric
ti da S. Tommaso intorno all’uso lecito dell’officio Istrionico : dal
che
pare che possa alcuno inferire. Dunque non sa cos
Tommaso intorno all’uso lecito dell’officio Istrionico : dal che pare
che
possa alcuno inferire. Dunque non sa cosa repugna
ilissimo Cavaliere, o quel vecchio Senatore, o quel soprano Principe,
che
alle volte si compiace di esercitarsi nella scena
scena e di comparire Attore nel Teatro. Io rispondo. S. Tommaso vuole
che
l’Azione non sia « præter convenentiam persone »,
illecita « moraliter et peccaminose », in ragion di peccato, dicono,
che
non è lecita alle persone sacre, o Religiose. In
alla prudente considerazione de’ pratici negli affari della politica
che
prescinde dal peccato. Forse posso dire con Ricca
materia super vires nostras aliquid temere præfumere. » Meglio si è,
che
io Conceda esplicazione di questo punto ad Autore
ia di trattar materia sopravanzante la debolezza delle forze mie. So,
che
Svetonio nella vita di Nerone scriveC 10.« Recita
e recitò versi nel pubblico Teatro con applauso così grande di tutti,
che
ne fu decretata una supplicazione aglidp Dei, com
altri Imperatori con tanta molteplicità di favori lidq hanno onorati,
che
non solamente sono del pari, ma che sono in avanz
ità di favori lidq hanno onorati, che non solamente sono del pari, ma
che
sono in avanzo; poiché se un giocatore perde cent
al gioco, ma d’avere vinto. Nerone ebbe la Commedia tanto in pregio,
che
la onorò fino col recitar egli stesso nelle pubbl
volte ciò han fatto altri viventi, i quali tralascio. Lodo Beltrame,
che
tralascia di nomaredr i Princìpi viventi, che han
alascio. Lodo Beltrame, che tralascia di nomaredr i Princìpi viventi,
che
hanno recitato: e poteva anche tralasciare i mort
are i morti nominati ; ma forse il galant’uomo suppone per verissimo,
che
qualsivoglia personaggio illustre, recitando pubb
a chiarezza della sua fama. E io temo assai di accettar per vero ciò,
che
egli suppone per verissimo. Scrive Tacito, che N
ccettar per vero ciò, che egli suppone per verissimo. Scrive Tacito,
che
Nerone « scenam inscendit, multa cura tentans cit
ropia persona, dice degli spettacoli rappresentanti azioni di guerra,
che
molte ragioni persuadono che il Re non vi si debb
ttacoli rappresentanti azioni di guerra, che molte ragioni persuadono
che
il Re non vi si debba intromettere; perciò che ci
lte ragioni persuadono che il Re non vi si debba intromettere; perciò
che
ciò non gli è decevole, né per l’essenza, né per
propria persona porger diletto ai sudditi in cose da gioco, di fine,
che
egli è de’ popoli suoi, si fa instrumentodv di es
e di Francia ha dimostrato: e questo è cosa contraria al fine del Re,
che
deve la vita sua alla pubblica salute riservare.
di sé, avvilisce la sua persona. Appresso potendosi ritrovare molti,
che
con maggior eccellenza di lui facciano cotali azi
ammirazione appresso de’ popoli, per la quale in ogni genere tengono,
che
egli sopra tutti sia eminentissimo. E con ciò sia
genere tengono, che egli sopra tutti sia eminentissimo. E con ciò sia
che
la maestà reale non significa altro, che somiglia
eminentissimo. E con ciò sia che la maestà reale non significa altro,
che
somiglianza di Deità, da essa il Re grandemente s
imandato sedx volentieri sarebbe corso nello Stadio Olimpio, rispose,
che
volentieri, se vi fossero de’ Re che facessero a
o nello Stadio Olimpio, rispose, che volentieri, se vi fossero de’ Re
che
facessero a correr secody. Onde venne a dimostrar
ossero de’ Re che facessero a correr secody. Onde venne a dimostrare,
che
le azioni, e giochi popolari a Re sono disdicevol
ti, ne’ quali s’impiegano i Soldati, e Caalieri: e egli non consente,
che
il Principe v’intervenga, esercitando insieme con
; o il pericolo di non disgustare i popoli altro non prescrivesse. Ma
che
avrebbe detto del comparire nella pubblica scenad
anche al manto di un virtuoso, e nobile Cavaliere. Crinito racconta,
che
Decio Laberio Cavalier Romano, e grave di età fu
e Decio Laberio Cavalier Romano, e grave di età fu pregato da Cesare,
che
, non solo componesse una Commedia, essendo poeta
, non solo componesse una Commedia, essendo poeta di famoso grido, ma
che
di più la recitasse nello scenico atteggiamento.
nico atteggiamento. Obbedì l’onorato Vecchio ma nella guisa migliore,
che
poté, scusò il fatto dicendo nel Prologo. « Ego
rum hoc die Uno plus vixi mihi, quam vivendum fuit. » Cioè. Quell’io
che
sessant’anni senza nota Stato son Cavalier tra mi
no Alunga il viver mio più dell’onesto. Ognuno può molto ben credere,
che
questo savio Gentiluomo stimò, « præter convenien
isentì tacitamente con quei versi del prologo, alludendo al Principe,
che
gli aveva comandato cosa indegna di un vecchio, e
lio aggiungere altro, ma solo pregare il prudente, e benigno Lettore;
che
nella bilancia della prudenza sua ponderi il deco
i ragiona de’ Dottori di santa vita, e di sana dotttina, confessando,
che
non si può far di meno, di non credere che, santo
ana dotttina, confessando, che non si può far di meno, di non credere
che
, santo zelo, e non mondana ambizione muovi la pen
o sempre condizionatamente, e parlano. Questi Dottori hanno mostrato,
che
si può non solo esercitare, ma vivere dell’eserci
ciò non mancano alcuni di mettere ogni loro spirito per far credere,
che
quei Dottori intesero di parlare solo di quelle C
credere, che quei Dottori intesero di parlare solo di quelle Commedie
che
dagli Accademici si recitano nelle Città. Dal par
elle Città. Dal parere di costoro si dilunga il Cecchino; e io credo,
che
con ragione si possa dilungare; perché i Dottori
Vituperium propre debetur vitio, honor virtuti. » Un Comico valente
che
è virtuoso, merita onorata lode, e merita di esse
ore; né si può giustamente aggregare all’infame ciurmaglia di quelli,
che
sotto il manto dell’Arte Comica, lecita, e onesta
esentano i loroteatrali mostri, cioè le Azioni illecite, e disoneste,
che
però sono degni di vitupero grande, e di gran cas
o e, ancora di totale sterminio, e di eterno bando. Replico io dunque
che
molti Dottori antichi, moderni oltre S. Tommaso d
he molti Dottori antichi, moderni oltre S. Tommaso dicono, e provano,
che
l’officio istrionico, e l’Arte Comica è lecita, e
quelli compongono odorosi mazzetti per difenderli dall’ingrato odore,
che
esala dal disonesto e immoderato uso dell’Arte C
torità dovrebbero acquietar l’animo de’ contravversori, e accertarli,
che
questo caso è stato ventilato da persone di santa
to da persone di santa speculazione, e zelanti più dell’anime altrui,
che
del loro umano applauso. » A Beltrame io concedo,
l’anime altrui, che del loro umano applauso. » A Beltrame io concedo,
che
dice bene, volendo dire, che la Commedia è caso l
umano applauso. » A Beltrame io concedo, che dice bene, volendo dire,
che
la Commedia è caso lecito, e che l’Arte Comica è
oncedo, che dice bene, volendo dire, che la Commedia è caso lecito, e
che
l’Arte Comica è medesimamente lecita secondo i Do
ecita secondo i Dottori di Teologia; né io ho trovato alcuno di essi,
che
sono questi termini controverti dell’uso Comico.
nza distinzione, a me non pesa molto perché si vede chiaro da quello,
che
io scrivo, che non mi si confà cotal livrea. Dico
, a me non pesa molto perché si vede chiaro da quello, che io scrivo,
che
non mi si confà cotal livrea. Dico dunque, rispon
si confà cotal livrea. Dico dunque, rispondendo al presente Quesito,
che
i Comici moderni, professori di virtù, e di dottr
stessi, e l’uso moderno dell’Arte loro, e per provare in conseguenza,
che
le mercenarie azioni, e Commedie d’oggigiorno son
sì è l’Arte, quando gli Istrioni rappresentano cose brutte. Io dico,
che
secondo l’assenso de’ dotti un conosciuto ruffian
ito, e fatto da due persone innamorate, sono cose brutte. E aggiungo,
che
cose tali si rappresentano nelle mercenarie Azion
o. « Ita tamen, quod nihil turpe ibi misceantur. » Ma però con patto,
che
non si frapponga in quel gioco turpitudine veruna
to, che non si frapponga in quel gioco turpitudine verunaee. Io dico,
che
non è osservato comunemente dai moderni Comici, e
del peccato, ovvero dannazione: perché lungi da quel sen vanno coloro
che
si servono de’ giochi moderatamente. Io dico, che
el sen vanno coloro che si servono de’ giochi moderatamente. Io dico,
che
i moderni Comici, e Ciarlatano non si servono per
; perché ho inteso più volte, e da più personaggi degnissimi di fede,
che
vi frappongono innamoramenti, ruffianesimi, tocch
modo non utantur aliquibus illicitis. » Io dico, alludendo a Ranerio,
che
gli Istrioni moderni non fanno per ordinario l’of
derni comunemente fanno Rappresentazioni illecite. Caietano insegna,
che
il peccato de’ Comici non consiste in « exercitio
materia inhonesta, utendo actibus, aut verbis inhonestis ». Io dico,
che
questi atti, e queste parole secondo la comune re
constanze: ma può essere peccato per rispetto della materia. Io dico,
che
la materia peccaminosa con le parole e con i gest
l sollazzo ; e però è lecita, se si pratica con moderazione. Io dico,
che
l’esperienza convince, che la moderazione bastevo
a, se si pratica con moderazione. Io dico, che l’esperienza convince,
che
la moderazione bastevoleeg non si trova per lo pi
Vediamo noi i detti, e le sentenze di questi moderni; forse troveremo
che
toccano tamburo, spiegano bandiera per combattere
en fondata, le autorita degli scrittori le servono più per ornamento,
che
per sostentamento : la vera gioia scopre per se m
per se medesima il suo valore: la verità suona la tromba sìeh forte,
che
risveglia, non solo gli antichi a salutarla, ma a
a con i suffragi delle loro sentenze. Che l’Arte Comica sia lecita, e
che
l’officio Istrionico illecito non sia, è verità,
di rugosa fronte, e difficile ; ma facile, certa, potente, e quello,
che
più importa, ben fondata sopra la ragione della d
alla conversazione della vita umana. Quindi con gli antichi Dottori,
che
l’approvano, si accordano i moderni, che non la r
ndi con gli antichi Dottori, che l’approvano, si accordano i moderni,
che
non la riprovano quando però si eserciti dentro i
es, recitent. »l. 5. resp. moral. q. 11.Cioè, Paolo Comitolo insegna,
che
gli Istrioni non peccano mortalmente, se non reci
erit intelligendum. »L. 1. De Trinitate.Quasi voglia significar il S.
che
non è buon gioco far dire da un Autore ciò, che n
glia significar il S. che non è buon gioco far dire da un Autore ciò,
che
non si contiene nei detti suoi : voler esprimere
o più volte, e riletto il luogo di Comitolo e sono astrettoej a dire,
che
non dice, come lo cita Beltrame ; e se così dices
eltrame ; e se così dicesse, direbbe errore perché la moderazione, di
che
ha necessità l’Istrione, non è la sola mancanza d
è la sola mancanza della turpitudine. S. Tommaso, e i Dottori dicono,
che
l’Istrione pecca mortalmente, quando « utitur his
m, quæ de se sunt peccata mortalia ». Quando si serve di cose nocive,
che
siano di lor natura mortalmente peccaminose, benc
persona. Dunque Comitolo direbbe errore dicendo, come vuol Beltrame,
che
gli Istrioni non peccano mortalmente, se non reci
mi chiede la sostanza del detto da Comitolo. Rispondo. Egli suppone,
che
la Commedia secondo la sua natura sia lecita; e t
iunt impudicas Comedias, culpam lethalem non effugere. » E vuol dire,
che
altrove ha mostrato, che gli Attori, e gli Spetta
culpam lethalem non effugere. » E vuol dire, che altrove ha mostrato,
che
gli Attori, e gli Spettatori delle impudiche Comm
i Spettatori delle impudiche Commedie sono rei di peccato mortale ; e
che
ha provato il tutto con cinque maniere ; le quali
medie antiche ma contro le moderne del suo tempo. E infine conclude,
che
i Comici moderni osceni meritano d’essere cacciat
ati dai confini dell’umana generazione. Or posto questo, diremmo noi,
che
le moderne, e ordinarie azioni de’ Commedianti e
Nota unica Si continua la ponderazione di quelli moderni Dottori,
che
Beltrame allega. Con la gagliarda autorità di
ntiam amplectuntur. » Abbracciano la stessa sentenza. E se vuol dire,
che
, come Paolo Comitolo insegna, che gli Istrioni no
la stessa sentenza. E se vuol dire, che, come Paolo Comitolo insegna,
che
gli Istrioni non peccano mortalmente, se non reci
la lussuria ; così insegna Fillucci, e gli altri citati. Io rispondo,
che
, come Comitolo non insegna nel modo scritto da Be
um excitent, peccare mortaliter eas representantes. »Tr. 30 n. 210.Il
che
vale. Se le Comiche Azioni rappresentino brutti o
le Comiche Azioni rappresentino brutti oggetti, ovvero con modo tale,
che
perlopiù recitino alla disonestà, gli attori pecc
so scritto da Beltrame nell’allegar Comitolo: perché ogn’uno intende,
che
il dire. Titio non pecca mortalmente, se non fa q
r. » Allude ai Dottori Antichi citati avantiek Comitolo, e significa,
che
ancor Filliucci, e gli altri nomatiel sentenziano
, e significa, che ancor Filliucci, e gli altri nomatiel sentenziano,
che
l’Arte Comica e la Commedia è lecita. E se egli i
sue Institutionis n. 16 pagin. 166. Editionis Mutinen. » E aggiunge,
che
dica. « Mortaliter peccat, qui in Comoedias, aut
e sensuali delectatione, et tantum animi gratia. » E si deve notare,
che
Francesco Maria pone Marcello nella classe di que
aria pone Marcello nella classe di quei principali Teologi Scolatici,
che
insegnano, essere rei di peccato mortale gli Atto
enti. Onde Beltrame non lo poteva allegare, come favorevole alle sue,
che
per molti capi sono illecite. Dello stesso parere
rita di Marcello, e la pondera per minuto paratamente, e ne conclude,
che
egli « non favet Comoediis, quoniam sequitur sent
è questo. Tra pubblici peccatori si numeraem l’Istrione, cioè quello,
che
per officio recita le Commedie turpi, e prouocati
luto, e molto meno ammesso alla santa, e pubblica Comunione. Io dico,
che
le Commedie moderne per ordinario sono turpi per
en lenocinii, e per altre ragioni molto ben fondate. Dunque i Comici,
che
sono tali, si devono numerare tra pubblici peccat
intendat: quia ex se præbet sufficientem ruina causam. » E significa,
che
il Compositore, e l’Attore della Commedia brutta,
chi Istrionici non sono illeciti, se son fatti modestamente. Io dico,
che
moderni Istrioni non servano perlopiù la modestia
e ancora tra i Dottori allegati dal Comico a suo favore; ma io credo,
che
noi siamo i favoriti da lui, e non Beltrame. Prop
da lui, e non Beltrame. Propone il Bonancina, non le parole precise,
che
usa Beltrame, ma queste segnatamenteq. 4 de matr.
vanam curiositatem audiuntur. » E nel n. 22 dice degli Ecclesiastici,
che
mentre « assistunt Comoediis Comadys secluso scan
hilominus prohibitiones non obbligant sub mortali. » Io qui considero
che
il Bonacina parla delle Commedie turpi, come prov
iara illecite; come suppone lecitissime le oneste. Considero inoltre,
che
le moderne de’ Comici mercenari sono ordinariamen
tu. » Cioè. Alcuni sono Comici, piuttosto astrettiep dalla necessità,
che
mossi dal piacere; perché con altro artificio non
é, né per i suoi: né esercitano giochi turpi, ma liberali, cioè tali,
che
non fanno con i detti né con i fatti pregiudizio
e non dimeno apportano un consolativo diretto. E questi io non credo,
che
per tale esercizio vivano in cattivo stato. Quest
anza è favorevole ai Comici modesti, e prego il misericordioso Iddio,
che
tutti gli altri moderni professori dell’Arte Comi
ranza di molta gloria: onde si possa verificar di loro ancora quello,
che
di un Giocolatore fu rivelato al B. Pafnuzio; cio
ancora quello, che di un Giocolatore fu rivelato al B. Pafnuzio; cioè
che
doveva essere suo Compagno nella celeste beatitud
ch’ogni stato dell’umana vita ha avuto i suoi virtuosi Professori, e
che
il sole risplende per ogni clima; e cavino da que
da questa verità frutto copioso di cristiana santità; e si ricordino,
che
, chi chiude gli occhi, non gode il lume, e cammin
pittura compariscees men graziosa al lime di molte torcie; anzi par,
che
acquisti non so che di leggiadria, e di splendore
s men graziosa al lime di molte torcie; anzi par, che acquisti non so
che
di leggiadria, e di splendore, per più graziosame
oci risonanti, e torcie risplendenti le autorità de’ molti Scrittori,
che
si allegano per favore della Commedia, e dell’Art
non portare da Beltrame, il quale saggiamente dice, non aver dubbio,
che
non vi siano altre autorità da lui non vedute. Io
e non vi siano altre autorità da lui non vedute. Io ho vedute quelle,
che
qui porrò distintamente con il solito fine; cioè
trionica non è illecita di sua natura. E Agostino vituperando quelli,
che
fanno donativi agli Istrioni, non perciò fa illec
illecita l’Arte loro, quando sia priva di quelle cattive circostanze,
che
la rendono illecita. Io dico, che quest’Arte a no
riva di quelle cattive circostanze, che la rendono illecita. Io dico,
che
quest’Arte a nostro tempo non è priva ordinariame
usam ruine, quamvis illam non indendant. » E punto di verità patente,
che
i Compositori, e gli Attori delle Commedie, che c
to di verità patente, che i Compositori, e gli Attori delle Commedie,
che
contendono cose molto brute, e eccitative alla li
la cagione della ruina; benché essi non pretendano di darla. Io dico,
che
cose molto brutte, e provocative alla disonestà s
a disonestà sono le rappresentate fornicazioni e aulteri. E aggiungo,
che
queste non mancano alle volte nelle Commedie del
BECCHI, e fatta nella presenza di un gran popolo, e di molta nobiltà;
che
così appunto mi confessò, pochi anni orsono, un C
così appunto mi confessò, pochi anni orsono, un Comico principale, e
che
fu Attore in quella. Dunque a nostro tempo si fan
domanda. Se i giochi Istrionici siano leciti, questo Autor risponde,
che
leciti sono, se onestamente si fanno e illeciti,
tà, ovvero se esercitano con Rappresentazione di cose turpi. Io dico,
che
le burle, e i giochi fatti bruttamente, e disones
illecite per sentenza di Sanchez. II medesimo scrive nel citato capo,
che
sarebbe peccato mortale mirare i giochi Scenici c
rpi, dalle quali lo spettatore si muovesse alle disonestà. E io credo
che
oggetto sarebbe, se un Giovane debole di spirito
on focose brame di venire a cose disoneste. E affermo per certissimo,
che
i moderni Comici, per la maggior parte, non si as
L. x. n. 384.Giudicar si deve illecito quel gioco, il quale sia tale,
che
sognia indurre il Giocatore al commetter colpa mo
er giudizio di Reginaldo. Baldelli dichiara illecita quella Commedia,
che
è molto brutta, e molto eccita alle sozzure di Ve
p. Per. c. 7 § 9.Cioè. Nei Giochi prima, e principalmente si avverta,
che
non si cerchi il diletto ne’ fatti turpi, o nelle
i appellano diabolici. E pure molti moderni Comici, e Ciarlatani, par
che
non sappiano dilettar, se non usano parole, o fat
role, o fatti rutpi: dunque i loro scenici giochi sono diabolici, non
che
illeciti, per sentenza di Viguerio. Azor parlando
er sentenza di Viguerio. Azor parlando delle oscenità Teatrali, dice,
che
rare volte gli spettatori le mirano senza peccatp
i sono cagione di peccato mortale a loro spettatori fragili di virtù,
che
certo non mancano: perché si sa, e vede, che spes
tatori fragili di virtù, che certo non mancano: perché si sa, e vede,
che
spesso rappresentano loro molti lenocinii, molte
altri moderni Dottori; perché basta il notato sin qui per dichiarare,
che
illecitissime sono moltissime Azioni del moderno
n tutto ciò voglio aggiungere qualche altra autorità; acciocché quei,
che
hanno spirito di vera cristianità, fuggano più vo
volentieri, e più velocemente ogni pericolo di oscenità, ricordevoli,
che
, chi troppo si assicura, spesso trascura il suo b
ordevoli, che, chi troppo si assicura, spesso trascura il suo bene, e
che
malamente giunge al fiorito, e delizionso colle d
elle Comiche oscenità: e per ciò fare, voglio allegare altri Dottori,
che
formino un nuovo Coro, e col canto delle loro sen
presentazioniL. dell’onesto travaglio. Disc. 6., e mostra molto bene,
che
sono peggiori, che non erano gli antichi giochi G
l’onesto travaglio. Disc. 6., e mostra molto bene, che sono peggiori,
che
non erano gli antichi giochi Gladiatori, e pure q
roppo smoderata libertà de’ tnoderni Comedianti, dicendo in sostanza,
che
sono molto cattivi; poiché nell’arte loro egli tr
famiam, ubiquem turpitudinem, nullibi pilum probitatis. » E aggiunge,
che
questi mercenari Attori sogliono imbrattar la sce
s, amatoriis pulmentis scenam conspergere solent. » Ma chi può negare
che
oggigiorno quelle bruttezze non veggano, e non si
fruttuosa del Fanciotti detta il Giovane Cristiano, dicec. 15. 3 p. ,
che
le Commedie d’oggi contengono sempre cose lascive
4 dell’Etica. E tali detti, e fatti si esamineranno in due mdi: prima
che
non repugnino alla retta ragione con disonestà: s
di: prima che non repugnino alla retta ragione con disonestà: secondo
che
non dissolvano i costumi. Questo è quanto al sogg
i deve osservare il tempo, il luogo, e la qualità delle persone: cioè
che
i detti, e fatto fianco convenienti al tempo, al
l suo senso intorno alle correnti Commedie dicendo così. Le Commedie,
che
vanno per l’Italia, sono comunemente pessime, e p
e come peste dovranno essere sterminate dal Cristianesimo. Io credo,
che
niunex Savio, e pratico della moderna, e mercenar
unex Savio, e pratico della moderna, e mercenaria scena vorrà negare,
che
l’Azioni de’ nostri Commedianti non siano illecit
nostro riprensivo affetto, e vituperiamo anche con la lingua quelli,
che
per cagione della lingua si rendono degnissimi di
amo col manto di tollerabile ricreazione quel trattenimento teatrale,
che
per verità si è una intollerabile dissoluzione. B
stumi: dove si rappresentano amori lascivi: e dove sono tanti Demoni,
che
stanno investigando con maleey suggestioni, quant
e stanno investigando con maleey suggestioni, quante sono le persone,
che
vi dimorano. Nota Girolamo Fiorentino nella sua
ediocrisi, parlando delle Commedie disonesteez, licenzione e illecite
che
le correnti sono illecite, se si deve credere a p
gnis adhibenda est fides, tales ut plurimum esse suspicior », dubito,
che
per lo più tali, cioè illecite, siamo quelle del
non usare esagerare; ma scrivere con tutto rigore scolastico a fine,
che
si distinguano giudiziosamente le lecite dalle il
ssatempo pubblico, dice. Le materie Comiche sono ordinariamente tali,
che
l’onestà non v’ha parte alcuna: e i Comici fanno
v’ha parte alcuna: e i Comici fanno più presto l’officio di Ruffiani,
che
d’Istrioni.Dunque le moderne Commedie furono ordi
ommedie le quali contengono cose, ovvero modi di molta turpitudine, e
che
eccitano alla disonestà; e la ragione si è, perch
i bruttezza; perché allora non sarà colpa mortale, ma veniale; atteso
che
non eccitano, né dispongono alla disonestà da vic
ve lasciamo l’autorità degli stessi modici moderni ? Parlo di quelli,
che
professano di essere Attori onorati, virtuosi, mo
i il Comico Cecchino, e Beltrame. Il Cecchino dice ne’ suoi Discorsi,
che
i Santi Dottori non vogliono, che la materia dell
Il Cecchino dice ne’ suoi Discorsi, che i Santi Dottori non vogliono,
che
la materia della Commedia attenda alla distruzion
io approvo il detto di questo Comico: ma non posso approvare quello,
che
vi aggunge dicendo. Cose, che ogginon si costuman
Comico: ma non posso approvare quello, che vi aggunge dicendo. Cose,
che
ogginon si costumano. Perché io veggo, e lo veggo
che ogginon si costumano. Perché io veggo, e lo veggono tutti quelli,
che
vogliono aprire gli occhi, che oggi molte Compagn
é io veggo, e lo veggono tutti quelli, che vogliono aprire gli occhi,
che
oggi molte Compagnie di Comici con le loro osceni
cite per sentenza del Cecchino, il quale anche confessa candidamente,
che
a nostro tempo non mancano Professori dell’Arte c
ù spesso a nostro favore contro le illecite Rappresentazioni. E vero,
che
egli nel c. 58 dice. « La Commedia è oggi mai pas
a è oggi mai passata per la trafila: e se già fufc, chi la biasimò; o
che
non la conobbe, o che non era simile alla nostra.
er la trafila: e se già fufc, chi la biasimò; o che non la conobbe, o
che
non era simile alla nostra. » E nel c. 59 propone
ttato dell’Arte Comica cavato da S. Tommaso, e da altri Sommisti, con
che
prova, che la Commedia è lecita. Ma è verissimo a
Arte Comica cavato da S. Tommaso, e da altri Sommisti, con che prova,
che
la Commedia è lecita. Ma è verissimo ancora, che
isti, con che prova, che la Commedia è lecita. Ma è verissimo ancora,
che
il medesimo Beltrame concede in più luoghi, che t
a è verissimo ancora, che il medesimo Beltrame concede in più luoghi,
che
tra Comici modesti se ne trovano degli osceni, e
no stati modesti : sempre vi sono stati buoni, e rei: troppo farebbe,
che
tutti i Comici fossero uomini dabbene. » E nel c.
nore, e fedeli all’ignoranza ». E poco dopo aggiunge. Troppo farebbe,
che
fra tante persone libere, e comode a poter far ma
vasse più d’una spropositata, e forse manigolda: : io ho gran dolore,
che
vi siano Comici mal costumati. Beltrame ha ragion
aver gran dolore; perché certamemente vi sono oggi molti Commedianti,
che
fanno Azioni tali, che, per sentenza d’ogni Comic
é certamemente vi sono oggi molti Commedianti, che fanno Azioni tali,
che
, per sentenza d’ogni Comico virtuoso, dotto, e on
lti Comici moderni sono illecite ? La sola faccia della disonestà,
che
mostrano le Azioni, e le Commedie di molti mercen
per meglio stabilire il desiderio di fuga ne’ virtuosi. Dico dunque,
che
la Commedia poco onesta è illecita per molte ragi
o facilissimo, e accomodatissimo alla natura, e capacità d’ogni uomo:
che
è presentare alla natura corrotta, e al male incl
ia quasi di tutti i sensi, e insegnare all’uomo le maniere; e i modi,
che
tener, dove, per facilmente e presto conseguire o
esto conseguire ogni sui intento, benché il disordinatissimo: di modo
che
la Rappresentazione disonesta è come un’avvicinar
come un’avvicinare il fuoco all’esca del nostro senso, il quale ancor
che
sia lontano dall’oggetto, molte volte però s’acce
lontano dall’oggetto, molte volte però s’accende, arde, e si consuma,
che
sarà poi vicino ? Di più è come una scola aperta
nsegna; ne te lo insegna in un modo poco efficace ; ma con l’esempìo,
che
è modo, e mezzo efficacissimo, per apprendere ogn
per apprendere ogni cosa benché difficile; quanto più poi il peccato,
che
è tanto stretto amico della nostra guasta natura
uasta natura ? » Ne con l’esempio solamente; ma con le parole ancora,
che
sole, semplicemente prounciate, come tante scinti
bastano per accendere dentro di te ogni gran fuoco di concupiscenza:
che
faranno dunque moltissime insieme, tanto artifici
tuoi costumi ? Perché se bene sono favle, e finzioni poetiche quelle,
che
si rappresentano; nondimeno è sempre vero il dett
dum fingit; infligis. » L’Istrione impiaga il cuore all’amore, mentre
che
finge amore. Credo, che quella prima ragione, qua
L’Istrione impiaga il cuore all’amore, mentre che finge amore. Credo,
che
quella prima ragione, quasi acceso doppiere, facc
esta fuga, e di perseverare abominazione. Vengo alla seconda ragione,
che
è quella, che alcuni innominati portano appresso
i perseverare abominazione. Vengo alla seconda ragione, che è quella,
che
alcuni innominati portano appresso Beltrame, e de
na si muovono a biasimare le sceniche Azioni, volendo fare argomento,
che
essendo la Commedia un passatempo, composto di pa
e, e di gesti, le parole e gesti non possono essere tanto aggiustati,
che
non abbiano partecipazione con le oscenità; e per
bito cattivo, e invecchiato in queste sordidezze. Mi ricordo quello,
che
, molti anni sono, occorseff nel Seminario Romano.
enire i Comici Mercenari; mi diede loro espresso, e replicato ordine,
che
non dicessero, né facessero cosa di veruna osceni
racconto ho io inteso da personaggio vecchio: religioso e gravissimo,
che
allora giovanetto si trovava presente in seminari
vissimo, che allora giovanetto si trovava presente in seminario. Ecco
che
la forza dell’abito cattivo esceno fa sdrucciolar
discrivere la risposta del proposto Quesito. Beltrame del c. 53 dice,
che
si ricercano le autorità alle cose dubbiose, le.
o, per essere, o lontane, o passate, o sconosciute; ma della Commedia
che
occorre, che un Savio mi dica, che sia buona, o r
, o lontane, o passate, o sconosciute; ma della Commedia che occorre,
che
un Savio mi dica, che sia buona, o rea: se io mi
, o sconosciute; ma della Commedia che occorre, che un Savio mi dica,
che
sia buona, o rea: se io mi posso chiarire, quando
he sia buona, o rea: se io mi posso chiarire, quando voglio ? Ridico,
che
sono tutte stiracchiature: una buona coscienza va
e è un ricercar il coraggio tra gli Arsenali. Io rispondo a Beltrame,
che
si ricerca il coraggio, e il cuore per opporsi co
, e il cuore per opporsi coraggiosamente alle oscenità, e ai peccati,
che
provano l’anima della vita spirituale. E si è dic
edianti mercenari hanno per ordinario delle oscenità mortali in modo,
che
il Teologo Bresciano nell’AntidotoC. 1 p. 3. le c
Teologo Bresciano nell’AntidotoC. 1 p. 3. le chiama Commedie nefande,
che
di natura loro sono incitative al peccato. E ques
edicare in una Città l’anno 1639 quand un amico gentiluomo mi avvisò,
che
certi mercenari Commedianti dovevano venire, e ch
tiluomo mi avvisò, che certi mercenari Commedianti dovevano venire, e
che
di grazia io non predicassi come aveva predicato,
o, non vogliamo le oscenità; e espressamente pribiamo ai Commedianti,
che
non usino certi gesti osceni, né certi equivoci b
ità de’ moderni Commedianti; questa è difficoltà più grave di quello,
che
ella per avventura si persuade. Il cortese genti
ger la Supplica di Nicolò Barbieri, detto Beltrame, diretta a quelli,
che
scrivendo, o parlando, trattano de’ Comici, trasc
, trascurando i meriti delle Azioni virtuose. E l’Amico mio mi parve;
che
volesse dire. Le Commedie fatte secondo le regole
Io volentieri accettai l’Opera di Beltrame; la lessi subito, e notai,
che
cristianamente l’Autore condannava a tutta forza
i siano le commedie illecite per le mortali oscenità: anzi supponeva,
che
alcune cose, pubblicamente rappresentate, non fac
e illecita: per atto di esempio una pubblica comparsa di un Ruffiano,
che
col pubblico negoziato del suo ruffianesimo ruina
, nel quale sono Giovani malefk inclinati, e persone deboli di virtù,
che
per tali rappresentazioni commettono almen col pe
della Commedia oscena, e illecita. Il Savio avvertito di un pericolo,
che
prima non conosceva, subito lo fugge; e se non lo
abbondante, e pieno di molti, belli, e odorosi fiori, il levarne uno,
che
sia di nocivo odore, non è dar materia di giusta
i, quando egli poco, o niente malore scorge in un soggetto. Le Donne,
che
non sono Comiche di professione, comparisconofo d
onde tal comparsa non porge molta materia di ragionare, come di cosa
che
rechi ai Fedeli qualche pericolosa infezione. Con
ricolosa infezione. Con tutto ciò possiamo dire di tali Donne quello,
che
alcuni dicono delle Comiche ordinarie appresso Be
omiche ordinarie appresso Beltrame. « Alcuni vorrebbero, scrive egli,
che
si recitassero le Commedie senza introdurre Donne
recitassero le Commedie senza introdurre Donne nella scena: e dicono,
che
certi gesti talvolta lascivi possono lasciare; e
scena: e dicono, che certi gesti talvolta lascivi possono lasciare; e
che
certi equivoci scandalosi si possono rendere ones
ciare; e che certi equivoci scandalosi si possono rendere onestifp ma
che
, non levando le Donne, l’occasione non si leva; e
ere onestifp ma che, non levando le Donne, l’occasione non si leva; e
che
le sensualità corre al naturale difetto, come a s
e che le sensualità corre al naturale difetto, come a sua sfera: ove
che
si può peccare dispositivamente: ma se invece di
care dispositivamente: ma se invece di femmina recitassero fanciulli,
che
sarebbe levato il perigliofq, e anche lo scandalo
a loro opinione, e io ho la mia. » Beltrame fin qui. Ma io considero,
che
egli non dichiara, chi siano questi, Alcuni, o Qu
siano questi, Alcuni, o Questi tali: lo dichiarerò dunque io dicendo,
che
sono tutti quei prudenti, che mirano alla pratica
tali: lo dichiarerò dunque io dicendo, che sono tutti quei prudenti,
che
mirano alla pratica del mercenario Teatro, nel qu
alla pratica del mercenario Teatro, nel quale vedono per esperienza,
che
la comparsa di vera Donna in scena è manifesta ca
e con essa rispondere al Quesito. La comparsa di vera Donna in scena,
che
non sia Comica di professione, ne facciafr Rappre
. adversus Ultia. » S. Giovanni Crisostomo scrive d’aver inteso dire,
che
alcuni nel vedere solamente certe Statue di marmo
iunge. « O se tanta forza aveva un’effige dura, insensibile, e morta,
che
impeto avrà un’effige viva, baldanzosa, colorita,
ordine al sentir la Donna l’autorità di S. Tommaso, il quale avvisa,
che
« verba muliebri sunt in flammantia »L. 5. c. 15.
ve a modo di scintille, e si conferma con la scrittura; ove si legge,
che
il femminile parlare è quasi uno sfavillare per a
« Mulieris in silentio discat: docere mulieri non permitto. » Voglio
che
la Donna taccia come discepola, e non che parli c
ieri non permitto. » Voglio che la Donna taccia come discepola, e non
che
parli come maestra1. c. 2. XI.. E a Corinti scriv
; perché non è permesso loro il favellare. Ma se S. Paolo non voleva,
che
le Donne a suo tempo parlassero in Chiesa, neanch
che le Donne a suo tempo parlassero in Chiesa, neanche per insegnare,
che
direbbe ora, che scriverebbe, che comanderebbe, s
o tempo parlassero in Chiesa, neanche per insegnare, che direbbe ora,
che
scriverebbe, che comanderebbe, se intendesse una
o in Chiesa, neanche per insegnare, che direbbe ora, che scriverebbe,
che
comanderebbe, se intendesse una Donna cristiana c
Rappresentazioni ammaestrare, e dilettare gli spettatori ? Io credo,
che
infiammato di Apostolico zelo scriverebbe, e pred
enza dovuta alla nobiltà, e alla virtù dell’Auditorio, parlò in modo,
che
in sostanza non temé di nominare pubblicamente qu
ornicazioni, di adulteri, e di omicidi: e fece colpo tale predicando,
che
da quelle pudiche Signore fu lasciato il disegno,
altri migliori, e memo pericolosi trattenimenti. E o piacesse a Dio,
che
così avessero fatto in altro luogo alcune Dame, e
mate da lingue imprudenti, per non dire malvagie, e serpentine quello
che
fu di peggior rilievo, molti poi col tempo restar
issima Città del bel Regno di Sicilia fu risoluto, pochi anni orsono,
che
, volendo fare un’Azione alcune Donne nobili, e on
nte, è cosa tanto pericolosa di cagionarfx peccato nei poco virtuosi,
che
par si possa nominare Trappola di Satanasso, allu
e par si possa nominare Trappola di Satanasso, alludendo al concetto,
che
S. Agostino ebbe degli Spettatori, quando scrisse
coli massimamente delle Donne, per trappolarfy di nuovo, quelle anime
che
vede esser fuggite dagli inganni suoi, e dalla ti
ra navigazione; ma le spesse fortune, e i moltiplicati sommergimenti,
che
occorrono ai naviganti, fanno star con timore chi
Quaresima. Vuole il Giraldi, e ce lo ricorda Raffaello delle Colombe
che
il primo, che conducessegc Donne in scena, fosse
ole il Giraldi, e ce lo ricorda Raffaello delle Colombe che il primo,
che
conducessegc Donne in scena, fosse quel disonesto
inico , di cui fa menzione Platone in Minoe: quasi volesse, credo io,
che
la femminile comparsa fosse praticamente un effic
ile comparsa fosse praticamente un efficace invito alla disonestà: da
che
io stimo di poter affermare, che cotal comparsa è
n efficace invito alla disonestà: da che io stimo di poter affermare,
che
cotal comparsa è illecita almeno nella pratica: f
in Banco, e parlante di lascivo amore nel pubblico Auditorio, ove sa,
che
sono, almeno alcuni conosciuti da lei in particol
almeno alcuni conosciuti da lei in particolare, deboli di spirito, e
che
peccheranno, è un’oscenità scandalosa, e però è i
no praticamente. Io intendo per Comica ordinaria una di quelle Donne,
che
vagando se ne vanno per molti, e vari paesi, unit
dei Mercenari Comici, o Ciarlatani; le quali Donne, o sono Fanciulle,
che
si allenano per il Teatro o sono mogli degli stes
ine ho voluto molte volte cacciare i Comici dai Templi con quei modi,
che
la loro sfacciataggine ricercava. » Questo conce
omiche spiega quel pratico del mondo. Ma io non credo tanto di tutte;
che
forse ve ne sono delle buone in realtà: ma dico,
tanto di tutte; che forse ve ne sono delle buone in realtà: ma dico,
che
una Comica di professione, qualsiasi sia, o di re
ettare, e parlando d’amore per dar diletto, è moralmente impossibile,
che
non faccia cadere in peccato chi la mira, e sta a
irtù, anzi con molta inclinazione alla disonestà. E quindi inserisco,
che
questa comparsa è un’oscenità scandalosa, condann
mixtim agere in Theatro viderene ? » Che cosa avrebbero detto, e con
che
nervo di zelante eloquenza avrebbero favellato qu
ebbero detto, se fosse loro stato concesso di vedere al tempo nostro,
che
nel Teatro con gli uomini compaiono ad atteggiar
ro con gli uomini compaiono ad atteggiar ancor le Donne, e Donne tali
che
senza nota di temerarietà si possono giudicare im
non risponde alla richiesta: dunque noi possiamo rispondere, dicendo,
che
S. Cipriano avrebbe affermato, che la comparsa fe
noi possiamo rispondere, dicendo, che S. Cipriano avrebbe affermato,
che
la comparsa femminile in scena « expugnat boni pe
e accendono nei cuori degli Ascoltatori le fiamme di tanta lascivia,
che
tutte paiono d’essersi accordate di spiantar dall
ascio altri luoghi dei S. Padri; e a questi allegati no dica alcunogg
che
sono contro le oscenissime oscenità dell’antico t
on del moderno: perché io ho presi questi pochi dal numero dei molti,
che
Teofilo Rainaudo, Teologo del nostro tempo ha rac
circa questa materia della Comica comparsa femminile. Non v’è dubbio,
che
le cose più vicine al nostro tempo sogliono muove
e i grandi colossi da vicino empionogh lo sguardo dei vagheggiatori,
che
gli stessi da lontano. Quesito Terzo La comp
i Moderni Dottori ? L’evidenza di un grave morbo, e la strage, con
che
ruina molti, cagiona bene spesso, che si supponga
n grave morbo, e la strage, con che ruina molti, cagiona bene spesso,
che
si supponga certissima la sua pestilenza . Questo
la sua pestilenza . Questo si avvera nell’evidente danno spirituale,
che
reca alle anime cristiane poco virtuose la compar
a si vegga in scena. Mazarino avvisa per i Superiori. Non permettano,
che
Donne recitinoRag. 110.. Reginaldo dice, che il C
periori. Non permettano, che Donne recitinoRag. 110.. Reginaldo dice,
che
il Confessore deve interrogare il Superiore. « An
esque procul relegent »Quod Gubernatore et Prefectum. In c. 1. Mich.,
che
caccino i Commedianti, e le Comiche loro. Baldell
Mich., che caccino i Commedianti, e le Comiche loro. Baldelli scrive,
che
i Comici peccano mortalmente, se la Commedia è mo
tacere »p. 5. trat. De scandalo Res. 31.. Cioè Pecca quella Femmina,
che
in preferenza dell’Amante forma parole, con le qu
Casano appesso il Franciotti dice. Se altro non fosse nelle Commedie,
che
la mostra sconcia, che fanno di loro le donne per
iotti dice. Se altro non fosse nelle Commedie, che la mostra sconcia,
che
fanno di loro le donne per altro impudicissime, i
a, ornata lascivamente, la quale essendo con attenzione mirata, senza
che
vi fosse altro, questo solo è manifesto pericolo
esagerate, ma per mostrare il vero con tutto rigore scolastico, dice,
che
sono affatto illecite quelle Commedie, nelle qual
ancesco Arias, scrive. Si congiunge con questo abuso di questi tempi;
che
inqueste Commedie recitano le Donne tra gli uomin
nel trat. della Mortific. al c. 35.. Ci avvisagi la Sacra Scrittura,
che
la veduta della donna acconcia scandalizza, e ucc
a veduta della donna acconcia scandalizza, e uccide i cuori di molti:
che
il suo ragionar piacevole è come il fuoco, che ac
cide i cuori di molti: che il suo ragionar piacevole è come il fuoco,
che
accende i cuori d’amore disonesto, e che è, come
r piacevole è come il fuoco, che accende i cuori d’amore disonesto, e
che
è, come coltello di due tagli, che ferisce, e amm
cende i cuori d’amore disonesto, e che è, come coltello di due tagli,
che
ferisce, e ammazza l’anima con morte di colpa, e
, e di pena eterna. Aggiungo il sentimento di un moderno personaggio,
che
satireggiando ha scritto. « Ma per colmar la pub
ono le Calpurnie in scena, Che furono già dai tribunali escluse. » Ma
che
occorre aggiungere altri moderni ? Non bastano qu
iungere altri moderni ? Non bastano questi per provar con l’autorità,
che
la Comica comparsa di Donna è illecitissima ? Con
comparsa di Donna è illecitissima ? Con tutto ciò rendiamone ragione:
che
così meglio conficcheremo il chiodo; e il nostro
mazza, e questa mostrano contro la comparsa delle Comiche ordinarie,
che
ragionano d’amor in banco, o in scena nell’Audito
più diffusamente con questo tenore. Della Donna in generale si legge,
che
il peccatore sarà preso da lei, « Peccator capiet
la. »gk Che dovremmo credere noi di Donne tanto impudiche, e procaci,
che
oltre l’adornarsi con ornamenti di Meretrici, com
, e molli; e dicono parole così ardenti, e piene di fiamma infernale,
che
bastano, per far ardere i più Savi del mondo ? Ch
ar ardere i più Savi del mondo ? Che effetto dunque possiamo credere,
che
facciano, quando a bello studio, con artificio is
ello studio, con artificio istrionico per infiammare ? E di cose poi,
che
da per loro stesse possano far ardere d’impudica
gono anche i movimenti della persona, gli sguardi, gli sdegni, e quel
che
non si può dire senza rossore, gli abbraccigm, e
e non si può dire senza rossore, gli abbraccigm, e altro di peggiore,
che
da questi infernali furie in pubblica scena si ve
i infernali furie in pubblica scena si vede fare. Io taccio il resto,
che
dice il Casano, bastando il poco suddetto per acc
molte ragioni contro la comparsa della Comiche; e passo alle ragioni,
che
si possono apprendere dal detto altrui. Ribaldine
endere dal detto altrui. Ribaldineria si fa sentir dicendo. Al sicuro
che
quelle cose rappresentate dagli uomini, e Femmine
imenti, e gesti delle moderne Comiche tutti spirano disonestà; e però
che
effetti hanno a seguire nei cuori deboli che le g
pirano disonestà; e però che effetti hanno a seguire nei cuori deboli
che
le guardano, e odono, se non quello, che succedet
o a seguire nei cuori deboli che le guardano, e odono, se non quello,
che
succedette ad Olofrone dal guardar l’andare diGiu
non quello, che succedette ad Olofrone dal guardar l’andare diGiudit,
che
, come dice la Scrittura, rimase prigione, e schia
ome dice la Scrittura, rimase prigione, e schiavo di disonesto amore,
che
gli fu cagione della morte temporale, e eterna ?
i fu cagione della morte temporale, e eterna ? Dice l’Apostolo Paolo,
che
non permette, che la Donna per savia che sia, ins
morte temporale, e eterna ? Dice l’Apostolo Paolo, che non permette,
che
la Donna per savia che sia, insegni in pubblico;
rna ? Dice l’Apostolo Paolo, che non permette, che la Donna per savia
che
sia, insegni in pubblico; perché parlando la Donn
in pubblico; perché parlando la Donna, dice Anselmo, provoca coloro,
che
l’odono, ad amore disonesto. Che farà il veder Do
nte vestite rappresentare con opere, e parole cose lascive ? Certo è,
che
il Demonio le piglierà per strumento per uccidere
per strumento per uccidere le anime: come testimonianogo gli esempi,
che
di ciò vengono ogni dì. Raffaello delle Colombe s
contro le Comiche, e la spiega con tal guisagp. San Paolo non vuole ,
che
nelle Chiese predichino le Donne. E S. Anselmo di
te una Giovanetta, la quale si fa vedere da un Giovane, da cui crede,
che
sarà desiderata disonestamente. E risponde, che s
iovane, da cui crede, che sarà desiderata disonestamente. E risponde,
che
sì. E che pecca mortalmente di peccatoDe matr. q.
cui crede, che sarà desiderata disonestamente. E risponde, che sì. E
che
pecca mortalmente di peccatoDe matr. q. IV. p. 9.
teneman vitare aliarum pecata, quando commodè pessumus. » Cioè. Dico,
che
la Donna, quando teme d’essere amata lascivamente
e, è obbligata di non comparire in pubblico, e astenersi dall’azione,
che
da occasione alla rovina altrui; quando può senza
ivare i peccati degli altri, quando possiamo comodamente. Ed io dico,
che
si avvera questa Dottrina di una Comica ordinaria
per sentenza di Bonacina, e del Diana, e per sentenza ancora d’altri,
che
appresso dichiarerò, bramando, che i loro detti s
na, e per sentenza ancora d’altri, che appresso dichiarerò, bramando,
che
i loro detti siano soccorsi nuovi alla mia debole
Si continua la stessa materia. Io non ho difficoltà di credere,
che
tra le molte, e mostruose Sirene del Comito Mare
he, trattano per ordinario con dottrine, massime, e presupposti tali,
che
sono di riprensione, e di condannagq a tutte le C
o del turpe amore gli animi degli uditori, e spettatori. Io rispondo,
che
di sua natura è peccato mortale; e gli spettatori
Navarro, Soto, e Alense. Ma Hurtado basti per ora in luogo di molti,
che
provano il mio senso. Egli nel Vol. 2. de 3. Virt
8. susec. 3., e le femmine loro scorta, e gli uomini perditos. Prova,
che
vivono in peccato mortale, e in pericolo di molti
via sempre più i peccati per ragione del loro vivere insieme. Spiega,
che
sono persone, le quali giorno, e notte meditano d
do per colloquiare segretamente; onde moralmente è quasi impossibile,
che
con tal vita non si commettano adulteri. « Referu
cer impossibile uitare alduleteriam. » Aggiunge di più questo Autore,
che
le Donne sono belle, ornate, dicaci, cantatrici,
saltria perite ludi scenici ». E però Donne tali sono amate da molti,
che
fanno loro molti, e preziosi donativi. Queste, e
olto amica dell’ozio, e della dissoluzione. Questo è parte di quello,
che
Hurtado scolasticamente disputando, dice dei mode
e Comiche loro Compagnie: e porge fondata ragione a noi di replicare
che
la pubblica comparsa di Femmine tali in Teatro è
llecita, e perniciosa. Francesco Ribera dopo aver citato S. Cipriano,
che
deplorava le misere Teatrali del suo tempo, aggiu
spectas et audiunt. » Nè dica contro Hurtado, o di Ribera alcuno ciò,
che
Beltr. Scrive, per volere persuadere, che nelle c
do, o di Ribera alcuno ciò, che Beltr. Scrive, per volere persuadere,
che
nelle compagnie dei Comici le comiche servono ogn
compagnie dei Comici le comiche servono ogni buona legge di onestà: e
che
tra loro l’emulazione cagiona molto più odio, che
legge di onestà: e che tra loro l’emulazione cagiona molto più odio,
che
amore, e che un Comico onorato marito, sa custodi
stà: e che tra loro l’emulazione cagiona molto più odio, che amore, e
che
un Comico onorato marito, sa custodire la moglie
he un Comico onorato marito, sa custodire la moglie tra i compagni: e
che
l’interesse proprio mantiene illeso l’onore altru
compagni: e che l’interesse proprio mantiene illeso l’onore altrui; e
che
l’uso di udire ragionamenti di amore fa spezzatri
e ragionamenti di amore fa spezzatrici d’amore le medesime Comiche; e
che
la piccola dimora nei luoghi non porge comodità a
hi non porge comodità alle lascivie con i cittadini: e altre ragioni,
che
forse valevano per giudicare i Comici, e le Comic
i personaggi degnissimi di fede. E Hurtado nel citato luogo professa,
che
ciò, che scrive, l’ha saputo per fedele relazione
ggi degnissimi di fede. E Hurtado nel citato luogo professa, che ciò,
che
scrive, l’ha saputo per fedele relazione di quell
he scrive, l’ha saputo per fedele relazione di quelle stesse persone,
che
seguono le compagnie dei Comici moderni, onde se
l’esperienza quotidiana testimoniagt: ne occorre moltiplicar Dottori,
che
con moltitudine di ragioni provino una verità cos
hiero, d’un riso vezzoso, d’un portamento leggiadro d’una bella Dama,
che
quanti discorsi si facessero mai nelle scene. Ed
ma, che quanti discorsi si facessero mai nelle scene. Ed io rispondo,
che
i discorsi delle Comiche in scena non sono vivand
no poi il tutto con una certa malizietta tanto sagace, e artificiosa,
che
divenute Maghe di Venere feriscono sì, che pochi
nto sagace, e artificiosa, che divenute Maghe di Venere feriscono sì,
che
pochi si fanno schermire, che non restino in qual
divenute Maghe di Venere feriscono sì, che pochi si fanno schermire,
che
non restino in qualche maniera malamente piagati.
ie, e brutte; ma comparivano, e atteggiavano con maniera tanto bella,
che
non potei ritenermi, che non dicesti. O guarda tu
ano, e atteggiavano con maniera tanto bella, che non potei ritenermi,
che
non dicesti. O guarda tu di grazia, con che garbo
che non potei ritenermi, che non dicesti. O guarda tu di grazia, con
che
garbo si mostrano: paiono qualche bella cosa; epp
bo si mostrano: paiono qualche bella cosa; eppure sono brutte; ma con
che
leggiadria, e artificio piacciono mirabilmente, e
da ponderarsi nel seguente Capo, e nei suoi Quesiti: non credo però,
che
sia per essere nodo tale, che richieggia il ferro
po, e nei suoi Quesiti: non credo però, che sia per essere nodo tale,
che
richieggia il ferro di qualche Alessandro per tag
sto Capo con il sentimento, e con il detto di un praticone del mondo,
che
ancora vive, e è Grande di Spagna. Egli mi disse
i Spagna. Egli mi disse l’anno 1638. Veramente queste Donne Teatrali,
che
compaiono in scena, sono perniciose, o per essere
i vita rea; o perché si adornano con molti vezzi; o perché alle cose,
che
dicono di onesta ricreazione, aggiungono poi altr
, e detti perniciosi; e guastano il tutto con dissoluzione. Aggiungo,
che
un gran Card. Personaggio prudente, e d’Arcivesco
giurisdizione, mi dichiarò lo stessogv anno il concetto delle donne,
che
salgono in banco, dicendo. Veramente sono pernici
scienza: echi vuole di vero vivere da virtuoso, deve operare in modo,
che
la sua vita non meriti il giusto monito dei savi,
i, e zelanti ammonitori. Si vedono nelle cristiane Città Commedianti,
che
sono professori di moderati costumi, e però non f
n quanto ben fondate ragioni ciò facciano, non lo dichiarano in modo,
che
possano tenerli in coscienza sicuri, seguitando i
informati; e le pondererò al modo solito per via di Quesiti; e spero,
che
le troverò fiacche di forze, e Ragioni pigmee, ov
itorio ? Tra gli scudi degli antichi combattentigx uno se ne usava
che
copriva, e difendeva tutta la persona: ed io ne h
antichi nelle fortezze del bel Regno di Sicilia. A questo scudo pare,
che
i Comici vogliano, che sia simile la licenza, con
del bel Regno di Sicilia. A questo scudo pare, che i Comici vogliano,
che
sia simile la licenza, con la quale pretendono di
niamo con fede nel nostro esercizio, per guadagnare quei pochi soldi,
che
sono la mercede per le fatiche nostre, e sono nec
sono necessarie al nostro sostentamento. L’anno 1638. un Commediante,
che
era il capo di una Compagnia mi disse a questo pr
Perché i Superiori non proibiscono il condurre perla Scena le Donne;
che
così nessunogy le farebbe comparire, e troverebbe
per allettare, dilettare, e guadagnare ? Questo galantuomo stimava,
che
la comparsa femminile non rendesse immodesta la C
ice nei suoi Discorsi. Senz’altro è mal costume il mettere in dubbio,
che
i Prelati, Inquisitori, e Governatori tollerasser
umi, e offense del prossimo. E perché gli fu scritto in questo punto,
che
i Superiori concedono le licenze con le debite co
saputa, e non ne hanno colpa. Egli risponde d’aver voluto intendere,
che
in generale non sarebbero comportate persone, che
r voluto intendere, che in generale non sarebbero comportate persone,
che
con modo scandaloso, e proibito facessero Commedi
lo stesso arringo per difesa della comparsa femminile; poiché scrive,
che
le Commedie si recitano con l’approvazioneC. 60.
. 60. dei Superiori Ecclesiastici, e Secolari. E prima dice a quelli,
che
scrivono contro le oscenitàC. 29. dei Comici mode
i moderni. Io giuro a questi Signori, se la metà solamente di quello,
che
scrivono, io scorgessi esser vero, che lascerei o
e la metà solamente di quello, che scrivono, io scorgessi esser vero,
che
lascerei or ora l’Arte: ancorché io non mi ritrov
tà senza di questa per vivere. Il voler dichiarar per peccato quello,
che
non è, è un voler levar la giurisdizione dal Ciel
Lucina in Roma si trovava soprastante ad uno spirituale Recitamento,
che
si doveva fare, per ragion di cui si era gran pop
a vedere in via molto rilevata sedia sopra tutto l’Auditorio di modo,
che
restava comune oggetto per gli occhi di tutti gli
e scandalosa, e pericolosa di peccare per molti nel vagheggiarla. Ora
che
avrebbe giudicato, e fatto quel servo di Dio, se
ecchio dottissimo, e praticissimo del mondo, e di Roma. Se giudicava,
che
la comparsa di una di queste femmine, ordinarie C
rie Comiche, in banco per allettare, fosse un’oscenità. E mi rispose,
che
era oscenità in fatto, e degna di essere proibita
enità in fatto, e degna di essere proibita dai Superiori: e aggiunse,
che
egli non aveva fatto proibire una in un luogo, ov
e una in un luogo, ove poco prima si era trattenuto alcuni giorni. Ma
che
avrebbe egli risposto, quando alla femminile comp
iungonohc i ragionamenti di cose amorose ? Avrebbe detto saggiamente,
che
è un’oscenità « in facto, e in verbis », con il f
’oscenità « in facto, e in verbis », con il fatto, e con le parole, e
che
è uno zucchero avvelenato per arrecar la morte. D
sciva. « Venus honeste habitu est Venus », dice un Savio; e aggiunge,
che
le Commedie si riprendono giustamente, « non solu
onna con l’Amante, se modesta nelle parole, immodesta si è nei fatti,
che
molte volte si usano illeciti, e però è illecita
ella quale io ragiono altrove distintamente. E quando sono informati,
che
non si può dar licenza di far comparire le Donne,
ldamente pregati da molti; e benché i Comici testimonino; e sia vero,
che
le donne sono figliuole loro onestissime, ovvero
mentato, avendo proposto a molti Superiori le ragioni, e le dottrine,
che
in questi ultimi anni gli Scrittori moderni più d
ne, che in questi ultimi anni gli Scrittori moderni più diffusamente,
che
gli antichi, hanno posto in luce sopra questa mat
ran personaggio, e di più pregato gagliardamente da molti suoi amici,
che
gli allegavano ancor l’esempio del Vescovo Anteoe
a da colpa ogni uomo ignorante: dunque non potrà perdonarsi a quelli,
che
non impararono, avendo i maestri. E S. Tommaso di
so dice. Ciascuno è obbligato2. 2. 9. 76. a. 2. di saper quelle cose,
che
appartengono allo stato, e officio suo, per poter
C. 29., e da altri Dottori, e Sommisti; e lo porta acciocché si veda,
che
egli avendo detto molte ragioni in difesa della m
non ha difeso l’ingiusto. Tutto questo può passare; ma io considero,
che
Beltrame poteva leggere almeno alcuni di quegli A
onsidero, che Beltrame poteva leggere almeno alcuni di quegli Autori,
che
trattano il punto della pubblica, e femminile com
Autori, che trattano il punto della pubblica, e femminile comparsa; e
che
erano stampati; quando egli l’anno 1634. scrisse
a maestà del Gran RE di Francia: e poi mostrare, se le pareva giusto,
che
tale comparsa non faccia immodesta la Commedia: e
to, che tale comparsa non faccia immodesta la Commedia: egli suppone,
che
sia modesta, benché abbondi con il miscuglio di c
quali se leggeranno i moderni Comici, professori di modestia, spero,
che
leveranno dal banco, e dalla scena le Donne loro;
1. scrt.de Iac.et Es.Non ci dilungheremo dal pensiero di Platone, non
che
significo, che i piaceri della terra sono l’esca
et Es.Non ci dilungheremo dal pensiero di Platone, non che significo,
che
i piaceri della terra sono l’esca dei vizi. E tal
golato e la carnale eventualità di molti virtuosi Spettatori cagiona,
che
molti Commedianti, poco solleciti di ben sapere l
di dolce favo, o di canna miele al palato popolare. Pochi anni sono,
che
un Commediante, Capo di una Compagnia, mi disse c
sa dai suoi cestelli fioriti gusti, e traboccanti gioie. Non è molto,
che
un Signor Titolare domandò ad un Comico. Che Donn
la tale è vecchia, e la tale val poco, quell’altra può passare: quasi
che
la Compagnia senza Donne graziose e Giovanette no
cetti, discorsi d’amore; per averli pronti all’occasione. Ma io dico,
che
questa ragione di gusto osceno si scopre da se st
sceno si scopre da se stessa per iniquia, e per irragionevole; atteso
che
si fonda nella sensualità, e nell’appetito sregol
e le Donne in scena. Non vi è buon libro, testificahg BeltrameC. 15.,
che
da loro non sia letto; né bel concetto, ch e non
né bel concetto, ch e non sia da essi tolto; né descrizione di cosa,
che
non sia imitata; né bella sentenza, che non sia c
olto; né descrizione di cosa, che non sia imitata; né bella sentenza,
che
non sia colta: perché molto leggono, e sfiorano i
niere, e se ne adornano; molti inventano, imitano, amplificano; basta
che
tutti studiano; come si può vedere dalle cose, ch
amplificano; basta che tutti studiano; come si può vedere dalle cose,
che
essi hanno, alle stampe. Rime, Discorsi, Commedie
ie, Lettere. Prologhi, Dialoghi, Tragedie, Pastorali, e altre cosette
che
per i Comici non sono disprezzabilihh: e si trova
si e ingegnosi professori dell’Arte sua. E io quindi inferisco stante
che
sia vero il detto suo, dunque i Comici possono, s
In oltre tali comici possono rallegrare con tali termini la brigata,
che
da nessunohi siano tenuti malinconici senza che,
i termini la brigata, che da nessunohi siano tenuti malinconici senza
che
, « nihil venereum preferant » ; preferiscano ness
rant » ; preferiscano nessuna immondizia. E possono procedere di modo
che
siano stimate sempre allegri, gioviali, galantuom
con fatti, e con parole ingegnose e virtuose. Non mi dispiace quello,
che
il medesimo Beltrame nota, cioè che le parole spo
virtuose. Non mi dispiace quello, che il medesimo Beltrame nota, cioè
che
le parole sporche possono discreditare tra galant
alantuominiC. 60. un Comico; poiché si mostra così povero di spirito,
che
non sa, come dar gusto, senza mendicare parole di
mendicare parole di chiasso, e gesti da Mimi. Ed io dico a Beltrame,
che
quel Comico si discredita tra gli studiosi, e ing
ridere senza la comparsa delle Donne. Io mi ricordo di un galantuomo
che
solo saliva in banco, e vendeva certe sue mercanz
ma narrava alcune favole sue modeste, e tanto ingegnose, e ridicole,
che
al suo primo comparir nel banco, e far cenno, con
nco, e far cenno, con il girare il fazzoletto, subito gli Spettatori,
che
nella piazza attendevano alle Azioni rappresentat
za, quella dei suoi Auditori, con la comparsa delle Comiche. Sa egli,
che
, se vuole, può imitar tanti onorati personaggi Ac
e Azioni. E porgono gusto grande agli Ascoltanti. Non sono molti anni
che
in Roma abili virtuosi Giovani fecero una Rappres
ma abili virtuosi Giovani fecero una Rappresentazione di tanto gusto,
che
bisognò rifarla cinque volte, e sempre con sommo
n sommo plauso, e concorso di moltissimi Spettatori; e vi fu persona,
che
ricevettehj tanto piacere, che non poté ritenersi
oltissimi Spettatori; e vi fu persona, che ricevettehj tanto piacere,
che
non poté ritenersi di non dire con grazia. Deh ve
i non dire con grazia. Deh venga il cancro a chi dice male di quelli,
che
insegnano a questi Giovani di fare Azioni di tant
e con l’imitazione sa dilettare in scena senza deturpar la scena. Sa,
che
molte sono le maniere, con le quali un bell’umore
con il quale un Comico promise di dire a tutti i suoi Autori quello,
che
era l’oggetto bramato dalle loro volontà: impresa
del nostro tempo, e alle invenzioni di facezie modeste, e ingegnose:
che
così recheranno gusto all’Auditorio senza la comp
o al palato dei virtuosi. Quesito Terzo L’allettamento efficace,
che
nasce dalla Femminile comparsa, è ragione valevol
ragione valevole per renderla convenevole ? La Prudenza prescrive,
che
per colpire felicemente in un disegno, si usi il
virsi della bombarda, e del cannone per l’espugnazione di una piazza,
che
tratto di militar prudenza farà, che egli v’impie
er l’espugnazione di una piazza, che tratto di militar prudenza farà,
che
egli v’impieghi la moschetteria ? Il disegno dei
sceniche fatiche, e con lo spaccio di quei segreti e di quei rimedi,
che
sogliono proporre ai loro compratori. Dunque i Co
ica, e femminile comparsa per allettare; perché sanno per esperienza,
che
la Donna vista, e udita alletta più efficacemente
er esperienza, che la Donna vista, e udita alletta più efficacemente,
che
gli altri dilettevoli oggetti del banco, o della
e Femmine. Subito fu avvisato, e pregato il capo principale tra loro,
che
per grazia si astenesse di usare la femminile com
pose presto, e efficace provvedimento. Io so di un altro Ciarlatano,
che
essendo caldamente pregato da un Religioso a lasc
e riprovato più, e più volte altre invenzioni; ma insomma sperimento,
che
la Femmina veduta è quella, che più allerta, e ch
re invenzioni; ma insomma sperimento, che la Femmina veduta è quella,
che
più allerta, e che fa più presto, e maggior conco
nsomma sperimento, che la Femmina veduta è quella, che più allerta, e
che
fa più presto, e maggior concorso, quasi volesse
ono le Donne per allettare; e per questo ne eleggono le più graziose,
che
possono avere. « Quodque dita sit, dice un dotto
it. » Orsù noi rispondiamo a questa ragione di allettamento, dicendo,
che
egli è illecito; perché cagiona rovina spirituale
a: onde saviamente un savio Gentiluomo, alludendo ad alcune Commedie,
che
in una Città facevano l’anno 1639. certi Commedia
e Commedie, che in una Città facevano l’anno 1639. certi Commedianti,
che
professavano modestia, ma secondo il solito facev
, dico, affermò. A sentire sempre, Carne, Carne, Carne, bisognerebbe,
che
l’uomo fosse di ferro. Eppure le Comiche erano br
e l’uomo fosse di ferro. Eppure le Comiche erano brutte, e si diceva,
che
fossero Mogli vere dei Comici: e chi affermò quel
affermò quel detto; era uomo di virtù, e accasato. Ora giudicate voi,
che
cosa patirà un uomo di animo fiacco, senza Moglie
ene entri in se stesso ogni Giovane, e ogni altro poco ben inclinato:
che
spero pronuncerà se stesso la Perentoria; e sente
clinato: che spero pronuncerà se stesso la Perentoria; e sentenzierà,
che
la comparsa femminile in banco, e in scena, è un
to allettamento per la sua rovina. Concludo con ricordare alla Donna,
che
ella adornandosi per allettare, non si può abbast
e con la bocca prender la gioia, e tirarla fuori: dal fatto seguiva,
che
il viso prima immerso e poi alzato compariva tutt
allettare, ma senza sortir l’effetto di efficace allettamento; vede,
che
l’Auditorio non cresce numeroso: si accorge, che
allettamento; vede, che l’Auditorio non cresce numeroso: si accorge,
che
egli non sembra un emulo dell’antico Ansione, att
rtenza al suo compagno; colgono le tatare, e se ne vanno del pari: ma
che
? Quindi poco lontano fermano il passo; si mirano
e dargli morte: ma l’altro si ritira tremante, e ritirato si gridahp,
che
si fa sentir da lontani, e da vicini: si muovonoh
tta, e di corsa: ora non vi partite, ma sentite, e attenti intendete,
che
noi desideriamo comunicarvi alcuni segreti nostri
e oscene Donne; e fu parto ingegnoso di graziosi Ciarlatani. Quello,
che
segue, fu opera di un bell’ingegno, di un virtuos
Compagnia nostra di Gesù, dal quale io intesi in fiorenza l’anno 1642
che
stando nella sua gioventù impiegato nel ministero
lari un semplice Dialogo senza molta spesa, e senza i soliti fastidi,
che
seco reco per ordinario il recita mento di opere
Francesi, e non poche Spagnole, e tutte le latine antiche, e moderne,
che
poté ritrovare; e da ciascuna ne prese ciò, che d
e antiche, e moderne, che poté ritrovare; e da ciascuna ne prese ciò,
che
di ridicolo modesto vi ritrovò: e finita la racco
compose il Dialogo, lo distinse, ordinò, e riempì con tanti ridicoli,
che
il suo recita mento riuscì ridicolosissimo, e mod
si cagionò tanto gusto, e diletto ad altri prudenti, e gravi Persone,
che
furono costretti ad asserire. Questo Dialogo mode
dare una simile invenzione di due nobili, e virtuosissimi Personaggi,
che
per dilettare, e con il diletto allettare, proced
secondo l’uso Comico in una loro Rappresentazione tanto felicemente,
che
poterono servir di buona regola ad ogni virtuoso
te, che poterono servir di buona regola ad ogni virtuoso Commediante,
che
brami dilettar con il ridicolo onesto alla scena
il recitamento riuscì nobile, gustoso, allettivo, e ridicolo in modo,
che
cagionò inesplicabile diletto, e fece ridere tant
colo in modo, che cagionò inesplicabile diletto, e fece ridere tanto,
che
alcuni Auditori gridando. Basta, basta, non più d
alco e chiudersi le orecchie, per non udir quelle voci, e quei motti,
che
gli portavano un riso, assassino della vita, e mi
e come l’Orso al miele, gustò tanto la comica dolcezza , e rise tanto
che
cagionò stupore a quel Signore, con il quale poi
poi si discolpò con mille scuse, e lodò la Commedia sommamente. Ecco
che
i Comici valenti, quando vogliono guadagnano gli
ove da una fortuna di mare sequestrata una Compagnia di Comici trovò
che
l’albergo era occupato per rispetto dell’arrivo d
scrive Beltrame, e non dico il tutto, per essere creduto: ma è certo
che
molte furono le lodi, che per l’onesto recitare a
co il tutto, per essere creduto: ma è certo che molte furono le lodi,
che
per l’onesto recitare ai Comici diedero quelle sa
e ai Comici diedero quelle sagge persone: e benedicevano il mal tempo
che
aveva loro dato occasione di goder si virtuoso tr
va loro dato occasione di goder si virtuoso trattenimento. Ed io dico
che
allora fu lodata un’Azione degna di lode, cioè la
lla riprensione: e quando riprendono, non hanno nell’idea una chimera
che
mostri loro la Commedia per cosa impudica e i Com
no il Teatro. Lelio Peregrino scrive, come cosa notata da Aristotele,
che
gli antichi Gentili moderarono le ridicole osceni
i antichi Gentili moderarono le ridicole oscenità della Commedie: con
che
accortezza dunque devono esser moderate dai crist
cante risus excitatur. »L. 4. de morbus ad Nicem. C. 8.Eppure è vero,
che
sono dette nelle scene parole brutte da Buffone,
perdona nell’oscenità propria, né alla vergogna altrui. Orsù vorrei,
che
questa sentenza d’Aristotele, e ciascuno dei racc
fosse ben pensato, e imitato dai nostri moderni Comici, e Ciarlatani,
che
desiderano l’efficace allettamento del popolo all
e lasciassero l’uso della comparsa di Donne parlanti d’amore lascivo;
che
è mezzo tanto ridicolo, e pernicioso a molti. Vog
scivo; che è mezzo tanto ridicolo, e pernicioso a molti. Voglio dire,
che
il comico, o il Ciarlatano, facendo comparire una
lla suprema Cittaà; la mirò giulivo, e si rallegrò in colmo, vedendo,
che
per essa molti passavano alle dorate stanze del c
di non poca amarezza; vide venire due smisurati, e orribili Dragoni,
che
sospendendo una grandissima rete, chiusero con es
in Paradiso. Vide, e vedendo ricevé nel cuore fiamme tali di dolore,
che
gli occhi di lui si fecero abbondantissimi fonti
egòhr con umilissima caldezza, e con caldissima umiltà a notificarli,
che
mostra spaventosa, e di che sventura significativ
a, e con caldissima umiltà a notificarli, che mostra spaventosa, e di
che
sventura significativa, fossero quei Dragoni con
ente. Comparve un Segretario del Cielo, un Angelico Barone, e avvisò,
che
nei Dragoni si rappresentavano la vanità, e la di
visò, che nei Dragoni si rappresentavano la vanità, e la disonestà, e
che
la rete significava l’ornamento femminile, e lasc
està, e che la rete significava l’ornamento femminile, e lascivo, con
che
le donne chiudono a molti quella porta, e che app
mminile, e lascivo, con che le donne chiudono a molti quella porta, e
che
appena fu tolto il sangue dell’umanato Dio, fatto
nse un detto, al ricordo di cui mi paventa, e poi trema il cuore cioè
che
per cagione degli illeciti allettamenti delle Don
l cuore cioè che per cagione degli illeciti allettamenti delle Donne,
che
compaionohs vanamente ornate, si dannano persone
mpaionohs vanamente ornate, si dannano persone in numero più copioso,
che
non è il copiosissimo numero degli spiriti diabol
siderano, come io da più Gentiluomini, e da Comici ancora ho sentito,
che
le vere Donne compaiono nelle scene; perché stima
ho sentito, che le vere Donne compaiono nelle scene; perché stimano,
che
il far le commedie senza quelle sia una morale im
ossibilità: ma credo vivamente essi ingannati, se io non m’inganno. E
che
io non m’inganni, reco per prova ciò, che della C
ati, se io non m’inganno. E che io non m’inganni, reco per prova ciò,
che
della Commedia, scrive non dico un San Tomaso, ov
sit in vita utile, quid contra evitandum. » La Commedia è una Favola,
che
contiene diversità di affetti civile, e privati,
diversità di affetti civile, e privati, con la quale s’impara quello,
che
utile serve in vita, e quello che si deve schifar
vati, con la quale s’impara quello, che utile serve in vita, e quello
che
si deve schifare. E Marco Tullio, avvisa. « Comœd
e tralasciando le altre di altri antichi, e moderni Scrittori, dico,
che
nessuno prudente, e dotto affermerà, che tali des
, e moderni Scrittori, dico, che nessuno prudente, e dotto affermerà,
che
tali descrizioni, per avverarsi, ricerchino neces
e, credo sentirà con meht; quando però voglia sentire secondo quello,
che
ha stampato nel caso del suo gentile Discorso. La
una scrittura parlante: un caso rappresentato al vivo. » Ora dico io,
che
conobbe molto bene il giudizioso Beltrame, e con
io tutti i Comici, o non Comici, ma fautori della comparsa femminile,
che
leggano a loro piacere, e considerino; se sia ver
le, che leggano a loro piacere, e considerino; se sia vero o no, ciò,
che
il nobile Ferrarese, e Comico Cecchino scrive all
dati l’anno 1616. al Cardinale Nipote del Papa Regnante Palo V. cioè,
che
non sono cinquanta anni, che si costumano le Donn
e Nipote del Papa Regnante Palo V. cioè, che non sono cinquanta anni,
che
si costumano le Donne in scena. Ed egli parla del
Donne in scena. Ed egli parla delle vere Donne, e non degli Istrioni,
che
rappresentino le Donne. Eppure nessuno dirà, che
non degli Istrioni, che rappresentino le Donne. Eppure nessuno dirà,
che
le Commedie, fatte cinquanta anni prima senza ver
omparsa della Donne. Di più si consideri per grazia, quanto sia vero,
che
modesta Commedia non è quella, in cui compaionohw
, e non sono i buonissimi costumi, dei quali parla Beltrame; e vuole,
che
con essi, come con fini colori la Comica tela si
ni colori la Comica tela si dipinga, e abbellisca. Di più si avverta,
che
le Commedie, che fanno molti Accademici, e altri
ca tela si dipinga, e abbellisca. Di più si avverta, che le Commedie,
che
fanno molti Accademici, e altri Cavalieri, o Citt
: eppure le fanno senza la comparsa delle vere Donne. Di più si noti,
che
i Comici Santi facevano Commedie: ed essi, dice B
le femminili leggerezze si possono fare le Commedie. Di più si pensi,
che
le Commedie spirituali, e sacre sono vere Commedi
gno di pubblica, e femminile comparsa nel Teatro. Non mancano Autori,
che
hanno composte Rappresentazioni sotto titolo di C
samente discorre delle buone, e lecite Rappresentazioni. Ecco dunque,
che
senza far comparire Donne innamorate, e parlanti
r me ho questo concetto del comico dotto, virtuoso, e buon cristiano,
che
egli partecipi del compositore, rappresentante; e
buon cristiano, che egli partecipi del compositore, rappresentante; e
che
studi molto, e molto di cuore, e che studiando, e
l compositore, rappresentante; e che studi molto, e molto di cuore, e
che
studiando, e speculando inventi molte, e belle fa
belle favole piene di utile diletto, e dilettevole utilità: e stimo,
che
egli in ordine alla recitamento riempia tali favo
, inzuccherando poi il tutto con l’onestissima giocondità, e facendo,
che
l’Azione Comica veramente riesca un gustoso tratt
to, virtuoso, e buon cristiano. Non mi dispiace il detto di Beltrame,
che
un galantuomo, che sia grazioso nel procedere arg
n cristiano. Non mi dispiace il detto di Beltrame, che un galantuomo,
che
sia grazioso nel procedere arguto nelle proposte,
oste, elegante nei Sali, scaltro negli equivoci, e vezzoso nei motti,
che
sappia come fare con tutti, e pigliare i panni pe
r le persone dalle risa, mai non sarà buffone, ma va bell’intelletto,
che
spende quei doni, di cui il cielo, e la natura l’
i il cielo, e la natura l’ha arricchito. Tali sono i Comici virtuosi,
che
si sanno valere dell’occasione , dell’Arte. Ed io
lere dell’occasione , dell’Arte. Ed io aggiungo al detto di Beltrame,
che
tali Comici non hanno bisogno di comparsa femmini
anto belle, e tanto piene di onestissime grazie, e graziosi ridicoli,
che
l’Auditorio non si curava degli Intermedi, e bram
i ridicoli, che l’Auditorio non si curava degli Intermedi, e bramava,
che
si finissero prestissimo; in mode che ritornasse
ava degli Intermedi, e bramava, che si finissero prestissimo; in mode
che
ritornasse ad assaporare le saporitissime parti d
, e pronto per drizzar la prora del natante legno. Prudenza maggiore,
che
quella di Ulisse, è necessaria per coloro, che so
no. Prudenza maggiore, che quella di Ulisse, è necessaria per coloro,
che
solcando le marine campagne, viaggiano con perico
evidente d’incontrar Sirene, e mostri più formidabili, e più nocivi,
che
non furono glihz incontrati da quel famoso Greco,
trati da quel famoso Greco, e antico Eroe. Voglio dire per senso mio,
che
difficilissima impresa, è quella di alcuni Comici
ir loro di ottimi custodi per la conservazione dell’onore, sin tanto,
che
onestamente le maritino , con qualche galantuomo
anco. S. Girolamo, credo, direbbe a ciascuna di quelle Giovinette ciò
che
già scrisse ad un’altra. « Abscondere: foris vage
entur virgines stulta »ad Eusctec.. Fa tu una vita ritirata: e sappi,
che
le vergini stolte godono d’andar fuori vagando. U
retendo maritare le mie Figliuole con la dote delle loro belle virtù;
che
però le fo comparire pubblicamente secondo la mia
essario guadagno; e non mirava, quanto doveva, al manifesto pericolo,
che
di peccare avrebbero corso molte anime di Spettat
ono spesso quelle voci di alcuni Comici. Questa Donna è mia Moglie. E
che
? Volete, che io la lasci lungi dame in abbandono
lle voci di alcuni Comici. Questa Donna è mia Moglie. E che ? Volete,
che
io la lasci lungi dame in abbandono ? Se compaioi
ena, ella ancora vi può comparire; non essendo decevoleib, né sicuro,
che
se ne resti soletta nelle stanze dell’albergo, im
. Io rispondo a questi Comici, e Ciarlatani, condottieri delle Mogli,
che
con ragione alla Donna per la sua debolezza si de
ostra, e un tacito invito a comprar la castità della Moglie. Aggiungo
che
questa condotta delle Mogli Comiche, e avvezze ag
e, o del banco, è molto pericolosa per la femminile pudicizia; atteso
che
non sempre giova la diligenza del Marito, anche d
er salvar dalla macchia la castità della Moglie. So di un galantuomo,
che
conduceva attorno alla sua Consorte, donna di qua
’infelice fu intrappolato, essendo rimasto persuaso da certi Signori,
che
poteva sicuramente condor la Moglie, per saltar i
e ivi sola trovò solo, chi fece a lei oltraggio, e offesa a Dio. Ecco
che
la diligentissima diligenza di virtuoso Marito gi
perderebbe la vista nella congiuntura di certe circostanze. Senza poi
che
io dica, che accetto per vero il notato del Comic
vista nella congiuntura di certe circostanze. Senza poi che io dica,
che
accetto per vero il notato del Comico Beltrame, c
poi che io dica, che accetto per vero il notato del Comico Beltrame,
che
dice. Ogni bello è amabile; e molte donne sono va
e forse aggiungerà un pratico delle mondane iniquità, dicendo. Si io,
che
quando persone potenti, e sfrenate risolvono di v
Difficile custoditur, quod plures amant. » E nella Scrittura abbiamo,
che
Abramo corse pericolo della vita per la beltà del
hé facevano un’Azione: la fecero: e dopo una di quelle Comiche, senza
che
il misero Marito potesse dire una parola, fu rite
e, da cui la mattina fu restituita, con motteggiare di più al Marito,
che
mostrava nel volto gran dispiacere dello scorno;
i più al Marito, che mostrava nel volto gran dispiacere dello scorno;
che
non si crucciasse, perché i Signori suoi pari, no
e tosto la fama con le scintille dello sdegno appicco il fuoco tale,
che
la prudenza, e autorità di grandi, e supremi Sign
fa con grossi, e rinforzati cannoni. Voglio raccontare un altro caso,
che
ci mostra la poca sicurezza delle Comiche, o sian
nostro tempo occorse in una principale Città di un bellissimo Regno,
che
vi vennero i Commedianti; avevano nella compagnia
l popolo con le loro pubbliche comparse, e azioni: d’onde ne seguitò,
che
da certi Baroni, quasi ladroni di Venere, furono
ur, ut a violentia manus non contineant. » Tutto serve per argomento,
che
la diligenza di Padre, e di Marito non è sempre v
uciamo le Donne, perché sono Mogli, o perché sono Figliuole. Io dico,
che
spesso diventano adultere, o fornicarie degli uom
izione. Aggiungo: molte volte patisconoie molto quei mariti, o latri,
che
conducono con se le Donne; non vogliono acconsent
e n’era assai compita, e graziosa, e legittima Consorte di un Comico,
che
faceva la parte del Dottore; ed era per altro uom
di un Comico, che faceva la parte del Dottore; ed era per altro uomo
che
attendeva con la debita cautela, e diligenza alla
lente Commediante. Non è credibile, quanto patiscono i poveri Comici,
che
conducono con se le Donne; e non le vogliono tene
con se le Donne; e non le vogliono tenere in vendita dell’onestà. So,
che
talvolta alcuni giudiziosi, e pratici degli affar
talvolta alcuni giudiziosi, e pratici degli affari del mondo, dicono,
che
le Comiche, nominateih mogli, non sono vere mogli
ogli, non sono vere mogli dei Commedianti; ma Femmine spensierate: il
che
se vero è, verissimo si vede, che sopra modo ille
edianti; ma Femmine spensierate: il che se vero è, verissimo si vede,
che
sopra modo illecita si può giudicare la loro comp
lecita si può giudicare la loro comparsa pubblica nel Teatro. Mas noi
che
ne diciamo ? Nota unica Si risponde alla pro
rogazione. Beltrame fa una certa domandaC. 29. intorno alle Donne,
che
esercitano l’Arte Comica, e dice. L’arte è un sos
Arte Comica, e dice. L’arte è un sospetto non lo nego; e presuppongo,
che
ve ne siano state in qualche Compagnia di scandal
ssere tutte infamate ? Domanda bene questo Uomo dabbene; e io credo,
che
rispondo bene, rispondendo, che non tutte hanno d
bene questo Uomo dabbene; e io credo, che rispondo bene, rispondendo,
che
non tutte hanno da essere infamate; perché non tu
infamate; perché non tutte fanno vita meritevole d’infamia. Io stimo,
che
molti Comici abbiano le Mogli vere, e legittime;
. Io stimo, che molti Comici abbiano le Mogli vere, e legittime; e so
che
ne portano fede scritta in autentica forma, e con
de scritta in autentica forma, e con la necessaria legalità: e stimo,
che
molte non siano Donne di postribolo, ma di onore
i postribolo, ma di onore con maritale pudicizia; e lodo quei Mariti,
che
sanno, e possono felicemente custodire tra i molt
ericoli teatrali. Mi piacque già risoluzione di un Comico principale,
che
mi disse. Io ho fatto gran tempo le Commedie dent
da qualche pericolo di castità il corpo della Moglie: e per rimediare
che
ella, stando in scena, non peccasse mortalmente,
m. »L. 4. c. 3. d. 8. n. 64.Cioè domanderai. Se la Donna, avvertendo,
che
è toccata da uno con affetto libidinoso, sia rite
. A, 2 S. The. non permissenti impendeat. Vide Caiet. » Cioè. Si dice
che
la donna non può schifare quel toccamento, quando
può ciò fare senza grave scomodo, il quale scomodo deve essere tale,
che
preponderi al patimento di quel tocco; o violazio
e dei suoi beni. Nelle quali disavventure non pericola quella Comica,
che
si ritira dal recitare dentro le stanze dei palaz
le stanze dei palazzi, e schifa gli impudichi tocchi di quei lascivi,
che
si cacciano dentro le scene, per star ivi convers
ominato galantuomo: cos’avesse elle schifato l’altro peccato mortale,
che
commetteva comparendo nella scena della piazza, e
lla piazza, e parlandovi lascivamente d’amore alla presenza di molti,
che
sapeva, essere debolissimi di virtù, e ne conosce
amente conosciuta, con la quale malizia peccano per ordinario quelle,
che
si fingono vere Mogli, e non sono tali per verità
fatta si trovano talora nelle Compagnie dei Commedianti. Mi ricordo,
che
quando Monsignor Ferrucci, Governatore si Farfa a
ore si Farfa al tempo del Signor Alessandro Cardinal Montalvo, volle,
che
certi Comici mostrassero le fedi, che veramente f
andro Cardinal Montalvo, volle, che certi Comici mostrassero le fedi,
che
veramente fossero loro Mogli alcune bellissime Co
con numerosa narrazione di simili falsità: si contenti di quest’una,
che
, pochi anni orsono, mi spiegò in Pistoia il Sig.
tù, e zelantissimo Curato di S. Andrea. Egli una Quaresima s’accorse,
che
nella sua Parrocchiale giurisdizione s’era ritira
tar un Commediante con la sua Donna: lo chiamò, e disse. Io desidero,
che
voi mostriate la fede, che la Comica vostra sia v
ua Donna: lo chiamò, e disse. Io desidero, che voi mostriate la fede,
che
la Comica vostra sia vera e legittima Consorte: c
ostriate la fede, che la Comica vostra sia vera e legittima Consorte:
che
poi io penserò, se sarà necessario di richiedervi
fede: e dopo alcuni giorni la portò segnata con il nome di un curato,
che
stanziava in un castello situato tra Modena, Ferr
Ferrrara. Lesse il Sig. Celesi, e poi domandò, di dove è la legalità,
che
mi rechi qualche sicurezza, che quella fede sia v
e poi domandò, di dove è la legalità, che mi rechi qualche sicurezza,
che
quella fede sia veramente fatta da un Curato ? Il
n la compagna, né mai più comparve: lasciando sospetto molto fondato,
che
quella Femminella fosse Moglie falsa, e vera Adul
Moglie falsa, e vera Adultera, cioè una di quelle Comiche disoneste,
che
« thesaurisent sibi iram in diem ira ». Diventano
urisent sibi iram in diem ira ». Diventano tesoriere dell’ira divina,
che
sperimenteranno nel giorno spaventoso del Giudizi
ione del gran precetto più dall’ambiziosa brama di onorata grandezza,
che
dalla vista del saporoso cibo. « Non Evam cibus i
e, e onorate, e si possono pregiare del grazioso titolo di Signora. O
che
gusto per una Donna, si è, o che bella cosa l’and
re del grazioso titolo di Signora. O che gusto per una Donna, si è, o
che
bella cosa l’andar ad una principale città, ed es
cevere subito regali di rinfreschi, per far pasti lauti e deliziosi O
che
bella cosa l’andar a spasso per la città appoggia
con il cocchio di un nobilissimo Signore a maniera di Principessa. O
che
bella anzi bellissima cosa ricevere onori grandi,
, e d’altre Comiche molto celebrate. Io al presente Quesito rispondo,
che
questo gusto non è sufficiente ragione per far li
i mestiere dar chiarezza maggiore alla luce di mezzogiorno. Il gusto,
che
alle anime reca morte, è gusto irragionevole, e p
« Patrimonium paperis est sanitas », disse S. Agostino, accennando,
che
il patrimonio di un povero Artiere si è la sanità
ccennando, che il patrimonio di un povero Artiere si è la sanità, con
che
fatica, e faticando guadagna il vino alla giornat
on che fatica, e faticando guadagna il vino alla giornata. Ed io dico
che
il patrimonio dei Comici, e dei Ciarlatani suole
ie vendibili dal banco agli Spettatori, per far buon guadagno, atteso
che
questi galantuomini hanno bisogno, non di quattro
niik, barcaioli, osti, dazieri, e simili, dove non si tratta d’altro,
che
di borsa aperta. Io aggiungo al detto di Beltrame
ratta d’altro, che di borsa aperta. Io aggiungo al detto di Beltrame,
che
uomini tali vestono onoratamente, e molti di loro
olta pecunia: dunque sono necessitatiil servirsi di tutti quei mezzi,
che
possono usare per far gran profitto in quell’Arte
a del compagno il danaro per suo provecchio, e sostentamento: in modo
che
conseguano il necessario guadagno, al quale la do
rlatani nei banchi, e dai Comici nelle scene. E quindi ancor avviene,
che
le Comiche stesse, quando in una città trovano qu
he fanciulletta, nata da persone loro parenti, o amiche, e povere, ma
che
sia dotata di qualità, e prontezza buona per le A
in una città principale l’anno 1639. ad una Figliuolina di otto anni,
che
poverella sì, ma virtuosa, recitava le feste otti
dottrina cristiana in una pubblica chiesa principale. La Comare sua,
che
l’aveva levata dal sacro fonte battesimale, la te
retamente con detta madre per ottenerla; e l’ottenne non si seppe con
che
arte, con che promesse, o con che denari: si sepp
detta madre per ottenerla; e l’ottenne non si seppe con che arte, con
che
promesse, o con che denari: si seppe solo, che un
nerla; e l’ottenne non si seppe con che arte, con che promesse, o con
che
denari: si seppe solo, che un giorno fu chiamata
eppe con che arte, con che promesse, o con che denari: si seppe solo,
che
un giorno fu chiamata la Figlioletta per ordine d
ti. Questo caso fu scritto a me da un gran personaggio; e v’aggiunse,
che
il tutto s’era fatto con segretezza: perché se fo
a in salvo, come si costuma di fare con altre pericolose. Ed io temo,
che
la smoderata brama di guadagno persuada qualche v
ata brama di guadagno persuada qualche volta fatti di cotale fatta, e
che
l’illecito interesse di animo di levare le spose
e esporle alla rete dell’impudica Venere con pericolo molto evidente,
che
le misere col tempo siano immorali, ovvero adulte
a madre d’ordine del Capo di quella Compagnia di Commedianti; e credo
che
quel buon uomo si muovesse al rimandarla per vari
credo che quel buon uomo si muovesse al rimandarla per varie querele,
che
gli furono dette, e scritte circa quel fatto; com
suffurentur, et extorqueant. » Questo Teologo vuol dire in sostanza,
che
i Comici osceni cercano per ogni strada, benché i
della virtù cristiana; e però conducono con se le Donne, e procurano,
che
siano molto virtuose, e molto lascivamente ornate
urano, che siano molto virtuose, e molto lascivamente ornate; in modo
che
allevino, e guadagnino più facilmente ogni sorte
zzo loro guadagno più copioso, e abbondante. E quindi avviene ancora,
che
essi non poco si risentano, e con parole indegne,
impediti dal fare le Commedie oscene, e per conseguenza dal guadagno,
che
con quelle, o per occasione di quelle pretendono
o a sentirle, e a comporre con l’occasione vari segreti; e mercanzie,
che
vendevano avanti di dar principio alla Commedia.
peranza d’impedire molti peccati, andarono in quella piazza in tempo,
che
numeroso popolo vi era concorso; e il Comico vend
, parte predicando a vicenda, e parte dialogando tra loro, fecero si,
che
il popolo depose il desiderio della Commedia; con
dentro alla chiesa, nella quale, oltre gli atti molti di compunzione,
che
fece ciascuno, detestando i propri peccati, un gr
fece ciascuno, detestando i propri peccati, un grandissimo peccatore,
che
non s’era voluto confessare per lo spazio di molt
toccato, e ferito nel cuore dallo strale della divina grazia in modo,
che
con una perfetta, e dolorosa confessione ritornò
con parole non udite da molti, ma piene di sdegno, e di rabbia tale,
che
poi il grave rimorso di coscienza lo costrinse d’
o a scusarlo; perché egli aveva dato in quell’eccesso; perché vedeva,
che
veniva loro impedito il grosso guadagno, che sper
’eccesso; perché vedeva, che veniva loro impedito il grosso guadagno,
che
sperava doversi fare nella vendita di quel giorno
ava doversi fare nella vendita di quel giorno. Ed il compagno di lui,
che
era andato con lui, ed era il capo dell’altra Com
toim al futuro compagno, questo partito dicendo. Padre si accontenti,
che
noi diamo voce di voler far la Commedia; in modo
e si accontenti, che noi diamo voce di voler far la Commedia; in modo
che
il popolo si alletta, e venga alla piazza; ove fi
pedire: e così noi resteremo rovinati; e da lei si otterrà l’intento,
che
non si facciano Commedie con le Donne. Rispose il
e non si facciano Commedie con le Donne. Rispose il Religioso. Io so,
che
altre volte certi Comici hanno proceduto con ques
o nelle stanze dell’osteria. Ora spieghiamo il caso occorso in segno,
che
i Comici si risentono con fatti ingiuriosi contro
ici si risentono con fatti ingiuriosi contro i Predicatori Religiosi,
che
si mostrano contrari alle loro oscenità; e per co
venirgli incontro una grossa cavalcata di passeggeri (seppe egli poi,
che
erano Commedianti) uno dei quali si spiccò dagli
ò addosso al Religioso; e l’urtò con impeto tale, e tanto fieramente,
che
lo fece cadere insieme con il cavallo dentro un g
a fine con travaglio, e stento da quel grave pericolo; e si persuase,
che
quel Comico gli fece quell’affronto per averlo co
omi io ivi alquanto in viaggio. Concludo; e ai Comici osceni ricordo,
che
non basta la necessità del guadagno, per farlo le
ecessità del guadagno, per farlo lecito all’uomo bisognoso; conviene,
che
non sia illecito il mezzo per acquistarlo. « Damn
la virtù, non si serva del vizio nel saettare. Quesito Ottavo In
che
modo le ordinarie Comiche aiutano al guadagno dei
i modi del guadagno moltiplicano diligentemente. Io non posso negare,
che
i Ciarlatani, e i Comici non accumulano presto i
mestica conversazione di casa. Dico nel primo luogo per i Ciarlatani,
che
la Donna, la quale sale in banco, aiuta nel guada
anco, aiuta nel guadagno bancario in molte maniere. 1. Perché taluno,
che
non comprerebbe il segreto del Ciarlatano, lo com
di profumeria, o di saponette, o di moscardini, o di simili cosette,
che
hanno qualche grazia, e allettamento; né vi è per
cosette, che hanno qualche grazia, e allettamento; né vi è pericolo,
che
non le spacci con applauso, e prestamente, perché
ecitate sino da personaggi di stima, e quasi violentate con donativi:
che
senza dubbio, è occasione di molto guadagno a mol
do le Comiche sono più avvenenti, e graziose, e quando vi è, non solo
che
sentire; ma che mirar ancora, e mirar con gusto.
no più avvenenti, e graziose, e quando vi è, non solo che sentire; ma
che
mirar ancora, e mirar con gusto. Buon guadagno po
delle Comiche in più modi. Prima per i regali di vitto, e di vestito,
che
spesso fatti loro alle Signore Comiche. Secondo p
liana onestà in molte parti. Taccio gli altri accidenti, e dico solo,
che
alcuni alle volte se ne vanno tanto persi d’affet
alcuni alle volte se ne vanno tanto persi d’affetto verso una Comica,
che
impegnano infinoip le robe di casa,, per trovar i
tò, e perso per l’impudico amore di una: ma perché egli aveva denaro;
che
è il cibo saporito al palato di queste Arpie; ne
nte, e Marito o Padre di Comica Donna, non crede pienamente a quello,
che
io scrivo; onde ripugna gagliardamente dicendo. C
Padre nelle città cristiane ? Al sicuro potrà. Ed io rispondo. Temo,
che
al sicuro non potrà: sono tutte favole; o belle s
potrà: sono tutte favole; o belle speculazioni: noi vediamo infatti,
che
molti buoni, e virtuosi restano ingannati; e non
dosso la reputazione, ne vendere la pudicizia delle comiche loro. Ma
che
? La buona volontà fu debole riparo all’astuzia:
nemiche delle anime, e combattrici con duplicato fuoco; voglio dire,
che
gravissimo è il danno, che da quella finzione dop
battrici con duplicato fuoco; voglio dire, che gravissimo è il danno,
che
da quella finzione doppiamente, e nel Teatro, e n
dall’altare prima di benedire il popolo con il Santissimo Sacramento,
che
stava esposto per comune devozione, mi sentii isp
zione, mi sentii ispirato da Dio a fare un’invettiva contro i Comici,
che
già avevano dato principio alle loro oscenità; e
vano dato principio alle loro oscenità; e parlai, quasi senza sapere,
che
cosa io mi dicessi, con impeto grandissimo; onde
entiluomini, ma i nostri medesimi Padri, se ne mostrarono offesi come
che
io avessi detto troppo. La Serenissima Principess
ppo. La Serenissima Principessa mandò a chiamare la Donna principale,
che
recitava nelle Commedie: e l’avvisò molto graveme
principale, che recitava nelle Commedie: e l’avvisò molto gravemente,
che
dovesse parlare con ogni termine d’onestà. Ed ell
zza, dalla quale io poi, essendovi per cara occasione andato, intesi,
che
quei Comici erano molto buoni; e che molti avevan
r cara occasione andato, intesi, che quei Comici erano molto buoni; e
che
molti avevano testificato, che tanto frutto si ca
, che quei Comici erano molto buoni; e che molti avevano testificato,
che
tanto frutto si cavava dalle loro Commedie; come
ite le fatiche, fui costretto a tornare in quella Città, e vi trovai,
che
quella scellerata Comica aveva come strumento del
ere quantunque ammogliato, rimase preso in modo, e danneggiato tanto,
che
un savissimo Signore, e Prelato, a lui di sangue
i di sangue strettamente congiunto, stimò necessario supplicare S. A.
che
facesse cacciar dalla Città con bando quella infa
osa mormorazione, querela dei parenti. Replico io dunque, affermando,
che
molte Comiche malinconiche danneggiano gravemente
atro alluse un buono, giudizioso fedele in Sicilia, il quale vedendo,
che
alcuni zelanti Religiosi impedivano con pubbliche
moltissime commettono peccati senza numero per rispetto del comparir,
che
fanno pubblicamente in scena, queste perniciose F
scena, queste perniciose Femminucce. Disse bene colui, e volle dire,
che
le Comiche nuocono molto con l’Azione del Teatro,
ersazione di casa ? Voglio rispondere a me stesso con ricordarmi ciò,
che
già mi significò un degno personaggio, e pratico
à mi significò un degno personaggio, e pratico del mondo, affermando,
che
il male, che fanno le Comiche al tempo della Comm
ò un degno personaggio, e pratico del mondo, affermando, che il male,
che
fanno le Comiche al tempo della Commedia nel Teat
della Commedia nel Teatro, è il minore: perché il maggiore è quello,
che
fanno nelle case del loro albergo: ivi son visita
te, ma talvolta ancora scandalosamente. Così possiamo dire di quella,
che
l’anno 1639. dimorando in una città in tempo esti
detto. Fò quest’Arte costretta di seguir mio Marito, il quale vuole,
che
io compaia nella scena facendo l’innamorata, aggi
a scena facendo l’innamorata, aggiunse. Ma più mi punge, e assai più,
che
nell’albergo mi vengono a visitare persone lasciv
ava in diversi paesi per cagione tanto disdicevole, e brutta. E’ vero
che
Sanchez pone questa conclusione. La Moglie è obbl
pone questa conclusione. La Moglie è obbligata di seguire il Marito,
che
va altrove, per trasferire l’abitazione. « Uxor t
modo non ex causa turpi, et inhonesta. » E nel caso nostro, è chiaro,
che
quel Comico triste conduceva la Moglie in vari lu
uirlo. Ne vale il dire. Ella lo sapeva, quando lo prese per Consorte,
che
egli, come Commediante, era per fare una vita vag
avere stabile abitazione in luogo; perché scrive il medesimo Sanchez,
che
la Moglie è obbligata a seguire un tal Marito, «
Comica erano ingrate le viste per la pericolosa conversazione, certo,
che
a molte altre Comiche sono gratissime, e però mol
i: né si curano molto, o poco delle private, o pubbliche ammonizioni,
che
fanno gli zelanti servi di Dio; anzi alle volte s
le volte se ne burlano, e li motteggiano sfacciatamente. Non è molto,
che
in una città due Religiosi furono incontrati da c
che in una città due Religiosi furono incontrati da certi Giovanotti,
che
andavano a conversazione in casa di alcune Comich
sere Femminelle dimoravano. Tacquero i modesti Religiosi, conoscendo,
che
tal proposta era degna più di compassione, che di
Religiosi, conoscendo, che tal proposta era degna più di compassione,
che
di risposta: anzi tacquero anche i compagni di qu
i compagni di quell’imprudente Giovane, forse vergognandosi per lui,
che
con tanta sfacciataggine volesse dimostrarsi amic
a graziosa. Un Gentiluomo disse, poco tempo fa, ad un mio caro amico,
che
nella città, ove egli abitava, molti, quando vi e
o; per atto di esempio un anello, acciocchè serva da premio a quello,
che
tirando le sorti, fa maggiore il punto, e resta d
termine: si dilata per ogni verso: purché si guadagni, poco importa,
che
si scapiti nella coscienza; l’anima si può imbarc
n la batteria dell’oro e trovano doppia resistenza, una nella Comica,
che
resiste come onesta: l’altra in un Comico, che re
nza, una nella Comica, che resiste come onesta: l’altra in un Comico,
che
resiste come Marito: se pure egli è tale: ma poni
un Comico, che resiste come Marito: se pure egli è tale: ma poniamo,
che
veramente sia che ne segue ? L’assalto si raddopp
siste come Marito: se pure egli è tale: ma poniamo, che veramente sia
che
ne segue ? L’assalto si raddoppia con duplicato d
dotti Scrittori antichi, o moderni; ma voglio portare solo quel poco,
che
il Comico Beltrame pieno di sdegnoso timore scriv
trame pieno di sdegnoso timore scrive con questa forma. Io temoC. 46,
che
vi siano Comici, che si servano del palco per cro
so timore scrive con questa forma. Io temoC. 46, che vi siano Comici,
che
si servano del palco per crocciolaiz, o zimbello,
questo Comico io considero quelle parole. Se pur ve se sono. E dico,
che
è probabile, che ve ne siano; come ve n’erano l’a
considero quelle parole. Se pur ve se sono. E dico, che è probabile,
che
ve ne siano; come ve n’erano l’anno 1623. nel qua
ome ve n’erano l’anno 1623. nel quale trovandomi in una Città, seppi,
che
passavano certi Comici con alcune Comiche, e un n
e innamorato di una, viaggiavano con loro; e oltre a grossi donativi,
che
faceva all’Amica, faceva con grosse mance star ch
on grosse mance star cheto, e acconsentir allo scorno dell’onore uno,
che
si chiamava di colei Marito, il quale, se era, de
si chiamava di colei Marito, il quale, se era, degno della forca, non
che
della frusta, come reo convinto di gravissimo pec
gravissimo peccato contro il Sacramento Matrimoniale. E qui io noto,
che
molte persone virtuose, per udire casi di questa
che molte persone virtuose, per udire casi di questa fama piuttosto,
che
per sentire i Predicatori a ragionar contro i Com
nar contro i Comici, ne prendono, e imbevono tanto sinistro concerto,
che
fanno ogni mala conseguenza della vita, e dei cos
della vita, e dei costumi loro. E vi è, dice Beltrame, chi si crede,
che
tra i Comici non vi sia leggeC.36., né fede; e ch
ame, chi si crede, che tra i Comici non vi sia leggeC.36., né fede; e
che
tra loro siano fino alle loro Donne in comune: on
ne: onde noi potremo dire delle tristi Mogli dei Commedianti, quello,
che
scrive S. Asterio dei personaggi rappresentati da
romiscue quisque sumit. »De œconomo iniquitatis. Io mi do a credere,
che
non manchino altri guadagni fatti dai Commedianti
ini facilmente possono provvedere i Principi con pubblicare un bando,
che
non si vada alla conversazione delle Comiche nei
in banco, o in scena, porta il vanto nell ’allettare: onde io credo,
che
sia stata invenzione, suggestione del diavolo l’i
onne in Azioni Teatrali. Che se tanti dottori han detto fondatamente,
che
gli spettacoli del Teatro, « sunt Diaboli inventa
del Teatro, « sunt Diaboli inventa », sono ritrovamenti di Satanasso:
che
possiamo dire noi dello spettacolo Femminile, e T
siamo dire noi dello spettacolo Femminile, e Teatrale ? Diciamo pure,
che
con questo il Diavolo inganna i Comici, mentre pr
un poco distintamente, e accenniamo, quanti, e quali sono i modi, con
che
la comparsa delle ordinarie comiche nuoce alle an
o modo si è il farsi vedere bella, ornata, vana, e di apparenza tale,
che
senza nota di temerarietà si può giudicare essere
stetit in comanda pulebritudine.»T. 1. ser. de Ioseph. Ricordiamoci,
che
l ’amore prende la strada degli occhi, per arriva
orte incidas in laquos illius. »In T. br. C. 3. C. 9. Nota un Savio,
che
secondo la filosofica dottrina di Filone la Natur
chi mira, si espone al grave pericolo dell’incendio. Crisostomo nota,
che
chi attende a mirare le belle facce, « sibi forna
ed qui viderit ad concupescendum Ho. 17. in Mat. ». Ed Ilario scrive,
che
nel Vangelo di Cristo. « Adulerio motus tantum in
m incidentis oculi equatur. Can. si n. c. 5. S. Mat. » Filone avvisa,
che
gli occhi hanno una certa naturale parentela con
ti gli affetti, e quindi segue tra loro una scambievole mutazione; da
che
legge, che lo sguardo degli occhi lascivi eccita
tti, e quindi segue tra loro una scambievole mutazione; da che legge,
che
lo sguardo degli occhi lascivi eccita subito nell
si tanguntur, sed etiam si spectentur, potest peccari. » Ed aggiunge,
che
dalla vita di bella donna si accende, come un vor
diunturnum quendam et continium dolorem sustinesum » Dunque bisogna,
che
ci guardiamo dagli occhi di bella Donna; in modo
Dunque bisogna, che ci guardiamo dagli occhi di bella Donna; in modo
che
non ci feriscano, e ci guardiamo dal mirare con i
che non ci feriscano, e ci guardiamo dal mirare con i nostri; in modo
che
non ci rovinino. Di questi scrisse colui. « Illa
nt: quantum feriunt oculi »Nonnus in Dionis.. Intesi già da un dotto,
che
Aristotele aveva scritto, che le Donne hanno negl
nus in Dionis.. Intesi già da un dotto, che Aristotele aveva scritto,
che
le Donne hanno negli occhi due pupille, nelle qua
pupille, nelle quali conservano un veleno molto potente. Ed io noto,
che
una sola occhiata basta qualche volta per rapire
a per rapire il cuore, e l’effetto di uno spettatore Svetonio scrive,
che
Tiberio « Agrippinam semelIn Tib. C. 7. omnino ex
» Nella storia sacra, e Reale abbiamo il lacrimoso caso del Re David,
che
essendo uomo di tanta perfezione, rimase preso da
am »2. Reg. c. 11. 2.. Alfonso Vigliega per acconcio di questo narra,
che
un Fanciullo si allevò prima nel deserto, e poi n
suo Superiore alla città, nella quale vide in una parte alcune Donne,
che
ballavano; e domandando al Superiore, che cosa er
in una parte alcune Donne, che ballavano; e domandando al Superiore,
che
cosa erano, udì per risposta. Sono Anatre. Ritorn
poi al Convento stava tutto malinconico, e richiesto della cagione; e
che
cosa lo potrebbe rallegrare, egli con semplice ca
quanto la vista delle Donne sia pericolosa: poiché questo Giovanetto,
che
mai per avanti non ne vide alcuna, solo per averl
ente ardere tutto con fiamma di lascivo affetto. Ora chi di noi sarà,
che
di se stesso presuma di poterle mirare frequentem
nsieruntin affectum cordis. » Vataldo legge. « Oculis exeunt », quasi
che
sia una cosa medesima il mirare, e il peccare, at
ia una cosa medesima il mirare, e il peccare, attesa la facilità, con
che
si pecca, rimirando l’aspetto di una bella Donna,
ntesApud. Stob.: et oculi sunt Proxenete peccati. » Baldesano scrive,
che
i Martiri Santi di Cristo condotti davanti alle s
iri Santi di Cristo condotti davanti alle statue degli Idoli; in modo
che
le adorassero; non solamente non le adoravano, ma
isoluzione del vero amatore di Dio, e delle Virtù, cioè più prestojg,
che
ridursi, non dico ad adorare le statue carognose
irarle, correre ogni pericolo, benché grande della vita; massimamente
che
tanto più si ha da frenare lo sguardo verso tali
mamente che tanto più si ha da frenare lo sguardo verso tali oggetti,
che
non guardar a fare verso le immagini degli Idoli;
oggetti, che non guardar a fare verso le immagini degli Idoli; quanto
che
da guardar quelle non ne veniva più che tanto off
immagini degli Idoli; quanto che da guardar quelle non ne veniva più
che
tanto offesa l’anima, ma dallo sguardo d’oggetti
vole è traditore del cuore: ma opera con tale dolcezza il tradimento,
che
l’infelice Spettatore giudica lo sguardo suo un f
ssimi vagheggiamenti. Questo errore in specieltàjh succede in quelli,
che
frequentano l’osceno Teatro; ove le Comiche fanno
; ma non voglio l’infamia della disonesta operazione. Ed io rispondo,
che
quel consenso al diletto è peccato mortale. S. Il
verò munditia luxuria cogitata damnatur ». S. Paolo scrive ai Romani,
che
non regni il peccato di maniera, che si obbedisca
ur ». S. Paolo scrive ai Romani, che non regni il peccato di maniera,
che
si obbedisca ai suoi desideri. « Ut obediatisC.6.
adhuc delectetur, atque animum teneat, procul dubio regnat. » E’ vero
che
S. Tommaso dice. « Quidam dixeruntSum. homo cap.
e Corduba: ma di mortale: come tiene Sairo; e lo prova con le parole,
che
aggiunge il medesimo S. Agostino, dicendo, che pe
o prova con le parole, che aggiunge il medesimo S. Agostino, dicendo,
che
per tali pensieri l’uomo si danna, se la divina g
he, e ancora le altre Donne: ma non consento al diletto impudico. So,
che
dicono i dotti con S. Bernardo. « Non nocet sensu
nsentire: non il mirare, e il ricrearsi. A questa Obiezione rispondo,
che
non favellano così gli uomini timorosi di Dio; né
occhi l’acqua fresca del gusto Teatrale, e mirando quegli Spettacoli,
che
da Comici, e dalle Comiche erano rappresentati. I
rappresentati. Il Cocchiere si fermò alquanto, per avvisar la gente,
che
si stringesse, e lasciasse nel mezzo la comodità
volle bere nemmeno un minimo sorsetto di quel vano, e osceno diletto,
che
gli veniva offerto con la tazza della comica, e f
come segno di vera, e saggia spiritualità, da un prudente Sacerdote,
che
dopo alcuni giorni lo narrò a me con molto gusto.
ntese quel tiro di Spirito, e di perfezione; e tra sé disse. Va pure,
che
ben si vede, che tu sei degno figliuolo di quella
i Spirito, e di perfezione; e tra sé disse. Va pure, che ben si vede,
che
tu sei degno figliuolo di quella santissima Congr
Giunta della medesima Compagnia con tanto copioso frutto delle anime,
che
con ragione fu chiamata da un Servo di Dio, Predi
n Peccatore: l’occhio si pasce, ma non si pasce il cuore. Ed io dico,
che
quando questo detto non è regola di sicurezza: né
Padri. S. Ambrogio con uno zelo sfavillante di celeste ardore avvisa,
che
se tu vedrai in una parte eccitati gli applausi p
te in fronte al Sole: mira la marina ampiezza del liquefatto argento:
che
così chiudendo, e moderando gli occhi, la morte n
nestras oculorum tuorum. » S. Bernardo considerando lo sguardo, con
che
Eva mirava il vietato pomo, le dice. « Quid tuam
ondo il rigore delle scuole, scrive intorno al giudizio di chi tiene,
che
un virtuoso può mirare senza il consenso di pecca
ve, né qui li voglio replicare: solamente aggiungo un poco del molto,
che
scrive Salvianol. de Prov. pos. medit. in prova,
poco del molto, che scrive Salvianol. de Prov. pos. medit. in prova,
che
chi brama custodire la pudicizia della mente, dev
side fugeret adulterium, custodire aspectum. » Accenna in ristretto,
che
chi non custodisce gli occhi, apre il cuore alle
o alla stessajj materia. L’Eloquente, Romano Oratore fu di parere,
che
il buon Capitano debba essere uomo fornito di mol
manus oculos, animum cohibere posset, non erit idomus. » Ed io stimo,
che
ogni buon Cristiano, per esser Soldato di Cristo,
nec capiuris oculis tuis. » E di questo avviso bisognosi sono quelli,
che
frequentano il Teatro oscenoIn Sixtiam, senza cau
tto un uomo ? Gran cosa farà. Se ad adorarla quasi Dea non giunge. Si
che
Donna bella esser deve quasi velenoso Basilisco f
rvello: quella accarezzandoti ti distruggerà: questa fuggendoti farà,
che
da te medesimo ti consumi: quella in un mar di mi
alche volta mirate da vicino, e non sempre da lontano; non credo già,
che
voi siate sempre nello stesso palchetto, posto lo
longe vidit David, et captus est. » Aggiungo il giudizio di un Savio,
che
dice. « Si ad MulieremCartag. T. 4. l. 15. ho. 3.
pertum est, quantum plerumque neceat. » Ma S. Cipriano avvisa chiaro,
che
nessuno, cioè dico io, poco cauto spettatore fugg
icit. » Aggiungo di più. Alle volte è cosa peggiore mirar da lontano,
che
da vicino: perché da lontano una faccia, abbellit
almente un altro. Orsù confesso il vero. La Comica è brutta: non vi è
che
mirare: l’occhio può chiudersi al diletto; perché
i Ecuba stomacosa, e vecchia; e la vista di donna tale è così brutta,
che
fa fuggire la tentazione; e serve quasi di potent
uccidere il pensiero della fornicazione, e del peccato. Io rispondo,
che
quando una Comica è bella, fa impazzire molte vol
è brutta, cagiona almeno qualche peccato mortale: poiché ella, tutto
che
brutta sia, comparendo in un’oscena Rappresentazi
con altro modo irragionevole, peccano mortalmente. Rispondo inoltre,
che
se una Comica è brutta, forse non tutte le Comich
una fa maggiormente spiccare i lampi di beltà nell’altra. Ma poniamo,
che
vi sia una Comica sola, e che sia brutta al parer
lampi di beltà nell’altra. Ma poniamo, che vi sia una Comica sola, e
che
sia brutta al parere di uno: io dico, che forse n
e vi sia una Comica sola, e che sia brutta al parere di uno: io dico,
che
forse non tutti sono dello stesso parere. E forse
, che forse non tutti sono dello stesso parere. E forse tal uno vi è,
che
la stima bella; perché tornando a casa, trova la
ter, si hoc faciat ex sine mortaliter malo. » Concludo con ricordare,
che
molte volte una Femmina anche brutta fa dar nelle
alieno est vivens. » L’animo di chi ama, sta morto nel proprio corpo,
che
informa, e vive nell’altrui corpo, che l’innamora
, sta morto nel proprio corpo, che informa, e vive nell’altrui corpo,
che
l’innamora ; e però pare, che non gradisca il vag
che informa, e vive nell’altrui corpo, che l’innamora ; e però pare,
che
non gradisca il vagheggiare altro, che l’amato og
che l’innamora ; e però pare, che non gradisca il vagheggiare altro,
che
l’amato oggetto. Tali uomini si trovano alle volt
agli occhi dei Savi brutta, ma alla vista di quel misero tanto vaga,
che
gli sembrava una bellissima Semidea. Insomma non
l’amato viso, chi l’ama troppo sregolatamente. Ma se di rado avviene,
che
una Comica brutta piaccia molto; certo è, che spe
Ma se di rado avviene, che una Comica brutta piaccia molto; certo è,
che
spesso occorre, che una bella, e molto piaccia, e
ne, che una Comica brutta piaccia molto; certo è, che spesso occorre,
che
una bella, e molto piaccia, e molto nuoca alle an
e nocumentojq delle anime concorre l’ordinaria Comica col primo modo,
che
è farsi vedere bella, ornata, e tutta vana nel ba
di velenose serpi, onde può servire a noi di simbolo, per avvisarci,
che
il capo di una teatrale Medusa, cioè di una Comic
Comica, e molto più la faccia di lei, e la persona, è piena di serpi,
che
cagionano a molti deboli di spirito la rovina spi
ncante nella naturale beltà, cioè povera di quel capitale e donnesco,
che
è tanto apprezzatojr, si avanza, come può, o con
e molti, e per rovinarli. Nota con avveduto accorgimento S. Cipriano,
che
se nella Chiesa, che è luogo santo, « periclitatu
rli. Nota con avveduto accorgimento S. Cipriano, che se nella Chiesa,
che
è luogo santo, « periclitatur castitas », si corr
ndo con me delle molte, e gravi miserie cagionate dai moderni Comici,
che
conducono le Donne, mi disse liberamente. Padre l
l cagionare nell’animo nostro un subito risentimento contro l’onestà:
che
ci cagionerà poi la vista di una Comica bella, or
na; se l’animo nostro farà , come purtroppo è, inclinato al vizio ? O
che
nocumentijt, o che rovine. Io qui ora aggiungo al
ro farà , come purtroppo è, inclinato al vizio ? O che nocumentijt, o
che
rovine. Io qui ora aggiungo al sopradetto. Che fa
to raccontare per bocca di un degnissimo Religioso, nobile Messinese,
che
in una Città principale del fiorentissimo Regno d
onna esser molto brutta, le domandò con meraviglia. Voi siete quella,
che
poneva in rovina questa Città ? Si Padre, rispose
he poneva in rovina questa Città ? Si Padre, rispose, io sono quella,
che
con i miei belli modi, e graziose maniere ponete
ie grazie ho cagionato una disgraziata infelicità a moltissime anime:
che
però ora ne piango, e contrita ne chiedoju miseri
n chiaro specchio, in cui possiamo vedere la forza, ed efficacia, con
che
una Donna teatrale nuoce a molti con il solo modo
molti col cnato della donna in banco, o nel teatro. E però sarà bene,
che
ne diciamo qualche cosa brevemente. Nota unic
» E però domanda con prudenza Aristotele. Per quale ragione i Musici,
che
vanno cantando per mercede nelle feste; hanno poi
per mercede nelle feste; hanno poi così cattivi costumi. E risponde;
che
ciò avviene; perché stando a tutte le ore in alle
ndo mai precetto alcuno di buoni avvisi, ne vedendo anche mai alcuno,
che
tra loro dia buono esempio, non sanno vivere in a
cuno, che tra loro dia buono esempio, non sanno vivere in altro modo;
che
in quello, che hanno imparato per uso. Di questa
oro dia buono esempio, non sanno vivere in altro modo; che in quello,
che
hanno imparato per uso. Di questa proposta, e ris
roposta, e risposta Aristotelica si serve il Franciotti, per provare,
che
le Figliuole non devono imparar di musica. Ma io
e non devono imparar di musica. Ma io me ne servo qui, per accennare,
che
quelle Femmine cantatriciLib. 5. c. 14. n. 6. del
ù decevoli ad una cast Donna; onde non sarà temerarietà il giuducare,
che
comiche di tal fatta per ordinario siano, viziose
he comiche di tal fatta per ordinario siano, viziose, e perniciose; e
che
cagionano gravi mali con i canti loro. S. Pietro
ottore significajw il pensiero spiegato anche da S. Crisostomo; cioè,
che
Iddio, e la natura inclinino grandemente gli uomi
inino grandemente gli uomini al godimento del virtuoso canto; in modo
che
ricevano un dolce sollevamento nelle fatiche dell
tas et utilitas. » S. Ambrogio con maggior brevità discorre in prova,
che
il canto è di non poco sollievo alle fatiche. « H
onet et viatem solatur. » E seguita a raccontare molte altre utilità,
che
l’uomo riceve dal canto del Gallo; e poi conclude
di un Mimo fece compungerejx anticamente un Giovane mondano in modo,
che
determinò di lasciare il mondo, e di donarsi tutt
nte narra di S. Aiberto, Monaco racchiuso, e uomo di somma astinenza,
che
vivendo nella paterna casa Giovanetto di bel temp
so un Mimo, credo un Salimbancojy, il quale cantava una certa storia,
che
esprimeva la conversione di S. Teobaldo Eremita,
atto restò tanto commosso, e addolorato per rispetto dei suoi errori,
che
con generosa risoluzione, e con un cuore grande a
li aspettare si possono dall’udire il canto modesto, e spirituale. Ma
che
si può aspettare, o temere dall’immodesto, e dall
la udir, quando cantilla Barzellette d’amor sul Buonacordo. Un non so
che
di tenero distilla Musica Femminil, che l’alme a
or sul Buonacordo. Un non so che di tenero distilla Musica Femminil,
che
l’alme assonna, E i cuori a suo voler turba, e tr
lme assonna, E i cuori a suo voler turba, e tranquilla. E dunque vor,
che
offende, e mette in bando La propria castità: com
e offende, e mette in bando La propria castità: come io provo, Colui,
che
ode sermon lascivo, e blando. » S. Agostino pia
ermon lascivo, e blando. » S. Agostino piange la miseria di coloro,
che
si dilettano « manus canticisT. 9. l. de x. Chord
rpetuum va; illic Demonum requies. » E S. Crisostomo dopo aver detto,
che
i Demoni con i canti lascivi rovinano il tutto, a
t animam. » Origene, Cassiano, e altri Dottori antichi sono di parere
che
a vizi diversi fossero presidenti diversi Demoni;
luxuria ». E S. Girolamo fondato su questa probabile opinione disse,
che
alcuni Diavoli servivano ai canti lascivi; e agli
Appendice alla passata Nota. Contro l’oscenità del canto, in modo
che
si fuggisse, fugià nel concilio Maguntino formato
Opera mia stampata con titolo di Risposta; e mostrano efficacemente,
che
il canto Femmnile, e massimamente l’osceno, si de
gire. E questo è anche grandemente conforme alla dottrina di Platone,
che
insegna, che i canti, « cum omnes homines, maximè
o è anche grandemente conforme alla dottrina di Platone, che insegna,
che
i canti, « cum omnes homines, maximè tamen adoles
Se tu riceverai nei canti, e nei versi la piacevole Musa, io ti dico,
che
nella tua Città in luogo della legge, e della rag
a se il canto disonesto, vizioso, nuoce tanto; quanto nuocerà quello,
che
oltre al contenere disonesti, e viziosi concetti,
resa di molte anime. A questa verità alluse S. Efrem, quando scrisse,
che
un’anima presa dal Diavolo gli serve da mezzana p
e suaperdix reliquas circumvoliantes ad eos pelliciat. » Ed io penso,
che
la Donna cantatrice di lascivo canto, e che l’imp
pelliciat. » Ed io penso, che la Donna cantatrice di lascivo canto, e
che
l’impudica, e ardita Comica sarà bersaglio delle
ioè. Le Comiche, dico io, cantano, per lusingar piuttosto gli uomini,
che
per piacere al Creatore degli uomini. Se tu, o Ca
piacere al Creatore degli uomini. Se tu, o Cantatrice, canti in modo,
che
ne cerchi la lode, sei piuttosto del canto vendit
i in modo, che ne cerchi la lode, sei piuttosto del canto venditrice,
che
formatrice. Deh se Padrona tu sei della tua voce,
cordia dei costumi, per concordare con essi al voler divino. Ma ahime
che
molte Comiche cantatrici concordano con i viziosi
e così degne si fanno della miseranda morte, e del maledetto plauso,
che
già ricevette un osceno Cantore da uno Spirito In
i: e vide avanti a lui un fiero, grande, peloso, e cornuto Diavolone,
che
con gli occhi di fuoco, e con la faccia ardente s
impiego dell’osceno Cantore, quale tosto fu avvisato dal pio Signore,
che
si correggesse dei suoi falli osceni, edai suoi s
fetti ? E trattare del modo, e tempo di ritrovarsi ? Che sarà vedere,
che
l’Adulero chiede un bacio, e l’ottiene ? Io dico
e, che l’Adulero chiede un bacio, e l’ottiene ? Io dico, e concludo,
che
bisogna aver un corsaletto d’acciaio, per conserv
i, et il fuggire lungi dalla Comica Cantatrice, o parlatrice; in modo
che
incontri la sua spirituale sventura, cagionata co
mone; e secondo l’avviso di Crisostomo esamini se stesso, per vedere,
che
cattivo effetto cagioni nel suo cuore l’udire una
ritto. « O rovina dell’alme empia chorea, Per te trionfa solo colei,
che
terra Furia d’Averno, e non di cipro è Dea. » pe
er fuggirle tutte, l’apprendere vivamente la forza efficacissima, con
che
cagionano la rovina di molti. Così con vivezza l’
se spirituali un pezzo; e poi si deplorò tra noi la cecità di quelli,
che
poco stimano il pericolo, che di peccatocorrono c
si deplorò tra noi la cecità di quelli, che poco stimano il pericolo,
che
di peccatocorrono coloro, che vanno alle Commedie
i quelli, che poco stimano il pericolo, che di peccatocorrono coloro,
che
vanno alle Commedie oscene. E quel saggio Signore
le con molto senso, ed efficacia mi esortò a predicare, e a stampare,
che
si pecca mortalmente da chi vi andava. E po aggiu
stampare, che si pecca mortalmente da chi vi andava. E po aggiunse. O
che
miseria veder quei licenziosi balli, e quei lasci
rovina loro. O quianti vi peccano. O quanti si rovinano. Ed io dico,
che
balli di tal fatta, e troppo licenziosi sono vizi
di ogni giudizioso. Natal Comite scrive di una Donna chiamata Empusa,
che
si trasformava in varie, e differenti figure di m
ata Empusa, che si trasformava in varie, e differenti figure di modo,
che
pareva un Proteo. Ma Luciano afferma, che per ver
differenti figure di modo, che pareva un Proteo. Ma Luciano afferma,
che
per verità era una Ballerina triste, che con vari
Proteo. Ma Luciano afferma, che per verità era una Ballerina triste,
che
con vari, e impudichi gesti ballando pareva, che
na Ballerina triste, che con vari, e impudichi gesti ballando pareva,
che
si mutasse in più persone. Queste immodeste Balle
Ballerine si devono condannare anche per giudizio dei moderno Comici,
che
professano modestia. Beltrame testifica, che una
izio dei moderno Comici, che professano modestia. Beltrame testifica,
che
una gran Donna, Signora di santi costumi, dopo av
egas. I balli, e i suoni tanto scompostiC.44. dell’Esercizio Spirit.,
che
ora si usani nelle Commedie, le azioni, e sboccam
., che ora si usani nelle Commedie, le azioni, e sboccamenti lascivi,
che
altro buono effetto hanno da produrre nel cuore,
asti ? E aggiunge poco dopo. Intorno ai balli poco modesti ci dubita,
che
non siano in essi grandi incentivi, per fare inci
tto, e consideri, e faccia riflessione: perché troverà essere quello,
che
dico; e che prima egli non lo considerava. O piac
deri, e faccia riflessione: perché troverà essere quello, che dico; e
che
prima egli non lo considerava. O piacesse al sovr
lo considerava. O piacesse al sovrano Principe dell’universo, Iddio;
che
tutta la nobiltà Italiana imitasse l’esemplare de
Italiana imitasse l’esemplare determinazione di quella gran Donna; e
che
tutte le moderne Comiche fuggissero lo scandaloso
o alle anime di molti con i loro balli fatti nel pubblico Teatro. So,
che
i dotti insegnano, che i balli sono degni di pubb
on i loro balli fatti nel pubblico Teatro. So, che i dotti insegnano,
che
i balli sono degni di pubblica letizia; e si rice
li sono degni di pubblica letizia; e si ricevono per la consuetudine,
che
in questa parte non pare, che sia una corruttele;
zia; e si ricevono per la consuetudine, che in questa parte non pare,
che
sia una corruttele; e dai balli si prende occasio
, Filliucci, e altri appesso il Bonaccina. Ove egli però dice chiaro,
che
sono peccati mortali, « si fiant modo inhonesto
4. p. 9. n. 24., se sono fatti con modo disonesto. Etali sono quelli,
che
fanno molte Comiche del nostro tempo in presenza
naccia di levare le bella chioma, e di dar percosse a quella Femmina,
che
nei lascivi balli si scompone. Così fu castigata
mina, che nei lascivi balli si scompone. Così fu castigata già colei,
che
dopo aver un giorno festivo vezzeggiato, e solezz
te alla gran fornace dei Tartarei fuochi, et ivi fu bruciata di modo,
che
pur un capello non rimase nel suo corpo; il quale
intollerabile odore. Si aggiunse un altro accidente spaventoso, cioè,
che
un nero, e infernale Mnistro armò la destra con u
la PenitenzaSpe. d. 9. 52.. Felice fu questo tocco delle divina mano,
che
con medicinal percossa ferì talmente la gagliardi
no, che con medicinal percossa ferì talmente la gagliardia del corpo,
che
risanò le debolezza dell’animo impiagato. « Exten
orno con le vane sciocchezze dei lascivi balli. Una fiatakd successe,
che
vicino al luogo, ove ballava, certi Giovani comin
al luogo, ove ballava, certi Giovani cominciarono un giuoco di palla,
che
lungi si mandava con la percossa del bastone. Ed
iuocatori, e colpisce per dritto il capo della Donna così fortemente,
che
subito caduta nel suolo diviene moribonda, e poco
ermina i giorni suoi, spirando l’ultimo fiato di quella vita indegna,
che
chiamare si poteva degna morte, e morte rea di un
ioni a prokf della defunta l’ultimo ufficio della cristiana pietà. Ma
che
? Ecco, dice lo Storico, « taurus nìgerrimus, imo
ezza; anzi ecco un infuriato carnefice infernale, un pessimo Diavolo,
che
con muggito orrendo se ne corre verso il feretro,
za con le corna, e lo ferisce per ogni parte, e per ogni membro così,
che
qua, e là si spargono le viscere, e si diffonde u
uggirono, e l’infelice, lacerato cadavere rimase insepolto, fin tanto
che
cessò quella puzza intollerabile: e allora i Pare
che cessò quella puzza intollerabile: e allora i Parenti procurarono,
che
seppellito fosse lontano dal sacro Cemitero; fors
rono, che seppellito fosse lontano dal sacro Cemitero; forse persuasi
che
quell’anima era per sempre esclusa dalle stanza d
suol far naufragio nell’ondeggiante, e fortunoso mare dela disonestà;
che
altro non è infine, che preparare un festoso conv
ondeggiante, e fortunoso mare dela disonestà; che altro non è infine,
che
preparare un festoso convitto, e un giocondo ball
el salto femmnile si aggiunge per compagnia all’ultimo delle delizie:
che
dite voi a questo mio dire o Sante Donne ? Credo,
delle delizie: che dite voi a questo mio dire o Sante Donne ? Credo,
che
diciate, che non da saggio di Femmina vergognosa,
e: che dite voi a questo mio dire o Sante Donne ? Credo, che diciate,
che
non da saggio di Femmina vergognosa, e pudica que
he diciate, che non da saggio di Femmina vergognosa, e pudica quella,
che
gode farsi vedre sul palco Saltatrice nel fine de
D. Francesco Fernandio Canonico della Chiesa Cordubense dice chiaro,
che
questa sorte di salti è stata causata dalle spelo
lgus. » Salti dunque maledetti sono questi, diabolici, e infernali. O
che
vista disdicevole si offrekh agli occhi dei risgu
m fedari, credendum est. » Scrive lo zelante Crisostomo, e ci avvisa,
che
dove il peccato vince con le armi del lascivo sal
rende brutto il corpo, saltando sfacciatamente, bene si può credere,
che
renda l’animo abominevole con maggior bruttezza.
oposito di queste Saltatrici. O quanto tupri, e disonesti quei gesti,
che
le Femmine vestite da uomo fanno soprale scene, o
Padri Capuccini di risolversi a porre efficiace rimedio allo scandalo
che
in una Città principale, ove egli l’Avvento predi
ndalolo eccesso; e poi usando questo modo, narrato a me la un Comico,
che
era tra i compagni di quella Femminella. Si fece
he era tra i compagni di quella Femminella. Si fece chiamare il Capo,
che
era tra i compagni; si querelò con zelo del danno
iamare il Capo, che era tra i compagni; si querelò con zelo del danno
che
alle anime si derivava dalla vista lasciva di que
lasciva di quei salti femminili; e ottenne da lui parola, e promessa,
che
la Donna non sarebbe più comparsa nel pubblico ba
più comparsa nel pubblico banco Saltatrice. E o fosse piaciuto a Dio,
che
l’applicazione del detto rimedio non fosse stata
dita, non già dal comico, ma dal comandamento di un gran personaggio,
che
venuto a vedere la Donna nel solito impiego dei s
i salti; e intesa la cagione, perché non compariva a saltare, ordinò,
che
proseguisse il costume scostumato di prima; e cos
cecità mondana, dovette, credo, supplicare il grande Padre dei lumi,
che
degnasse per sua misericordia illuminare le muove
a misericordia illuminare le muovenze a vera conversione i peccatori,
che
viziosamente godevano lo spettacolo di quella Sal
salti, e moltiplicavano almeno con l’animo le loro disonestà. Io so,
che
al tempo nostro non mancano diqueste scandalose S
igione con il solo ricordoki resto addolorato, e convinto pienamente,
che
era una grandissima oscenità quel tripudio di sal
randissima oscenità quel tripudio di salti zazzeschi, e femminili. Ma
che
ho detto; non so ? Debbo dire, che so, che ora se
i salti zazzeschi, e femminili. Ma che ho detto; non so ? Debbo dire,
che
so, che ora se ne fanno tali, perché mentre scriv
zazzeschi, e femminili. Ma che ho detto; non so ? Debbo dire, che so,
che
ora se ne fanno tali, perché mentre scrivo quella
, perché mentre scrivo quella materia, intendo da testimone di vista,
che
una Donna, vestita da uomo salta pubblicamente, e
a pubblicamente, e balla slla corda, e sempre vi è vicino il Buffone,
che
fa gesti osceni, e dice parole brutte per muovere
saltante con la Comica Saltatrice: e molto più tema la stessa Comica,
che
è tanto vana; ed è di tanta rovina alla cristiani
so diletto. Ho saputo da un gravissimo Religioso, testimone di vista,
che
in Germania fu una Donna di nobilissimo casato, e
i affetti, e i cuori dei vani, e lascivi Spettatori. Macché ? Giunta,
che
fu colà, tosto comparve all’orecchio suo, né si s
: lo cacciarono subito gli amici, e i sreventi, non porò cis’ subito,
che
non restasse la Donna offesa, a malamente affetta
nde per la forza di quel serpentino veleno divenne storpiata di modo,
che
non potè più camminare, se non a maniera di besti
o prokj ad esempio delle miserie altrui a fuggire le miserie: in modo
che
non siano esse nell’infernale prigione degli eter
lla virtù; e suole essere di tanto pregiudizio alla cristiana onestà,
che
può dirsi di lei il detto di Clemente Alessandrin
ori, usa, oltre l’artificio delle parole, la destrezza di quel salto,
che
si può chiamare con Agostino. « Saltus in profund
Saltus in profundum Inferni », salto nel profondo dell’Inferno: quasi
che
verissimo sia, che il corpo saltando miseramente
Inferni », salto nel profondo dell’Inferno: quasi che verissimo sia,
che
il corpo saltando miseramente nel peccato, e si f
ta ad ellica voluit intelligi, id est arma. » Cioe. Un’altra lettera,
che
è l’ebrea, dice. Le armi dell’uomo non guarnirann
» Voglio aggiungere qui all’autorità di Raffaello delle Colombe: già
che
egli cita Silvestro. E lo interpreta dicando. I s
: alla Predica di Feb. 4. Dom. 4. di Quares. sotto pena si scominuca,
che
non si da, se non per il mortale; proibiscono, ch
pena si scominuca, che non si da, se non per il mortale; proibiscono,
che
la Donna vesta da uomo. Ne mi dite. Il Silvestro
a ipocrisia. L’avviso di Lirano viene approvato da Cornelio a Lapide,
che
riprova nella Donna l’uso della veste virile; « t
cus detur » : si perché è disdicevole per se stesso: si anche in modo
che
non si dia comodità alle segrete libidini, e ad a
o va contro un precetto del divino Legislatore; contro il quale pare,
che
già peccasse mortalmente la Donna Giudea servendo
motaliter, usens veste virili », scrive l’allegato Cornelio. E’ vero
che
Caietano dice. « Iudiciale, vel ceremoniale prece
er grazia di Cristo Redentore è svanito. Nondimeno leggo in Cornelio,
che
detto precetto pare naturale in parte, e in parte
etur. » E forse vuol dire questo Commentatore, e questo gran Dottore,
che
la Donna Cristiana non soggiace alla forza di que
olo Ebreo; ma vi soggiace, in quanto è cosa naturale; cioè la Natura,
che
è lo stesso Dio, detta col lume di ragione alla D
la Natura, che è lo stesso Dio, detta col lume di ragione alla Donna,
che
non usi le vesti, delle quali si veste l’uomo. Qu
sso loro maschile, e femminile. Tra Pavoni il maschio compare di più,
che
la femmina, specioso. Apre il ricco teatro della
emmina compagna del Pavone. « Sexum indumenta discernunt. » Ora dico,
che
questa distintiva varietà di vestimenti si deve c
tale, né veniale, ma solo al più è un atto sconvenievole, innaturale,
che
ah dello straordinario, e del mostruoso. Come il
, che ah dello straordinario, e del mostruoso. Come il Filosofo dice,
che
la Natura pecca nelle produzione di una cosa, qua
sere conditioni persona soc undum communem consuetudinem. » Rispondo,
che
questa Obiezione mi porge comodità, e necessità d
, s’imbevera facilmente con il liquore, e con l’odore delle dottrine,
che
si derivano dalla fonte maestrale. L’artificio de
perché alle volte si fa lecitamente; come fu fatto da quella Vergine,
che
stando per forza nel luogo infame, vittima innoce
vestita da uomo, persuasa dalle preghiere di quel castissomo Giovane,
che
a lei se ne era entrato con apparenza di brutta p
margherite con levarle dal ezzo degli animali immondi. Navarro tiene,
che
« nulla tenus peccat Enchir. c. 23. n. 22. Femin
vel ob honestansui; aut alterius oblectationem ». Non pecca la Donna,
che
si veste con l’abito virile per giusta cagione, c
mortali: iam enim non esse peccatum mortale, decet D. Thomas. » Pare,
che
questo precetto già si acancellato, in quanto che
D. Thomas. » Pare, che questo precetto già si acancellato, in quanto
che
obbliga sotto pena di peccato mortale: pechè S. T
che obbliga sotto pena di peccato mortale: pechè S. Tommaso insegna,
che
non è colpa mortale a nostro tempo. Il luogo del
te virili, ponest quando fieri sine peccato. » Può talvolta avvenire,
che
senza lordura di peccato la Donna si vesta con l’
ca vestw non è di sua natura peccato mortale alla Donna. Io concedo ,
che
il Santo nel citato luog scrive. « De se vitosum
ive. « De se vitosum est, quod mulier utatur veste virili. » Ma dico,
che
quel, « De se vitiosum, s’intende par. 5. str. 7.
e Silvio esplicando S. Tommaso, e lo cita Diana, e vuol significarci,
che
l’uso della veste virile nella Donna, è un’azione
della veste virile nella Donna, è un’azione viziosa da se, non quasi
che
sia per se stessa; o si sua natura cosa malako; c
altre cose di simil fatta; ma pechè è un’azione del numero di quelle,
che
assolutamente considerate portano con se una cert
one di veste femminea azione viziosa, « de se vitiosum est », mostra,
che
almeno alle volte la Donna pecca venialmente con
cca venialmente con farla; come avviene , quando non ha altra cagion,
che
leggerezza. Dico 3. Pecca mortalmente la Donna ve
udicando ciò utile al suo proposito, sia scomunicata. Silvestro dice,
che
quella Canonica sentenza si fulmina per rispetto
tricandi; ut patet per Gloss. et Arch. Ibi », come occorse una volta,
che
di mezzo dì fu veduta una Meretrice uscire, da un
usato per più liberamente fornicare. Navarro nel citato lugo scrive,
che
la Donna pecca solo venialmente, usando l’abito v
o fine mortalmente vizioso, ne altra circostanza mortale: quasi dica,
che
pecchi mortalmente, quando vi sono. Cornelio segu
lmente, quando vi sono. Cornelio segue un simil teno di dire dicendo,
che
non pecca mortalmente, « si ab sit scandalum, et
ve scandalo, e intenzione, e pericolo di lascivia; onde si raccoglie,
che
concorrendovi tali corcostanze, la Donna pecca mo
solo dilettare, e di guadagnare saltando, non pecca; dicendo Navarro,
che
la Femmina non pecca vestendosi da uomo con inten
iguarda in questo scopo. In quanto poi al perioclo di lascivia, dico,
che
non vi è; mentre le persone spettatrici sono fort
ale da cose per le stesse indifferenti: come sono i salti, e i gesti,
che
sogliono accompaganrli, tutto che siano fatti da
enti: come sono i salti, e i gesti, che sogliono accompaganrli, tutto
che
siano fatti da Comica Saltatrice. Ne vedo per ora
blico Teatro. Prendo la ragione dalla spirituale debolezzea di molti;
che
infallibilmente si trovano nella moltitudine teat
a moltitudine teatrale degli Spettatori, i quali molte volte gridano,
che
esca la Donna a saltare: esca la Donna; perché ta
l’esperienza di oggidì, e dall’attestazione dei Giovani poco virtuosi
che
moltissimi di loro al vagheggiare una bella, e gr
mi di loro al vagheggiare una bella, e graziosa Comica in farsetto, e
che
salta sulla scena in Teatro, o sul banco in piazz
farsetto, e che salta sulla scena in Teatro, o sul banco in piazza, e
che
spiega, e ripiega con vari, mirabili, e artificio
mica vestita da uomo per dilettare saltando. E come le parole brutte,
che
non sono di loro natura mortali, diventano tali p
senza di persone deboli di spirito; come dico altrove; così ora dico,
che
i salti, fatti dalla Comica vestita da uomo nel p
per accidente per ragione dello scandalo, e della spirituale rovina,
che
cagionano a moltissimi deboli nella virtù. Dirà f
a, che cagionano a moltissimi deboli nella virtù. Dirà forse tal’uno,
che
la Comica con giusta cagione si veste da uomo per
cat Femina, que veste virili se vestit iusta de causa. » Io rispondo,
che
se la Comica con giusta cagione si veste da uomo
ione scandalosa contro la carità del prossimo. Nè basta il replicare,
che
ella fa il tutto per necessità; e però l’uso dell
ll’abito virile non è peccato a lei secondo l’autorità di S. Tommaso,
che
scrive. « Potest quandoque hoc fieri sine peccato
ieri sine peccato propter aliquam necessitatem. » perché io rispondo,
che
la Comica non fa questo per necessità, ma per avi
vati dalle buone leggi della Cristianità. L’interesse è uno Stregone,
che
fa travedere, e vuole, che si chiami necessità qu
a Cristianità. L’interesse è uno Stregone, che fa travedere, e vuole,
che
si chiami necessità quello, che altro non è per v
Stregone, che fa travedere, e vuole, che si chiami necessità quello,
che
altro non è per vero dire, che illecita, e peccam
vuole, che si chiami necessità quello, che altro non è per vero dire,
che
illecita, e peccaminosa utilità. Insomma io stimo
ecessità. E chi mai scuserà da peccatograve quella comica Saltatrice,
che
lìanno 1641. andando per l’Italia, nel mese d’Apr
o con scndalo si poneva sulla porta, ricevendo i pagamenti di coloro,
che
entravano, per vederla saltare, camminare sulla c
mpurità, risonava l’Eco di molta oscenità; e gli equivoci erano tali,
che
si potevanodichiarare per univoci della libidine;
n per giudizio dei Savi. Ora di queste Saltatrici, avide di guadagno,
che
non mancano a nostro tempo, chi dicesse, che sono
rici, avide di guadagno, che non mancano a nostro tempo, chi dicesse,
che
sono viziosi nostri d’impurità; io non saprei con
nostri d’impurità; io non saprei contraddire;nemmeno, se aggiungesse,
che
sono animate navicelle di Caronte, per traghettar
queste sventure principalissima fabbircstrice si è la Comica lasciva,
che
compare vezzosa nel pubblico Teatro, nuoce in tan
asciva, che compare vezzosa nel pubblico Teatro, nuoce in tanti modi,
che
sin qui da me sono stati assegnati, e ponderati,
i da me sono stati assegnati, e ponderati, ai quali non dubito penso,
che
altri non pochi, e non poco nocivi si possono agg
iungere; ma io di preferenza ne voglio accennare solamente uno; ed è,
che
non solo la vista attuale di una Comica ferisce l
peccaminose. Questo provasi con l’esperienza di un infelice Giovane,
che
disse di avere commesso moltissime iniquità per i
ituale. Fu prudente la risposta data dall’Abate Arsenio ad una Donna,
che
lo pregava a tener memoria di se nelle sue orazio
4. p. 134., ut tui memoriam auserat è corde meo. » Anzi io prego Dio,
che
tolga dal mio cuore il ricordo della sua persona.
a, e tentati per tal ricordanza, possono usar, o volgiono il rimedio,
che
praticò quell’antico Romito della Scithia, il qua
Demonio con la memoria della bellezza di una Femmina veduta, udendo,
che
era morta andò al sepolcro, ove il cadavere giace
la tentazione restò superata perfettamente e vinta. Crisostomo scive,
che
il piacere della vista prestamente s’invola; ma l
ltro simile favellando, si può dire del delicato, e gran Pesce spada,
che
nel Faro di Messina, ovvero altrove, ove si fa la
no sguardo solo già molto prima dato alla beltà di un viso femminile,
che
può temere, e che può aspettare un uomo di rea in
à molto prima dato alla beltà di un viso femminile, che può temere, e
che
può aspettare un uomo di rea inclinazione, e di m
scorrerie dei diabolici Ladroni: sarà oggetto lamentevole con una più
che
tragica lacrimazione. E quante volte occorre, che
ntevole con una più che tragica lacrimazione. E quante volte occorre,
che
di passaggio, e casualmente uno mira sul balcone
a sul balcone una donna, e qindi, come da fiamma, concepisce faville,
che
per pericolo spazio di tempo paiono, faville mort
azio di tempo paiono, faville morte, ma po si scoprono tanto ardenti,
che
ne segue un miserando incendio ? Ho conosciuto un
ti, che ne segue un miserando incendio ? Ho conosciuto un Gentiluomo,
che
per una vista casuale, poco avvertita, e meno sti
idusse al peccaminoso consenso, e indi col tempo giunse ad uno stato,
che
egli tutto dolorosokt chiamava una quais mortale
o franco, e sicuro, mirando così spesso le comiche Teatrali ? Quelli,
che
stanno nell Teatro guardando queste Femmine, vi s
e non deturpano subito il bel candore di un animo ben composto; certo
che
poi non cessano di offuscarlo, e talora di anneri
tto sozzamente con molte sozzure di peccati mortali. Io per me credo,
che
posso dire fondatamente, e ridire, che i moderni
cati mortali. Io per me credo, che posso dire fondatamente, e ridire,
che
i moderni Comici, e i Ciarlatani, conducono le do
e di parole amorose, e di balli, e di salti, e di altri allettamenti,
che
moltissimi Spettatori, almeno fiacchi di virtù, s
nati con la vista loro. Praticamente, e mortalmente pare impossibile,
che
da tali Basilischi non restino molti deboli di sp
lischi non restino molti deboli di spirito miseramente estinti : anzi
che
talvolta i tuoni di quelle voci Comiche, e i fulm
iscono la sommità di qualche rilevato, ed eccelso monte; voglio dire,
che
talvolta un virtuoso, che andò per semplice dilet
he rilevato, ed eccelso monte; voglio dire, che talvolta un virtuoso,
che
andò per semplice diletto alla Commedia, resta pr
a, e grazia della Comica. Non è affare di molto insolito avvenimento,
che
il cuore di un uomo perda la spirituale libertà,
atore; come potranno schermirsi da colpi dell’affetto lascivo quelli,
che
studiosamente se ne vanno al Teatro; e ivi stanno
o; e ivi stanno mirando, rimirando, e vagheggiando quelle Femminelle,
che
con la beelzza del viso, e con l’abbellimento del
toa foggia di Ladroncello; come potranno superarla nel Teatro coloro,
che
lontani dall’udir, e dal veder cosa buona, si tro
mini ordinari non nascono Giganti a queste imprese. Ora consideriamo,
che
direbbe Crisostomo, e con esso gli altri Santi Do
Comica ordinaria, e piena di lascivi allettamenti ? Direbbero credo,
che
è un’evidentissima rovina di innumerevoli persone
bbero credo, che è un’evidentissima rovina di innumerevoli persone; e
che
questa comparsa femminile è uno stratagemma del D
l’Inferno, e un manifesto precipizio dell’eterna dannazione. So bene,
che
i Comici, e i Ciarlatani di buona mente non hanno
e di buona speranza; tormentoso per le difficoltà, e obiezioni molte,
che
non mancano nella presente materia: e di buona sp
forte scudo. Capo Quarto Delle risposte ad alcune Difficoltà,
che
si fanno per difendere la Comparsa delle Ordinari
didamente, ne deve sdegnarsi d’aprir gli occhi, e godere quella luce,
che
l’acceso doppiere di un buon discorso gli fa vede
he ragioni da me portate con questo Ricordo: contro le quali, è vero,
che
non mancano Difficoltà; ma nemmeno mancano le Ris
e di soddisfazione a chi vuole appagarsi delle verità. Che se le mie,
che
sono per di qui, non saranno tali, prego il benig
varle dal Teatro ? Si asserisce nel primo luogo quella difficoltà,
che
da molti è portata con questa forma. Se le Donne
nza ? Non convince ? Si può negare ? A questa difficoltà io rispondo,
che
se non si può negare la proposta esperienza, si p
stezzaky suole sbandeggiare ogni tristezza, e cagionar la salute. So,
che
Beltrame, a maniera di Cavaliere animoso, e di va
iscorsi delle Comiche non sono, come tal uno si crede, tanto lascivi,
che
abbiano a contaminare le persone; in modo che son
i crede, tanto lascivi, che abbiano a contaminare le persone; in modo
che
sono discorsi molte volte studiati, e pieni di no
ive parole: e le Donne di qualche valore non cadono in tali bassezze;
che
ognuna ha caro gradire per la virtù, e non essere
orre dire. Vi è sempre pericolo; e ve ne sono esmpi chiari di quello,
che
nelle Commedie talvolta è occros; vi sono esempi
llo, che nelle Commedie talvolta è occros; vi sono esempi di persone,
che
si sono gettate nei pozzi per amore; e per questo
i hanno da chiudere tutti i pozzi ? L’amor è affettonaturale, e mente
che
sia passivo, e non attivo la colpa è del fragile,
ro, di un riso vezzoso, di un portamento leggiadro di una bella Dama,
che
di quanti discorsi si facessero mai nelle scene.
volte si allontanano dall’offrire tributoa Venere modestamente; senza
che
dica, che spesso l’offerisconokz sfacciatamente;
llontanano dall’offrire tributoa Venere modestamente; senza che dica,
che
spesso l’offerisconokz sfacciatamente; e però ess
per la virtù. Ma io domando. E quante sono quelle di qualche valore,
che
non cadano ? Dirà un pratico: sono poche, e molto
à un pratico: sono poche, e molto poche: e to dico, come dicon tutti,
che
quel poco non si tien molto conto; perché si ridu
n si tien molto conto; perché si riduce al nulla. Di tante Compagnie,
che
oggidì vanno attorno, le Donne, intendo, dioscorr
li, e di più fanno gesti talora tanto lascivi con i Comici recitanti,
che
se non si scusassero con il dire di essere Mogli,
Mariti, darebbero segni di essere sfacciate Meretrici. Le Donne poi,
che
non sono di qualche valore nel recitare, cadono s
uante sono ? Moltissime: e usano spesso gesti, e parole tanto oscene,
che
io mi vergogno di scriverle; perché altri al cert
e repugnando alla prova delgi esempi, oppone chido a chiodo; e dice,
che
non si debbono chiudere tutti i pozzi: perché alc
a bocc apiena le proprie e moltiplicate cadute cagionate dall’amore,
che
sebbene è affetto naturale, nondimeno è peccamino
essere amata bruttamente da alcuno, non è rea di peccato, ogni volta
che
si offre al suo cospetto: purché non abbia intenz
Femmina non ha qualche necessaria cagione di offrirsi, molti dicono,
che
elle pecca offrendosi. E Filliucci chiaramente la
a privazione del guadagno disonesto; eppure è lampo di verità solare,
che
elle è tenuta di ritirarsi. Ma dato inoltre, che
po di verità solare, che elle è tenuta di ritirarsi. Ma dato inoltre,
che
le Comiche non frapponessero lascivi ragionamenti
o grate di viso: ove le Serve erano Giovanette, e assai virtuose. Ora
che
occorse ? Tratto tratto al comparire delle Padron
e delle Padrone in scena si sentivano certi sdegnosi motti di alcuni,
che
dicevano. Ohibò, sono brutte, ohibò; via le Padro
privano le loro impure, e disoneste brame. Queste sono le margherite,
che
si generano nelle conchilie di Venere, quando le
ne si acconciano per andarvi, ed essere mirate, e rimirate. Ne credo,
che
alcuna voglia spaventare gli occhi degli Spettato
glia spaventare gli occhi degli Spettatori, e parer brutta: ma stimo,
che
tutt vogliano parer belle, e belle a meraviglia.
e tutt vogliano parer belle, e belle a meraviglia. Beltrame provando,
che
è il pericolo maggiore di errare, ove è maggiore
d’esser amabile, e le scuse sono tutte coperte di nascoste vanità. E
che
? Diremo forse, che le Dame si adornino con tanto
le scuse sono tutte coperte di nascoste vanità. E che ? Diremo forse,
che
le Dame si adornino con tanto studio, e spesa, pe
ia per falri disamare ? Che l’andare vezzeggiando, e studiare i modi,
che
più le rendono graziose, si faccia per essere dis
ziose, si faccia per essere disprezzate ? Sono tutte burle: io stimo,
che
ogni Donna, che giunga chiome al capo, che inanel
per essere disprezzate ? Sono tutte burle: io stimo, che ogni Donna,
che
giunga chiome al capo, che inanelli i capelli, ch
ono tutte burle: io stimo, che ogni Donna, che giunga chiome al capo,
che
inanelli i capelli, che imbelletti il viso, che i
o, che ogni Donna, che giunga chiome al capo, che inanelli i capelli,
che
imbelletti il viso, che ingrossi i fianchi, e che
iunga chiome al capo, che inanelli i capelli, che imbelletti il viso,
che
ingrossi i fianchi, e che aggiunga aiutiall’imper
inanelli i capelli, che imbelletti il viso, che ingrossi i fianchi, e
che
aggiunga aiutiall’imperfezione della Natura, facc
imperfezione della Natura, faccia il tutto col fine di parer bella: e
che
l’esser bella nno sia per far chiudere gli occhi
i Mariti, perché adornarsi, quando escono di casa ? E più alle feste,
che
in altro tempo ? Dunque ogno cosa è vanità; e il
ta l’occasione. Così discorre Beltrame da galantuomo. Ma io rispondo,
che
le Donne, comparendo nei detti luoghi, o per ones
la decenza dello stato loro, non peccano; e usano lecitamente quelo,
che
come lecito è loro concesso dai Dottori. Che poi
una manifesta oscenità, prima di sufficiente ragione, e di tal fine,
che
la possa rendere onesta, secondo il parere dei me
endere onesta, secondo il parere dei medesimi Dottori, i quali sanno,
che
la Comica dice, ovvero può dire. Io con questo co
à con la vicinanza di un bel soggetto. Dico poi al luogo di Beltrame,
che
l’ingegnarsi una Donna di essere amabile non è co
uando s’ingegna con modo lecito, e approvato dai Dottori. Ne io dico,
che
le Dame s’adornano, per piacere, ne che danzano,
vato dai Dottori. Ne io dico, che le Dame s’adornano, per piacere, ne
che
danzano, per farsi disamare; ne si rendono grazio
i disamare; ne si rendono graziose, per essere disprezzate: ma stimo,
che
le viziose possano fare le suddette cose con fine
efficacemente ai deboli di spirito: ne ha fine alcuno, o circostanza,
che
basti per la sua giustificazione; poichè la Comic
lle Donne nel Teatro ? Ecco la terza difficoltà formata da coloro,
che
così discorrono. Il vedere le Donne in scena, o i
per l’abito invecchiato di tanti secoli, come avviene di molte cose,
che
in un paese offendono, e in un altro passano senz
spiega molto bene questa difficoltà, ove mostra con bella intuizione,
che
l’uso muta i gradi dell’estimazioneCap. 35. alle
loro discorsi amorosi, è un tal abito già fatto per l’uso dell’Arte,
che
non sollecita così facilmente la concupiscenza, c
lasciano rapire dall’Arte, e non dalla libidine: come appunto coloro,
che
mirano quelli, che giuocano di scherma, che hanno
l’Arte, e non dalla libidine: come appunto coloro, che mirano quelli,
che
giuocano di scherma, che hanno gusto di vedere fe
ine: come appunto coloro, che mirano quelli, che giuocano di scherma,
che
hanno gusto di vedere ferire con astuzia, colpire
à, e difendersi con grazia: e ciò non nasce dall’odio, ne dall’amore,
che
gli Schermitori portano, ma dalla vaghezza dell’A
zza dell’Arte. Così i discorsi amorosi delle Comiche, sapendo ognuno,
che
sono finti, non vi concorre il malanimo, ma l’int
malanimo, ma l’intelletto gode dell’eccellenza dell’Arte. A me piace,
che
un uomo bencomposto non dovrebbe pensar tanto mal
n lo stesso. Per rispondere a questa difficoltà comincio dall’ultimo,
che
scrive Beltrame; e dico, che l’uomo ben composto,
questa difficoltà comincio dall’ultimo, che scrive Beltrame; e dico,
che
l’uomo ben composto, per essere egli dotato d’int
ale secondo le regole della cristiana prudenza, e secondo gli indizi,
che
vede, e intende manifestamente. E un imperfetto d
in altri le ragioni, e gli indizi sufficienti al misurarli. E certo,
che
questi indizi, e queste ragioni non mancano, per
one della cristiana purità. E per ogni ragione basti ora questa sola;
che
i Giovani Spettatori deboli di virtù dicono, e ri
i Giovani Spettatori deboli di virtù dicono, e ridicono costantemente
che
essi udendo tali discorsi commettono moltissimi p
he essi udendo tali discorsi commettono moltissimi peccati mortali, e
che
difficile si è il non peccare. In quanto poi all’
ali, e che difficile si è il non peccare. In quanto poi all’uso dico,
che
tale uso sempre è stato stimato dai Dottori, non
asta per la vera, e necessaria modestia prescritta dal Cristianesimo,
che
però continuarsi deve sino alla totale purga di o
alla totale purga di ogni illecita oscenità. Ne giova molto il dire,
che
i discorsi amorosi sono finti, e conosciuti per t
ccato del consenso. E questo io voglio qui ora provare con quel poco,
che
appesso aggiungerò, bramando, che sia raggio di c
glio qui ora provare con quel poco, che appesso aggiungerò, bramando,
che
sia raggio di chiara luce per il nostro cammino v
Leviamo presto il velo dalla pittura di questo quadro, e diciamo,
che
la moderna, e quotidiana esperienza concince che
o quadro, e diciamo, che la moderna, e quotidiana esperienza concince
che
nel tempo, nel quale i mercenari Comici, o i Ciar
mi convinto dalla ragione, e dall’esperienza imperrochèld chi non sa,
che
moltissimi Uditori delle Commedie amorose, sono q
i incapaci si speculativa distinzione, e si appigliano solo a quello,
che
la loro ordinaria cognizione sa considerare ? Son
cognizione sa considerare ? Sono simili ad un semplice fanciulletto,
che
leggendo qualche misteriosa favola digusto, dareb
’utilità. Che al dilettamento dirette: nondimeno il maggior capitale,
che
facciano i vaghi della Commedia è il diletto; ove
zucchero si coprono gli antidoti per i malori dei fanciulli; in modo
che
come confetti, e non come medicine, siano da loro
lale borsa sarebbe capace al nostro guadagno. Io rispondo a Beltrame,
che
godo molto della candidezza, con che confessa, ch
uadagno. Io rispondo a Beltrame, che godo molto della candidezza, con
che
confessa, che egli, e i Professori dell’Arte sua
spondo a Beltrame, che godo molto della candidezza, con che confessa,
che
egli, e i Professori dell’Arte sua stimano conven
sua stimano convenevole l’usare la giocondità per dar gusto: in modo
che
nel Teatro cresca l’Auditorio, e nella borsa cres
cresca il guadagno; ne io a questo repugno, ne lo condanno: ma dico,
che
non conviene, ne si deve, né si può con sicurezza
lenati, ingannati, e uccisi nella parte loro più bella, e principale,
che
è l’anima ragionevole. Dico più chiaro, e alludo
Dico più chiaro, e alludo al pensiero di Beltrame dell’immascherato,
che
come un uomo copertocon la maschera è conosciuto
o affetti di gusto osceno, e peccaminoso. E chi vide mai, ovvero udì,
che
quando gli Uditori della Commedia partono dal Tea
iati, gettando contro di loro qualche detto mordace. Beltrame scrive,
che
uscendo egli talvolta con la folla delle persone
a con la folla delle persone dal Teatro, ha ineso molte volte dire. O
che
bella Commedia: o come si è portato bene il tale.
he bella Commedia: o come si è portato bene il tale. E di più scrive,
che
ha inteso altri dire con altra occasione. Ohibò c
E di più scrive, che ha inteso altri dire con altra occasione. Ohibò
che
cosa sgangherata hanno fatto costoro: se non fann
i torno più. Io accetto per vero lo scritto dal Beltrame, e aggiungo,
che
gli Uditori, non solo uscendo dal Teatro, ma segu
vo col pensiero pecca dilettandosi; perché insomma pochi sono quelli,
che
vedendo i discorsi amorosi, e dolcemente libidino
ità, e acconsentire al peccato. Il senso ha più seguito nell’umanità,
che
non ha la ragione, dice Bletrame. Ed io dico, che
guito nell’umanità, che non ha la ragione, dice Bletrame. Ed io dico,
che
tutto ciò si avvera nell’udireCap. 3. le Commedie
e resta schiavo del gusto, e malamente pecca fatto seguece del senso,
che
non attende alle astrazioni, per essere una poten
rme nobili, e leggiadre, e della graziosa, e fiorita eloquenza, senza
che
io nnel’udire i discorsi amorosi, e lascivi può l
ile il maneggiare pece senza imbrattarsi: così difficilissima cosa è,
che
l’intelletto nostro per la corruzione della natur
ella natura nostra, al male inclinata, possa fare tale astrazione, si
che
si goda solamente della cognizione delle cose in
o queste potenze tra di loro per stretta amicizia connesse, ne segue,
che
quello che una per mezzo della cognizione apprend
tenze tra di loro per stretta amicizia connesse, ne segue, che quello
che
una per mezzo della cognizione apprende, e intend
ha apparenza di qualche bene dilettevole. E così è cosa molto facile,
che
dalla cognizione speculativa dell’intelletto si p
do anche ciò non avvenisse, nondimeno p cosa certa, dice S. Cipriano,
che
quantunque si cacci dalla mente il pensiero brutt
passioni viziose, e staccato talmente l’afftto da queste cose create,
che
tu possa dire con S. Paolo « Omnia arbiter, ut st
arbiter, ut stercora, ut Christum lucrifaciam. » Ma perché non credo,
che
tu sia arrivato a questo segno; per questo è cosa
più sicura per te il non mettersi a tale pericolo; perché ti sò dire,
che
se entrerai con mente buona, e sana, ne uscirai p
sana, ne uscirai poi con la coscienza reprobalg, e ferita. Io credo,
che
qui il benigno Lettore consideri, che la risposta
reprobalg, e ferita. Io credo, che qui il benigno Lettore consideri,
che
la risposta di questo Teologo è veramente indiret
de, « directe », direttamente alla Replica, ed è Girolamo Fiorentino,
che
nella sua bella, breve, e scolastica Commediocris
» L’intelletto, dice questo Teologo, facilmente considere il piacere,
che
nasce dalla cosa turpe rappresentata. Ma quando l
ne, non li scongiunge, né li separa: perché egli è potenza materiale,
che
non s’impiega nell’astrazione: onde niunlh person
s’impiega nell’astrazione: onde niunlh personaggio di senno negherà,
che
questa sentenza è molto più facile ad essere scri
e questa sentenza è molto più facile ad essere scritta, e dichiarata,
che
con i fatti praticata. Dunque noi possiamo giudiz
on i fatti praticata. Dunque noi possiamo giudiziosamente inferireli,
che
è punto difficilissimo, e praticamente pericolosi
è punto difficilissimo, e praticamente pericolosissimo il giudicare,
che
il diletto ci nasca dall’artificio Comico rappres
n artificium delectet aquè in honestis, ac in pramis. » Ed egli dice,
che
così moltissimi sono convinti di acconsentire al
e si gusta più di una Commedia oscena, e di un ragionamento amoroso,
che
di un discorso Accademico divirtù morali; o di un
redicatore. Il senso carnale ci gabba, e ci tradisce; egli è un Mago,
che
ci incanta; e alcuni lo vogliono giustificare con
issima, dice questo Teologo, l’intelletto si turba§. Tertia. in modo,
che
propone l’oggetto alla volontà con determinate ra
em », e non con indifferenza. E vuol dire in sostanza questo Dottore,
che
la passione impedisce l’intelletto dal fare secon
ritto la distinzione degli oggetti leciti dagli illeciti. Ed io dico,
che
tal passione per ordinario si trova molto veement
lampi, si incontreranno i fulmini. L’onorato Comico Cecchino scrive,
che
nelle scene sebbene in luogo delle Donne potevano
interesse dell’onor del Marito, si sarebbero fuggiti quegli scandali,
che
possono essere partoriti dalla libertà di quel Ga
scandali, che possono essere partoriti dalla libertà di quel Garzone,
che
fuori di casa può incontrarsi in persona, che con
ibertà di quel Garzone, che fuori di casa può incontrarsi in persona,
che
con parole virtuose lo conduce in luogo, dove si
ole virtuose lo conduce in luogo, dove si consumassero fatti viziosi:
che
solo a pensarci patisce l’anima di chi conosce il
viziosi: che solo a pensarci patisce l’anima di chi conosce il male,
che
ne potrebbe succedere. Io darò varie risposte per
te, spero, soddisferanno. Rispondo 1. Beltrame si sforza di mostrare,
che
è molto più conforme alla natura, che le Femmine
Beltrame si sforza di mostrare, che è molto più conforme alla natura,
che
le Femmine rappresentino figliuole da Marito, che
nforme alla natura, che le Femmine rappresentino figliuole da Marito,
che
travestire Giovanetti da Femmina. Egli sul princi
i da Femmina. Egli sul principio del c. 55. dice con bella induzione,
che
ognuno s’interessa nei suoi gusti, e po aggiunge.
are tutti gli umori nell’ordine del recitare, saprebbero fare quello,
che
niun’ancoralk ha mai fatto: il dar gusto a tutti
ha mai fatto: il dar gusto a tutti è impossibile. Alcuni vorrebbero,
che
invece di Femmine recitassero Fanciulli. Io non l
erei mai li far recitare quotidianamente i Fanciulli da Donna: atteso
che
io ho veduto in certe Accademie l’imbroglio di qu
à al pericolo di peccare ancora in ragione di costume secondo quello,
che
scrive, il Cecchino. E certo credo, che sarebbe p
ne di costume secondo quello, che scrive, il Cecchino. E certo credo,
che
sarebbe pericoloso di gravissimi scandali, e brut
ocedesse con quelle maniere di conversare nelle case, e di allettare,
che
usano le ordinarie Comiche vane, disoneste, e ing
ovanetti Recitanti. Ho saputo da persona grave, e testimone di vista,
che
nel nobilissimo Regno d’Inghilterra sono molte Co
i; nondimeno mai seguono quei tanti, e così gravi, e scandalosi mali,
che
nascono, come da seminario d’iniquità, dalla cond
4. E qui solo aggiungo l’esempio dell’antico Scrittore Comico Plauto,
che
certo può servir di grave rimprovero a quegli imp
he certo può servir di grave rimprovero a quegli impidichi Scrittori,
che
tra cristiani compongono, e fanno recitare Commed
enti Arceri, nel bianco delle loro Rappresentazioni. Ma sentiamo ciò,
che
lo stesso Plauto dice nel fine. « Spectatores ad
i boni meliores fiant ». Dice bene questo Comico Scrittore, dicendo,
che
poche Commedie sono composte da Poeti, nelle qual
stumi, e l’accrescimento della perfezione per i virtuosi. Ma io dico,
che
sono poche a nostro tempo, mercè alla negligenza
tà, scrivono bruttezze indegne dello spirito cristiano. Piaccia a Dio
che
chi ha spirito di Poesia, sollevi, come buon Fede
Poesia, sollevi, come buon Fedele, l’animo a conseguire quella lode,
che
il Lirico spiegò, dicendo. « Omnes tulit punctum,
al Quesito; si perché si può conoscere la risoluzione per lui da ciò,
che
ho notato nel c. 3. al Q. 14. parlando della Comi
hè tutto vale del Comico a proporzione; così anche perché basta poco,
che
qui ora aggiungo. Dio, supremo Legislatore nel De
chè si fa abominevole nel copsetto del grande Iddio, e Lirano dice, «
che
set occasio libidinis », è un’occasione molto rea
dibine: come appunto io intesi una volta in una città fuori d’Italia,
che
un certo lascivo amante si era vestito da Donna,
mpio. Sacrilegio degno di essere punito con le fiamme di Vulcano, già
che
era sacrificio fatto alla disonesta Venere. Santa
rtamenti femminili: e dopo la carcerazione ne seguì la punizione, con
che
quel reo fu mutilato nel naso, nelle orecchie, e
mente con la colpa. E quel caso io seppi da un personaggio Veneziano,
che
mi mostrò in Fiorenza lettere venute da Venezia c
3. Pedag. c. 3., ove scrive gravemente, e diffusamente contro coloro,
che
si adornano a modo delle Donne: io qui noto solo
imarunt. » E prima di finire il suo discorso Clemente contro costoro,
che
si vestono, e ornano a modo di Donna disse. « Non
on si devono appellare uomini, ma femminelli, e simili a quel Batalo,
che
fu uomo di effeminatissima condizione. Considerin
ndizione. Considerino da senno queste cose i Giovani Comici, o altri,
che
vogliono comparire nelle scene vestiti da Donna,
Comici, o altri, che vogliono comparire nelle scene vestiti da Donna,
che
spero se ne asterranno, come da cosa degna di rip
hé egli recitava con l’abito di Donnal. 3. ep. 10.. E chi può negare,
che
lancerebbe le medesime saette di riprensione a no
rpi gesti le impudiche Donne, e questo biasimo si deve, qualche volta
che
un Giovanetto vestito da Femmina finge di essere
ndo i Comici disonesti interpreta il titolo d’Istrione, come di uomo,
che
vestito da Donna rappresenta disonestà. « Histrio
dicarum Feminarum exprimmunt. » Giacomo Mazzoni, cita Ateneo dicendo,
che
il Comico antico detto, Magodol. 2. della Dises.
iano, e ora quella di Adultero. Mazzarino da per avviso ai Superiori,
che
non permettano, che Giovanetti recitino vestiti d
i Adultero. Mazzarino da per avviso ai Superiori, che non permettano,
che
Giovanetti recitino vestiti da Donna: dei quali G
ino vestiti da Donna: dei quali Giovanetti non volgio passare quello,
che
aggiunge Beltrame, dicendo, che si fanno acconcia
Giovanetti non volgio passare quello, che aggiunge Beltrame, dicendo,
che
si fanno acconciarC. 55. in casa dalle loro Dame,
nno acconciarC. 55. in casa dalle loro Dame, e forse serve vanerelle,
che
talora si compiacciono scherzare con detti Fanciu
a. E poi giunti alla scena, molte volte sono scarmigliati, e bisogna,
che
i loro amici, o loro precettori tornino ad inanel
loro i capelli, rassettar i collari, comporre le vaghezze al collo, e
che
talvolta li mirino, per assicurarsi, se compaiono
cendo, in certe; perché al sicuro non si vede così in tutte; e atteso
che
non tutte le Accademie fanno, che i Ragazzi siano
non si vede così in tutte; e atteso che non tutte le Accademie fanno,
che
i Ragazzi siano acconciati dalle Donne, e che poi
tte le Accademie fanno, che i Ragazzi siano acconciati dalle Donne, e
che
poi facciano mostra di sé per la città, e che giu
conciati dalle Donne, e che poi facciano mostra di sé per la città, e
che
giungano alla scena scarmigliati: ma ordinano, ch
sé per la città, e che giungano alla scena scarmigliati: ma ordinano,
che
i Giovanetti stessi con l’aiuto di qualche virtuo
lio toccare io per spirituale avvertimento dei Sig. Accademici: ed è;
che
alle volte un virtuoso Accademico si affaticherà
el far vestire, e acconciare i Giovani all’uso di Donne; e procurerà,
che
le conciaturelm di testa, e gli altri abbigliamen
o ecco gli parve di vedere avanti agli occhi suoi più di cento donne,
che
lo miravano, e dicevano. Vedi un poco, vedi quest
E ciascuna diquelle Donne gli cagionava grandissima tentazione: quasi
che
con gli sguardi balenanti gli scoccasse dagli occ
morbo, e confessò a gloria del Signore, e a giovamento del prossimo;
che
quella disonesta tentazione, che tanto lo combatt
ignore, e a giovamento del prossimo; che quella disonesta tentazione,
che
tanto lo combattè, era stata cagionata secondo il
ssicurarsi nel passo di Morte con eterna salvezza. Io approvo quello,
che
Adamo Contzen dice. « Absit a Theatrol. 3. Polit.
è. Si levi dal Teatro l’abito femminile: mai da me è stato approvato,
che
un Giovane vestito da Donna rappresenti una Femmi
ovato, che un Giovane vestito da Donna rappresenti una Femmina, tutto
che
buon sia, virtuosa, e santa. Chi teme di sdruccio
. Lo schifare i pericoli è sempre bene; dice Beltrame. Ed io dico,
che
merita grad lode, chi con provido accorgimento si
e, chi con provido accorgimento si dilunga da tutte quelle occasioni;
che
o per malattia umana, o per fragilità, o per igno
tti vestiti da Donna in scena, la quale da moltiè riprovata, e credo,
che
la ragione principale sia quella, che accenna il
e da moltiè riprovata, e credo, che la ragione principale sia quella,
che
accenna il Cecchino, e io la spiego in breve, dic
enienti, o almeno gravi pericoli di seguire. E qui ricordo con Arias,
che
S. Basilio lasciò scritto, che gli uomini castiTr
i di seguire. E qui ricordo con Arias, che S. Basilio lasciò scritto,
che
gli uomini castiTrat. della mortific. c. 15. nel
dal guardar liberamente la bellezza dei Giovanetti; poichè sappiamo,
che
per simili occasioni di vedere sono succeduti nel
nel Mondo grandissimi mali a molti uomini: e abbiamo per esperienza ,
che
il Demonio siserve di questo mezzo per fare cader
e fu narrato da un principalissimo Signore, e di molta giurisdizione,
che
si recitò in una città il Pastor fido; comparve s
ovane, fornito di poca beltà naturale, ma adornato dall’Arte in modo,
che
cagionò incentivi d’amore disonesto in molti, che
dall’Arte in modo, che cagionò incentivi d’amore disonesto in molti,
che
molto poi lo seguirono scndalosamente. Ecco i puz
, che molto poi lo seguirono scndalosamente. Ecco i puzzolenti fiori,
che
nascono nel giardino osceno, e Teatrale, quando u
amento per onore, e gloria di una Vergine, Martire gloriosa; ed ecco,
che
un Giovanetto di fattezze ordinarie, e poco per a
ardevole, si mostrò ricco, ornato, e vezzoso con tanti abbigliamenti,
che
prese gli occhi lascivi di alcuni spensierati e s
ione, lo cominciarono a molestare con sfacciataggine tanto importuna,
che
esso, non bastandoglilr le repulse date più, e pi
con perdita della sua purità immacolata. Ecco i triboli, e le spine,
che
spuntano dal suolo Teatrale, in cui si fa vedere
tentazione, quando si ricordava di quella S. Elena rappresentata. Ora
che
impressione, e che colpo farà in un uomo, non rel
si ricordava di quella S. Elena rappresentata. Ora che impressione, e
che
colpo farà in un uomo, non religioso, né di virtù
debole di spirito la vista di un Giovanotto Comico di professione, e
che
per guadagnarsi il vitto, vuol dilettare con appa
bella, ben ornata, ed eloquente palratrice di passione amorosa ? Temo
che
forse potrà cagionar rovina, che la comparsa di u
alratrice di passione amorosa ? Temo che forse potrà cagionar rovina,
che
la comparsa di una vera Donna; e però potrà rende
ipotente Giudice vendicatore. Io mi ricordo con gran spavento quello,
che
già successe in Germania, e mi fu riferito da un
to gli salta in faccia una quantità di quella fiammante materia così,
che
gli si attacca tenacemente, e lo comincia a bruci
imente restano assaliti dalla fiamma volante alle loro facce in modo,
che
non si possono schermire, ma sono arsi tanto mise
n modo, che non si possono schermire, ma sono arsi tanto miseramente,
che
cavate con stento le maschere dai loro volti, com
. Buona è l narrazione, per avvisare i Comici Professori di modestia,
che
non introducano nelle scene in luogo di Donne Gio
vanetti donnescamente adornati, e lascivamente abbelliti, e concludo,
che
è molto ben fatto, che nelle Drammatiche Azioni m
dornati, e lascivamente abbelliti, e concludo, che è molto ben fatto,
che
nelle Drammatiche Azioni mai compaiano né vere Do
a agli Spettatori. Io ho saputo per certissima relazione di un amico,
che
il Sivelli, quel Comico tanto favorito, e tanto f
un amico, che il Sivelli, quel Comico tanto favorito, e tanto famoso,
che
fu Padre di Scapino celebre tra i Commedianti, in
an veligione, in cui diceva di tenere riposti due vasi, uno maggiore,
che
era il suo figliuolino più genade; e poi il minor
uno maggiore, che era il suo figliuolino più genade; e poi il minore,
che
era il più piccolo figliuolino: e diceva con graz
ni orsono, mi confermò, come convenevole da farsi, un buon Religioso,
che
nel secolo aveva già praticata l’Arte del Commedi
potente, per rapire a sè gli occhi, e i cuori, e gli animi di molti,
che
, essendo troppo amici dell’impudica Venere, si sc
i amorosi delle Commedie non sono cattivi: perché hanno un buon fine,
che
è l’onestissimo, e santo Sacramento del Matrimoni
m sacta nostra laude digna sunt. » Io rispondo. Questa fi la ragione,
che
l’anno 1638. mi recò un gran Signore; in una prin
recò un gran Signore; in una principalissima Città, per giustificare,
che
le Commedie ivi correnti non erano oscene. Ma io
e Comiche: ed egli non sciogliendoglilw replicava con grazia. È vero,
che
discorrrono d’amore, ma il fine è buono, cioè il
i S. Tommaso, e di altri Dottori, e dico. Peccano mortalmente quelli,
che
nel recitare usano parole molto brutte, e provoca
arole molto brutte, e provocative efficacemente alla disonestà: tutto
che
le usino con ottimo fine: perché le azioni umane
il corpo dell’art. 4. e frattanto si inserisca per nostro porposito,
che
non basta il buon fine solo, cioè la conclusione
o, per rendere lecite, e buone le azioni dei Comici, e delle Comiche,
che
rappresentano pubblicamente persone innamorate, l
itrovi strade cattive. Come se tu per fare un altare alla B. Vergine,
che
è buon fine, ti ponessi a rubare, ovvero a dare a
ergine, che è buon fine, ti ponessi a rubare, ovvero a dare ad usura,
che
è strada, e mezzo cattivo. Così procedono i Comme
i, parole brutte, gesti lascivi, e la comparsa di persone innamorate,
che
per rappresentare vivamente, e per riportar appla
rappresentare vivamente, e per riportar applauso, procedono in modo,
che
veri amanti paiono gli Uomini, e vere innamorate
e circumstantia ad hoc, quod bonitas sit. » Ed in sostanza vuol dire,
che
non basta il buon fine per la totale bontà di un
Alcune cose sono peccati non per se stesse, ma per l’intenzione, con
che
si fanno: in cose tali il giuoco, e lo scherzo sc
i Comici non sono brutte, né disoneste; perché sono cose finte: quasi
che
la finzione tolga dal soggetto brutto, e disonest
ure sono finte; anziche essendo dipinte, si allontanano più dal vero,
che
allontanate non sono le cose, che l’Arte Comica f
pinte, si allontanano più dal vero, che allontanate non sono le cose,
che
l’Arte Comica fingendo rappresenta. Tu poi ingann
presenta. Tu poi inganni al sicuro, appellando onesta quella materia,
che
tratta di un brutto soggetto. T’inganni, mentre a
materia, che tratta di un brutto soggetto. T’inganni, mentre affermi,
che
buoni sono quei discorsi, né degni di ammonizione
di ammonizione, i quali aprono la strada ad innumerevoli mali. E con
che
ragione chiamare si possono buoni, ovvero onesti,
poichè ritrovi nei pubblici Teatri quella candida perla dell’onestà,
che
tu perdesti nelle private stanze della tua casa.
o Proscenio, e onde hai trovata questa santità, con la quale ottieni,
che
onesti siano in pubblico quegli atti, che bruttis
tità, con la quale ottieni, che onesti siano in pubblico quegli atti,
che
bruttissimi sono negli angoli ? Io ardisco dire,
ico quegli atti, che bruttissimi sono negli angoli ? Io ardisco dire,
che
questo fingere così è peggiore, che lo stesso pec
o negli angoli ? Io ardisco dire, che questo fingere così è peggiore,
che
lo stesso peccare: perché si reputa malvagità mag
: perché si reputa malvagità maggiore l’insegnare le mali operazioni,
che
il farle. Piacesse a Dio o Commediante, che tu do
gnare le mali operazioni, che il farle. Piacesse a Dio o Commediante,
che
tu dossi un uomo fornicario, ovvero un adultero;
ulla fatti Meretrice: nonsi usi più da voi il fingere. E tu o Teatro,
che
ti fingi luogo d’impudicizia, sii tale per verità
chi ti aborriranno; ne alcuno imparerà da te più quelle cose indegne;
che
poi fra poco faccia un altro luogo dal tuo sito l
volgarizzando il passo dell’allegato Scrittore; con l quale si prova,
che
i brutti giuochi, e le brutte finzioni usate da i
e le brutte finzioni usate da i Comici non si giustificano, dicendo,
che
si rappresenta un matrimonio. E S. Crisostomo dir
esentazioni con il venerando; ed onestissimo nome del Matrimonio. Deh
che
cosa tanto onesta non si deve usar in un negozio
, possa dire don Clemente Alessandrino. S. Cipriano fu già di parere,
che
gli osceni Istrioni antichi per autorizzare le ra
um ipsis suis fulminibus ardentem. » Ora così noi possiamo giudicare,
che
i nostri Comici osceni, per rendere onesta la dis
acramentale del Matrimonio: è una coperta finta, e burlesca, ma tale,
che
si scopre una vera indecenza del Sacramento. S. T
e, che si scopre una vera indecenza del Sacramento. S. Tommaso vuole,
che
parte della moderazione, da prescriversi ai Comic
o vuole, che parte della moderazione, da prescriversi ai Comici, sia,
che
non pongano in burla i negozi gravi, e importanti
. q. 168. a. 3. ad. 3. ludum negotii indebitis. » Ma si può dubitare,
che
non sia negozio grave, e importante quello del Ma
e scherzando in scena, non lo ponete in burla ? Si. Ne basta il dire,
che
ciò non fate per burlare il Sacramento, che sareb
a ? Si. Ne basta il dire, che ciò non fate per burlare il Sacramento,
che
sarebbe vostro sacrilegio; perché a me basta il d
Sacramento, che sarebbe vostro sacrilegio; perché a me basta il dire,
che
voi confessate, che ciò fate buralndo; e le burle
bbe vostro sacrilegio; perché a me basta il dire, che voi confessate,
che
ciò fate buralndo; e le burle non si devono frapp
replicare agli addotti luoghi di S. Tommaso, e di Caietano, dicendo,
che
i Comici non burlano in scena, per burlare il Mat
icoli. Il popolo frattanto rimane capacissimo, e ottimamente intende,
che
i Commedianti non trattano del Matrimonio, in qua
non trattano, per deriderlo, e porlo in gioco in quella guisama, con
che
già il famoso Comico Genesio, non ancora converti
cramentale funzione del Cristiano Battesimo. Imperochèmb io rispondo,
che
volendo i Comici usare quei trattati, e quel cont
, devono astenersi dalle loro parole brutte, e dagli attti disonesti,
che
siano peccati mortali; e sssi per ordinario non s
ati mortali; e sssi per ordinario non se ne astengono; massimamente ,
che
con quegli scherzi Teatrali, con quelle sceniche
tto civile, o qualche antecedente trattato, nondimeno molti semplici,
che
non sanno la distinzione della ragione Sacramenta
acramentale da quella del contratto, e del trattato, possono stimare,
che
si burli, e che si ponga in giuoco lo stesso Matr
uella del contratto, e del trattato, possono stimare, che si burli, e
che
si ponga in giuoco lo stesso Matrimonio. Aggiungo
i soliti artifici d’impurità, sapendo essi molto bene per esperienza,
che
tal materia piace universalmente al popolo; che l
bene per esperienza, che tal materia piace universalmente al popolo;
che
lo alletta efficacemente al Teatro; ed essi parim
gli altri osceni; però la coprono con il manto Matrimoniale, facendo,
che
l’Azione oscena si concluda con l’onesto Matrimon
’onesto Matrimonio. E quindi Beltrame scrive. « La Commedia, avantimd
che
finisca, ti fa mutare il lascivo, o tristo avvilu
avviluppamentome avviluppamento in lodevole Matrimonio. » Ma io dico,
che
il Matrimonio è lodevole, e onesto in se, e anche
odoroso, aggiungendo, come fiore di soavità il fine Matrimoniale, con
che
si termina la Commedia. Non basta mutare prima il
uttezze, e le mortali lascivie da ogni comico avviluppamento; in modo
che
riesca azione da piacere agli uomini, senza che o
viluppamento; in modo che riesca azione da piacere agli uomini, senza
che
offenda, e spiaccia al Creatore. Dovrebbero pens
ccia al Creatore. Dovrebbero pensare molto bene i Comici, quel poco,
che
scrive S. Antonino, e lo cita il Comico Beltrame.
di brutto, o d’ingiurioso a Dio. Ma chi può con buona ragione negare,
che
non si fa ingiuria a Dio, almeno praticamente « i
onio; e il tutto si conclude con una risata grassa grassa. Ed io dico
che
con quel Matrimonio finto, r disonestamente rappr
bblico di numeroso popolo non stimiamo decevole il fare auuto alcuno,
che
deroghi punto al decoro di moderatissimi costumi.
proposito del proposto Quesito, a cui dico, continuando la Risposta,
che
non basta il buon fine du un Rappresentato Matrim
civo, e scandaloso amore; e la ragione si è: perché non tutto quello,
che
è lecito di fare in segreto, è lecito di imitare,
cilum, et valde adversantur bone statis nautralis. » Caietano scrive,
che
la negazione del debito coniugale è peccato grave
assimamente di quelle di Plauto, e di Terenzio; come spesso vi trova,
che
una Fanciulla onorata si conduca a trattare in pu
o Fiorentino. Gli Attori, e gli Spettatori della Commedia suppongono,
che
quel negozio d’amore si tratti con segretezza, e
i tratti con segretezza, e non si faccia in pubblico. Ma io rispondo,
che
quel negozio si tratta con oscenità, e il suppost
e: e però è affatto illecito, e peccaminoso. Un supposto verissimo, e
che
non punto nuoce, si è, che moltissimi matrimoni s
o, e peccaminoso. Un supposto verissimo, e che non punto nuoce, si è,
che
moltissimi matrimoni si trattano, e si concludoni
ramenti di persone favellanti con parole tanto affettuose, e ardenti,
che
accenderebbero un cuore nel mezzo delle nevi: e p
al Meretricco questa, dice Mazar: si fanno le Donne prima Meretrici,
che
Consorti; e s’insegna ai Giovani di cercare Mogli
riceve per Moglie. Ma nel rappresentare quelle prime impurità, dico,
che
la Donna è più sfacciata di un a sfacciatissima M
co, che la Donna è più sfacciata di un a sfacciatissima Meretrice. Al
che
ricordo il caso dell’Abate Efrem. Egli passava un
un giorno per certa strada, nella quale stava una pubblica Meretrice,
che
tosto, a persuasione di chi non so chi, le gli si
peccare nella presenza degli uomini, come non ci vergogneremo di Dio,
che
per tutto stà presente, e sempre mira tutti, benc
si partì confusa, e convinta, e non commise il peccato. Ora io dico,
che
le Comiche impudiche sono peggiori, e più sfaccia
rnicazioni vituperose. Io dunque non credo mal giudicare, giudicando,
che
non sia lecita la pubblica rappresentazione di Do
e non sia lecita la pubblica rappresentazione di Donne, e di Giovani,
che
ragionano d’amore, massimamente nella presenza di
ente, è illecita per ragione dello scandalo. Ma diciamo anche di più,
che
il fine principale dei Comici, e delle Comiche no
per pescare quei pochi pesciolini, e per gaudagnare quei pochi soldi,
che
sono necessari al loro sostentamento: insomma l’u
tà è il fine dei Commedianti; come anche la stessa è il punto finale,
che
si prefigge ogni altro Artefice. Nessun Professor
ensieroC. 16.; perché lo cinvicerei con l’autorità del fino Beltrame,
che
scrive con bel garbo così. Chi era con la comune
sì. Chi era con la comune opinione, non merita particolare censura, e
che
per sorta esperienza, non cammina a capriccio. Il
rò, come gli altri, indirizzano all’utile i loro fini. E di più dice,
che
le loro mercenarie Commedie, sono fatte senz’altr
iù dice, che le loro mercenarie Commedie, sono fatte senz’altro fine,
che
di procurarsi il vitto. Ora se questo è vero, ins
o è vero, inserisca pur chi vuole, contro i Comici disonesti, e dica,
che
essi meritano biasimo, come che si abusino dell’A
e, contro i Comici disonesti, e dica, che essi meritano biasimo, come
che
si abusino dell’Arte, il cui fine è di giovare co
anche aggiungere contro questi Mimi, e Pantomimi, nemici dell’onestà,
che
essi mostrano di abusarsi della Commedia, la qual
neficio, tal sia di chi gira il giovamento in mala parte. Ed io dico,
che
i Comici osceni lo girano in male;perché la Comme
do brutti innamoramenti, per dare spasso, e piacere alla brigata: nel
che
ricordo quel poco, che scrive S. Tommaso. « Conti
, per dare spasso, e piacere alla brigata: nel che ricordo quel poco,
che
scrive S. Tommaso. « Contingit, actui secundum Q.
ia, est quidam alius actus malus. » Secondo la qual dottrina io dico,
che
i Comici osceni riferiscono gli atti della Commed
ina io dico, che i Comici osceni riferiscono gli atti della Commedia,
che
in se stessa è buona, o almeno indifferente, ad u
, che in se stessa è buona, o almeno indifferente, ad un atto infame,
che
è il disonesto piacere, che però io non ripugno,
o almeno indifferente, ad un atto infame, che è il disonesto piacere,
che
però io non ripugno, che le loro Azioni siano chi
un atto infame, che è il disonesto piacere, che però io non ripugno,
che
le loro Azioni siano chiamate, non Commedie, ma F
nibus eiusmodi rebus deditis, placerat. » Menandro fu quel temerario,
che
fece svolazzare i neri Corvi delle oscenità tra i
ere altrui comprò a se medesimo una ragione di molto disonore. Credo,
che
basti il detto sin qui per prova che per lo più i
agione di molto disonore. Credo, che basti il detto sin qui per prova
che
per lo più i moderni Comici, e Comiche non hanno
are, e per giovare, e principalmente per guadagnare. Dunque; concludo
che
i Comici, se non tutti, almeno molti usano gli am
o. L’anno 1638. mi narrò in Sicilia un Comico, Capo di una Compagnia,
che
egli una volta con i suoi Compagni si trovava in
trovava in una principalissima Città d’Italia; ivi fu loro avvisato,
che
facessero due Azioni, una modesta, l’altra di que
a fu disonestissima, portando in fronte uno sporco, ed infame titolo,
che
per vergogna io non riferisco, e nella quale si v
e chiaramente la bruttissima faccia dell’adulterio . O miseri Comici,
che
più gustano di dar gusto ad un personaggio terren
ano di dar gusto ad un personaggio terreno per interesse di guadagno,
che
di osservare i precetti di Dio, che promette la m
erreno per interesse di guadagno, che di osservare i precetti di Dio,
che
promette la mercede dell’eterna gloria in Paradis
zo Per la lecita comparsa delle Comiche parlanti d’amore non basta,
che
si supponga esser lecita nei libri stampati con l
due lampade accese, vi è bisogno di chiamarsi lampi solari, per fare,
che
sia giudicato tenebroso. « Lucerna, scrive S. Gre
ulgere cernitur; sed in Solis radio posita tenebratur. » Io confesso,
che
il mio luminoso giudizio di ogni buon Teologo, e
di ogni buon Teologo, e valente Scrittore: ma non posso far di meno;
che
non proponga a me stesso qualche volta certe diff
a risposta delle quali vorrei piùttosto sentir dalla sapienza altrui,
che
andarla investigando con la mia debolezza: mala c
a, e condanna l’oscena; eppure egli dice, ovvero chiaramente suppone,
che
le Commedie dei nostri tempi non siano oscene, be
mpi non siano oscene, benché abbiano una, o due, e anche tre Donne; e
che
queste compaiano parlanti d’amore. E quest’Opera
d’amore: né mai è stata proibita per ordine dei Speriori. Noi dunque
che
diremo per rispondere a quella difficoltà fondata
ta sui libri stampati con l’approvazione dei Superiori ? Io rispondo,
che
quello, che scrivono quei due Comici, Beltrame e
stampati con l’approvazione dei Superiori ? Io rispondo, che quello,
che
scrivono quei due Comici, Beltrame e Cecchino, in
sere imitati nella modestia, e virtù da quei Comici del nostro tempo,
che
non solo con le Femmine, ma con altre oscenità, v
ltrame, e Cecchino in più luoghi. I quanto poi dire, ovvero supporre,
che
la comparsa delle Comiche, palranti lascivamente
lranti lascivamente d’amore in scena, non sia una oscenità, rispondo,
che
tal detto, ovvero supposto viene riprovato, parte
letto sino a questo giorno sopra la presente materia; ma io intendo,
che
tal comparsa si consideri secondo tutti i termini
roposizione posta nel c. 2. al Que. 2. di questo Libro. E però stimo,
che
i Superiori, che approvano allora per la stampa l
nel c. 2. al Que. 2. di questo Libro. E però stimo, che i Superiori,
che
approvano allora per la stampa la Supplica di Bel
i del Cechino, supposero, come lecita, la femminil comparsa; e credo,
che
ora « ad Instantiam partis nostra », e udite le n
ora « ad Instantiam partis nostra », e udite le nostre buone ragioni,
che
non la supporrebbero; ma vorrebbero, che si prova
ite le nostre buone ragioni, che non la supporrebbero; ma vorrebbero,
che
si provasse, esser lecita , e poi darebbero l’app
rovasse, esser lecita , e poi darebbero l’approvazione. E chi non sa,
che
molti libri sono stati approvati talvolta da Savi
a comparsa delle comiche parlanti d’amore nel pubblico Teatro; stimo,
che
ora non sia probabile opinione il giudicarla per
l giudicarla per lecita nell’Arte dei modesti Commedianti: e giudico,
che
ora quei Signori Superiori, e quei Teologi non ri
ori, e quei Teologi non riproverebbero il nostro senso; massimamente,
che
io supplicherei, che si consideri questo negozio
on riproverebbero il nostro senso; massimamente, che io supplicherei,
che
si consideri questo negozio Comico, non tanto « s
e fare ogni Cristiano Recitamento. Quesito Settimo Non è lecito
che
la Donna compaia ornata in Teatro, per far la par
Donna parlante d’amore oscenamente, non è lecita; sarà lecito almeno,
che
la Donna compaia ornata in Teatro senza parole am
posta con i suoi termini a questa difficoltà: e però, oltre a quello,
che
ho detto in altro luogo circa il canto, il ballo,
o in questo modo. Prima nelle cose morali considerare si deve quello,
che
si fa, e probabilmente si farà; e non quello, che
are si deve quello, che si fa, e probabilmente si farà; e non quello,
che
si può fare, ma non si farà probabilmente. Ora si
, e dal banco, allora si risponderà all’obiezione, e domanda nel mod,
che
per ora necessario non è di rispondere. Dico 2. S
ora necessario non è di rispondere. Dico 2. Se si concedesse il caso,
che
dai Superiori fosse concesso alle Comiche il comp
l comparire ornate, e parlare in pubblico, ma con avviso, e precetto,
che
non usassero alcuna parola d’amorosa oscenità: io
precetto, che non usassero alcuna parola d’amorosa oscenità: io temo,
che
molte non osserverebbero lungo tempo la moderazio
ro lungo tempo la moderazione; perché le materi eamorose sono quelle,
che
esse hanno bene impresse, e queste trattano quasi
e « reidrent ad habitum », ritornerebbero all’uso loro: massimamente,
che
le moralità in bocca femmnile forse parrebbero fr
udica. Ho saputo da un virtuosissimo, e dottissimo Teologo Religioso,
che
in Palermo fu già stabilito santamente, che s’int
issimo Teologo Religioso, che in Palermo fu già stabilito santamente,
che
s’intimasse alle Donne del banco, che sotto grave
mo fu già stabilito santamente, che s’intimasse alle Donne del banco,
che
sotto grave pena non usassero nessuna oscenità. S
na oscenità. Si mandarono segreti Censori ad osservarle; e trovarono,
che
quelle misere sdruciolavano, rendendosi reedel mi
caito castigo. Insomma un animo invecchiato nelle sordidezze forza è,
che
sordido anche si mostri nelle moralità; perché la
Se la Donna si adorna secondo la qualità, e uso comune della persona,
che
rappresenta in una modesta Commedia, Tragedia, Pa
ona ragione di ciò fare, e lo faccia senza cattiva intenzione; ancora
che
sapesse di essere amata bruttamente da alcuni par
be troppo gran peso; e troppo dur acondizione ad una Comica virtuosa,
che
non potesse esercitare l’arte della sua professio
in quanto è lecita, e secondo quelle qualità, e termini di modestia,
che
concedono i Dottori; perché alcuni particolari, e
arsi, e comparire in pubblico secondo l’uso, e decenza della persona,
che
da lei viene rappresentata onestamente in una lec
andam ». E prova la sua dottrina con ragione, e autorità, e aggiunge,
che
secondo i Dottori si richiede qualche onesta cagi
amnum quoq, dedisse videtur C. Si culpa de iniur. Et damn. » Io dico,
che
la Comica si adorna secondo la qualità delle Donn
obbligata di ritirarsi, e di non comparire ornata in pubblico; sempre
che
alcuni in particolare si scandalizzino; posto che
in pubblico; sempre che alcuni in particolare si scandalizzino; posto
che
elle non abbia cattiva intenzione di scandalizzar
iva intenzione di scandalizzarli. Hurtado, citato dal diana, insegna,
che
la Donna, quando non può schifare certe occasioni
malitia potius scandalizati, quam Feminæ ». Ed io dico a proporzione,
che
la modesta Comica non può senza grave danno, e pr
sentadno una Fanciulla, una Regina, o altra Femmina secondo la parte,
che
le toccherà rappresentare. E quei particolari, e
te, che le toccherà rappresentare. E quei particolari, e determinati,
che
si scandalizzano assiduamente, attestano la loro
Se la Donna si adora con animo di essere disonestamente amata; tutto
che
non segua l’effetto, ella pecca mortalmente per r
porta questo Autore il fatto della S. Vedova Giuditta, la quale pare,
che
si ornasse con intenzione di prendere nel laccio
me. » Nondimeo ammettere non si deve alcun peccato a quell’orazione,
che
nacque da santa carità, e da attesissima intenzio
libidine, sed ex virtute, pendebet. » Dunque la s. Donna pregò Iddio,
che
Oloferne restasse allacciato nell’amore suo onest
macchia di calunnia, e di peccato. Ora io domando. « Quo animo», con
che
animo, e con che fine la Comica ordinaria si ador
nia, e di peccato. Ora io domando. « Quo animo», con che animo, e con
che
fine la Comica ordinaria si adorna ? Con animo, e
nte, ovvero carnalmente, alla platonica, o alla plutonica ? Io credo,
che
molte Comiche virtuose non abbiano fine espresso
rei già la sicurezzami per tutte; e l’essere loro mallevadoremj certo
che
mi recherebbero un gran terreno. Ricordiamoci che
mallevadoremj certo che mi recherebbero un gran terreno. Ricordiamoci
che
quel moderno Comico disse. « Io faccio comparire
Io faccio comparire la donna per allettare: dunque è probabilissimo,
che
molte compaiano ornate, e abbellite per allettare
ilissimo, che molte compaiano ornate, e abbellite per allettare. » Ma
che
significa questo allettare, se non un tirare volo
scandaloso ? E come si può scusare da peccato mortale ? Massimamente
che
la comica ha volontà di tirare, e allettare, non
scere maggiormante il guadagno Teatrale. E di più elle sa molto bene,
che
più facilemente vengono allettati i giovani, e i
adornarsi per fine di usare quel peccaminoso allettamento. Io credo,
che
l’ornarsi moderatamente, ovvero anche smoderatame
ne al male. Forse per dare forza a questo ultimo argomento, suppongo,
che
l’azione, alla quale la Donna alletta, sia oscena
ale la Donna alletta, sia oscena, perché può bene essere tale, sempre
che
la medesima Donna non vi parli d’amore, masolo vi
olte altre oscenità, nelle Commedie dei nostri tempi: oppure diciamo,
che
sono mostruose Idre dai molti capi, e capi tanto
diciamo, che sono mostruose Idre dai molti capi, e capi tanto osceni,
che
possiamo dire senza romorso le parole di S. Amsel
delle moderne, e mercenarie Rappresentazioni. Dico 5. Se la Donna sa,
che
per l’atto suo, anche cattivo di adornarsi quelli
Se la Donna sa, che per l’atto suo, anche cattivo di adornarsi quelli
che
da vengono comparire, o non si muoveranno a male;
ccato in quanto è cagione morale del peccatoaltrui: adunque credendo,
che
gli altri si muovono solo a colpa veniale, essa p
si fondano i Comici, le Comiche e i loro Parteggiani: mentre dicono,
che
se bene si tratta quelle Commedie una materia las
sto solo male di leggere colpa succedesse negli Auditori, confesserei
che
lo scandalo, dato dai Recitanti, fosse parimente
di molti Giovani, e di molti altri deboli di virtù, costringe a dire,
che
molti, con l’occasione di trovarsi presenti alle
so di molti peccati mortali, e nel Teatro concepiscono quelle fiamme,
che
poi altro ne crescono in un grande, e rovinoso in
grande, e rovinoso incendio. né di questo con me per ora altra prova,
che
la confessione dei medesimi Auditori, quando parl
ione dei medesimi Auditori, quando parla a noi secondo quella verità,
che
più volte in se medesimi hanno sperimentato. Q
l cogliere graziosi fiori dai giardini ben coltivati non è argomento,
che
si voglia comporre da qualche mazzetto penicioso
ato di un nobile Cavaliere; anzi è degno di giudicare il contrario, e
che
si pretende recare diletto, consolazione. Così pr
ve a suo favore così. Le nostre CommedieC. 753. sono simili a quelle,
che
sono stampate con licenza dei Superiori, e molte
no le stesse. E Pier Maria Cecchini afferma nei suoi comici Discorsi,
che
sono di gran lunga più corrette le Commedie, che
uoi comici Discorsi, che sono di gran lunga più corrette le Commedie,
che
si recitano, che quelle, che si stampano: poichè
si, che sono di gran lunga più corrette le Commedie, che si recitano,
che
quelle, che si stampano: poichè molte parole ho l
di gran lunga più corrette le Commedie, che si recitano, che quelle,
che
si stampano: poichè molte parole ho letto, dice e
che quelle, che si stampano: poichè molte parole ho letto, dice egli,
che
non comporrei, che nelle nostre scene si dicesser
stampano: poichè molte parole ho letto, dice egli, che non comporrei,
che
nelle nostre scene si dicessero. Ora supposto il
ederà ancora nel recitamento dei mercenari Commedianti ? Io rispondo,
che
le Azioni, stmapte con l’intervento di Done, fann
li Spettatori poco virtuosi: e la ragione è chiara; perché ognuno sa,
che
la morta scrittura del Compositore non ha tanta f
ice Beltrame, nel rappresentare i casi si trasformanoCo. 36. in modo,
che
essi stessi piangono, e ridono: come se la cosa f
pate; le recitate « ceteris paribus » saranno sempre più perniciose,
che
le stampate. Ma o piacesse a Dio, che ancora quel
saranno sempre più perniciose, che le stampate. Ma o piacesse a Dio,
che
ancora quelle, che si leggono in stampa, e sono o
perniciose, che le stampate. Ma o piacesse a Dio, che ancora quelle,
che
si leggono in stampa, e sono oscene per le Donne
, o per latra ragione, si proibiscono affatto alla Cristianità: certo
che
l’arte Comica, e la ricreazione Teatrale non manc
a molti innocenti Giovani, e a molte Donzelle di quella gran rovina,
che
spesse volte dicono di avere ricevuta leggendo ta
ggendo tali composizioni stampate. È vero, scrive il Comico Cecchino,
che
ogni giorno si restringe la mano; né si vedono is
orno si restringe la mano; né si vedono iscire quelle Commedie reemk,
che
altre volte erano l’insegna delle Librerie, e ass
rano l’insegna delle Librerie, e assiduamente dei Librai. E con tutto
che
sia così, e che la S. Inquisizione vigili tanto i
elle Librerie, e assiduamente dei Librai. E con tutto che sia così, e
che
la S. Inquisizione vigili tanto intorno le materi
e che la S. Inquisizione vigili tanto intorno le materie disoneste, e
che
non ne lascia spuntare da nessuno; tuttavia vi è,
, e che non ne lascia spuntare da nessuno; tuttavia vi è, chi scrive,
che
il Mondo non è ripieno d’altro, e che i Fanciulli
uno; tuttavia vi è, chi scrive, che il Mondo non è ripieno d’altro, e
che
i Fanciulli da quelle apprendono ogni vizio, e gl
ulli da quelle apprendono ogni vizio, e gli mostrano prima maliziosi,
che
nati. Eppure sappiamo, che i Libri di buona Poesi
gni vizio, e gli mostrano prima maliziosi, che nati. Eppure sappiamo,
che
i Libri di buona Poesia non sono intesi da Fanciu
né ben capiti dai Giovani. Ma io aggiungo al detto di questo Comico,
che
i Fanciulli e i Giovani, se non intendono le alle
ie nascoste nelle Commedie, intendono purtroppo le scoperte oscenità,
che
vi leggono, e intendendole servono spiritualmente
ne, supinus erudit, et mortales est. » E la Glossa su quel capo dice,
che
Girolamo riprende quei Sacerdoti, « qui filio suo
filio suos, et nepotes faciebant legere Comedias de poetica carmina»,
che
facevano leggere le Commedie, e i versi poetici d
ommedie, e i versi poetici dai figliuoli loro, e dai nepoti. E credo,
che
con tanto zelo quel Santo Dottore scrisse quell’a
o quel Santo Dottore scrisse quell’ammonizione, perché si persuadeva,
che
la lettura delle Comiche oscenità è un’arsura del
a delle Comiche oscenità è un’arsura della giovanile purità in molti,
che
nei libri turpi, come in accese fornaci, bevono l
ristiani e le vere Donne non si fanno comparire nella Scena, bastando
che
per relazione d’altri s’intenda il discorso se ha
il discorso se ha bisogno di lunga spiegatura, o se di breve, basterà
che
si oda la voce femminile dentro la Scena. Con tut
ovocative alla disonestà, io non li condannerei; ma bensì replicherei
che
è meglio, e più sicuro anzi convenientissimo l’as
ntum esse. »De Instit. Reip. l. 2. t. 6. Il senso di questo Autore è,
che
non si reciti la Commedia; cioè dico io l’oscena
cioè dico io l’oscena perché reca grave danno alla purità dei costumi
che
se gli uomini dotti se ne compiacciono, la leggan
iono, la leggano nelle camere loro, e attendano piuttosto alle parole
che
alle sentenze: ne conviene, che il popolo s’impeg
ro, e attendano piuttosto alle parole che alle sentenze: ne conviene,
che
il popolo s’impegni nelle attenzioni di tali Reci
r altri capi ancora. Dunque le Commedie stampate son più tollerabili,
che
le recitate. Aggiungo. Molte cose lecitamente si
no rappresentare in pubblico per la loro oscenità, e per lo scandalo,
che
ne seguirebbe negli spettatori deboli di virtù. C
ll’altezza del Cielo teatrale cadono i fulmini con violenza maggiore,
che
dalle parti superbe della stampa: in questa le sa
ella stampa pargoleggia, come bambina. Quesito Nono Chi dicesse,
che
le Comiche parlano d’amore alla Platonica, non gi
nica, non giustificherebbe la lor Comparsa ? Non è tutto oro quel,
che
si causa da una miniera d’oro, né tutto è sostanz
che si causa da una miniera d’oro, né tutto è sostanza di perla ciò,
che
si chiude nella Madre perla. Platone secondo me p
o, e tra le sue perle si trovò qualche falsa margherita. Voglio dire,
che
non basta per giustificare presso di noi, un’azio
le si fa alla Platonica, perché noi possiamo errare seguendo Platone,
che
non fu maestro irreprensibile, lontano da ogni er
e. Alcuni per difesa delle mercenarie Comiche muovono una difficoltà,
che
chiamare si può la Platonica, se si forma in ques
che chiamare si può la Platonica, se si forma in questo modo. È vero,
che
le Donne dei Commedianti compaiono nel pubblico T
ar d’amore, ma è un’amore finto; o seppure è vero amore, fi può dire,
che
sia un’amor Platonico: e se, veramente egli è tal
mente da isuio Cittadini, discorse con me nella proposta forma: quasi
che
con il titolo d’amor Platonico si potesse giustif
credenza ? Ma questo non ha quelle fiamme, né quegli ardenti affetti
che
si vedono nelle persone inamorate della Commedia,
si con parole affettuose, e proprie di un lascivo Amante, e poi dire,
che
non brama altro, che amare; sono cose da uomo Pla
ose, e proprie di un lascivo Amante, e poi dire, che non brama altro,
che
amare; sono cose da uomo Platonico, da uomo ideal
di Xenofonte, di Eschine, e di Cebete, non si avvedono gli infelici,
che
con artificio privo di ogni arte, e pieno solo di
ttano i Savi del Mondo, e gli uomini virtuosi, da ciechi incantati, e
che
non si accorgono della stolida lor malizia; ed es
glorificaverunt, sed evannerunt in cogitationibus suis ». Ma sia ciò,
che
si voglia di questo amor Platonico, che di lui mi
ationibus suis ». Ma sia ciò, che si voglia di questo amor Platonico,
che
di lui mi rimetto ai medesimi Platonici; dico, ch
to amor Platonico, che di lui mi rimetto ai medesimi Platonici; dico,
che
l’amor delle Comiche, benché fosse Platonico in s
co Teatro; perché riesce pernicioso, e scandaloso ai deboli Auditori,
che
sentendo reagionare con termini poco onesti di qm
rlo secondo la purità della Cristiana fede: e basti per prova quello,
che
più volte già mi disse l’Eminentissimo Sig. Cardi
rma degli sformati costumi con zelo di vigilantissimo Pastore, trovò,
che
passava per le mani di molti un certo Libro, che
simo Pastore, trovò, che passava per le mani di molti un certo Libro,
che
trattava dell’amor Platonico: lo lesse subito, e
lla Congregazione dell’Indice, ne attese la risoluzione, la quale fu,
che
il Libro si sospendesse, e fu sospeso. Così io di
, ele proibizione dalle cristiane scene ogni discorso, e ogni Azione,
che
i fautori degli osceni Commedianti pretendono ren
mor Platonico, questo amore non è buon scudo, per riparare le saette,
che
i Guerrieri Cristiani lanciano contro le Teatrali
tano di bastevole difesa, contro l’assalto di quei Teologi di Cristo,
che
con il brando della giusta ammonizione troncano l
are troppa severità, da nel biasimo di personaggio crudele. Non pare,
che
le Comiche su debbano levare dal pubblico Teatro;
e ad altre membra, è troppa stitichezza. Il fuggir le scene per tema,
che
le Donne non scompangano la castità (a mio intend
’usare quelle parole; (A mio intendere) perché ha lasciato ad altri ,
che
dicano. Così non intendono i S. Padri, i sacri Te
Ed io non reco altra risposta a questa difficoltà: vedendosi chiaro,
che
il parere di un Comico non può bilanciarsi col pa
monio con le lusinghe reca la morte. Ma ponderiamo un poco di quello,
che
Beltrame aggiunge nello stesso luogo dicendo. Dif
e è fuggire le Donne se non si fugge la cittadinanza. Ma io rispondo,
che
si può, e si deve fuggire l’occasione prossima, e
per tali sensuali ogni luogo è pericoloso: dunque non sono le scene,
che
fanno il male, ma si bene la rea natura delle per
rea natura delle persone viziose. Chi non ha altri occhi per vedere,
che
di vetro rosso, ogni oggetto gli sembra rosso. Il
l cuorepag. 87. è quella, sopra alla quale passeggiano le immondizie,
che
ognuno dovrebbe con ogni diligenza correggere. Io
a caso vede qualche oggetto osceno, sarà aiutato dal Signore, in modo
che
non cada. Ma putroppo sappiamo, che molti galantu
sarà aiutato dal Signore, in modo che non cada. Ma putroppo sappiamo,
che
molti galantuomini vi passano, e si contaminano.
o, che molti galantuomini vi passano, e si contaminano. So io di uno,
che
certo era galantuomo, e virtuoso, il quale col so
, e virtuoso, il quale col solo alzar di un occhio ad una Femminella,
che
stva sulla finestra, contrasse fuoco tanto infiam
mminella, che stva sulla finestra, contrasse fuoco tanto infiammante,
che
poi per molto tempo ne restò bruciato miseramente
olore. Che poi i Lussuriosi abbiano ogni luogo per pericoloso, credo,
che
sia vero; come ancora credo, che sia verissimo, c
no ogni luogo per pericoloso, credo, che sia vero; come ancora credo,
che
sia verissimo, che ognuno dovrebbe correggere la
ericoloso, credo, che sia vero; come ancora credo, che sia verissimo,
che
ognuno dovrebbe correggere la scena del cuore, e
mni custodiaProv. 4. 23. serva cor tuum. » Ma non perciò lecito si è,
che
la scena oscena dia ai negligenti custodi del cuo
disce la coscienza; e nondimeno credo probabilmente con il Boccacina,
che
pecca, chi senza legittima scusa§. 1. de Penit. S
? Brevemente, e presto rispondo a questa difficoltà, dicendo. So,
che
alcuni discorrono con tal tenore. Se non è lecita
sempre loderò quel gran Pastore di un principalissimo Arcivescovato,
che
pochi anni orsono, mi disse, dopo aver letta, e p
opo aver letta, e ponderata una mia scrittura. Io mai più comporterò,
che
la Donna salga nel pubblico banco. Potrei narrare
ei narrare a questo proposito altri casi; ma allungherei la risposta,
che
voglio dare al Quesito: e d è. Che la comparsa de
nno parlato distintamente, ed esplicitamente dei molti, e gravi mali,
che
cagionano da questo inconveniente. Ed io aggiungo
oposito, forse non sono stati porposti ai Sig. Superiori con istanza,
che
si proveggamq a tale abuso. In S. Chiesa i disord
iungo. Se l’onoratoComico Cecchino è degno di fede, possiamo credere,
che
questa comparsa delle vere Donne fu già levatapag
parsa delle vere Donne fu già levatapag. 9. de Discorsi.: poichè dice
che
cinquant’anni prima, che egli scrivesse, nno comp
già levatapag. 9. de Discorsi.: poichè dice che cinquant’anni prima,
che
egli scrivesse, nno comparivano le vere Donne a r
tro: dunque cotal comparsa non è sempre stata tollerata. Ed io spero,
che
di nuovo si leverà affatto per comando irrevocabi
il Savio, e zelante Superiore vive simile all’Agricoltore diligente,
che
sbarba dalle radici loro le piante infette, per c
timi costumi, e di segnalata devozione, e ciascuno ha i suoi Teologi,
che
non acconsentirebbero a tale errore, se fosse err
Teologi, che non acconsentirebbero a tale errore, se fosse errore. E
che
? Vorremmo noi dire, che tali Teologi siano ignor
ntirebbero a tale errore, se fosse errore. E che ? Vorremmo noi dire,
che
tali Teologi siano ignoranti ? O che siano vizios
rore. E che ? Vorremmo noi dire, che tali Teologi siano ignoranti ? O
che
siano viziosi ? Un tal detto non è censura di tem
a , o sospetta di peccato, se non hanno qualche buona ragione; ovvero
che
paia buona al giudizio dei prudenti: che però han
ualche buona ragione; ovvero che paia buona al giudizio dei prudenti:
che
però hanno i loro consigli, secondo il parere dei
lla Comparsa delle Comiche in Scena, e parlanti d’amore: massimamente
che
si vede per esperienza, che i Comici, recitando i
n Scena, e parlanti d’amore: massimamente che si vede per esperienza,
che
i Comici, recitando in presenza dei Padroni, reci
recitando in presenza dei Padroni, recitano molto più moderatamente,
che
non fanno nei pubblici stanzoni al popolo spettat
hé ho mangiato carciofi. Altri dicono altre grazie. E spesso avviene,
che
un’Azione rappresentata in palazzo, o nello stanz
e dalle indecenze, chi recita in presenza di Principi, e Principesse,
che
non gustano vedere, né udire indegnità. Ove i Com
indegnità. Ove i Comici, e le Comiche negli stanzoni pubblici vedono
che
nno sono castigati, dicendo, e facendo quelle cos
bblici vedono che nno sono castigati, dicendo, e facendo quelle cose,
che
sogliono piacere alla brigata, ch egusta più dell
no piacere alla brigata, ch egusta più delle Scene impure, e lascive,
che
delle modeste, e vitruose: ed essi, per piacere,
ale. Ove nelle altre Commedie oscene non curano di faticare, sapendo,
che
piacciono con le oscenità, che hanno pronte. Ma s
scene non curano di faticare, sapendo, che piacciono con le oscenità,
che
hanno pronte. Ma se fosse un Signore, che volesse
piacciono con le oscenità, che hanno pronte. Ma se fosse un Signore,
che
volesse tal comparsa, e bramasse, che le Comiche
pronte. Ma se fosse un Signore, che volesse tal comparsa, e bramasse,
che
le Comiche fossero belle di volto, grandi nella c
d alle volte si trovano persone grandi tagliate a questa mala luna; e
che
tengono la vera nobiltà della virtù sotto le pian
onfessato d’averne trovato di tal fatta più di una volta. Ma io dico,
che
in tal caso i Teologi tacciono: ei Predicatori pr
rande affetto di compassione verso coloro, ciascuno dei quali merita,
che
di lui si dica. « Noluit intelligere, ut bene age
a parere dei dotti; tra i quali Reginaldo favellando dell’ignoranza,
che
scusa del peccato, dice. « Excipiendum est, nisi
ta; come nel caso, in cui uno a bella apposta vuole non sapere, quasi
che
professi d’essere imitatore di coloro, che nel c.
ta vuole non sapere, quasi che professi d’essere imitatore di coloro,
che
nel c. 21. di Giobbe dicono a Dio. Ritirati da no
re di coloro, che nel c. 21. di Giobbe dicono a Dio. Ritirati da noi,
che
non vogliamo la scienza delle tue strade. Ovvero
uello, alla cui scienza egli viene obbligato. Ed ignoranza tale pare,
che
sia detta grassa e supina; perché, chi da lei è o
; perché, chi da lei è oppresso , si rende simile ad un uomo stupido,
che
non bada, né non cura, e avvertenza a quelle cose
uomo stupido, che non bada, né non cura, e avvertenza a quelle cose,
che
tiene avanti, né fa ciò, che da altri è saputo co
né non cura, e avvertenza a quelle cose, che tiene avanti, né fa ciò,
che
da altri è saputo comunemente per tutto. Ora quan
questa viziosa ignoranza, bisogna supplicare il Gran Padre dei lumi,
che
sgombri il buio di quei tenebrosi orrori con il c
rie, e difficoltà teologali. Ogni buon Teologo, e buon Confessore sa,
che
la Commedia oscena è illecita; ma non ogni buon T
tto compitamente; né perciò si deve chiamare ignorante; perché basta,
che
le sappia fare, e possa, e voglia fare, quando e
el punto intorno alla Comparsa delle Donne parlanti d’amore in scena,
che
sia illecita, forse molti Teologi, e Confessori f
rse molti Teologi, e Confessori fanno un presupposto simile a quello,
che
fa Beltrame, il quale espone, che tal comparsa ne
nno un presupposto simile a quello, che fa Beltrame, il quale espone,
che
tal comparsa nella Commedia sia lecitissima, ne l
l suo Trattato Teologico cita tanti Dottori antichi, e moderni, quasi
che
tutti siano del suo parere, cioè, che non riprovi
ttori antichi, e moderni, quasi che tutti siano del suo parere, cioè,
che
non riprovino detta comparsa: ma io dico, che tut
o del suo parere, cioè, che non riprovino detta comparsa: ma io dico,
che
tutti i Dottori, veduti da me sono al presente, l
go, ed apportò varie ragioni a favore di quell’impedimento: e una fu,
che
non tutti i Dottori erano del senso del Teologo,
mento: e una fu, che non tutti i Dottori erano del senso del Teologo,
che
attendeva alla stampa: ma questo domandando. E qu
ncipi, e anche i Predicatori, e i Confessori a considerare quel poco,
che
scrive Gio. Stefano Menocchio nella sacra Politic
e parlanti di lascivo amore: e li prego a ponderare bene le ragioni,
che
apportano; perché spero, che daranno sentenza di
e li prego a ponderare bene le ragioni, che apportano; perché spero,
che
daranno sentenza di eterno bando dal Teatro alla
dal Teatro alla turpe, immodesta, e oscena comparsa femmnile: atteso
che
, se vi è dottore alcuno, che io non ho letto, e c
esta, e oscena comparsa femmnile: atteso che, se vi è dottore alcuno,
che
io non ho letto, e che la stimi degna « absolute
femmnile: atteso che, se vi è dottore alcuno, che io non ho letto, e
che
la stimi degna « absolute et simpliciter » di po
lle note del sondato giudizio universale. Quesito Decimo terzo A
che
cosa è obbligato il confessore del Superiore per
ncipe il governo temporale degli Stati suoi: onde vuol ben la ragione
che
egli usi la stessa, anzi maggiore diligenza nell’
essore si compiace di confidare il governo spirituale dell’anima sua;
che
però senz’altro lo eleggerà savio, dotto, e zelan
lla sua carica senza recare ragionevole disgusto al penitente. Credo,
che
egli si prefiggerà per scopo di prudenza il gener
é l’umano favore, ma la divina grazia al penitente. Quindi considero,
che
non sia di mestieri, che io travaglimt molto nel
ivina grazia al penitente. Quindi considero, che non sia di mestieri,
che
io travaglimt molto nel rispondere con molte dott
ndere con molte dottrine lungamente al presente Quesito, massimamente
che
lo scrignetto del mio poco sapere non può trare f
pere non può trare fuori né argento, né oro, né gioie di valore tale,
che
possanoaccrescere i tesori di quei Confessori, ch
ie di valore tale, che possanoaccrescere i tesori di quei Confessori,
che
assistono ai Superiori, e ai Principi, come vive
issima Sapienza. Dunque io per rispondere, ricorderò solo quel poco,
che
i Confessori avranno già letto nelle Opere di due
due Eminentissimi Cardinali, il primo dei quali è Roberto Bellarmino,
che
nel libro composto intorno all’officio del Princi
e con tale occasione spiega insieme le qualità, delle quali conviene,
che
sia fornito il medesimo Confessore. Discorre il C
a latino; ma io lo trasportoqui in Italiano con ogni fedeltà; in modo
che
da tutti possa essere comodamente inteso, e prati
esempi ripieni di grande orrore, nei quali si vede la dannazione, con
che
i Confessori insieme con i Principi lor penitenti
r penitentisono precipitati nei dolorosi supplizi dell’Inferno. Certo
che
è opera molto grande il buon reggimento delle cos
n solo molto perito, ma anche molto prudente, e molto forte, e quello
che
più importa; che sia tale, che niente desideri, n
to, ma anche molto prudente, e molto forte, e quello che più importa;
che
sia tale, che niente desideri, niente ambisca, ni
olto prudente, e molto forte, e quello che più importa; che sia tale,
che
niente desideri, niente ambisca, niente cerchi, e
lui soggetti. Ma per discorrere partitamente di questo officio, dico,
che
il Confessore rappresenta due persone, una di Giu
amente penitente: perché se per sorte non vuole lasciare quella cosa,
che
lo tiene immerso nel lezzo del peccato, certament
re l’assoluzione ad un personaggio tanto grande, oda lo sirito Santo,
che
avvisa. « Noli fieri iudex, nisi valeas virtute i
era la confessione del Principe, quando confessa quei peccati follio,
che
appartengono a lui, come ad uomo privato; per ese
smili fatta; e intanto forse non riconosce, né confessa quei peccati,
che
egli ha commessi, come uomo pubblico, e come Prin
Principe. perché non mancano Principi nel Mondo, i quali per quello,
che
tocca alla propria persona, sono piissimi, e gius
, e giustissimi; ma non sanno i peccati dei loro ministri principali,
che
governano il pubblico; e frattanto i poveri sono
e non scusa lui presso Dio, se non fosse quando è invincibile: atteso
che
egli deve seriamente pensare la qualità dei Minis
la maniera della loro pubblica amministrazione. Il Confessore dunque,
che
è giudice in luogo di Dio, non deve accontentarsi
iudice in luogo di Dio, non deve accontentarsi di quella confessione,
che
fa il Principe, come uomo privato: massimamente s
, o nel pagare i debiti, o nel dare gli stipendi a tempo suo. Avvenga
che
spesse fiatemv i Principi diano molte cose ai Sud
incipe. Ed in questo caso vigilare deve la giustizia di quel Giudice,
che
tiene il luogo di dio; in modo che forse esso non
deve la giustizia di quel Giudice, che tiene il luogo di dio; in modo
che
forse esso non oda nel fine di sua vita. perché v
sto basti aver accennatodel Confessore, come Giudice. Aggiungiamo qua
che
cosa del medesimo, come Medico. Nessuno dovrebbe
ssere Medivo delle anime, se egli non fosse ottimamente sano; in modo
che
non gli fosse detto. « Medice cura te ipsum. » E
odo che non gli fosse detto. « Medice cura te ipsum. » E però quelli,
che
ambiscono di udire le confessioni dei Principi, s
ere scacciati, come Personaggi infetti da gravissimo morbo; e quello,
che
è più miserabile, non conosciuto da loro. La onde
è più miserabile, non conosciuto da loro. La onde il savio Principe,
che
è sollecito dell’eterna salute, avantimw di ogni
na salute, avantimw di ogni altra cosa cerchi di avere un confessore,
che
mai abbia avuto ambizione di confessarlo: e che s
avere un confessore, che mai abbia avuto ambizione di confessarlo: e
che
secondo la pubblica fama, e la privata informazio
e spesso in corte; né s’interponga nei negozi dei Cortigiani; in modo
che
invece di Medico delle anime, non diventi ancora
venti ancora egli Curiale, e Cortigiano. E finalmente si mostri tale,
che
con una vera umiltà, e santità abbia congiunta un
un peso tanto pericoloso. Ma se per avventura il Confessore vedesse,
che
egli perde l’opera, e la fatica nell’impegno di u
cosa meno grave si è il sopportare lo sdegno di un Principe mortale,
che
l’ira dell’immortale Iddio. Ed in modo che il con
no di un Principe mortale, che l’ira dell’immortale Iddio. Ed in modo
che
il confessore possa fare tutto il suddetto, bisog
Ed in modo che il confessore possa fare tutto il suddetto, bisognerà,
che
il Principe dia adito, e libertà a lui, di avvisa
emente e di comandare secondo la ragione dell’officio suo qulle cose,
che
sono necesarie alla salute; né che sia ritardato
gione dell’officio suo qulle cose, che sono necesarie alla salute; né
che
sia ritardato per rispetto di timore, o di penite
rdato per rispetto di timore, o di penitenza. Ancora pare necessario,
che
il Principe avvisi il Confessore a non s’ingerire
omandato il suo consiglio: e molto meno deve il Confessore domandare,
che
ad alcuno si conferisca qualche pubblico ooficio,
meno superbo: anzi sarà grato a tutti, e molesto a nessuno. Concludo,
che
il Principe si guardi, se il Confessore è Religio
ottrina dell’Eminentissimo Sig. Cardinale de Lugo. Io mi persuado,
che
i Confessori dei Principi, e dei supremi Governat
opoli, avranno veduto, e ponderato tra le Opere dell’altro Cardinale,
che
è il secondo de’ 2 da me proposti, Giovsnni de Lu
dinale, che è il secondo de’ 2 da me proposti, Giovsnni de Lugo, ciò,
che
egli scrive per acconcio della presente materia.
reggere il penitente, e rimuovere da lui l’ignoranza circa i peccati,
che
egli commette. E dopo avere esposta diffusamente
as. » Cioè a dire favellando all’Italiana. Io inserisco nel 2. luogo,
che
cosa si debba dire dell’obbligo che hanno i Confe
liana. Io inserisco nel 2. luogo, che cosa si debba dire dell’obbligo
che
hanno i Confessori dei Prelati, dei Principi, dei
i Principi, dei Govenratori, e di simili, quando vedono, ovvero sanno
che
per verità non soddisfano al debito loro intorno
dditi, e ad altre cose di tal fatta. Intorno alle quali è da notarsi,
che
di rado avviene, che l’ignoranza sia vincibile, e
e di tal fatta. Intorno alle quali è da notarsi, che di rado avviene,
che
l’ignoranza sia vincibile, e incolpabile. Parimen
l’ignoranza sia vincibile, e incolpabile. Parimente di rado acvviene,
che
quell’ignoranza non apporti con sé scandalo per i
andalo per i sudditi, i quali facilemente stimano lecite quelle cose,
che
vedono farsi dai Prelati, e dai Principi: o almen
e vedono farsi dai Prelati, e dai Principi: o almeno avviene di rado,
che
quell’ignoranza non rechi danno comune. Laonde il
è obbligato di avvisare il penitente, sia chi si voglia, di quello, a
che
è tenuto; nè soddisfa al suo carico, assolvendo d
a piuttosto gli addossa sulle sue spalle insieme con glialtri errori,
che
dissimula nel medesimo penitente; che però ambedu
le insieme con glialtri errori, che dissimula nel medesimo penitente;
che
però ambedue cadranno nella fossa eterna, facendo
olleranza di quel peso. Ed il suddetto vale, quando il Confessore sa,
che
il penitenter manca al debito suo. Ma se egli non
bito suo. Ma se egli non lo sa, e slo ha qualche ragione di dubitare,
che
deve fare ? Interroghi il penitente, come si port
one; e se il dubbio del Confessore sarà circa il iusmy, e le ragioni,
che
possono obbligare, o obblighino il penitente, stu
tori, e si consigli con uomini dotti, e pii segretamente; e trovando,
che
il Penitente erra, lo avvisi con la debita modest
i del suo umile, e modesto avviso. Finalmente se il Confessore vedrà,
che
l’ignoranza del penitente è invincibile, né da le
grandi a fare per loro bontà un poco di riflessione con me su quello,
che
spiega questo dottissimo Teologo nella sua illazi
mmodo bene ordinamus, sed er res ludricas. » Dico 2. Non è probabile,
che
nel Superiore sia l’ignoranza invincibile, e inco
dia, può, se vuole, conoscere gli eccessi di lei: onde è cosa facile,
che
egli non abbia notizia, per giudicarla veramente
il danno comune spirituale, cioè la rovina di molte anime virtuose, e
che
perdono la divina grazia per quella comparsa: al
deve informarsi da lui, o da altri consapevoli delle ragioni; in modo
che
poi le consideri diligentemente, e giudichi, se s
olleranza; ed egli può far tal giudizio con le dottrine degli Autori,
che
hanno scritto della materia Comica, e delle Comic
na esperienza delle moderne Azioni Teatrali. Dico 6. Non è probabile,
che
in un Savio, e virtuoso Superiore si trovi l’igno
’essere illecita la comparsa di Donna parlante oscenamente d’amore, e
che
l’avviso del confessore gli sia per essere dannos
mposta di buone ragioni, e spiegare con chiarezza, e brevità; in modo
che
l’avvisato le potesse leggere, rileggere, e ponde
gere, rileggere, e ponderare da sé con molta maturità, ed attenzione,
che
così conoscerebbe vivamente l’obbligo suo, e gli
git viam suam »Prov. 2 I. 29., dice Salomone; quasi volgia accennare,
che
come il vizioso non s’approfitta con gli avvisi,
ed estinsi la sete nella bramata fonte: perché il Padre, supponendo,
che
io non condanni, come beramente non condanno ogni
ssima, e verissima: non essendo la mente dell’Autore (come non credo,
che
sia) condannare universalmente per peccato mortal
la generale; e le circostanze possono variare il caso; ma ogni volta,
che
« verba, motus, salus, et c. apta sunt per se ad
onfessore avvisarlo; e di più deve il Principe far diligenza; in modo
che
dal comaprire le Donne in Commedia on seguano tal
soneste, e con tanti gesti brutti nuociono gravemente a quelle anime,
che
mancano nella virtù, mercè che non sono valorose,
ti nuociono gravemente a quelle anime, che mancano nella virtù, mercè
che
non sono valorose, e Forti Amazzoni per il combat
lla Cristiana modestia, e castità. Nota seconda Di un Principe,
che
avvisato della illecita comparsa delle Comiche la
uando l’umiltà si collega con una buona ragione, impietra facilmente,
che
le medesime suppliche ci ritornino segnate con il
con il grazioso, e desiderato Fiat. Voglio raccontare un solo fatto,
che
servirà di molte prove al detto mio. Un Principe
mezzo del suo P. Provinciale con forma di Supplica al detto Principe,
che
non la sdegnò, anzi la gradì; ed aggiunse. Io so,
detto Principe, che non la sdegnò, anzi la gradì; ed aggiunse. Io so,
che
unltimamente è uscito un Libro molto rigoroso int
intorno alle Commedie; ma non disse il nome dell’Autore: ed io credo,
che
alludesse alla bella, dotta, e breve Operetta sco
iorentino Lucchese con titolo di Comædiocrisis; stampata l’anno 1637.
che
appunto allora era comparsa in quella Città. Il P
n quella Città. Il Principe a suo agio lesse la supplicante scrittura
che
era del tenore seguente. Eccellentissimo Princi
lica umilissimamente il P. Predicatore N. a Vostra Eccellenza in modo
che
comendi, che i suoi mnistri non diano licenza all
mamente il P. Predicatore N. a Vostra Eccellenza in modo che comendi,
che
i suoi mnistri non diano licenza alle Donne dei C
lerumque inter ficit. ho. 3. in Isaiam ». Di poi è certo moralmente,
che
tra tanti Spettatori di debolissimo spirito vi sa
non ornata lascivamente, cagiona alle volte peccato di concupiscenza:
che
cosa dunque, cagionerà massimamente in persona vi
cagionerà massimamente in persona viziosa, la vista di quella donna,
che
compare ornata con vezzi di lascivia, e vuol dile
nque la deve negare; perché questo è modo più facile, e più efficace,
che
le predica, con la quale non s’impediscono affatt
quali concorre con la licenza il Superiore. 5. perché occorre spesso,
che
uno incontra per caso in piazza, o trova in Chies
non lascivamente acconcia, la mira con curiosità, e resta preso. Ora
che
farano quelli, che vanno apposta, non alla Chiesa
cconcia, la mira con curiosità, e resta preso. Ora che farano quelli,
che
vanno apposta, non alla Chiesa, ma alla radunanza
r molto tempo, e son di pochissimo spirito ? Certo è molto probabile,
che
commettano molti peccati « Si mulier fortè in for
. Alla proibizione poi del desiderare, e non del mirare, si risponde,
che
è vera; ma è poco distante « sensun a consensu »
insegna S. Tommaso 2. 2. q. 167. 2. 2. c. E quanti pochi sono quelli,
che
vedendo una Donna vana, e vanamente ornata in ban
in scena, ordinino la loro vista a cosa utile ? E quanti molti sono,
che
la ordinano a cosa nociva ? E a questo concorre c
mortalmente, quando sifa vedere senza legittima cagione da persona ,
che
sa essere solita desiderarla. Quella, che compare
ittima cagione da persona , che sa essere solita desiderarla. Quella,
che
compare in banco, o in scena, sa per esperienza,
derarla. Quella, che compare in banco, o in scena, sa per esperienza,
che
sarà desiderata almeno da alcuni di pochissimo sp
: né per salire in banco, o par comparire in scena, ha altra cagione,
che
trattenere, e dilettare, e allettare il popolo; i
cagione, che trattenere, e dilettare, e allettare il popolo; in modo
che
così più facilmente si vendano le mercanzie dai C
uesto concorre con la licenza il Superiore. 9. perché spesso avviene,
che
non solo la vita attuale di Donna in banco, o in
ere queste Donne in banco, o in scena non si cerca altro comunemente,
che
diletto sensuale. « Communiter qui intersunt, del
a. 2. ad. 2. E gli Spettatori si pongono in molte occasioni di vizi;
che
danneggiano l’anime, e la riempiono d’immaginazio
ultuationem. » Crisostomo in c. 7. Ep. ad Rom. S. Paolo non permette,
che
la Donna, per savia, e spirituale che sia, insegn
ad Rom. S. Paolo non permette, che la Donna, per savia, e spirituale
che
sia, insegnio in pubblico; perché, come nota Anse
ota Anselmo, parlando la Donna provoca, chi l’ode, a disonesto amore:
che
sarà dunque il veder una Donna vana, e udirla par
sarà dunque il veder una Donna vana, e udirla parlare di quelle cose,
che
sogliono udirsi da quelle, che compaiono nelle pi
vana, e udirla parlare di quelle cose, che sogliono udirsi da quelle,
che
compaiono nelle piazze sui banchi, o nei Teatri s
nor Mastrilli già Arcivescovo di Messina, e risolse negar la licenza,
che
a lui toccava di dare. Così fece molto prima l’Ar
uni Superiori danno licenza, forse non sono avvisati dei gravi danni,
che
seguono: che certo risolverebbero negarla, pensan
danno licenza, forse non sono avvisati dei gravi danni, che seguono:
che
certo risolverebbero negarla, pensando allo stret
: che certo risolverebbero negarla, pensando allo strettissimo conto,
che
dovranno dare nel punto di morte: onde possono di
ella Compagnia di Gesù in Venezia ai Sig. Veneziani; e fece colpo si,
che
subito furono cacciati tutti i Commedianti osceni
el Disc. 58. fece cristianamente quella Serenissima Repubblica degna,
che
l’imiti ogni altro Principe. E nel particolare de
permettere. E dopo averlo provato, aggiunge per i Principi. Sappiamo,
che
saranno da Dio severamente castigati. E nel Disc.
nto sia risprensibile la trascuragginend dei Principi, e dei Prelati,
che
lasciano di procurare con Editti; e con pene la l
e con pene la libarazione di si grave, e contagioso male: prego Dio,
che
li illumini ad eseguirlo, come essi sono a farlo
danna i Commedianti, quando si servono di parole , o di fatti brutti,
che
di loro natura siano peccati mortali; e tali per
moderazione, nondimeno non la osservano lungo temponf; perché fanno,
che
più facilmente piacciono con l’impurità. Quindi s
ipe ricevette con un cuore pieno di docilità tutte le considerazioni,
che
ristrette nel foglio gli erano state presentate c
imo quarto perché lo scritto da alcuni moderni, e dotti Personaggi,
che
concedono la comparsa di Donne in Commedia, non b
uditi, e consumati nel Liceo della Sapienza. Dico dunque a mio senso,
che
io, uomo affatto incognito ai letterati, e fornit
non pretendo in modo alcuno di oppormi ai moderni, e dotti Scrittori,
che
concedono la comparsa di Donna in Commedia, ma de
arsa di Donna in Commedia, ma desidero interpretare a mio favore ciò,
che
scritto da loro sembra contrario a quello, che di
tare a mio favore ciò, che scritto da loro sembra contrario a quello,
che
di presente io scrivo contro il comparire delle C
in questo modo. Una difficoltà contro di me si può fondare su quello,
che
scrivono alcuni Moderni, gravi, e eruditi persona
a modesta Commedia. Si legga Tommaso Garzoni nella Piazza Universale,
che
appunto chiamre si può Piazza di erudizione: egli
cene, ornamento dei Teatri, ha illustrato questa professione in modo,
che
mentre il mondo durerà. Ogni voce, ogni lingua, o
risuonerà il celebre nome d’Isabella. Della dotta Vicenza non parlo,
che
imitando la facondia Ciceroniana, ha posto l’Arte
ostra età. Non lascio da parte quella Lidia gentile della mia patria,
che
con si puliti discorsi, e con si bella grazia, pi
er Adriano, lasciò in un mare di pene l’affannato cuore di quel Poeta
che
perso nel suo amore le mandò quel Sonetto, che co
to cuore di quel Poeta che perso nel suo amore le mandò quel Sonetto,
che
comincia. Lidia mia il dì etc. Ma soprattutto pa
Ma soprattutto parmio degna di eccelsi onori quella divina Vittoria,
che
fa metamorfosi di se stessa in Scena, quella bell
che fa metamorfosi di se stessa in Scena, quella bella Maga d’amore,
che
alletta i cuori di mille amanti con le parole, qu
e alletta i cuori di mille amanti con le parole, quella dolce Sirena,
che
ammalia con soavi incanti le almenh dei suoi devo
tiene a una perfetta Commediante. Sin qui il Garzoni. Ma io rispondo,
che
da questa difficoltà, presa da i due citati Scrit
re in Auditorio, ove sanno, e conoscono almeno alcuni in particolare,
che
sono deboli di spirito; perché in quanto all’auto
o deboli di spirito; perché in quanto all’autorità del Galluzzi dico,
che
egli parla, non di Donne oscene, ma di persone ri
zi dico, che egli parla, non di Donne oscene, ma di persone ridicole,
che
nella Commedia muovevano il riso senza oscenità:
a Commedia muovevano il riso senza oscenità: chi vuol leggere, vedrà,
che
egli tratta del ridicolo modesto, e condanna l’os
nnato dai Sacri Dottori; ma come riprovato anche da Tullio: e questo,
che
dico io qui in breve Italiano, egli dice ivi con
ì discorre questo uomo erudito intorno al Ridicolo: e io ne inserisco
che
se una vecchierella, o una Fanciulla serva, ovver
de vere Donne; oppore uomini rappresentanti le vere Donne: anzi pare,
che
egli accenni questo secondo, usando le parole. «
r muovere ad un riso modesto senza nessuna oscenita. né è cosa nuova,
che
un uomo si vesta da Donna, per rappresentarla; po
e. Dunque l’allegata autorità di questo Scrittore non è contro di me,
che
parlo di vere Donne, e parlanti d’amore, le quali
che parlo di vere Donne, e parlanti d’amore, le quali oltre il danno,
che
recano nel Teatro, cagionano altrove mille inconv
nel Teatro, cagionano altrove mille inconvenienti. Non voglio tacere,
che
il Galluzzi discorre (se io mal non discorrro) de
lulas fatuas, Medicos, aut Iurisconsultos levissimos.»C. 9. E quello,
che
a me pare peccaminoso, « versutissimos, ac petula
ivi, né da parole brutte, e scandalose. E questo basti, per mostrare,
che
l’autorità dell’Erudito Galluzzi, non è batteria
mi domanda: ma posso solo per ora con questa affermarle generalmente,
che
io non ho ami ineso col mio Trattato di dare favo
acluno a quella maniera di Commedie, contro le quali elle declamasse
che
le R. Vostra in buono, e vero senso interpreta le
n diversa livrea e pensieri del suo intendimento: né egli molto cura,
che
quello, che intende spiegare talvolta con le rego
vrea e pensieri del suo intendimento: né egli molto cura, che quello,
che
intende spiegare talvolta con le regole della mon
nderà talvolta un dotto lodare precisamente la finezza dell’Arte, con
che
una persona iniqua, e scellerata offende Iddio pe
vorrà per quello lodare l’offesa, né il peccato; e saprà molto bene,
che
quella, come peccatrice, merita vituperio per la
colo preambolo di dire, io rispondo all’autorità del Garzoni dicendo,
che
elle non snerva la forza della mia Conclusione co
he: perché egli non tratta quella femminile comparsa lodandola, quasi
che
sia modesta, « Theologiche », Teologicamente, cio
litice », Politicamente, cioè artificiosa, e non disonesta, in quanto
che
le Comiche compaiono modeste senza gesti sconvene
one, grandi Signore, ed eccelse Regine. E con questo può ben bastare,
che
sia cosa illecita, e peccaminosa: come se uno con
fornicazione. Ma per dichiarare meglio, e più distintamente il senso,
che
il Garzoni mostra d’avere nel suo Discorso, ragio
i detti brevi, presi dal suo lungo ragionamento. Dico 1. Egli scrive,
che
gli antichi Istrioni, pubblici recitanti di profe
ulsi dagli onori dei Cittadini, e dei Soldati. Dico 2. Egli aggiunse,
che
a qualche particolera Istrione, celebre, e famoso
, e le contrappone ad una Commediante tanto infelice nel recitamento,
che
lei scrisse così. Una Signora, oca nel dire, mort
Signora, oca nel dire, morta nel favellare, addormentata nel gestire,
che
ha perpetua inimicizia con la grazie, etiene con
a grazie, etiene con la bellezza differenza capitale. Si vede dunque,
che
il Garzoni non tratta questa comparsa femminile i
ieme dimostra, due di loro essere state tali recitando, e comparendo,
che
da nessun Teologo, credo si possono scusare da pe
poichè una lasciò recitando in un mare di pene il cuore di un Poeta,
che
perso nel suo amore le scrisse un sonetto; o volg
volgiamodire piuttosto, un’amorosa letterina dettata da un sonetto. E
che
amore fu quello ? Di virtù, o do peccato ? Di Par
Di Platone, o di Plutone ? Di Lodatore, o di Lussuriatore ? Io credo,
che
fu amore di perdizione, poichèil Poeta perso nell
ice di mille amanti. Ma io, come Teologo, e non come Politico, stimo,
che
colei meriti il titolo di Diabolica Vittoria; poi
e anime di molti Spettatori, fiacchi posseditori di quella virtù, con
che
si mantiene il possesso della divina grazia. Legg
t. Discorso : io alla sua autorità di nuovo, e in ristretto rispondo,
che
la comparsa di quelle donne, da lui descritte: se
poco virtuosi spettatori. Non repugno a chi stima, essere verissimo,
che
bene spesso un fatto, un gesto, ovvero una parola
incantati, e fortemente incatenati. Non dice male Beltrame, dicendo,
che
le pare, che la modestia solamente d’una bela Fan
fortemente incatenati. Non dice male Beltrame, dicendo, che le pare,
che
la modestia solamente d’una bela Fanciulla sia pi
solamente d’una bela Fanciulla sia più atta a fare piaga in un cuore,
che
il licenzioso volto, o premeditato discorso di un
l licenzioso volto, o premeditato discorso di una Comica. Ma io dico,
che
più, che una bella, e modesta Fanciulla, sarà att
oso volto, o premeditato discorso di una Comica. Ma io dico, che più,
che
una bella, e modesta Fanciulla, sarà atta ad impi
sta Fanciulla, sarà atta ad impiagare i cuori di molti quella Comica,
che
non avrà licenzioso il volto, ma l’avrà modesto.
re ammiratore, e non censore; quando l’evidente ragione non convince,
che
qualche tolleranza di un Principe sia affatto int
stico sanno molto bene, e per esperienza, o per certissima relazione,
che
i Commedianti, e i Ciarlatani vanno con le loro F
si: e nondimeno tollerano; e non avvisano i Governanti, né i Vescovi,
che
levino le sordidezze di così fatto abuso, che pro
vernanti, né i Vescovi, che levino le sordidezze di così fatto abuso,
che
proibiscono la comparsa delle Donne in scena, o i
biscono la comparsa delle Donne in scena, o in banco. Dunque è segno,
che
si poò tollerare per qualche ragione. E di vero è
estrinseco mi difendo dalle saette del rimorso di coscienza, e stimo,
che
si possano tollerare queste Teatrali oscenità; pe
di questo Enea: me ne vado lungi dal suo Teologico parere: e ricordo,
che
« tolerantia sola, supposita scientia »De leg. l.
condo la natura della cosa precisamente: però non ricorriamo al modo,
che
tengono nel governo i Sign. Superiori; perché io
eriori dello stato Ecclesiastico stanno in Roma, e non danno licenza,
che
in quella Città le Femmine dei Cristiani salgano
ella Città le Femmine dei Cristiani salgano in banco nelle piazze; né
che
il popolo Romano, ovvero i Signori di Campidogli
Campidogli chiamino, e provvisionino le Compagnie dei Comici; in modo
che
con le loro Comiche facciano le oscene Rappresent
bastevolmente con i fatti, e con il governo loro presenziale quello,
che
sarebbe convenientissimo, che tutti gli altri ese
con il governo loro presenziale quello, che sarebbe convenientissimo,
che
tutti gli altri eseguissero nella propria giurisd
siastico, il quale fu più volte pregato a dare licenza, o permettere,
che
uno salisse in banco a fare le solite zannate, pe
rra come fanno i Ciarlatani in Roma. E o piacesse alla divina maestà,
che
la moderazione, la quale per ordinario si vede in
nelle scene, o nei banchi, si vedesse in tutta la cristianità; certo
che
le Comiche innamorate si vedrebbero poco in scena
i qualche oscena Commedia in Roma per qualche buona ragione; o almeno
che
paresse nel tempo più dissoluto dell’anno con pro
empio di altri circa un permesso male, « quod intrinsece sit malum »,
che
sia male intrinsecamente, non giustifica la loro
nunciare intorno alla sua malizia, ovvero bontà. Spessissimo avviene,
che
, se uno dice. È peccato permettere in questa Citt
e: e per tutto si ode quella circolare risposta, degna più di pianto,
che
di riso. Si permette qui, perché si permette lì:
riduce il tutto a domandare. È come si permette a Roma ? Ed io dico,
che
a Roma, o non si permette assolutamente; o se si
etto qui; perché altrove parimente è permesso. Io persuasissimo vivo,
che
se i principalissimi Superiori fossero dagli infe
ori supremi dei costumi , ai quali tocca la regola più della pratica,
che
della speculativa per una parte, e per l’altra no
opinione per giustificare questo grande abuso dell’oscenità teatrale,
che
per ogni banda corre con tanta libertà, ed impuri
cendo. Perché nelle cose morali non si deve considerare tanto quello,
che
si può fare, quanto quello, che si fa, e secondo
non si deve considerare tanto quello, che si può fare, quanto quello,
che
si fa, e secondo il corso comune probabilmente se
orso comune probabilmente sempre si farà: bene è assai chiaro quello,
che
di simili Rappresentazioni si deve giudicare; e q
o quello, che di simili Rappresentazioni si deve giudicare; e quello,
che
devono comandare i Governatori delle Repubbliche,
maggiori; e anche per non sapere tanto in particolare tutti i danni,
che
quindi ne seguono. E quelli che nascono da queste
e tanto in particolare tutti i danni, che quindi ne seguono. E quelli
che
nascono da queste Commedie, non si può sapere, qu
enso il Ribadaniera. Con ragione dunque bramo io, bramo ardentemente,
che
i Supremi, e principalissimi Sig. Ecclesiastici,
ità di questo pestifero morbo; perché ho sperimentato in molte città,
che
quando il Superiore ha inteso l’inconveniente, vi
ebbero tutti, se fosse loro supplicato: e se leggessero le suppliche,
che
da dotti si possono formare, e sarebbe convenient
da dotti si possono formare, e sarebbe conveniente, anzi necessario,
che
si formassero, e formate si offrissero contro le
lle moderne Rappresentazioni. O gran disavventura di alcuni Principi,
che
la verità se ne fugga quasi bandita dai Palazzi l
titudine di adulatori, tra i quali sebbene non mancano alcuni, molti,
che
giudicano delle cose rettamente, nondimeno, temon
, nipote del Pontefice allora Regante, e disse ciò fare, desiderando,
che
fossero Supplica; e che domandassero giustizia a
llora Regante, e disse ciò fare, desiderando, che fossero Supplica; e
che
domandassero giustizia a Nostro Signore: perché n
o possono chiedere giustizia, e possono supplicare ogni gran Signore,
che
giustamente distrugga tutti gli eccessi del Teatr
se fossi ai piedi dei supremi Monarchi, umilissimamente supplicherei,
che
ponessero freno allo sfrenato corso di questo rov
nato corso di questo rovinoso abuso, e pestilente infezione: e credo,
che
tutti i Ministri loro si accomoderebbero subito a
iderato provvedimento. I difetti popolari servono da sproni per fare,
che
il Principe spinga il suo volere, quasi generoso
nelle parti soggette alla mia pastorale giurisdizione. Ma dico bene,
che
col tempo né qui, né altrove durerà con persevera
con Memoriale alla sacra Congregazione dei Vescovi, e faccia istanza,
che
scriva una lettera a tutti i Superiori Ecclesiast
femminile incendio. Questo fu il senso di quel zelantissimo Vescovo;
che
come fu gratissimo a me allora; così desiderai, e
emplice Memoriale alla sacra Congregazione, ma con la presente Opera,
che
con Titolo di Ricordo mando ad un amico; ma bramo
supremi Principi, Prelati, Governatori, Magistrati, e simili; in modo
che
con il potente correttivo di salutare moderazione
potente correttivo di salutare moderazione provegganonp a gravi mali,
che
nascono dalla femminile comparsa, e dalla sua osc
fessori di cristiana modestia, a ponderare da senno, non solo quello,
che
dicono gli allegati Santi, e Dottori, e Teologi a
Santi, e Dottori, e Teologi antichi, e moderni; ma quel poco ancora;
che
Pio Rossi nel Convitto Morale, stampato nell’Ecce
a di due cose, di piacere, e di onestà: onde si loda più la Tragedia,
che
la Commedia; perché le materie Comiche sono ordin
che la Commedia; perché le materie Comiche sono ordinaria mente tali,
che
l’onestà non vi ha parte alcuna: e i Comici fanno
i ha parte alcuna: e i Comici fanno più presto l’officio di Ruffiani,
che
d’Istrioni.v. Passatempo pubblico. Per ultimo de
mpo pubblico. Per ultimo devo pregare i Signori Accademici, o altri,
che
talvolta, senza essere Comici di professione, fan
talvolta, senza essere Comici di professione, fanno qualche Commedia,
che
diano pienissima fede ad un dotto, e zelante Teol
Gambarotta, il quale in un Trattato manoscritto dice. È cosa chiara,
che
le Commedie correnti sono tanto perniciose, e pes
chiara, che le Commedie correnti sono tanto perniciose, e pestifere,
che
meritano di essere spianate affatto: e tutti i Pr
essere, mercenaria; ma dalle regole del Si. Tommaso: onde gli Attori,
che
non fanno di professione di Scettici, peccheranno
orreranno le altre pene dei Comici Professori. Dunque ciascun fedele,
che
professa l’osservanza della divina legge, procuri
rnata lascivamente, e parlante d’amore in pubblico Auditorio, ove sa,
che
sono molti deboli di virtù; e ne conosce alcuni i
sco questo Ricordo, detto, la Qualità, scritto a voi o Amico, in modo
che
possiate con le dottrine, e a rigore scolastico,
illecita, e la Commedia modesta dall’oscena. Che se voi giudicherete,
che
io abbia dischiarata bene la sua brutta natura, f
ra supplico umilissimamente l’Onnipotente Creatore, e maestoso Iddio,
che
faccia riuscire questo Ricordo a molta gloria sua
premium voluntatis. » Cioè. Almeno questo non sarà cosa infruttuosa;
che
io ho tentato di recare ad altri giovamento: poic
eria amorosa si dovrebbe levare dal Teatro. Pag. 190. Amor Platonico,
che
cosa sia. Pag. 224. Non si deve proporre nelle Co
183, 184. Azioni. Le drammatiche Azioni antiche erano più immodeste,
che
le moderne. Pag. 6. Ma le moderne ancora hanno bi
98. Congregazione Mesinese detta del gran frutto. Pag. 137. Commedia,
che
cosa è. Pag. 104. È lecita. Pag. 9. Quando illeci
. Perché l’oscena si tolleri stampata. Pag. 222. Recitata è peggiore,
che
la stmapta. Pag. 222, 223. La vecchia aveva ridic
tale veste. Pag. 192. Recitando in scena non cagionano maggiori mali,
che
le donne. Pag. 189. Come si potrebbero tollerare
impedisce in giudicar bene delle cose. Pag. 187. Pavone è più bello,
che
la Femmina. Pag. 163. Peccato di pensiero. Pag. 1
tro le Commedie oscene. Pag. 37. Un altro contro alcune donne nobili,
che
volevano fare una Rappresentazione 72. Principe I
9.158. Scrivere con distinzione della Commedia non offende 2.3. Santi
che
Commedie facevano. Pag. 105. La severità troppa è
6. La Signoria di Genova fece Decreto contro le Commedie 250. Socrate
che
disse dell’astinenza. Pag. 133, 134. Statue belle
ca. [NDE] Original : il. cb. [NDE] Comprendre (sens figuratif): ciò
che
si raccoglie come frutto di un’attività, di un’op
al: iscaccia. cj. [NDE] Original: palese. ck. [NDE] Original: quel,
che
. cl. [NDE] Comprendre: purezza. cm. [NDE] Compr
li fu) chiesto se. dy. [NDE] Comprendre : se ci fossero stati dei Re
che
avrebbero corso con lui. dz. [NDE] Comprendre :