/ 13
1 (1648) Della cristiana moderazione del teatro. Detto la qualità delle Commedie pp. -272
pudica, e servando per regola de’ tuoi costumi l’impero di Satanasso; che però lo Storico della tua vita scrive. : « Viveba
a, que illi Demon suggessisset »b. Vita senza spirito di vera vita, e che era vero principio di eterna morte. Ma che ? tu m
za spirito di vera vita, e che era vero principio di eterna morte. Ma che  ? tu morto con la più bella parte di se stesso, e
iam agite ; appropinquavit enim Regnum Cælorum. » E quindi tu in men, che non balena il cielo, di fatto discepolo buono, e
il grato soggetto della mia congratulazione. Io lodo, e ammiro in te, che subito dal sacro tempio uscendo, quali da un arde
i doviziosi acquisti sono tesori vostri, divideteli, e godeteli voi ; che io mi parto, rinunciando al secolar inganno, e me
ù Comiche, ma Eroine, e tosto co’ fatti confermaroh i detti. Viddero, che Babilia si racchiuse volontario prigioniero della
ri Comici Penitenti, e Comiche Convertite. Prego umilissimamente Dio, che ammollisca i cuori, e apra le orecchie di quei Co
mente Dio, che ammollisca i cuori, e apra le orecchie di quei Comici, che sono osceni, e di quelle Comiche che sono impudic
apra le orecchie di quei Comici, che sono osceni, e di quelle Comiche che sono impudiche; acciocché odano presto, e fruttuo
num Celorum ». Lo Stampatore a chi legge. San Tommaso insegna, che gli Attori Teatrali possono lecitamente esercitar
a buoni Cristiani, e quale la illecita. Il 2. Libro, e Ricordo prova, che la Commedia illecita non si deve permettere senza
i deve permettere senza buona ragione. Il 3. Libro, e Ricordo mostra, che come le Pitture, e le Statue disoneste non sono p
Libro. e Ricordo supplica instantemente i Sig. Superiori a comandare, che le Commedie si recitino secondo le regole di S. T
non si offenda con i peccati mortali. Ora esce il primo Libro, spero, che gli altri seguiranno appresso per beneficio delle
io delle Anime, e la gloria del Sig. Iddio : e tutti ci si procurerà, che le sentenze latine, stampate con diverso caratter
rette, ma benigne, e sicure : acciocché il Buon Cristiano sappia ciò, che può fare senza offendere il Creatore. Ne egli esc
lude affatto le vere Donne dalla Scena, o dal Banco, ma le disoneste, che vi comparisconol scandalosamente. Ne condanna in
Tommaso, e i dottori. Pag. 30 Q. 10. Quali sono i fatti brutti, che rendono illecita l’azione secondo S. Tommaso ? E
lleciti, e mortali ? Pag. 36 Q. 12. Che nocumentoq al prossimo, che tempo, che luogo, che negozio, e che persona rend
mortali ? Pag. 36 Q. 12. Che nocumentoq al prossimo, che tempo, che luogo, che negozio, e che persona rende illecita
ag. 36 Q. 12. Che nocumentoq al prossimo, che tempo, che luogo, che negozio, e che persona rende illecita la Commedia
. Che nocumentoq al prossimo, che tempo, che luogo, che negozio, e che persona rende illecita la Commedia secondo la dot
Comiche nel pubblico Teatro ? 92 Q. 3. L’allenamento efficace, che nasce dalla femminile comparsa, è buona ragione p
e sufficiente per la comparsa delle comiche ? Pag. 116 Q. 8. In che modo le ordinarie Comiche aiutano al guadagno dei
 ? Pag. 170 Capo Quarto. Delle risposte ad alcune difficoltà, che si fanno per difendere la comparsa delle ordinari
. Per la lecita comparsa delle Comiche parlanti d’amore non basta, che si supponga esser lecita nei libri stampati con l
ca approvazione dei Super. Pag. 212 Q. 7. Non è lecito, almeno, che la donna comparisca ornata aaj Teatro, per far la
Non basta l’esempio delle Comiche introdotte nelle Commedie stampate, che per introdurle ancora lecitamente nelle recitate 
ancora lecitamente nelle recitate ? Pag. 220 Q. 9. Chi dicesse, che le Comiche parlano d’amore alla Platonica, non gi
comparsa delle Comiche, se non fosse lecita. Pag. 229 Q. 13. A che cosa è obbligato il Confessore del Superiore per
endice per conferma del detto. Pag. 243 Nota 2. Di un Principe, che avvistato della illecita comparsa delle Comiche l
Q. 14. perché lo scritto da alcuni moderni, e dotti Personaggi, che concedono la comparsa di donne in commedia, non b
roemio. Gregorio Santo, Tesorier dovizioso della moralità, scrive, che la vera Giustizia è posseditrice di compassione.
questa Giustizia, e santità compassionante alludendo S. Agostino par, che ci dica. Troppo è duro, chi può con la penna, ò c
Camitemc. 55 S. Crisostomo con la sua penna intinta nell’oro scrive, che non ha scudo valevole per difesa contro te saette
is, quod rectum est »Ser. De Fas. Dom.. E è ben ragione lo stimolare, che si ritiri da morte, chi pericola nella vita : anz
orte, chi pericola nella vita : anzi è legge prescritta dalla carità, che si avvisi ben tostoal, e si risvegli, chi sonnacc
i detti registrati da questi gravissimi Dottori, e santi Padri dico, che chi considera da senno il manifesto periglio di m
s nobis tantum vivere ». Loap zelo è tanto vigoroso di celeste forza, che rende il buon fedele santamente inquieto. Lo scri
to : e vorrei porre qualche dolce lenitivo ad un certo Comico malore, che per cagione di certi viziosi va infettando il Tea
e Comica odiosa a molte, zelanti, e virtuose persone ; ma non vorrei, che s’irritasse, chi professa di essere, e è verament
dice così. Chi della Commedia tratta, scrivendo, o parlando, mentre, che distingua i tempi, i modi, le persone, sempre dir
tempo del Pontificio Monarca Paolo V compatisce gli errori di quelli, che senza distinzione assolutamente concludono, che n
gli errori di quelli, che senza distinzione assolutamente concludono, che non si deve permettere, né recitare, né ascoltare
edia, e fuggire quel biasmoas, al quale sono sottoposti tutti quelli, che la fanno male. Ora io desiderando trattar, e scr
o zappettando lo sterile campetto della teatrale vanità. Dico dunque, che la bella luce dellacristiana moderazione ombreggi
ostri amorevoli la Qualità delle azioni, e Commedie illecite : impero che il diritto di ragione, et lo zelo discreto vuole,
lecite : impero che il diritto di ragione, et lo zelo discreto vuole, che si scriva in questa materia con buona, e chiara d
e; né ad essi deve pregiudicare il difetto dei viziosi. Ragione si è, che viva lieto sotto il manto di onorata lode, chi vi
to il manto di onorata lode, chi vive professor verace della virtù, e che all’incontro sia bersaglio di meritato vitupero,
vitupero, chi demerita tra i virtuosi della sua professione. Degno è, che si salvi dalle censure, chi salva sé dagli eccess
non biasimarsi ; ma biasimando chi non deve biasimare, è un biasimo, che ritorna sopra il biasimante. Il Comico Beltrame s
o per altra fine questo Discorso, se non per supplicare quesiti tali, che tanto volentieri vibrano la spada della loro ling
i dalle censure. E io a Beltrame, e ai Professori dell’Arte sua dico, che questo veramente prometto, e spero di mantenerlo
Comiche pubblicamente. E nel 4. Capo risponderò ad alcune difficoltà, che si fanno per difendere, come lecita, la suddetta
o il velo, e cominciamo la dichiarazione dei proposti Capi. Io vorrei che fossero luminosi raggi del cielo per scacciare i
ichetta del presente Ricordo, ricordando, e dichiarando ad altri ciò, che i Dottori sentono intorno alle drammatiche Rappre
Quesiti, e disciogliendoli con varie risposte : e giovami di sperare, che questa fatica non sarà un fabbricar sopra le aren
e cristiana moderazione ? Voglio porre su questo principio, quello che pongo nel fine di un’altra Opera detta l’Istanza,
rnata lascivamente, e parlante d’amore in pubblico Auditorio, ove sa, che sono molti deboli di virtù, e ne conosce alcuni i
r mirar i mercenari Rappresen tanti: e ricordiamoci qui in breve ciò, che con lunga dichiarazione siamo per considerare nel
ve con la risposta moltiplicata a molti Quesiti da noi si concluderà, che le moderne Azioni non si recitano da molti second
citano da molti secondo la debitabb, e cristiana moderazione. È vero, che il Comico Cecchio, e Beltrame, e l’Andreino, e al
altri Comici valenti, e principali, suppongono il contrario in modo, che pare una perdita di tempo il ragionare di questo
a di tempo il ragionare di questo punto : e Beltrame dice. Dubito,     che talvolta si scriva più per fare un bel volumeCap.
Dubito,    che talvolta si scriva più per fare un bel volumeCap. 29., che per lo stimolo, che faccia l’urgente necessità. M
lta si scriva più per fare un bel volumeCap. 29., che per lo stimolo, che faccia l’urgente necessità. Ma io spero di non pe
nava, non supporre, ma provare : o provare almeno più efficacemente ; che essi non provano. Voglio dire, che l’incendio Com
provare almeno più efficacemente ; che essi non provano. Voglio dire, che l’incendio Comico, e osceno aveva bisogno, che ac
provano. Voglio dire, che l’incendio Comico, e osceno aveva bisogno, che acqua più copiosa si portasse, per dichiararlo es
a quando voi vi renderete reibi dei medesimi peccati ? volete forse, che l’applicazione dei rimedi cessi prima, che non si
mi peccati ? volete forse, che l’applicazione dei rimedi cessi prima, che non si veggabj cessata la Pestilenza dei vizi ? i
lenza dei vizi ? io seguiròbk a dire con disegno di giovare a coloro, che anche contro voglia ricevono giovamento. Seneca g
santità dei virtuosi. Questo medesimo Santo altrove usa certe parole, che noi parimente usar possiamo, dicendo. « Si persev
servirò di più pungente, e penetrante spada ; né mi poserò, fin tanto che non mandi in dispersione affatto le diaboliche di
boliche dissoluzioni teatrali. Io volentieri concedo, come verissimo, che le azioni dell’antico Teatro erano molto più most
’antico Teatro erano molto più mostruosamente, disoneste, e illecite, che le Rappresentazioni del nostro tempo. Onde con ra
one libidinose inquietantes. »  Ma non posso già, né devo concedere, che queste moderne azioni si recitino secondo i termi
azioni si recitino secondo i termini sufficienti alla moderazione, e che sono prescritti dai cristiani Dottori : perché se
i : perché se ciò concedessi, e affermassi, veggobn chiarissimamente, che farei, o di menzogna rinfacciato, o di grandissim
: cæcis vero nihil est lucidum. »Tr. de lapsu Religionis c. 11. Cioè, che le moderne azioni non si recitino secondo la debi
istiana moderazione, è un lampo di verità si certa ; a chi bene vede, che sembra chiaritore più chiaro della luce stessa :
vede, che sembra chiaritore più chiaro della luce stessa : ma colui, che vive in cecità, non è vagheggiator di alcun lucen
adri. Che però io lodo la prudenza del Comico Cecchino per quel poco, che nel principio dei suoi Discorsi intorno alle Comm
intorno alle Commedie scrive ai Lettori con questo avviso. Parendomi, che nei dubbi l’aver ricorso ai più dotti, e intenden
e : se si può esercitare, e di essa legittimamente vivere : e trovai, che non solo chi l’esercita, ma chi la permette, e as
di peccato mortale, quando però la Commedia non abbia quei requisiti, che S. Tommaso, S. Antonino, e altri Sacri Dottori ha
a lasciato scritto. Discorre con senno questo Comico : e io aggiungo, che per discacciare con agevolezza le cieche tenebre
so doppierebr, quasi risplendente stella, o bella luna : voglio dire, che per sgombrare, non che distinguere, le illecite t
splendente stella, o bella luna : voglio dire, che per sgombrare, non che distinguere, le illecite tenebre del Teatro, chia
nel dubbio cammino delle drammatiche oscurità. E S.Tommaso è quello, che nel primo luogo c’illumina grandemente ; e io di
o, che nel primo luogo c’illumina grandemente ; e io di lui suppongo, che secondo Silvestro lasciò scritti i fondamenti di
emporibus indebitis.  »q. cit. a. 3. ad. 3. Il senso di S. Tommaso è, che il gioco scenico, e teatrale all’ora è peccaminos
l Comico si vale di detti turpi, o disonesti fatti, oppure di quello, che per essere peccato mortale, reca al prossimo grav
nso di lui con il rigore scolastico, e per cavarne la cognizione, con che possiam distinguere la Commedia lecita dalla ille
dunque consoliamoci soavemente, e diciamo, rispondendo al Quesito. Si che le Commedie sono lecite a nostro tempo secondo la
ove si narra quel volgarissimo caso di S. Giovanni, e quel su detto, che non si puòC. 21. tenere sempre l’arco teso ; inco
ntem decet interdum remittere aciem rebus agendis inventam. » Voglio, che tu ti ricrei un poco: perché decevole al Savio si
oco: perché decevole al Savio si è il ricrearsi alle volte. Aggiungo, che non tutte le persone gustano del ritiramento; anz
oncludono con S. Tommaso tutti gli altri sacri Espositori, dice egli, che la Commedia si possa fare come gioco necessario p
parlar contro le Commedia. Dice bene questo Comico, volendo inferire, che le Comiche azioni sono lecite secondo la dottrina
e secondo la dottrina di S. Tommaso. E io dico lo stesso: e professo, che il giudizio Tomistico serve a me dibw porto sicur
odo battuto da me altrove in questa materia: e ora solamente ricordo, che un’Arte da tristi esercitata pregiudica bene spes
meno perde non so chè del buio di una nuvolosa opposizione. Io credo, che vi siano molti Comici di buona intenzione, e di v
ti Comici di buona intenzione, e di virtuosi costumi: ma credo ancor, che siano gigli tra molte spie, e che sia vero il det
i virtuosi costumi: ma credo ancor, che siano gigli tra molte spie, e che sia vero il detto di Beltrame, cioè che sempre vi
siano gigli tra molte spie, e che sia vero il detto di Beltrame, cioè che sempre vi sono stati Comici buoni e rei. Inoltre
ioè che sempre vi sono stati Comici buoni e rei. Inoltre mi persuado, che i rei del nostro tempo siano di molto pregiudizio
ibendo ludum negotiis, et temporibus indebitis. » E vuol significare, che non è stato peccaminoso quello degli Istrioni, ch
vuol significare, che non è stato peccaminoso quello degli Istrioni, che sono moderati, non usando parole, o fatti illecit
. Governatore, il quale, fatta la prima Commedia, diede loro licenza, che partissero, di che essi attoniti la supplicarono,
uale, fatta la prima Commedia, diede loro licenza, che partissero, di che essi attoniti la supplicarono, per intendere la r
ono, per intendere la ragione: e egli disse loro. Certi m’hanno detto che la Commedia è azione di peccato mortale e m’hanno
a Commedia è azione di peccato mortale e m’hanno fatto vedere quello, che ne scrive il Sig. Cardinale Arcivescovo : però an
ve il Sig. Cardinale Arcivescovo : però andate a lui, e aggiustatevi; che poi avrò gusto di servirvi qualche volta: tra tan
te giorno si disputò il caso, e all’ultimo il Sig. Cardinale decretò, che si potessero recitar Commedie nella, sua Diocedi,
si potessero recitar Commedie nella, sua Diocedi, osservando il modo, che prescrive S. Tommaso : e impose ai Comici, che mo
i, osservando il modo, che prescrive S. Tommaso : e impose ai Comici, che mostrassero gli scenari giorno per giorno al suo
foro. Questo caso narra diffusamente Beltrame, e con esso si avvera, che i Superiori possono secondo S. Tommaso dare licen
e Ciarlatani ? La rettitudine, e prudenza del buon Giudice vuole, che egli oda le ragioni delle parti, bilanci il valor
luzione per gl’innocenti, e di condannazioneby per i rei. Non è nuovo che diversi effetti procedano dallo stesso Agente sec
e consuma la sostanza del piombo : Anche Beltrame dice. Quella neve, che travaglia il verno col freddo, è la stessa, che r
me dice. Quella neve, che travaglia il verno col freddo, è la stessa, che rifiorabz togliendo il caldo alle bevande l’Estat
altro Decreto, e è Sinodale, e io l’ho posto qui con le sue parole,   che sono queste. « Principes, et Mgistratus commonen
t. » Cioè. Noi abbiamo giudicato avvisare i Principi, e i Magistrati, che di scaccino dai loro confini gli Istrioni, i Mimi
tal fatta; e castighino aspramente i ricevitori loro. E qui io dico, che questo Decreto è secondo la dottrina di S. Tommas
ommaso; perché dal S. Dottore santamente sono condannati quei Comici, che non osservano la debita moderazione, e tali sono
ico ne porta due nel c. 38. del suo discorso, e dice nel primo luogo, che il benedetto Prelato non scrisse contro i Comici
e parole. « Alcuni mostrano, ove S. Carlo Borromeo ha detto un non so che contro le Commedie : ma non dicono, che l’Autore
o Borromeo ha detto un non so che contro le Commedie : ma non dicono, che l’Autore dice. Commedianti, Mimi, e Buffoni e che
ie : ma non dicono, che l’Autore dice. Commedianti, Mimi, e Buffoni e che nel viluppo di questi esercizi ha inteso parlar d
non de’ Comici virtuosi. Anche a dir Corsari, Ladri, e Assassini, par che si dica uomini del Diavolo : ma in tal viluppo nn
Diavolo : ma in tal viluppo nn si rinchiudono quei Corsari Illustri, che sgombrano il mare da Ladroni Pirati, e che suppon
ono quei Corsari Illustri, che sgombrano il mare da Ladroni Pirati, e che suppongono ai nemici dellacc nostra fede: che vi
re da Ladroni Pirati, e che suppongono ai nemici dellacc nostra fede: che vi è differenza da chi ha per arte il furto, a ch
ico Cantore, e non da uno scolastico Pressore: perché veramente par,   che S. Carlo ristringa il largo, e comune significato
s. » E però secondo questa risposta, e esplicazione non fu necessario che si parlasse con distinzione de’ Comici buoni da c
tti i professori delle science: e massimamente di quei santi Pastori, che professano di saper molto bene le cose, che decre
te di quei santi Pastori, che professano di saper molto bene le cose, che decretano pubblicamente nelle Sinodali radunanze
le anime commesse alla loro dotta, e zelante sollecitudine. Quindi è, che io stimo non doversi lodare, né approvare la seco
è, che io stimo non doversi lodare, né approvare la seconda risposta, che il Comico Beltrame reca per mostrare, che il Sino
rovare la seconda risposta, che il Comico Beltrame reca per mostrare, che il Sinodal Decreto, pubblicato dal sollecitissimo
n aveva piena cognizione dell’Arte Comica. Anche quel buon Religioso, che i costumi, e la dottrina lo facevano nominare dai
ostolo de’ Fiorentini, diceva male de’ Comici, e delle Commedie prima che egli sapesse, qual modo tengono i Comici virtuosi
rtuosi, e la diversità de’ pareri degli Autori, ma dopo visto quello, che il suo proprio maestro in ciò aveva scritto, diss
critto, disse a Cavalieri principali (e quelli l’hanno riferito a me) che rimaneva mortificato non poco d’aver mal trattato
aver mal trattato pubblico l’Arte Comica, e i professori di quella: e che se non fosse stato per non generar confusione nel
e nel popolo, si avrebbe disdetto di molte cose, amando più la verità che il suo credito. E così può essere stato S. Carlo.
o obbligati a saper ogni cosa ; molti descrivono una fortuna di Mare, che forse non hanno veduto un lago ; tanti ragionano
re, che forse non hanno veduto un lago ; tanti ragionano di Commedia, che mai forse non avranno veduto una scena ; ma comme
a, che mai forse non avranno veduto una scena ; ma commentano quello, che trovano scritto. Quando la dottrina non è soprann
e. Che il benedetto Prelato non scrivesse contro i Comici virtuosi: o che o fosse ben capace dell’arte Comica, io lo cavocd
qui Beltrame. E qui parimente noti il benigno, e giudizioso Lettore, che l’avvenimento, spiegato ivi diffusænte dal Comico
re, che l’avvenimento, spiegato ivi diffusænte dal Comico, fu quello, che occorse in Milano; quando i Comici, fatta la prim
uesito Quarto. Onde Beltrame stima discorrere fondatamente inserendo, che il S. Arcivescovo col 2. Decreto favorevole mostr
che il S. Arcivescovo col 2. Decreto favorevole mostrasse co’ fatti, che il primo fu da lui stabilito senza aver piena con
replica di poi senza modificarlo con la particella, forse, stimando, che il benedetto Prelato non fosse ben capace dell’ar
edetto Prelato non fosse ben capace dell’arte Comica. Ma io rispondo, che Il detto Beltrame è privo di probabilità. Prima p
o di vigilante Pastore: e a questo ufficio s’appartiene saper quello, che lecito si è nell’Arte Comica, e quello, che non è
’appartiene saper quello, che lecito si è nell’Arte Comica, e quello, che non è lecito; per poter poi concedere le licenze,
si fa l’istanza da Commedianti per ottenerle. Dunque non è probabile, che S. Carlo forse nona vesse, o senza forse, piena c
na vesse, o senza forse, piena cognizione dell’Arte Comica nel tempo, che formò quel Decreto contro i Comici. 2. Non è prob
carsi nello spazio di molti anni. E chi tra Comici stessi può negare, che San Carlo non facesse, come si sogliono; e si dev
la consulta, e approvazione di molti, e consumati Dottori, e Teologi, che si trovano presenti ne’ principali Sinodi congreg
zioni Diocesane. Io stimerei me stesso dicitor temerario, se dicessi, che l’Arcivescovo di Milano S. Carlo non faceva i suo
tempo: o almeno n’avevano avuta piena cognizione dell’arte Comica: e che il Prelato decretante non fosse ben capace di que
la. Aggiungo. Quel Decreto non fu contro l’Arte, ma contro i viziosi, che peccano nell’Arte, e meritano di essere cacciati.
. E chi dichiara per vizioso un professore di un’Arte lecita, mostra, che ha piena cognizione di quell’Arte. E chi potrà pu
nel riprensore. Devo io pregar inoltre il Lettore a far riflessione, che i due Decreti fatti dal Santo Borromeo non sono c
no a diversi fondamenti. Il Decreto di Milano è effetto di giustizia, che « secundum allegata, et probata » sentenza a favo
: e così sentenziò S. Carlo. Il Decreto Sinodale è effetto di carità, che con sollecita vigilanza avvisa, che si caccino i
eto Sinodale è effetto di carità, che con sollecita vigilanza avvisa, che si caccino i tristi; e così avvisò S. Carlo. E qu
o Decreto si fonda almeno nella convenienza: perché conveniente si è, che i Principi, e i Magistrati caccino da sé le perso
lato, come al personaggio privo di piena cognizione dell’Arte Comica, che era Arte lecita: perché questo può provare ancora
ico vizioso, ne per tal prova merita la licenza; ma credo, provarono, che essi, come virtuosi, la esercitavano lecitamente
facoltà di esercitarla, ma con la debita moderazione. E chi negherà, che tutto questo non supponga nel Superior, che conce
derazione. E chi negherà, che tutto questo non supponga nel Superior, che concede tal facoltà, una piena cognizione ? Dica
l Superior, che concede tal facoltà, una piena cognizione ? Dica ciò, che vuole Beltrame, il suo primo detto, come improbab
eltrame, se non resta conciliato l’assenso di molti al detto suo, con che nega, col forse, la piena cognizione dell’arte Co
l’Arte Comica e contro i professori suoi. Io a questa prova rispondo, che non sono astrettocg alla giustificazione di quel
nizione, e capacità di S. Carlo intorno all’Arte Comica: e però dico, che le 4. condizioni di non sapere, attribuite a quel
si devono attribuire al Santo Prelato : anzi si deve dire francamente che egli sapeva, e il modo usato dai Comici virtuosi,
suo tempo, e la soda dottrina de’ santi Padri, e de’ buoni Politici, che condannano le teatrali indecenze, e però sapendo
ere quanto prima dal suo pulito, e ingegnoso Discorso questa censura, che fa alla pratica cognizione di S. Carlo: la qual c
così volentieri la tralascio, e mi volgo altrove, per trovar lume con che io accenda la fiaccola mia, e vinca il buio di qu
o molto cattiva, e pregiudiziale a’ Commedianti, quasi presupponendo, che siano una gente molto viziosa, e di vita perduta.
ca di recitare da Comici usata nel suo tempo, la quale era tanto rea, che alcune Città si risolsero di cacciare tutti i Com
hé mirò al modo di parlar, e scrivere usato quasi da tutti i Dottori, che trattano della Comica : pochi Dottori fanno quest
l Comico può essere virtuoso e degno di riporsi nel numero di quelli, che « non sunt in statu peccati », non sono nell’infe
tu peccati », non sono nell’infelice stato del peccato. E può essere, che in alcuni Comici moderni, e forse in molti si avv
etiam pauperibus elemosinas largiuntur. » Significa il Santo Dottore, che si trovano Comici, i quali sebbene non hanno altr
ine ai poveri di Cristo. Un Autore innominato dice appresso Beltrame, che i Comici udiranno la Messa, e qualche predica, al
ia dei virtuosi Comici, e dice cosi. « Io dico, e lo dico con verità, che pochi Comici si trovano, che non vadano alla Mess
e cosi. « Io dico, e lo dico con verità, che pochi Comici si trovano, che non vadano alla Messe ogni giorno, che non dicano
, che pochi Comici si trovano, che non vadano alla Messe ogni giorno, che non dicano orazioni nell’andar a letto, e nel lev
ar a letto, e nel levarsi; e così fanno fare ai loro figliuoli ; anzi che molti avvezzano le loro creature a dire le Litani
ano l’Officio della Vergine ogni giorno : enon vi è Comico, o Comica, che non faccia una vigilia la settimana, oltre le com
con verità;  ma perché mi stringerei in pochi, mi taccio; parendomi, che la figura Sinedoche confinasse con l’ipocrisia ;
arendomi, che la figura Sinedoche confinasse con l’ipocrisia ; basta, che Comici sono Cristiani. » Così discorre Beltrame,
rofessori dell’arte sua: tutto bene : ma quella conclusione. « Basta, che i Comici sono Cristiani, non basta per provar, ch
clusione. « Basta, che i Comici sono Cristiani, non basta per provar, che sono virtuosi. » E io pregherei Beltrame, se foss
ego tutti i suoi fautori, a considerare solamente un luogo dei molti, che si leggono ne’ libri de’ Santi Padri. Il luogo è
mon fecerimus. Set. 216 de temp. » Seguita poi il Santo a dichiarare, che il nome du cristiano giova a quel fedele, che abb
il Santo a dichiarare, che il nome du cristiano giova a quel fedele, che abbraccia le sante virtù, e fugge dai vizi, e dai
. Non basta dire i Comici sono Cristiani. Aggiungo di più. Non basta, che faccino delle opere buone e dicano delle sante Or
che faccino delle opere buone e dicano delle sante Orazioni: bisogna, che si astengano da tutti i peccati mortali, se vogli
orcarsi col lezzo di cose brutte ? Orsù voglio accettar per vero ciò, che il galant’uomo Beltrame scrive de’ Comici ; ma no
che il galant’uomo Beltrame scrive de’ Comici ; ma non posso negare, che quelle tante perfezioni per ordinario sono manife
tti, e fatti da’ Comici, concepisce di loro fondatamente un’opinione, che siano persone indegne, disoneste, e vituperose. E
eltrame fa un presupposto tale, come se fossero dannati. Ora dico io, che San Carlo mirò a questa opinione universale de’ C
one de’ buoni dai rei, e dei modesti dai viziosi, e disonesti. Credo, che il detto fin qui basti per rispondere al Quesito 
i negozio. 7. Disconvenienza di persona. Sono sette note sconcertate, che sconcertano l’armonioso concerto della dilettevol
i ; io non voglio altri Areopagisti in questo Comico Areopago. Credo, che forse, e senza forse, diranno indubitatamente, e
na de’ Dottori, e di S. Tommaso ? Non è legge di prudente ragione, che l’uso di un giocoso detto cagioni un lacrimoso ef
deve darlo senza verunacm amarezza. Non è vero dolce in quel liquore, che si sente grato al palato, ma poi al cuore arreca
ché diventano mortali per accidente, cioè per ragione dello scandalo, che apportano ai deboli di Spirito, mentre le ricevon
inde inducendos ad culpam luxuriæ saltem desiderii. » Cioè. Avverto, che quelle parole brutte possono per accidente e esse
sono per accidente e esser peccati mortali per ragion dello scandalo, che si dà alle persone presenti deboli di spirito; e
deboli di spirito; e la ragione si è, perché chi parla, deve credere, che gli Uditori s’indurranno col motivo delle parole
tale arreca all’anima il turpiloquio per rispetto della circonstanza, che sia cagione di mortal pcccato ; quale si è la cir
ruttezze, benché animo tale non vi sia, è peccato mortale. E io dico, che pericolo tale spessissimo nasce almeno ai deboli
ente pretende muover il riso, se egli ragionevolmente potesse temere, che tal buffoneria provocasse alcuno ai libidinosi af
casione di ruina spirituale, e chi porge l’occasione del danno, parcq che sia il dannificatore. Battista Fragoso, scriveIn
rebus scandalum sconsurgere. Ita Rebel. Azor. Sanchez. Lessio. » Ma che occorre citare altri Scolastici moderni, e traspo
ato documento. Parla christiatiamcte questo Comico; e piacesse a Dio, che il detto suo fosse praticato da tutti i Comici cr
ità della sua dottrina un’altra verità di certissima esperienza, cioè che nell’Auditorio Teatrale si ritrovano moltissime p
rto i Comici, e ne conoscono molte in particolare; e quindi inferiamo che le parole brutte dette da loro, non mortali di lo
Tommaso, lasciare tal volta i beni temporali, e anche gli spirituali, che sono di consiglio, per fuggire lo scandalo de’ de
atura ? Si vede tanto chiaro l’obbligo di lasciarle, come scandalose, che il provarlo con argomenti è una prova di superflu
occhi di neve con il candor di lana. Basta per noi dire con Caietano, che il servirsi delle scandaloso Turpiloquio, benché
grave est, et fugiendum valde. » E però molti Comici osceni meritano, che contro di loro si vibri la spada dell’Apostolica
eritano, che contro di loro si vibri la spada dell’Apostolica lingua, che già disse8 Tit. c. 11.« Sunt multi vaniloqui, et 
pracs il tutto, insegnando per brutto interesse di lucro quelle cose, che non sono di necessità ; possono chiamarsi maestri
e, che non sono di necessità ; possono chiamarsi maestri di dottrina, che imparata cagiona una nocevole ignoranza, e disimp
perché l’escluderle tutte; e in tutto, pare troppo rigore; e mostra, che non si vogliacu concedere materia alcuna da rider
e non si vogliacu concedere materia alcuna da ridere agli spettatori, che alla fine vanno alla Commedia per ricrearsi, e pe
omoHo, 23 in Genes.« Tunc homo est, quando virtutem colit. » (E vero, che può darsi caso, come dichiarerò nel Ricordo detto
irlo con belle parole, acciocché non sia inteso da tutti, non toglie, che non sia in se stesso vizioso: come la Cortigiana,
realtà, se ben da tutti talvolta non è conosciuta. Non voglio tacere, che l’equivoco osceno coperto con parole modeste, cag
francamente senza vergognarsi e così riesce più nocivo; massimamente che alle volte le persore semplici, non lo intendendo
; e lo usano, e replicano senza scrupolo proprio, e con riso di altri che odono, e intendono, onde quando poi soni avvertit
uenti. In quanto poi al ricrearli, e ridere consolatamente, ora dico, che Giacomo Mazzoni discorre con molta erudizione a p
ora dico, che Giacomo Mazzoni discorre con molta erudizione a prova, che il Ridicolo non fu sempre essenziale alla Commedi
, che il Ridicolo non fu sempre essenziale alla Commedia: e conclude, che Dante elesse una Favola Comica, la quale in tutto
questo non si conformi alle Regole di Aristotilecw, ma di quei Poeti che cangiarono la Commedia vecchia, non in quella di
nella quale la favola ridicola si mutò in un’altra maniera di favola, che era più tosto sopra qualche negozio verisimile de
era più tosto sopra qualche negozio verisimile de’ Cittadin privati, che fatto ridicolo: al che pare alludesse Robertello,
alche negozio verisimile de’ Cittadin privati, che fatto ridicolo: al che pare alludesse Robertello, quando scrissep. 41.« 
imitatur homines quasi negotiantes, et agentes. » Nondimeno concede, che il Ridicolo è cosa molto propria della Comica Rap
tazione: ma bisogna usarlo giudiziosamente, e con scelta, e arte tale che tutti i ridicoli rechino gusto agli Auditori, e l
lode meritata ai virtuosi Recitanti: e niun ridicolo deve cagionare, che si trasgrediscano le buone leggi del civil decoro
el civil decoro; il quale nell’Azioni Teatrali prescrive agli Attori, che abbiano riguardo alle qualità  e grado delle pers
gli Attori, che abbiano riguardo alle qualità  e grado delle persone, che vi concorrono : vuole, che considerino la disposi
uardo alle qualità  e grado delle persone, che vi concorrono : vuole, che considerino la disposizione degli animi degli Udi
e considerino la disposizione degli animi degli Uditori, e Uditrici : che mirino il luogo, ove parlano: il tempo, in cui re
ano: e le altre circostanze annesse alla modesta Commedia: e insegna, che secondo la convenienza di questi particolari usin
uditorio, e farebbe se stesso un ridicoloso Recitante. Sanno i Dotti, che le cose dette, ovvero Udite, intanto piacciono pe
agli Audotori, in quanto sono cornforme ai loro costumi: onde posto, che la moltitudine, concorsa per udire la Commedia, s
udire la Commedia, sia di persone virtuose, e oneste : come i Comici, che fanno, e vogliono, servare il necessario decoro d
, potranno mai dire oscenità in presenza di tale moltitudine ? Certo, che niuna proporzione si trova tra la puritàcy degli
nzi odio ; e non riporteranno lode, anzi vitupero. E di più aggiungo; che si mostreranno, o disonesti, o almeno ignoranti d
che si mostreranno, o disonesti, o almeno ignoranti dell’Arte buona, che professano di bene esercitare ; poiché possono ca
erbole, dalla metafora, dall’interpretazione, e da altri capi : senza che dica dalle persone, quali sono i vecchi, i servit
Graziani, e simili : essi vogliono cavare il ridicolo dalla oscenità, che è un capo bassissimo, trivialissimo, e lontanissi
L. 3 de sermone. De altero extremo, hoc est, scurrilitate.Io tengocz, che i Commedianti immodesti con i ridicoli osceni fac
e vivande : anche un banchetto riceve il titolo di abominevole, tutto che solo pochi piatti siano degni di abominazione; e
per generar malori, e produrre gravissimi nocumenti. Non v’è dubbio, che molte parole oscene, e laide mortali infettano di
Ma egli non ispiega ; ne io ho letto sin ora alcun suo Commentatore, che spieghi minutamente, e precisamente; quante parol
e spieghi minutamente, e precisamente; quante parole mortali faccino, che in sentenza di S.Tommaso l’azione sia peccaminosa
del pericolo delle anime: e di due parole brutte si dice con verità, che sono « turpia verba, illicita verba » : con tutto
ire col parere di molti Teologi interrogati da me sopra questo punto, che in semenza di S. Tommaso il numero di 4. ovvero 6
arole brutte mortali cagionano bruttezza a tutta la Commedia. E vero, che quando una parola sola fosse piena di grandissima
te per se solo a macchiare l’animo d’ogni persona ben nata; io credo, che dal S. Dottore si giudicherebbe potente, abbastan
potente, abbastanza, per far illecita l’azione ; ma perché non trovo, che la Quistione. « Utrum unum verbum ad hoc sufficia
nt, mortale peccatum fine dubio incurritur a facientibus. » Notisida, che quello, « Aliquid », qualche cosa, si verifica an
sola parola turpe mortale per rendere peccaminoso il Recitamento. Ma che  ? Beltrame stesso par, che sia di questo senso. «
per rendere peccaminoso il Recitamento. Ma che ? Beltrame stesso par, che sia di questo senso. « Non dico, scrive egli,che
Beltrame stesso par, che sia di questo senso. « Non dico, scrive egli, che in Commedia si nomini peccato da far’ arrossir i
ini peccato da far’ arrossir i Giovani puri, o le semplici Fanciulle, che in noi sarebbe errore. »C. 16. Io noto, che fave
o le semplici Fanciulle, che in noi sarebbe errore. »C. 16. Io noto, che favella nel numero del meno ; quasi che un solo g
bbe errore. »C. 16. Io noto, che favella nel numero del meno ; quasi che un solo grave errore di una parola renda tutta la
a illecita, e in degna di onorato recitamento. Ho udito da un Comico, che vide, e è buon testimonio in questo, che l’anno 1
ento. Ho udito da un Comico, che vide, e è buon testimonio in questo, che l’anno 1640 un Principe fece battere con scorno i
vertenza, e per abito cattivo, una sola parolaccia, quasi accennando, che una sola parola indegna comunica l’indegnità a tu
parola indegna comunica l’indegnità a tutta l’Azione. Ma non occorre, che io tratti più diffusamente questa Questione; perc
ente, e dottamente in rigore di scuola questa difficoltà : e risolve, che alle volte una sola parola può essere bastevoledb
ta sentenza appresso lui: e se gli pare alquanto duretta, si ricordi, che facilissimo è il rimedio per far lecita l’azione,
simo è il rimedio per far lecita l’azione, cioè levare quella parola, che la rende impura, restando ella nel rimanente con
a guida di S. Tommaso. Quesito Decimo Quali sono i fatti brutti, che rendono illecita l’Azione secondo San Tommaso. E
re, e deformi sbozzidd, è oggetto meritevole di biasimo. Voglio dire, che l’officio istrionico esercitato con parole modest
, come scrive S. Tommaso. E Caietano commenta per fatti turpi quelli, che di lor natura sono peccati mortali. « Multa enim
secundum se speciem mortalis peccati, sed potius alleviet ». Essendo che tal fine non dica secondo sé specie di colpa mort
luno. Equali sono i fatti turpi, mortali di lor natura ? Io rispondo, che Caietano dà questo esempio. Se uno per dar sollaz
io. Prendesi anche la voce, turpitudine, nel significato di oscenità: che però in S. Paolo Ephes. 5. La Siriacadf legge « O
« Turpido ». Ma quale si è la turpitudine mortale, e oscena ? Quella che efficacemente infiamma, e provoca alla disonestà:
giochi, ne’ quali si trova la turpitudine, e giochi antichi teatrali, che provocavano ll disonesto amore. Ne mi dica alcuno
ichi teatrali, che provocavano ll disonesto amore. Ne mi dica alcuno, che sono leggerezze veneree, turpitudini leggieru, e
erezze veneree, turpitudini leggieru, e non mortali; perché rispondo, che io so l’opinione di coloro che concedono « levita
gieru, e non mortali; perché rispondo, che io so l’opinione di coloro che concedono « levitatem materie in venereis excusan
n questi fatti gli affetti degli spettatori ? Lo dicano quei Giovani, che tutto dìdi lo sperimentano, quando stanno alle Co
? E dico. I turpi, mortali, secondo la lor natura. E tali sono quelli che provocano efficacemente alla disonestà. Aggiungo.
mente alla disonestà. Aggiungo. La rendono anche illecita quei fatti, che sono mortali per ragione dello scandali, che ne r
che illecita quei fatti, che sono mortali per ragione dello scandali, che ne ricevono gli spettatori deboli di spirito; per
ori deboli di spirito; perché le ragioni poste nell’ottavo Quesito, e che provano delle parole turpi, vaglionodj ancora per
em prabet ruinæ. » Lo scandalo è un detto, ovvero un fatto men buono, che porge ad altri occasione di spiritual ruina. Rest
erità troppo certa; dunque noi non la spieghiamo troppo ; ma diciamo, che la vita onesta de’ drammatici Reccitamenti resta
olte estinta con le ferite de’ fatti osceni, e disonesti ; intorno al che si questiona dimandando. Quanti fatti bastano  pe
, e morta alla virtù, e illecita un’Azione teatrale  ? E si risponde, che qualche volta è avvenuto, che un Santo, e zelante
ta un’Azione teatrale  ? E si risponde, che qualche volta è avvenuto, che un Santo, e zelante Principe non ha permesso il r
recitamento di un’ Azione; perché v’interveniva un solo bacio ; quasi che la regola del suo giùdizio fosse legge proibitiva
simo, e zelantissimo Ferdiriando II Imperatore ; la cui maestà seppe, che in una Commedia, che recitar li doveva nel suo co
Ferdiriando II Imperatore ; la cui maestà seppe, che in una Commedia, che recitar li doveva nel suo cospetto pubblicamente,
trattato senza veruna apparenza di altra oscenità : e subito ordinò, che si restasse affatto da tal recitamento: onde l’Au
a oscena per sentenza di un saggio, zelante, e moderno Imperatore. Ma che diremo noi teologi ? S. Tommaso si serve del nume
Onde secondo lui non basta un solo fatto; quando però non fosse tale, che contenesse una molto aperta oscenità; perché allo
le, che contenesse una molto aperta oscenità; perché allora io credo, che ancor’uno solo basterebbe. L’Anno 1635 io stavadk
i, un gesto di tanta indegnità, così fu riferito da chi era presente, che tutti, e tra tutti anche i più licenziosi, di mod
e tutti, e tra tutti anche i più licenziosi, di modo si vergognarono, che calarono unitamente gli occhi alla terra, oppress
si da gran vergogna, e niuno rise. Or qui, chi legge questo, negherà, che gesto di tal fatta, benché unico, bastasse per re
chi ciò  negasse ? Ma quello fu gesto, e fatto di un Comico: questo, che aggiungo, fu d’un Ciarlatano. Nellaa bella e gran
lla galera. Giusta condannazione, la quale serve a noi per giudicare, che quel Ciarlatano era tutto osceno per quel fatto s
lquanto i tasti già toccati: e far qui sentire un poco di quel suono, che altrove si forma con la nostra debolezza; voglio
lica voce, e fama, fuori del termine dell’onestà. Or và tu a pensare, che parole, e che fatti si veggono, e si odono in tal
ama, fuori del termine dell’onestà. Or và tu a pensare, che parole, e che fatti si veggono, e si odono in tali Commedie. C
ceNell’Orat. Gra. Contra Histriones. . Sono tali le moderne Commedie, che a pena una si recita senza lascivie. « Ut vixi am
Palermo, dice delle Commedie correnti del suo tempo; in cui scrisse, che fu l’anno 1585. Concorrono Ruffiani; e il Zanni c
ani; e il Zanni con la Serva è la falsa del Diavolo. Che farà vedere, che un Adultero chiede un bacio, e l’ottiene ? Che fa
farà vedere, che un Adultero chiede un bacio, e l’ottiene ? Che farà, che la donna fingendosi pazza, comparisce mezzo spogl
ente da queste imperfezioni. Io replico. Piacesse alla Divina maestà, che così fosse. Sarebbe un bel sereno dopo un ruinoso
se. Sarebbe un bel sereno dopo un ruinoso temporale. Forse può esere, che sia così rispetto di qualche buona, modesta e vir
, modesta e virtuosa Comagnia di Comici onorati: , a certissimo si è, che tal riforma non si è fatta universalmente nelle c
Può ella giudiziosamente, e indubitamente raccogliere, e concludere, che sono oscene, da questo solo accidente, che narro,
raccogliere, e concludere, che sono oscene, da questo solo accidente, che narro, tacendo gli altri. Nel pubblico Teatro all
i Comidi rappresentarono un disonesto tentativo di un ardito Amante, che si sforzava di assalire una bramata Donna, la qua
uasi videri noluerit, celat festina, quod volens detexerat. »Ep. 47.E che stimate per cotal fatto, o Padre ? Sono Commedie
o, e risolse di predicare: e lo fecero tonando, e fulminando in modo, che le sue parole, e i concetti suoi furono saette di
spetto di molti Cavalieri e molte Dame; e usavano fatti tali d’amore, che molte di quelle Dame dissero liberamente poi a ce
quelle Dame dissero liberamente poi a certi amici. Non si può negare, che la persona non si senta muovere, e affezionare. E
nare. E erano Signore di spirito, e vi andavano controvoglia loro. Or che diremo delle persone poco virtuose ? In oltre, di
ro. Or che diremo delle persone poco virtuose ? In oltre, diremo noi, che le moderne Commedie sono riformate, quanto convie
noi, che le moderne Commedie sono riformate, quanto conviene ? Dico, che no, e lo provo di puù con questo fatto di Comica
Dico, che no, e lo provo di puù con questo fatto di Comica autorità, che vale non poco per questo punto. Pochi anni sono,
Comica autorità, che vale non poco per questo punto. Pochi anni sono, che una Comica bella, modesta ; di buona volontà, e m
igata di seguitarlo, come io proverò nel c. 3. q. 9.) il quale vuole, che io comparisca in scena facendo l’innamorata, e ch
.) il quale vuole, che io comparisca in scena facendo l’innamorata, e che alle volte mostri il petto nudo, coprendolo con u
bianco trasparente ; e faccia altri atti, secondo richiede l’Azione, che recitiamo. Or qui noi di grazia argomentiamo da q
i abbastanza moderate, o no; se peccavano, o non peccavano. Io credo, che dica bene il Bonacina, ove dice. « Femine utentes
juxta consuetudinem patia absque prava intentione. »dnCioè. Le Donne  che coprono il petto con un velo si trasparente, che
e. »dnCioè. Le Donne che coprono il petto con un velo si trasparente, che non è riparo bastevole alla penetrante acutezza d
ella patria, e senza difetto di viziosa intenzione. Ma non credo già, che quella Comica sia accomodasse all’uso della sua P
est. »l. si remonerandi § si passus ff. mandat.Dunque infieriamo noi, che non è riformata abbastanza, e secondo la moderazi
moderazione di S. Tommaso la Commedia del nostro tempo. Forse è vero, che qualche Azione si vede recitata moderatamente; un
nte; un a un lampo non scalda un formo, direbbe un Comico: e io dico, che un giglio, e una rosa nata in un bosco, non fanno
co: e io dico, che un giglio, e una rosa nata in un bosco, non fanno, che la boscaglia nomar si debba grazioso, e ben colti
o, e ben coltivato giardino. La fama avvisa, e l’esperienza conferma, che poche Compagnie de’ Comici moderni recitano nell’
presentazioni. Ma consideriamo gli altri capi tocchi da S. Tommaso, e che appartengono all’uso moderato dell’Arte Comica, e
a, e del Teatro.   Quesito Duodecimo Che nocumento al prossimo, che tempo, che luogo, che negozio, e che persona rend
atro.   Quesito Duodecimo Che nocumento al prossimo, che tempo, che luogo, che negozio, e che persona rende illecita
Quesito Duodecimo Che nocumento al prossimo, che tempo, che luogo, che negozio, e che persona rende illecita la Commedia
imo Che nocumento al prossimo, che tempo, che luogo, che negozio, e che persona rende illecita la Commedia, secondo la do
ne humana »2 2. q. 168. a. 2. ad. I., scrive S. Tommaso. Ma conviene, che il gioco sia, come una bella rosa, che si gode od
crive S. Tommaso. Ma conviene, che il gioco sia, come una bella rosa, che si gode odorosa senza spina fastidiosa: cioè deve
oximo », dice un Teologo, e lo piglia da S. Tommaso, il quale scrive, che l’ufficio Istrionico è illecito, quando si serve
cumenti al prossimo. « His quæ vergunt in proximi nocumentum. » Mi di che nocumenti ragiona ? Egli lo spiega subito aggiung
e i Ciarlatani con le loro ordinarie Azioni ? Io rispondo. Non penso, che nocano mortalmente ne’ beni temporali: perché non
Ciarlatani per le loro buone mercanzie è prezzo giusto. Ma temo bene, che nocano mortalmente ne’ beni spirituali dell’anima
olti frequentano il banco de’ Ciarlatani. De’ Comici basti quel poco, che scrive Cellotio dicendo. Ora i nostri giochi sono
o giunti a termine tanto ignominioso per difetto degli infami Attori, che in lor presenza appena si può far un sorriso senz
rlatani poi con brevità ci avvisa il Giardino de’ Sommisti nel c. 321 che peccano per le parole disoneste, gesti, e scandal
per le parole disoneste, gesti, e scandalo; e per li cattivi costumi, che insegnano. Tutto è vero, ne mancano in prova i ca
azzo in banco, il qual diceva sfacciatamente tante, e tali indegnità, che pareva una bocca del postribolo: e io me ne confu
udire quelle indegnità: il secondo di aver scandalizzato le persone, che mi conoscevano, e mi vedevano perder il tempo in
so Sacerdote sentì pungersi il cuore da giusto rimorso; pensiamo noi, che tutti ciò sentano nel cuore ? Non lo pensa, credo
i ciò sentano nel cuore ? Non lo pensa, credo il pratico, anzi stima, che moltissimi gustano di quelle bruttteze, e diventa
tallina onda di fresco fronte, mille pensieri peccaminosi, e mortali, che sono poi tante ferite alle loro anime infelici. N
Non voglio dir altro de nocumentido: e  voglio anche tacere il tempo, che da S.Tommaso è chiamato indebito; perché basta qu
tempo, che da S.Tommaso è chiamato indebito; perché basta quel poco, che noterò nel Ricordo detto l’Instanza al Capo Quart
l’Instanza al Capo Quarto, Quesito undecimo: acciocché s’intenda, in che tempo si possa, o non si possa,  lecitamente usar
similia a in Ecclesia. » S. Antonino dice lo stesso. Altri vogliono, che luogo illecito per le Comedie, e per le Azioni pr
oni profane sia il Cortile, o Claustro sacrato. E Beltrame riferisce, che così fu stabilito col Decreto di S. Carlo. Anche
la più lungamente. Tocchiamo coti brevità le due ultime circonstanze, che sono di negozio, e di persona, delle quali dice S
anze, che sono di negozio, e di persona, delle quali dice S. Tommaso, che l’Azione istrionica non sia « præter convenientia
ia « præter convenientiam negotii, et personæ ». Cioè fuor di quello, che si convenga al negozio, e alla persona. Silvestro
di quello, che si convenga al negozio, e alla persona. Silvestro dice che non si facci con negoziato d’incantesimi, né da p
rsona. « Non decet Clericum talia exercere. » Il decoro non comporta, che tali Azioni siano esercitate da personaggi Cleric
ti da S. Tommaso intorno all’uso lecito dell’officio Istrionico : dal che pare che possa alcuno inferire. Dunque non sa cos
Tommaso intorno all’uso lecito dell’officio Istrionico : dal che pare che possa alcuno inferire. Dunque non sa cosa repugna
ilissimo Cavaliere, o quel vecchio Senatore, o quel soprano Principe, che alle volte si compiace di esercitarsi nella scena
scena e di comparire Attore nel Teatro. Io rispondo. S. Tommaso vuole che l’Azione non sia « præter convenentiam persone »,
illecita « moraliter et peccaminose », in ragion di peccato, dicono, che non è lecita alle persone sacre, o Religiose. In
alla prudente considerazione de’ pratici negli affari della politica che prescinde dal peccato. Forse posso dire con Ricca
materia super vires nostras aliquid temere præfumere. » Meglio si è, che io Conceda esplicazione di questo punto ad Autore
ia di trattar materia sopravanzante la debolezza delle forze mie. So, che Svetonio nella vita di Nerone scriveC 10.« Recita
e recitò versi nel pubblico Teatro con applauso così grande di tutti, che ne fu decretata una supplicazione aglidp Dei, com
altri Imperatori con tanta molteplicità di favori lidq hanno onorati, che non solamente sono del pari, ma che sono in avanz
ità di favori lidq hanno onorati, che non solamente sono del pari, ma che sono in avanzo; poiché se un giocatore perde cent
al gioco, ma d’avere vinto. Nerone ebbe la Commedia tanto in pregio, che la onorò fino col recitar egli stesso nelle pubbl
volte ciò han fatto altri viventi, i quali tralascio. Lodo Beltrame, che tralascia di nomaredr i Princìpi viventi, che han
alascio. Lodo Beltrame, che tralascia di nomaredr i Princìpi viventi, che hanno recitato: e poteva anche tralasciare i mort
are i morti nominati ; ma forse il galant’uomo suppone per verissimo, che qualsivoglia personaggio illustre, recitando pubb
a chiarezza della sua fama. E io temo assai di accettar per vero ciò, che egli suppone per verissimo. Scrive Tacito, che N
ccettar per vero ciò, che egli suppone per verissimo. Scrive Tacito, che Nerone « scenam inscendit, multa cura tentans cit
ropia persona, dice degli spettacoli rappresentanti azioni di guerra, che molte ragioni persuadono che il Re non vi si debb
ttacoli rappresentanti azioni di guerra, che molte ragioni persuadono che il Re non vi si debba intromettere; perciò che ci
lte ragioni persuadono che il Re non vi si debba intromettere; perciò che ciò non gli è decevole, né per l’essenza, né per
propria persona porger diletto ai sudditi in cose da gioco, di fine, che egli è de’ popoli suoi, si fa instrumentodv di es
e di Francia ha dimostrato: e questo è cosa contraria al fine del Re, che deve la vita sua alla pubblica salute riservare.
di sé, avvilisce la sua persona. Appresso potendosi ritrovare molti, che con maggior eccellenza di lui facciano cotali azi
ammirazione appresso de’ popoli, per la quale in ogni genere tengono, che egli sopra tutti sia eminentissimo. E con ciò sia
genere tengono, che egli sopra tutti sia eminentissimo. E con ciò sia che la maestà reale non significa altro, che somiglia
eminentissimo. E con ciò sia che la maestà reale non significa altro, che somiglianza di Deità, da essa il Re grandemente s
imandato sedx volentieri sarebbe corso nello Stadio Olimpio, rispose, che volentieri, se vi fossero de’ Re che facessero a
o nello Stadio Olimpio, rispose, che volentieri, se vi fossero de’ Re che facessero a correr secody. Onde venne a dimostrar
ossero de’ Re che facessero a correr secody. Onde venne a dimostrare, che le azioni, e giochi popolari a Re sono disdicevol
ti, ne’ quali s’impiegano i Soldati, e Caalieri: e egli non consente, che il Principe v’intervenga, esercitando insieme con
; o il pericolo di non disgustare i popoli altro non prescrivesse. Ma che avrebbe detto del comparire nella pubblica scenad
anche al manto di un virtuoso, e nobile Cavaliere. Crinito racconta, che Decio Laberio Cavalier Romano, e grave di età fu
e Decio Laberio Cavalier Romano, e grave di età fu pregato da Cesare, che , non solo componesse una Commedia, essendo poeta
, non solo componesse una Commedia, essendo poeta di famoso grido, ma che di più la recitasse nello scenico atteggiamento.
nico atteggiamento. Obbedì l’onorato Vecchio ma nella guisa migliore, che poté, scusò il fatto dicendo nel Prologo. « Ego
rum hoc die Uno plus vixi mihi, quam vivendum fuit. » Cioè. Quell’io che sessant’anni senza nota Stato son Cavalier tra mi
no Alunga il viver mio più dell’onesto. Ognuno può molto ben credere, che questo savio Gentiluomo stimò, « præter convenien
isentì tacitamente con quei versi del prologo, alludendo al Principe, che gli aveva comandato cosa indegna di un vecchio, e
lio aggiungere altro, ma solo pregare il prudente, e benigno Lettore; che nella bilancia della prudenza sua ponderi il deco
i ragiona de’ Dottori di santa vita, e di sana dotttina, confessando, che non si può far di meno, di non credere che, santo
ana dotttina, confessando, che non si può far di meno, di non credere che , santo zelo, e non mondana ambizione muovi la pen
o sempre condizionatamente, e parlano. Questi Dottori hanno mostrato, che si può non solo esercitare, ma vivere dell’eserci
ciò non mancano alcuni di mettere ogni loro spirito per far credere, che quei Dottori intesero di parlare solo di quelle C
credere, che quei Dottori intesero di parlare solo di quelle Commedie che dagli Accademici si recitano nelle Città. Dal par
elle Città. Dal parere di costoro si dilunga il Cecchino; e io credo, che con ragione si possa dilungare; perché i Dottori
 Vituperium propre debetur vitio, honor virtuti. » Un Comico valente   che è virtuoso, merita onorata lode, e merita di esse
ore; né si può giustamente aggregare all’infame ciurmaglia di quelli, che sotto il manto dell’Arte Comica, lecita, e onesta
esentano i loroteatrali mostri, cioè le Azioni illecite, e disoneste, che però sono degni di vitupero grande, e di gran cas
o e, ancora di totale sterminio, e di eterno bando. Replico io dunque che molti Dottori antichi, moderni oltre S. Tommaso d
he molti Dottori antichi, moderni oltre S. Tommaso dicono, e provano, che l’officio istrionico, e l’Arte Comica è lecita, e
quelli compongono odorosi mazzetti per difenderli dall’ingrato odore, che esala dal disonesto  e immoderato uso dell’Arte C
torità dovrebbero acquietar l’animo de’ contravversori, e accertarli, che questo caso è stato ventilato da persone di santa
to da persone di santa speculazione, e zelanti più dell’anime altrui, che del loro umano applauso. » A Beltrame io concedo,
l’anime altrui, che del loro umano applauso. » A Beltrame io concedo, che dice bene, volendo dire, che la Commedia è caso l
umano applauso. » A Beltrame io concedo, che dice bene, volendo dire, che la Commedia è caso lecito, e che l’Arte Comica è
oncedo, che dice bene, volendo dire, che la Commedia è caso lecito, e che l’Arte Comica è medesimamente lecita secondo i Do
ecita secondo i Dottori di Teologia; né io ho trovato alcuno di essi, che sono questi termini controverti dell’uso Comico.
nza distinzione, a me non pesa molto perché si vede chiaro da quello, che io scrivo, che non mi si confà cotal livrea. Dico
, a me non pesa molto perché si vede chiaro da quello, che io scrivo, che non mi si confà cotal livrea. Dico dunque, rispon
si confà cotal livrea. Dico dunque, rispondendo al presente Quesito, che i Comici moderni, professori di virtù, e di dottr
stessi, e l’uso moderno dell’Arte loro, e per provare in conseguenza, che le mercenarie azioni, e Commedie d’oggigiorno son
sì è l’Arte, quando gli Istrioni rappresentano cose brutte. Io dico, che secondo l’assenso de’ dotti un conosciuto ruffian
ito, e fatto da due persone innamorate, sono cose brutte. E aggiungo, che cose tali si rappresentano nelle mercenarie Azion
o. « Ita tamen, quod nihil turpe ibi misceantur. » Ma però con patto, che non si frapponga in quel gioco turpitudine veruna
to, che non si frapponga in quel gioco turpitudine verunaee. Io dico, che non è osservato comunemente dai moderni Comici, e
del peccato, ovvero dannazione: perché lungi da quel sen vanno coloro che si servono de’ giochi moderatamente. Io dico, che
el sen vanno coloro che si servono de’ giochi moderatamente. Io dico, che i moderni Comici, e Ciarlatano non si servono per
; perché ho inteso più volte, e da più personaggi degnissimi di fede, che vi frappongono innamoramenti, ruffianesimi, tocch
modo non utantur aliquibus illicitis. » Io dico, alludendo a Ranerio, che gli Istrioni moderni non fanno per ordinario l’of
derni comunemente fanno Rappresentazioni illecite. Caietano insegna, che il peccato de’ Comici non consiste in « exercitio
materia inhonesta, utendo actibus, aut verbis inhonestis ». Io dico, che questi atti, e queste parole secondo la comune re
constanze: ma può essere peccato per rispetto della materia. Io dico, che la materia peccaminosa con le parole e con i gest
l sollazzo ; e però è lecita, se si pratica con moderazione. Io dico, che l’esperienza convince, che la moderazione bastevo
a, se si pratica con moderazione. Io dico, che l’esperienza convince, che la moderazione bastevoleeg non si trova per lo pi
Vediamo noi i detti, e le sentenze di questi moderni; forse troveremo  che toccano tamburo, spiegano bandiera per combattere
en fondata, le autorita degli scrittori le servono più per ornamento, che per sostentamento : la vera gioia scopre per se m
per se medesima il suo valore: la verità suona la tromba sìeh forte, che risveglia, non solo gli antichi a salutarla, ma a
a con i suffragi delle loro sentenze. Che l’Arte Comica sia lecita, e che l’officio Istrionico illecito non sia, è verità,
di rugosa fronte, e difficile ; ma facile, certa, potente, e quello, che più importa, ben fondata sopra la ragione della d
alla conversazione della vita umana. Quindi con gli antichi Dottori, che l’approvano, si accordano i moderni, che non la r
ndi con gli antichi Dottori, che l’approvano, si accordano i moderni, che non la riprovano quando però si eserciti dentro i
es, recitent. »l. 5. resp. moral. q. 11.Cioè, Paolo Comitolo insegna, che gli Istrioni non peccano mortalmente, se non reci
erit intelligendum. »L. 1. De Trinitate.Quasi voglia significar il S. che non è buon gioco far dire da un Autore ciò, che n
glia significar il S. che non è buon gioco far dire da un Autore ciò, che non si contiene nei detti suoi : voler esprimere
o più volte, e riletto il luogo di Comitolo e sono astrettoej a dire, che non dice, come lo cita Beltrame ; e se così dices
eltrame ; e se così dicesse, direbbe errore perché la moderazione, di che ha necessità l’Istrione, non è la sola mancanza d
è la sola mancanza della turpitudine. S. Tommaso, e i Dottori dicono, che l’Istrione pecca mortalmente, quando « utitur his
m, quæ de se sunt peccata mortalia ». Quando si serve di cose nocive, che siano di lor natura mortalmente peccaminose, benc
persona. Dunque Comitolo direbbe errore dicendo, come vuol Beltrame, che gli Istrioni non peccano mortalmente, se non reci
mi chiede la sostanza del detto da Comitolo. Rispondo. Egli suppone, che la Commedia secondo la sua natura sia lecita; e t
iunt impudicas Comedias, culpam lethalem non effugere. » E vuol dire, che altrove ha mostrato, che gli Attori, e gli Spetta
culpam lethalem non effugere. » E vuol dire, che altrove ha mostrato, che gli Attori, e gli Spettatori delle impudiche Comm
i Spettatori delle impudiche Commedie sono rei di peccato mortale ; e che ha provato il tutto con cinque maniere ; le quali
medie antiche  ma contro le moderne del suo tempo. E infine conclude, che i Comici moderni osceni meritano d’essere cacciat
ati dai confini dell’umana generazione. Or posto questo, diremmo noi, che le moderne, e ordinarie azioni de’ Commedianti e
Nota unica Si continua la ponderazione di quelli moderni Dottori, che Beltrame allega. Con la gagliarda autorità di
ntiam amplectuntur. » Abbracciano la stessa sentenza. E se vuol dire, che , come Paolo Comitolo insegna, che gli Istrioni no
la stessa sentenza. E se vuol dire, che, come Paolo Comitolo insegna, che gli Istrioni non peccano mortalmente, se non reci
la lussuria ; così insegna Fillucci, e gli altri citati. Io rispondo, che , come Comitolo non insegna nel modo scritto da Be
um excitent, peccare mortaliter eas representantes. »Tr. 30 n. 210.Il che vale. Se le Comiche Azioni rappresentino brutti o
le Comiche Azioni rappresentino brutti oggetti, ovvero con modo tale, che perlopiù recitino alla disonestà, gli attori pecc
so scritto da Beltrame nell’allegar Comitolo: perché ogn’uno intende, che il dire. Titio non pecca mortalmente, se non fa q
r. » Allude ai Dottori Antichi citati avantiek Comitolo, e significa, che ancor Filliucci, e gli altri nomatiel sentenziano
, e significa, che ancor Filliucci, e gli altri nomatiel sentenziano, che l’Arte Comica e la Commedia è lecita. E se egli i
sue Institutionis n. 16 pagin. 166. Editionis Mutinen. » E aggiunge, che dica. « Mortaliter peccat, qui in Comoedias, aut
e sensuali delectatione, et tantum animi gratia. » E si deve notare, che Francesco Maria pone Marcello nella classe di que
aria pone Marcello nella classe di quei principali Teologi Scolatici, che insegnano, essere rei di peccato mortale gli Atto
enti. Onde Beltrame non lo poteva allegare, come favorevole alle sue, che per molti capi sono illecite. Dello stesso parere
rita di Marcello, e la pondera per minuto paratamente, e ne conclude, che egli « non favet Comoediis, quoniam sequitur sent
è questo. Tra pubblici peccatori si numeraem l’Istrione, cioè quello, che per officio recita le Commedie turpi, e prouocati
luto, e molto meno ammesso alla santa, e pubblica Comunione. Io dico, che le Commedie moderne per ordinario sono turpi per
en lenocinii, e per altre ragioni molto ben fondate. Dunque i Comici, che sono tali, si devono numerare tra pubblici peccat
intendat: quia ex se præbet sufficientem ruina causam. » E significa, che il Compositore, e l’Attore della Commedia brutta,
chi Istrionici non sono illeciti, se son fatti modestamente. Io dico, che moderni Istrioni non servano perlopiù la modestia
e ancora tra i Dottori allegati dal Comico a suo favore; ma io credo, che noi siamo i favoriti da lui, e non Beltrame. Prop
da lui, e non Beltrame. Propone il Bonancina, non le parole precise, che usa Beltrame, ma queste segnatamenteq. 4 de matr.
vanam curiositatem audiuntur. » E nel n. 22 dice degli Ecclesiastici, che mentre « assistunt Comoediis Comadys secluso scan
hilominus prohibitiones non obbligant sub mortali. » Io qui considero che il Bonacina parla delle Commedie turpi, come prov
iara illecite; come suppone lecitissime le oneste. Considero inoltre, che le moderne de’ Comici mercenari sono ordinariamen
tu. » Cioè. Alcuni sono Comici, piuttosto astrettiep dalla necessità, che mossi dal piacere; perché con altro artificio non
é, né per i suoi: né esercitano giochi turpi, ma liberali, cioè tali, che non fanno con i detti né con i fatti pregiudizio
e non dimeno apportano un consolativo diretto. E questi io non credo, che per tale esercizio vivano in cattivo stato. Quest
anza è favorevole ai Comici modesti, e prego il misericordioso Iddio, che tutti gli altri moderni professori dell’Arte Comi
ranza di molta gloria: onde si possa verificar di loro ancora quello, che di un Giocolatore fu rivelato al B. Pafnuzio; cio
ancora quello, che di un Giocolatore fu rivelato al B. Pafnuzio; cioè che doveva essere suo Compagno nella celeste beatitud
ch’ogni stato dell’umana vita ha avuto i suoi virtuosi Professori, e che il sole risplende per ogni clima; e cavino da que
da questa verità frutto copioso di cristiana santità; e si ricordino, che , chi chiude gli occhi, non gode il lume, e cammin
pittura compariscees men graziosa al lime di molte torcie; anzi par, che acquisti non so che di leggiadria, e di splendore
s men graziosa al lime di molte torcie; anzi par, che acquisti non so che di leggiadria, e di splendore, per più graziosame
oci risonanti, e torcie risplendenti le autorità de’ molti Scrittori, che si allegano per favore della Commedia, e dell’Art
non portare da Beltrame, il quale saggiamente dice, non aver dubbio, che non vi siano altre autorità da lui non vedute. Io
e non vi siano altre autorità da lui non vedute. Io ho vedute quelle, che qui porrò distintamente con il solito fine; cioè
trionica non è illecita di sua natura. E Agostino vituperando quelli, che fanno donativi agli Istrioni, non perciò fa illec
illecita l’Arte loro, quando sia priva di quelle cattive circostanze, che la rendono illecita. Io dico, che quest’Arte a no
riva di quelle cattive circostanze, che la rendono illecita. Io dico, che quest’Arte a nostro tempo non è priva ordinariame
usam ruine, quamvis illam non indendant. » E punto di verità patente, che i Compositori, e gli Attori delle Commedie, che c
to di verità patente, che i Compositori, e gli Attori delle Commedie, che contendono cose molto brute, e eccitative alla li
la cagione della ruina; benché essi non pretendano di darla. Io dico, che cose molto brutte, e provocative alla disonestà s
a disonestà sono le rappresentate fornicazioni e aulteri. E aggiungo, che queste non mancano alle volte nelle Commedie del
BECCHI, e fatta nella presenza di un gran popolo, e di molta nobiltà; che così appunto mi confessò, pochi anni orsono, un C
così appunto mi confessò, pochi anni orsono, un Comico principale, e che fu Attore in quella. Dunque a nostro tempo si fan
domanda. Se i giochi Istrionici siano leciti, questo Autor risponde, che leciti sono, se onestamente si fanno e illeciti,
tà, ovvero se esercitano con Rappresentazione di cose turpi. Io dico, che le burle, e i giochi fatti bruttamente, e disones
illecite per sentenza di Sanchez. II medesimo scrive nel citato capo, che sarebbe peccato mortale mirare i giochi Scenici c
rpi, dalle quali lo spettatore si muovesse alle disonestà. E io credo che oggetto sarebbe, se un Giovane debole di spirito
on focose brame di venire a cose disoneste. E affermo per certissimo, che i moderni Comici, per la maggior parte, non si as
L. x. n. 384.Giudicar si deve illecito quel gioco, il quale sia tale, che sognia indurre il Giocatore al commetter colpa mo
er giudizio di Reginaldo. Baldelli dichiara illecita quella Commedia, che è molto brutta, e molto eccita alle sozzure di Ve
p. Per. c. 7 § 9.Cioè. Nei Giochi prima, e principalmente si avverta, che non si cerchi il diletto ne’ fatti turpi, o nelle
i appellano diabolici. E pure molti moderni Comici, e Ciarlatani, par che non sappiano dilettar, se non usano parole, o fat
role, o fatti rutpi: dunque i loro scenici giochi sono diabolici, non che illeciti, per sentenza di Viguerio. Azor parlando
er sentenza di Viguerio. Azor parlando delle oscenità Teatrali, dice, che rare volte gli spettatori le mirano senza peccatp
i sono cagione di peccato mortale a loro spettatori fragili di virtù, che certo non mancano: perché si sa, e vede, che spes
tatori fragili di virtù, che certo non mancano: perché si sa, e vede, che spesso rappresentano loro molti lenocinii, molte
altri moderni Dottori; perché basta il notato sin qui per dichiarare, che illecitissime sono moltissime Azioni del moderno
n tutto ciò voglio aggiungere qualche altra autorità; acciocché quei, che hanno spirito di vera cristianità, fuggano più vo
volentieri, e più velocemente ogni pericolo di oscenità, ricordevoli, che , chi troppo si assicura, spesso trascura il suo b
ordevoli, che, chi troppo si assicura, spesso trascura il suo bene, e che malamente giunge al fiorito, e delizionso colle d
elle Comiche oscenità: e per ciò fare, voglio allegare altri Dottori, che formino un nuovo Coro, e col canto delle loro sen
presentazioniL. dell’onesto travaglio. Disc. 6., e mostra molto bene, che sono peggiori, che non erano gli antichi giochi G
l’onesto travaglio. Disc. 6., e mostra molto bene, che sono peggiori, che non erano gli antichi giochi Gladiatori, e pure q
roppo smoderata libertà de’ tnoderni Comedianti, dicendo in sostanza, che sono molto cattivi; poiché nell’arte loro egli tr
famiam, ubiquem turpitudinem, nullibi pilum probitatis. » E aggiunge, che questi mercenari Attori sogliono imbrattar la sce
s, amatoriis pulmentis scenam conspergere solent. » Ma chi può negare che oggigiorno quelle bruttezze non veggano, e non si
fruttuosa del Fanciotti detta il Giovane Cristiano, dicec. 15. 3 p. , che le Commedie d’oggi contengono sempre cose lascive
4 dell’Etica. E tali detti, e fatti si esamineranno in due mdi: prima che non repugnino alla retta ragione con disonestà: s
di: prima che non repugnino alla retta ragione con disonestà: secondo che non dissolvano i costumi. Questo è quanto al sogg
i deve osservare il tempo, il luogo, e la qualità delle persone: cioè che i detti, e fatto fianco convenienti al tempo, al
l suo senso intorno alle correnti Commedie dicendo così. Le Commedie, che vanno per l’Italia, sono comunemente pessime, e p
e come peste dovranno essere sterminate dal Cristianesimo. Io credo, che niunex Savio, e pratico della moderna, e mercenar
unex Savio, e pratico della moderna, e mercenaria scena vorrà negare, che l’Azioni de’ nostri Commedianti non siano illecit
nostro riprensivo affetto, e vituperiamo anche con la lingua quelli, che per cagione della lingua si rendono degnissimi di
amo col manto di tollerabile ricreazione quel trattenimento teatrale, che per verità si è una intollerabile dissoluzione. B
stumi: dove si rappresentano amori lascivi: e dove sono tanti Demoni, che stanno investigando con maleey suggestioni, quant
e stanno investigando con maleey suggestioni, quante sono le persone, che vi dimorano. Nota Girolamo Fiorentino nella sua
ediocrisi, parlando delle Commedie disonesteez, licenzione e illecite che le correnti sono illecite, se si deve credere a p
gnis adhibenda est fides, tales ut plurimum esse suspicior », dubito, che per lo più tali, cioè illecite, siamo quelle del
non usare esagerare; ma scrivere con tutto rigore scolastico a fine, che si distinguano giudiziosamente le lecite dalle il
ssatempo pubblico, dice. Le materie Comiche sono ordinariamente tali, che l’onestà non v’ha parte alcuna: e i Comici fanno
v’ha parte alcuna: e i Comici fanno più presto l’officio di Ruffiani, che d’Istrioni.Dunque le moderne Commedie furono ordi
ommedie le quali contengono cose, ovvero modi di molta turpitudine, e che eccitano alla disonestà; e la ragione si è, perch
i bruttezza; perché allora non sarà colpa mortale, ma veniale; atteso che non eccitano, né dispongono alla disonestà da vic
ve lasciamo l’autorità degli stessi modici moderni ? Parlo di quelli, che professano di essere Attori onorati, virtuosi, mo
i il Comico Cecchino, e Beltrame. Il Cecchino dice ne’ suoi Discorsi, che i Santi Dottori non vogliono, che la materia dell
Il Cecchino dice ne’ suoi Discorsi, che i Santi Dottori non vogliono, che la materia della Commedia attenda alla distruzion
io approvo il detto di questo Comico: ma non posso approvare quello, che vi aggunge dicendo. Cose, che ogginon si costuman
Comico: ma non posso approvare quello, che vi aggunge dicendo. Cose, che ogginon si costumano. Perché io veggo, e lo veggo
che ogginon si costumano. Perché io veggo, e lo veggono tutti quelli, che vogliono aprire gli occhi, che oggi molte Compagn
é io veggo, e lo veggono tutti quelli, che vogliono aprire gli occhi, che oggi molte Compagnie di Comici con le loro osceni
cite per sentenza del Cecchino, il quale anche confessa candidamente, che a nostro tempo non mancano Professori dell’Arte c
ù spesso a nostro favore contro le illecite Rappresentazioni. E vero, che egli nel c. 58 dice. « La Commedia è oggi mai pas
a è oggi mai passata per la trafila: e se già fufc, chi la biasimò; o che non la conobbe, o che non era simile alla nostra.
er la trafila: e se già fufc, chi la biasimò; o che non la conobbe, o che non era simile alla nostra. » E nel c. 59 propone
ttato dell’Arte Comica cavato da S. Tommaso, e da altri Sommisti, con che prova, che la Commedia è lecita. Ma è verissimo a
Arte Comica cavato da S. Tommaso, e da altri Sommisti, con che prova, che la Commedia è lecita. Ma è verissimo ancora, che
isti, con che prova, che la Commedia è lecita. Ma è verissimo ancora, che il medesimo Beltrame concede in più luoghi, che t
a è verissimo ancora, che il medesimo Beltrame concede in più luoghi, che tra Comici modesti se ne trovano degli osceni, e
no stati modesti : sempre vi sono stati buoni, e rei: troppo farebbe, che tutti i Comici fossero uomini dabbene. » E nel c.
nore, e fedeli all’ignoranza ». E poco dopo aggiunge. Troppo farebbe, che fra tante persone libere, e comode a poter far ma
vasse più d’una spropositata, e forse manigolda: : io ho gran dolore, che vi siano Comici mal costumati. Beltrame ha ragion
aver gran dolore; perché certamemente vi sono oggi molti Commedianti, che fanno Azioni tali, che, per sentenza d’ogni Comic
é certamemente vi sono oggi molti Commedianti, che fanno Azioni tali, che , per sentenza d’ogni Comico virtuoso, dotto, e on
lti Comici moderni sono illecite ? La sola faccia della disonestà, che mostrano le Azioni, e le Commedie di molti mercen
per meglio stabilire il desiderio di fuga ne’ virtuosi. Dico dunque, che la Commedia poco onesta è illecita per molte ragi
o facilissimo, e accomodatissimo alla natura, e capacità d’ogni uomo: che è presentare alla natura corrotta, e al male incl
ia quasi di tutti i sensi, e insegnare all’uomo le maniere; e i modi, che tener, dove, per facilmente e presto conseguire o
esto conseguire ogni sui intento, benché il disordinatissimo: di modo che la Rappresentazione disonesta è come un’avvicinar
come un’avvicinare il fuoco all’esca del nostro senso, il quale ancor che sia lontano dall’oggetto, molte volte però s’acce
lontano dall’oggetto, molte volte però s’accende, arde, e si consuma, che sarà poi vicino ? Di più è come una scola aperta
nsegna; ne te lo insegna in un modo poco efficace ; ma con l’esempìo, che è modo, e mezzo efficacissimo, per apprendere ogn
per apprendere ogni cosa benché difficile; quanto più poi il peccato, che è tanto stretto amico della nostra guasta natura 
uasta natura ? » Ne con l’esempio solamente; ma con le parole ancora, che sole, semplicemente prounciate, come tante scinti
bastano per accendere dentro di te ogni gran fuoco di concupiscenza: che faranno dunque moltissime insieme, tanto artifici
tuoi costumi ? Perché se bene sono favle, e finzioni poetiche quelle, che si rappresentano; nondimeno è sempre vero il dett
dum fingit; infligis. » L’Istrione impiaga il cuore all’amore, mentre che finge amore. Credo, che quella prima ragione, qua
L’Istrione impiaga il cuore all’amore, mentre che finge amore. Credo, che quella prima ragione, quasi acceso doppiere, facc
esta fuga, e di perseverare abominazione. Vengo alla seconda ragione, che è quella, che alcuni innominati portano appresso
i perseverare abominazione. Vengo alla seconda ragione, che è quella, che alcuni innominati portano appresso Beltrame, e de
na si muovono a biasimare le sceniche Azioni, volendo fare argomento, che essendo la Commedia un passatempo, composto di pa
e, e di gesti, le parole e gesti non possono essere tanto aggiustati, che non abbiano partecipazione con le oscenità; e per
bito cattivo, e invecchiato in queste sordidezze. Mi ricordo quello, che , molti anni sono, occorseff nel Seminario Romano.
enire i Comici Mercenari; mi diede loro espresso, e replicato ordine, che non dicessero, né facessero cosa di veruna osceni
racconto ho io inteso da personaggio vecchio: religioso e gravissimo, che allora giovanetto si trovava presente in seminari
vissimo, che allora giovanetto si trovava presente in seminario. Ecco che la forza dell’abito cattivo esceno fa sdrucciolar
discrivere la risposta del proposto Quesito. Beltrame del c. 53 dice, che si ricercano le autorità alle cose dubbiose, le.
o, per essere, o lontane, o passate, o sconosciute; ma della Commedia che occorre, che un Savio mi dica, che sia buona, o r
, o lontane, o passate, o sconosciute; ma della Commedia che occorre, che un Savio mi dica, che sia buona, o rea: se io mi
, o sconosciute; ma della Commedia che occorre, che un Savio mi dica, che sia buona, o rea: se io mi posso chiarire, quando
he sia buona, o rea: se io mi posso chiarire, quando voglio ? Ridico, che sono tutte stiracchiature: una buona coscienza va
e è un ricercar il coraggio tra gli Arsenali. Io rispondo a Beltrame, che si ricerca il coraggio, e il cuore per opporsi co
, e il cuore per opporsi coraggiosamente alle oscenità, e ai peccati, che provano l’anima della vita spirituale. E si è dic
edianti mercenari hanno per ordinario delle oscenità mortali in modo, che il Teologo Bresciano nell’AntidotoC. 1 p. 3. le c
Teologo Bresciano nell’AntidotoC. 1 p. 3. le chiama Commedie nefande, che di natura loro sono incitative al peccato. E ques
edicare in una Città l’anno 1639 quand un amico gentiluomo mi avvisò, che certi mercenari Commedianti dovevano venire, e ch
tiluomo mi avvisò, che certi mercenari Commedianti dovevano venire, e che di grazia io non predicassi come aveva predicato,
o, non vogliamo le oscenità; e espressamente pribiamo ai Commedianti, che non usino certi gesti osceni, né certi equivoci b
ità de’ moderni Commedianti; questa è difficoltà più grave di quello, che ella per avventura si persuade. Il cortese genti
ger la Supplica di Nicolò Barbieri, detto Beltrame, diretta a quelli, che scrivendo, o parlando, trattano de’ Comici, trasc
, trascurando i meriti delle Azioni virtuose. E l’Amico mio mi parve; che volesse dire. Le Commedie fatte secondo le regole
Io volentieri accettai l’Opera di Beltrame; la lessi subito, e notai, che cristianamente l’Autore condannava a tutta forza
i siano le commedie illecite per le mortali oscenità: anzi supponeva, che alcune cose, pubblicamente rappresentate, non fac
e illecita: per atto di esempio una pubblica comparsa di un Ruffiano, che col pubblico negoziato del suo ruffianesimo ruina
, nel quale sono Giovani malefk inclinati, e persone deboli di virtù, che per tali rappresentazioni commettono almen col pe
della Commedia oscena, e illecita. Il Savio avvertito di un pericolo, che prima non conosceva, subito lo fugge; e se non lo
abbondante, e pieno di molti, belli, e odorosi fiori, il levarne uno, che sia di nocivo odore, non è dar materia di giusta
i, quando egli poco, o niente malore scorge in un soggetto. Le Donne, che non sono Comiche di professione, comparisconofo d
onde tal comparsa non porge molta materia di ragionare, come di cosa che rechi ai Fedeli qualche pericolosa infezione. Con
ricolosa infezione. Con tutto ciò possiamo dire di tali Donne quello, che alcuni dicono delle Comiche ordinarie appresso Be
omiche ordinarie appresso Beltrame. « Alcuni vorrebbero, scrive egli, che si recitassero le Commedie senza introdurre Donne
recitassero le Commedie senza introdurre Donne nella scena: e dicono, che certi gesti talvolta lascivi possono lasciare; e
scena: e dicono, che certi gesti talvolta lascivi possono lasciare; e che certi equivoci scandalosi si possono rendere ones
ciare; e che certi equivoci scandalosi si possono rendere onestifp ma che , non levando le Donne, l’occasione non si leva; e
ere onestifp ma che, non levando le Donne, l’occasione non si leva; e che le sensualità corre al naturale difetto, come a s
e che le sensualità corre al naturale difetto, come a sua sfera: ove che si può peccare dispositivamente: ma se invece di
care dispositivamente: ma se invece di femmina recitassero fanciulli, che sarebbe levato il perigliofq, e anche lo scandalo
a loro opinione, e io ho la mia. » Beltrame fin qui. Ma io considero, che egli non dichiara, chi siano questi, Alcuni, o Qu
siano questi, Alcuni, o Questi tali: lo dichiarerò dunque io dicendo, che sono tutti quei prudenti, che mirano alla pratica
tali: lo dichiarerò dunque io dicendo, che sono tutti quei prudenti, che mirano alla pratica del mercenario Teatro, nel qu
alla pratica del mercenario Teatro, nel quale vedono per esperienza, che la comparsa di vera Donna in scena è manifesta ca
e con essa rispondere al Quesito. La comparsa di vera Donna in scena, che non sia Comica di professione, ne facciafr Rappre
. adversus Ultia. » S. Giovanni Crisostomo scrive d’aver inteso dire, che alcuni nel vedere solamente certe Statue di marmo
iunge. « O se tanta forza aveva un’effige dura, insensibile, e morta, che impeto avrà un’effige viva, baldanzosa, colorita,
ordine al sentir la Donna l’autorità di S. Tommaso, il quale avvisa, che « verba muliebri sunt in flammantia »L. 5. c. 15.
ve a modo di scintille, e si conferma con la scrittura; ove si legge, che il femminile parlare è quasi uno sfavillare per a
« Mulieris in silentio discat: docere mulieri non permitto. » Voglio che la Donna taccia come discepola, e non che parli c
ieri non permitto. » Voglio che la Donna taccia come discepola, e non che parli come maestra1. c. 2. XI.. E a Corinti scriv
; perché non è permesso loro il favellare. Ma se S. Paolo non voleva, che le Donne a suo tempo parlassero in Chiesa, neanch
che le Donne a suo tempo parlassero in Chiesa, neanche per insegnare, che direbbe ora, che scriverebbe, che comanderebbe, s
o tempo parlassero in Chiesa, neanche per insegnare, che direbbe ora, che scriverebbe, che comanderebbe, se intendesse una
o in Chiesa, neanche per insegnare, che direbbe ora, che scriverebbe, che comanderebbe, se intendesse una Donna cristiana c
Rappresentazioni ammaestrare, e dilettare gli spettatori ? Io credo, che infiammato di Apostolico zelo scriverebbe, e pred
enza dovuta alla nobiltà, e alla virtù dell’Auditorio, parlò in modo, che in sostanza non temé di nominare pubblicamente qu
ornicazioni, di adulteri, e di omicidi: e fece colpo tale predicando, che da quelle pudiche Signore fu lasciato il disegno,
altri migliori, e memo pericolosi trattenimenti. E o piacesse a Dio, che così avessero fatto in altro luogo alcune Dame, e
mate da lingue imprudenti, per non dire malvagie, e serpentine quello che fu di peggior rilievo, molti poi col tempo restar
issima Città del bel Regno di Sicilia fu risoluto, pochi anni orsono, che , volendo fare un’Azione alcune Donne nobili, e on
nte, è cosa tanto pericolosa di cagionarfx peccato nei poco virtuosi, che par si possa nominare Trappola di Satanasso, allu
e par si possa nominare Trappola di Satanasso, alludendo al concetto, che S. Agostino ebbe degli Spettatori, quando scrisse
coli massimamente delle Donne, per trappolarfy di nuovo, quelle anime che vede esser fuggite dagli inganni suoi, e dalla ti
ra navigazione; ma le spesse fortune, e i moltiplicati sommergimenti, che occorrono ai naviganti, fanno star con timore chi
Quaresima. Vuole il Giraldi, e ce lo ricorda Raffaello delle Colombe che il primo, che conducessegc Donne in scena, fosse
ole il Giraldi, e ce lo ricorda Raffaello delle Colombe che il primo, che conducessegc Donne in scena, fosse quel disonesto
inico , di cui fa menzione Platone in Minoe: quasi volesse, credo io, che la femminile comparsa fosse praticamente un effic
ile comparsa fosse praticamente un efficace invito alla disonestà: da che io stimo di poter affermare, che cotal comparsa è
n efficace invito alla disonestà: da che io stimo di poter affermare, che cotal comparsa è illecita almeno nella pratica: f
in Banco, e parlante di lascivo amore nel pubblico Auditorio, ove sa, che sono, almeno alcuni conosciuti da lei in particol
almeno alcuni conosciuti da lei in particolare, deboli di spirito, e che peccheranno, è un’oscenità scandalosa, e però è i
no praticamente. Io intendo per Comica ordinaria una di quelle Donne, che vagando se ne vanno per molti, e vari paesi, unit
dei Mercenari Comici, o Ciarlatani; le quali Donne, o sono Fanciulle, che si allenano per il Teatro o sono mogli degli stes
ine ho voluto molte volte cacciare i Comici dai Templi con quei modi, che la loro sfacciataggine ricercava. » Questo conce
omiche spiega quel pratico del mondo. Ma io non credo tanto di tutte; che forse ve ne sono delle buone in realtà: ma dico,
tanto di tutte; che forse ve ne sono delle buone in realtà: ma dico, che una Comica di professione, qualsiasi sia, o di re
ettare, e parlando d’amore per dar diletto, è moralmente impossibile, che non faccia cadere in peccato chi la mira, e sta a
irtù, anzi con molta inclinazione alla disonestà. E quindi inserisco, che questa comparsa è un’oscenità scandalosa, condann
mixtim agere in Theatro viderene ? »  Che cosa avrebbero detto, e con che nervo di zelante eloquenza avrebbero favellato qu
ebbero detto, se fosse loro stato concesso di vedere al tempo nostro, che nel Teatro con gli uomini compaiono ad atteggiar
ro con gli uomini compaiono ad atteggiar ancor le Donne, e Donne tali che senza nota di temerarietà si possono giudicare im
non risponde alla richiesta: dunque noi possiamo rispondere, dicendo, che S. Cipriano avrebbe affermato, che la comparsa fe
noi possiamo rispondere, dicendo, che S. Cipriano avrebbe affermato, che la comparsa femminile in scena « expugnat boni pe
e accendono nei cuori degli Ascoltatori le fiamme di tanta lascivia, che tutte paiono d’essersi accordate di spiantar dall
ascio altri luoghi dei S. Padri; e a questi allegati no dica alcunogg che sono contro le oscenissime oscenità dell’antico t
on del moderno: perché io ho presi questi pochi dal numero dei molti, che Teofilo Rainaudo, Teologo del nostro tempo ha rac
circa questa materia della Comica comparsa femminile. Non v’è dubbio, che le cose più vicine al nostro tempo sogliono muove
e i grandi colossi da vicino empionogh lo sguardo dei vagheggiatori, che gli stessi da lontano. Quesito Terzo La comp
i Moderni Dottori ? L’evidenza di un grave morbo, e la strage, con che ruina molti, cagiona bene spesso, che si supponga
n grave morbo, e la strage, con che ruina molti, cagiona bene spesso, che si supponga certissima la sua pestilenza . Questo
la sua pestilenza . Questo si avvera nell’evidente danno spirituale, che reca alle anime cristiane poco virtuose la compar
a si vegga in scena. Mazarino avvisa per i Superiori. Non permettano, che Donne recitinoRag. 110.. Reginaldo dice, che il C
periori. Non permettano, che Donne recitinoRag. 110.. Reginaldo dice, che il Confessore deve interrogare il Superiore. « An
esque procul relegent »Quod Gubernatore et Prefectum. In c. 1. Mich., che caccino i Commedianti, e le Comiche loro. Baldell
Mich., che caccino i Commedianti, e le Comiche loro. Baldelli scrive, che i Comici peccano mortalmente, se la Commedia è mo
tacere »p. 5. trat. De scandalo Res. 31.. Cioè Pecca quella Femmina, che in preferenza dell’Amante forma parole, con le qu
Casano appesso il Franciotti dice. Se altro non fosse nelle Commedie, che la mostra sconcia, che fanno di loro le donne per
iotti dice. Se altro non fosse nelle Commedie, che la mostra sconcia, che fanno di loro le donne per altro impudicissime, i
a, ornata lascivamente, la quale essendo con attenzione mirata, senza che vi fosse altro, questo solo è manifesto pericolo
esagerate, ma per mostrare il vero con tutto rigore scolastico, dice, che sono affatto illecite quelle Commedie, nelle qual
ancesco Arias, scrive. Si congiunge con questo abuso di questi tempi; che inqueste Commedie recitano le Donne tra gli uomin
nel trat. della Mortific. al c. 35.. Ci avvisagi la Sacra Scrittura, che la veduta della donna acconcia scandalizza, e ucc
a veduta della donna acconcia scandalizza, e uccide i cuori di molti: che il suo ragionar piacevole è come il fuoco, che ac
cide i cuori di molti: che il suo ragionar piacevole è come il fuoco, che accende i cuori d’amore disonesto, e che è, come
r piacevole è come il fuoco, che accende i cuori d’amore disonesto, e che è, come coltello di due tagli, che ferisce, e amm
cende i cuori d’amore disonesto, e che è, come coltello di due tagli, che ferisce, e ammazza l’anima con morte di colpa, e
, e di pena eterna. Aggiungo il sentimento di un moderno personaggio, che satireggiando ha scritto. « Ma per colmar la pub
ono le Calpurnie in scena, Che furono già dai tribunali escluse. » Ma che occorre aggiungere altri moderni ? Non bastano qu
iungere altri moderni ? Non bastano questi per provar con l’autorità, che la Comica comparsa di Donna è illecitissima ? Con
comparsa di Donna è illecitissima ? Con tutto ciò rendiamone ragione: che così meglio conficcheremo il chiodo; e il nostro
mazza, e questa mostrano contro la comparsa delle Comiche ordinarie, che ragionano d’amor in banco, o in scena nell’Audito
più diffusamente con questo tenore. Della Donna in generale si legge, che il peccatore sarà preso da lei, « Peccator capiet
la. »gk Che dovremmo credere noi di Donne tanto impudiche, e procaci, che oltre l’adornarsi con ornamenti di Meretrici, com
, e molli; e dicono parole così ardenti, e piene di fiamma infernale, che bastano, per far ardere i più Savi del mondo ? Ch
ar ardere i più Savi del mondo ? Che effetto dunque possiamo credere, che facciano, quando a bello studio, con artificio is
ello studio, con artificio istrionico per infiammare ? E di cose poi, che da per loro stesse possano far ardere d’impudica
gono anche i movimenti della persona, gli sguardi, gli sdegni, e quel che non si può dire senza rossore, gli abbraccigm, e
e non si può dire senza rossore, gli abbraccigm, e altro di peggiore, che da questi infernali furie in pubblica scena si ve
i infernali furie in pubblica scena si vede fare. Io taccio il resto, che dice il Casano, bastando il poco suddetto per acc
molte ragioni contro la comparsa della Comiche; e passo alle ragioni, che si possono apprendere dal detto altrui. Ribaldine
endere dal detto altrui. Ribaldineria si fa sentir dicendo. Al sicuro che quelle cose rappresentate dagli uomini, e Femmine
imenti, e gesti delle moderne Comiche tutti spirano disonestà; e però che effetti hanno a seguire nei cuori deboli che le g
pirano disonestà; e però che effetti hanno a seguire nei cuori deboli che le guardano, e odono, se non quello, che succedet
o a seguire nei cuori deboli che le guardano, e odono, se non quello, che succedette ad Olofrone dal guardar l’andare diGiu
non quello, che succedette ad Olofrone dal guardar l’andare diGiudit, che , come dice la Scrittura, rimase prigione, e schia
ome dice la Scrittura, rimase prigione, e schiavo di disonesto amore, che gli fu cagione della morte temporale, e eterna ?
i fu cagione della morte temporale, e eterna ? Dice l’Apostolo Paolo, che non permette, che la Donna per savia che sia, ins
morte temporale, e eterna ? Dice l’Apostolo Paolo, che non permette, che la Donna per savia che sia, insegni in pubblico;
rna ? Dice l’Apostolo Paolo, che non permette, che la Donna per savia che sia, insegni in pubblico; perché parlando la Donn
in pubblico; perché parlando la Donna, dice Anselmo, provoca coloro, che l’odono, ad amore disonesto. Che farà il veder Do
nte vestite rappresentare con opere, e parole cose lascive ? Certo è, che il Demonio le piglierà per strumento per uccidere
per strumento per uccidere le anime: come testimonianogo gli esempi, che di ciò vengono ogni dì. Raffaello delle Colombe s
contro le Comiche, e la spiega con tal guisagp. San Paolo non vuole , che nelle Chiese predichino le Donne. E S. Anselmo di
te una Giovanetta, la quale si fa vedere da un Giovane, da cui crede, che sarà desiderata disonestamente. E risponde, che s
iovane, da cui crede, che sarà desiderata disonestamente. E risponde, che sì. E che pecca mortalmente di peccatoDe matr. q.
cui crede, che sarà desiderata disonestamente. E risponde, che sì. E che pecca mortalmente di peccatoDe matr. q. IV. p. 9.
teneman vitare aliarum pecata, quando commodè pessumus. » Cioè. Dico, che la Donna, quando teme d’essere amata lascivamente
e, è obbligata di non comparire in pubblico, e astenersi dall’azione, che da occasione alla rovina altrui; quando può senza
ivare i peccati degli altri, quando possiamo comodamente. Ed io dico, che si avvera questa Dottrina di una Comica ordinaria
per sentenza di Bonacina, e del Diana, e per sentenza ancora d’altri, che appresso dichiarerò, bramando, che i loro detti s
na, e per sentenza ancora d’altri, che appresso dichiarerò, bramando, che i loro detti siano soccorsi nuovi alla mia debole
Si continua la stessa materia. Io non ho difficoltà di credere, che tra le molte, e mostruose Sirene del Comito Mare
he, trattano per ordinario con dottrine, massime, e presupposti tali, che sono di riprensione, e di condannagq a tutte le C
o del turpe amore gli animi degli uditori, e spettatori. Io rispondo, che di sua natura è peccato mortale; e gli spettatori
Navarro, Soto, e Alense. Ma Hurtado basti per ora in luogo di molti, che provano il mio senso. Egli nel Vol. 2. de 3. Virt
8. susec. 3., e le femmine loro scorta, e gli uomini perditos. Prova, che vivono in peccato mortale, e in pericolo di molti
via sempre più i peccati per ragione del loro vivere insieme. Spiega, che sono persone, le quali giorno, e notte meditano d
do per colloquiare segretamente; onde moralmente è quasi impossibile, che con tal vita non si commettano adulteri. « Referu
cer impossibile uitare alduleteriam. » Aggiunge di più questo Autore, che le Donne sono belle, ornate, dicaci, cantatrici,
saltria perite ludi scenici ». E però Donne tali sono amate da molti, che fanno loro molti, e preziosi donativi. Queste, e
olto amica dell’ozio, e della dissoluzione. Questo è parte di quello, che Hurtado scolasticamente disputando, dice dei mode
e Comiche loro Compagnie: e porge fondata ragione a noi di replicare che la pubblica comparsa di Femmine tali in Teatro è
llecita, e perniciosa. Francesco Ribera dopo aver citato S. Cipriano, che deplorava le misere Teatrali del suo tempo, aggiu
spectas et audiunt. » Nè dica contro Hurtado, o di Ribera alcuno ciò, che Beltr. Scrive, per volere persuadere, che nelle c
do, o di Ribera alcuno ciò, che Beltr. Scrive, per volere persuadere, che nelle compagnie dei Comici le comiche servono ogn
compagnie dei Comici le comiche servono ogni buona legge di onestà: e che tra loro l’emulazione cagiona molto più odio, che
legge di onestà: e che tra loro l’emulazione cagiona molto più odio, che amore, e che un Comico onorato marito, sa custodi
stà: e che tra loro l’emulazione cagiona molto più odio, che amore, e che un Comico onorato marito, sa custodire la moglie
he un Comico onorato marito, sa custodire la moglie tra i compagni: e che l’interesse proprio mantiene illeso l’onore altru
compagni: e che l’interesse proprio mantiene illeso l’onore altrui; e che l’uso di udire ragionamenti di amore fa spezzatri
e ragionamenti di amore fa spezzatrici d’amore le medesime Comiche; e che la piccola dimora nei luoghi non porge comodità a
hi non porge comodità alle lascivie con i cittadini: e altre ragioni, che forse valevano per giudicare i Comici, e le Comic
i personaggi degnissimi di fede. E Hurtado nel citato luogo professa, che ciò, che scrive, l’ha saputo per fedele relazione
ggi degnissimi di fede. E Hurtado nel citato luogo professa, che ciò, che scrive, l’ha saputo per fedele relazione di quell
he scrive, l’ha saputo per fedele relazione di quelle stesse persone, che seguono le compagnie dei Comici moderni, onde se
l’esperienza quotidiana testimoniagt: ne occorre moltiplicar Dottori, che con moltitudine di ragioni provino una verità cos
hiero, d’un riso vezzoso, d’un portamento leggiadro d’una bella Dama, che quanti discorsi si facessero mai nelle scene. Ed
ma, che quanti discorsi si facessero mai nelle scene. Ed io rispondo, che i discorsi delle Comiche in scena non sono vivand
no poi il tutto con una certa malizietta tanto sagace, e artificiosa, che divenute Maghe di Venere feriscono sì, che pochi
nto sagace, e artificiosa, che divenute Maghe di Venere feriscono sì, che pochi si fanno schermire, che non restino in qual
divenute Maghe di Venere feriscono sì, che pochi si fanno schermire, che non restino in qualche maniera malamente piagati.
ie, e brutte; ma comparivano, e atteggiavano con maniera tanto bella, che non potei ritenermi, che non dicesti. O guarda tu
ano, e atteggiavano con maniera tanto bella, che non potei ritenermi, che non dicesti. O guarda tu di grazia, con che garbo
che non potei ritenermi, che non dicesti. O guarda tu di grazia, con che garbo si mostrano: paiono qualche bella cosa; epp
bo si mostrano: paiono qualche bella cosa; eppure sono brutte; ma con che leggiadria, e artificio piacciono mirabilmente, e
da ponderarsi nel seguente Capo, e nei suoi Quesiti: non credo però, che sia per essere nodo tale, che richieggia il ferro
po, e nei suoi Quesiti: non credo però, che sia per essere nodo tale, che richieggia il ferro di qualche Alessandro per tag
sto Capo con il sentimento, e con il detto di un praticone del mondo, che ancora vive, e è Grande di Spagna. Egli mi disse
i Spagna. Egli mi disse l’anno 1638. Veramente queste Donne Teatrali, che compaiono in scena, sono perniciose, o per essere
i vita rea; o perché si adornano con molti vezzi; o perché alle cose, che dicono di onesta ricreazione, aggiungono poi altr
, e detti perniciosi; e guastano il tutto con dissoluzione. Aggiungo, che un gran Card. Personaggio prudente, e d’Arcivesco
giurisdizione, mi dichiarò lo stessogv anno il concetto delle donne, che salgono in banco, dicendo. Veramente sono pernici
scienza: echi vuole di vero vivere da virtuoso, deve operare in modo, che la sua vita non meriti il giusto monito dei savi,
i, e zelanti ammonitori. Si vedono nelle cristiane Città Commedianti, che sono professori di moderati costumi, e però non f
n quanto ben fondate ragioni ciò facciano, non lo dichiarano in modo, che possano tenerli in coscienza sicuri, seguitando i
informati; e le pondererò al modo solito per via di Quesiti; e spero, che le troverò fiacche di forze, e Ragioni pigmee, ov
itorio ? Tra gli scudi degli antichi combattentigx uno se ne usava che copriva, e difendeva tutta la persona: ed io ne h
antichi nelle fortezze del bel Regno di Sicilia. A questo scudo pare, che i Comici vogliano, che sia simile la licenza, con
del bel Regno di Sicilia. A questo scudo pare, che i Comici vogliano, che sia simile la licenza, con la quale pretendono di
niamo con fede nel nostro esercizio, per guadagnare quei pochi soldi, che sono la mercede per le fatiche nostre, e sono nec
sono necessarie al nostro sostentamento. L’anno 1638. un Commediante, che era il capo di una Compagnia mi disse a questo pr
Perché i Superiori non proibiscono il condurre perla Scena le Donne; che così nessunogy le farebbe comparire, e troverebbe
per allettare, dilettare, e guadagnare ? Questo galantuomo stimava, che la comparsa femminile non rendesse immodesta la C
ice nei suoi Discorsi. Senz’altro è mal costume il mettere in dubbio, che i Prelati, Inquisitori, e Governatori tollerasser
umi, e offense del prossimo. E perché gli fu scritto in questo punto, che i Superiori concedono le licenze con le debite co
saputa, e non ne hanno colpa. Egli risponde d’aver voluto intendere, che in generale non sarebbero comportate persone, che
r voluto intendere, che in generale non sarebbero comportate persone, che con modo scandaloso, e proibito facessero Commedi
lo stesso arringo per difesa della comparsa femminile; poiché scrive, che le Commedie si recitano con l’approvazioneC. 60.
. 60. dei Superiori Ecclesiastici, e Secolari. E prima dice a quelli, che scrivono contro le oscenitàC. 29. dei Comici mode
i moderni. Io giuro a questi Signori, se la metà solamente di quello, che scrivono, io scorgessi esser vero, che lascerei o
e la metà solamente di quello, che scrivono, io scorgessi esser vero, che lascerei or ora l’Arte: ancorché io non mi ritrov
tà senza di questa per vivere. Il voler dichiarar per peccato quello, che non è, è un voler levar la giurisdizione dal Ciel
Lucina in Roma si trovava soprastante ad uno spirituale Recitamento, che si doveva fare, per ragion di cui si era gran pop
a vedere in via molto rilevata sedia sopra tutto l’Auditorio di modo, che restava comune oggetto per gli occhi di tutti gli
e scandalosa, e pericolosa di peccare per molti nel vagheggiarla. Ora che avrebbe giudicato, e fatto quel servo di Dio, se
ecchio dottissimo, e praticissimo del mondo, e di Roma. Se giudicava, che la comparsa di una di queste femmine, ordinarie C
rie Comiche, in banco per allettare, fosse un’oscenità. E mi rispose, che era oscenità in fatto, e degna di essere proibita
enità in fatto, e degna di essere proibita dai Superiori: e aggiunse, che egli non aveva fatto proibire una in un luogo, ov
e una in un luogo, ove poco prima si era trattenuto alcuni giorni. Ma che avrebbe egli risposto, quando alla femminile comp
iungonohc i ragionamenti di cose amorose ? Avrebbe detto saggiamente, che è un’oscenità « in facto, e in verbis », con il f
’oscenità « in facto, e in verbis », con il fatto, e con le parole, e che è uno zucchero avvelenato per arrecar la morte. D
sciva. « Venus honeste habitu est Venus », dice un Savio; e aggiunge, che le Commedie si riprendono giustamente, « non solu
onna con l’Amante, se modesta nelle parole, immodesta si è nei fatti, che molte volte si usano illeciti, e però è illecita
ella quale io ragiono altrove distintamente. E quando sono informati, che non si può dar licenza di far comparire le Donne,
ldamente pregati da molti; e benché i Comici testimonino; e sia vero, che le donne sono figliuole loro onestissime, ovvero
mentato, avendo proposto a molti Superiori le ragioni, e le dottrine, che in questi ultimi anni gli Scrittori moderni più d
ne, che in questi ultimi anni gli Scrittori moderni più diffusamente, che gli antichi, hanno posto in luce sopra questa mat
ran personaggio, e di più pregato gagliardamente da molti suoi amici, che gli allegavano ancor l’esempio del Vescovo Anteoe
a da colpa ogni uomo ignorante: dunque non potrà perdonarsi a quelli, che non impararono, avendo i maestri. E S. Tommaso di
so dice. Ciascuno è obbligato2. 2. 9. 76. a. 2. di saper quelle cose, che appartengono allo stato, e officio suo, per poter
C. 29., e da altri Dottori, e Sommisti; e lo porta acciocché si veda, che egli avendo detto molte ragioni in difesa della m
non ha difeso l’ingiusto. Tutto questo può passare; ma io considero, che Beltrame poteva leggere almeno alcuni di quegli A
onsidero, che Beltrame poteva leggere almeno alcuni di quegli Autori, che trattano il punto della pubblica, e femminile com
Autori, che trattano il punto della pubblica, e femminile comparsa; e che erano stampati; quando egli l’anno 1634. scrisse
a maestà del Gran RE di Francia: e poi mostrare, se le pareva giusto, che tale comparsa non faccia immodesta la Commedia: e
to, che tale comparsa non faccia immodesta la Commedia: egli suppone, che sia modesta, benché abbondi con il miscuglio di c
quali se leggeranno i moderni Comici, professori di modestia, spero, che leveranno dal banco, e dalla scena le Donne loro;
1. scrt.de Iac.et Es.Non ci dilungheremo dal pensiero di Platone, non che significo, che i piaceri della terra sono l’esca
et Es.Non ci dilungheremo dal pensiero di Platone, non che significo, che i piaceri della terra sono l’esca dei vizi. E tal
golato e la carnale eventualità di molti virtuosi Spettatori cagiona, che molti Commedianti, poco solleciti di ben sapere l
di dolce favo, o di canna miele al palato popolare. Pochi anni sono, che un Commediante, Capo di una Compagnia, mi disse c
sa dai suoi cestelli fioriti gusti, e traboccanti gioie. Non è molto, che un Signor Titolare domandò ad un Comico. Che Donn
la tale è vecchia, e la tale val poco, quell’altra può passare: quasi che la Compagnia senza Donne graziose e Giovanette no
cetti, discorsi d’amore; per averli pronti all’occasione. Ma io dico, che questa ragione di gusto osceno si scopre da se st
sceno si scopre da se stessa per iniquia, e per irragionevole; atteso che si fonda nella sensualità, e nell’appetito sregol
e le Donne in scena. Non vi è buon libro, testificahg BeltrameC. 15., che da loro non sia letto; né bel concetto, ch e non
né bel concetto, ch e non sia da essi tolto; né descrizione di cosa, che non sia imitata; né bella sentenza, che non sia c
olto; né descrizione di cosa, che non sia imitata; né bella sentenza, che non sia colta: perché molto leggono, e sfiorano i
niere, e se ne adornano; molti inventano, imitano, amplificano; basta che tutti studiano; come si può vedere dalle cose, ch
amplificano; basta che tutti studiano; come si può vedere dalle cose, che essi hanno, alle stampe. Rime, Discorsi, Commedie
ie, Lettere. Prologhi, Dialoghi, Tragedie, Pastorali, e altre cosette che per i Comici non sono disprezzabilihh: e si trova
si e ingegnosi professori dell’Arte sua. E io quindi inferisco stante che sia vero il detto suo, dunque i Comici possono, s
In oltre tali comici possono rallegrare con tali termini la brigata, che da nessunohi siano tenuti malinconici senza che,
i termini la brigata, che da nessunohi siano tenuti malinconici senza che , « nihil venereum preferant » ; preferiscano ness
rant » ; preferiscano nessuna immondizia. E possono procedere di modo che siano stimate sempre allegri, gioviali, galantuom
con fatti, e con parole ingegnose e virtuose. Non mi dispiace quello, che il medesimo Beltrame nota, cioè che le parole spo
virtuose. Non mi dispiace quello, che il medesimo Beltrame nota, cioè che le parole sporche possono discreditare tra galant
alantuominiC. 60. un Comico; poiché si mostra così povero di spirito, che non sa, come dar gusto, senza mendicare parole di
mendicare parole di chiasso, e gesti da Mimi. Ed io dico a Beltrame, che quel Comico si discredita tra gli studiosi, e ing
ridere senza la comparsa delle Donne. Io mi ricordo di un galantuomo che solo saliva in banco, e vendeva certe sue mercanz
ma narrava alcune favole sue modeste, e tanto ingegnose, e ridicole, che al suo primo comparir nel banco, e far cenno, con
nco, e far cenno, con il girare il fazzoletto, subito gli Spettatori, che nella piazza attendevano alle Azioni rappresentat
za, quella dei suoi Auditori, con la comparsa delle Comiche. Sa egli, che , se vuole, può imitar tanti onorati personaggi Ac
e Azioni. E porgono gusto grande agli Ascoltanti. Non sono molti anni che in Roma abili virtuosi Giovani fecero una Rappres
ma abili virtuosi Giovani fecero una Rappresentazione di tanto gusto, che bisognò rifarla cinque volte, e sempre con sommo
n sommo plauso, e concorso di moltissimi Spettatori; e vi fu persona, che ricevettehj tanto piacere, che non poté ritenersi
oltissimi Spettatori; e vi fu persona, che ricevettehj tanto piacere, che non poté ritenersi di non dire con grazia. Deh ve
i non dire con grazia. Deh venga il cancro a chi dice male di quelli, che insegnano a questi Giovani di fare Azioni di tant
e con l’imitazione sa dilettare in scena senza deturpar la scena. Sa, che molte sono le maniere, con le quali un bell’umore
con il quale un Comico promise di dire a tutti i suoi Autori quello, che era l’oggetto bramato dalle loro volontà: impresa
del nostro tempo, e alle invenzioni di facezie modeste, e ingegnose: che così recheranno gusto all’Auditorio senza la comp
o al palato dei virtuosi. Quesito Terzo L’allettamento efficace, che nasce dalla Femminile comparsa, è ragione valevol
ragione valevole per renderla convenevole ? La Prudenza prescrive, che per colpire felicemente in un disegno, si usi il
virsi della bombarda, e del cannone per l’espugnazione di una piazza, che tratto di militar prudenza farà, che egli v’impie
er l’espugnazione di una piazza, che tratto di militar prudenza farà, che egli v’impieghi la moschetteria ? Il disegno dei
sceniche fatiche, e con lo spaccio di quei segreti e di quei rimedi, che sogliono proporre ai loro compratori. Dunque i Co
ica, e femminile comparsa per allettare; perché sanno per esperienza, che la Donna vista, e udita alletta più efficacemente
er esperienza, che la Donna vista, e udita alletta più efficacemente, che gli altri dilettevoli oggetti del banco, o della
e Femmine. Subito fu avvisato, e pregato il capo principale tra loro, che per grazia si astenesse di usare la femminile com
pose presto, e efficace provvedimento. Io so di un altro Ciarlatano, che essendo caldamente pregato da un Religioso a lasc
e riprovato più, e più volte altre invenzioni; ma insomma sperimento, che la Femmina veduta è quella, che più allerta, e ch
re invenzioni; ma insomma sperimento, che la Femmina veduta è quella, che più allerta, e che fa più presto, e maggior conco
nsomma sperimento, che la Femmina veduta è quella, che più allerta, e che fa più presto, e maggior concorso, quasi volesse
ono le Donne per allettare; e per questo ne eleggono le più graziose, che possono avere. « Quodque dita sit, dice un dotto
it. » Orsù noi rispondiamo a questa ragione di allettamento, dicendo, che egli è illecito; perché cagiona rovina spirituale
a: onde saviamente un savio Gentiluomo, alludendo ad alcune Commedie, che in una Città facevano l’anno 1639. certi Commedia
e Commedie, che in una Città facevano l’anno 1639. certi Commedianti, che professavano modestia, ma secondo il solito facev
, dico, affermò. A sentire sempre, Carne, Carne, Carne, bisognerebbe, che l’uomo fosse di ferro. Eppure le Comiche erano br
e l’uomo fosse di ferro. Eppure le Comiche erano brutte, e si diceva, che fossero Mogli vere dei Comici: e chi affermò quel
affermò quel detto; era uomo di virtù, e accasato. Ora giudicate voi, che cosa patirà un uomo di animo fiacco, senza Moglie
ene entri in se stesso ogni Giovane, e ogni altro poco ben inclinato: che spero pronuncerà se stesso la Perentoria; e sente
clinato: che spero pronuncerà se stesso la Perentoria; e sentenzierà, che la comparsa femminile in banco, e in scena, è un
to allettamento per la sua rovina. Concludo con ricordare alla Donna, che ella adornandosi per allettare, non si può abbast
e con la bocca prender la gioia, e tirarla fuori: dal fatto seguiva, che il viso prima immerso e poi alzato compariva tutt
allettare, ma senza sortir l’effetto di efficace allettamento; vede, che l’Auditorio non cresce numeroso: si accorge, che
allettamento; vede, che l’Auditorio non cresce numeroso: si accorge, che egli non sembra un emulo dell’antico Ansione, att
rtenza al suo compagno; colgono le tatare, e se ne vanno del pari: ma che  ? Quindi poco lontano fermano il passo; si mirano
e dargli morte: ma l’altro si ritira tremante, e ritirato si gridahp, che si fa sentir da lontani, e da vicini: si muovonoh
tta, e di corsa: ora non vi partite, ma sentite, e attenti intendete, che noi desideriamo comunicarvi alcuni segreti nostri
e oscene Donne; e fu parto ingegnoso di graziosi Ciarlatani. Quello, che segue, fu opera di un bell’ingegno, di un virtuos
Compagnia nostra di Gesù, dal quale io intesi in fiorenza l’anno 1642 che stando nella sua gioventù impiegato nel ministero
lari un semplice Dialogo senza molta spesa, e senza i soliti fastidi, che seco reco per ordinario il recita mento di opere
Francesi, e non poche Spagnole, e tutte le latine antiche, e moderne, che poté ritrovare; e da ciascuna ne prese ciò, che d
e antiche, e moderne, che poté ritrovare; e da ciascuna ne prese ciò, che di ridicolo modesto vi ritrovò: e finita la racco
compose il Dialogo, lo distinse, ordinò, e riempì con tanti ridicoli, che il suo recita mento riuscì ridicolosissimo, e mod
si cagionò tanto gusto, e diletto ad altri prudenti, e gravi Persone, che furono costretti ad asserire. Questo Dialogo mode
dare una simile invenzione di due nobili, e virtuosissimi Personaggi, che per dilettare, e con il diletto allettare, proced
secondo l’uso Comico in una loro Rappresentazione tanto felicemente, che poterono servir di buona regola ad ogni virtuoso
te, che poterono servir di buona regola ad ogni virtuoso Commediante, che brami dilettar con il ridicolo onesto alla scena
il recitamento riuscì nobile, gustoso, allettivo, e ridicolo in modo, che cagionò inesplicabile diletto, e fece ridere tant
colo in modo, che cagionò inesplicabile diletto, e fece ridere tanto, che alcuni Auditori gridando. Basta, basta, non più d
alco e chiudersi le orecchie, per non udir quelle voci, e quei motti, che gli portavano un riso, assassino della vita, e mi
e come l’Orso al miele, gustò tanto la comica dolcezza , e rise tanto che cagionò stupore a quel Signore, con il quale poi
poi si discolpò con mille scuse, e lodò la Commedia sommamente. Ecco che i Comici valenti, quando vogliono guadagnano gli
ove da una fortuna di mare sequestrata una Compagnia di Comici trovò che l’albergo era occupato per rispetto dell’arrivo d
scrive Beltrame, e non dico il tutto, per essere creduto: ma è certo che molte furono le lodi, che per l’onesto recitare a
co il tutto, per essere creduto: ma è certo che molte furono le lodi, che per l’onesto recitare ai Comici diedero quelle sa
e ai Comici diedero quelle sagge persone: e benedicevano il mal tempo che aveva loro dato occasione di goder si virtuoso tr
va loro dato occasione di goder si virtuoso trattenimento. Ed io dico che allora fu lodata un’Azione degna di lode, cioè la
lla riprensione: e quando riprendono, non hanno nell’idea una chimera che mostri loro la Commedia per cosa impudica e i Com
no il Teatro. Lelio Peregrino scrive, come cosa notata da Aristotele, che gli antichi Gentili moderarono le ridicole osceni
i antichi Gentili moderarono le ridicole oscenità della Commedie: con che accortezza dunque devono esser moderate dai crist
cante risus excitatur. »L. 4. de morbus ad Nicem. C. 8.Eppure è vero, che sono dette nelle scene parole brutte da Buffone,
perdona nell’oscenità propria, né alla vergogna altrui. Orsù vorrei, che questa sentenza d’Aristotele, e ciascuno dei racc
fosse ben pensato, e imitato dai nostri moderni Comici, e Ciarlatani, che desiderano l’efficace allettamento del popolo all
e lasciassero l’uso della comparsa di Donne parlanti d’amore lascivo; che è mezzo tanto ridicolo, e pernicioso a molti. Vog
scivo; che è mezzo tanto ridicolo, e pernicioso a molti. Voglio dire, che il comico, o il Ciarlatano, facendo comparire una
lla suprema Cittaà; la mirò giulivo, e si rallegrò in colmo, vedendo, che per essa molti passavano alle dorate stanze del c
di non poca amarezza; vide venire due smisurati, e orribili Dragoni, che sospendendo una grandissima rete, chiusero con es
in Paradiso. Vide, e vedendo ricevé nel cuore fiamme tali di dolore, che gli occhi di lui si fecero abbondantissimi fonti
egòhr con umilissima caldezza, e con caldissima umiltà a notificarli, che mostra spaventosa, e di che sventura significativ
a, e con caldissima umiltà a notificarli, che mostra spaventosa, e di che sventura significativa, fossero quei Dragoni con
ente. Comparve un Segretario del Cielo, un Angelico Barone, e avvisò, che nei Dragoni si rappresentavano la vanità, e la di
visò, che nei Dragoni si rappresentavano la vanità, e la disonestà, e che la rete significava l’ornamento femminile, e lasc
està, e che la rete significava l’ornamento femminile, e lascivo, con che le donne chiudono a molti quella porta, e che app
mminile, e lascivo, con che le donne chiudono a molti quella porta, e che appena fu tolto il sangue dell’umanato Dio, fatto
nse un detto, al ricordo di cui mi paventa, e poi trema il cuore cioè che per cagione degli illeciti allettamenti delle Don
l cuore cioè che per cagione degli illeciti allettamenti delle Donne, che compaionohs vanamente ornate, si dannano persone
mpaionohs vanamente ornate, si dannano persone in numero più copioso, che non è il copiosissimo numero degli spiriti diabol
siderano, come io da più Gentiluomini, e da Comici ancora ho sentito, che le vere Donne compaiono nelle scene; perché stima
ho sentito, che le vere Donne compaiono nelle scene; perché stimano, che il far le commedie senza quelle sia una morale im
ossibilità: ma credo vivamente essi ingannati, se io non m’inganno. E che io non m’inganni, reco per prova ciò, che della C
ati, se io non m’inganno. E che io non m’inganni, reco per prova ciò, che della Commedia, scrive non dico un San Tomaso, ov
sit in vita utile, quid contra evitandum. » La Commedia è una Favola, che contiene diversità di affetti civile, e privati,
diversità di affetti civile, e privati, con la quale s’impara quello, che utile serve in vita, e quello che si deve schifar
vati, con la quale s’impara quello, che utile serve in vita, e quello che si deve schifare. E Marco Tullio, avvisa. « Comœd
e tralasciando le altre di altri antichi, e moderni Scrittori, dico, che nessuno prudente, e dotto affermerà, che tali des
, e moderni Scrittori, dico, che nessuno prudente, e dotto affermerà, che tali descrizioni, per avverarsi, ricerchino neces
e, credo sentirà con meht; quando però voglia sentire secondo quello, che ha stampato nel caso del suo gentile Discorso. La
una scrittura parlante: un caso rappresentato al vivo. » Ora dico io, che conobbe molto bene il giudizioso Beltrame, e con
io tutti i Comici, o non Comici, ma fautori della comparsa femminile, che leggano a loro piacere, e considerino; se sia ver
le, che leggano a loro piacere, e considerino; se sia vero o no, ciò, che il nobile Ferrarese, e Comico Cecchino scrive all
dati l’anno 1616. al Cardinale Nipote del Papa Regnante Palo V. cioè, che non sono cinquanta anni, che si costumano le Donn
e Nipote del Papa Regnante Palo V. cioè, che non sono cinquanta anni, che si costumano le Donne in scena. Ed egli parla del
Donne in scena. Ed egli parla delle vere Donne, e non degli Istrioni, che rappresentino le Donne. Eppure nessuno dirà, che
non degli Istrioni, che rappresentino le Donne. Eppure nessuno dirà, che le Commedie, fatte cinquanta anni prima senza ver
omparsa della Donne. Di più si consideri per grazia, quanto sia vero, che modesta Commedia non è quella, in cui compaionohw
, e non sono i buonissimi costumi, dei quali parla Beltrame; e vuole, che con essi, come con fini colori la Comica tela si
ni colori la Comica tela si dipinga, e abbellisca. Di più si avverta, che le Commedie, che fanno molti Accademici, e altri
ca tela si dipinga, e abbellisca. Di più si avverta, che le Commedie, che fanno molti Accademici, e altri Cavalieri, o Citt
: eppure le fanno senza la comparsa delle vere Donne. Di più si noti, che i Comici Santi facevano Commedie: ed essi, dice B
le femminili leggerezze si possono fare le Commedie. Di più si pensi, che le Commedie spirituali, e sacre sono vere Commedi
gno di pubblica, e femminile comparsa nel Teatro. Non mancano Autori, che hanno composte Rappresentazioni sotto titolo di C
samente discorre delle buone, e lecite Rappresentazioni. Ecco dunque, che senza far comparire Donne innamorate, e parlanti
r me ho questo concetto del comico dotto, virtuoso, e buon cristiano, che egli partecipi del compositore, rappresentante; e
buon cristiano, che egli partecipi del compositore, rappresentante; e che studi molto, e molto di cuore, e che studiando, e
l compositore, rappresentante; e che studi molto, e molto di cuore, e che studiando, e speculando inventi molte, e belle fa
belle favole piene di utile diletto, e dilettevole utilità: e stimo, che egli in ordine alla recitamento riempia tali favo
, inzuccherando poi il tutto con l’onestissima giocondità, e facendo, che l’Azione Comica veramente riesca un gustoso tratt
to, virtuoso, e buon cristiano. Non mi dispiace il detto di Beltrame, che un galantuomo, che sia grazioso nel procedere arg
n cristiano. Non mi dispiace il detto di Beltrame, che un galantuomo, che sia grazioso nel procedere arguto nelle proposte,
oste, elegante nei Sali, scaltro negli equivoci, e vezzoso nei motti, che sappia come fare con tutti, e pigliare i panni pe
r le persone dalle risa, mai non sarà buffone, ma va bell’intelletto, che spende quei doni, di cui il cielo, e la natura l’
i il cielo, e la natura l’ha arricchito. Tali sono i Comici virtuosi, che si sanno valere dell’occasione , dell’Arte. Ed io
lere dell’occasione , dell’Arte. Ed io aggiungo al detto di Beltrame, che tali Comici non hanno bisogno di comparsa femmini
anto belle, e tanto piene di onestissime grazie, e graziosi ridicoli, che l’Auditorio non si curava degli Intermedi, e bram
i ridicoli, che l’Auditorio non si curava degli Intermedi, e bramava, che si finissero prestissimo; in mode che ritornasse
ava degli Intermedi, e bramava, che si finissero prestissimo; in mode che ritornasse ad assaporare le saporitissime parti d
, e pronto per drizzar la prora del natante legno. Prudenza maggiore, che quella di Ulisse, è necessaria per coloro, che so
no. Prudenza maggiore, che quella di Ulisse, è necessaria per coloro, che solcando le marine campagne, viaggiano con perico
evidente d’incontrar Sirene, e mostri più formidabili, e più nocivi, che non furono glihz incontrati da quel famoso Greco,
trati da quel famoso Greco, e antico Eroe. Voglio dire per senso mio, che difficilissima impresa, è quella di alcuni Comici
ir loro di ottimi custodi per la conservazione dell’onore, sin tanto, che onestamente le maritino , con qualche galantuomo
anco. S. Girolamo, credo, direbbe a ciascuna di quelle Giovinette ciò che già scrisse ad un’altra. « Abscondere: foris vage
entur virgines stulta »ad Eusctec.. Fa tu una vita ritirata: e sappi, che le vergini stolte godono d’andar fuori vagando. U
retendo maritare le mie Figliuole con la dote delle loro belle virtù; che però le fo comparire pubblicamente secondo la mia
essario guadagno; e non mirava, quanto doveva, al manifesto pericolo, che di peccare avrebbero corso molte anime di Spettat
ono spesso quelle voci di alcuni Comici. Questa Donna è mia Moglie. E che  ? Volete, che io la lasci lungi dame in abbandono
lle voci di alcuni Comici. Questa Donna è mia Moglie. E che ? Volete, che io la lasci lungi dame in abbandono ? Se compaioi
ena, ella ancora vi può comparire; non essendo decevoleib, né sicuro, che se ne resti soletta nelle stanze dell’albergo, im
. Io rispondo a questi Comici, e Ciarlatani, condottieri delle Mogli, che con ragione alla Donna per la sua debolezza si de
ostra, e un tacito invito a comprar la castità della Moglie. Aggiungo che questa condotta delle Mogli Comiche, e avvezze ag
e, o del banco, è molto pericolosa per la femminile pudicizia; atteso che non sempre giova la diligenza del Marito, anche d
er salvar dalla macchia la castità della Moglie. So di un galantuomo, che conduceva attorno alla sua Consorte, donna di qua
’infelice fu intrappolato, essendo rimasto persuaso da certi Signori, che poteva sicuramente condor la Moglie, per saltar i
e ivi sola trovò solo, chi fece a lei oltraggio, e offesa a Dio. Ecco che la diligentissima diligenza di virtuoso Marito gi
perderebbe la vista nella congiuntura di certe circostanze. Senza poi che io dica, che accetto per vero il notato del Comic
vista nella congiuntura di certe circostanze. Senza poi che io dica, che accetto per vero il notato del Comico Beltrame, c
poi che io dica, che accetto per vero il notato del Comico Beltrame, che dice. Ogni bello è amabile; e molte donne sono va
e forse aggiungerà un pratico delle mondane iniquità, dicendo. Si io, che quando persone potenti, e sfrenate risolvono di v
Difficile custoditur, quod plures amant. » E nella Scrittura abbiamo, che Abramo corse pericolo della vita per la beltà del
hé facevano un’Azione: la fecero: e dopo una di quelle Comiche, senza che il misero Marito potesse dire una parola, fu rite
e, da cui la mattina fu restituita, con motteggiare di più al Marito, che mostrava nel volto gran dispiacere dello scorno;
i più al Marito, che mostrava nel volto gran dispiacere dello scorno; che non si crucciasse, perché i Signori suoi pari, no
e tosto la fama con le scintille dello sdegno appicco il fuoco tale, che la prudenza, e autorità di grandi, e supremi Sign
fa con grossi, e rinforzati cannoni. Voglio raccontare un altro caso, che ci mostra la poca sicurezza delle Comiche, o sian
nostro tempo occorse in una principale Città di un bellissimo Regno, che vi vennero i Commedianti; avevano nella compagnia
l popolo con le loro pubbliche comparse, e azioni: d’onde ne seguitò, che da certi Baroni, quasi ladroni di Venere, furono
ur, ut a violentia manus non contineant. » Tutto serve per argomento, che la diligenza di Padre, e di Marito non è sempre v
uciamo le Donne, perché sono Mogli, o perché sono Figliuole. Io dico, che spesso diventano adultere, o fornicarie degli uom
izione. Aggiungo: molte volte patisconoie molto quei mariti, o latri, che conducono con se le Donne; non vogliono acconsent
e n’era assai compita, e graziosa, e legittima Consorte di un Comico, che faceva la parte del Dottore; ed era per altro uom
di un Comico, che faceva la parte del Dottore; ed era per altro uomo che attendeva con la debita cautela, e diligenza alla
lente Commediante. Non è credibile, quanto patiscono i poveri Comici, che conducono con se le Donne; e non le vogliono tene
con se le Donne; e non le vogliono tenere in vendita dell’onestà. So, che talvolta alcuni giudiziosi, e pratici degli affar
talvolta alcuni giudiziosi, e pratici degli affari del mondo, dicono, che le Comiche, nominateih mogli, non sono vere mogli
ogli, non sono vere mogli dei Commedianti; ma Femmine spensierate: il che se vero è, verissimo si vede, che sopra modo ille
edianti; ma Femmine spensierate: il che se vero è, verissimo si vede, che sopra modo illecita si può giudicare la loro comp
lecita si può giudicare la loro comparsa pubblica nel Teatro. Mas noi che ne diciamo ? Nota unica Si risponde alla pro
rogazione. Beltrame fa una certa domandaC. 29. intorno alle Donne, che esercitano l’Arte Comica, e dice. L’arte è un sos
Arte Comica, e dice. L’arte è un sospetto non lo nego; e presuppongo, che ve ne siano state in qualche Compagnia di scandal
ssere tutte infamate ? Domanda bene questo Uomo dabbene; e io credo, che rispondo bene, rispondendo, che non tutte hanno d
bene questo Uomo dabbene; e io credo, che rispondo bene, rispondendo, che non tutte hanno da essere infamate; perché non tu
infamate; perché non tutte fanno vita meritevole d’infamia. Io stimo, che molti Comici abbiano le Mogli vere, e legittime;
. Io stimo, che molti Comici abbiano le Mogli vere, e legittime; e so che ne portano fede scritta in autentica forma, e con
de scritta in autentica forma, e con la necessaria legalità: e stimo, che molte non siano Donne di postribolo, ma di onore
i postribolo, ma di onore con maritale pudicizia; e lodo quei Mariti, che sanno, e possono felicemente custodire tra i molt
ericoli teatrali. Mi piacque già risoluzione di un Comico principale, che mi disse. Io ho fatto gran tempo le Commedie dent
da qualche pericolo di castità il corpo della Moglie: e per rimediare che ella, stando in scena, non peccasse mortalmente,
m. »L. 4. c. 3. d. 8. n. 64.Cioè domanderai. Se la Donna, avvertendo, che è toccata da uno con affetto libidinoso, sia rite
. A, 2 S. The. non permissenti impendeat. Vide Caiet. » Cioè. Si dice che la donna non può schifare quel toccamento, quando
può ciò fare senza grave scomodo, il quale scomodo deve essere tale, che preponderi al patimento di quel tocco; o violazio
e dei suoi beni. Nelle quali disavventure non pericola quella Comica, che si ritira dal recitare dentro le stanze dei palaz
le stanze dei palazzi, e schifa gli impudichi tocchi di quei lascivi, che si cacciano dentro le scene, per star ivi convers
ominato galantuomo: cos’avesse elle schifato l’altro peccato mortale, che commetteva comparendo nella scena della piazza, e
lla piazza, e parlandovi lascivamente d’amore alla presenza di molti, che sapeva, essere debolissimi di virtù, e ne conosce
amente conosciuta, con la quale malizia peccano per ordinario quelle, che si fingono vere Mogli, e non sono tali per verità
fatta si trovano talora nelle Compagnie dei Commedianti. Mi ricordo, che quando Monsignor Ferrucci, Governatore si Farfa a
ore si Farfa al tempo del Signor Alessandro Cardinal Montalvo, volle, che certi Comici mostrassero le fedi, che veramente f
andro Cardinal Montalvo, volle, che certi Comici mostrassero le fedi, che veramente fossero loro Mogli alcune bellissime Co
con numerosa narrazione di simili falsità: si contenti di quest’una, che , pochi anni orsono, mi spiegò in Pistoia il Sig.
tù, e zelantissimo Curato di S. Andrea. Egli una Quaresima s’accorse, che nella sua Parrocchiale giurisdizione s’era ritira
tar un Commediante con la sua Donna: lo chiamò, e disse. Io desidero, che voi mostriate la fede, che la Comica vostra sia v
ua Donna: lo chiamò, e disse. Io desidero, che voi mostriate la fede, che la Comica vostra sia vera e legittima Consorte: c
ostriate la fede, che la Comica vostra sia vera e legittima Consorte: che poi io penserò, se sarà necessario di richiedervi
fede: e dopo alcuni giorni la portò segnata con il nome di un curato, che stanziava in un castello situato tra Modena, Ferr
Ferrrara. Lesse il Sig. Celesi, e poi domandò, di dove è la legalità, che mi rechi qualche sicurezza, che quella fede sia v
e poi domandò, di dove è la legalità, che mi rechi qualche sicurezza, che quella fede sia veramente fatta da un Curato ? Il
n la compagna, né mai più comparve: lasciando sospetto molto fondato, che quella Femminella fosse Moglie falsa, e vera Adul
Moglie falsa, e vera Adultera, cioè una di quelle Comiche disoneste, che « thesaurisent sibi iram in diem ira ». Diventano
urisent sibi iram in diem ira ». Diventano tesoriere dell’ira divina, che sperimenteranno nel giorno spaventoso del Giudizi
ione del gran precetto più dall’ambiziosa brama di onorata grandezza, che dalla vista del saporoso cibo. « Non Evam cibus i
e, e onorate, e si possono pregiare del grazioso titolo di Signora. O che gusto per una Donna, si è, o che bella cosa l’and
re del grazioso titolo di Signora. O che gusto per una Donna, si è, o che bella cosa l’andar ad una principale città, ed es
cevere subito regali di rinfreschi, per far pasti lauti e deliziosi O che bella cosa l’andar a spasso per la città appoggia
con il cocchio di un nobilissimo Signore a maniera di Principessa. O che bella anzi bellissima cosa ricevere onori grandi,
, e d’altre Comiche molto celebrate. Io al presente Quesito rispondo, che questo gusto non è sufficiente ragione per far li
i mestiere dar chiarezza maggiore alla luce di mezzogiorno. Il gusto, che alle anime reca morte, è gusto irragionevole, e p
« Patrimonium paperis est sanitas », disse S. Agostino, accennando, che il patrimonio di un povero Artiere si è la sanità
ccennando, che il patrimonio di un povero Artiere si è la sanità, con che fatica, e faticando guadagna il vino alla giornat
on che fatica, e faticando guadagna il vino alla giornata. Ed io dico che il patrimonio dei Comici, e dei Ciarlatani suole
ie vendibili dal banco agli Spettatori, per far buon guadagno, atteso che questi galantuomini hanno bisogno, non di quattro
niik, barcaioli, osti, dazieri, e simili, dove non si tratta d’altro, che di borsa aperta. Io aggiungo al detto di Beltrame
ratta d’altro, che di borsa aperta. Io aggiungo al detto di Beltrame, che uomini tali vestono onoratamente, e molti di loro
olta pecunia: dunque sono necessitatiil servirsi di tutti quei mezzi, che possono usare per far gran profitto in quell’Arte
a del compagno il danaro per suo provecchio, e sostentamento: in modo che conseguano il necessario guadagno, al quale la do
rlatani nei banchi, e dai Comici nelle scene. E quindi ancor avviene, che le Comiche stesse, quando in una città trovano qu
he fanciulletta, nata da persone loro parenti, o amiche, e povere, ma che sia dotata di qualità, e prontezza buona per le A
in una città principale l’anno 1639. ad una Figliuolina di otto anni, che poverella sì, ma virtuosa, recitava le feste otti
dottrina cristiana in una pubblica chiesa principale. La Comare sua, che l’aveva levata dal sacro fonte battesimale, la te
retamente con detta madre per ottenerla; e l’ottenne non si seppe con che arte, con che promesse, o con che denari: si sepp
detta madre per ottenerla; e l’ottenne non si seppe con che arte, con che promesse, o con che denari: si seppe solo, che un
nerla; e l’ottenne non si seppe con che arte, con che promesse, o con che denari: si seppe solo, che un giorno fu chiamata
eppe con che arte, con che promesse, o con che denari: si seppe solo, che un giorno fu chiamata la Figlioletta per ordine d
ti. Questo caso fu scritto a me da un gran personaggio; e v’aggiunse, che il tutto s’era fatto con segretezza: perché se fo
a in salvo, come si costuma di fare con altre pericolose. Ed io temo, che la smoderata brama di guadagno persuada qualche v
ata brama di guadagno persuada qualche volta fatti di cotale fatta, e che l’illecito interesse di animo di levare le spose
e esporle alla rete dell’impudica Venere con pericolo molto evidente, che le misere col tempo siano immorali, ovvero adulte
a madre d’ordine del Capo di quella Compagnia di Commedianti; e credo che quel buon uomo si muovesse al rimandarla per vari
credo che quel buon uomo si muovesse al rimandarla per varie querele, che gli furono dette, e scritte circa quel fatto; com
suffurentur, et extorqueant. » Questo Teologo vuol dire in sostanza, che i Comici osceni cercano per ogni strada, benché i
della virtù cristiana; e però conducono con se le Donne, e procurano, che siano molto virtuose, e molto lascivamente ornate
urano, che siano molto virtuose, e molto lascivamente ornate; in modo che allevino, e guadagnino più facilmente ogni sorte
zzo loro guadagno più copioso, e abbondante. E quindi avviene ancora, che essi non poco si risentano, e con parole indegne,
impediti dal fare le Commedie oscene, e per conseguenza dal guadagno, che con quelle, o per occasione di quelle pretendono
o a sentirle, e a comporre con l’occasione vari segreti; e mercanzie, che vendevano avanti di dar principio alla Commedia.
peranza d’impedire molti peccati, andarono in quella piazza in tempo, che numeroso popolo vi era concorso; e il Comico vend
, parte predicando a vicenda, e parte dialogando tra loro, fecero si, che il popolo depose il desiderio della Commedia; con
dentro alla chiesa, nella quale, oltre gli atti molti di compunzione, che fece ciascuno, detestando i propri peccati, un gr
fece ciascuno, detestando i propri peccati, un grandissimo peccatore, che non s’era voluto confessare per lo spazio di molt
toccato, e ferito nel cuore dallo strale della divina grazia in modo, che con una perfetta, e dolorosa confessione ritornò
con parole non udite da molti, ma piene di sdegno, e di rabbia tale, che poi il grave rimorso di coscienza lo costrinse d’
o a scusarlo; perché egli aveva dato in quell’eccesso; perché vedeva, che veniva loro impedito il grosso guadagno, che sper
’eccesso; perché vedeva, che veniva loro impedito il grosso guadagno, che sperava doversi fare nella vendita di quel giorno
ava doversi fare nella vendita di quel giorno. Ed il compagno di lui, che era andato con lui, ed era il capo dell’altra Com
toim al futuro compagno, questo partito dicendo. Padre si accontenti, che noi diamo voce di voler far la Commedia; in modo
e si accontenti, che noi diamo voce di voler far la Commedia; in modo che il popolo si alletta, e venga alla piazza; ove fi
pedire: e così noi resteremo rovinati; e da lei si otterrà l’intento, che non si facciano Commedie con le Donne. Rispose il
e non si facciano Commedie con le Donne. Rispose il Religioso. Io so, che altre volte certi Comici hanno proceduto con ques
o nelle stanze dell’osteria. Ora spieghiamo il caso occorso in segno, che i Comici si risentono con fatti ingiuriosi contro
ici si risentono con fatti ingiuriosi contro i Predicatori Religiosi, che si mostrano contrari alle loro oscenità; e per co
venirgli incontro una grossa cavalcata di passeggeri (seppe egli poi, che erano Commedianti) uno dei quali si spiccò dagli
ò addosso al Religioso; e l’urtò con impeto tale, e tanto fieramente, che lo fece cadere insieme con il cavallo dentro un g
a fine con travaglio, e stento da quel grave pericolo; e si persuase, che quel Comico gli fece quell’affronto per averlo co
omi io ivi alquanto in viaggio. Concludo; e ai Comici osceni ricordo, che non basta la necessità del guadagno, per farlo le
ecessità del guadagno, per farlo lecito all’uomo bisognoso; conviene, che non sia illecito il mezzo per acquistarlo. « Damn
la virtù, non si serva del vizio nel saettare. Quesito Ottavo In che modo le ordinarie Comiche aiutano al guadagno dei
i modi del guadagno moltiplicano diligentemente. Io non posso negare, che i Ciarlatani, e i Comici non accumulano presto i
mestica conversazione di casa. Dico nel primo luogo per i Ciarlatani, che la Donna, la quale sale in banco, aiuta nel guada
anco, aiuta nel guadagno bancario in molte maniere. 1. Perché taluno, che non comprerebbe il segreto del Ciarlatano, lo com
di profumeria, o di saponette, o di moscardini, o di simili cosette, che hanno qualche grazia, e allettamento; né vi è per
cosette, che hanno qualche grazia, e allettamento; né vi è pericolo, che non le spacci con applauso, e prestamente, perché
ecitate sino da personaggi di stima, e quasi violentate con donativi: che senza dubbio, è occasione di molto guadagno a mol
do le Comiche sono più avvenenti, e graziose, e quando vi è, non solo che sentire; ma che mirar ancora, e mirar con gusto.
no più avvenenti, e graziose, e quando vi è, non solo che sentire; ma che mirar ancora, e mirar con gusto. Buon guadagno po
delle Comiche in più modi. Prima per i regali di vitto, e di vestito, che spesso fatti loro alle Signore Comiche. Secondo p
liana onestà in molte parti. Taccio gli altri accidenti, e dico solo, che alcuni alle volte se ne vanno tanto persi d’affet
alcuni alle volte se ne vanno tanto persi d’affetto verso una Comica, che impegnano infinoip le robe di casa,, per trovar i
tò, e perso per l’impudico amore di una: ma perché egli aveva denaro; che è il cibo saporito al palato di queste Arpie; ne
nte, e Marito o Padre di Comica Donna, non crede pienamente a quello, che io scrivo; onde ripugna gagliardamente dicendo. C
Padre nelle città cristiane ? Al sicuro potrà. Ed io rispondo. Temo, che al sicuro non potrà: sono tutte favole; o belle s
potrà: sono tutte favole; o belle speculazioni: noi vediamo infatti, che molti buoni, e virtuosi restano ingannati; e non
dosso la reputazione, ne vendere la pudicizia delle comiche loro. Ma che  ? La buona volontà fu debole riparo all’astuzia:
nemiche delle anime, e combattrici con duplicato fuoco; voglio dire, che gravissimo è il danno, che da quella finzione dop
battrici con duplicato fuoco; voglio dire, che gravissimo è il danno, che da quella finzione doppiamente, e nel Teatro, e n
dall’altare prima di benedire il popolo con il Santissimo Sacramento, che stava esposto per comune devozione, mi sentii isp
zione, mi sentii ispirato da Dio a fare un’invettiva contro i Comici, che già avevano dato principio alle loro oscenità; e
vano dato principio alle loro oscenità; e parlai, quasi senza sapere, che cosa io mi dicessi, con impeto grandissimo; onde
entiluomini, ma i nostri medesimi Padri, se ne mostrarono offesi come che io avessi detto troppo. La Serenissima Principess
ppo. La Serenissima Principessa mandò a chiamare la Donna principale, che recitava nelle Commedie: e l’avvisò molto graveme
principale, che recitava nelle Commedie: e l’avvisò molto gravemente, che dovesse parlare con ogni termine d’onestà. Ed ell
zza, dalla quale io poi, essendovi per cara occasione andato, intesi, che quei Comici erano molto buoni; e che molti avevan
r cara occasione andato, intesi, che quei Comici erano molto buoni; e che molti avevano testificato, che tanto frutto si ca
, che quei Comici erano molto buoni; e che molti avevano testificato, che tanto frutto si cavava dalle loro Commedie; come
ite le fatiche, fui costretto a tornare in quella Città, e vi trovai, che quella scellerata Comica aveva come strumento del
ere quantunque ammogliato, rimase preso in modo, e danneggiato tanto, che un savissimo Signore, e Prelato, a lui di sangue
i di sangue strettamente congiunto, stimò necessario supplicare S. A. che facesse cacciar dalla Città con bando quella infa
osa mormorazione, querela dei parenti. Replico io dunque, affermando, che molte Comiche malinconiche danneggiano gravemente
atro alluse un buono, giudizioso fedele in Sicilia, il quale vedendo, che alcuni zelanti Religiosi impedivano con pubbliche
moltissime commettono peccati senza numero per rispetto del comparir, che fanno pubblicamente in scena, queste perniciose F
scena, queste perniciose Femminucce. Disse bene colui, e volle dire, che le Comiche nuocono molto con l’Azione del Teatro,
ersazione di casa ? Voglio rispondere a me stesso con ricordarmi ciò, che già mi significò un degno personaggio, e pratico
à mi significò un degno personaggio, e pratico del mondo, affermando, che il male, che fanno le Comiche al tempo della Comm
ò un degno personaggio, e pratico del mondo, affermando, che il male, che fanno le Comiche al tempo della Commedia nel Teat
della Commedia nel Teatro, è il minore: perché il maggiore è quello, che fanno nelle case del loro albergo: ivi son visita
te, ma talvolta ancora scandalosamente. Così possiamo dire di quella, che l’anno 1639. dimorando in una città in tempo esti
detto. Fò quest’Arte costretta di seguir mio Marito, il quale vuole, che io compaia nella scena facendo l’innamorata, aggi
a scena facendo l’innamorata, aggiunse. Ma più mi punge, e assai più, che nell’albergo mi vengono a visitare persone lasciv
ava in diversi paesi per cagione tanto disdicevole, e brutta. E’ vero che Sanchez pone questa conclusione. La Moglie è obbl
pone questa conclusione. La Moglie è obbligata di seguire il Marito, che va altrove, per trasferire l’abitazione. « Uxor t
modo non ex causa turpi, et inhonesta. » E nel caso nostro, è chiaro, che quel Comico triste conduceva la Moglie in vari lu
uirlo. Ne vale il dire. Ella lo sapeva, quando lo prese per Consorte, che egli, come Commediante, era per fare una vita vag
avere stabile abitazione in luogo; perché scrive il medesimo Sanchez, che la Moglie è obbligata a seguire un tal Marito, « 
Comica erano ingrate le viste per la pericolosa conversazione, certo, che a molte altre Comiche sono gratissime, e però mol
i: né si curano molto, o poco delle private, o pubbliche ammonizioni, che fanno gli zelanti servi di Dio; anzi alle volte s
le volte se ne burlano, e li motteggiano sfacciatamente. Non è molto, che in una città due Religiosi furono incontrati da c
che in una città due Religiosi furono incontrati da certi Giovanotti, che andavano a conversazione in casa di alcune Comich
sere Femminelle dimoravano. Tacquero i modesti Religiosi, conoscendo, che tal proposta era degna più di compassione, che di
Religiosi, conoscendo, che tal proposta era degna più di compassione, che di risposta: anzi tacquero anche i compagni di qu
i compagni di quell’imprudente Giovane, forse vergognandosi per lui, che con tanta sfacciataggine volesse dimostrarsi amic
a graziosa. Un Gentiluomo disse, poco tempo fa, ad un mio caro amico, che nella città, ove egli abitava, molti, quando vi e
o; per atto di esempio un anello, acciocchè serva da premio a quello, che tirando le sorti, fa maggiore il punto, e resta d
termine: si dilata per ogni verso: purché si guadagni, poco importa, che si scapiti nella coscienza; l’anima si può imbarc
n la batteria dell’oro e trovano doppia resistenza, una nella Comica, che resiste come onesta: l’altra in un Comico, che re
nza, una nella Comica, che resiste come onesta: l’altra in un Comico, che resiste come Marito: se pure egli è tale: ma poni
un Comico, che resiste come Marito: se pure egli è tale: ma poniamo, che veramente sia che ne segue ? L’assalto si raddopp
siste come Marito: se pure egli è tale: ma poniamo, che veramente sia che ne segue ? L’assalto si raddoppia con duplicato d
dotti Scrittori antichi, o moderni; ma voglio portare solo quel poco, che il Comico Beltrame pieno di sdegnoso timore scriv
trame pieno di sdegnoso timore scrive con questa forma. Io temoC. 46, che vi siano Comici, che si servano del palco per cro
so timore scrive con questa forma. Io temoC. 46, che vi siano Comici, che si servano del palco per crocciolaiz, o zimbello,
questo Comico io considero quelle parole. Se pur ve se sono. E dico, che è probabile, che ve ne siano; come ve n’erano l’a
considero quelle parole. Se pur ve se sono. E dico, che è probabile, che ve ne siano; come ve n’erano l’anno 1623. nel qua
ome ve n’erano l’anno 1623. nel quale trovandomi in una Città, seppi, che passavano certi Comici con alcune Comiche, e un n
e innamorato di una, viaggiavano con loro; e oltre a grossi donativi, che faceva all’Amica, faceva con grosse mance star ch
on grosse mance star cheto, e acconsentir allo scorno dell’onore uno, che si chiamava di colei Marito, il quale, se era, de
si chiamava di colei Marito, il quale, se era, degno della forca, non che della frusta, come reo convinto di gravissimo pec
gravissimo peccato contro il Sacramento Matrimoniale. E qui io noto, che molte persone virtuose, per udire casi di questa
che molte persone virtuose, per udire casi di questa fama piuttosto, che per sentire i Predicatori a ragionar contro i Com
nar contro i Comici, ne prendono, e imbevono tanto sinistro concerto, che fanno ogni mala conseguenza della vita, e dei cos
della vita, e dei costumi loro. E vi è, dice Beltrame, chi si crede, che tra i Comici non vi sia leggeC.36., né fede; e ch
ame, chi si crede, che tra i Comici non vi sia leggeC.36., né fede; e che tra loro siano fino alle loro Donne in comune: on
ne: onde noi potremo dire delle tristi Mogli dei Commedianti, quello, che scrive S. Asterio dei personaggi rappresentati da
romiscue quisque sumit. »De œconomo iniquitatis. Io mi do a credere, che non manchino altri guadagni fatti dai Commedianti
ini facilmente possono provvedere i Principi con pubblicare un bando, che non si vada alla conversazione delle Comiche nei
in banco, o in scena, porta il vanto nell ’allettare: onde io credo, che sia stata invenzione, suggestione del diavolo l’i
onne in Azioni Teatrali. Che se tanti dottori han detto fondatamente, che gli spettacoli del Teatro, « sunt Diaboli inventa
del Teatro, « sunt Diaboli inventa », sono ritrovamenti di Satanasso: che possiamo dire noi dello spettacolo Femminile, e T
siamo dire noi dello spettacolo Femminile, e Teatrale ? Diciamo pure, che con questo il Diavolo inganna i Comici, mentre pr
un poco distintamente, e accenniamo, quanti, e quali sono i modi, con che la comparsa delle ordinarie comiche nuoce alle an
o modo si è il farsi vedere bella, ornata, vana, e di apparenza tale, che senza nota di temerarietà si può giudicare essere
stetit in comanda pulebritudine.»T. 1. ser. de Ioseph. Ricordiamoci, che l ’amore prende la strada degli occhi, per arriva
orte incidas in laquos illius. »In T. br. C. 3. C. 9. Nota un Savio, che secondo la filosofica dottrina di Filone la Natur
chi mira, si espone al grave pericolo dell’incendio. Crisostomo nota, che chi attende a mirare le belle facce, « sibi forna
ed qui viderit ad concupescendum Ho. 17. in Mat. ». Ed Ilario scrive, che nel Vangelo di Cristo. « Adulerio motus tantum in
m incidentis oculi equatur. Can. si n. c. 5. S. Mat. » Filone avvisa, che gli occhi hanno una certa naturale parentela con
ti gli affetti, e quindi segue tra loro una scambievole mutazione; da che legge, che lo sguardo degli occhi lascivi eccita
tti, e quindi segue tra loro una scambievole mutazione; da che legge, che lo sguardo degli occhi lascivi eccita subito nell
si tanguntur, sed etiam si spectentur, potest peccari. » Ed aggiunge, che dalla vita di bella donna si accende, come un vor
diunturnum quendam et continium dolorem sustinesum » Dunque bisogna, che ci guardiamo dagli occhi di bella Donna; in modo
Dunque bisogna, che ci guardiamo dagli occhi di bella Donna; in modo che non ci feriscano, e ci guardiamo dal mirare con i
che non ci feriscano, e ci guardiamo dal mirare con i nostri; in modo che non ci rovinino. Di questi scrisse colui. « Illa
nt: quantum feriunt oculi »Nonnus in Dionis.. Intesi già da un dotto, che Aristotele aveva scritto, che le Donne hanno negl
nus in Dionis.. Intesi già da un dotto, che Aristotele aveva scritto, che le Donne hanno negli occhi due pupille, nelle qua
pupille, nelle quali conservano un veleno molto potente. Ed io noto, che una sola occhiata basta qualche volta per rapire
a per rapire il cuore, e l’effetto di uno spettatore Svetonio scrive, che Tiberio « Agrippinam semelIn Tib. C. 7. omnino ex
» Nella storia sacra, e Reale abbiamo il lacrimoso caso del Re David, che essendo uomo di tanta perfezione, rimase preso da
am »2. Reg. c. 11. 2.. Alfonso Vigliega per acconcio di questo narra, che un Fanciullo si allevò prima nel deserto, e poi n
suo Superiore alla città, nella quale vide in una parte alcune Donne, che ballavano; e domandando al Superiore, che cosa er
in una parte alcune Donne, che ballavano; e domandando al Superiore, che cosa erano, udì per risposta. Sono Anatre. Ritorn
poi al Convento stava tutto malinconico, e richiesto della cagione; e che cosa lo potrebbe rallegrare, egli con semplice ca
quanto la vista delle Donne sia pericolosa: poiché questo Giovanetto, che mai per avanti non ne vide alcuna, solo per averl
ente ardere tutto con fiamma di lascivo affetto. Ora chi di noi sarà, che di se stesso presuma di poterle mirare frequentem
nsieruntin affectum cordis. » Vataldo legge. « Oculis exeunt », quasi che sia una cosa medesima il mirare, e il peccare, at
ia una cosa medesima il mirare, e il peccare, attesa la facilità, con che si pecca, rimirando l’aspetto di una bella Donna,
ntesApud. Stob.: et oculi sunt Proxenete peccati. » Baldesano scrive, che i Martiri Santi di Cristo condotti davanti alle s
iri Santi di Cristo condotti davanti alle statue degli Idoli; in modo che le adorassero; non solamente non le adoravano, ma
isoluzione del vero amatore di Dio, e delle Virtù, cioè più prestojg, che ridursi, non dico ad adorare le statue carognose
irarle, correre ogni pericolo, benché grande della vita; massimamente che tanto più si ha da frenare lo sguardo verso tali
mamente che tanto più si ha da frenare lo sguardo verso tali oggetti, che non guardar a fare verso le immagini degli Idoli;
oggetti, che non guardar a fare verso le immagini degli Idoli; quanto che da guardar quelle non ne veniva più che tanto off
immagini degli Idoli; quanto che da guardar quelle non ne veniva più che tanto offesa l’anima, ma dallo sguardo d’oggetti
vole è traditore del cuore: ma opera con tale dolcezza il tradimento, che l’infelice Spettatore giudica lo sguardo suo un f
ssimi vagheggiamenti. Questo errore in specieltàjh succede in quelli, che frequentano l’osceno Teatro; ove le Comiche fanno
; ma non voglio l’infamia della disonesta operazione. Ed io rispondo, che quel consenso al diletto è peccato mortale. S. Il
verò munditia luxuria cogitata damnatur ». S. Paolo scrive ai Romani, che non regni il peccato di maniera, che si obbedisca
ur ». S. Paolo scrive ai Romani, che non regni il peccato di maniera, che si obbedisca ai suoi desideri. « Ut obediatisC.6.
adhuc delectetur, atque animum teneat, procul dubio regnat. » E’ vero che S. Tommaso dice. « Quidam dixeruntSum. homo cap.
e Corduba: ma di mortale: come tiene Sairo; e lo prova con le parole, che aggiunge il medesimo S. Agostino, dicendo, che pe
o prova con le parole, che aggiunge il medesimo S. Agostino, dicendo, che per tali pensieri l’uomo si danna, se la divina g
he, e ancora le altre Donne: ma non consento al diletto impudico. So, che dicono i dotti con S. Bernardo. « Non nocet sensu
nsentire: non il mirare, e il ricrearsi. A questa Obiezione rispondo, che non favellano così gli uomini timorosi di Dio; né
occhi l’acqua fresca del gusto Teatrale, e mirando quegli Spettacoli, che da Comici, e dalle Comiche erano rappresentati. I
rappresentati. Il Cocchiere si fermò alquanto, per avvisar la gente, che si stringesse, e lasciasse nel mezzo la comodità
volle bere nemmeno un minimo sorsetto di quel vano, e osceno diletto, che gli veniva offerto con la tazza della comica, e f
come segno di vera, e saggia spiritualità, da un prudente Sacerdote, che dopo alcuni giorni lo narrò a me con molto gusto.
ntese quel tiro di Spirito, e di perfezione; e tra sé disse. Va pure, che ben si vede, che tu sei degno figliuolo di quella
i Spirito, e di perfezione; e tra sé disse. Va pure, che ben si vede, che tu sei degno figliuolo di quella santissima Congr
Giunta della medesima Compagnia con tanto copioso frutto delle anime, che con ragione fu chiamata da un Servo di Dio, Predi
n Peccatore: l’occhio si pasce, ma non si pasce il cuore. Ed io dico, che quando questo detto non è regola di sicurezza: né
Padri. S. Ambrogio con uno zelo sfavillante di celeste ardore avvisa, che se tu vedrai in una parte eccitati gli applausi p
te in fronte al Sole: mira la marina ampiezza del liquefatto argento: che così chiudendo, e moderando gli occhi, la morte n
nestras oculorum tuorum. »  S. Bernardo considerando lo sguardo, con che Eva mirava il vietato pomo, le dice. « Quid tuam
ondo il rigore delle scuole, scrive intorno al giudizio di chi tiene, che un virtuoso può mirare senza il consenso di pecca
ve, né qui li voglio replicare: solamente aggiungo un poco del molto, che scrive Salvianol. de Prov. pos. medit. in prova,
poco del molto, che scrive Salvianol. de Prov. pos. medit. in prova, che chi brama custodire la pudicizia della mente, dev
side fugeret adulterium, custodire aspectum. » Accenna in ristretto, che chi non custodisce gli occhi, apre il cuore alle
o alla stessajj materia. L’Eloquente, Romano Oratore fu di parere, che il buon Capitano debba essere uomo fornito di mol
manus oculos, animum cohibere posset, non erit idomus. » Ed io stimo, che ogni buon Cristiano, per esser Soldato di Cristo,
nec capiuris oculis tuis. » E di questo avviso bisognosi sono quelli, che frequentano il Teatro oscenoIn Sixtiam, senza cau
tto un uomo ? Gran cosa farà. Se ad adorarla quasi Dea non giunge. Si che Donna bella esser deve quasi velenoso Basilisco f
rvello: quella accarezzandoti ti distruggerà: questa fuggendoti farà, che da te medesimo ti consumi: quella in un mar di mi
alche volta mirate da vicino, e non sempre da lontano; non credo già, che voi siate sempre nello stesso palchetto, posto lo
longe vidit David, et captus est. » Aggiungo il giudizio di un Savio, che dice. « Si ad MulieremCartag. T. 4. l. 15. ho. 3.
pertum est, quantum plerumque neceat. » Ma S. Cipriano avvisa chiaro, che nessuno, cioè dico io, poco cauto spettatore fugg
icit. » Aggiungo di più. Alle volte è cosa peggiore mirar da lontano, che da vicino: perché da lontano una faccia, abbellit
almente un altro. Orsù confesso il vero. La Comica è brutta: non vi è che mirare: l’occhio può chiudersi al diletto; perché
i Ecuba stomacosa, e vecchia; e la vista di donna tale è così brutta, che fa fuggire la tentazione; e serve quasi di potent
uccidere il pensiero della fornicazione, e del peccato. Io rispondo, che quando una Comica è bella, fa impazzire molte vol
è brutta, cagiona almeno qualche peccato mortale: poiché ella, tutto che brutta sia, comparendo in un’oscena Rappresentazi
con altro modo irragionevole, peccano mortalmente. Rispondo inoltre, che se una Comica è brutta, forse non tutte le Comich
una fa maggiormente spiccare i lampi di beltà nell’altra. Ma poniamo, che vi sia una Comica sola, e che sia brutta al parer
lampi di beltà nell’altra. Ma poniamo, che vi sia una Comica sola, e che sia brutta al parere di uno: io dico, che forse n
e vi sia una Comica sola, e che sia brutta al parere di uno: io dico, che forse non tutti sono dello stesso parere. E forse
, che forse non tutti sono dello stesso parere. E forse tal uno vi è, che la stima bella; perché tornando a casa, trova la
ter, si hoc faciat ex sine mortaliter malo. » Concludo con ricordare, che molte volte una Femmina anche brutta fa dar nelle
alieno est vivens. » L’animo di chi ama, sta morto nel proprio corpo, che informa, e vive nell’altrui corpo, che l’innamora
, sta morto nel proprio corpo, che informa, e vive nell’altrui corpo, che l’innamora ; e però pare, che non gradisca il vag
che informa, e vive nell’altrui corpo, che l’innamora ; e però pare, che non gradisca il vagheggiare altro, che l’amato og
che l’innamora ; e però pare, che non gradisca il vagheggiare altro, che l’amato oggetto. Tali uomini si trovano alle volt
agli occhi dei Savi brutta, ma alla vista di quel misero tanto vaga, che gli sembrava una bellissima Semidea. Insomma non
l’amato viso, chi l’ama troppo sregolatamente. Ma se di rado avviene, che una Comica brutta piaccia molto; certo è, che spe
Ma se di rado avviene, che una Comica brutta piaccia molto; certo è, che spesso occorre, che una bella, e molto piaccia, e
ne, che una Comica brutta piaccia molto; certo è, che spesso occorre, che una bella, e molto piaccia, e molto nuoca alle an
e nocumentojq delle anime concorre l’ordinaria Comica col primo modo, che è farsi vedere bella, ornata, e tutta vana nel ba
di velenose serpi, onde può servire a noi di simbolo, per avvisarci, che il capo di una teatrale Medusa, cioè di una Comic
Comica, e molto più la faccia di lei, e la persona, è piena di serpi, che cagionano a molti deboli di spirito la rovina spi
ncante nella naturale beltà, cioè povera di quel capitale e donnesco, che è tanto apprezzatojr, si avanza, come può, o con
e molti, e per rovinarli. Nota con avveduto accorgimento S. Cipriano, che se nella Chiesa, che è luogo santo, « periclitatu
rli. Nota con avveduto accorgimento S. Cipriano, che se nella Chiesa, che è luogo santo, « periclitatur castitas », si corr
ndo con me delle molte, e gravi miserie cagionate dai moderni Comici, che conducono le Donne, mi disse liberamente. Padre l
l cagionare nell’animo nostro un subito risentimento contro l’onestà: che ci cagionerà poi la vista di una Comica bella, or
na; se l’animo nostro farà , come purtroppo è, inclinato al vizio ? O che nocumentijt, o che rovine. Io qui ora aggiungo al
ro farà , come purtroppo è, inclinato al vizio ? O che nocumentijt, o che rovine. Io qui ora aggiungo al sopradetto. Che fa
to raccontare per bocca di un degnissimo Religioso, nobile Messinese, che in una Città principale del fiorentissimo Regno d
onna esser molto brutta, le domandò con meraviglia. Voi siete quella, che poneva in rovina questa Città ? Si Padre, rispose
he poneva in rovina questa Città ? Si Padre, rispose, io sono quella, che con i miei belli modi, e graziose maniere ponete
ie grazie ho cagionato una disgraziata infelicità a moltissime anime: che però ora ne piango, e contrita ne chiedoju miseri
n chiaro specchio, in cui possiamo vedere la forza, ed efficacia, con che una Donna teatrale nuoce a molti con il solo modo
molti col cnato della donna in banco, o nel teatro. E però sarà bene, che ne diciamo qualche cosa brevemente.   Nota unic
» E però domanda con prudenza Aristotele. Per quale ragione i Musici, che vanno cantando per mercede nelle feste; hanno poi
per mercede nelle feste; hanno poi così cattivi costumi. E risponde; che ciò avviene; perché stando a tutte le ore in alle
ndo mai precetto alcuno di buoni avvisi, ne vedendo anche mai alcuno, che tra loro dia buono esempio, non sanno vivere in a
cuno, che tra loro dia buono esempio, non sanno vivere in altro modo; che in quello, che hanno imparato per uso. Di questa
oro dia buono esempio, non sanno vivere in altro modo; che in quello, che hanno imparato per uso. Di questa proposta, e ris
roposta, e risposta Aristotelica si serve il Franciotti, per provare, che le Figliuole non devono imparar di musica. Ma io
e non devono imparar di musica. Ma io me ne servo qui, per accennare, che quelle Femmine cantatriciLib. 5. c. 14. n. 6. del
ù decevoli ad una cast Donna; onde non sarà temerarietà il giuducare, che comiche di tal fatta per ordinario siano, viziose
he comiche di tal fatta per ordinario siano, viziose, e perniciose; e che cagionano gravi mali con i canti loro. S. Pietro
ottore significajw il pensiero spiegato anche da S. Crisostomo; cioè, che Iddio, e la natura inclinino grandemente gli uomi
inino grandemente gli uomini al godimento del virtuoso canto; in modo che ricevano un dolce sollevamento nelle fatiche dell
tas et utilitas. » S. Ambrogio con maggior brevità discorre in prova, che il canto è di non poco sollievo alle fatiche. « H
onet et viatem solatur. » E seguita a raccontare molte altre utilità, che l’uomo riceve dal canto del Gallo; e poi conclude
di un Mimo fece compungerejx anticamente un Giovane mondano in modo, che determinò di lasciare il mondo, e di donarsi tutt
nte narra di S. Aiberto, Monaco racchiuso, e uomo di somma astinenza, che vivendo nella paterna casa Giovanetto di bel temp
so un Mimo, credo un Salimbancojy, il quale cantava una certa storia, che esprimeva la conversione di S. Teobaldo Eremita,
atto restò tanto commosso, e addolorato per rispetto dei suoi errori, che con generosa risoluzione, e con un cuore grande a
li aspettare si possono dall’udire il canto modesto, e spirituale. Ma che si può aspettare, o temere dall’immodesto, e dall
la udir, quando cantilla Barzellette d’amor sul Buonacordo. Un non so che di tenero distilla Musica Femminil, che l’alme a
or sul Buonacordo. Un non so che di tenero distilla Musica Femminil, che l’alme assonna, E i cuori a suo voler turba, e tr
lme assonna, E i cuori a suo voler turba, e tranquilla. E dunque vor, che offende, e mette in bando La propria castità: com
e offende, e mette in bando La propria castità: come io provo, Colui, che ode sermon lascivo, e blando. » S. Agostino pia
ermon lascivo, e blando. » S. Agostino piange la miseria di coloro, che si dilettano « manus canticisT. 9. l. de x. Chord
rpetuum va; illic Demonum requies. » E S. Crisostomo dopo aver detto, che i Demoni con i canti lascivi rovinano il tutto, a
t animam. » Origene, Cassiano, e altri Dottori antichi sono di parere che a vizi diversi fossero presidenti diversi Demoni;
luxuria ». E S. Girolamo fondato su questa probabile opinione disse, che alcuni Diavoli servivano ai canti lascivi; e agli
Appendice alla passata Nota. Contro l’oscenità del canto, in modo che si fuggisse, fugià nel concilio Maguntino formato
Opera mia stampata con titolo di Risposta; e mostrano efficacemente, che il canto Femmnile, e massimamente l’osceno, si de
gire. E questo è anche grandemente conforme alla dottrina di Platone, che insegna, che i canti, « cum omnes homines, maximè
o è anche grandemente conforme alla dottrina di Platone, che insegna, che i canti, « cum omnes homines, maximè tamen adoles
Se tu riceverai nei canti, e nei versi la piacevole Musa, io ti dico, che nella tua Città in luogo della legge, e della rag
a se il canto disonesto, vizioso, nuoce tanto; quanto nuocerà quello, che oltre al contenere disonesti, e viziosi concetti,
resa di molte anime. A questa verità alluse S. Efrem, quando scrisse, che un’anima presa dal Diavolo gli serve da mezzana p
e suaperdix reliquas circumvoliantes ad eos pelliciat. » Ed io penso, che la Donna cantatrice di lascivo canto, e che l’imp
pelliciat. » Ed io penso, che la Donna cantatrice di lascivo canto, e che l’impudica, e ardita Comica sarà bersaglio delle
ioè. Le Comiche, dico io, cantano, per lusingar piuttosto gli uomini, che per piacere al Creatore degli uomini. Se tu, o Ca
piacere al Creatore degli uomini. Se tu, o Cantatrice, canti in modo, che ne cerchi la lode, sei piuttosto del canto vendit
i in modo, che ne cerchi la lode, sei piuttosto del canto venditrice, che formatrice. Deh se Padrona tu sei della tua voce,
cordia dei costumi, per concordare con essi al voler divino. Ma ahime che molte Comiche cantatrici concordano con i viziosi
e così degne si fanno della miseranda morte, e del maledetto plauso, che già ricevette un osceno Cantore da uno Spirito In
i: e vide avanti a lui un fiero, grande, peloso, e cornuto Diavolone, che con gli occhi di fuoco, e con la faccia ardente s
impiego dell’osceno Cantore, quale tosto fu avvisato dal pio Signore, che si correggesse dei suoi falli osceni, edai suoi s
fetti ? E trattare del modo, e tempo di ritrovarsi ? Che sarà vedere, che l’Adulero chiede un bacio, e l’ottiene ? Io dico
e, che l’Adulero chiede un bacio, e l’ottiene ? Io dico, e concludo, che bisogna aver un corsaletto d’acciaio, per conserv
i, et il fuggire lungi dalla Comica Cantatrice, o parlatrice; in modo che incontri la sua spirituale sventura, cagionata co
mone; e secondo l’avviso di Crisostomo esamini se stesso, per vedere, che cattivo effetto cagioni nel suo cuore l’udire una
ritto. « O rovina dell’alme empia chorea, Per te trionfa solo colei, che terra Furia d’Averno, e non di cipro è Dea. » pe
er fuggirle tutte, l’apprendere vivamente la forza efficacissima, con che cagionano la rovina di molti. Così con vivezza l’
se spirituali un pezzo; e poi si deplorò tra noi la cecità di quelli, che poco stimano il pericolo, che di peccatocorrono c
si deplorò tra noi la cecità di quelli, che poco stimano il pericolo, che di peccatocorrono coloro, che vanno alle Commedie
i quelli, che poco stimano il pericolo, che di peccatocorrono coloro, che vanno alle Commedie oscene. E quel saggio Signore
le con molto senso, ed efficacia mi esortò a predicare, e a stampare, che si pecca mortalmente da chi vi andava. E po aggiu
stampare, che si pecca mortalmente da chi vi andava. E po aggiunse. O che miseria veder quei licenziosi balli, e quei lasci
rovina loro. O quianti vi peccano. O quanti si rovinano. Ed io dico, che balli di tal fatta, e troppo licenziosi sono vizi
di ogni giudizioso. Natal Comite scrive di una Donna chiamata Empusa, che si trasformava in varie, e differenti figure di m
ata Empusa, che si trasformava in varie, e differenti figure di modo, che pareva un Proteo. Ma Luciano afferma, che per ver
differenti figure di modo, che pareva un Proteo. Ma Luciano afferma, che per verità era una Ballerina triste, che con vari
Proteo. Ma Luciano afferma, che per verità era una Ballerina triste, che con vari, e impudichi gesti ballando pareva, che
na Ballerina triste, che con vari, e impudichi gesti ballando pareva, che si mutasse in più persone. Queste immodeste Balle
Ballerine si devono condannare anche per giudizio dei moderno Comici, che professano modestia. Beltrame testifica, che una
izio dei moderno Comici, che professano modestia. Beltrame testifica, che una gran Donna, Signora di santi costumi, dopo av
egas. I balli, e i suoni tanto scompostiC.44. dell’Esercizio Spirit., che ora si usani nelle Commedie, le azioni, e sboccam
., che ora si usani nelle Commedie, le azioni, e sboccamenti lascivi, che altro buono effetto hanno da produrre nel cuore,
asti ? E aggiunge poco dopo. Intorno ai balli poco modesti ci dubita, che non siano in essi grandi incentivi, per fare inci
tto, e consideri, e faccia riflessione: perché troverà essere quello, che dico; e che prima egli non lo considerava. O piac
deri, e faccia riflessione: perché troverà essere quello, che dico; e che prima egli non lo considerava. O piacesse al sovr
lo considerava. O piacesse al sovrano Principe dell’universo, Iddio; che tutta la nobiltà Italiana imitasse l’esemplare de
Italiana imitasse l’esemplare determinazione di quella gran Donna; e che tutte le moderne Comiche fuggissero lo scandaloso
o alle anime di molti con i loro balli fatti nel pubblico Teatro. So, che i dotti insegnano, che i balli sono degni di pubb
on i loro balli fatti nel pubblico Teatro. So, che i dotti insegnano, che i balli sono degni di pubblica letizia; e si rice
li sono degni di pubblica letizia; e si ricevono per la consuetudine, che in questa parte non pare, che sia una corruttele;
zia; e si ricevono per la consuetudine, che in questa parte non pare, che sia una corruttele; e dai balli si prende occasio
, Filliucci, e altri appesso il Bonaccina. Ove egli però dice chiaro, che sono peccati mortali, « si fiant modo inhonesto  
4. p. 9. n. 24., se sono fatti con modo disonesto. Etali sono quelli, che fanno molte Comiche del nostro tempo in presenza
naccia di levare le bella chioma, e di dar percosse a quella Femmina, che nei lascivi balli si scompone. Così fu castigata
mina, che nei lascivi balli si scompone. Così fu castigata già colei, che dopo aver un giorno festivo vezzeggiato, e solezz
te alla gran fornace dei Tartarei fuochi, et ivi fu bruciata di modo, che pur un capello non rimase nel suo corpo; il quale
intollerabile odore. Si aggiunse un altro accidente spaventoso, cioè, che un nero, e infernale Mnistro armò la destra con u
la PenitenzaSpe. d. 9. 52.. Felice fu questo tocco delle divina mano, che con medicinal percossa ferì talmente la gagliardi
no, che con medicinal percossa ferì talmente la gagliardia del corpo, che risanò le debolezza dell’animo impiagato. « Exten
orno con le vane sciocchezze dei lascivi balli. Una fiatakd successe, che vicino al luogo, ove ballava, certi Giovani comin
al luogo, ove ballava, certi Giovani cominciarono un giuoco di palla, che lungi si mandava con la percossa del bastone. Ed
iuocatori, e colpisce per dritto il capo della Donna così fortemente, che subito caduta nel suolo diviene moribonda, e poco
ermina i giorni suoi, spirando l’ultimo fiato di quella vita indegna, che chiamare si poteva degna morte, e morte rea di un
ioni a prokf della defunta l’ultimo ufficio della cristiana pietà. Ma che  ? Ecco, dice lo Storico, « taurus nìgerrimus, imo
ezza; anzi ecco un infuriato carnefice infernale, un pessimo Diavolo, che con muggito orrendo se ne corre verso il feretro,
za con le corna, e lo ferisce per ogni parte, e per ogni membro così, che qua, e là si spargono le viscere, e si diffonde u
uggirono, e l’infelice, lacerato cadavere rimase insepolto, fin tanto che cessò quella puzza intollerabile: e allora i Pare
che cessò quella puzza intollerabile: e allora i Parenti procurarono, che seppellito fosse lontano dal sacro Cemitero; fors
rono, che seppellito fosse lontano dal sacro Cemitero; forse persuasi che quell’anima era per sempre esclusa dalle stanza d
suol far naufragio nell’ondeggiante, e fortunoso mare dela disonestà; che altro non è infine, che preparare un festoso conv
ondeggiante, e fortunoso mare dela disonestà; che altro non è infine, che preparare un festoso convitto, e un giocondo ball
el salto femmnile si aggiunge per compagnia all’ultimo delle delizie: che dite voi a questo mio dire o Sante Donne ? Credo,
delle delizie: che dite voi a questo mio dire o Sante Donne ? Credo, che diciate, che non da saggio di Femmina vergognosa,
e: che dite voi a questo mio dire o Sante Donne ? Credo, che diciate, che non da saggio di Femmina vergognosa, e pudica que
he diciate, che non da saggio di Femmina vergognosa, e pudica quella, che gode farsi vedre sul palco Saltatrice nel fine de
D. Francesco Fernandio Canonico della Chiesa Cordubense dice chiaro, che questa sorte di salti è stata causata dalle spelo
lgus. » Salti dunque maledetti sono questi, diabolici, e infernali. O che vista disdicevole si offrekh agli occhi dei risgu
m fedari, credendum est. » Scrive lo zelante Crisostomo, e ci avvisa, che dove il peccato vince con le armi del lascivo sal
rende brutto il corpo, saltando sfacciatamente, bene si può credere, che renda l’animo abominevole con maggior bruttezza.
oposito di queste Saltatrici. O quanto tupri, e disonesti quei gesti, che le Femmine vestite da uomo fanno soprale scene, o
Padri Capuccini di risolversi a porre efficiace rimedio allo scandalo che in una Città principale, ove egli l’Avvento predi
ndalolo eccesso; e poi usando questo modo, narrato a me la un Comico, che era tra i compagni di quella Femminella. Si fece
he era tra i compagni di quella Femminella. Si fece chiamare il Capo, che era tra i compagni; si querelò con zelo del danno
iamare il Capo, che era tra i compagni; si querelò con zelo del danno che alle anime si derivava dalla vista lasciva di que
lasciva di quei salti femminili; e ottenne da lui parola, e promessa, che la Donna non sarebbe più comparsa nel pubblico ba
più comparsa nel pubblico banco Saltatrice. E o fosse piaciuto a Dio, che l’applicazione del detto rimedio non fosse stata
dita, non già dal comico, ma dal comandamento di un gran personaggio, che venuto a vedere la Donna nel solito impiego dei s
i salti; e intesa la cagione, perché non compariva a saltare, ordinò, che proseguisse il costume scostumato di prima; e cos
cecità mondana, dovette, credo, supplicare il grande Padre dei lumi, che degnasse per sua misericordia illuminare le muove
a misericordia illuminare le muovenze a vera conversione i peccatori, che viziosamente godevano lo spettacolo di quella Sal
salti, e moltiplicavano almeno con l’animo le loro disonestà. Io so, che al tempo nostro non mancano diqueste scandalose S
igione con il solo ricordoki resto addolorato, e convinto pienamente, che era una grandissima oscenità quel tripudio di sal
randissima oscenità quel tripudio di salti zazzeschi, e femminili. Ma che ho detto; non so ? Debbo dire, che so, che ora se
i salti zazzeschi, e femminili. Ma che ho detto; non so ? Debbo dire, che so, che ora se ne fanno tali, perché mentre scriv
zazzeschi, e femminili. Ma che ho detto; non so ? Debbo dire, che so, che ora se ne fanno tali, perché mentre scrivo quella
, perché mentre scrivo quella materia, intendo da testimone di vista, che una Donna, vestita da uomo salta pubblicamente, e
a pubblicamente, e balla slla corda, e sempre vi è vicino il Buffone, che fa gesti osceni, e dice parole brutte per muovere
saltante con la Comica Saltatrice: e molto più tema la stessa Comica, che è tanto vana; ed è di tanta rovina alla cristiani
so diletto. Ho saputo da un gravissimo Religioso, testimone di vista, che in Germania fu una Donna di nobilissimo casato, e
i affetti, e i cuori dei vani, e lascivi Spettatori. Macché ? Giunta, che fu colà, tosto comparve all’orecchio suo, né si s
: lo cacciarono subito gli amici, e i sreventi, non porò cis’ subito, che non restasse la Donna offesa, a malamente affetta
nde per la forza di quel serpentino veleno divenne storpiata di modo, che non potè più camminare, se non a maniera di besti
o prokj ad esempio delle miserie altrui a fuggire le miserie: in modo che non siano esse nell’infernale prigione degli eter
lla virtù; e suole essere di tanto pregiudizio alla cristiana onestà, che può dirsi di lei il detto di Clemente Alessandrin
ori, usa, oltre l’artificio delle parole, la destrezza di quel salto, che si può chiamare con Agostino. « Saltus in profund
Saltus in profundum Inferni », salto nel profondo dell’Inferno: quasi che verissimo sia, che il corpo saltando miseramente
Inferni », salto nel profondo dell’Inferno: quasi che verissimo sia, che il corpo saltando miseramente nel peccato, e si f
ta ad ellica voluit intelligi, id est arma. » Cioe. Un’altra lettera, che è l’ebrea, dice. Le armi dell’uomo non guarnirann
 » Voglio aggiungere qui all’autorità di Raffaello delle Colombe: già che egli cita Silvestro. E lo interpreta dicando. I s
: alla Predica di Feb. 4. Dom. 4. di Quares. sotto pena si scominuca, che non si da, se non per il mortale; proibiscono, ch
pena si scominuca, che non si da, se non per il mortale; proibiscono, che la Donna vesta da uomo. Ne mi dite. Il Silvestro
a ipocrisia. L’avviso di Lirano viene approvato da Cornelio a Lapide, che riprova nella Donna l’uso della veste virile; « t
cus detur » : si perché è disdicevole per se stesso: si anche in modo che non si dia comodità alle segrete libidini, e ad a
o va contro un precetto del divino Legislatore; contro il quale pare, che già peccasse mortalmente la Donna Giudea servendo
motaliter, usens veste virili », scrive l’allegato Cornelio. E’ vero che Caietano dice. « Iudiciale, vel ceremoniale prece
er grazia di Cristo Redentore è svanito. Nondimeno leggo in Cornelio, che detto precetto pare naturale in parte, e in parte
etur. » E forse vuol dire questo Commentatore, e questo gran Dottore, che la Donna Cristiana non soggiace alla forza di que
olo Ebreo; ma vi soggiace, in quanto è cosa naturale; cioè la Natura, che è lo stesso Dio, detta col lume di ragione alla D
la Natura, che è lo stesso Dio, detta col lume di ragione alla Donna, che non usi le vesti, delle quali si veste l’uomo. Qu
sso loro maschile, e femminile. Tra Pavoni il maschio compare di più, che la femmina, specioso. Apre il ricco teatro della
emmina compagna del Pavone. « Sexum indumenta discernunt. » Ora dico, che questa distintiva varietà di vestimenti si deve c
tale, né veniale, ma solo al più è un atto sconvenievole, innaturale, che ah dello straordinario, e del mostruoso. Come il
, che ah dello straordinario, e del mostruoso. Come il Filosofo dice, che la Natura pecca nelle produzione di una cosa, qua
sere conditioni persona soc undum communem consuetudinem. » Rispondo, che questa Obiezione mi porge comodità, e necessità d
, s’imbevera facilmente con il liquore, e con l’odore delle dottrine, che si derivano dalla fonte maestrale. L’artificio de
perché alle volte si fa lecitamente; come fu fatto da quella Vergine, che stando per forza nel luogo infame, vittima innoce
vestita da uomo, persuasa dalle preghiere di quel castissomo Giovane, che a lei se ne era entrato con apparenza di brutta p
margherite con levarle dal ezzo degli animali immondi. Navarro tiene, che « nulla tenus peccat Enchir. c. 23. n. 22. Femin
vel ob honestansui; aut alterius oblectationem ». Non pecca la Donna, che si veste con l’abito virile per giusta cagione, c
mortali: iam enim non esse peccatum mortale, decet D. Thomas. » Pare, che questo precetto già si acancellato, in quanto che
D. Thomas. » Pare, che questo precetto già si acancellato, in quanto che obbliga sotto pena di peccato mortale: pechè S. T
che obbliga sotto pena di peccato mortale: pechè S. Tommaso insegna, che non è colpa mortale a nostro tempo. Il luogo del
te virili, ponest quando fieri sine peccato. » Può talvolta avvenire, che senza lordura di peccato la Donna si vesta con l’
ca vestw non è di sua natura peccato mortale alla Donna. Io concedo , che il Santo nel citato luog scrive. « De se vitosum
ive. « De se vitosum est, quod mulier utatur veste virili. » Ma dico, che quel, « De se vitiosum, s’intende par. 5. str. 7.
e Silvio esplicando S. Tommaso, e lo cita Diana, e vuol significarci, che l’uso della veste virile nella Donna, è un’azione
della veste virile nella Donna, è un’azione viziosa da se, non quasi che sia per se stessa; o si sua natura cosa malako; c
altre cose di simil fatta; ma pechè è un’azione del numero di quelle, che assolutamente considerate portano con se una cert
one di veste femminea azione viziosa, « de se vitiosum est », mostra, che almeno alle volte la Donna pecca venialmente con
cca venialmente con farla; come avviene , quando non ha altra cagion, che leggerezza. Dico 3. Pecca mortalmente la Donna ve
udicando ciò utile al suo proposito, sia scomunicata. Silvestro dice, che quella Canonica sentenza si fulmina per rispetto
tricandi; ut patet per Gloss. et Arch. Ibi », come occorse una volta, che di mezzo dì fu veduta una Meretrice uscire, da un
usato per più liberamente fornicare. Navarro nel citato lugo scrive, che la Donna pecca solo venialmente, usando l’abito v
o fine mortalmente vizioso, ne altra circostanza mortale: quasi dica, che pecchi mortalmente, quando vi sono. Cornelio segu
lmente, quando vi sono. Cornelio segue un simil teno di dire dicendo, che non pecca mortalmente, « si ab sit scandalum, et
ve scandalo, e intenzione, e pericolo di lascivia; onde si raccoglie, che concorrendovi tali corcostanze, la Donna pecca mo
solo dilettare, e di guadagnare saltando, non pecca; dicendo Navarro, che la Femmina non pecca vestendosi da uomo con inten
iguarda in questo scopo. In quanto poi al perioclo di lascivia, dico, che non vi è; mentre le persone spettatrici sono fort
ale da cose per le stesse indifferenti: come sono i salti, e i gesti, che sogliono accompaganrli, tutto che siano fatti da
enti: come sono i salti, e i gesti, che sogliono accompaganrli, tutto che siano fatti da Comica Saltatrice. Ne vedo per ora
blico Teatro. Prendo la ragione dalla spirituale debolezzea di molti; che infallibilmente si trovano nella moltitudine teat
a moltitudine teatrale degli Spettatori, i quali molte volte gridano, che esca la Donna a saltare: esca la Donna; perché ta
l’esperienza di oggidì, e dall’attestazione dei Giovani poco virtuosi che moltissimi di loro al vagheggiare una bella, e gr
mi di loro al vagheggiare una bella, e graziosa Comica in farsetto, e che salta sulla scena in Teatro, o sul banco in piazz
farsetto, e che salta sulla scena in Teatro, o sul banco in piazza, e che spiega, e ripiega con vari, mirabili, e artificio
mica vestita da uomo per dilettare saltando. E come le parole brutte, che non sono di loro natura mortali, diventano tali p
senza di persone deboli di spirito; come dico altrove; così ora dico, che i salti, fatti dalla Comica vestita da uomo nel p
per accidente per ragione dello scandalo, e della spirituale rovina, che cagionano a moltissimi deboli nella virtù. Dirà f
a, che cagionano a moltissimi deboli nella virtù. Dirà forse tal’uno, che la Comica con giusta cagione si veste da uomo per
cat Femina, que veste virili se vestit iusta de causa. » Io rispondo, che se la Comica con giusta cagione si veste da uomo
ione scandalosa contro la carità del prossimo. Nè basta il replicare, che ella fa il tutto per necessità; e però l’uso dell
ll’abito virile non è peccato a lei secondo l’autorità di S. Tommaso, che scrive. « Potest quandoque hoc fieri sine peccato
ieri sine peccato propter aliquam necessitatem. » perché io rispondo, che la Comica non fa questo per necessità, ma per avi
vati dalle buone leggi della Cristianità. L’interesse è uno Stregone, che fa travedere, e vuole, che si chiami necessità qu
a Cristianità. L’interesse è uno Stregone, che fa travedere, e vuole, che si chiami necessità quello, che altro non è per v
Stregone, che fa travedere, e vuole, che si chiami necessità quello, che altro non è per vero dire, che illecita, e peccam
vuole, che si chiami necessità quello, che altro non è per vero dire, che illecita, e peccaminosa utilità. Insomma io stimo
ecessità. E chi mai scuserà da peccatograve quella comica Saltatrice, che lìanno 1641. andando per l’Italia, nel mese d’Apr
o con scndalo si poneva sulla porta, ricevendo i pagamenti di coloro, che entravano, per vederla saltare, camminare sulla c
mpurità, risonava l’Eco di molta oscenità; e gli equivoci erano tali, che si potevanodichiarare per univoci della libidine;
n per giudizio dei Savi. Ora di queste Saltatrici, avide di guadagno, che non mancano a nostro tempo, chi dicesse, che sono
rici, avide di guadagno, che non mancano a nostro tempo, chi dicesse, che sono viziosi nostri d’impurità; io non saprei con
nostri d’impurità; io non saprei contraddire;nemmeno, se aggiungesse, che sono animate navicelle di Caronte, per traghettar
queste sventure principalissima fabbircstrice si è la Comica lasciva, che compare vezzosa nel pubblico Teatro, nuoce in tan
asciva, che compare vezzosa nel pubblico Teatro, nuoce in tanti modi, che sin qui da me sono stati assegnati, e ponderati,
i da me sono stati assegnati, e ponderati, ai quali non dubito penso, che altri non pochi, e non poco nocivi si possono agg
iungere; ma io di preferenza ne voglio accennare solamente uno; ed è, che non solo la vista attuale di una Comica ferisce l
peccaminose. Questo provasi con l’esperienza di un infelice Giovane, che disse di avere commesso moltissime iniquità per i
ituale. Fu prudente la risposta data dall’Abate Arsenio ad una Donna, che lo pregava a tener memoria di se nelle sue orazio
4. p. 134., ut tui memoriam auserat è corde meo. » Anzi io prego Dio, che tolga dal mio cuore il ricordo della sua persona.
a, e tentati per tal ricordanza, possono usar, o volgiono il rimedio, che praticò quell’antico Romito della Scithia, il qua
Demonio con la memoria della bellezza di una Femmina veduta, udendo, che era morta andò al sepolcro, ove il cadavere giace
la tentazione restò superata perfettamente e vinta. Crisostomo scive, che il piacere della vista prestamente s’invola; ma l
ltro simile favellando, si può dire del delicato, e gran Pesce spada, che nel Faro di Messina, ovvero altrove, ove si fa la
no sguardo solo già molto prima dato alla beltà di un viso femminile, che può temere, e che può aspettare un uomo di rea in
à molto prima dato alla beltà di un viso femminile, che può temere, e che può aspettare un uomo di rea inclinazione, e di m
scorrerie dei diabolici Ladroni: sarà oggetto lamentevole con una più che tragica lacrimazione. E quante volte occorre, che
ntevole con una più che tragica lacrimazione. E quante volte occorre, che di passaggio, e casualmente uno mira sul balcone
a sul balcone una donna, e qindi, come da fiamma, concepisce faville, che per pericolo spazio di tempo paiono, faville mort
azio di tempo paiono, faville morte, ma po si scoprono tanto ardenti, che ne segue un miserando incendio ? Ho conosciuto un
ti, che ne segue un miserando incendio ? Ho conosciuto un Gentiluomo, che per una vista casuale, poco avvertita, e meno sti
idusse al peccaminoso consenso, e indi col tempo giunse ad uno stato, che egli tutto dolorosokt chiamava una quais mortale
o franco, e sicuro, mirando così spesso le comiche Teatrali ? Quelli, che stanno nell Teatro guardando queste Femmine, vi s
e non deturpano subito il bel candore di un animo ben composto; certo che poi non cessano di offuscarlo, e talora di anneri
tto sozzamente con molte sozzure di peccati mortali. Io per me credo, che posso dire fondatamente, e ridire, che i moderni
cati mortali. Io per me credo, che posso dire fondatamente, e ridire, che i moderni Comici, e i Ciarlatani, conducono le do
e di parole amorose, e di balli, e di salti, e di altri allettamenti, che moltissimi Spettatori, almeno fiacchi di virtù, s
nati con la vista loro. Praticamente, e mortalmente pare impossibile, che da tali Basilischi non restino molti deboli di sp
lischi non restino molti deboli di spirito miseramente estinti : anzi che talvolta i tuoni di quelle voci Comiche, e i fulm
iscono la sommità di qualche rilevato, ed eccelso monte; voglio dire, che talvolta un virtuoso, che andò per semplice dilet
he rilevato, ed eccelso monte; voglio dire, che talvolta un virtuoso, che andò per semplice diletto alla Commedia, resta pr
a, e grazia della Comica. Non è affare di molto insolito avvenimento, che il cuore di un uomo perda la spirituale libertà,
atore; come potranno schermirsi da colpi dell’affetto lascivo quelli, che studiosamente se ne vanno al Teatro; e ivi stanno
o; e ivi stanno mirando, rimirando, e vagheggiando quelle Femminelle, che con la beelzza del viso, e con l’abbellimento del
toa foggia di Ladroncello; come potranno superarla nel Teatro coloro, che lontani dall’udir, e dal veder cosa buona, si tro
mini ordinari non nascono Giganti a queste imprese. Ora consideriamo, che direbbe Crisostomo, e con esso gli altri Santi Do
Comica ordinaria, e piena di lascivi allettamenti ? Direbbero credo, che è un’evidentissima rovina di innumerevoli persone
bbero credo, che è un’evidentissima rovina di innumerevoli persone; e che questa comparsa femminile è uno stratagemma del D
l’Inferno, e un manifesto precipizio dell’eterna dannazione. So bene, che i Comici, e i Ciarlatani di buona mente non hanno
e di buona speranza; tormentoso per le difficoltà, e obiezioni molte, che non mancano nella presente materia: e di buona sp
forte scudo. Capo Quarto Delle risposte ad alcune Difficoltà, che si fanno per difendere la Comparsa delle Ordinari
didamente, ne deve sdegnarsi d’aprir gli occhi, e godere quella luce, che l’acceso doppiere di un buon discorso gli fa vede
he ragioni da me portate con questo Ricordo: contro le quali, è vero, che non mancano Difficoltà; ma nemmeno mancano le Ris
e di soddisfazione a chi vuole appagarsi delle verità. Che se le mie, che sono per di qui, non saranno tali, prego il benig
varle dal Teatro ? Si asserisce nel primo luogo quella difficoltà, che da molti è portata con questa forma. Se le Donne
nza ? Non convince ? Si può negare ? A questa difficoltà io rispondo, che se non si può negare la proposta esperienza, si p
stezzaky suole sbandeggiare ogni tristezza, e cagionar la salute. So, che Beltrame, a maniera di Cavaliere animoso, e di va
iscorsi delle Comiche non sono, come tal uno si crede, tanto lascivi, che abbiano a contaminare le persone; in modo che son
i crede, tanto lascivi, che abbiano a contaminare le persone; in modo che sono discorsi molte volte studiati, e pieni di no
ive parole: e le Donne di qualche valore non cadono in tali bassezze; che ognuna ha caro gradire per la virtù, e non essere
orre dire. Vi è sempre pericolo; e ve ne sono esmpi chiari di quello, che nelle Commedie talvolta è occros; vi sono esempi
llo, che nelle Commedie talvolta è occros; vi sono esempi di persone, che si sono gettate nei pozzi per amore; e per questo
i hanno da chiudere tutti i pozzi ? L’amor è affettonaturale, e mente che sia passivo, e non attivo la colpa è del fragile,
ro, di un riso vezzoso, di un portamento leggiadro di una bella Dama, che di quanti discorsi si facessero mai nelle scene.
volte si allontanano dall’offrire tributoa Venere modestamente; senza che dica, che spesso l’offerisconokz sfacciatamente;
llontanano dall’offrire tributoa Venere modestamente; senza che dica, che spesso l’offerisconokz sfacciatamente; e però ess
per la virtù. Ma io domando. E quante sono quelle di qualche valore, che non cadano ? Dirà un pratico: sono poche, e molto
à un pratico: sono poche, e molto poche: e to dico, come dicon tutti, che quel poco non si tien molto conto; perché si ridu
n si tien molto conto; perché si riduce al nulla. Di tante Compagnie, che oggidì vanno attorno, le Donne, intendo, dioscorr
li, e di più fanno gesti talora tanto lascivi con i Comici recitanti, che se non si scusassero con il dire di essere Mogli,
Mariti, darebbero segni di essere sfacciate Meretrici. Le Donne poi, che non sono di qualche valore nel recitare, cadono s
uante sono ? Moltissime: e usano spesso gesti, e parole tanto oscene, che io mi vergogno di scriverle; perché altri al cert
e repugnando alla prova delgi esempi, oppone chido a chiodo; e dice, che non si debbono chiudere tutti i pozzi: perché alc
a bocc apiena le proprie e moltiplicate cadute cagionate dall’amore, che sebbene è affetto naturale, nondimeno è peccamino
essere amata bruttamente da alcuno, non è rea di peccato, ogni volta che si offre al suo cospetto: purché non abbia intenz
Femmina non ha qualche necessaria cagione di offrirsi, molti dicono, che elle pecca offrendosi. E Filliucci chiaramente la
a privazione del guadagno disonesto; eppure è lampo di verità solare, che elle è tenuta di ritirarsi. Ma dato inoltre, che
po di verità solare, che elle è tenuta di ritirarsi. Ma dato inoltre, che le Comiche non frapponessero lascivi ragionamenti
o grate di viso: ove le Serve erano Giovanette, e assai virtuose. Ora che occorse ? Tratto tratto al comparire delle Padron
e delle Padrone in scena si sentivano certi sdegnosi motti di alcuni, che dicevano. Ohibò, sono brutte, ohibò; via le Padro
privano le loro impure, e disoneste brame. Queste sono le margherite, che si generano nelle conchilie di Venere, quando le
ne si acconciano per andarvi, ed essere mirate, e rimirate. Ne credo, che alcuna voglia spaventare gli occhi degli Spettato
glia spaventare gli occhi degli Spettatori, e parer brutta: ma stimo, che tutt vogliano parer belle, e belle a meraviglia.
e tutt vogliano parer belle, e belle a meraviglia. Beltrame provando, che è il pericolo maggiore di errare, ove è maggiore
d’esser amabile, e le scuse sono tutte coperte di nascoste vanità. E che  ? Diremo forse, che le Dame si adornino con tanto
le scuse sono tutte coperte di nascoste vanità. E che ? Diremo forse, che le Dame si adornino con tanto studio, e spesa, pe
ia per falri disamare ? Che l’andare vezzeggiando, e studiare i modi, che più le rendono graziose, si faccia per essere dis
ziose, si faccia per essere disprezzate ? Sono tutte burle: io stimo, che ogni Donna, che giunga chiome al capo, che inanel
per essere disprezzate ? Sono tutte burle: io stimo, che ogni Donna, che giunga chiome al capo, che inanelli i capelli, ch
ono tutte burle: io stimo, che ogni Donna, che giunga chiome al capo, che inanelli i capelli, che imbelletti il viso, che i
o, che ogni Donna, che giunga chiome al capo, che inanelli i capelli, che imbelletti il viso, che ingrossi i fianchi, e che
iunga chiome al capo, che inanelli i capelli, che imbelletti il viso, che ingrossi i fianchi, e che aggiunga aiutiall’imper
inanelli i capelli, che imbelletti il viso, che ingrossi i fianchi, e che aggiunga aiutiall’imperfezione della Natura, facc
imperfezione della Natura, faccia il tutto col fine di parer bella: e che l’esser bella nno sia per far chiudere gli occhi
i Mariti, perché adornarsi, quando escono di casa ? E più alle feste, che in altro tempo ? Dunque ogno cosa è vanità; e il
ta l’occasione. Così discorre Beltrame da galantuomo. Ma io rispondo, che le Donne, comparendo nei detti luoghi, o per ones
la decenza dello stato loro, non peccano; e usano lecitamente quelo, che come lecito è loro concesso dai Dottori. Che poi
una manifesta oscenità, prima di sufficiente ragione, e di tal fine, che la possa rendere onesta, secondo il parere dei me
endere onesta, secondo il parere dei medesimi Dottori, i quali sanno, che la Comica dice, ovvero può dire. Io con questo co
à con la vicinanza di un bel soggetto. Dico poi al luogo di Beltrame, che l’ingegnarsi una Donna di essere amabile non è co
uando s’ingegna con modo lecito, e approvato dai Dottori. Ne io dico, che le Dame s’adornano, per piacere, ne che danzano,
vato dai Dottori. Ne io dico, che le Dame s’adornano, per piacere, ne che danzano, per farsi disamare; ne si rendono grazio
i disamare; ne si rendono graziose, per essere disprezzate: ma stimo, che le viziose possano fare le suddette cose con fine
efficacemente ai deboli di spirito: ne ha fine alcuno, o circostanza, che basti per la sua giustificazione; poichè la Comic
lle Donne nel Teatro ? Ecco la terza difficoltà formata da coloro, che così discorrono. Il vedere le Donne in scena, o i
per l’abito invecchiato di tanti secoli, come avviene di molte cose, che in un paese offendono, e in un altro passano senz
spiega molto bene questa difficoltà, ove mostra con bella intuizione, che l’uso muta i gradi dell’estimazioneCap. 35. alle
loro discorsi amorosi, è un tal abito già fatto per l’uso dell’Arte, che non sollecita così facilmente la concupiscenza, c
lasciano rapire dall’Arte, e non dalla libidine: come appunto coloro, che mirano quelli, che giuocano di scherma, che hanno
l’Arte, e non dalla libidine: come appunto coloro, che mirano quelli, che giuocano di scherma, che hanno gusto di vedere fe
ine: come appunto coloro, che mirano quelli, che giuocano di scherma, che hanno gusto di vedere ferire con astuzia, colpire
à, e difendersi con grazia: e ciò non nasce dall’odio, ne dall’amore, che gli Schermitori portano, ma dalla vaghezza dell’A
zza dell’Arte. Così i discorsi amorosi delle Comiche, sapendo ognuno, che sono finti, non vi concorre il malanimo, ma l’int
malanimo, ma l’intelletto gode dell’eccellenza dell’Arte. A me piace, che un uomo bencomposto non dovrebbe pensar tanto mal
n lo stesso. Per rispondere a questa difficoltà comincio dall’ultimo, che scrive Beltrame; e dico, che l’uomo ben composto,
questa difficoltà comincio dall’ultimo, che scrive Beltrame; e dico, che l’uomo ben composto, per essere egli dotato d’int
ale secondo le regole della cristiana prudenza, e secondo gli indizi, che vede, e intende manifestamente. E un imperfetto d
in altri le ragioni, e gli indizi sufficienti al misurarli. E certo, che questi indizi, e queste ragioni non mancano, per
one della cristiana purità. E per ogni ragione basti ora questa sola; che i Giovani Spettatori deboli di virtù dicono, e ri
i Giovani Spettatori deboli di virtù dicono, e ridicono costantemente che essi udendo tali discorsi commettono moltissimi p
he essi udendo tali discorsi commettono moltissimi peccati mortali, e che difficile si è il non peccare. In quanto poi all’
ali, e che difficile si è il non peccare. In quanto poi all’uso dico, che tale uso sempre è stato stimato dai Dottori, non
asta per la vera, e necessaria modestia prescritta dal Cristianesimo, che però continuarsi deve sino alla totale purga di o
alla totale purga di ogni illecita oscenità. Ne giova molto il dire, che i discorsi amorosi sono finti, e conosciuti per t
ccato del consenso. E questo io voglio qui ora provare con quel poco, che appesso aggiungerò, bramando, che sia raggio di c
glio qui ora provare con quel poco, che appesso aggiungerò, bramando, che sia raggio di chiara luce per il nostro cammino v
Leviamo presto il velo dalla pittura di questo quadro, e diciamo, che la moderna, e quotidiana esperienza concince che
o quadro, e diciamo, che la moderna, e quotidiana esperienza concince che nel tempo, nel quale i mercenari Comici, o i Ciar
mi convinto dalla ragione, e dall’esperienza imperrochèld chi non sa, che moltissimi Uditori delle Commedie amorose, sono q
i incapaci si speculativa distinzione, e si appigliano solo a quello, che la loro ordinaria cognizione sa considerare ? Son
cognizione sa considerare ? Sono simili ad un semplice fanciulletto, che leggendo qualche misteriosa favola digusto, dareb
’utilità. Che al dilettamento dirette: nondimeno il maggior capitale, che facciano i vaghi della Commedia è il diletto; ove
zucchero si coprono gli antidoti per i malori dei fanciulli; in modo che come confetti, e non come medicine, siano da loro
lale borsa sarebbe capace al nostro guadagno. Io rispondo a Beltrame, che godo molto della candidezza, con che confessa, ch
uadagno. Io rispondo a Beltrame, che godo molto della candidezza, con che confessa, che egli, e i Professori dell’Arte sua
spondo a Beltrame, che godo molto della candidezza, con che confessa, che egli, e i Professori dell’Arte sua stimano conven
sua stimano convenevole l’usare la giocondità per dar gusto: in modo che nel Teatro cresca l’Auditorio, e nella borsa cres
cresca il guadagno; ne io a questo repugno, ne lo condanno: ma dico, che non conviene, ne si deve, né si può con sicurezza
lenati, ingannati, e uccisi nella parte loro più bella, e principale, che è l’anima ragionevole. Dico più chiaro, e alludo
Dico più chiaro, e alludo al pensiero di Beltrame dell’immascherato, che come un uomo copertocon la maschera è conosciuto
o affetti di gusto osceno, e peccaminoso. E chi vide mai, ovvero udì, che quando gli Uditori della Commedia partono dal Tea
iati, gettando contro di loro qualche detto mordace. Beltrame scrive, che uscendo egli talvolta con la folla delle persone
a con la folla delle persone dal Teatro, ha ineso molte volte dire. O che bella Commedia: o come si è portato bene il tale.
he bella Commedia: o come si è portato bene il tale. E di più scrive, che ha inteso altri dire con altra occasione. Ohibò c
E di più scrive, che ha inteso altri dire con altra occasione. Ohibò che cosa sgangherata hanno fatto costoro: se non fann
i torno più. Io accetto per vero lo scritto dal Beltrame, e aggiungo, che gli Uditori, non solo uscendo dal Teatro, ma segu
vo col pensiero pecca dilettandosi; perché insomma pochi sono quelli, che vedendo i discorsi amorosi, e dolcemente libidino
ità, e acconsentire al peccato. Il senso ha più seguito nell’umanità, che non ha la ragione, dice Bletrame. Ed io dico, che
guito nell’umanità, che non ha la ragione, dice Bletrame. Ed io dico, che tutto ciò si avvera nell’udireCap. 3. le Commedie
e resta schiavo del gusto, e malamente pecca fatto seguece del senso, che non attende alle astrazioni, per essere una poten
rme nobili, e leggiadre, e della graziosa, e fiorita eloquenza, senza che io nnel’udire i discorsi amorosi, e lascivi può l
ile il maneggiare pece senza imbrattarsi: così difficilissima cosa è, che l’intelletto nostro per la corruzione della natur
ella natura nostra, al male inclinata, possa fare tale astrazione, si che si goda solamente della cognizione delle cose in
o queste potenze tra di loro per stretta amicizia connesse, ne segue, che quello che una per mezzo della cognizione apprend
tenze tra di loro per stretta amicizia connesse, ne segue, che quello che una per mezzo della cognizione apprende, e intend
ha apparenza di qualche bene dilettevole. E così è cosa molto facile, che dalla cognizione speculativa dell’intelletto si p
do anche ciò non avvenisse, nondimeno p cosa certa, dice S. Cipriano, che quantunque si cacci dalla mente il pensiero brutt
passioni viziose, e staccato talmente l’afftto da queste cose create, che tu possa dire con S. Paolo « Omnia arbiter, ut st
arbiter, ut stercora, ut Christum lucrifaciam. » Ma perché non credo, che tu sia arrivato a questo segno; per questo è cosa
più sicura per te il non mettersi a tale pericolo; perché ti sò dire, che se entrerai con mente buona, e sana, ne uscirai p
sana, ne uscirai poi con la coscienza reprobalg, e ferita. Io credo, che qui il benigno Lettore consideri, che la risposta
reprobalg, e ferita. Io credo, che qui il benigno Lettore consideri, che la risposta di questo Teologo è veramente indiret
de, « directe », direttamente alla Replica, ed è Girolamo Fiorentino, che nella sua bella, breve, e scolastica Commediocris
» L’intelletto, dice questo Teologo, facilmente considere il piacere, che nasce dalla cosa turpe rappresentata. Ma quando l
ne, non li scongiunge, né li separa: perché egli è potenza materiale, che non s’impiega nell’astrazione: onde niunlh person
s’impiega nell’astrazione: onde niunlh personaggio di senno negherà, che questa sentenza è molto più facile ad essere scri
e questa sentenza è molto più facile ad essere scritta, e dichiarata, che con i fatti praticata. Dunque noi possiamo giudiz
on i fatti praticata. Dunque noi possiamo giudiziosamente inferireli, che è punto difficilissimo, e praticamente pericolosi
è punto difficilissimo, e praticamente pericolosissimo il giudicare, che il diletto ci nasca dall’artificio Comico rappres
n artificium delectet aquè in honestis, ac in pramis. » Ed egli dice, che così moltissimi sono convinti di acconsentire al
e si gusta più di una Commedia oscena, e di un ragionamento amoroso, che di un discorso Accademico divirtù morali; o di un
redicatore. Il senso carnale ci gabba, e ci tradisce; egli è un Mago, che ci incanta; e alcuni lo vogliono giustificare con
issima, dice questo Teologo, l’intelletto si turba§. Tertia. in modo, che propone l’oggetto alla volontà con determinate ra
em », e non con indifferenza. E vuol dire in sostanza questo Dottore, che la passione impedisce l’intelletto dal fare secon
ritto la distinzione degli oggetti leciti dagli illeciti. Ed io dico, che tal passione per ordinario si trova molto veement
lampi, si incontreranno i fulmini. L’onorato Comico Cecchino scrive, che nelle scene sebbene in luogo delle Donne potevano
interesse dell’onor del Marito, si sarebbero fuggiti quegli scandali, che possono essere partoriti dalla libertà di quel Ga
scandali, che possono essere partoriti dalla libertà di quel Garzone, che fuori di casa può incontrarsi in persona, che con
ibertà di quel Garzone, che fuori di casa può incontrarsi in persona, che con parole virtuose lo conduce in luogo, dove si
ole virtuose lo conduce in luogo, dove si consumassero fatti viziosi: che solo a pensarci patisce l’anima di chi conosce il
viziosi: che solo a pensarci patisce l’anima di chi conosce il male, che ne potrebbe succedere. Io darò varie risposte per
te, spero, soddisferanno. Rispondo 1. Beltrame si sforza di mostrare, che è molto più conforme alla natura, che le Femmine
Beltrame si sforza di mostrare, che è molto più conforme alla natura, che le Femmine rappresentino figliuole da Marito, che
nforme alla natura, che le Femmine rappresentino figliuole da Marito, che travestire Giovanetti da Femmina. Egli sul princi
i da Femmina. Egli sul principio del c. 55. dice con bella induzione, che ognuno s’interessa nei suoi gusti, e po aggiunge.
are tutti gli umori nell’ordine del recitare, saprebbero fare quello, che niun’ancoralk ha mai fatto: il dar gusto a tutti
ha mai fatto: il dar gusto a tutti è impossibile. Alcuni vorrebbero, che invece di Femmine recitassero Fanciulli. Io non l
erei mai li far recitare quotidianamente i Fanciulli da Donna: atteso che io ho veduto in certe Accademie l’imbroglio di qu
à al pericolo di peccare ancora in ragione di costume secondo quello, che scrive, il Cecchino. E certo credo, che sarebbe p
ne di costume secondo quello, che scrive, il Cecchino. E certo credo, che sarebbe pericoloso di gravissimi scandali, e brut
ocedesse con quelle maniere di conversare nelle case, e di allettare, che usano le ordinarie Comiche vane, disoneste, e ing
ovanetti Recitanti. Ho saputo da persona grave, e testimone di vista, che nel nobilissimo Regno d’Inghilterra sono molte Co
i; nondimeno mai seguono quei tanti, e così gravi, e scandalosi mali, che nascono, come da seminario d’iniquità, dalla cond
4. E qui solo aggiungo l’esempio dell’antico Scrittore Comico Plauto, che certo può servir di grave rimprovero a quegli imp
he certo può servir di grave rimprovero a quegli impidichi Scrittori, che tra cristiani compongono, e fanno recitare Commed
enti Arceri, nel bianco delle loro Rappresentazioni. Ma sentiamo ciò, che lo stesso Plauto dice nel fine. « Spectatores ad
i boni meliores fiant ». Dice bene questo Comico Scrittore, dicendo, che poche Commedie sono composte da Poeti, nelle qual
stumi, e l’accrescimento della perfezione per i virtuosi. Ma io dico, che sono poche a nostro tempo, mercè alla negligenza
tà, scrivono bruttezze indegne dello spirito cristiano. Piaccia a Dio che chi ha spirito di Poesia, sollevi, come buon Fede
Poesia, sollevi, come buon Fedele, l’animo a conseguire quella lode, che il Lirico spiegò, dicendo. « Omnes tulit punctum,
al Quesito; si perché si può conoscere la risoluzione per lui da ciò, che ho notato nel c. 3. al Q. 14. parlando della Comi
hè tutto vale del Comico a proporzione; così anche perché basta poco, che qui ora aggiungo. Dio, supremo Legislatore nel De
chè si fa abominevole nel copsetto del grande Iddio, e Lirano dice, «  che set occasio libidinis », è un’occasione molto rea
dibine: come appunto io intesi una volta in una città fuori d’Italia, che un certo lascivo amante si era vestito da Donna,
mpio. Sacrilegio degno di essere punito con le fiamme di Vulcano, già che era sacrificio fatto alla disonesta Venere. Santa
rtamenti femminili: e dopo la carcerazione ne seguì la punizione, con che quel reo fu mutilato nel naso, nelle orecchie, e
mente con la colpa. E quel caso io seppi da un personaggio Veneziano, che mi mostrò in Fiorenza lettere venute da Venezia c
3. Pedag. c. 3., ove scrive gravemente, e diffusamente contro coloro, che si adornano a modo delle Donne: io qui noto solo
imarunt. » E prima di finire il suo discorso Clemente contro costoro, che si vestono, e ornano a modo di Donna disse. « Non
on si devono appellare uomini, ma femminelli, e simili a quel Batalo, che fu uomo di effeminatissima condizione. Considerin
ndizione. Considerino da senno queste cose i Giovani Comici, o altri, che vogliono comparire nelle scene vestiti da Donna,
Comici, o altri, che vogliono comparire nelle scene vestiti da Donna, che spero se ne asterranno, come da cosa degna di rip
hé egli recitava con l’abito di Donnal. 3. ep. 10.. E chi può negare, che lancerebbe le medesime saette di riprensione a no
rpi gesti le impudiche Donne, e questo biasimo si deve, qualche volta che un Giovanetto vestito da Femmina finge di essere
ndo i Comici disonesti interpreta il titolo d’Istrione, come di uomo, che vestito da Donna rappresenta disonestà. « Histrio
dicarum Feminarum exprimmunt. » Giacomo Mazzoni, cita Ateneo dicendo, che il Comico antico detto, Magodol. 2. della Dises.
iano, e ora quella di Adultero. Mazzarino da per avviso ai Superiori, che non permettano, che Giovanetti recitino vestiti d
i Adultero. Mazzarino da per avviso ai Superiori, che non permettano, che Giovanetti recitino vestiti da Donna: dei quali G
ino vestiti da Donna: dei quali Giovanetti non volgio passare quello, che aggiunge Beltrame, dicendo, che si fanno acconcia
Giovanetti non volgio passare quello, che aggiunge Beltrame, dicendo, che si fanno acconciarC. 55. in casa dalle loro Dame,
nno acconciarC. 55. in casa dalle loro Dame, e forse serve vanerelle, che talora si compiacciono scherzare con detti Fanciu
a. E poi giunti alla scena, molte volte sono scarmigliati, e bisogna, che i loro amici, o loro precettori tornino ad inanel
loro i capelli, rassettar i collari, comporre le vaghezze al collo, e che talvolta li mirino, per assicurarsi, se compaiono
cendo, in certe; perché al sicuro non si vede così in tutte; e atteso che non tutte le Accademie fanno, che i Ragazzi siano
non si vede così in tutte; e atteso che non tutte le Accademie fanno, che i Ragazzi siano acconciati dalle Donne, e che poi
tte le Accademie fanno, che i Ragazzi siano acconciati dalle Donne, e che poi facciano mostra di sé per la città, e che giu
conciati dalle Donne, e che poi facciano mostra di sé per la città, e che giungano alla scena scarmigliati: ma ordinano, ch
sé per la città, e che giungano alla scena scarmigliati: ma ordinano, che i Giovanetti stessi con l’aiuto di qualche virtuo
lio toccare io per spirituale avvertimento dei Sig. Accademici: ed è; che alle volte un virtuoso Accademico si affaticherà
el far vestire, e acconciare i Giovani all’uso di Donne; e procurerà, che le conciaturelm di testa, e gli altri abbigliamen
o ecco gli parve di vedere avanti agli occhi suoi più di cento donne, che lo miravano, e dicevano. Vedi un poco, vedi quest
E ciascuna diquelle Donne gli cagionava grandissima tentazione: quasi che con gli sguardi balenanti gli scoccasse dagli occ
morbo, e confessò a gloria del Signore, e a giovamento del prossimo; che quella disonesta tentazione, che tanto lo combatt
ignore, e a giovamento del prossimo; che quella disonesta tentazione, che tanto lo combattè, era stata cagionata secondo il
ssicurarsi nel passo di Morte con eterna salvezza. Io approvo quello, che Adamo Contzen dice. « Absit a Theatrol. 3. Polit.
è. Si levi dal Teatro l’abito femminile: mai da me è stato approvato, che un Giovane vestito da Donna rappresenti una Femmi
ovato, che un Giovane vestito da Donna rappresenti una Femmina, tutto che buon sia, virtuosa, e santa. Chi teme di sdruccio
. Lo schifare i pericoli è sempre bene; dice Beltrame. Ed io dico, che merita grad lode, chi con provido accorgimento si
e, chi con provido accorgimento si dilunga da tutte quelle occasioni; che o per malattia umana, o per fragilità, o per igno
tti vestiti da Donna in scena, la quale da moltiè riprovata, e credo, che la ragione principale sia quella, che accenna il
e da moltiè riprovata, e credo, che la ragione principale sia quella, che accenna il Cecchino, e io la spiego in breve, dic
enienti, o almeno gravi pericoli di seguire. E qui ricordo con Arias, che S. Basilio lasciò scritto, che gli uomini castiTr
i di seguire. E qui ricordo con Arias, che S. Basilio lasciò scritto, che gli uomini castiTrat. della mortific. c. 15. nel
dal guardar liberamente la bellezza dei Giovanetti; poichè sappiamo, che per simili occasioni di vedere sono succeduti nel
nel Mondo grandissimi mali a molti uomini: e abbiamo per esperienza , che il Demonio siserve di questo mezzo per fare cader
e fu narrato da un principalissimo Signore, e di molta giurisdizione, che si recitò in una città il Pastor fido; comparve s
ovane, fornito di poca beltà naturale, ma adornato dall’Arte in modo, che cagionò incentivi d’amore disonesto in molti, che
dall’Arte in modo, che cagionò incentivi d’amore disonesto in molti, che molto poi lo seguirono scndalosamente. Ecco i puz
, che molto poi lo seguirono scndalosamente. Ecco i puzzolenti fiori, che nascono nel giardino osceno, e Teatrale, quando u
amento per onore, e gloria di una Vergine, Martire gloriosa; ed ecco, che un Giovanetto di fattezze ordinarie, e poco per a
ardevole, si mostrò ricco, ornato, e vezzoso con tanti abbigliamenti, che prese gli occhi lascivi di alcuni spensierati e s
ione, lo cominciarono a molestare con sfacciataggine tanto importuna, che esso, non bastandoglilr le repulse date più, e pi
con perdita della sua purità immacolata. Ecco i triboli, e le spine, che spuntano dal suolo Teatrale, in cui si fa vedere
tentazione, quando si ricordava di quella S. Elena rappresentata. Ora che impressione, e che colpo farà in un uomo, non rel
si ricordava di quella S. Elena rappresentata. Ora che impressione, e che colpo farà in un uomo, non religioso, né di virtù
debole di spirito la vista di un Giovanotto Comico di professione, e che per guadagnarsi il vitto, vuol dilettare con appa
bella, ben ornata, ed eloquente palratrice di passione amorosa ? Temo che forse potrà cagionar rovina, che la comparsa di u
alratrice di passione amorosa ? Temo che forse potrà cagionar rovina, che la comparsa di una vera Donna; e però potrà rende
ipotente Giudice vendicatore. Io mi ricordo con gran spavento quello, che già successe in Germania, e mi fu riferito da un
to gli salta in faccia una quantità di quella fiammante materia così, che gli si attacca tenacemente, e lo comincia a bruci
imente restano assaliti dalla fiamma volante alle loro facce in modo, che non si possono schermire, ma sono arsi tanto mise
n modo, che non si possono schermire, ma sono arsi tanto miseramente, che cavate con stento le maschere dai loro volti, com
. Buona è l narrazione, per avvisare i Comici Professori di modestia, che non introducano nelle scene in luogo di Donne Gio
vanetti donnescamente adornati, e lascivamente abbelliti, e concludo, che è molto ben fatto, che nelle Drammatiche Azioni m
dornati, e lascivamente abbelliti, e concludo, che è molto ben fatto, che nelle Drammatiche Azioni mai compaiano né vere Do
a agli Spettatori. Io ho saputo per certissima relazione di un amico, che il Sivelli, quel Comico tanto favorito, e tanto f
un amico, che il Sivelli, quel Comico tanto favorito, e tanto famoso, che fu Padre di Scapino celebre tra i Commedianti, in
an veligione, in cui diceva di tenere riposti due vasi, uno maggiore, che era il suo figliuolino più genade; e poi il minor
uno maggiore, che era il suo figliuolino più genade; e poi il minore, che era il più piccolo figliuolino: e diceva con graz
ni orsono, mi confermò, come convenevole da farsi, un buon Religioso, che nel secolo aveva già praticata l’Arte del Commedi
potente, per rapire a sè gli occhi, e i cuori, e gli animi di molti, che , essendo troppo amici dell’impudica Venere, si sc
i amorosi delle Commedie non sono cattivi: perché hanno un buon fine, che è l’onestissimo, e santo Sacramento del Matrimoni
m sacta nostra laude digna sunt. » Io rispondo. Questa fi la ragione, che l’anno 1638. mi recò un gran Signore; in una prin
recò un gran Signore; in una principalissima Città, per giustificare, che le Commedie ivi correnti non erano oscene. Ma io
e Comiche: ed egli non sciogliendoglilw replicava con grazia. È vero, che discorrrono d’amore, ma il fine è buono, cioè il
i S. Tommaso, e di altri Dottori, e dico. Peccano mortalmente quelli, che nel recitare usano parole molto brutte, e provoca
arole molto brutte, e provocative efficacemente alla disonestà: tutto che le usino con ottimo fine: perché le azioni umane
il corpo dell’art. 4. e frattanto si inserisca per nostro porposito, che non basta il buon fine solo, cioè la conclusione
o, per rendere lecite, e buone le azioni dei Comici, e delle Comiche, che rappresentano pubblicamente persone innamorate, l
itrovi strade cattive. Come se tu per fare un altare alla B. Vergine, che è buon fine, ti ponessi a rubare, ovvero a dare a
ergine, che è buon fine, ti ponessi a rubare, ovvero a dare ad usura, che è strada, e mezzo cattivo. Così procedono i Comme
i, parole brutte, gesti lascivi, e la comparsa di persone innamorate, che per rappresentare vivamente, e per riportar appla
rappresentare vivamente, e per riportar applauso, procedono in modo, che veri amanti paiono gli Uomini, e vere innamorate
e circumstantia ad hoc, quod bonitas sit. » Ed in sostanza vuol dire, che non basta il buon fine per la totale bontà di un
Alcune cose sono peccati non per se stesse, ma per l’intenzione, con che si fanno: in cose tali il giuoco, e lo scherzo sc
i Comici non sono brutte, né disoneste; perché sono cose finte: quasi che la finzione tolga dal soggetto brutto, e disonest
ure sono finte; anziche essendo dipinte, si allontanano più dal vero, che allontanate non sono le cose, che l’Arte Comica f
pinte, si allontanano più dal vero, che allontanate non sono le cose, che l’Arte Comica fingendo rappresenta. Tu poi ingann
presenta. Tu poi inganni al sicuro, appellando onesta quella materia, che tratta di un brutto soggetto. T’inganni, mentre a
materia, che tratta di un brutto soggetto. T’inganni, mentre affermi, che buoni sono quei discorsi, né degni di ammonizione
di ammonizione, i quali aprono la strada ad innumerevoli mali. E con che ragione chiamare si possono buoni, ovvero onesti,
poichè ritrovi nei pubblici Teatri quella candida perla dell’onestà, che tu perdesti nelle private stanze della tua casa.
o Proscenio, e onde hai trovata questa santità, con la quale ottieni, che onesti siano in pubblico quegli atti, che bruttis
tità, con la quale ottieni, che onesti siano in pubblico quegli atti, che bruttissimi sono negli angoli ? Io ardisco dire,
ico quegli atti, che bruttissimi sono negli angoli ? Io ardisco dire, che questo fingere così è peggiore, che lo stesso pec
o negli angoli ? Io ardisco dire, che questo fingere così è peggiore, che lo stesso peccare: perché si reputa malvagità mag
: perché si reputa malvagità maggiore l’insegnare le mali operazioni, che il farle. Piacesse a Dio o Commediante, che tu do
gnare le mali operazioni, che il farle. Piacesse a Dio o Commediante, che tu dossi un uomo fornicario, ovvero un adultero;
ulla fatti Meretrice: nonsi usi più da voi il fingere. E tu o Teatro, che ti fingi luogo d’impudicizia, sii tale per verità
chi ti aborriranno; ne alcuno imparerà da te più quelle cose indegne; che poi fra poco faccia un altro luogo dal tuo sito l
volgarizzando il passo dell’allegato Scrittore; con l quale si prova, che i brutti giuochi, e le brutte finzioni usate da i
e le brutte finzioni usate da i Comici non si giustificano, dicendo, che si rappresenta un matrimonio. E S. Crisostomo dir
esentazioni con il venerando; ed onestissimo nome del Matrimonio. Deh che cosa tanto onesta non si deve usar in un negozio
, possa dire don Clemente Alessandrino. S. Cipriano fu già di parere, che gli osceni Istrioni antichi per autorizzare le ra
um ipsis suis fulminibus ardentem. » Ora così noi possiamo giudicare, che i nostri Comici osceni, per rendere onesta la dis
acramentale del Matrimonio: è una coperta finta, e burlesca, ma tale, che si scopre una vera indecenza del Sacramento. S. T
e, che si scopre una vera indecenza del Sacramento. S. Tommaso vuole, che parte della moderazione, da prescriversi ai Comic
o vuole, che parte della moderazione, da prescriversi ai Comici, sia, che non pongano in burla i negozi gravi, e importanti
. q. 168. a. 3. ad. 3. ludum negotii indebitis. » Ma si può dubitare, che non sia negozio grave, e importante quello del Ma
e scherzando in scena, non lo ponete in burla ? Si. Ne basta il dire, che ciò non fate per burlare il Sacramento, che sareb
a ? Si. Ne basta il dire, che ciò non fate per burlare il Sacramento, che sarebbe vostro sacrilegio; perché a me basta il d
Sacramento, che sarebbe vostro sacrilegio; perché a me basta il dire, che voi confessate, che ciò fate buralndo; e le burle
bbe vostro sacrilegio; perché a me basta il dire, che voi confessate, che ciò fate buralndo; e le burle non si devono frapp
replicare agli addotti luoghi di S. Tommaso, e di Caietano, dicendo, che i Comici non burlano in scena, per burlare il Mat
icoli. Il popolo frattanto rimane capacissimo, e ottimamente intende, che i Commedianti non trattano del Matrimonio, in qua
non trattano, per deriderlo, e porlo in gioco in quella guisama, con che già il famoso Comico Genesio, non ancora converti
cramentale funzione del Cristiano Battesimo. Imperochèmb io rispondo, che volendo i Comici usare quei trattati, e quel cont
, devono astenersi dalle loro parole brutte, e dagli attti disonesti, che siano peccati mortali; e sssi per ordinario non s
ati mortali; e sssi per ordinario non se ne astengono; massimamente , che con quegli scherzi Teatrali, con quelle sceniche
tto civile, o qualche antecedente trattato, nondimeno molti semplici, che non sanno la distinzione della ragione Sacramenta
acramentale da quella del contratto, e del trattato, possono stimare, che si burli, e che si ponga in giuoco lo stesso Matr
uella del contratto, e del trattato, possono stimare, che si burli, e che si ponga in giuoco lo stesso Matrimonio. Aggiungo
i soliti artifici d’impurità, sapendo essi molto bene per esperienza, che tal materia piace universalmente al popolo; che l
bene per esperienza, che tal materia piace universalmente al popolo; che lo alletta efficacemente al Teatro; ed essi parim
gli altri osceni; però la coprono con il manto Matrimoniale, facendo, che l’Azione oscena si concluda con l’onesto Matrimon
’onesto Matrimonio. E quindi Beltrame scrive. « La Commedia, avantimd che finisca, ti fa mutare il lascivo, o tristo avvilu
avviluppamentome avviluppamento in lodevole Matrimonio. » Ma io dico, che il Matrimonio è lodevole, e onesto in se, e anche
odoroso, aggiungendo, come fiore di soavità il fine Matrimoniale, con che si termina la Commedia. Non basta mutare prima il
uttezze, e le mortali lascivie da ogni comico avviluppamento; in modo che riesca azione da piacere agli uomini, senza che o
viluppamento; in modo che riesca azione da piacere agli uomini, senza che offenda, e spiaccia al Creatore. Dovrebbero pens
ccia al Creatore. Dovrebbero pensare molto bene i Comici, quel poco, che scrive S. Antonino, e lo cita il Comico Beltrame.
di brutto, o d’ingiurioso a Dio. Ma chi può con buona ragione negare, che non si fa ingiuria a Dio, almeno praticamente « i
onio; e il tutto si conclude con una risata grassa grassa. Ed io dico che con quel Matrimonio finto, r disonestamente rappr
bblico di numeroso popolo non stimiamo decevole il fare auuto alcuno, che deroghi punto al decoro di moderatissimi costumi.
proposito del proposto Quesito, a cui dico, continuando la Risposta, che non basta il buon fine du un Rappresentato Matrim
civo, e scandaloso amore; e la ragione si è: perché non tutto quello, che è lecito di fare in segreto, è lecito di imitare,
cilum, et valde adversantur bone statis nautralis. » Caietano scrive, che la negazione del debito coniugale è peccato grave
assimamente di quelle di Plauto, e di Terenzio; come spesso vi trova, che una Fanciulla onorata si conduca a trattare in pu
o Fiorentino. Gli Attori, e gli Spettatori della Commedia suppongono, che quel negozio d’amore si tratti con segretezza, e
i tratti con segretezza, e non si faccia in pubblico. Ma io rispondo, che quel negozio si tratta con oscenità, e il suppost
e: e però è affatto illecito, e peccaminoso. Un supposto verissimo, e che non punto nuoce, si è, che moltissimi matrimoni s
o, e peccaminoso. Un supposto verissimo, e che non punto nuoce, si è, che moltissimi matrimoni si trattano, e si concludoni
ramenti di persone favellanti con parole tanto affettuose, e ardenti, che accenderebbero un cuore nel mezzo delle nevi: e p
al Meretricco questa, dice Mazar: si fanno le Donne prima Meretrici, che Consorti; e s’insegna ai Giovani di cercare Mogli
riceve per Moglie. Ma nel rappresentare quelle prime impurità, dico, che la Donna è più sfacciata di un a sfacciatissima M
co, che la Donna è più sfacciata di un a sfacciatissima Meretrice. Al che ricordo il caso dell’Abate Efrem. Egli passava un
un giorno per certa strada, nella quale stava una pubblica Meretrice, che tosto, a persuasione di chi non so chi, le gli si
peccare nella presenza degli uomini, come non ci vergogneremo di Dio, che per tutto stà presente, e sempre mira tutti, benc
si partì confusa, e convinta, e non commise il peccato. Ora io dico, che le Comiche impudiche sono peggiori, e più sfaccia
rnicazioni vituperose. Io dunque non credo mal giudicare, giudicando, che non sia lecita la pubblica rappresentazione di Do
e non sia lecita la pubblica rappresentazione di Donne, e di Giovani, che ragionano d’amore, massimamente nella presenza di
ente, è illecita per ragione dello scandalo. Ma diciamo anche di più, che il fine principale dei Comici, e delle Comiche no
per pescare quei pochi pesciolini, e per gaudagnare quei pochi soldi, che sono necessari al loro sostentamento: insomma l’u
tà è il fine dei Commedianti; come anche la stessa è il punto finale, che si prefigge ogni altro Artefice. Nessun Professor
ensieroC. 16.; perché lo cinvicerei con l’autorità del fino Beltrame, che scrive con bel garbo così. Chi era con la comune
sì. Chi era con la comune opinione, non merita particolare censura, e che per sorta esperienza, non cammina a capriccio. Il
rò, come gli altri, indirizzano all’utile i loro fini. E di più dice, che le loro mercenarie Commedie, sono fatte senz’altr
iù dice, che le loro mercenarie Commedie, sono fatte senz’altro fine, che di procurarsi il vitto. Ora se questo è vero, ins
o è vero, inserisca pur chi vuole, contro i Comici disonesti, e dica, che essi meritano biasimo, come che si abusino dell’A
e, contro i Comici disonesti, e dica, che essi meritano biasimo, come che si abusino dell’Arte, il cui fine è di giovare co
anche aggiungere contro questi Mimi, e Pantomimi, nemici dell’onestà, che essi mostrano di abusarsi della Commedia, la qual
neficio, tal sia di chi gira il giovamento in mala parte. Ed io dico, che i Comici osceni lo girano in male;perché la Comme
do brutti innamoramenti, per dare spasso, e piacere alla brigata: nel che ricordo quel poco, che scrive S. Tommaso. « Conti
, per dare spasso, e piacere alla brigata: nel che ricordo quel poco, che scrive S. Tommaso. « Contingit, actui secundum Q.
ia, est quidam alius actus malus. » Secondo la qual dottrina io dico, che i Comici osceni riferiscono gli atti della Commed
ina io dico, che i Comici osceni riferiscono gli atti della Commedia, che in se stessa è buona, o almeno indifferente, ad u
, che in se stessa è buona, o almeno indifferente, ad un atto infame, che è il disonesto piacere, che però io non ripugno,
o almeno indifferente, ad un atto infame, che è il disonesto piacere, che però io non ripugno, che le loro Azioni siano chi
un atto infame, che è il disonesto piacere, che però io non ripugno, che le loro Azioni siano chiamate, non Commedie, ma F
nibus eiusmodi rebus deditis, placerat. » Menandro fu quel temerario, che fece svolazzare i neri Corvi delle oscenità tra i
ere altrui comprò a se medesimo una ragione di molto disonore. Credo, che basti il detto sin qui per prova che per lo più i
agione di molto disonore. Credo, che basti il detto sin qui per prova che per lo più i moderni Comici, e Comiche non hanno
are, e per giovare, e principalmente per guadagnare. Dunque; concludo che i Comici, se non tutti, almeno molti usano gli am
o. L’anno 1638. mi narrò in Sicilia un Comico, Capo di una Compagnia, che egli una volta con i suoi Compagni si trovava in
trovava in una principalissima Città d’Italia; ivi fu loro avvisato, che facessero due Azioni, una modesta, l’altra di que
a fu disonestissima, portando in fronte uno sporco, ed infame titolo, che per vergogna io non riferisco, e nella quale si v
e chiaramente la bruttissima faccia dell’adulterio . O miseri Comici, che più gustano di dar gusto ad un personaggio terren
ano di dar gusto ad un personaggio terreno per interesse di guadagno, che di osservare i precetti di Dio, che promette la m
erreno per interesse di guadagno, che di osservare i precetti di Dio, che promette la mercede dell’eterna gloria in Paradis
zo Per la lecita comparsa delle Comiche parlanti d’amore non basta, che si supponga esser lecita nei libri stampati con l
due lampade accese, vi è bisogno di chiamarsi lampi solari, per fare, che sia giudicato tenebroso. « Lucerna, scrive S. Gre
ulgere cernitur; sed in Solis radio posita tenebratur. » Io confesso, che il mio luminoso giudizio di ogni buon Teologo, e
di ogni buon Teologo, e valente Scrittore: ma non posso far di meno; che non proponga a me stesso qualche volta certe diff
a risposta delle quali vorrei piùttosto sentir dalla sapienza altrui, che andarla investigando con la mia debolezza: mala c
a, e condanna l’oscena; eppure egli dice, ovvero chiaramente suppone, che le Commedie dei nostri tempi non siano oscene, be
mpi non siano oscene, benché abbiano una, o due, e anche tre Donne; e che queste compaiano parlanti d’amore. E quest’Opera
d’amore: né mai è stata proibita per ordine dei Speriori. Noi dunque che diremo per rispondere a quella difficoltà fondata
ta sui libri stampati con l’approvazione dei Superiori ? Io rispondo, che quello, che scrivono quei due Comici, Beltrame e
stampati con l’approvazione dei Superiori ? Io rispondo, che quello, che scrivono quei due Comici, Beltrame e Cecchino, in
sere imitati nella modestia, e virtù da quei Comici del nostro tempo, che non solo con le Femmine, ma con altre oscenità, v
ltrame, e Cecchino in più luoghi. I quanto poi dire, ovvero supporre, che la comparsa delle Comiche, palranti lascivamente
lranti lascivamente d’amore in scena, non sia una oscenità, rispondo, che tal detto, ovvero supposto viene riprovato, parte
letto sino a questo giorno sopra la presente materia; ma io intendo, che tal comparsa si consideri secondo tutti i termini
roposizione posta nel c. 2. al Que. 2. di questo Libro. E però stimo, che i Superiori, che approvano allora per la stampa l
nel c. 2. al Que. 2. di questo Libro. E però stimo, che i Superiori, che approvano allora per la stampa la Supplica di Bel
i del Cechino, supposero, come lecita, la femminil comparsa; e credo, che ora « ad Instantiam partis nostra », e udite le n
ora « ad Instantiam partis nostra », e udite le nostre buone ragioni, che non la supporrebbero; ma vorrebbero, che si prova
ite le nostre buone ragioni, che non la supporrebbero; ma vorrebbero, che si provasse, esser lecita , e poi darebbero l’app
rovasse, esser lecita , e poi darebbero l’approvazione. E chi non sa, che molti libri sono stati approvati talvolta da Savi
a comparsa delle comiche parlanti d’amore nel pubblico Teatro; stimo, che ora non sia probabile opinione il giudicarla per
l giudicarla per lecita nell’Arte dei modesti Commedianti: e giudico, che ora quei Signori Superiori, e quei Teologi non ri
ori, e quei Teologi non riproverebbero il nostro senso; massimamente, che io supplicherei, che si consideri questo negozio
on riproverebbero il nostro senso; massimamente, che io supplicherei, che si consideri questo negozio Comico, non tanto « s
e fare ogni Cristiano Recitamento. Quesito Settimo Non è lecito che la Donna compaia ornata in Teatro, per far la par
Donna parlante d’amore oscenamente, non è lecita; sarà lecito almeno, che la Donna compaia ornata in Teatro senza parole am
posta con i suoi termini a questa difficoltà: e però, oltre a quello, che ho detto in altro luogo circa il canto, il ballo,
o in questo modo. Prima nelle cose morali considerare si deve quello, che si fa, e probabilmente si farà; e non quello, che
are si deve quello, che si fa, e probabilmente si farà; e non quello, che si può fare, ma non si farà probabilmente. Ora si
, e dal banco, allora si risponderà all’obiezione, e domanda nel mod, che per ora necessario non è di rispondere. Dico 2. S
ora necessario non è di rispondere. Dico 2. Se si concedesse il caso, che dai Superiori fosse concesso alle Comiche il comp
l comparire ornate, e parlare in pubblico, ma con avviso, e precetto, che non usassero alcuna parola d’amorosa oscenità: io
precetto, che non usassero alcuna parola d’amorosa oscenità: io temo, che molte non osserverebbero lungo tempo la moderazio
ro lungo tempo la moderazione; perché le materi eamorose sono quelle, che esse hanno bene impresse, e queste trattano quasi
e « reidrent ad habitum », ritornerebbero all’uso loro: massimamente, che le moralità in bocca femmnile forse parrebbero fr
udica. Ho saputo da un virtuosissimo, e dottissimo Teologo Religioso, che in Palermo fu già stabilito santamente, che s’int
issimo Teologo Religioso, che in Palermo fu già stabilito santamente, che s’intimasse alle Donne del banco, che sotto grave
mo fu già stabilito santamente, che s’intimasse alle Donne del banco, che sotto grave pena non usassero nessuna oscenità. S
na oscenità. Si mandarono segreti Censori ad osservarle; e trovarono, che quelle misere sdruciolavano, rendendosi reedel mi
caito castigo. Insomma un animo invecchiato nelle sordidezze forza è, che sordido anche si mostri nelle moralità; perché la
Se la Donna si adorna secondo la qualità, e uso comune della persona, che rappresenta in una modesta Commedia, Tragedia, Pa
ona ragione di ciò fare, e lo faccia senza cattiva intenzione; ancora che sapesse di essere amata bruttamente da alcuni par
be troppo gran peso; e troppo dur acondizione ad una Comica virtuosa, che non potesse esercitare l’arte della sua professio
in quanto è lecita, e secondo quelle qualità, e termini di modestia, che concedono i Dottori; perché alcuni particolari, e
arsi, e comparire in pubblico secondo l’uso, e decenza della persona, che da lei viene rappresentata onestamente in una lec
andam ». E prova la sua dottrina con ragione, e autorità, e aggiunge, che secondo i Dottori si richiede qualche onesta cagi
amnum quoq, dedisse videtur C. Si culpa de iniur. Et damn. » Io dico, che la Comica si adorna secondo la qualità delle Donn
obbligata di ritirarsi, e di non comparire ornata in pubblico; sempre che alcuni in particolare si scandalizzino; posto che
in pubblico; sempre che alcuni in particolare si scandalizzino; posto che elle non abbia cattiva intenzione di scandalizzar
iva intenzione di scandalizzarli. Hurtado, citato dal diana, insegna, che la Donna, quando non può schifare certe occasioni
malitia potius scandalizati, quam Feminæ ». Ed io dico a proporzione, che la modesta Comica non può senza grave danno, e pr
sentadno una Fanciulla, una Regina, o altra Femmina secondo la parte, che le toccherà rappresentare. E quei particolari, e
te, che le toccherà rappresentare. E quei particolari, e determinati, che si scandalizzano assiduamente, attestano la loro
Se la Donna si adora con animo di essere disonestamente amata; tutto che non segua l’effetto, ella pecca mortalmente per r
porta questo Autore il fatto della S. Vedova Giuditta, la quale pare, che si ornasse con intenzione di prendere nel laccio
me. » Nondimeo ammettere non si deve alcun peccato a quell’orazione, che nacque da santa carità, e da attesissima intenzio
libidine, sed ex virtute, pendebet. » Dunque la s. Donna pregò Iddio, che Oloferne restasse allacciato nell’amore suo onest
macchia di calunnia, e di peccato. Ora io domando. « Quo animo», con che animo, e con che fine la Comica ordinaria si ador
nia, e di peccato. Ora io domando. « Quo animo», con che animo, e con che fine la Comica ordinaria si adorna ? Con animo, e
nte, ovvero carnalmente, alla platonica, o alla plutonica ? Io credo, che molte Comiche virtuose non abbiano fine espresso
rei già la sicurezzami per tutte; e l’essere loro mallevadoremj certo che mi recherebbero un gran terreno. Ricordiamoci che
mallevadoremj certo che mi recherebbero un gran terreno. Ricordiamoci che quel moderno Comico disse. « Io faccio comparire
 Io faccio comparire la donna per allettare: dunque è probabilissimo, che molte compaiano ornate, e abbellite per allettare
ilissimo, che molte compaiano ornate, e abbellite per allettare. » Ma che significa questo allettare, se non un tirare volo
scandaloso ? E come si può scusare da peccato mortale ? Massimamente che la comica ha volontà di tirare, e allettare, non
scere maggiormante il guadagno Teatrale. E di più elle sa molto bene, che più facilemente vengono allettati i giovani, e i
adornarsi per fine di usare quel peccaminoso allettamento. Io credo, che l’ornarsi moderatamente, ovvero anche smoderatame
ne al male. Forse per dare forza a questo ultimo argomento, suppongo, che l’azione, alla quale la Donna alletta, sia oscena
ale la Donna alletta, sia oscena, perché può bene essere tale, sempre che la medesima Donna non vi parli d’amore, masolo vi
olte altre oscenità, nelle Commedie dei nostri tempi: oppure diciamo, che sono mostruose Idre dai molti capi, e capi tanto
diciamo, che sono mostruose Idre dai molti capi, e capi tanto osceni, che possiamo dire senza romorso le parole di S. Amsel
delle moderne, e mercenarie Rappresentazioni. Dico 5. Se la Donna sa, che per l’atto suo, anche cattivo di adornarsi quelli
Se la Donna sa, che per l’atto suo, anche cattivo di adornarsi quelli che da vengono comparire, o non si muoveranno a male;
ccato in quanto è cagione morale del peccatoaltrui: adunque credendo, che gli altri si muovono solo a colpa veniale, essa p
si fondano i Comici, le Comiche e i loro Parteggiani: mentre dicono, che se bene si tratta quelle Commedie una materia las
sto solo male di leggere colpa succedesse negli Auditori, confesserei che lo scandalo, dato dai Recitanti, fosse parimente
di molti Giovani, e di molti altri deboli di virtù, costringe a dire, che molti, con l’occasione di trovarsi presenti alle
so di molti peccati mortali, e nel Teatro concepiscono quelle fiamme, che poi altro ne crescono in un grande, e rovinoso in
grande, e rovinoso incendio. né di questo con me per ora altra prova, che la confessione dei medesimi Auditori, quando parl
ione dei medesimi Auditori, quando parla a noi secondo quella verità, che più volte in se medesimi hanno sperimentato. Q
l cogliere graziosi fiori dai giardini ben coltivati non è argomento, che si voglia comporre da qualche mazzetto penicioso
ato di un nobile Cavaliere; anzi è degno di giudicare il contrario, e che si pretende recare diletto, consolazione. Così pr
ve a suo favore così. Le nostre CommedieC. 753. sono simili a quelle, che sono stampate con licenza dei Superiori, e molte
no le stesse. E Pier Maria Cecchini afferma nei suoi comici Discorsi, che sono di gran lunga più corrette le Commedie, che
uoi comici Discorsi, che sono di gran lunga più corrette le Commedie, che si recitano, che quelle, che si stampano: poichè
si, che sono di gran lunga più corrette le Commedie, che si recitano, che quelle, che si stampano: poichè molte parole ho l
di gran lunga più corrette le Commedie, che si recitano, che quelle, che si stampano: poichè molte parole ho letto, dice e
che quelle, che si stampano: poichè molte parole ho letto, dice egli, che non comporrei, che nelle nostre scene si dicesser
stampano: poichè molte parole ho letto, dice egli, che non comporrei, che nelle nostre scene si dicessero. Ora supposto il
ederà ancora nel recitamento dei mercenari Commedianti ? Io rispondo, che le Azioni, stmapte con l’intervento di Done, fann
li Spettatori poco virtuosi: e la ragione è chiara; perché ognuno sa, che la morta scrittura del Compositore non ha tanta f
ice Beltrame, nel rappresentare i casi si trasformanoCo. 36. in modo, che essi stessi piangono, e ridono: come se la cosa f
pate; le recitate « ceteris paribus »  saranno sempre più perniciose, che le stampate. Ma o piacesse a Dio, che ancora quel
saranno sempre più perniciose, che le stampate. Ma o piacesse a Dio, che ancora quelle, che si leggono in stampa, e sono o
perniciose, che le stampate. Ma o piacesse a Dio, che ancora quelle, che si leggono in stampa, e sono oscene per le Donne
, o per latra ragione, si proibiscono affatto alla Cristianità: certo che l’arte Comica, e la ricreazione Teatrale non manc
a molti innocenti Giovani, e a molte Donzelle di quella gran rovina, che spesse volte dicono di avere ricevuta leggendo ta
ggendo tali composizioni stampate. È vero, scrive il Comico Cecchino, che ogni giorno si restringe la mano; né si vedono is
orno si restringe la mano; né si vedono iscire quelle Commedie reemk, che altre volte erano l’insegna delle Librerie, e ass
rano l’insegna delle Librerie, e assiduamente dei Librai. E con tutto che sia così, e che la S. Inquisizione vigili tanto i
elle Librerie, e assiduamente dei Librai. E con tutto che sia così, e che la S. Inquisizione vigili tanto intorno le materi
e che la S. Inquisizione vigili tanto intorno le materie disoneste, e che non ne lascia spuntare da nessuno; tuttavia vi è,
, e che non ne lascia spuntare da nessuno; tuttavia vi è, chi scrive, che il Mondo non è ripieno d’altro, e che i Fanciulli
uno; tuttavia vi è, chi scrive, che il Mondo non è ripieno d’altro, e che i Fanciulli da quelle apprendono ogni vizio, e gl
ulli da quelle apprendono ogni vizio, e gli mostrano prima maliziosi, che nati. Eppure sappiamo, che i Libri di buona Poesi
gni vizio, e gli mostrano prima maliziosi, che nati. Eppure sappiamo, che i Libri di buona Poesia non sono intesi da Fanciu
né ben capiti dai Giovani. Ma io aggiungo al detto di questo Comico, che i Fanciulli e i Giovani, se non intendono le alle
ie nascoste nelle Commedie, intendono purtroppo le scoperte oscenità, che vi leggono, e intendendole servono spiritualmente
ne, supinus erudit, et mortales est. » E la Glossa su quel capo dice, che Girolamo riprende quei Sacerdoti, « qui filio suo
filio suos, et nepotes faciebant legere Comedias de poetica carmina», che facevano leggere le Commedie, e i versi poetici d
ommedie, e i versi poetici dai figliuoli loro, e dai nepoti. E credo, che con tanto zelo quel Santo Dottore scrisse quell’a
o quel Santo Dottore scrisse quell’ammonizione, perché si persuadeva, che la lettura delle Comiche oscenità è un’arsura del
a delle Comiche oscenità è un’arsura della giovanile purità in molti, che nei libri turpi, come in accese fornaci, bevono l
ristiani e le vere Donne non si fanno comparire nella Scena, bastando che per relazione d’altri s’intenda il discorso se ha
il discorso se ha bisogno di lunga spiegatura, o se di breve, basterà che si oda la voce femminile dentro la Scena. Con tut
ovocative alla disonestà, io non li condannerei; ma bensì replicherei che è meglio, e più sicuro anzi convenientissimo l’as
ntum esse. »De Instit. Reip. l. 2. t. 6. Il senso di questo Autore è, che non si reciti la Commedia; cioè dico io l’oscena
cioè dico io l’oscena perché reca grave danno alla purità dei costumi che se gli uomini dotti se ne compiacciono, la leggan
iono, la leggano nelle camere loro, e attendano piuttosto alle parole che alle sentenze: ne conviene, che il popolo s’impeg
ro, e attendano piuttosto alle parole che alle sentenze: ne conviene, che il popolo s’impegni nelle attenzioni di tali Reci
r altri capi ancora. Dunque le Commedie stampate son più tollerabili, che le recitate. Aggiungo. Molte cose lecitamente si
no rappresentare in pubblico per la loro oscenità, e per lo scandalo, che ne seguirebbe negli spettatori deboli di virtù. C
ll’altezza del Cielo teatrale cadono i fulmini con violenza maggiore, che dalle parti superbe della stampa: in questa le sa
ella stampa pargoleggia, come bambina. Quesito Nono Chi dicesse, che le Comiche parlano d’amore alla Platonica, non gi
nica, non giustificherebbe la lor Comparsa ? Non è tutto oro quel, che si causa da una miniera d’oro, né tutto è sostanz
che si causa da una miniera d’oro, né tutto è sostanza di perla ciò, che si chiude nella Madre perla. Platone secondo me p
o, e tra le sue perle si trovò qualche falsa margherita. Voglio dire, che non basta per giustificare presso di noi, un’azio
le si fa alla Platonica, perché noi possiamo errare seguendo Platone, che non fu maestro irreprensibile, lontano da ogni er
e. Alcuni per difesa delle mercenarie Comiche muovono una difficoltà, che chiamare si può la Platonica, se si forma in ques
che chiamare si può la Platonica, se si forma in questo modo. È vero, che le Donne dei Commedianti compaiono nel pubblico T
ar d’amore, ma è un’amore finto; o seppure è vero amore, fi può dire, che sia un’amor Platonico: e se, veramente egli è tal
mente da isuio Cittadini, discorse con me nella proposta forma: quasi che con il titolo d’amor Platonico si potesse giustif
credenza ? Ma questo non ha quelle fiamme, né quegli ardenti affetti che si vedono nelle persone inamorate della Commedia,
si con parole affettuose, e proprie di un lascivo Amante, e poi dire, che non brama altro, che amare; sono cose da uomo Pla
ose, e proprie di un lascivo Amante, e poi dire, che non brama altro, che amare; sono cose da uomo Platonico, da uomo ideal
di Xenofonte, di Eschine, e di Cebete, non si avvedono gli infelici, che con artificio privo di ogni arte, e pieno solo di
ttano i Savi del Mondo, e gli uomini virtuosi, da ciechi incantati, e che non si accorgono della stolida lor malizia; ed es
glorificaverunt, sed evannerunt in cogitationibus suis ». Ma sia ciò, che si voglia di questo amor Platonico, che di lui mi
ationibus suis ». Ma sia ciò, che si voglia di questo amor Platonico, che di lui mi rimetto ai medesimi Platonici; dico, ch
to amor Platonico, che di lui mi rimetto ai medesimi Platonici; dico, che l’amor delle Comiche, benché fosse Platonico in s
co Teatro; perché riesce pernicioso, e scandaloso ai deboli Auditori, che sentendo reagionare con termini poco onesti di qm
rlo secondo la purità della Cristiana fede: e basti per prova quello, che più volte già mi disse l’Eminentissimo Sig. Cardi
rma degli sformati costumi con zelo di vigilantissimo Pastore, trovò, che passava per le mani di molti un certo Libro, che
simo Pastore, trovò, che passava per le mani di molti un certo Libro, che trattava dell’amor Platonico: lo lesse subito, e
lla Congregazione dell’Indice, ne attese la risoluzione, la quale fu, che il Libro si sospendesse, e fu sospeso. Così io di
, ele proibizione dalle cristiane scene ogni discorso, e ogni Azione, che i fautori degli osceni Commedianti pretendono ren
mor Platonico, questo amore non è buon scudo, per riparare le saette, che i Guerrieri Cristiani lanciano contro le Teatrali
tano di bastevole difesa, contro l’assalto di quei Teologi di Cristo, che con il brando della giusta ammonizione troncano l
are troppa severità, da nel biasimo di personaggio crudele. Non pare, che le Comiche su debbano levare dal pubblico Teatro;
e ad altre membra, è troppa stitichezza. Il fuggir le scene per tema, che le Donne non scompangano la castità (a mio intend
’usare quelle parole; (A mio intendere) perché ha lasciato ad altri , che dicano. Così non intendono i S. Padri, i sacri Te
Ed io non reco altra risposta a questa difficoltà: vedendosi chiaro, che il parere di un Comico non può bilanciarsi col pa
monio con le lusinghe reca la morte. Ma ponderiamo un poco di quello, che Beltrame aggiunge nello stesso luogo dicendo. Dif
e è fuggire le Donne se non si fugge la cittadinanza. Ma io rispondo, che si può, e si deve fuggire l’occasione prossima, e
per tali sensuali ogni luogo è pericoloso: dunque non sono le scene, che fanno il male, ma si bene la rea natura delle per
rea natura delle persone viziose. Chi non ha altri occhi per vedere, che di vetro rosso, ogni oggetto gli sembra rosso. Il
l cuorepag. 87. è quella, sopra alla quale passeggiano le immondizie, che ognuno dovrebbe con ogni diligenza correggere. Io
a caso vede qualche oggetto osceno, sarà aiutato dal Signore, in modo che non cada. Ma putroppo sappiamo, che molti galantu
sarà aiutato dal Signore, in modo che non cada. Ma putroppo sappiamo, che molti galantuomini vi passano, e si contaminano.
o, che molti galantuomini vi passano, e si contaminano. So io di uno, che certo era galantuomo, e virtuoso, il quale col so
, e virtuoso, il quale col solo alzar di un occhio ad una Femminella, che stva sulla finestra, contrasse fuoco tanto infiam
mminella, che stva sulla finestra, contrasse fuoco tanto infiammante, che poi per molto tempo ne restò bruciato miseramente
olore. Che poi i Lussuriosi abbiano ogni luogo per pericoloso, credo, che sia vero; come ancora credo, che sia verissimo, c
no ogni luogo per pericoloso, credo, che sia vero; come ancora credo, che sia verissimo, che ognuno dovrebbe correggere la
ericoloso, credo, che sia vero; come ancora credo, che sia verissimo, che ognuno dovrebbe correggere la scena del cuore, e
mni custodiaProv. 4. 23. serva cor tuum. » Ma non perciò lecito si è, che la scena oscena dia ai negligenti custodi del cuo
disce la coscienza; e nondimeno credo probabilmente con il Boccacina, che pecca, chi senza legittima scusa§. 1. de Penit. S
 ? Brevemente, e presto rispondo a questa difficoltà, dicendo. So, che alcuni discorrono con tal tenore. Se non è lecita
sempre loderò quel gran Pastore di un principalissimo Arcivescovato, che pochi anni orsono, mi disse, dopo aver letta, e p
opo aver letta, e ponderata una mia scrittura. Io mai più comporterò, che la Donna salga nel pubblico banco. Potrei narrare
ei narrare a questo proposito altri casi; ma allungherei la risposta, che voglio dare al Quesito: e d è. Che la comparsa de
nno parlato distintamente, ed esplicitamente dei molti, e gravi mali, che cagionano da questo inconveniente. Ed io aggiungo
oposito, forse non sono stati porposti ai Sig. Superiori con istanza, che si proveggamq a tale abuso. In S. Chiesa i disord
iungo. Se l’onoratoComico Cecchino è degno di fede, possiamo credere, che questa comparsa delle vere Donne fu già levatapag
parsa delle vere Donne fu già levatapag. 9. de Discorsi.: poichè dice che cinquant’anni prima, che egli scrivesse, nno comp
già levatapag. 9. de Discorsi.: poichè dice che cinquant’anni prima, che egli scrivesse, nno comparivano le vere Donne a r
tro: dunque cotal comparsa non è sempre stata tollerata. Ed io spero, che di nuovo si leverà affatto per comando irrevocabi
il Savio, e zelante Superiore vive simile all’Agricoltore diligente, che sbarba dalle radici loro le piante infette, per c
timi costumi, e di segnalata devozione, e ciascuno ha i suoi Teologi, che non acconsentirebbero a tale errore, se fosse err
Teologi, che non acconsentirebbero a tale errore, se fosse errore. E che  ? Vorremmo noi dire, che tali Teologi siano ignor
ntirebbero a tale errore, se fosse errore. E che ? Vorremmo noi dire, che tali Teologi siano ignoranti ? O che siano vizios
rore. E che ? Vorremmo noi dire, che tali Teologi siano ignoranti ? O che siano viziosi ? Un tal detto non è censura di tem
a , o sospetta di peccato, se non hanno qualche buona ragione; ovvero che paia buona al giudizio dei prudenti: che però han
ualche buona ragione; ovvero che paia buona al giudizio dei prudenti: che però hanno i loro consigli, secondo il parere dei
lla Comparsa delle Comiche in Scena, e parlanti d’amore: massimamente che si vede per esperienza, che i Comici, recitando i
n Scena, e parlanti d’amore: massimamente che si vede per esperienza, che i Comici, recitando in presenza dei Padroni, reci
recitando in presenza dei Padroni, recitano molto più moderatamente, che non fanno nei pubblici stanzoni al popolo spettat
hé ho mangiato carciofi. Altri dicono altre grazie. E spesso avviene, che un’Azione rappresentata in palazzo, o nello stanz
e dalle indecenze, chi recita in presenza di Principi, e Principesse, che non gustano vedere, né udire indegnità. Ove i Com
indegnità. Ove i Comici, e le Comiche negli stanzoni pubblici vedono che nno sono castigati, dicendo, e facendo quelle cos
bblici vedono che nno sono castigati, dicendo, e facendo quelle cose, che sogliono piacere alla brigata, ch egusta più dell
no piacere alla brigata, ch egusta più delle Scene impure, e lascive, che delle modeste, e vitruose: ed essi, per piacere,
ale. Ove nelle altre Commedie oscene non curano di faticare, sapendo, che piacciono con le oscenità, che hanno pronte. Ma s
scene non curano di faticare, sapendo, che piacciono con le oscenità, che hanno pronte. Ma se fosse un Signore, che volesse
piacciono con le oscenità, che hanno pronte. Ma se fosse un Signore, che volesse tal comparsa, e bramasse, che le Comiche
pronte. Ma se fosse un Signore, che volesse tal comparsa, e bramasse, che le Comiche fossero belle di volto, grandi nella c
d alle volte si trovano persone grandi tagliate a questa mala luna; e che tengono la vera nobiltà della virtù sotto le pian
onfessato d’averne trovato di tal fatta più di una volta. Ma io dico, che in tal caso i Teologi tacciono: ei Predicatori pr
rande affetto di compassione verso coloro, ciascuno dei quali merita, che di lui si dica. « Noluit intelligere, ut bene age
a parere dei dotti; tra i quali Reginaldo favellando dell’ignoranza, che scusa del peccato, dice. « Excipiendum est, nisi
ta; come nel caso, in cui uno a bella apposta vuole non sapere, quasi che professi d’essere imitatore di coloro, che nel c.
ta vuole non sapere, quasi che professi d’essere imitatore di coloro, che nel c. 21. di Giobbe dicono a Dio. Ritirati da no
re di coloro, che nel c. 21. di Giobbe dicono a Dio. Ritirati da noi, che non vogliamo la scienza delle tue strade. Ovvero
uello, alla cui scienza egli viene obbligato. Ed ignoranza tale pare, che sia detta grassa e supina; perché, chi da lei è o
; perché, chi da lei è oppresso , si rende simile ad un uomo stupido, che non bada, né non cura, e avvertenza a quelle cose
uomo stupido, che non bada, né non cura, e avvertenza a quelle cose, che tiene avanti, né fa ciò, che da altri è saputo co
né non cura, e avvertenza a quelle cose, che tiene avanti, né fa ciò, che da altri è saputo comunemente per tutto. Ora quan
questa viziosa ignoranza, bisogna supplicare il Gran Padre dei lumi, che sgombri il buio di quei tenebrosi orrori con il c
rie, e difficoltà teologali. Ogni buon Teologo, e buon Confessore sa, che la Commedia oscena è illecita; ma non ogni buon T
tto compitamente; né perciò si deve chiamare ignorante; perché basta, che le sappia fare, e possa, e voglia fare, quando e
el punto intorno alla Comparsa delle Donne parlanti d’amore in scena, che sia illecita, forse molti Teologi, e Confessori f
rse molti Teologi, e Confessori fanno un presupposto simile a quello, che fa Beltrame, il quale espone, che tal comparsa ne
nno un presupposto simile a quello, che fa Beltrame, il quale espone, che tal comparsa nella Commedia sia lecitissima, ne l
l suo Trattato Teologico cita tanti Dottori antichi, e moderni, quasi che tutti siano del suo parere, cioè, che non riprovi
ttori antichi, e moderni, quasi che tutti siano del suo parere, cioè, che non riprovino detta comparsa: ma io dico, che tut
o del suo parere, cioè, che non riprovino detta comparsa: ma io dico, che tutti i Dottori, veduti da me sono al presente, l
go, ed apportò varie ragioni a favore di quell’impedimento: e una fu, che non tutti i Dottori erano del senso del Teologo,
mento: e una fu, che non tutti i Dottori erano del senso del Teologo, che attendeva alla stampa: ma questo domandando. E qu
ncipi, e anche i Predicatori, e i Confessori a considerare quel poco, che scrive Gio. Stefano Menocchio nella sacra Politic
e parlanti di lascivo amore: e li prego a ponderare bene le ragioni, che apportano; perché spero, che daranno sentenza di
e li prego a ponderare bene le ragioni, che apportano; perché spero, che daranno sentenza di eterno bando dal Teatro alla
dal Teatro alla turpe, immodesta, e oscena comparsa femmnile: atteso che , se vi è dottore alcuno, che io non ho letto, e c
esta, e oscena comparsa femmnile: atteso che, se vi è dottore alcuno, che io non ho letto, e che la stimi degna « absolute
femmnile: atteso che, se vi è dottore alcuno, che io non ho letto, e che la stimi degna « absolute et simpliciter »  di po
lle note del sondato giudizio universale. Quesito Decimo terzo A che cosa è obbligato il confessore del Superiore per
ncipe il governo temporale degli Stati suoi: onde vuol ben la ragione che egli usi la stessa, anzi maggiore diligenza nell’
essore si compiace di confidare il governo spirituale dell’anima sua; che però senz’altro lo eleggerà savio, dotto, e zelan
lla sua carica senza recare ragionevole disgusto al penitente. Credo, che egli si prefiggerà per scopo di prudenza il gener
é l’umano favore, ma la divina grazia al penitente. Quindi considero, che non sia di mestieri, che io travaglimt molto nel
ivina grazia al penitente. Quindi considero, che non sia di mestieri, che io travaglimt molto nel rispondere con molte dott
ndere con molte dottrine lungamente al presente Quesito, massimamente che lo scrignetto del mio poco sapere non può trare f
pere non può trare fuori né argento, né oro, né gioie di valore tale, che possanoaccrescere i tesori di quei Confessori, ch
ie di valore tale, che possanoaccrescere i tesori di quei Confessori, che assistono ai Superiori, e ai Principi, come vive
issima Sapienza. Dunque io per rispondere, ricorderò solo quel poco, che i Confessori avranno già letto nelle Opere di due
due Eminentissimi Cardinali, il primo dei quali è Roberto Bellarmino, che nel libro composto intorno all’officio del Princi
e con tale occasione spiega insieme le qualità, delle quali conviene, che sia fornito il medesimo Confessore. Discorre il C
a latino; ma io lo trasportoqui in Italiano con ogni fedeltà; in modo che da tutti possa essere comodamente inteso, e prati
esempi ripieni di grande orrore, nei quali si vede la dannazione, con che i Confessori insieme con i Principi lor penitenti
r penitentisono precipitati nei dolorosi supplizi dell’Inferno. Certo che è opera molto grande il buon reggimento delle cos
n solo molto perito, ma anche molto prudente, e molto forte, e quello che più importa; che sia tale, che niente desideri, n
to, ma anche molto prudente, e molto forte, e quello che più importa; che sia tale, che niente desideri, niente ambisca, ni
olto prudente, e molto forte, e quello che più importa; che sia tale, che niente desideri, niente ambisca, niente cerchi, e
lui soggetti. Ma per discorrere partitamente di questo officio, dico, che il Confessore rappresenta due persone, una di Giu
amente penitente: perché se per sorte non vuole lasciare quella cosa, che lo tiene immerso nel lezzo del peccato, certament
re l’assoluzione ad un personaggio tanto grande, oda lo sirito Santo, che avvisa. « Noli fieri iudex, nisi valeas virtute i
era la confessione del Principe, quando confessa quei peccati follio, che appartengono a lui, come ad uomo privato; per ese
smili fatta; e intanto forse non riconosce, né confessa quei peccati, che egli ha commessi, come uomo pubblico, e come Prin
Principe. perché non mancano Principi nel Mondo, i quali per quello, che tocca alla propria persona, sono piissimi, e gius
, e giustissimi; ma non sanno i peccati dei loro ministri principali, che governano il pubblico; e frattanto i poveri sono
e non scusa lui presso Dio, se non fosse quando è invincibile: atteso che egli deve seriamente pensare la qualità dei Minis
la maniera della loro pubblica amministrazione. Il Confessore dunque, che è giudice in luogo di Dio, non deve accontentarsi
iudice in luogo di Dio, non deve accontentarsi di quella confessione, che fa il Principe, come uomo privato: massimamente s
, o nel pagare i debiti, o nel dare gli stipendi a tempo suo. Avvenga che spesse fiatemv i Principi diano molte cose ai Sud
incipe. Ed in questo caso vigilare deve la giustizia di quel Giudice, che tiene il luogo di dio; in modo che forse esso non
deve la giustizia di quel Giudice, che tiene il luogo di dio; in modo che forse esso non oda nel fine di sua vita. perché v
sto basti aver accennatodel Confessore, come Giudice. Aggiungiamo qua che cosa del medesimo, come Medico. Nessuno dovrebbe
ssere Medivo delle anime, se egli non fosse ottimamente sano; in modo che non gli fosse detto. « Medice cura te ipsum. » E
odo che non gli fosse detto. « Medice cura te ipsum. » E però quelli, che ambiscono di udire le confessioni dei Principi, s
ere scacciati, come Personaggi infetti da gravissimo morbo; e quello, che è più miserabile, non conosciuto da loro. La onde
è più miserabile, non conosciuto da loro. La onde il savio Principe, che è sollecito dell’eterna salute, avantimw di ogni
na salute, avantimw di ogni altra cosa cerchi di avere un confessore, che mai abbia avuto ambizione di confessarlo: e che s
avere un confessore, che mai abbia avuto ambizione di confessarlo: e che secondo la pubblica fama, e la privata informazio
e spesso in corte; né s’interponga nei negozi dei Cortigiani; in modo che invece di Medico delle anime, non diventi ancora
venti ancora egli Curiale, e Cortigiano. E finalmente si mostri tale, che con una vera umiltà, e santità abbia congiunta un
un peso tanto pericoloso. Ma se per avventura il Confessore vedesse, che egli perde l’opera, e la fatica nell’impegno di u
cosa meno grave si è il sopportare lo sdegno di un Principe mortale, che l’ira dell’immortale Iddio. Ed in modo che il con
no di un Principe mortale, che l’ira dell’immortale Iddio. Ed in modo che il confessore possa fare tutto il suddetto, bisog
Ed in modo che il confessore possa fare tutto il suddetto, bisognerà, che il Principe dia adito, e libertà a lui, di avvisa
emente e di comandare secondo la ragione dell’officio suo qulle cose, che sono necesarie alla salute; né che sia ritardato
gione dell’officio suo qulle cose, che sono necesarie alla salute; né che sia ritardato per rispetto di timore, o di penite
rdato per rispetto di timore, o di penitenza. Ancora pare necessario, che il Principe avvisi il Confessore a non s’ingerire
omandato il suo consiglio: e molto meno deve il Confessore domandare, che ad alcuno si conferisca qualche pubblico ooficio,
meno superbo: anzi sarà grato a tutti, e molesto a nessuno. Concludo, che il Principe si guardi, se il Confessore è Religio
ottrina dell’Eminentissimo Sig. Cardinale de Lugo. Io mi persuado, che i Confessori dei Principi, e dei supremi Governat
opoli, avranno veduto, e ponderato tra le Opere dell’altro Cardinale, che è il secondo de’ 2 da me proposti, Giovsnni de Lu
dinale, che è il secondo de’ 2 da me proposti, Giovsnni de Lugo, ciò, che egli scrive per acconcio della presente materia.
reggere il penitente, e rimuovere da lui l’ignoranza circa i peccati, che egli commette. E dopo avere esposta diffusamente
as. » Cioè a dire favellando all’Italiana. Io inserisco nel 2. luogo, che cosa si debba dire dell’obbligo che hanno i Confe
liana. Io inserisco nel 2. luogo, che cosa si debba dire dell’obbligo che hanno i Confessori dei Prelati, dei Principi, dei
i Principi, dei Govenratori, e di simili, quando vedono, ovvero sanno che per verità non soddisfano al debito loro intorno
dditi, e ad altre cose di tal fatta. Intorno alle quali è da notarsi, che di rado avviene, che l’ignoranza sia vincibile, e
e di tal fatta. Intorno alle quali è da notarsi, che di rado avviene, che l’ignoranza sia vincibile, e incolpabile. Parimen
l’ignoranza sia vincibile, e incolpabile. Parimente di rado acvviene, che quell’ignoranza non apporti con sé scandalo per i
andalo per i sudditi, i quali facilemente stimano lecite quelle cose, che vedono farsi dai Prelati, e dai Principi: o almen
e vedono farsi dai Prelati, e dai Principi: o almeno avviene di rado, che quell’ignoranza non rechi danno comune. Laonde il
è obbligato di avvisare il penitente, sia chi si voglia, di quello, a che è tenuto; nè soddisfa al suo carico, assolvendo d
a piuttosto gli addossa sulle sue spalle insieme con glialtri errori, che dissimula nel medesimo penitente; che però ambedu
le insieme con glialtri errori, che dissimula nel medesimo penitente; che però ambedue cadranno nella fossa eterna, facendo
olleranza di quel peso. Ed il suddetto vale, quando il Confessore sa, che il penitenter manca al debito suo. Ma se egli non
bito suo. Ma se egli non lo sa, e slo ha qualche ragione di dubitare, che deve fare ? Interroghi il penitente, come si port
one; e se il dubbio del Confessore sarà circa il iusmy, e le ragioni, che possono obbligare, o obblighino il penitente, stu
tori, e si consigli con uomini dotti, e pii segretamente; e trovando, che il Penitente erra, lo avvisi con la debita modest
i del suo umile, e modesto avviso. Finalmente se il Confessore vedrà, che l’ignoranza del penitente è invincibile, né da le
grandi a fare per loro bontà un poco di riflessione con me su quello, che spiega questo dottissimo Teologo nella sua illazi
mmodo bene ordinamus, sed er res ludricas. » Dico 2. Non è probabile, che nel Superiore sia l’ignoranza invincibile, e inco
dia, può, se vuole, conoscere gli eccessi di lei: onde è cosa facile, che egli non abbia notizia, per giudicarla veramente
il danno comune spirituale, cioè la rovina di molte anime virtuose, e che perdono la divina grazia per quella comparsa: al
deve informarsi da lui, o da altri consapevoli delle ragioni; in modo che poi le consideri diligentemente, e giudichi, se s
olleranza; ed egli può far tal giudizio con le dottrine degli Autori, che hanno scritto della materia Comica, e delle Comic
na esperienza delle moderne Azioni Teatrali. Dico 6. Non è probabile, che in un Savio, e virtuoso Superiore si trovi l’igno
’essere illecita la comparsa di Donna parlante oscenamente d’amore, e che l’avviso del confessore gli sia per essere dannos
mposta di buone ragioni, e spiegare con chiarezza, e brevità; in modo che l’avvisato le potesse leggere, rileggere, e ponde
gere, rileggere, e ponderare da sé con molta maturità, ed attenzione, che così conoscerebbe vivamente l’obbligo suo, e gli
git viam suam »Prov. 2 I. 29., dice Salomone; quasi volgia accennare, che come il vizioso non s’approfitta con gli avvisi,
ed estinsi la sete nella bramata fonte: perché il Padre, supponendo, che io non condanni, come beramente non condanno ogni
ssima, e verissima: non essendo la mente dell’Autore (come non credo, che sia) condannare universalmente per peccato mortal
la generale; e le circostanze possono variare il caso; ma ogni volta, che « verba, motus, salus, et c. apta sunt per se ad
onfessore avvisarlo; e di più deve il Principe far diligenza; in modo che dal comaprire le Donne in Commedia on seguano tal
soneste, e con tanti gesti brutti nuociono gravemente a quelle anime, che mancano nella virtù, mercè che non sono valorose,
ti nuociono gravemente a quelle anime, che mancano nella virtù, mercè che non sono valorose, e Forti Amazzoni per il combat
lla Cristiana modestia, e castità. Nota seconda Di un Principe, che avvisato della illecita comparsa delle Comiche la
uando l’umiltà si collega con una buona ragione, impietra facilmente, che le medesime suppliche ci ritornino segnate con il
con il grazioso, e desiderato Fiat. Voglio raccontare un solo fatto, che servirà di molte prove al detto mio. Un Principe
mezzo del suo P. Provinciale con forma di Supplica al detto Principe, che non la sdegnò, anzi la gradì; ed aggiunse. Io so,
detto Principe, che non la sdegnò, anzi la gradì; ed aggiunse. Io so, che unltimamente è uscito un Libro molto rigoroso int
intorno alle Commedie; ma non disse il nome dell’Autore: ed io credo, che alludesse alla bella, dotta, e breve Operetta sco
iorentino Lucchese con titolo di Comædiocrisis; stampata l’anno 1637. che appunto allora era comparsa in quella Città. Il P
n quella Città. Il Principe a suo agio lesse la supplicante scrittura che era del tenore seguente.   Eccellentissimo Princi
lica umilissimamente il P. Predicatore N. a Vostra Eccellenza in modo che comendi, che i suoi mnistri non diano licenza all
mamente il P. Predicatore N. a Vostra Eccellenza in modo che comendi, che i suoi mnistri non diano licenza alle Donne dei C
lerumque inter ficit. ho. 3. in Isaiam ».  Di poi è certo moralmente, che tra tanti Spettatori di debolissimo spirito vi sa
non ornata lascivamente, cagiona alle volte peccato di concupiscenza: che cosa dunque, cagionerà massimamente in persona vi
cagionerà massimamente in persona viziosa, la vista di quella donna, che compare ornata con vezzi di lascivia, e vuol dile
nque la deve negare; perché questo è modo più facile, e più efficace, che le predica, con la quale non s’impediscono affatt
quali concorre con la licenza il Superiore. 5. perché occorre spesso, che uno incontra per caso in piazza, o trova in Chies
non lascivamente acconcia, la mira con curiosità, e resta preso. Ora che farano quelli, che vanno apposta, non alla Chiesa
cconcia, la mira con curiosità, e resta preso. Ora che farano quelli, che vanno apposta, non alla Chiesa, ma alla radunanza
r molto tempo, e son di pochissimo spirito ? Certo è molto probabile, che commettano molti peccati « Si mulier fortè in for
. Alla proibizione poi del desiderare, e non del mirare, si risponde, che è vera; ma è poco distante « sensun a consensu » 
insegna S. Tommaso 2. 2. q. 167. 2. 2. c. E quanti pochi sono quelli, che vedendo una Donna vana, e vanamente ornata in ban
in scena, ordinino la loro vista a cosa utile ? E quanti molti sono, che la ordinano a cosa nociva ? E a questo concorre c
mortalmente, quando sifa vedere senza legittima cagione da persona , che sa essere solita desiderarla. Quella, che compare
ittima cagione da persona , che sa essere solita desiderarla. Quella, che compare in banco, o in scena, sa per esperienza,
derarla. Quella, che compare in banco, o in scena, sa per esperienza, che sarà desiderata almeno da alcuni di pochissimo sp
: né per salire in banco, o par comparire in scena, ha altra cagione, che trattenere, e dilettare, e allettare il popolo; i
cagione, che trattenere, e dilettare, e allettare il popolo; in modo che così più facilmente si vendano le mercanzie dai C
uesto concorre con la licenza il Superiore. 9. perché spesso avviene, che non solo la vita attuale di Donna in banco, o in
ere queste Donne in banco, o in scena non si cerca altro comunemente, che diletto sensuale. « Communiter qui intersunt, del
a. 2. ad. 2. E gli Spettatori si pongono in molte occasioni di vizi; che danneggiano l’anime, e la riempiono d’immaginazio
ultuationem. » Crisostomo in c. 7. Ep. ad Rom. S. Paolo non permette, che la Donna, per savia, e spirituale che sia, insegn
ad Rom. S. Paolo non permette, che la Donna, per savia, e spirituale che sia, insegnio in pubblico; perché, come nota Anse
ota Anselmo, parlando la Donna provoca, chi l’ode, a disonesto amore: che sarà dunque il veder una Donna vana, e udirla par
sarà dunque il veder una Donna vana, e udirla parlare di quelle cose, che sogliono udirsi da quelle, che compaiono nelle pi
vana, e udirla parlare di quelle cose, che sogliono udirsi da quelle, che compaiono nelle piazze sui banchi, o nei Teatri s
nor Mastrilli già Arcivescovo di Messina, e risolse negar la licenza, che a lui toccava di dare. Così fece molto prima l’Ar
uni Superiori danno licenza, forse non sono avvisati dei gravi danni, che seguono: che certo risolverebbero negarla, pensan
danno licenza, forse non sono avvisati dei gravi danni, che seguono: che certo risolverebbero negarla, pensando allo stret
: che certo risolverebbero negarla, pensando allo strettissimo conto, che dovranno dare nel punto di morte: onde possono di
ella Compagnia di Gesù in Venezia ai Sig. Veneziani; e fece colpo si, che subito furono cacciati tutti i Commedianti osceni
el Disc. 58. fece cristianamente quella Serenissima Repubblica degna, che l’imiti ogni altro Principe. E nel particolare de
permettere. E dopo averlo provato, aggiunge per i Principi. Sappiamo, che saranno da Dio severamente castigati. E nel Disc.
nto sia risprensibile la trascuragginend dei Principi, e dei Prelati, che lasciano di procurare con Editti; e con pene la l
e con pene la libarazione di si grave, e contagioso male: prego Dio, che li illumini ad eseguirlo, come essi sono a farlo
danna i Commedianti, quando si servono di parole , o di fatti brutti, che di loro natura siano peccati mortali; e tali per
moderazione, nondimeno non la osservano lungo temponf; perché fanno, che più facilmente piacciono con l’impurità. Quindi s
ipe ricevette con un cuore pieno di docilità tutte le considerazioni, che ristrette nel foglio gli erano state presentate c
imo quarto perché lo scritto da alcuni moderni, e dotti Personaggi, che concedono la comparsa di Donne in Commedia, non b
uditi, e consumati nel Liceo della Sapienza. Dico dunque a mio senso, che io, uomo affatto incognito ai letterati, e fornit
non pretendo in modo alcuno di oppormi ai moderni, e dotti Scrittori, che concedono la comparsa di Donna in Commedia, ma de
arsa di Donna in Commedia, ma desidero interpretare a mio favore ciò, che scritto da loro sembra contrario a quello, che di
tare a mio favore ciò, che scritto da loro sembra contrario a quello, che di presente io scrivo contro il comparire delle C
in questo modo. Una difficoltà contro di me si può fondare su quello, che scrivono alcuni Moderni, gravi, e eruditi persona
a modesta Commedia. Si legga Tommaso Garzoni nella Piazza Universale, che appunto chiamre si può Piazza di erudizione: egli
cene, ornamento dei Teatri, ha illustrato questa professione in modo, che mentre il mondo durerà. Ogni voce, ogni lingua, o
risuonerà il celebre nome d’Isabella. Della dotta Vicenza non parlo, che imitando la facondia Ciceroniana, ha posto l’Arte
ostra età. Non lascio da parte quella Lidia gentile della mia patria, che con si puliti discorsi, e con si bella grazia, pi
er Adriano, lasciò in un mare di pene l’affannato cuore di quel Poeta che perso nel suo amore le mandò quel Sonetto, che co
to cuore di quel Poeta che perso nel suo amore le mandò quel Sonetto, che comincia. Lidia mia il dì etc. Ma soprattutto pa
Ma soprattutto parmio degna di eccelsi onori quella divina Vittoria, che fa metamorfosi di se stessa in Scena, quella bell
che fa metamorfosi di se stessa in Scena, quella bella Maga d’amore, che alletta i cuori di mille amanti con le parole, qu
e alletta i cuori di mille amanti con le parole, quella dolce Sirena, che ammalia con soavi incanti le almenh dei suoi devo
tiene a una perfetta Commediante. Sin qui il Garzoni. Ma io rispondo, che da questa difficoltà, presa da i due citati Scrit
re in Auditorio, ove sanno, e conoscono almeno alcuni in particolare, che sono deboli di spirito; perché in quanto all’auto
o deboli di spirito; perché in quanto all’autorità del Galluzzi dico, che egli parla, non di Donne oscene, ma di persone ri
zi dico, che egli parla, non di Donne oscene, ma di persone ridicole, che nella Commedia muovevano il riso senza oscenità:
a Commedia muovevano il riso senza oscenità: chi vuol leggere, vedrà, che egli tratta del ridicolo modesto, e condanna l’os
nnato dai Sacri Dottori; ma come riprovato anche da Tullio: e questo, che dico io qui in breve Italiano, egli dice ivi con
ì discorre questo uomo erudito intorno al Ridicolo: e io ne inserisco che se una vecchierella, o una Fanciulla serva, ovver
de vere Donne; oppore uomini rappresentanti le vere Donne: anzi pare, che egli accenni questo secondo, usando le parole. « 
r muovere ad un riso modesto senza nessuna oscenita. né è cosa nuova, che un uomo si vesta da Donna, per rappresentarla; po
e. Dunque l’allegata autorità di questo Scrittore non è contro di me, che parlo di vere Donne, e parlanti d’amore, le quali
che parlo di vere Donne, e parlanti d’amore, le quali oltre il danno, che recano nel Teatro, cagionano altrove mille inconv
nel Teatro, cagionano altrove mille inconvenienti. Non voglio tacere, che il Galluzzi discorre (se io mal non discorrro) de
lulas fatuas, Medicos, aut Iurisconsultos levissimos.»C. 9. E quello, che a me pare peccaminoso, « versutissimos, ac petula
ivi, né da parole brutte, e scandalose. E questo basti, per mostrare, che l’autorità dell’Erudito Galluzzi, non è batteria
mi domanda: ma posso solo per ora con questa affermarle generalmente, che io non ho ami ineso col mio Trattato di dare favo
acluno a quella maniera di Commedie, contro le quali elle declamasse che le R. Vostra in buono, e vero senso interpreta le
n diversa livrea e pensieri del suo intendimento: né egli molto cura, che quello, che intende spiegare talvolta con le rego
vrea e pensieri del suo intendimento: né egli molto cura, che quello, che intende spiegare talvolta con le regole della mon
nderà talvolta un dotto lodare precisamente la finezza dell’Arte, con che una persona iniqua, e scellerata offende Iddio pe
vorrà per quello lodare l’offesa, né il peccato; e saprà molto bene, che quella, come peccatrice, merita vituperio per la
colo preambolo di dire, io rispondo all’autorità del Garzoni dicendo, che elle non snerva la forza della mia Conclusione co
he: perché egli non tratta quella femminile comparsa lodandola, quasi che sia modesta, « Theologiche », Teologicamente, cio
litice », Politicamente, cioè artificiosa, e non disonesta, in quanto che le Comiche compaiono modeste senza gesti sconvene
one, grandi Signore, ed eccelse Regine. E con questo può ben bastare, che sia cosa illecita, e peccaminosa: come se uno con
fornicazione. Ma per dichiarare meglio, e più distintamente il senso, che il Garzoni mostra d’avere nel suo Discorso, ragio
i detti brevi, presi dal suo lungo ragionamento. Dico 1. Egli scrive, che gli antichi Istrioni, pubblici recitanti di profe
ulsi dagli onori dei Cittadini, e dei Soldati. Dico 2. Egli aggiunse, che a qualche particolera Istrione, celebre, e famoso
, e le contrappone ad una Commediante tanto infelice nel recitamento, che lei scrisse così. Una Signora, oca nel dire, mort
Signora, oca nel dire, morta nel favellare, addormentata nel gestire, che ha perpetua inimicizia con la grazie, etiene con
a grazie, etiene con la bellezza differenza capitale. Si vede dunque, che il Garzoni non tratta questa comparsa femminile i
ieme dimostra, due di loro essere state tali recitando, e comparendo, che da nessun Teologo, credo si possono scusare da pe
poichè una lasciò recitando in un mare di pene il cuore di un Poeta, che perso nel suo amore le scrisse un sonetto; o volg
volgiamodire piuttosto, un’amorosa letterina dettata da un sonetto. E che amore fu quello ? Di virtù, o do peccato ? Di Par
Di Platone, o di Plutone ? Di Lodatore, o di Lussuriatore ? Io credo, che fu amore di perdizione, poichèil Poeta perso nell
ice di mille amanti. Ma io, come Teologo, e non come Politico, stimo, che colei meriti il titolo di Diabolica Vittoria; poi
e anime di molti Spettatori, fiacchi posseditori di quella virtù, con che si mantiene il possesso della divina grazia. Legg
t. Discorso : io alla sua autorità di nuovo, e in ristretto rispondo, che la comparsa di quelle donne, da lui descritte: se
poco virtuosi spettatori. Non repugno a chi stima, essere verissimo, che bene spesso un fatto, un gesto, ovvero una parola
incantati, e fortemente incatenati. Non dice male Beltrame, dicendo, che le pare, che la modestia solamente d’una bela Fan
fortemente incatenati. Non dice male Beltrame, dicendo, che le pare, che la modestia solamente d’una bela Fanciulla sia pi
solamente d’una bela Fanciulla sia più atta a fare piaga in un cuore, che il licenzioso volto, o premeditato discorso di un
l licenzioso volto, o premeditato discorso di una Comica. Ma io dico, che più, che una bella, e modesta Fanciulla, sarà att
oso volto, o premeditato discorso di una Comica. Ma io dico, che più, che una bella, e modesta Fanciulla, sarà atta ad impi
sta Fanciulla, sarà atta ad impiagare i cuori di molti quella Comica, che non avrà licenzioso il volto, ma l’avrà modesto.
re ammiratore, e non censore; quando l’evidente ragione non convince, che qualche tolleranza di un Principe sia affatto int
stico sanno molto bene, e per esperienza, o per certissima relazione, che i Commedianti, e i Ciarlatani vanno con le loro F
si: e nondimeno tollerano; e non avvisano i Governanti, né i Vescovi, che levino le sordidezze di così fatto abuso, che pro
vernanti, né i Vescovi, che levino le sordidezze di così fatto abuso, che proibiscono la comparsa delle Donne in scena, o i
biscono la comparsa delle Donne in scena, o in banco. Dunque è segno, che si poò tollerare per qualche ragione. E di vero è
estrinseco mi difendo dalle saette del rimorso di coscienza, e stimo, che si possano tollerare queste Teatrali oscenità; pe
di questo Enea: me ne vado lungi dal suo Teologico parere: e ricordo, che « tolerantia sola, supposita scientia »De leg. l.
condo la natura della cosa precisamente: però non ricorriamo al modo, che tengono nel governo i Sign. Superiori; perché io
eriori dello stato Ecclesiastico stanno in Roma, e non danno licenza, che in quella Città le Femmine dei Cristiani salgano
ella Città le Femmine dei Cristiani salgano in banco nelle piazze; né che il popolo Romano, ovvero i Signori di Campidogli
Campidogli chiamino, e provvisionino le Compagnie dei Comici; in modo che con le loro Comiche facciano le oscene Rappresent
bastevolmente con i fatti, e con il governo loro presenziale quello, che sarebbe convenientissimo, che tutti gli altri ese
con il governo loro presenziale quello, che sarebbe convenientissimo, che tutti gli altri eseguissero nella propria giurisd
siastico, il quale fu più volte pregato a dare licenza, o permettere, che uno salisse in banco a fare le solite zannate, pe
rra come fanno i Ciarlatani in Roma. E o piacesse alla divina maestà, che la moderazione, la quale per ordinario si vede in
nelle scene, o nei banchi, si vedesse in tutta la cristianità; certo che le Comiche innamorate si vedrebbero poco in scena
i qualche oscena Commedia in Roma per qualche buona ragione; o almeno che paresse nel tempo più dissoluto dell’anno con pro
empio di altri circa un permesso male, « quod intrinsece sit malum », che sia male intrinsecamente, non giustifica la loro
nunciare intorno alla sua malizia, ovvero bontà. Spessissimo avviene, che , se uno dice. È peccato permettere in questa Citt
e: e per tutto si ode quella circolare risposta, degna più di pianto, che di riso. Si permette qui, perché si permette lì:
riduce il tutto a domandare. È come si permette a Roma ? Ed io dico, che a Roma, o non si permette assolutamente; o se si
etto qui; perché altrove parimente è permesso. Io persuasissimo vivo, che se i principalissimi Superiori fossero dagli infe
ori supremi dei costumi , ai quali tocca la regola più della pratica, che della speculativa per una parte, e per l’altra no
opinione per giustificare questo grande abuso dell’oscenità teatrale, che per ogni banda corre con tanta libertà, ed impuri
cendo. Perché nelle cose morali non si deve considerare tanto quello, che si può fare, quanto quello, che si fa, e secondo
non si deve considerare tanto quello, che si può fare, quanto quello, che si fa, e secondo il corso comune probabilmente se
orso comune probabilmente sempre si farà: bene è assai chiaro quello, che di simili Rappresentazioni si deve giudicare; e q
o quello, che di simili Rappresentazioni si deve giudicare; e quello, che devono comandare i Governatori delle Repubbliche,
maggiori; e anche per non sapere tanto in particolare tutti i danni, che quindi ne seguono. E quelli che nascono da queste
e tanto in particolare tutti i danni, che quindi ne seguono. E quelli che nascono da queste Commedie, non si può sapere, qu
enso il Ribadaniera. Con ragione dunque bramo io, bramo ardentemente, che i Supremi, e principalissimi Sig. Ecclesiastici,
ità di questo pestifero morbo; perché ho sperimentato in molte città, che quando il Superiore ha inteso l’inconveniente, vi
ebbero tutti, se fosse loro supplicato: e se leggessero le suppliche, che da dotti si possono formare, e sarebbe convenient
da dotti si possono formare, e sarebbe conveniente, anzi necessario, che si formassero, e formate si offrissero contro le
lle moderne Rappresentazioni. O gran disavventura di alcuni Principi, che la verità se ne fugga quasi bandita dai Palazzi l
titudine di adulatori, tra i quali sebbene non mancano alcuni, molti, che giudicano delle cose rettamente, nondimeno, temon
, nipote del Pontefice allora Regante, e disse ciò fare, desiderando, che fossero Supplica; e che domandassero giustizia a
llora Regante, e disse ciò fare, desiderando, che fossero Supplica; e che domandassero giustizia a Nostro Signore: perché n
o possono chiedere giustizia, e possono supplicare ogni gran Signore, che giustamente distrugga tutti gli eccessi del Teatr
se fossi ai piedi dei supremi Monarchi, umilissimamente supplicherei, che ponessero freno allo sfrenato corso di questo rov
nato corso di questo rovinoso abuso, e pestilente infezione: e credo, che tutti i Ministri loro si accomoderebbero subito a
iderato provvedimento. I difetti popolari servono da sproni per fare, che il Principe spinga il suo volere, quasi generoso
nelle parti soggette alla mia pastorale giurisdizione. Ma dico bene, che col tempo né qui, né altrove durerà con persevera
con Memoriale alla sacra Congregazione dei Vescovi, e faccia istanza, che scriva una lettera a tutti i Superiori Ecclesiast
femminile incendio. Questo fu il senso di quel zelantissimo Vescovo; che come fu gratissimo a me allora; così desiderai, e
emplice Memoriale alla sacra Congregazione, ma con la presente Opera, che con Titolo di Ricordo mando ad un amico; ma bramo
supremi Principi, Prelati, Governatori, Magistrati, e simili; in modo che con il potente correttivo di salutare moderazione
potente correttivo di salutare moderazione provegganonp a gravi mali, che nascono dalla femminile comparsa, e dalla sua osc
fessori di cristiana modestia, a ponderare da senno, non solo quello, che dicono gli allegati Santi, e Dottori, e Teologi a
Santi, e Dottori, e Teologi antichi, e moderni; ma quel poco ancora; che Pio Rossi nel Convitto Morale, stampato nell’Ecce
a di due cose, di piacere, e di onestà: onde si loda più la Tragedia, che la Commedia; perché le materie Comiche sono ordin
che la Commedia; perché le materie Comiche sono ordinaria mente tali, che l’onestà non vi ha parte alcuna: e i Comici fanno
i ha parte alcuna: e i Comici fanno più presto l’officio di Ruffiani, che d’Istrioni.v. Passatempo pubblico. Per ultimo de
mpo pubblico. Per ultimo devo pregare i Signori Accademici, o altri, che talvolta, senza essere Comici di professione, fan
talvolta, senza essere Comici di professione, fanno qualche Commedia, che diano pienissima fede ad un dotto, e zelante Teol
Gambarotta, il quale in un Trattato manoscritto dice. È cosa chiara, che le Commedie correnti sono tanto perniciose, e pes
chiara, che le Commedie correnti sono tanto perniciose, e pestifere, che meritano di essere spianate affatto: e tutti i Pr
essere, mercenaria; ma dalle regole del Si. Tommaso: onde gli Attori, che non fanno di professione di Scettici, peccheranno
orreranno le altre pene dei Comici Professori. Dunque ciascun fedele, che professa l’osservanza della divina legge, procuri
rnata lascivamente, e parlante d’amore in pubblico Auditorio, ove sa, che sono molti deboli di virtù; e ne conosce alcuni i
sco questo Ricordo, detto, la Qualità, scritto a voi o Amico, in modo che possiate con le dottrine, e a rigore scolastico,
illecita, e la Commedia modesta dall’oscena. Che se voi giudicherete, che io abbia dischiarata bene la sua brutta natura, f
ra supplico umilissimamente l’Onnipotente Creatore, e maestoso Iddio, che faccia riuscire questo Ricordo a molta gloria sua
premium voluntatis. » Cioè. Almeno questo non sarà cosa infruttuosa; che io ho tentato di recare ad altri giovamento: poic
eria amorosa si dovrebbe levare dal Teatro. Pag. 190. Amor Platonico, che cosa sia. Pag. 224. Non si deve proporre nelle Co
183, 184. Azioni. Le drammatiche Azioni antiche erano più immodeste, che le moderne. Pag. 6. Ma le moderne ancora hanno bi
98. Congregazione Mesinese detta del gran frutto. Pag. 137. Commedia, che cosa è. Pag. 104. È lecita. Pag. 9. Quando illeci
. Perché l’oscena si tolleri stampata. Pag. 222. Recitata è peggiore, che la stmapta. Pag. 222, 223. La vecchia aveva ridic
tale veste. Pag. 192. Recitando in scena non cagionano maggiori mali, che le donne. Pag. 189. Come si potrebbero tollerare
impedisce in giudicar bene delle cose. Pag. 187. Pavone è più bello, che la Femmina. Pag. 163. Peccato di pensiero. Pag. 1
tro le Commedie oscene. Pag. 37. Un altro contro alcune donne nobili, che volevano fare una Rappresentazione 72. Principe I
9.158. Scrivere con distinzione della Commedia non offende 2.3. Santi che Commedie facevano. Pag. 105. La severità troppa è
6. La Signoria di Genova fece Decreto contro le Commedie 250. Socrate che disse dell’astinenza. Pag. 133, 134. Statue belle
ca. [NDE] Original : il. cb. [NDE] Comprendre (sens figuratif): ciò che si raccoglie come frutto di un’attività, di un’op
al: iscaccia. cj. [NDE] Original: palese. ck. [NDE] Original: quel, che . cl. [NDE] Comprendre: purezza. cm. [NDE] Compr
li fu) chiesto se. dy. [NDE] Comprendre : se ci fossero stati dei Re che avrebbero corso con lui. dz. [NDE] Comprendre :
2 (1649) Della Cristiana Moderazione del Teatro. La soluzione dei nodi pp. -
i Casi di coscienza intorno alle Commedie poco modeste; per mostrare, che non è mai lecita la loro Permissione, secondo la
si-tori, Lettione, e Recitamento di poca honestà. E di più Giuditio, che si può fare di quelle Commedie, che si rappresent
poca honestà. E di più Giuditio, che si può fare di quelle Commedie, che si rappresentano tal’hora con titolo di onesta Ri
miri chiaramente, e sicuro della tua felicità, il bellissimo Oggetto, che ti rende felicissimo: e noi per «speculum, et in
eleste fuoco, d’onde gli affetti nostri siano accesi, e arsi in modo, che , né Comico verunob, né veruno Spettatore, gusti p
nza di viziosa Oscenità. Fa con la tua santa, e potente impetrazione, che la moderna Scena sia sempre un giardinetto di one
10 P. 2. Se le immodeste Rappresentazioni si possono permettere, già che si permettono altre cose simili. 12 P. 3. Se l’Us
Scrittura condanni le Teatrali Oscenità. 21 P. 5. Se le Oscenità, già che si permettono nelle sacre Azioni, si possono perm
eria oscena renda tollerabili l’Azioni c Oscene. 28 P. 8. Del male, che possono fare le immodeste Azioni. 30 Nota Prima.
lecite. 36 P. 10. Se per la tolleranza delle Commedie Oscene, basta, che siano da tutto il Mondo abbracciate. 41 P. 11. Se
. Se basta, per rendere lecita l’Oscena Rappresentazione, il sapersi, che piace molto col suo diletto. 44 Nota Prima, della
co. 49 P. 12. Se con ragione si biasimano le Commedie Mercenarie, già che né le Accademiche, né le altre fatte gratis sono
l’andare alle Commedie Oscene, già molti Confessori assolvono quelli, che vi vanno, o le premettono. 74 P. 2. Si risponde
P. 4. Se è buona Ragione, per tollerare le Commedie Oscene, il dire, che le Città, ove non si fanno, non hanno migliori i
à, ove non si fanno, non hanno migliori i Cittadini. 88 P. 5. Se uno, che dicesse. Le Città principali si avvilirebbero sen
P. 4. Se è buona Ragione, per tollerare le commedie Oscene, il dire, che le Città, ove non si fanno, non hanno migliori i
, ove non si fanno, non hanno migliori i Cittadini. 88 P. 5. Se uno, che dicesse. Le Città principali si avvilirebbero sen
ecitamente. 93. P. 8. Se l’andare alle Commedie Oscene, per impedire, che non succeda inconveniente, sia buona Ragione. 98.
rò vi vado. 110. P. 14. Se sia lecito l’andare all’Osceno teatro, già che il pericolo delle Oscenità si trova in altri luog
ione di chi dice. Io vado per passatempo, e per ridere un poco; e so, che non acconsento al peccato delle Oscenità. 134. P.
ti? 158. P. 4. Se sia buona Ragione di tollerare i Comici, il sapere, che da taluno si prova, che devono essere amati. 162.
ona Ragione di tollerare i Comici, il sapere, che da taluno si prova, che devono essere amati. 162. P. 5. Si risolve una Di
covi nelle loro Diocesi? 182. P. 2. Che si può dire di que’ Principi, che tollerano, o che sostengono i Commedianti Osceni.
iocesi? 182. P. 2. Che si può dire di que’ Principi, che tollerano, o che sostengono i Commedianti Osceni. 185. P. 3. Se l’
anti Osceni. 185. P. 3. Se l’esempio d’un Principe, o d’un Superiore, che permette le Commedie Oscene, perché il popolo ne
periori le approvano, e danno licenza di Recitare? 192. P. 5. Se. Già che la Moderazione, o la Proibizione de’ Superiori no
ettere. 197. Capo quinto. 202. P. 1. Se i Padri, e i Dottori antichi, che scrivessero contro gli antichi Spettacoli, si dev
iprendere tanto acremente i Commedianti Osceni. 220. P. 7. Di quello, che si può rispondere a chi dice. Alcuni per Interess
1. P. 12. Se gli Scrittori non condannano molte Arti più infruttuose, che l’Arte Comica, perché scrivono tanto contro quest
colosa a’ Secolari, perché tanti al riprovano? 236. P. 14. Di quello, che possiamo giudicare di certi Casi spiegati da gli
sentiti da persone degnissime di piena fede. 250. P. 17. Del frutto, che si può sperare da chi vuole scrivere, ò parlare c
Libro, il Secondo, e il Terzo sono stampati: il Quarto, e il Quinto, che s’aspettano, sono finiti; e si spera, che stamper
ti: il Quarto, e il Quinto, che s’aspettano, sono finiti; e si spera, che stamperanossi f , uno con Titolo di Ammonizioni a
o scopo dell’Autore ne’ detti Libri si è, prima istruire que’ Giusti, che non sanno, o non curano saper raccogliere fiore d
9. Il Sig. Iddio per sua infinita misericordia operi efficacemente, che niuna di queste Operette riesca priva di quel fru
icacemente, che niuna di queste Operette riesca priva di quel frutto, che l’Autore, come ardentemente ha desiderato, e desi
ome ardentemente ha desiderato, e desidera, così ha sperato, e spera, che ora, o almeno in altro tempo, sia per seguire con
ere in mare un Comico Satirico 206. Amico vero qual sia 96. Aristide, che disse intorno al custodire i Figliuoli, e le sost
se pecchi di cooperazione andando alla Commedia oscena cominciata, o che sta per cominciare 104. due sentenze probabili 10
te di Carnevale uccisi per la caduta di un solaro 249. S. Basilio di che cosa avverta i Maestri di Scuola 178. Beltrame no
5. 57. Bonciario fu avvertito di non esplicare Terenzio a’ Giovani, e che cosa fece 176. 177. S. Bonifacio Vescovo predisse
iocolatore 248. Buffone arricchito prima, e poi impoverito 155. Buono che sia 133.   C Sig. Cardinal Richeliùj moderò i Co
iamente giudicati 240. spaventosi occorsi a’ Comici 240. 248. Cattivo che sia 133. Cesare Sonator onorato si fece Buffone i
non sono peggiori a’ tempo delle Commedie oscene 88. Le principali in che sondino la gloria 90. Non si avviliscono senza le
Commedie turpi 90. Anzi si fanno con quelle 91. P. Claudio Acquaviva, che rispose circa il purgar Terenzio 175. Commedia è
53. Alcune fatte per rigiri 55. Le mercenarie perché biasimansi più, che l’altre 51. 52. nuocono 59. La modesta è lecita 1
torno ad un modesto 164. Se non si può ritirar dalla Commedia oscena, che deve fare 165. 168. 169. tutti faticano per dilet
tri buoni 83. Né di bene, ma di male 64. 65. 67. 83. 84. Fanno peggio che le Meretrici 159. Gustano le oneste Azioni 86. 87
Non mancano tali Comici 163. Non si possono permettere 153. Etiandio che vivano con tal arte 153. Hanno difficoltà a lasci
scusa dal male 101. Anzi aggrava 102. 0103. Concili contro i Maestri, che dichiarano Libri impuri agli Scolari 173. 174. Co
. 19. S’induce con due atti 16. Non toglie il ius divinum 16. 17. Con che si corregge la cattiva 20. Conversazione umana ha
ligo di restituzione 106. 207. Correzione sia con piacevolezza 5. Con che mezzi si può fare a’ Comici osceni 256. Cosimo Me
e guadagno pretende dalle Comedie oscene 242. Portò via un Recitante, che scherniva il sacro rito della Messa 244. Saltava
desta non s’esclude dalla scena 170. L’immodesta più nuoce recitando, che stando in finestra 170. 171. Condizioni di una tr
utto di un Libro stampato contro le commedie oscene 217. 218. Quello, che si può sperare scrivendo, o predicando contro i C
ie oscene con intenzione cattiva 11. Vestito con teletta colorita sì, che pareva nudo 24. Parte dal Teatro con pensieri di
antichi segnalati giuocavano 2. 3. I S. Ignazio Fondatore non volle, che I Maestri dichiarassero Libri impuri 175. Ignoran
la seguirebbe, se vi fosse 77. 78. Opinione d’assolvere un Moribondo, che non da segni di penitenza 77. Opinioni stravagant
e impudiche 26. Parto spaventoso, e per cui morì la Madre 244. Pazzo, che stimava di star sempre alla Commedia 50. Peccato
rraia caduto con danno di molti, e con morte di altri 250. Pompeo con che preservò il suo Teatro 70. Predicatore non dica i
mpeo con che preservò il suo Teatro 70. Predicatore non dica in modo, che paia insegnar le malizie 62. 63. Alcuni predicaro
ica in modo, che paia insegnar le malizie 62. 63. Alcuni predicarono, che lo Spettatore delle Commedie oscene non pecca mor
letta 2. 3. Non deve riprendere 4. Non si può far lecitamente di ciò, che è scritto 62. Re ripreso in una Commedia Satirica
Re ripreso in una Commedia Satirica 207. Recitamento è più efficace, che la Lezione 179. Più diletta 180. Recitante morto
esser avvezzo a mirar Donne, e udirle liberamente 238. 239. Servitore che deve fare, per non accompagnare, o accompagnando
ati per recitar modestamente 39. Socrate piccato da’ Comici satirici, che disse 205. 206. Spettacoli vana consolazione 129.
quasi gioconda, e salutevole aura di rinfresco, da chiunque conosce, che i focosi travagli dell’umana conservazione sono b
um aciem rebus agendis decet intentam. » l. 2. Music. C. ult. Voglio, che tu ti ricrei alquanto: lo studio è cosa faticosa:
tu ti ricrei alquanto: lo studio è cosa faticosa: conviene al Savio, che alle volte si moderi dalle fatiche, e si riposi c
interdum aliquibus uti. » 2. 2. lq. 168. a. 2. c. E questo è quello, che come dice il Filosofo, si ha nella conversazione
et paratiorem de morib. L. 10. c. 6. pag. 365. » Il Cassaneo scrive, che uomini segnalatissimi dell’antica stagione ricrea
isc., dice un moderno dottissimo, e eruditissimo, fu uomo più severo, che beffatore: nondimeno nel caso della morte di Clau
, nisi sorte ioci, et oblectamenti causa, id fecerit. » Lasciamo ciò, che altri Autori hanno scritto in prova, che l’uomo,
id fecerit. » Lasciamo ciò, che altri Autori hanno scritto in prova, che l’uomo, collocato in mezzo de’ travagli terreni,
grestis. » summa summar. V. Adulatio §. 3. Man non perciò si concede, che tal diletto sia una ricreazione infetta col miscu
ccesso di compiuto ristoro. Non si deve già negare, avvisa un Comico, che l’uomo non facesse bene a spendere tutto il suo t
ar riposo alla mente non veggo, né conosco, ove meglio lo possa fare, che nello stare presente ad una graziosa Rappresentaz
ntazione, la quale da oneste persone sia onestamente rappresentata: e che il riso in essa derivi da qualche grato artificio
n essa derivi da qualche grato artificio; e non da parola, o da atto, che tengano dell’impuro, o del disonesto. Io concedo,
ola, o da atto, che tengano dell’impuro, o del disonesto. Io concedo, che tal’avviso è da onorato Cristiano, e da virtuoso
deve scrivere, e favellare distintamente, condannando quelle Azioni, che sono infette col veleno di oscene, e illegittime
di oscene, e illegittime qualità; e ritenendosi dal condannare quelle che sono virtuosamente composte, e recitate con la cr
dere con la debita distinzione delle moderate, e virtuose, da quelle, che peccaminose sono, e smoderate. Che pag.11. però l
e smoderate. Che pag.11. però l’allegato Comico ha ragione di notare, che la santità della vita, conosciuta dagli uomini, e
provata dalla Chiesa, è un testimonio così forte della sana dottrina, che non si può di meno di non credere, che santo zelo
osì forte della sana dottrina, che non si può di meno di non credere, che santo zelo, e non mondana ambizione muovi la penn
e debba fare, per non incorrere recitando in qualche errore: e a fine che non rimanga reliquia di dubbio in alcuno, hanno m
a fine che non rimanga reliquia di dubbio in alcuno, hanno mostrato, che si può, non solo recitare, ma vivere dell’eserciz
o della Commedia. Ora io ricordo, e replico per me, e per ogni altro, che noi, imitando i Santi, e i sacri Dottori, così do
rnardo, qui mordere, quam emendare maluimus » Ep. 78. Ricordo ancora, che dobbiamo sforzarci di rispondere fondatamente a m
il quale divido in cinque Capi, e ciascun Capo in vari Punti. Spero, che resteranno dissipate molte nuvolette, che fanno o
Capo in vari Punti. Spero, che resteranno dissipate molte nuvolette, che fanno oltraggio alla bella luce della verità. Con
dalle Azioni. Troppo grande accidente non è mai parutos a’ Savi, che , tra professori dell’antica Filosofia, molte opin
ri dell’antica Filosofia, molte opinioni di stravagante, e poco meno, che impossibile apparenza abbiano ritrovato difesa, e
la volontà non cura bene spesso le cadute vergognose, e rovinose. Ma che ora tra gli splendori della luminosa Cristianità
tra gli splendori della luminosa Cristianità non pochi si ritrovino, che vivano come ciechi difensori, e protettori delle
poca meraviglia a molti. Chi crederebbe mai, dice un moderno Teologo, che si trovassero uomini, che fanno professione d’ess
hi crederebbe mai, dice un moderno Teologo, che si trovassero uomini, che fanno professione d’essere Cristiani Nell’Antid.
P. 3. 6. 4. , i quali, non solamente veggono i mali, e danni grandi, che secot recano queste Commedie, e Rappresentazioni
te; ma le difendono, le proteggono pubblicamente, e tengono per bene, che siano tollerate? Eppur è vero. « Non desunt, si p
roni, qui præstant vitiis autoritatem. ».Questo Santo si lamentò già, che fossero tra’ Cristiani cosi amorevoli difensori d
già, che fossero tra’ Cristiani cosi amorevoli difensori de’ vizi, e che dicessero, potersi esercitare, e vedere gli spett
potersi esercitare, e vedere gli spettacoli per onesta ricreazione; e che era tanto indebolito il vigore della disciplina,
a ricreazione; e che era tanto indebolito il vigore della disciplina, che ogni dì si andava di male in peggio; e che non si
l vigore della disciplina, che ogni dì si andava di male in peggio; e che non si cercava più, come si dovessero fuggire i v
lamento simile può farsi contro i difensori delle correnti Commedie, che hanno delle immodestie: onde con ragione scrive i
, questi argomentanti, e difensori portano tante difficoltà in campo, che stimano poter cantare il Peana, e trionfare prima
penetranti saette, rintuzzandole gagliardamente per via di risposte, che si possono dare a vari Dubbi. Ma prima ricordiamo
, che si possono dare a vari Dubbi. Ma prima ricordiamo in breve ciò, che alla lunga abbiamo dichiarato nel primo libro, ci
n breve ciò, che alla lunga abbiamo dichiarato nel primo libro, cioè, che la Commedia oscena è quella, la quale notabilment
rnata lascivamente, e parlante d’amore in pubblico Auditorio, ove sa, che sono molti deboli di virtù, e ne conosce alcuni i
sere giochi, siano tollerabili. Tullio saviamente scrisse del gioco, che doveva essere un lume di buono ingegno e una cosa
lletto abbastanza per capire, ha anco ingegno a sufficienza per saper che sono scherzi, e non leggi. » E poteva aggiungere
um legerit, obliviscatur: aut non oblitus ignoscat ». Ma si risponde, che sono scherzi, e giochi pericolosi, e perniciosi a
usu nisi impudicum non denotasse lib. De Ieiunio. ». Et io considero che la mutazione de’ nomi spesse volte cagiona grave
re il carro della vanità, pieno, e colmo di gravissime offese di Dio: che però si può dire con Crisostomo: « Non dat Deus l
. a. 2. ad 2. » Non Iddio, ma il Demonio è autore del gioco a coloro, che se ne servono disordinatamente; e tali sono i mer
l detto per gioco si eseguisce con i fatti non fatti per gioco. Io so che Platone alle cose gravi, e serie congiunse tal vo
oque ioco iter hoc molestia conficiamus. lib.3. de leg. » So ancora, che Innocenzo Ringhieri nell’Opera sua detta Cento Gi
o, atto a correggere la vita umana da’ vizi corrotta. Ma io rispondo, che l’allegato Autore parla della Commedia onesta, us
a onesta, usata per frenare i viziosi dall’iniquità, e non di quelle, che con disonesto trattenimento aggiungono esca al fu
io della disonestà. E però egli dice chiaro nel principio dell’opera, che i suoi cento Giochi si sono posti in luce per one
ani Appresso il Franc. Par. 3. del Giov. Chr., condanna gli Istrioni, che usano fatti, e detti osceni; benché ciò facciano
. 6. in. 2. Matt. » Vuol dire in breve. Non vale per scusa l’opporre, che sono giochi; perché l’imitazione del male è parim
gostino, e S. Tommaso, insegna In c. 5. Ep. Ad Ephes. V. 4. nu. 178., che la virtù, da noi nomataw Urbanità, e da’ Greci Eu
urcus, aut cachinnos et dissolutiones excitans ». Et aggiunge di più, che il gioco è « indecorus », contro il decoro, e per
oto quella prima condizione recata dal P. Cornelio intorno a’ giochi, che devono essere onesti, « sint honesti ». E quindi
dunque si possono permettere, massimamente per i Giovani? È pur vero, che gli stessi Giovani, e lo nota il Casano, e lo san
lo nota il Casano, e lo sanno i pratici, affermando di propria bocca, che non si va mai per ordinario alle Commedie appress
rdinario alle Commedie appresso il Franc. Nel Giovane Christ. C. 15., che non si abbia intenzione di sentire qualche ragion
ibidinoso, di smoderatamente dilettarsi di qualche atto lussurioso: e che non se n’esca aggravato da molti, e da gravi pecc
tur, non est oblectatio sed pernicies ho. De David, et Saul. ». Ciò, che ivi gli Attori fanno giocando, e dilettando, è in
ute dell’Anime nella Città di Vicenza ha scritto: « Quegl’infami Mimi, che femminando per le pubbliche piazze la contagiosa
costumi, non ardivano più di infettar le piazze di Vicenza »  ; però che Francesco, occupando i loro palchi, e profondendo
orrenti di divina facondiay, screditava affatto le sozzure del vizio, che uscivano da quelle mal nate bocche, che altro per
affatto le sozzure del vizio, che uscivano da quelle mal nate bocche, che altro per appunto non sono, se non infernali Cloa
Cura dovrebbe essere di tutti i Principi, Magistrati, e Governatori, che la moderna gioconditàz de’ Cittadini fosse emula
siderare, se di questi osceni giochi si può dire almeno in parte cio, che ’l Cancellier Gersone scrive de’ giochi degli sto
econdo. Se le immodeste Rappresentazioni si possono permettere, già che si permettono altre cose simili. La somiglianza
nelle Città, anche principalissime del Cristianesimo? Ma si risponde, che non mancano buoni Medici i quali, come snervano l
ongano alla malignità del carnevalesco malore. Sebbene possiamo dire, che giustamente si permettono le ricreazioni del Carn
arca d’Ancona, con occasione di alcuni Padri della Compagnia di Gesù, che con Apostolico zelo tentarono d’impedire il recit
it) plures, ac potiores habuit Christus. » Seguita lo Storico a dire, che tante persone concorsero, non solo all’orazione,
persone concorsero, non solo all’orazione, ma anche alla confessione, che quei nostri Padri dalla mattina sino a gran parte
oltissimi fedeli si accomodano al sentimento, e affetto di penitenza, che allora si professa da Santa Chiesa, e frequentano
e frequentano le mortificazioni, e i Sacramenti con maggiore spirito: che però in molte Città si fanno Comunioni generali,
, e i Predicatori ad alta voce, e con ardente zelo avvisano i popoli, che si guardino con diligente sollecitudine da’ molti
ino con diligente sollecitudine da’ moltiplicati, e pericolosi lacci, che Satanasso pone loro nel trattenimento carnevalesc
no tormento. Conviene dunque nello stesso modo per la comune utilità, che i virtuosi Fedeli e i Cristiani Scrittori, e i ze
o mos erat, crimen non erat. l. 22. cont. Faust. C. 47. » Può essere, che quando tra’ Cristiani si cominciò a permettere l’
ualche tempo ad onesto sollazzo, fosse tanto modestamente esercitata, che l’uso di lei potesse chiamarsi tollerabile, e anc
s, sed abusus ludi », scrive Caietano. E chi non confesserà per vero, che « consuetudo est optima legis interpres. l. Si de
de legibus in 2. 2. q. 168. a. 4. ». Ma chi non confesserà parimente che la consuetudine deve essere ragionevole? E così i
Instit. Mor. C. 1. q. 5. da una illecita. E ragionevole si è quella, che è senza peccato, secondo Azor, è irragionevole qu
gionevole quella, la quale induce il peccato secondo la Glosa legale, che afferma, « consuetudo irrationabilis est inductiv
a verità, oltre il molto scritto dagli Antichi Scolastici, quel poco, che ultimamente ha notato il P. Baldelli dicendo. « U
oscene, almeno per quanto è necessario alla cristiana moderazione. So che Angelo cita Ricardo, e dice, « secundum Juristas
vel divinamo non habet locum consuetudo. » E qui dico con la comune, che la legge Divina, e naturale obbliga tutti a non i
eranda, quandiu in vitia lapsus non fiat. l. 2. Ep. » O uso, o abuso, che sia in queste oscene Rappresentazioni, si devono
Commedie sono lecite, né sono disoneste; perché sono secondo quello, che si è fatto nello spazio di tanti secoli, che è st
ché sono secondo quello, che si è fatto nello spazio di tanti secoli, che è stato ricevuto dai popoli, e che si è permesso
atto nello spazio di tanti secoli, che è stato ricevuto dai popoli, e che si è permesso dai Magistrati. « At permittuntur L
Spectacula  ? Fateris mala. » Si permettono gli impuri postriboli, e che vi vadano i lascivi: dunque per questo sono luogh
one. Voi confessate, si permettono gli Spettacoli? Dunque confessate, che sono cosa mala. « Fatta tot seculos? ita: verum i
um fit. » Cioè. Finalmente, venendo alla conclusione, perché si dice, che sempre è stato ricevuto quello, che sempre è stat
alla conclusione, perché si dice, che sempre è stato ricevuto quello, che sempre è stato perseguitato da personaggi di somm
to da personaggi di sommo valore? Voglio dire queste favole teatrali, che i Comici del nostro tempo rappresentano; queste,
» E io col senso delle parole di questo dotto, e gran Cardinale dico, che l’abuso delle Commedie oscene, quanto più antico
re è obbligato ad esterminar dal suo Regno4. n. 172. le consuetudini, che inducono a commettere il peccato mortale se ciò e
fare senza grave scomodo: altrimenti peccherà di grave colpa, quasi, che presti il consenso al peccato altrui. Così tiene
Principe è tenuto a governare il popolo suo, e di dirizzarlo in modo, che non travii dall’osservanza de’ Divini precettin.
si stinge « ad evitanda majora mala », per evitare mali maggiori: il che non avviene nella consuetudine scandalosa delle C
ché o tal male non si schiva, ovvero si può schivare con altro mezzo, che con l’uso permesso delle Comiche oscenità. Rimane
il morale; cerchiamo, dico, l’ottimo, non l’usato; cerchiamo quello, che ci renda felici, non quello, che dall’ignorante v
timo, non l’usato; cerchiamo quello, che ci renda felici, non quello, che dall’ignorante volgo è approvato. « Queramus, quo
dei Barbieri dicendo. L’uso ha fatta la legge alle Commedie, e pare, che si stabiliscano su l’eternità de’ tempi: però il
orché intorbidi l’acqua, non però giammai la disecca. Io risponderei, che quel Comico non professa difender l’uso delle Com
ugnar solo le oscene, acciocché si rimedi, da chi può a’ gravi danni, che nati dalle oscenità infettano il Cristianesimo; e
onte teatrale; ma rimuoverne il nero, e puzzolente fango del peccato, che lo rende contaminato, ammorbato, e degnissimo di
e, basta il ragionevole intendimento di uomo, per vedere chiaramente, che si deve abominare dal virtuoso ciò, che egli vede
uomo, per vedere chiaramente, che si deve abominare dal virtuoso ciò, che egli vede, ovvero ondeaj viziosamente infetto di
pondere direttamente al Punto, possiamo dire fondatamente co’ Dottori che anche dalla sacra autorità scritturale sono censu
 Concupiscentia oculorum. 1. 10. 2. 15.l. 3. de Symb. C. 1. » e dice, che a lei appartiene « nugacitas Spectaculorum ». S.
tre parole. « Gaudete in Domino semper. Math. Philip. 4. 4.  » Quasi, che il rallegrarsi negli spettacoli sia un rallegrars
medesimo Crisostomo a parere di D. Francesco Maria del Monaco, vuole, che la proibizione si contenga nel 6. precetto. « Non
izione si contenga nel 6. precetto. « Non concupisces », poiché dice, che le disonestà teatrali fanno adulteri gli Spettato
qui non abit in concilio impiorum. » Il medesimo Tertulliano ricorda, che nel battesimo si rinuncia alla pompa del Diavolo
o modeste, e tali sono le Comiche del nostro tempo. A dunque è certo, che la Divina Scrittura con moltiplicate sentenze con
non stimarsi manchevoli per difetto di verunaal osservazione. È vero, che nella sacra Scrittura si narrano gli amori della
ura si narrano gli amori della Cantica; e si riferiscono alcune cose, che in un tratto appariscono oscene: ma noi saggiamen
e le ammiriamo, e santamente le riveriamo; perché ci consta per fede, che sono scritte per impero del sapientissimo Sig. Id
è il condannarle; perché sarebbe un voler condannare le cose di Dio: che è una troppo ardimentosa impietà, e empia sfaccia
e empia sfacciataggine. Ma le impure bruttezze del Teatro ogn’uno sa, che sono scritte non col dito di Dio, né con inspiraz
il tutto con una falsa apparenza di utilissimo diletto. Dico inoltre, che molte cose nella sacra Scrittura sono narrate sen
n Adamo, e Eva quasi ignudi; poiché anche il Comico Barbieri concede, che ora non è lecito far comparire in scena donne con
ne di ogni animo ben regolato dalla virtù Cristiana: onde mi ricordo, che recitandosi una volta un’Azione da persone, non m
ovane vestito di certa teletta colorita a modo di viva carne si bene, che egli in realtà era vestito, ma pareva ignudo a ch
areva ignudo a chi non lo mirava con molta accuratezza: quindi seguì, che un principal Signore, e molto virtuoso, non s’acc
rgendo forse del tiro, si parti scandalizzato, e chiaramente biasimò, che in luogo tale si facessero tali oscenità. Né manc
tale si facessero tali oscenità. Né mancarono altri savi, e virtuosi, che furono dello stesso parere. Dunque non vale l’arg
a narrazione scritturale alla Rappresentazione Teatrale. Dico ancora, che molte cose della Cantica s’intendono in senso spi
tum c. 43. ». Concludo la risposta a questo Punto con la riflessione, che mecoam ragionando fece un Dotto, dicendo. « Qualc
no » ; acciocché le persone semplici non errino leggendo alcune cose, che hanno qualche apparenza d’imperfezione: ad un sto
difficile per digerirsi; né un pigmeo può lanciare un palo di ferro, che è gravean ad un robusto Gigante. Punto sesto. S
he è gravean ad un robusto Gigante. Punto sesto. Se le oscenità già che permettono nelle sacre Azioni, si possano permett
teresse ai Comici, della quale si serve il Comico Beltrame a provare, che dalla scena si devono allontanare le laidezzeao d
ap. 48. in Commedia, non ha Economia, né per se, né per altri, atteso che mai niunoap rimarrà di andar alla Commedia, perch
n vi andranno per le parole inoneste, o per i mali usati gesti; a tal che il recitar onesto è dovuto per lo giusto, per lo
lo civile, e per la ragione di stato Commediantesco. Lascio il resto, che aggiunge questo Comico, e rispondendo al Dubbio d
o il resto, che aggiunge questo Comico, e rispondendo al Dubbio dico, che il modo, per giudizio comune, ha gran forza, nell
si Attori sono con tal modo corrette, e temperate nelle sacre Azioni, che per ordinario non risulta spirituale nocumento ag
do  ? Rispondo con un giudizioso, e erudito Moderno, il quale avvisa, che chi narra cose poco modeste, usi poche parole, e
le avvisa, che chi narra cose poco modeste, usi poche parole, e tali, che ritirino gli animi delle oscenità; e si persuada,
parole, e tali, che ritirino gli animi delle oscenità; e si persuada, che meglio è il riferire l’impurità, che il rappresen
i delle oscenità; e si persuada, che meglio è il riferire l’impurità, che il rappresentarle: e non lasci d’aggiungereP. Fam
buono di proporre senza nocumento le impurità. Buono è anche quello, che accenna Sanchiez quando si usa cautela tale, che
uono è anche quello, che accenna Sanchiez quando si usa cautela tale, che cessa il pericolo di peccare . « Ita mutata sint
e Città divotissima di quella gloriosa Eroina. M’immagino di vedere, che da nobilissimi, e virtuosi Attori si rappresenta
enta in pubblico Teatro l’Azione intitolata, Agata Vittoriosa, veggo, che da essi non si fa sentire a parlare in scena il l
da essi è indotta a pubblica vista la scellerata vecchia Anfrodisia, che con un interessato, e brutto negozio tenti, e inv
lungi da gli occhi, e dall’orecchie degli Spettatori. Ora non credo, che con questo modo tanto corretto, e moderato proced
ocederebbero gli osceni Comici del nostro tempo; imperochear si vede, che sdrucciolano molte volte in molte oscenità, quand
fiunt licita », perché si trattano con onestissime parole. E io dico, che non è nuovo inzuccherare il veleno, e coprire una
pudico parlare. Ma non lasciamo altre risposte al Dubbio, e diciamo, che nelle Azioni sacre non è per ordinario probabile
a, e senza interesse di lucro teatrale; onde non vi è tanto sospetto, che frappongano le oscenità nelle loro Rappresentazio
dell’Arcivescovo D. Antonio Altovito si dice nella Rubrica v. c. iii. che si proibiscono « Representationes Dominica passio
m, et antiquam Ecclesia consuetudinem introducta sunt. » Noto di più, che nelle Azioni sacre, fatte da persone onorate, e n
ti da donna, e conosciuti da tutti per maschi; né io condanno quelli, che usano la comparsa di tali Giovanetti; solo ricord
danno quelli, che usano la comparsa di tali Giovanetti; solo ricordo, che ella porta seco qualche pericolo, e lodo sommamen
ordo, che ella porta seco qualche pericolo, e lodo sommamente quelli, che affatto se n’astengono; o facendo, che delle donn
olo, e lodo sommamente quelli, che affatto se n’astengono; o facendo, che delle donne si facci solamente menzione in scena,
evole, e accennato da me altrove. Ora passiamo ad altro concludendo , che il sacro Recitamento moderato non autentica la pr
en coltivato cespuglio di belle rose. E come dunque potrà mai essere, che una teatrale Rappresentazione, per altro onestiss
iva materia il « levitas materia », come in tante altre? Io rispondo, che alcuni concedono « in venereis levitatem materia
no « in venereis levitatem materia excusantem a mortali » : ma tengo, che quell’opinione sia « in praxi omnino falsa, maxim
oni dal P. Baldellito. 1. l. 3. disp. 14. n. 3., il quale anche nota, che Clemente VIII nell’officio della santa Inquisizio
III nell’officio della santa Inquisizione condannò la prima sentenza, che afferma darsi leggerezza di materia nelle cose La
ascive, la quale scusi da peccato mortale. Onde il P. Diana conclude, che a suo parere sostenere non si debba, né in pratic
ue in praxi sustinendam esse.  »Resol. Cit. Né alcuno mi opponga ciò, che scrisse Sanchiez nella sua grande, e stimatissima
o appresso Sanchezn. 17.. Ma rispondendo al Dubbio direttamente dico, che qui si deve considerare, « non quantitas molis se
venas percurrit, humores soluit, et eicit. l. c. 21. » Così dico io, che una, o due oscenità mortali non sono, in quanto a
, per rendere illecite le teatrali ricreazioni. Aristotile riferisce, che Euripide fu chiamato in giudizio capitale per ris
tro la carità di Dio, o del prossimo, non sarebbe peccato mortale: il che è contro ogni buona Teologia. Concludo adunque ri
le: il che è contro ogni buona Teologia. Concludo adunque ricordando, che il cuore umano è principio delicato di vita: bast
pio delicato di vita: basta a puntura di sottilissima spina, per far, che esali lo spirito vitale, e divenga prigioniero in
de il mio senso, né vi è bisogno di altra applicazione. Solo ricordo, che le mercenarie Commedie d’oggi dì per ordinario no
sono macchiate leggermente con oscenità, ma riescono tanto immodeste, che in esse avverasi ciò, che Tertulliano scrisse deg
con oscenità, ma riescono tanto immodeste, che in esse avverasi ciò, che Tertulliano scrisse degli Spettacoli. « Quorum su
de spurcitia plurimum concinnata est. c. 7.  Punto ottavo. Del male, che possono fare le immodeste Azioni. Piccolo si è i
le, che possono fare le immodeste Azioni. Piccolo si è il nocumento, che possono arrecare le Commedie poco modeste; e noi
smisurati Elefanti, ove saltano solo debolissimi grilletti. Il male, che cagionar si può dalle teatrali oscenità nel nostr
altà è cosa piccola, di poco rilievo, e di poco nocumento: onde pare, che si possa dire. Ora l’Azione, e la Commedia oscena
he si possa dire. Ora l’Azione, e la Commedia oscena è un passatempo, che può passare; è tollerabile, né fa di mestieri gri
o ancora per scherzo di far una girata sopra della rea, e proponiamo, che la Commedia fosse recitata con ogni rilassazionea
ata con ogni rilassazioneat, anzi con ogni libertà e vediamo un poco, che male può mai fare un Comico, recitando in questi
uali sopra di noi sta oculata la giustizia spirituale, e temporale; e che si recita ai Cristiani, e non ai Gentili, che mal
rituale, e temporale; e che si recita ai Cristiani, e non ai Gentili, che male può egli mai fare? Forse, che ti porrà Massi
ta ai Cristiani, e non ai Gentili, che male può egli mai fare? Forse, che ti porrà Massime in capo da turbarti la mente, o
mai fare? Forse, che ti porrà Massime in capo da turbarti la mente, o che ti confonderà la coscienza? II Comico non naviga
e le Provincie sottopra? Il Comico non pesca tanto a fondo, o forse, che ti leverà le facoltà, o che le torcerà da’ legitt
Comico non pesca tanto a fondo, o forse, che ti leverà le facoltà, o che le torcerà da’ legittimi eredi a forza d’argoment
, né ti pone lite in capo, e non ti leva le facoltà: e poi poni cura, che la Commedia non ti lascia con questo incentivo, c
e poi poni cura, che la Commedia non ti lascia con questo incentivo, che avanti che finisca, ti fa mutare il lascivo, o in
cura, che la Commedia non ti lascia con questo incentivo, che avanti che finisca, ti fa mutare il lascivo, o infame avvilu
lodevole matrimonio. » Io non voglio aggiungere qui altro di quello, che segue a dire ivi quel Comico più lungamente; perc
é basta ponderare il detto, e darvi la risposta; acciocché s’intenda, che il resto, che non è di maggior forza, non prova e
are il detto, e darvi la risposta; acciocché s’intenda, che il resto, che non è di maggior forza, non prova essere poco il
il resto, che non è di maggior forza, non prova essere poco il male, che , a guisa di velenosa erbaccia, germoglia nell’ort
Commedia: e merita lode in risguardo di tal difesa; ma io non vorrei, che egli avesse imbracciato il medesimo scudo per dif
zione di un pubblico trattato disonesto, lascivo, e scandaloso. Cose, che sono contro la Dottrina de’ Santi Dottori, e degl
Dottori, non deve supporre per vero, e accettato comunemente quello, che è privo di verità; e come tale è riprovato comune
l Barbieri per scherzo si raggira, numerando vari mali, e, mostrando, che cagionati non sono dal Comico nella Commedia anch
venga, o pure succeda il contrario nella pratica giornaleav. Io dico, che il primo male si è, porre in capo Massime di nocu
, che il primo male si è, porre in capo Massime di nocumento grave; e che il naviglio del Comico si spalma per navigar in q
mare; e vi si spinge, e vi si fa ingolfare in modo tanto pericoloso, che chi segue la traccia, o il fanale del suo cammino
ulierem, et insidiandi aliena onestati », e cose altre tanto indegne, che possiamo dire con San Bernard. « Velato semper no
ima occasione, e un manifesto pericolo di rovina spirituale. Stimare, che si possa senza pericolo o pure senza rimorso di c
ondo male è questo. Porre sossopraaw i Regni, e le Province. Io dico, che non con Glosse testuali, ma con bruttezze Teatral
l Comico di rilassata Azione pesca in questo fondo, e tanto in fondo, che egli misero si sprofonda nel reato di pena infern
e’ Cittadini: come spiegherò distintamente altrove, e mostrerò anche, che si pongono sottopra, e si rovinano le Province, e
i rilassazioni. Il terzo male è questo. Levare le facoltà; e ricordo, che Crisostomo scrisse ottimamente per l’abuso del su
di fare una tratta buona, e abbondante, come è necessario al Comico, che vuole nell’osteria, o nella Camera, locanda, mang
ta oltre al vestire sempre in modo e fare i viaggi con tale comodità, che chi non conoscesse la sua Compagna, la stimerebbe
ri continua la numerazione di altri mali, e poi ingenuamente concede, che sono cagionati dal Comico: non dimeno aggiunge, c
nuamente concede, che sono cagionati dal Comico: non dimeno aggiunge, che sono anche rimediati con qualche correttivo. Ma n
i; contro quali mali dice bene, ma poco il medesimo Barbieri, dicendo che sono cosa mal fatta, e in comune detestata. Egli
e sono cosa mal fatta, e in comune detestata. Egli poteva aggiungere, che il Comico rilassato, oltre ai commuovere, fa acco
’ Dottori, e dello stesso Barbieri: il quale aggiunge per correttivo, che il Comico reo lascia Cristiano il Giovane commoss
correttivo, che il Comico reo lascia Cristiano il Giovane commosso; e che la Commedia non lo lascia con quell’incentivo lib
Commedia non lo lascia con quell’incentivo libidinoso; perché avanti, che finisca muta il lascivo o tristo avviluppamento i
scivo o tristo avviluppamento in lodevole matrimonio. Ma io rispondo, che tal correttivo non basta; perché non « sunt facie
non si purgherebbe abbastanza appresso un Gentiluomo quel Ciarlatano, che gli dicesse. Signore datevi una, o più ferite mor
che gli dicesse. Signore datevi una, o più ferite mortali nel petto, che io vedròax di sanarvi col mio segreto. Degno di r
: la conclusione di un matrimonio può esser buona ragione di credere, che gli affetti degli Sposi, se erano prima illeciti,
o prima illeciti, e peccaminosi, diventino poi leciti, e virtuosi: ma che il lascivo pensiero, commosso in un inesperto Gio
so in un inesperto Giovane, si muti in virtuoso al vedere, e sentire, che un altro giunga al fine de’ suoi disegni, non è p
er certo buona ragione; non è correttivo efficace, anzi si può temer, che sia nuovo incentivo a disonesto compiacimento; ch
anzi si può temer, che sia nuovo incentivo a disonesto compiacimento; che sia olio per accrescere l’impudica fiamma, e vent
deggiamento dell’affetto. Così praticamente dirà uno di quel Giovane, che dal Comico prima è mosso a disonesto amore, e poi
to del paziente Profeta, « implebit ardore stomacum suum ». Quindi è, che egli parte dal Teatro col viso ridente, e sollazz
un Comico rilassato. L’altro correttivo, accennato dal Barbieri si è, che il Comico direbbe in Commedia le oscenità per far
so non approva per buono tal correttivo, anzi lo riprova aggiungendo, che un inconveniente non rimedia l’altro; il male è m
iente non rimedia l’altro; il male è male in ogni luogo. Io aggiungo, che l’osceno parlare burlesco, e il ridicolo osceno è
ento. Concludo adunque, e rispondo al dubbio , dicendo così. Il male, che possono fare, e che fanno le oscene Azioni, non è
ue, e rispondo al dubbio , dicendo così. Il male, che possono fare, e che fanno le oscene Azioni, non è piccolo, e non è un
, e non è uno solo; ma sono molti, e tutti grandi; anzi tanto grandi, che , come scrive CrisostomoDella tribolazione l. 1. c
teatrali, e infernali. Onde possiamo dire de’ seguaci di Beltrame, e che difendono ciò, che non merita difesa. « Confundan
ali. Onde possiamo dire de’ seguaci di Beltrame, e che difendono ciò, che non merita difesa. « Confundantur, ut ex eo, quod
Philologus. » Anche Niccolò Barbieri Comico scrive nel suo Discorso, che la Spagna prima si serviva delle nostre Commedie
ippo II e si fecero ricchi: ma dopo quel Regno ne ha partorito tante, che ne riempie que’ gran paesi, e né manda anche molt
a anche molte Compagnie in Italia. Io aggiungo al detto del Barbieri, che l’anno 1644 in Fiorenza intesi da un Fiorentino,
tesi da un Fiorentino, uomo di molto spirito, e pratico della Spagna, che egli circa l’anno 1610 stando in Siviglia, seppe
viglia, seppe da certi suoi amici uomini vecchi, e testimoni di vista che Ganassa, Comico Italiano, e molto facetoba ne’ de
pagno, non era bene, e perfettamente inteso, nondimeno con quel poco, che s’intendeva, faceva ridere consolatamente la brig
a sua impararono poi gli Spagnoli a fare le Commedie all’uso Hispano, che prima non facevano. Tutto questo io accetto per v
no, che prima non facevano. Tutto questo io accetto per vero, e credo che , come Ganassa cercava di apportar utile, e dilett
gnuoli impararono a fare Commedie modeste, e non oscene. Quindi si è, che insino a tempo nostro si dice, come voce di molti
do tenuto da alcuni Comici Spagnoli venuti in Italia, non può negare, che quella voce comune ha bisogno di qualche interpre
olti Comici Spagnuoli passò tanto i confini della debita moderazione, che per comando di quel gran Monarca uscì un Real div
to di cui riferito da me ad un gran Signore pratico di Spagna a fine, che non tollerare le oscenità del teatro, gli diede o
e le oscenità del teatro, gli diede occasione di rispondermi. È vero, che Filippo II le proibì, ma di poi di nuovo le conce
ibì, ma di poi di nuovo le concesse: onde l’Autore citato dice quello che fa per sé, e lascia il resto. Io confesso, che qu
ore citato dice quello che fa per sé, e lascia il resto. Io confesso, che quella risposta, uscita da Personaggio di tanta a
gran virtù,e di molti carichi nella sua Religione, il quale mi disse, che dimorava in Spagna, quando Filippo II concesse, c
l quale mi disse, che dimorava in Spagna, quando Filippo II concesse, che di nuovo si facessero l’Azioni teatrali, ma senza
ancora, come la risposta di quel gran Signore è verissima nel senso, che io ora ammetto con umile, e profonda riverenza. D
ene: e ambedue sono Spagnoli, e pratici del buono, e reo costume, con che procedono i moderni Comici de’ regni Hispani. Agg
tume, con che procedono i moderni Comici de’ regni Hispani. Aggiungo, che il P. Bernardino de Vigliegas della Compagnia di
a Regina di Spagna nel cap. 44. chiama le Commedie moderne profanità, che mandano in rovina i buoni costumi: dove sono tant
anità, che mandano in rovina i buoni costumi: dove sono tanti Demoni, che stanno instigando con male suggestioni, quante so
, che stanno instigando con male suggestioni, quante sono lo persone, che ivi dimorano. Dunque ha bisogno di qualche distin
on voce comune. La Commedia Spagnola non è oscena. Non voglio tacere, che l’anno 1629 morì in Toledo il P. Giovanni Gondino
teca degli Scrittori della Compagnia: e aggiunge per acconcio nostro, che questo eminente Predicatore faceva guerra implaca
pudiche. Dunque il dire. La Commedia Spagnuola non è oscena. Bisogna, che si accetti con la debita distinzione. Scrive il m
pubbliche scuole, e spiegata con molti volumi stampati; e con altri, che egli prevenuto dalla morte non ha mandato in luce
lica le Commedie volgari non modeste. Di più nota pur il P. Alegambe, che Giacomo Alberti Spagnolo ha stampato una Predica
o Alberti Spagnolo ha stampato una Predica contro i Commedianti, come che siano la peste, e la rovina de’ Regni, e chiamò t
iamò tal Predica Circoncisione della Commedia : eccennando, credo io, che bisogna levare molte cose dalle correnti Commedie
dalle oscenità; acciocché si possa godere consolatamente il diletto, che onesto può derivarsi dal loro trattenimento. Inol
, dotto, e grave Religioso venuto da Spagna, ove era dimorato 4 anni, che i Predicatori di quando in quando riprendevano le
le oscenità delle moderne, e correnti Commedie. E io ancora aggiungo, che il celebre, zelante, e dotto Commentator Spagnolo
stante il sentimento di questi gravi Dottori Hispani, bc ben si vede, che merita di essere negata quella proposizione. La C
odesti a sufficienza nelle loro Rappresentazioni: di quelli io parlo, che introducono nella pubblica scena le vere Donne, C
io, ove sanno essere molti deboli di virtù, e ne conoscono alcuni, il che basta a rendere la Commedia oscena per sentenza d
del caldo affetto di Cupido, e con tale eccitamento delle sue fiamme, che più persone spettatrici, tutto che vi stessero qu
tale eccitamento delle sue fiamme, che più persone spettatrici, tutto che vi stessero quasi per forza, e fossero sentite di
menti, nondimeno confessarono il pericolo dicendo. Non si può negare, che l’udire que’ discorsi non ecciti gli affetti, e l
Città dello stesso Regno di Sicilia, intesi da un grave personaggio, che certi Commedianti Spagnoli andarono colàbd ; e me
iaravano i peccati brutti con tanti particolari, e con tanta vivezza, che la disonestà compariva smascherata, e indecente p
a, che la disonestà compariva smascherata, e indecente più di quello, che si scorge nelle oscene Azioni ordinarie. E erano
corso; e con molta offesa di Dio, e grave rovina spirituale di molti, che , udendo, e vedendo quelle oscenità, dichiarate co
e efficacia comica, non si ritenevano di moltiplicare i peccati. Ora che dobbiamo dire di tali Azioni, massimamente in ris
sguardo degli Spettatori deboli di virtù, e inclinati al male? Credo, che dir dobbiamo: sono Commedie Spagnole oscene, e sc
ivo. Punto decimo. Se per la tolleranza delle Commedie oscene basta, che siano quasi da tutto il mondo abbracciate. L’erb
a di un bel giardino è bastevole antidoto contro la forza del veleno, che contiene in sè un velenoso germoglio. Dico dunque
eno, che contiene in sè un velenoso germoglio. Dico dunque al Dubbio, che le Commedie oscene, tutto che fossero abbracciate
enoso germoglio. Dico dunque al Dubbio, che le Commedie oscene, tutto che fossero abbracciate da quasi tutto il mondo, non
oso Cristiano; sono cose illecite, e indegne. Cosi parimente io dico; che con la tinta dell’indegnità merita di essere freg
della oscena Rappresentazione. Aggiungo. Si può negare fondatamente, che le Commedie oscene, in quanto oscene ovvero conos
mano in modo alcun il loro recitamento lecito tra’ Cristiani. È vero, che il Barbieri al capo 25. della Supplica sua pone q
no abbracciate da tutta Europa. E dice nella spiegatura di quel capo, che il volere annientarle, sarebbe un voler pugnare c
uò esigere le sue entrate senza questo poco di dolce amaro; quindi è, che s’arretra un passo alle cose convenevoli al retto
ttazione comparisce ancora ella tra’ galantuomini; e pochi paesi sono che non le abbiano dato ricettobe. In Spagna, scrive
Commedie in tanta considerazione, e conosciute di tanta conseguenza, che per comodo loro e pubblico beneficio vi sono stat
i in ogni luogo di que’ Cattolici Regni eretti Teatri, e fatte Scene, che mostrano chiaramente, che con la vita del mondo d
ttolici Regni eretti Teatri, e fatte Scene, che mostrano chiaramente, che con la vita del mondo devono conservarsi in que’
mmedie modeste, ovvero stimate da lui modeste; e non delle oscene: il che si vede chiaro nella conclusione, ove paragona la
rela. « Con tutto ciò vi è, chi ha più diletto d’intorbidar tal’onda, che non ebbero i villani di Latona per levar il comod
ole io interferisco: dunque si può negare fondatamente ,e io qui nego che le Commedie oscene, in quanto sono oscene; o si s
iano abbracciate quasi da tutto il mondo. Non posso anche tacere ciò, che Cellottio avvisa in una orazione, nella quale int
lottio avvisa in una orazione, nella quale introduce il suo Filologo, che armato di giustissimo sdegno contro gli osceni Is
t. »Ep. 7. Lascio il resto addotto da Filologo, e concludo asserendo che le Commedie oscene non sono abbracciate quasi da
rò sono conosciute per oscene, e stimate tali. Ma il rovinoso crollo, che molti patonobf, vien cagionato dal non sapere, o
Se basta, per rendere lecita l'oscena Rappresentazione, il sapersi, che piace molto col suo diletto. Assai volgare si è
l Cielo, e l’interesse dell’Inferno. E pure vediamo, e sperimentiamo, che nella comica, e oscena Rappresentazione si ritrov
ermedi, e le macchine sono spese, e fatiche, fatte più per dilettare, che per giovare. Io so la sentenza di Nazianzeno. « F
tazioni sogliono farsi in grano parte da persone forestiere, e nuove, che per interesse di necessario lucro vagando sen van
come cose nuove, e rare servono di gustoso beveraggio a’ sitibondibg, che più felici dell’infelice Tantalo veggono e assapo
l medesimo stile, e quali sempre una somigliante materia. (E io dico, che forse per simile rispetto molte belle prediche di
tante voci differenti, e si sentono tante forme dissimili di parlare, che non resta sia così facilmente saziato il gusto no
saziato il gusto nostro. Le altre letture, dice Beltrame, per belle, che siano (come non sono di particolar necessità) fan
mente. La Poesia, quantunque bella, se il Poeta legge le sue Opere, e che il Demonio ti tenti a mostrarne gran gusto, o mes
strarne gran gusto, o meschino te, apparecchiati pur di sentir tanto, che abbi da perder o il gusto, o la pazienza; e così
ciascun s’ingegna di render grata, e gustosa la Commedia. Gli Autori, che fanno soggetti, o scenari cercano, scrive Beltram
uttoche da’ Savi siano conosciute per cose false, recano tanto gusto, che ogni età, ogni sesso, condizione di Mortali si la
segue Beltrame, conforme alla necessità del suo Personaggio. Quelli, che rappresentano gli Amanti, e le Donne, studiano st
diano storie, favole, rime, prose e le facoltà della lingua. Le parti che mirano al faceto, si lambiccano il cervello per t
nuove  ; non per desiderio di peccare, né per dar occasione ad altri, che pecchino, ma per far il loro esercizio: e se fann
; ma per l’artificio degli equivoci, o per le fantastiche invenzioni, che trovano. Il Capitano cava il riso dalle sue strav
e’ loro antichi Idiomi: e così tutte l’altre Parti. Onde si conclude, che la varietà di tante cose rende la Commedia molto
di tante cose rende la Commedia molto piacevole, e gustosa. E certo, che nella varietà delle cose la Commedia campeggia be
prova pure Beltrame nel cap. 27. del suo Discorso. A cui io aggiungo, che i valenti Recitanti per più dilettare, eccitano d
i Recitanti per più dilettare, eccitano di maniera in se gli affetti, che paiono mostrar cose vere, non rappresentarle fint
e di piacere nasce dall’essere la Drammatica Azione un trattenimento, che si gode senza pericolo d’incontrare qualche sinis
ripressa fu la cocente fiamma. Per ragione di questo caso io replico, che spesso tal’uno trova una disgrazia, ove stimò god
; onde nella pratica compariscono Maestri della disonestà per quello, che nella Scena imparino di carnalità. Nota quinta.
gno Diabolico. L’astuzia si collega con lo sforzo del Demonio, e fa, che egli renda, quanto più può, gradita, gustosa, e d
nde l’interesse della sua crudeltà, e il grosso guadagno de’ peccati, che fa commettere all’occasione di molte oscenità. No
fa commettere all’occasione di molte oscenità. Non voglio tacere ciò che narrano alcuni, e lo racconta anche Beltramec. 52
io tacere ciò che narrano alcuni, e lo racconta anche Beltramec. 52., che nel principiar una Commedia un Recitante morì rep
, che nel principiar una Commedia un Recitante morì repentinamente, e che subito un Demonio prese la forma di quel Recitant
prese la forma di quel Recitante morto, e seguitò egli la Commedia; e che essendo interrogato da chi lo conobbe, perché fac
obbe, perché facesse tal’Azione, rispose , per non perder il guadagno che egli pretendeva, facendosi quella Commedia. Sopra
ame, e scrive con tal forma. Io non so pensar qual fosse il guadagno, che potesse far costui con una favola scenica, se non
io de’ buoni costumi: in tal caso il Demonio avrebbe fatto usura, non che guadagno: ma ai nostri tempi il perverso potrebbe
ai nostri tempi il perverso potrebbe fare il buffone, quanto volesse, che non farebbe altro guadagno, se non quello, che ca
ffone, quanto volesse, che non farebbe altro guadagno, se non quello, che cavasse da qualche parla laida, o da qualche gest
altrove con più gravi maniere per la ricordanza: questo altro non è, che ingrossare il capital peccaminoso per maggior gua
ingrossare il capital peccaminoso per maggior guadagno di Satanasso; che però addolcisce molto l’esca della Commedia, per
pe, e i vestiti rispetto alla polvere; e ti sparagnabk qualche bevuta, che ti potriabl offendere. In oltre la Commedia è uno
bevuta,che ti potriabl offendere. In oltre la Commedia è uno spasso, che ti serve per studio, senza che tu perda la vista
re. In oltre la Commedia è uno spasso, che ti serve per studio, senza che tu perda la vista sopra de’ libri: e forse, che e
rve per studio, senza che tu perda la vista sopra de’ libri: e forse, che ella non è una lezione di due ore per lo meno, ov
e poche ragioni a prova della prima Proposizione fatta di sopra; cioè che la Comica Rappresentazione ha gran forza per piac
Comica Rappresentazione ha gran forza per piacere a tutti. Aggiungo, che ad alcuni piace troppo; e io ho sentito una volta
correnti Commedie. E un’altra volta seppi di certo umanaccio mondano, che disse. «Fa, che io vegga l’Inferno aperto per ric
e. E un’altra volta seppi di certo umanaccio mondano, che disse. «Fa, che io vegga l’Inferno aperto per ricevere, chi va al
lla ragione, e del giudizio, si rallegra di comparire un pazzo, quasi che sia simile a colui, che fu notato appresso il Lir
zio, si rallegra di comparire un pazzo, quasi che sia simile a colui, che fu notato appresso il Lirico d’essere caduto in q
tra’ Fedeli si trova persona tanto affezionata alle Commedie oscene, che da in simile insania, e mostra di aver posto uno
conda Proposizione posta di sopra due parole sole, e dico. Non basta, che , molto piaccia la Rappresentazione, per rendere l
appresentazione, per rendere lecito l’andarvi ad un spettatore, tutto che non corra pericolo di consenso né di scandalo; pe
r la fomentazione de’ Comici osceni nel peccato, o per altre ragioni, che si potrebbero allegare. Anche a molti piace molto
ca meretrice; e nondimeno sempre non è lecito l’andarvi ad uno; tutto che non incontri pericolo di consentire alle disonest
o duodecimo Se con ragioni si biasimano le Commedie Mercenarie, già che né le Accademie, né le altre fatte gratis sono bi
Parzialità, da de’ piedi alla Giustizia: lo aver riguardo a’ Comici, che recitano gratis, e non a quelli, che per necessit
zia: lo aver riguardo a’ Comici, che recitano gratis, e non a quelli, che per necessità professano tal’Arte, è una carità d
ra se le nostre con minor interesse più riguardo, e senza altro fine, che di procacciarsi il vitto, sono fatte; perché bias
vezza. Ma io nel presente Dubbio discorro con questa forma. E’ vero, che gli Scrittori, i Predicatori, e le persone zelant
per ordinario biasimano le Commedie mercenarie, e tacciono di quelle, che sono fatte gratis da gli Accademici, o da altri;
ente; e però non v’è bisogno di tanto rimedi. Con tutto ciò confesso, che una Commedia, o mercenaria sia, o fatta gratis, s
stiano Teatro. Ora consideriamo un poco le quattro sorti di Commedie, che propone Beltrame, quasi che accenni le tre prime
amo un poco le quattro sorti di Commedie, che propone Beltrame, quasi che accenni le tre prime essere degne di maggior bias
rame, quasi che accenni le tre prime essere degne di maggior biasimo, che non sono le sue mercenarie. Le Commedie della pri
i, quando nello spendere eccederanno i termini dei convenevole; tutto che non mancassero in altro particolare, ovvero in al
ostanza contro il decoro dell’Arte Comica, e dell’onestà. È ben vero, che alle volte si fanno in alcune Città da Signori Ac
nsura, né della predicatoria ammonizione. E di questa sorte, intendo, che alle volte si fanno bellissime Rappresentazioni n
omposissimo apparato. E di questa fatta sono parimente quelle Azioni, che tal volta i Principi, e gran Signori per occasion
Signori per occasione, o di nozze, o di altra congiuntura, comandano, che siano fatte, e si fanno con quella spesa grande,
tura, comandano, che siano fatte, e si fanno con quella spesa grande, che richiede la maestà, e la liberalità de’ Padroni:
piume di un real Falcone. Ma consideriamo le Commedie della 2. sorte, che sono fatte da certi Giovani della Città, e delle
ono fatte da certi Giovani della Città, e delle quali, dice Beltrame, che si fanno con minor riguardo all’onesta delle sue.
ame, che si fanno con minor riguardo all’onesta delle sue. E io dico, che quando quello avviene, que’ Giovani meritano ripr
he quando quello avviene, que’ Giovani meritano riprensione maggiore, che i Comici Mercenari. Sono pochi anni, che una Gent
ritano riprensione maggiore, che i Comici Mercenari. Sono pochi anni, che una Gentildonna molto principale fu caldamente pr
iocché ella facesse l’invito delle altre Gentildonne ad una Commedia, che essi avevano in ordine per recitare con titolo di
una gagliardissima riprensione rimproverò loro l’indecenza. E invero che le Commedie fatte da simili Cittadini posso riusc
non solo cattive, ma anche peggiori, e più perniciose, e scandalose, che le oscene de’ Mercenari Commedianti. E questo per
e de’ Mercenari Commedianti. E questo per due ragioni oltre le altre, che faccio. La prima è per la liberta, e impunità del
e, che faccio. La prima è per la liberta, e impunità del dire: atteso che non temono castigo, benché dicano delle sboccatag
atagini; e le dicano a loro modo, e capriccio, e con quegli equivoci, che più gli garbeggiano; e ciò segue, perché dicono m
invitate, vanno condotte da’ mariti, o da’ parenti a quelle Commedie; che per altro si vergognerebbero d’andare alle Mercen
medie; che per altro si vergognerebbero d’andare alle Mercenarie. Ora che scandali, e che peccati possono seguitare, e segu
ltro si vergognerebbero d’andare alle Mercenarie. Ora che scandali, e che peccati possono seguitare, e seguitano le più vol
mondo, e di buono spirito, trattando meco di queste Azioni, mi disse, che era cosa pericolosissima l’andare ad udirle, non
itanti; ma per la varietà, e qualità degli Spettatori, e Spettatrici, che vi concorrono: onde forza è, che ne seguano molti
ità degli Spettatori, e Spettatrici, che vi concorrono: onde forza è, che ne seguano molti inconvenienti, e gravi peccati;
ccati; a’ quali aveva il pensiero quel moderno, e nobile Personaggio, che satiriggando contro il Carnevale scrisse. « Le V
perniciose. Io però non giustifico l’errore de Giovani; e mi ricordo, che in una Città molto principale d’Italia un servo d
non poco versato nelle dottrine della Moderazione del Teatro, udendo, che certi Giovani facevano Commedie poco modeste, dis
iovani facevano Commedie poco modeste, disse più volte a più persone, che quelle erano più perniciose, che le mercenarie. E
este, disse più volte a più persone, che quelle erano più perniciose, che le mercenarie. E contro tali molte volte i zelant
to, gridano pubblicamente contro le Commedie della terza sorte, cioè, che si fanno al parere di Beltrame per alcuni rigiri;
, cioè, che si fanno al parere di Beltrame per alcuni rigiri; e temo, che egli voglia significare (accetto la riprensione,
nsione, se non indovino) le molte bruttezze, e le gravi scelleragini, che si conducono a fine molte volte con la scusa, e c
ratta quel brutto negozio, e con la Commedia conclude quel negoziato, che poi gli bisogna cangiar in Tragedia, o penitenzia
o Infernale. Orsù dunque non crediamo noi a Beltrame, quando scrive, che non si biasimano le dette tre sorti di Commedie;
di vitupero a loro pubblica, e eterna condannazione. Credo in oltre, che il giudizioso Lettore non accetti per vera quella
che il giudizioso Lettore non accetti per vera quella particella, con che Beltrame dice, che le sue Commedie Mercenarie sia
ettore non accetti per vera quella particella, con che Beltrame dice, che le sue Commedie Mercenarie siano fatte con più ri
e le sue Commedie Mercenarie siano fatte con più riguardo all’onestà, che quelle di certi Giovani; perché nelle Commedie di
la Pudicizia. Concludo, e rispondo al Dubbio direttamente, affermando che si biasimano le Commedie Mercenarie, e le Accadem
nell’ufficio di Precettore soddisfa tanto felicemente al suo debito, che correggendo dal male, e insegnando il bene, non d
a sua dottrina con alcun inconveniente. E piacesse alla Divina bontà, che il Comico osceno fosse un buon Maestro, e che l’o
esse alla Divina bontà, che il Comico osceno fosse un buon Maestro, e che l’oscena Commedia fosse un ammaestramento fincero
ero di pura correzione dal male, e di pura instruzione al bene; certo che sarebbe tollerabile, anzi desiderabile, almeno pe
Virtù Cristiane? Sono scuse vane, e indegne di esser sentite. È vero, che Beltrame nel c. 20. scrive, che la Commedia non è
, e indegne di esser sentite. È vero, che Beltrame nel c. 20. scrive, che la Commedia non è inventata per sviar le persone
media divertisce le persone da molti errori. E poi nel discorso dice, che il frequentar le Scene distoglie il popolo dalle
lle mormorazioni, dall’intemperanze, da’ ridotti, e da’ postriboli. E che ha sentito alcuna volta dire a tal persona. Ieri
E Beltrame finalmente conclude quel capo dicendo. Insomma a me pare, che la Commedia sia più tosto spada contro il male, c
nsomma a me pare, che la Commedia sia più tosto spada contro il male, che scudo contro il bene. Di più egli nel c. 16. most
che scudo contro il bene. Di più egli nel c. 16. mostra diffusamente, che le Commedie insegnano i buoni costumi. E nel c. 4
ente, che le Commedie insegnano i buoni costumi. E nel c. 40. spiega, che levano le persone dalle male pratiche; e fanno, c
el c. 40. spiega, che levano le persone dalle male pratiche; e fanno, che si correggano da vizi. Ma io rispondo, che questo
le male pratiche; e fanno, che si correggano da vizi. Ma io rispondo, che questo Comico non discorre a favore della Commedi
che questo Comico non discorre a favore della Commedia oscena, quasi che sia tollerabile; anzi nella Supplica sua la conda
ti osceni; ma egli ragiona della Commedia assolutamente: è però vero, che si persuade, che le sue siano Commedie tollerabil
i ragiona della Commedia assolutamente: è però vero, che si persuade, che le sue siano Commedie tollerabili, e senza ripren
prensibili oscenità: mai io tengo con la comune opinione de’ Teologi, che molte, fatte alla Beltramesca, siano veramente os
les fabulas devita »Ep. 1. c. 4.. Guardati dall’uso di quelle Favole, che sono vane, e non recano alcuna utilità: e noi pos
he sono vane, e non recano alcuna utilità: e noi possiamo aggiungere, che molto più conviene guardarsi da quelle, che sono
noi possiamo aggiungere, che molto più conviene guardarsi da quelle, che sono poco modeste, e perniciose. S. Tommaso nel c
aso nel commento di questo avviso di S. PaoloLect. 2. in c. insegna, che secondo il parere di Aristotile, le Favole furono
, et reprasentet aliquid utile. » Vuol dire il Santo per conclusione, che le Scuole Poetiche devono contenere due cose; cio
giti: così correggiamo dal male, e insegnando il bene. E io rispondo, che così procedono i Modesti Comici; ma non già gl’im
rna oscena corregge dal male, e insegna il bene, perché si deve dire, che ella insegna il male, e divertisce dal bene: poic
emente i Sacri Teologi, e i Santi Padri: la dottrina de’quali meglio, che la spada di Alcide, tronca i rinascenti capi all’
um bonitate semper proponitur. » Io fondato su questa sentenza, dico, che l’intenzione del giovare non è sempre genitrice d
oscene: sono ingannati dal Diavolo nascosto sotto il bene. Vogliono, che il diletto sia animato dall’utile; acciocché il r
ziose, e brutte bruttamente, e con diletto; e poi dicono per l’utile, che così la Commedia corregge dal male: ma io dico, c
cono per l’utile, che così la Commedia corregge dal male: ma io dico, che riesce una vana correzione, e una vera scorrezion
media, non vi è questa peste, questa fiera, né queste viziose Azioni, che tal’uno descrive. E quando vi è il Vizio, viene c
ol Matrimonio. A questa aggiunta di Beltrame rispondo io co’ Dottori, che non è lecito rappresentare i Vizi, e le oscenità
rò più diffusamente. Ora torniamo a lui. Vi è, chi dice, scrive egli, che la Commedia è viziosa; poiché in essa si veggono
, Servitori ladri, Fantesche ruffiane, e altri simili. E io confesso, che il dette è vero delle Mercenarie Commedie di oggi
oni: altri non sanno, o non vogliono leggere: ma la Rappresentazione, che ha faccia di letizia, invita l’audienza; e poi la
e biasimato, e deriso con l’ordine della Favola. Vuole questo Comico, che sia lecito rappresentare pubblicamente un Vizio;
diletto e con utile la correzione del vizioso. Ma i Dottori avvisano, che lecita non è tale Rappresentazione, quando si fa
o credere? Ogni semplice può rispondere. A Dottori. Io però non nego, che non si possa rappresentare qualche Vizio, massima
tato castigo, per recar luce di accorgimento a’ trascurati: ma stimo, che si deve osservare il modo necessario alla cristia
’ sudditi, le Rappresentazioni non saranno di cose brutte. E avvenga, che possano essere imitazione di gente ordinaria, e p
n ciascuna professione, quivi anche dovrà apparire la correzione. Tal che se la persona prodiga, avara, o lasciva sarà imit
, avara, o lasciva sarà imitata, vi si troverà insieme altra persona, che Vizi cotali, biasimando e la bruttezza loro dimos
azioni e imitazioni delle genti ordinarie essere in maniera composte, che con artificio squisito porgano loro diletto, e in
qui ripiglio il discorso intorno allo scritto da Beltrame, e avviso, che le sue Commedie non osservano queste moderazioni
io, onde non fanno migliori, ma peggiori gli Ascoltanti. Di più dico, che non si deve, né si può rappresentar ogni Vizio; p
entazione di alcuni Vizi; è scandalosa; e però essa nuoce più veduta, che non giova il castigo rappresentato. E tali sono,
enza, non cammina da imprudente, né a capriccio: e noi possiamo dire, che sperimentiamo alla giornata, e in verità troviamo
possiamo dire, che sperimentiamo alla giornata, e in verità troviamo, che niuno, o pochissimi, e per una felicissima, e rar
oli rappresentare, e castigare nella Commedia: all’incontro sappiamo, che molti buoni si rovinano, e molti rovinati diventa
del male, né l’insegnamento del bene col mezzo della Commedia oscena; che però è scandalosa, e intollerabile. Altre pure ag
llerabile. Altre pure aggiunge Beltrame in quel capo 16. ma io credo, che non si accettino per buone da gli uomini dotti in
scene contro le quali piego l’arco, e avvento le saette. Mi consento, che passi quel suo detto. La Commedia è Cronaca popol
il bene. E così si rappresentano i casi in Commedia. Ma io rispondo, che come la Cronica dice la verità secondo i termini
i con la debita Moderazione prescritta da’ Dottori, i quali vogliono, che sia purgata da ogni scandalosa oscenità. È notisi
uali vogliono, che sia purgata da ogni scandalosa oscenità. È notisi, che non tutto quello, che si scrive in una Cronaca, s
purgata da ogni scandalosa oscenità. È notisi, che non tutto quello, che si scrive in una Cronaca, si può lecitamente rapp
le si può scrivere, non si deve pubblicamente rappresentare. Non nego che chi descrive con arte una cosa, la può mostrare c
o contrario, per farla meglio spiccare ; ma non deve far ciò in modo, che ne segua scandaloso inconveniente: e però se un m
Moderazione; perché cagiona scandalosa tentazione a molti Spettatori, che non sono forti Guerrieri nella battaglia contro l
errieri nella battaglia contro le disoneste impurità. Quindi avviene, che ancor i Sacri Dicitori sono ripresi gravemente da
no il malvagio operare, e pongono in vizio le semplici persone; tutto che essi non vogliano questo, e abbiano un fine per a
volta in una Città, ove un Religioso predicava con gran concorso: ma che ? Senti un giorno dirmi da un prudente, e grave uo
prudente, e grave uomo. Io non torno più ad udirlo: predica in modo, che insegna le malizie: addottrina nella maniera di f
rina nella maniera di far l’amore: no no, non vi torno più. Aggiungo, che li Scrittori stessi de’ casi di coscienza intorno
nuocono alla misera Gioventù del nostro tempo. Ora chi potrà credere, che la Commedia oscena insegni il bene, se la sua viv
, se la sua viva Rappresentazione è più efficace ad insegnar il male, che non è l’imprudente parola di un Dicitore, e la di
lla nostra Patria si correggeranno; perché sono venuti i Commedianti, che con le Comiche loro faranno le Commedie; e così c
creduto. E pure alcuni Protettori de’ Mercenari Commedianti vogliono, che le Commedie correnti d’oggidì, e ordinarie, cioè
ano il bene: ma io dico con l’autorità de’ Dottori, e con le ragioni, che non sanno tal correzione, né insegnano tal dottri
persone piene di tanta santità, né abbondanti di tanto zelo di anime, che si curino molto, o molto pensino alla riforma de’
Vizi, e agli ammaestramenti della perfezione. Non è temerità il dire, che non sono Crisostomi della purità, ma Demosteni de
e Religioso Teologo moderno dice in latin ad un Comico Professore ciò che io qui riporto in ItalianoD. Franc. Maria del Mon
si pag. 47.. « Che maniera di medicare è questa: bere la morte, acciò che tu ti vomiti il veleno? Volere, che altri veggano
re è questa: bere la morte, acciò che tu ti vomiti il veleno? Volere, che altri veggano tra le caligini, mentre tu spargi l
e caligini, mentre tu spargi le tenebre contro tutti? Ma non vedi tu, che fai peggiori i cattivi, mentre fingi i Vizi; e ro
ammaestri gli Spettatori alla Virtù? Mentre per mezzo degli Adulteri; che tu trami, insegni a’ Mariti, che si guardino da’
tù? Mentre per mezzo degli Adulteri; che tu trami, insegni a’ Mariti, che si guardino da’ Servi, come da’ Ruffiani; non ins
rvi, come da’ Ruffiani; non insegni tu parimente a’ Servi il modo,con che possono ingannare i Patroni? Mentre istruisci il
no spaventati gli ostinati, sacrileghi, e perversi. Tu stimi di fare, che i Giovani amino l’aspro cammino della Virtù, ment
loro i lenocini, gli amori, e gli allettamenti della carne? Tu credi, che i Fanciulli per mezzo tuo s’innamoreranno dell’on
Fanciulli per mezzo tuo s’innamoreranno dell’onestà, mentre scorgono, che tu la scacci lungi dagli Spettacoli? O Dio vi sal
i salvi, o gran Maestri delle Virtù: voi Buffoni, voi Istrioni. Certo che le Città, e le Repubbliche hanno a voi tanto di o
i suoi Santi per ottimi istruttori. » Aggiungo al suddetto quel poco, che il P. Famiano Strada scrive contro chi professa d
is? » È antica querela delle persone zelanti contro Comici Mercenari; che sono più perfette quelle Città, o terre, ove non
c. 37. risponde a questa querela, e obiezione, ma tanto fiaccamente, che non punto snerva la sua forza, né il suo vigore;
la punta dello strale di una buona obiezione. E se bene scrive prima, che il suo parere si fonda nella quotidiana esperienz
za, nondimeno manca nel provarlo. Anzi si può dir contro il suo detto che l’esperienza quotidiana prova il contrario; e è s
re, dall’udire, e dal gustare le Teatrali oscenità. Onde s’inserisce, che le osceniche Rappresentazioni de’ Moderni, e Merc
del Cristianesimo, e quelle persone anche vecchie, o di mezzana età, che amiche dell’ozio, e dei senso, vivono tra’ cittad
i si fanno per ordinario in una medesima Città più peccati nel tempo, che vi dimorano i Comici moderni, che in altro tempo.
desima Città più peccati nel tempo, che vi dimorano i Comici moderni, che in altro tempo. O che sensualità si commettono al
ti nel tempo, che vi dimorano i Comici moderni, che in altro tempo. O che sensualità si commettono all’ora, o che mormorazi
oderni, che in altro tempo. O che sensualità si commettono all’ora, o che mormorazioni, e parolacce si odono; o che discord
tà si commettono all’ora, o che mormorazioni, e parolacce si odono; o che discordie nascono; o che scialacquamento si fa di
o che mormorazioni, e parolacce si odono; o che discordie nascono; o che scialacquamento si fa di roba; o con quante indec
me, c. 11. è come il pane nella mensa; e il diletto è come rimanente, che adorna la tavola: mai non si moverà alcuno di cas
is correctio. » t. 5. conc. In obitu Valenr. Dirò delle Commedie ciò, che dice Dionisio Halicarnasseo l. 2. delle Favole de
niquitate, et turpitudine abstinens. » Dice questo Autore brevemente, che le Commedie hanno poco di bene, e giovano solo a
nte, che le Commedie hanno poco di bene, e giovano solo a que’ pochi, che conoscono tal bene; che del resto la moltitudine
no poco di bene, e giovano solo a que’ pochi, che conoscono tal bene; che del resto la moltitudine ignorante conosce; molto
tal bene; che del resto la moltitudine ignorante conosce; molto male, che hanno, e a quello attende, e impara molte bruttez
eti; ma tutto vale anche de’ Mercenari Comici Recitanti; massimamente che molti di loro sono Compositori poetici delle Comm
osa. Con tutto ciò a nostro tempo meritano lode que’ Comici virtuosi, che procedono a somiglianza degli antichi Filosofi, e
estravano i semplici con figure, con favole, e con invenzioni facete; che però Platone trattando di cose gravi, aggiunse. «
di piacevolezze, ma vote in tutto da tutte le scandalose oscenità: da che segue, che la Commedia è lecita a loro per la Mod
ezze, ma vote in tutto da tutte le scandalose oscenità: da che segue, che la Commedia è lecita a loro per la Moderazione; e
lo diletto: e a tutti è giovevole perla Moralità: e così dir si può, che la Moderata Commedia divertisce le persone da mol
uò, che la Moderata Commedia divertisce le persone da molti errori; e che per la Commedia, se non s’inganna Beltrame c. 23.
la sola proposta suggerisce la risposta a suo favore, e si può dire, che la Commedia intitolata, Opera bella, e grave, non
gio savio, e molto pratico di un fioritissimo, e popolatissimo Regno, che ivi si fanno Commedie gravi di belle istorie, le
e istorie, le quali riescono Opere nobilissime. Vi è solo un difetto, che pregiudica non poco al tutto; e è, che all’ultimo
lissime. Vi è solo un difetto, che pregiudica non poco al tutto; e è, che all’ultimo se ne fa una tutta ridicola, turpe, e
E se questa ombra denigrasse alquanto le Scene di quel Teatro, certo che tutto farebbe lucidissimo. Ho parimente saputo da
bbe lucidissimo. Ho parimente saputo da un amico, e prudente Vecchio, che in una Sereniss. e principalissima Città d’Italia
nza la purga da ogni minima, e oscena imperfezione. O piacesse a Dio, che l’oro di quell’età nascesse di nuovo nelle minier
a censura de’ Dottori li condanna, e prova con efficacissime ragioni, che il moderno, e Comico Cielo non è in tutto, sereno
prætexuerunt, ac disciplinam obscænitate deluserut ». Io ne’ giorni, che Mercenari Comici recitano alla Città, sento alle
nari Comici recitano alla Città, sento alle volte tali cose da molti, che frequentano il moderno Teatro degli Attori anche
lti, che frequentano il moderno Teatro degli Attori anche principali, che credo, non errerebbe, chi senza dubbio, e senza t
che credo, non errerebbe, chi senza dubbio, e senza temerità dicesse, che le Azioni loro intitolate Opere, sono affatto ill
tolate Opere, sono affatto illecite di essere rappresentate nel modo, che le rappresentano in presenza di molti Giovani, e
he le rappresentano in presenza di molti Giovani, e di altre persone, che vivono a guisa di deboli, e piccole piante, e non
no a molti con l’oscenità. Non so, se si debba credere pienamente ciò, che l’anno 1641 mi fu esposto in voce da un Personagg
da un Personaggio dotto in Teologia, e molto pratico del mondo: cioè, che i moderni Commedianti usano arte di fare ne’ gior
anno 1644. un uomo virtuoso, e di sperimentata bontà, significandomi, che quanto aborriva l’indecenza delle parole, e de’ g
, e la quale udendo con allegria passava il tempo. Ma la verità si è, che si getta, e non si passa il tempo; perché per ord
delle oscene parole, e de’ gesti osceni. Bisogna confessar alla fine, che l’Opera è molto male operata per l’immodestia; on
l Dubbio dico. Non basta l’argomento spirituale, ovvero istoriale; né che si ponga nel Cartello il titolo di Opera; perché
gni necessario difetto nocivo a’ buoni costumi; e poi si rappresenti, che sarà, credo, un’Azione degna del Cedro, e non del
ll’Olivastro. Non voglio toccare con distinto Dubbio quell’Obiezione, che alcuni semplici fanno, dicendo. Se non si permett
ose nuove. Rispondo. Tra’ Comici non mancano Valent’uomini d’ingegno, che possono comporre di loro talento alcune belle, mo
una: come si vede avvenire tal volta con l’occasione del Recitamento, che si si di una bella, e modesti Commedia rappresent
e colonne. Così per mio sentire, se non sento male, procedono coloro, che non potendo giustificare la peromissione delle os
tatue oscene; si può anche permettere la Commedia oscena. Io conosco, che la risposta al presente Dubbio mi dilungar ebbe t
a al presente Dubbio mi dilungar ebbe troppo dal mio fine principale, che è di rispondere con questo Libro a molte Obiezion
lte Obiezioni: però rimetto il benigno Lettore ad un grosso Trattato, che circa questa materia ho già composto: e ove si ve
itture, e le Statue oscene. Ora veniamo alla soluzione di altri Nodi, che non mancano per ragione del secondo Capo. Capo
scrive di alcuni. « Plus tribuunt oculo, quam oraculo. » E vuol dire, che antepongono il piacere della vista di qualche gra
all’emendazione. E molti Spettatori delle Teatrali oscenità, temo io, che a’ giorni nostri non siano da riporsi in cotal nu
ie di rose, trovano il tormento di molte pungenti, e puzzolenti spine che trafiggono con mortali, e giusti rimorsi coscienz
ro. Onde il Giardinetto di Diana si converte in Fucina di Vulcano. So che essi portano molte scuse in luogo di buone Ragion
one Ragioni: ma io qui le voglio ponderare per via di Dubbi; e spero, che da’ Savi saranno conosciute piene di vanità, e me
nate. Punto primo. Se sia lecito l'andare alle Commedie oscene, già che molti Confessori assolvono quelli, che vi vanno,
dare alle Commedie oscene, già che molti Confessori assolvono quelli, che vi vanno, o le permettono. Gioia del tesoro di C
ben disposto Peccatore. E però se molti Confessori assolvono quelli, che , vanno ad udirle, e a vedere le oscene Commedie;
, che, vanno ad udirle, e a vedere le oscene Commedie; ovvero quelli, che le permettono senza buona ragione, devono conosce
na il beneficio dell’assoluzione. Così parimente si assolvono quelli, che vanno alle Femmine impudiche; e quelli, che, comm
ente si assolvono quelli, che vanno alle Femmine impudiche; e quelli, che , commettendo peccati di altra fatta, e conoscendo
fessore. Ma forse la difficoltà del presente Dubbio vuol significare, che se bene alcuni non hanno volontà d’astenersi dall
rituali, i quali non fanno loro scrupolo in questo particolare, quasi che non sia peccato grave. Rispondo. Se molti ciò fan
quasi che non sia peccato grave. Rispondo. Se molti ciò fanno, io so che molti altri ciò non fanno; e lasciano di confessa
io so che molti altri ciò non fanno; e lasciano di confessare quelli, che vanno alle Commedie oscene; ecco un caso in prova
Domenicano era Confessore in Firenze di un illustrissimo Sig. Abate, che poi fu Eminentissimo, e esemplarissimo Cardinale.
non vi confessava, non era solito vostro l’andare alle Commedie, ora, che io vi confesso, vi andate; pero dubitando io di e
Sig. Abate si pose in ginocchioni dicendo. « Padre non m’abbandonate, che io non andrò più alle Commedie ». Così propose, m
Gori, a cui egli stesso l’aveva narrato. Io so poi d’altri Confessori che riprendono gravemente e cagionano grave rimorso a
e a me piace molto più l’esempio di questi, non però condanno quelli, che assolvono; perché stimo, che rispondano con perfe
pio di questi, non però condanno quelli, che assolvono; perché stimo, che rispondano con perfezione al debito loro; e che a
olvono; perché stimo, che rispondano con perfezione al debito loro; e che assolvano, e non facciano scrupolo per qualche op
a di essere approvata; e quale approverei ancor io; poiché non tengo, che tutti quelli, che vanno alle Commedie oscene,pecc
ata; e quale approverei ancor io; poiché non tengo, che tutti quelli, che vanno alle Commedie oscene,pecchino mortalmente,
tutti quelli, che vanno alle Commedie oscene,pecchino mortalmente, ma che molti, e questi molti, regolarmente parlando, son
peccato mortalmente se era degno della sacramentale assoluzione, caso che non volesse desistere da questo Spettacolo. E egl
alamente fondato. Io ritornando al punto del dare l’assoluzione. Dico che , se alcun Confessore colpevolmente errerà nell’uf
undum opera sua ». Troppo lacrimosi sono i casi di alcuni Confessori, che per assolvere, non dovendo le persone Penitenti,
n Giovane, o altra persona debole di Virtù, si possa assolvere, tutto che voglia andare alle Commedie oscene? Rispondo. Io
medie oscene? Rispondo. Io non ho ancor letto tale opinione: e credo, che non vi sia: e se vi fosse, io non la tengo probab
sia: e se vi fosse, io non la tengo probabile: onde né io, né altri, che sia del mio parere, dovrebbe, né potrebbe senza g
le da qualcuno. E la ragione si è, perché quando il Confessore pensa, che una sentenza sia improbabile assolutamente, e in
erché opererebbe contro tutto il dettame della sua coscienza: vero è, che può lecitamente seguitarla, quando la stima impro
ogi pubblici professori di Roma al seguente caso. Trovo un moribondo, che non poté, né può dar segno di penitenza; io so, c
ovo un moribondo, che non poté, né può dar segno di penitenza; io so, che egli viveva bene, e frequentava i Sacramenti ogni
solvere né meno sub condizione; perché stimo improbabile la sentenza, che dice, « Posse in eo casu impendi absolutionem sub
risse brevissimamente così. « Sentio in omnibuscum P. Baldello. » So, che scrive un Teologo moderno. « Iam Confessari opini
el caso nostro. Se vi è opinione alcuna tenuta probabile da qualcuno, che si possa assolvere una persona debole di spirito,
eccato mortale. Punto secondo. Si risponde ad un'Obiezione. Veggo, che forse tal’uno mi opporrà la Risoluzione 11. presa
io, Salas, Valenza, Azor, Villalobos, Suarez, Coninchio, e altri: del che reca questa sola ragione; « quia quoties Confessa
illam exigendam habet ius iustitiæ Pænitens» cioè; perché ogni volta che il Confessore può lecitamente dare l’assoluzione,
Confessario proprio, et non proprio ut sunt Regulares. » Veggasi ciò, che scrive eccellentemente il Sig. Cardinal de Lugode
lla sua ragione, ripugna al mio parere nel caso nostro di un Giovane, che , essendo debole di virtù, vuole andare alle Comme
ole di virtù, vuole andare alle Commedie oscene; prima perché non so, che vi sia opinione, secondo la quale egli possa esse
ualche persona poco fondata dicesse di tenere tale opinione: io dico, che non è probabile né per ragioni intrinseche , né p
vati Dottori. (e questo richiede il P. Diana all’ultimo.) Onde resta, che io stimi, non esser vero, che molti Confessori do
de il P. Diana all’ultimo.) Onde resta, che io stimi, non esser vero, che molti Confessori dotti, pratici, e spirituali ass
i, pratici, e spirituali assolvano, e non facciano scrupolo a quelli, che poco fondati nella Virtù, e senza buona ragione v
avemente peccare. Un principal Maestro di Teologia mi disse una volta che quando qualche Gentiluomo lo richiedeva. Se potev
narie, e correnti Commedie, rispondeva interrogando così. Che moto, e che affetto cagionano nel vostro cuore? Sono incentiv
va alla Commedia oscena, può peccare per altre ragioni. A’ Confessori che insegnano,ovvero approvano certe precisioni, con
che insegnano,ovvero approvano certe precisioni, con le quali dicono, che non è peccato mortale intervenire alle Commedie o
uni: nec privatim, nec pubblice id dicendum. » Lascio quello di più, che l’Autore addotto consiglia a’ Confessori; già che
scio quello di più, che l’Autore addotto consiglia a’ Confessori; già che quanto ha detto merita d’essere nel cuore, come i
e Azioni: e di recitarle con grazia, con naturalezza, e con tal modo, che ne segua l’applauso dell’Auditorio, e l’onor de’
, fuggendo i rappresentati Vizi, e abbracciando le proposte Virtù: il che si fa con molto piacere. Aristotile scrive, « Dis
due maniere: la prima con ricordare a’ Comici un poco di quel molto, che il loro Comico Pier Maria Cecchini ha stampati in
nore; nel principio de’ quali dice. « Le buone Commedie, cioè quelle, che sono di oneste materie, e da oneste persone rappr
ersone rappresentate, sono di tanta conseguenza nelle popolate Città, che quasi potrebbero ad domandarsi, Anima, della Poli
asi potrebbero ad domandarsi, Anima, della Politica; poiché il gusto, che se ne trae, è tanto congiunto con l’utile, che qu
tica; poiché il gusto, che se ne trae, è tanto congiunto con l’utile, che quello, gareggiando con queste, par quasi, che il
congiunto con l’utile, che quello, gareggiando con queste, par quasi, che il discernere, qual di loro sia maggiore, si rend
ascio il resto avvisando i Comici impuri, e Attori d’impure Commedie, che l’addotto loro Comico virtualmente li condanna, m
che l’addotto loro Comico virtualmente li condanna, mentre professa, che l’utile d’insegnare, e d’imparare il bene deve si
e Rappresentazioni, e da gli onesti Recitanti, e non dalle disonestà, che senza Moderazione rappresentate sono olio alla fi
go alla seconda maniera di rispondere, e dico. A questa scusa mi par, che si convengano le parole di S. Agostino.Serm. 143.
no insegnar il bene con profittevole giovamento degli Auditori? Temo, che con l’insegnar un poco di bene insegnino ancora m
imparar qualche male: e pure si poteva ancora imparar molto bene: or che dimostrazione avrebbe fatto contro i Comici dison
dimostrazione avrebbe fatto contro i Comici disonesti? Seneca scrive, che I’Auditore, e Discepolo di tali Maestri non profi
tis pudor retinetur ». A pena con l’Arti oneste l’Onestà si mantiene: che si farà dunque «inter certamina Vitiorum» in mezz
dunque «inter certamina Vitiorum» in mezzo delle battaglie, de’ Vizi, che da questi osceni, e viziosi Maestri sono rapprese
che da questi osceni, e viziosi Maestri sono rappresentati? Io temo, che si vedrà verificato il detto di quel Savio. « Eo
’esperienza personale, e propria di qualcuno. Confesso d’aver inteso, che tal’ora, Accademici vanno alle Commedie correnti,
ro Drammatici Componimenti. Ma non posso già confessar d’aver inteso, che alcuni vadano alle Commedie disoneste, per divent
onesti, più temperati, e più virtuosi. E però io prego uno di quelli, che ha frequentato più volte il Teatro osceno, che di
o prego uno di quelli, che ha frequentato più volte il Teatro osceno, che di grazia faccia tra se un poco di riflessione: c
il Teatro osceno, che di grazia faccia tra se un poco di riflessione: che cosa di bene, e di Virtù ha egli finalmente senti
ne, e di Virtù ha egli finalmente sentito, e imparato: e all’incontro che cosa di male, e di Vizio ha udito, e appreso: que
o il partir de’ Comici osceni da una Città, o da altro luogo, quelli, che hanno frequentato il Teatro, sono divenuti più ca
hanno frequentato il Teatro, sono divenuti più casti, e più modesti, che non erano prima; o pure più licenziosi, e più las
sti, che non erano prima; o pure più licenziosi, e più lascivi. Temo, che si troverà con sperimentale dimostrazione, che l’
, e più lascivi. Temo, che si troverà con sperimentale dimostrazione, che l’osceno Teatro Mercenario è una pubblica Scuola,
Scuola, ove praticamente s’insegna, e s’impara la Disonestà: e tutto che i Comici professino d’ammaestrar i Cittadini alla
erdè anche il ferraiolobm ; onde li convenne al partire trovar Amico, che gliene prestasse uno, per non uscir di quel luogo
no, per non uscir di quel luogo nell’abito più proprio al suo merito, che alla sua nascita. Passo lo sfortunato, e forse,pe
Disperato, con tanta squisitezza, e con tanti fruttuosi avvenimenti, che la perdita del denaro gli servì per acquisto di l
ille parti, richiamò la Ragione, e rimettendola al suo luogo, lascio, che ella levasse il dominio al depravato senso, il qu
al depravato senso, il quale mortificato anch’egli da gli accidenti, che in Scena vide comparire, comportò libera l’andata
lio, e il Signor Flaminio Sementa mi ebbero, quasi piangendo, a dire, che la Commedia in mezz’ora aveva fatto quello, che m
si piangendo, a dire, che la Commedia in mezz’ora aveva fatto quello, che mezza la Città in molto tempo non aveva potuto fa
are. Dopo questo Racconto il Cecchino aggiunge. Infiniti sono i beni, che procedono dalle Scene. E io non riprovo, né tal r
o di non introdurre i beni nella Scena con giochi, e scherzi, al fine che le Commedie non si rendano schife, e noiose. Cred
ine che le Commedie non si rendano schife, e noiose. Credami ogn’uno, che non c’è passatempo di maggior gusto, e manco spes
le Commedie le materie inoneste, le parole oscene, e gli atti schifi, che io vi costituisco il Comico in un dato da doversi
nestà. Ricordo poi agli Accademici, e agli altri desideri d’imparare, che , parlando regolarmente, poco giovano ai loro desi
quali possono recar onore, e autorità con la loro imitazione. Vero è, che i Commedianti poco modesti usano spesse volte gli
uto in Sicilia nella Città di Palermo un ottimo, e zelante Religioso, che per opporsi al danno cagionato nel Popolo dalle C
recchi: ove nelle loro dicevano all’improvviso gran parte, e sapendo, che le oscenità dilettano, vi sdrucciolavano senza fa
eccata invenit quam mille Damones » trovò peccati in numero maggiore, che da mille Demoni non furono mai ritrovai. Voglio f
ordo, e con un caso: il ricordo è il seguente. Pochissimi sono quelli che vanno alle Commedie oscene, per imparare l’artifi
oscene, per imparare l’artificio di comporre poi delle modeste e più che pochissimi quelli, che vi vanno per imparare le V
’artificio di comporre poi delle modeste e più che pochissimi quelli, che vi vanno per imparare le Virtù, e la buona, e ono
quando non sia da molto buona ragione confortato ad andarvi. ll caso, che ora sono per spiegare, rinforza il proposto ricor
le Commedia Mercenarie allo Stanzone con fine di udire que’ ridicoli, che non trovo nelle Commedie stampate; e mai ho risol
non trovo nelle Commedie stampate; e mai ho risoluto d’andarvi; tutto che io senta orrore in udire parole oscene, e in vede
in vedere gesti impudichi: e sempre ho detto nell’animo mio. E chi sa che esponendomi a quell’occasione di peccato, non vi
e lontane dalle oscenità? E perché non rappresentano in modi Viziosi, che ne segua ne’ Viziosi l’emendazione, e non il fome
possono fare Azioni bellissime, e fruttuosissime, ma il difetto si è, che moltissimi Comici sono ignoranti; e però spessiss
to. Se è buona la Ragione per tollerare le Commedie oscene, il dire che le Città, ove non si fanno, non hanno migliori i
ittà, ove non si fanno, non hanno migliori i Cittadini. La scintilla che presto non si estingue, cagiona tal volta un rovi
negli animi degli Spettatori deboli di Virtù: e però necessario si è, che non si tardi punto il rimedio a tali rovine e non
rovine e non merita d’essere accettata per buona quella Ragione, con che alcuni discorrono in questo modo. Le Città, Caste
ro abitanti, e Cittadini più continenti, né più savi, né più perfetti che quelle, ove i Comici recitano per qualche tempo:
ifferenza vi è tra gli uomini, e le donne nel parlare, e nel vestire, che nel procedere. E questo Comico tratta proposito q
esto Comico tratta proposito questo punto nel c. 37. Rispondo. È vero, che tutte le Città, Castelli Terre, e tutto il Mondo
gli avrebbe senza le Commedie oscene: come in fatti gli ebbe, avanti che per malvagità del Demonio si usassero tra gli uom
zione de’ pratici, e per argomento della stessa, e chiara esperienza, che le medesime Città, Cestelli, e Terre nel tempo de
e , commessi con l’opere, con le parole, o almeno co’ pensieri. Oltre che quelle oscenità rappresentate, vedute, e udite da
cagionano loro molti peccati anche dopo la partita de’ Comici e dopo che è cessata l’apparenza dell’osceno Teatro. Dunque
dini più continenti, più savi, e più perfetti. Né io per questo dico, che non si facciano alle volte per le strade, per le
teghe de’ Mercanti, e degli Artisti peccati uguali, e anche maggiori, che non sono quelli delle Scene oscene: ma dico quell
che maggiori, che non sono quelli delle Scene oscene: ma dico quello, che moltissimi dicono, e ridicono con gran senso, e c
moltissimi dicono, e ridicono con gran senso, e con gran zelo; cioè, che nelle Mercenarie Scene del nostro tempo si pecca
i presta correzione, e di totale proibizione. Punto quinto. Se unο, che dicesse. Le Città principali si avvilirebbero sen
Cittadino si è il zelo di conservar’ alla Patria l’onorato pregio, di che ella gode sotto il manto della grandezza, della n
la grandezza, della nobiltà, e della reputazione. Ora chi crederebbe, che alcuni troppo amici delle Commedie oscene, per mo
l’ordinane piante de’ monti, o delle valli. Rispondo. Piacesse a Dio, che i Commedianti osceni andassero solamente alle Cit
a verità quotidianamente veduta porta seco l’assenso universale, e è, che i Comici nello spazio, di un anno vanno a molte C
e con moltissimo danno spirituale alle anime de’ propri Cittadini. Ma che ragne è poi questa. Le Città principali si avvili
a me proposta da un uomo di gran giudizio. Io per mio credere tengo, che le principali Città fondino la gloria loro, non n
ale la solitudine stessa merita di essere tenuta in dignità maggiore, che le Città. S. Agostino scrive de’ buoni e onesti c
ternamente. Dico per fine ad ogni Città principale del Cristianesimo, che sarebbe una sua gloria grande, se col suo esempio
ni Città ordinaria a cacciar da’savio confini i Comici impudichi; già che come peste ogn’ anno rovinano le anime, e dannegg
buona Ragione per tollerare le Commedie oscene in una Città, il dire, che elle mai avesse proibite. Tra Protettori dell’im
ionobn alcuni Spettatori, ardentemente bramosi di quel sozzo diletto, che traggono dal Recitamento delle Commedie oscene: e
lle Commedie oscene: e quando sentono alcuni zelanti, e savi Censori, che giustamente le condannano, e che stimano necessar
tono alcuni zelanti, e savi Censori, che giustamente le condannano, e che stimano necessario levar da’ banchi, e dalle piaz
fortificati con questa Ragione. La nostra Città è nobilissima: gode, che si goda un’allegra, e festosa libertà popolare: o
utto pudiche, e modeste. Rispondo. Ogn’uno, benché semplice, intende, che il non essersi mai proibita una cosa, non è buona
è buona Ragione d’astenersi dal proibirla, quando il superare intende che merita la proibizione. E qui si fonda la formazio
molte volte vietarono, e oggidì anche vietano alcune di quelle cose, che mai per l’addietro erano state vietate con la pro
punto vale nel caso delle oscenità del Banco, o del Teatro: meritano, che il Superiore ben informato de’ molti e molto grav
eritano, che il Superiore ben informato de’ molti e molto gravi mali, che cagionano, lo tolga affatto, e saviamente privi d
to, e saviamente privi di un gusto molto illecito gli Spettatori. So, che molte Città Cristiane sono libere, ma niuna però,
o libere, ma niuna però, è libera dell’osservanza della Divina Legge; che se in lei mai si è proibito l’eccesso del Banco,
, non s’è saputo, né avvertito, e giudicato grave dal Superiore. Ora, che v’è, e che si considera, e si stima molto grave,
aputo, né avvertito, e giudicato grave dal Superiore. Ora, che v’è, e che si considera, e si stima molto grave, vi si rimed
essersi mai proibito così grande inconveniente, può essere, e prego, che sia all’animo del Superiore, stimolo più acuto, e
tutti gli onorati, e cristiani Spettatori. Voglio raccontar un caso, che può servir d’esemplare a molti Superiori Governan
o assai dall’Eminentissimo Signor Cardinal Richeliù, mi disse quello, che altri Procuratori e gravissimi Padri Francesi poc
ocuratori e gravissimi Padri Francesi poco dopo mi confermarono: cioè che allora nel Regno di Francia si facevano tutte le
gno di Francia si facevano tutte le Commedie senza veruna oscenità; e che i Comici non erano più tenuti infami: anzi poteva
ole; e fece intimare nel Regno a tutti i Comici questa sua volontà, e che si emendassero in tutto da ogni fatto, e parola o
ubblici offici, e privi, e liberi da quella brutta macchia d’infamia, che fino allora gli aveva bruttamente vituperati. Pub
oscenità, la levano diligentemente, e sgridano i Commedianti. È vero, che il riveder de’ Magistrati era cosa usata fino a 2
ie con modesta, ricreazione. Questo bel caso merita lode così grande, che per celebrarlo degnamente a gloria di quell’Emine
cristiana, e onorata cortesia non apre l’orecchio ad ogni invito: sa, che senza scapito delle buone creanze può talvolta se
irsi della cera d’UIisse, e fingere di non sentire: può anche temere, che qualche falso Amico a modo, di quell’antico Medic
re scoperte? No certo secondo il mio sentire. Ma da chi non è saputo, che contro gli Spettatori delle Commedie oscene i dia
e potentissime tentazioni carnali? E come può un debole di spirito, e che conosce per esperienza la sua fragilità, esporsi
sua fragilità, esporsi a così manifesto pericolo senza altra Ragione, che di non voler ricusare l’invito di un Amico ordina
di non voler ricusare l’invito di un Amico ordinario? Confesso bene, che , chi fosse forte nella Virtù, e sicuro probabilme
costumi cristiani, il quale sia invitato dal suo Principe nell’atto, che egli entra alla Commedia, d’andarla ad udir seco.
ntra alla Commedia, d’andarla ad udir seco. In tal caso non è dubbio, che difficilmente tal Gentiluomo potrà ricusare, mass
te se fosse favorito, e massimamente, se col ricusare potesse parere, che tacciasse il Principe, come che facesse cosa di p
ente, se col ricusare potesse parere, che tacciasse il Principe, come che facesse cosa di peccato mortale. E pure se vi and
alche disgusto. In tal caso io; e meco altri Teologi fummo di parere, che non peccassero gravemente quelle persone assai vi
, e con l’andare a quelle loro poco modeste Rappresentazioni: e credo che ciascuna, già che non poteva senza gravissimo inc
quelle loro poco modeste Rappresentazioni: e credo che ciascuna, già che non poteva senza gravissimo incomodo rifiutar l’i
ato i Santi per non pericolare. Voglio finire con ricordare a quelli, che invitano, la proposizione nel seguente di Hurtado
’Amico, e Compagno singolare è quello, il quale più ama, e più giova, che non ama, e non giova il proprio Fratello. Così ta
er accompagnar un Amico; e non per mio capriccio, ovvero elezione. Al che io rispondo solamente quel poco, che per acconcio
o capriccio, ovvero elezione. Al che io rispondo solamente quel poco, che per acconcio di questo ho letto in un Ragionament
l’amico con danno spirituale: e solo « usque ad aras » ; e non tanto, che .chi accompagna, arrivi all’Inferno. Che se talun
e dottrina, di S. Tommaso, più si devono amar i congiunti nel sangue, che gli altri congiunti d’amicizia o d’altra guisa. R
che gli altri congiunti d’amicizia o d’altra guisa. Rispondo. È vero, che S. Tommaso2.2. q. 26. a. 8. apud Cor. p. 91. inse
do. È vero, che S. Tommaso2.2. q. 26. a. 8. apud Cor. p. 91. insegna, che l’amicizia de’ consanguinei è più stabile, che l’
d Cor. p. 91. insegna, che l’amicizia de’ consanguinei è più stabile, che l’amicizia de’ compagni: e per essere più natural
izia de’ compagni: e per essere più naturale, prevale in quelle cose, che appartengono alla Natura. « Amicitia, dice, consa
cessarius », S. Tommaso aggiunge. Siamo obbligati più a Consanguinei, che a’ compagni, nella provisione delle cose necessar
compagno, per andar in compagnia, di un parente al Teatro disonesto, che è luogo del Diavolo; e che come suo egli professa
pagnia, di un parente al Teatro disonesto, che è luogo del Diavolo; e che come suo egli professa di possederlo. Quindi l’an
Quindi l’antico, e grave Tertulliano riferisce quel caso tanto noto, che una donnal. de spect., fedele vi andò, e d’indi s
n giustissimo titolo vi sono entrato; perché l’ho trovata nel Teatro, che è luogo di mia giurisdizione. Ma quì uno forse fa
on fosse mosso da questo rispetto, non v’anderei. Rispondo. Supposto, che il Patrone vuole risolutamente, che il Servitore
on v’anderei. Rispondo. Supposto, che il Patrone vuole risolutamente, che il Servitore lo accompagni; e non desiste da tal
accompagni; e non desiste da tal volere, benché ne sia pregato; dico, che il Servitore molto bene farebbe a partirsi da que
on può vi vada con risoluzione di non peccare, e con speranza in Dio, che l’aiuterà; perché così non si giudica, che egli c
re, e con speranza in Dio, che l’aiuterà; perché così non si giudica, che egli cooperi al peccato; ma che solo per buona ra
’aiuterà; perché così non si giudica, che egli cooperi al peccato; ma che solo per buona ragione lo permette. Leggere si pu
ove si tratta una materia equivalente a questa. E perché può essere, che il Servitore sia debole di spirito, si consigli,
ttante a questo punto; e procuri porre in effetto per l’avvenire ciò, che già sarà detto, come obbligo di coscienza per la
, come obbligo di coscienza per la salute dell’anima sua. Quelli poi, che a viva forza sono talora condotti alle Commedie i
iori; procurino levar il pensiero da quelle oscenità, e di aborrirle: che così non peccheranno tutto che vadano ad un luogo
ro da quelle oscenità, e di aborrirle: che così non peccheranno tutto che vadano ad un luogo pieno di tanti pericoli di pec
peccare. Punto nono. Se l'andar alle Commedie oscene per impedire, che non succeda inconveniente, sia buona Ragione. L’
tto di un saggio, e grave Comandante serve di freno alla moltitudine, che non corra al precipizio de’ soliti suoi inconveni
re il Teatro delle oscene Rappresentazioni. Vado, dice, per impedire, che non succeda inconveniente alcuno in quella raduna
imediare subito, e efficacemente, se vi succedesse. Rispondo. E vero, che alle volte occorre nella radunanza degli Spettato
contraffacendo con alta voce il canto del Gallo. Il Principe Padrone, che era presente, ebbe pazienza alcune volte: poi alz
ammutì. Ora dico nel caso d’andare alle Commedie oscene; e rispondo, che poco vale, in quanto al bene dell’anima, la propo
deve con ogni diligenza impedire, prima gli scandalosi inconvenienti, che nascono dalle Comiche oscenità; con vietato affat
permessa loro la tal cosa, perché non ha da essere lecita a me? Ecco, che questo, quello, e altri molti fanno l’istesso, ch
lecita a me? Ecco, che questo, quello, e altri molti fanno l’istesso, che io fo. Che occorre dir da vantaggio? Ora è venuta
questa usanza; tutti fanno così. O miseri, e infelici, e non sapete, che non arderete punto meno, ancorché abbiate molti c
e dal viver molti insieme, e etc. Né lascia di essere peccato quello, che si commette da molti; anzi per questa stessa ragi
noSeneca., dicendo. « Principalissima cagione de’ nostri mali essere, che viviamo ad esempio, e non ci lasciamo convincere
onvincere dalla ragione; ma tirar da gli usi. Se pochi facessero ciò, che noi pretendano di fare, ci asterremmo da imitargl
i, con dire. Io non vi vado separatamente: tanti altri vi concorrono, che si può giudicare, che tutti vi vadano. Contro que
vado separatamente: tanti altri vi concorrono, che si può giudicare, che tutti vi vadano. Contro questa persona io potrei
senso di quell’antico DogmaticoSe, m. in.Oct. SS.§. Petri. et Pauli., che scrive. « Cum de beata vita agitur, non est, quod
cernis, et cum omnes consentientes aspicias? » Cioè. Pensi tu forse, che la medesima cosa non sia parimente brutta, e inde
quando tu la miri separatamente solo, senza compagno; e quando vedi, che tutti gli altri s’accompagnano teco nel rimirarla
mirarla? Quasi voglia dire. Tu t’inganni; perché, o solo, o non solo, che tu vada a gli Spettacoli disonesti, sempre ti fai
Non si giustifica bene quel Cristiano, il quale avvisato dell’errore, che egli commette frequentando l’impudico Teatro, ris
pari miei: l’Auditorio è molto numeroso; seguo la turba. E io prego, che , chi discorre così, ponderi questo poco già scrit
de in te ipsum, quantum potes. »Ep. 7. Ma lascio Seneca, e considero, che dice bene per una parte quel Cristiano: perché se
alla Commedia Mercenaria oscena, e solo si trovasse nel Teatro; certo che i Comici non reciterebbero, tornando loro troppo
cciato, e l’impudico. La compagnia nel peccato cagiona per ordinario, che si pecchi più animosamente, e che si corra con re
nel peccato cagiona per ordinario, che si pecchi più animosamente, e che si corra con redine più abbandonate verso il prec
a Eva, quando tirò seco nella colpa il misero suo Marito Adamo, quasi che ella stimasse di ricevere consolazione facendolo
erimento al misero, l’aver compagno nella miseria. Avverta il Fedele, che ne anche è buona scusa il dire. Veggo che i Super
miseria. Avverta il Fedele, che ne anche è buona scusa il dire. Veggo che i Superiori, o altri qualificati Personaggi, vann
che buona Ragione, di cui egli non si può valere. Ricordo per ultimo, che questa risposta è simile in qualche maniera alla
ile in qualche maniera alla risposta di certi peccatori, i quali par, che portino scritto in fronte. Io sono dannato; poich
no dannato; poiché quando sono ripresi de’ peccati loro con minaccia, che andranno all’Inferno ti rispondono ciascun per se
con proporzione il suo detto lo Spettatore delle Commedie oscene, con che si scusa. Io solo non vi vado; e tema di non pass
he del cuore: fa molte volte travedere, e molte volte desiderare ciò, che la retta Ragione insegna ad odiare, e a non voler
ie Ragioni, con le quali sperano, e pretendono giustificarsi di modo, che con l’approvazione di qualche buon Teologo vi pos
e proposta nel titolo del presente Dubbio, e si pratica così. Uno sa, che si può peccare mortalmente, andando alla Commedia
n la cooperazione al male; e però dice. Non voglio andar tra i primi, che andando, e pagando, peccano mortalmente, perché s
e determinati al Recitamento, ovvero andrò, quando hanno cominciato; che così andando, e pagando, non peccherò; perché io
uesta difficoltà è trattata da vari Teologi, tra quali ecco il primo, che è Pietro Hurtado; e che discorre in questa guisad
ata da vari Teologi, tra quali ecco il primo, che è Pietro Hurtado; e che discorre in questa guisade tribus Vir. Theo log.
sono considerare due sorti di Spettatori:· la prima contiene i primi, che vanno al Teatro; l’altra gli ultimi, che pur vi v
· la prima contiene i primi, che vanno al Teatro; l’altra gli ultimi, che pur vi vanno. Tutti i primi peccano mortalmente,
itorio; e tal’Auditorio è fatto da’ primi, quando già sono di numero, che per loro solamente si farebbe l’Azione, benché ni
etc. » Tutte queste Ragioni di Hurtado in ristretto Italiano provano che non solo i primi, ma gli ultimi ancora, cioè tutt
nes, ut sunt Comedi. »Par. 5. tr. 13. Res. 81. Ma consideriamo quel, che scrive in questo proposito il secondo Teologo, ch
consideriamo quel, che scrive in questo proposito il secondo Teologo, che è Girolamo Fiorentino: nella Commediocrisi del qu
sì perché paga la mercede; sì anche, perché sta ad udire quelle cose, che i Comici non farebbero senza la presenza de gli A
cenici agerent: quare non censebitur causa illis cooperans » ; trova, che già il numero degli Spettatori: è tale, che la Co
llis cooperans » ; trova, che già il numero degli Spettatori: è tale, che la Commedia si farebbe anche senza la sua presenz
di Commedias adeunt, ut spectent, peccant mortaliter. » Tutti quelli, che vanno a tali Commedie, peccano mortalmente. La Ra
causa, sine qua turpis illa Reprasentatio non fieret. » E vuol dire, che peccano non solo i primi Spettatori, che compisco
o non fieret. » E vuol dire, che peccano non solo i primi Spettatori, che compiscono il numero sufficiente alla Rappresenta
ono il numero sufficiente alla Rappresentazione; ma anche gli ultimi, che sopravengono; perché il peccato è atto della volo
particolare, e non in comune. Onde nel caso di Pietro egli aggiunge, che è « causa cooperans », cagione cooperante, e per
pettatori preparatissimi insieme con i Comici al Recitamento. È vero, che se il punto fosse in materia obbligante alla rest
, come in sufficiente cagione; e però Pietro non lo determinsi, tutto che vi cooperi, cooperando pecchi senza obbligo di ri
hanno eletto una persona indegna: vi giunge un nuovo Elettore; vede, che con negare il suo voto, non può impedire l’elezio
nno da sentenziare: tre sentenziano ingiustamente: il quarto vedendo, che non può rimediare, egli anche sentenzia così; e s
iero, mentre propongo per la risposta al nostro Dubbio il 3. Teologo, che è il P. Niccolò Baldelli, uomo vecchio,consumato
dire. Parlando universalmente, peccano di colpa mortale tutti coloro, che sapendo la bruttezza, e oscenità della Commedia,
lla Commedia, vi vanno i primi, e pagano la mercede a’ gli Histrioni, che per innanzi non erano per se stessi apparecchiati
se stessi apparecchiati; perché nel vero questi Spettatori cagionano, che la Commedia si rappresenti. Ma dopo che il numero
questi Spettatori cagionano, che la Commedia si rappresenti. Ma dopo che il numero sufficiente già vi è concorso, e si è d
menta nel peccato que’ Recitanti, né cagiona il loro peccato: essendo che l’uno, e l’altro sufficientemente sia dato fatto
or adest, minime peccat, ni eiusmodi ludi voluptatem capiat. » Credo, che a questo medesimo parere si appigliasse Monsig. F
se Monsig. Francesco Diotallevi: poiché nel suo Trattato Manoscritto, che si conserva in Fiorenza, dice in questa guisa. In
oscritto, che si conserva in Fiorenza, dice in questa guisa. In caso, che i Comici facciano peccato mortale nel recitare, u
omici facciano peccato mortale nel recitare, una persona particolare, che va a sentire per mera curiosità, e paga; non cred
he va a sentire per mera curiosità, e paga; non credo, si possa dire, che cooperi al peccato de’ Recitanti: perché o esso v
’ultime parole. « Qui alias non facerent », perché da queste si vede, che di mente di S. Antonino non pecca per rispetto di
i mente di S. Antonino non pecca per rispetto di cooperazione quello, che paga coloro, i quali, se bene non fossero pagati
qui Diotallevi. Conforme alla dottrina di cui gli Spettatori ultimi, che vengono dopo il numero, con che si farebbe la Com
ottrina di cui gli Spettatori ultimi, che vengono dopo il numero, con che si farebbe la Commedia Oscena, non peccano, bench
rebbe la Commedia Oscena, non peccano, benché paghino la mercede. Ora, che dirò i in questa materia, e per risoluzione del D
. Ora,che dirò i in questa materia, e per risoluzione del Dubbio? So, che D. Francesco Maria del Monaco scrive. « Dices. Ad
ere: e, quod dixeram, cooperari. » Ma io dirò due cose. La prima si è, che la sentenza de primi Teologi è molto probabile. L
la sentenza de primi Teologi è molto probabile. La seconda cosa si è, che quella degli ultimi è probabile; non però io assi
cosa si è, che quella degli ultimi è probabile; non però io assicuro, che non pecchi mortalmente chi va alla Commedia, ezia
o assicuro, che non pecchi mortalmente chi va alla Commedia, eziandio che vi sia già il numero sufficiente degli Auditori,
edia, eziandio che vi sia già il numero sufficiente degli Auditori, o che sia comincia; perché se non peccherà cooperando,
al pericolo, o dando scandalo, o restando vinto da qualche rispetto, che obbliga il Fedele a fuggire le Teatrali disonestà
ere. Quale sia lo la Commedia oscena: e pensando bene di tutti, penso che i Commedianti, come Cristiani, facciano l’Azioni
parole del P. Giulio MazzarinoRag. 110.. È una melonagginebq pensar, che io il creda. Non si sa il costume ordinario de’ M
ti tiene: e questa ti fa tornare. Aggiungo poi a quella tua aggiunta: che , se non sei obbligato a sapere , quale sia la Com
, « qui habentes a quo discerent, operam non dederunt ». Né replicare che non hai dubbi; e che pensi bene de’ Commedianti:
o discerent, operam non dederunt ». Né replicare che non hai dubbi; e che pensi bene de’ Commedianti: perché il grido unive
ti si oppone: e puoi senza scrupolo dar l’assenso alla pubblica fede, che dichiara gli Osceni Mercenari Commedianti per uom
oni, e gagliarde risposte. E però concludo con S. Gregorio, ove dice, che alcuni «impunitatem peccandi existimant remedium
Punto decimo quarto. Se sia lecito l'andare all'Osceno Teatro, già che il pericolo dellle oscenità si trova in altri luo
ole poco modeste non sono il giolio di un campo solo. Piacesse a Dio, che solamente nel Teatro Osceno si udissero le osceni
dica sfacciataggine di molti, e sono proferite con impurità maggiore, che non è la Teatrale oscenità. Rispondo. L’andare pe
e parole disoneste: né egli col suo andar o star presente, è cagione, che si dicano; né paga i pronunciatori, che le profer
r o star presente, è cagione, che si dicano; né paga i pronunciatori, che le proferiscono; ne fa loro applauso con la perso
ure tutti questi Capi, o quasi tutti, si possono recare contro coloro che vanno al Teatro delle parole oscene. Solo domando
e parole oscene. Solo domando. Che buona ragione, e non vana scusa; o che giusta convenienza può mai recare per sua difesa,
verità. Aggiungo. Il Teatro de’ Comici osceni è molto più scandaloso, che le pubbliche strade, e piazze; poiché, oltre all’
pubbliche strade, e piazze; poiché, oltre all’indegnità delle parole, che fa sentire, cagiona, che si veggano fatti scandal
e; poiché, oltre all’indegnità delle parole, che fa sentire, cagiona, che si veggano fatti scandalosi, e negozi tessuti, e
nimo. Basti per andarvi lecitamente. È opinione del Comico Beltrame, che chi vuole cercare, e ricercare il fine, col quale
eccato, e per mal fine. Se io non erro, dice egli, il fine di coloro, che vanno alla Commediac. 17. si somma in questi capi
r non parere avaro, o ignorante. Chi va per uso: chi va, perché vede, che gli altri vi vanno. Insomma cercate, e ricercate,
a, perché vede, che gli altri vi vanno. Insomma cercate, e ricercate, che non troverete, chi vi vada per mal fine. L’opinio
i Spettatori, né meno basterebbe a giustificarla, se avesse aggiunto, che i Comici del nostro tempo non dicono le parole, n
on dicono le parole, né formano i gesti di qualche oscenità per fine, che si pecchi; ma per fine di far fuggir il peccato,
spondo in quanto a’ ComiciAppr.Il Franc.nel Gio. Chris. p. 3. c. 15., che professano aver buon fine; e dico. Peccano mortal
parole molto brutte e provocative efficacemente alla disonestà; tutto che le dicano con ottimo fine: perché le Azioni umane
re fatta buona da qualsivoglia buon fine, essendo estrinseco. Vero è, che il fine cattivo, etiam estrinseco può contaminare
rtalmente i Comici per le oscenità gravi. In quanto poi all’asserire, che degli Spettatori niuno va alla Commedia oscena pe
o va alla Commedia oscena per far peccato, ne per mal fine. Rispondo, che forse è vero « in actu signato, explicite, et dir
ex quolibet defectu ». All’atto malo non si richiede necessariamente, che si faccia con riguardo alla disonestà, che è nel
richiede necessariamente, che si faccia con riguardo alla disonestà, che è nel suo oggetto; ma basta, che ella sia conosci
faccia con riguardo alla disonestà, che è nel suo oggetto; ma basta, che ella sia conosciuta direttamente, ovvero indirett
al volontario: e il male nasce da qualsivoglia difetto. Ora io dico, che chi va alla Commedia oscena, conosce d’andare; e
dia oscena, conosce d’andare; e vi vuole andare; e andandovi cagiona, che i Comici pecchino; e egli si espone a’ manifesto
la cagione tr. 21. n. 59. al peccato. Il Filiucci con la Scuola dice che una sorte di volontario indiretto è il « volitum
è il « volitum in sua causa absque expressa intentione ejus ». Senza che non mancano di quelli che vanno alla Commedia per
sa absque expressa intentione ejus ». Senza che non mancano di quelli che vanno alla Commedia per mal fine direttamente. On
e a se stesso scrivendo. Dirà unoc. 17. p. 75.. Quanti se ne trovano, che vanno alla Commedia solamente per vedere, se le R
peccano col pensiero ? E questo è il male; e qui sta il pericolo. Or che dirai a questo capo? Veramente se molti andassero
molti andassero alla Commedia con tal fine, io stesso, dice Beltrame, che sono interessato, non saprei negar il pericolo de
ei negar il pericolo del peccato. Ma perché possono esser pochi, dirò che il poco non fa numero; come si fa di coloro, che
no esser pochi, dirò che il poco non fa numero; come si fa di coloro, che vanno alle Feste di devozione, che si muovono più
n fa numero; come si fa di coloro, che vanno alle Feste di devozione, che si muovono più per trovarsi al passeggio, che al
lle Feste di devozione, che si muovono più per trovarsi al passeggio, che al ben fare. Io non approvo il detto di questo Co
gio, che al ben fare. Io non approvo il detto di questo Comico, quasi che si possa lecitamente dare occasione di peccare a
i che si possa lecitamente dare occasione di peccare a pochi; e dico, che i Commedianti disonesti con le loro oscenità senz
que’ pochi di far il peccato: e però peccano mortalmente; e aggiungo, che non solo a pochi, ma né anche ad un solo si deve,
a, ma ben si trova sufficentissima nel caso delle Feste di devozione, che sono instituite « ad conservandum et augendum cul
vinum », per conservar e accrescere il culto divino: e guai a quelli, che si abusano delle Feste: ove la Comica, Oscena, e
ie oscene perchè altrimenti farei cosa peggiore. S. Girolamo scrive, che alcuni cattivi vogliono piacere paragonando se st
iacere volunt in comparatione pejorum. »Ep. ad De metri. E a me pare, che così proceda, chiunque, volendo, che l’atto suo c
. »Ep. ad De metri. E a me pare, che così proceda, chiunque, volendo, che l’atto suo cattivo di andare alla Commedia oscena
deve nomar’ errore lo starvi presente. Aggiungo io al detto di costui che una volta udii un grave, e giudizioso Teologo Rel
volta udii un grave, e giudizioso Teologo Religioso dire così. Credo, che molti farebbero peggio, se non andassero alla Com
Commedia corrente di oggidì. Ma rispondo, in quanto a questo Teologo, che io non credo, che egli avesse pensiero di giustif
di oggidì. Ma rispondo, in quanto a questo Teologo, che io non credo, che egli avesse pensiero di giustificare in tutto, mi
ero di giustificare in tutto, mi solo alleggerire la colpa di quelli, che senza buona ragione vanno alla Commedia oscena; e
he senza buona ragione vanno alla Commedia oscena; e volle accennare, che merita minor pena, chi tentato di far due mali, e
terari, ut satis esse ducat percutere, aut fornicari. » Rispondo poi, che , chi va alla Commedia oscena difficilmente può di
uali vi peccano molti; e non sono scusati da quella ignoranza crassa, che si trova in loro. Né il dire. Io farei cosa peggi
menti ucciderei le persone per guadagnare, si giustificherebbe? Certo che no. E così parimente non rimane giustificato, chi
rare, sed utrumque vitare. »lib. 2. de adult. coniug. c. 15. Sapendo, che , « qui male operatur, male vexabitur », chi opera
sta, o nell’altra vita la forza di più penaci tormenti. Ma io dubito, che chi va alla Commedia oscena, faccia peggio in que
rché fa due mali: il primo l’andar alla Commedia: il secondo il male, che lasciò di fare a tempo della Commedia: il primo è
aggiungo questa domanda. Può uno lecitamente consigliare ad un Amico, che vada alla Commedia oscena, posto che lo vegga pre
tamente consigliare ad un Amico, che vada alla Commedia oscena, posto che lo vegga preparato a commettere un peccato maggio
ra quali bastami per ora il P. Baldellit. 2. all. 1. disp.44. n. 17., che dice. « Meretici ex separata ad fornicandum cum h
n. 14 et seq. Et apud Henriq. l. 14. c. 16. §. 4. » Ma non credo già, che quindi s’inserisca bene. Dunque il Superiore può
commettere un mal minore, acciocché si astengano da un maggiore. Dico che il Superiore non può permettere; ma deve, perché
re non può permettere; ma deve, perché può, rimediare con altro mezzo che con la permissione. E deve, e può fare, che i tri
rimediare con altro mezzo che con la permissione. E deve, e può fare, che i tristi s’astengano, e dal maggiore, e che non c
ione. E deve, e può fare, che i tristi s’astengano, e dal maggiore, e che non commettano il minore; o con levare le oscenit
one delle Commedie oscene non è il mezzo unico; solo, e efficace, con che può il Superiore impedire, che non seguano inconv
il mezzo unico; solo, e efficace, con che può il Superiore impedire, che non seguano inconvenienti di maggiore iniquità: e
e però non gli è lecita tal permissione; tuttoche si trovi più d’uno, che , essendo assai malvagio dica. Io farei peggio, se
o dica. Io farei peggio, se non andassi alla Commedia oscena. È vero, che se il Superiore non potesse impedire ad un tristo
re ad un tristo il commettere un peccato maggiore, con altra maniera, che con la permissione del mal minore, potrebbe in ca
uisque 23. q. 4. » E la ragione è chiara, perché la Prudenza insegna, che de’ molti mali s’elegga il minore; e l’ordine del
de’ molti mali s’elegga il minore; e l’ordine della Carità richiede, che la correzione non si faccia senza la speranza del
Sole nomarsi può dannoso, o grazioso, all’occhi conforme all’uso, con che la potenza visiva s’impiega ben disposta, o mal d
questa Regola per la CommediaBeltrame c. 34. a favore di quel Comico, che scrisse. Gli Elementi sono buoni, adoperandoli in
endo il contrario, la farà vedere pericolosissima della salute. Pare, che egli voglia dire; come dice altrove, c. 17. Un Se
dice altrove, c. 17. Un Sensuale porta pericolo in ogni luogo: cioè, che la Natura del vizioso Spettatore, e la sua mala v
E non maneggi le armi, chi non ha punto di scherma. Rispondo. È vero, che il Vizioso cagiona il peccato: ma non per questo
per questo è lecito al Comico osceno darli occasione con le oscenità, che lo cagioni: perché egli anche pecca dando tal occ
ta e il Comico osceno, vi concorre come cagione morale, scandalosa, e che da efficacemente occasione di rovina spirituale.
a per la sua mala, natura, e cattiva volontà: ma quindi non ne segue, che la Meretrice non pecchi: mentre con i suoi detti
quale porge allo Spettatore occasione di peccare. Concludasi dunque, che la Commedia oscena è indegna della permissione: e
buona Fede, giustamente è scusato dell’errore; ma conviene avvertire, che alle volte si cangiano i nomi, e restano i Sogget
mpre scusa i colpevoli: ne sempre vale per loro buona difesa. È vero, che ella a parere di Tertulliano si mostra savia argo
n sapendo di peccare; e però non peccano. Che, se si dichiarerà loro, che è peccato, vi vorranno tuttavia andare; e così pe
osì peccheranno; ove prima non peccavano con andarvi. Rispondo, Pare, che qui si possa esclamare con S. GirolamoEp. 39. ad
casionem, et conscientiam corrumpat in dissimulationem. » Ma io dico, che questa obiezione è proposta molto bene, e è sciol
ciolta benissimo dal P. D. Franc. Maria del Monaco con idioma latino, che trasportato in italiano ha questo senso. La maggi
trasportato in italiano ha questo senso. La maggior parte di quelli, che a nostro tempo frequentano gli Spettacoli Teatral
ontroversia: se sia peccato mortale, o no, l’andarvi. Alcuni stimano, che sia onestissimo trattenimento, come che distolga
o, l’andarvi. Alcuni stimano, che sia onestissimo trattenimento, come che distolga il popolo da cose miserabili, e peggiori
e distolga il popolo da cose miserabili, e peggiori. Molti difendono, che non sia almeno cosa cattiva. E perché nel Teatro
il popolo con la presenza loro, e autorità facilmente resta persuaso, che non sia peccato l’udire Commedie oscene. Adunque,
persuaso, che non sia peccato l’udire Commedie oscene. Adunque, dato, che sia colpa mortale, l’andare l’udirle, e lo starvi
i li farà avvertiti del peccato, egli sarà reo di tutti que’ peccati, che commetteranno, poiché dopo l’avvertimento li vorr
issimi e mi fu proposta da un Personaggio parimente dottissimo, quasi che io fossi reo di un gran peccato, componendo l’Ope
nendo l’Operetta mia, per avvisare gli Spettatori del Teatro: e quasi che i fossi partecipe di tutti que’ peccati, che poco
tori del Teatro: e quasi che i fossi partecipe di tutti que’ peccati, che poco dopo sarebbero stati fatti da’ medesimi Spet
o usata rispondendo. Io, dice, ringrazio quel dottissimo Personaggio, che , con celarmi il nome, cosi provvede alla salute m
oranza, se da voi non fossi stato avvertito? Sì. Adunque voi stimate, che uno possa gravente peccare per Ignoranza; non sol
are per Ignoranza; non solo quando non conosce il male; ma ancora, il che è più, quando stima di fare una grande opera di V
ima di fare una grande opera di Virtù. Adunque peccano ancora quelli, che vanno alle Commedie oscene; benché non sappiano d
a; poiché lo commetterebbero ancora senza l’ammonizione. Adunque voi, che avvisate me, il quale a vostro parere pecco per I
o parere pecco per Ignoranza, non mi riprendete perché avviso quelli, che peccano pure per Ignoranza. Voi, o uomo letterati
issimo, avete stimata cosa degna del vostro giudizio avvisar me solo, che nominate errante; e poi ascriverete a me per pecc
Cioè. Al peccato mortale basta l’aver inteso la ragione della colpa, che semplicemente sia colpa: la quale conosciuta bast
ere la grazia, e «il ius» alla gloria; e non si sappia la differenza, che passa tra il peccato mortale, e il veniale. Ma di
cchino mortalmente fatti consapevoli del peccato. Rispondo. Io stimo, che niuno abbia l’Ignoranza invincibile; sì perché di
omici più volte hanno trattato in Scena questo argomento, insegnando, che non è peccato l’andare a tali Commedie. Anzi hann
anno scritto un libretto, il quale io ho veduto; e ho udito da altri, che da loro fu portato in Scena agli Auditori, e’ com
osceni, e Teatrali. O miseria del nostro secolo, questo gli mancava, che gli Istrioni in scena facessero la parte del Giud
gli Istrioni in scena facessero la parte del Giudice delle coscienze; che i Buffoni insegnassero al popolo che l’onor di Di
rte del Giudice delle coscienze; che i Buffoni insegnassero al popolo che l’onor di Dio,e la salute delle anime si trattass
a’ ministri de’ Diavoli. Adunque invincibilmente non sapranno quelli, che così non fanno? Questa ignoranza, che hanno gli S
cibilmente non sapranno quelli, che così non fanno? Questa ignoranza, che hanno gli Spettatori delle Commedie, sarà giusta,
minuisce la colpa, ma la rende maggiore. Considerate o dotto Lettore, che la giusta, e invincibile ignoranza è quella, la q
hé potrebbero cacciarla dagli intelletti loro; e non vogliono; mentre che non desistono anche avvisati, come voi dite; e l’
tatori delle Commedie del nostro tempo gravissimamente peccano; tutto che abbiano ignoranza di gravissimamente peccare. E c
noranza di gravissimamente peccare. E con questo rimane ancor chiaro, che è cosa di grandissima gloria di Dio, e di sommo g
reddere, quam negligentia sustinere judicium. » Circa poi quel punto, che io pecchi, scrivendo contro gli Spettatori delle
ecchi, scrivendo contro gli Spettatori delle Teatrali Oscenità, dico, che molti prima di me hanno scritto contro i medesimi
ie. Altri Dottori molti Discorsi. Anzi Cristo Nostro Signore insegnò, che si peccava mortalmente con il mentale adulterio;
Signore insegnò, che si peccava mortalmente con il mentale adulterio; che si doveva amare l’inimicobt ; che non era lecito
rtalmente con il mentale adulterio; che si doveva amare l’inimicobt ; che non era lecito adirarsi con alcuno: e pure i Fari
alcuno: e pure i Farisei avevano insegnato altrimenti; e egli sapeva, che moltissimi non avrebbero obbedito a quella sua do
ti: « Nos id nefas existimabimus  ? proh nefas. » E noi giudicheremo, che ciò fare sia peccato? O peccato. Sin qui l’allega
ttrina comune non scusa dal peccato ogni sorte d’ignoranza: e quella, che si può vincere, non fa la buona Fede.·« Ignoranti
vincibilem non facere bonam Fidem. tr. 31. n. 189. » Adunque coloro, che vanno alle Commedie con ignoranza, non sono scusa
dicat Sanchez. »t. de penit. D. 16. nu. n. 183. Ma come si può dire, che ignoranza scusi alcune volte se tante volte si è
e pubblicamente contro le Commedie mercenarie del nostro tempo? Tosto che ad una Città giungono Commedianti, non mancano Pr
Tosto che ad una Città giungono Commedianti, non mancano Predicatori, che danno pubblici avvisi all’Auditorio: e non mancan
ori, che danno pubblici avvisi all’Auditorio: e non mancano Virtuosi, che con private ammonizioni scoprano i molti pericoli
pericoli di gravemente peccare andando al Teatro. Concludiamo dunque, che non l’Ignoranza, ma la Negligenza, collegata con
ne, e oscene Rappresentazioni. Io mi rimetto al rimorso di coscienza, che credo si faccia sentire da ciascuno in vita; ma m
ter provvedere, quando vorrà. Rimetto il benigno Lettore a quel poco, che si è scritto nel Libro, detto la Qualità ai c. 3.
ficoltà. E prego umilmente i Padri Confessori a leggere di nuovo ciò, che avranno letto in Reginaldo « de prudentia Confess
o « de prudentia Confessari c. 4. sect. 1. n. 6. 7. 8.. E quel molto, che scrive diffusamente l’Eminentissimo de Lugo; ove
rantiam circa peccata, qua facit. »t. de penit. d. 22. an. 23. Spero, che la pratica di quelle dottrine sarà l’antidoto, o
lessandrino scrive. «Non vano studio emendum est otium»  : e io dico, che non ben si compra un male con un altro male; e è
e conduce al termine di sanità a l’afflitto infermo. Né posso negare, che molti nel mondo, anche grandi per qualificate con
poco di ricreazione. Così parlano altri sondati anche in Aristotele, che scrive. « Ad vitam traducendam modica voluptas su
endos cibos. »l. 9. Etich. E chi bramasse biasimare il piacere, quasi che fosse assolutamente cattivo, biasimerebbe la stes
sservanza de’ Divini Precetti, l’eternità di un piacere tanto grande, che « nec oculos vidit, nec audis audit, nec enr homi
ricreazioni tante volte ammesse, è un assottigliare le cose in modo, che si mostrano tanto difficili, che spaventano, chiu
è un assottigliare le cose in modo, che si mostrano tanto difficili, che spaventano, chiunque a tal carico si ha da sottos
aventano, chiunque a tal carico si ha da sottoscrivere: e però parmi, che mutar lo spasso vizioso in diletto civile, sia ar
Gli onesti trattenimenti nelle buone coscienze sono quei belli paesi, che sogliono far’ i Pittori nelle loro tavole, per ri
iono far’ i Pittori nelle loro tavole, per riempimento di que’ vacui, che sono intorno alle figure, i quali adornano, e fan
bidienze. » Beltrame segue di dire altre cose, dopo le quali conclude che gli spassi, e le Commedie levano la malinconia a’
passi, e le Commedie levano la malinconia a’ Grandi, e a Popolari. Al che io non repugno; perché egli discorre di quelle Co
lari. Al che io non repugno; perché egli discorre di quelle Commedie, che vengono sotto nome di onesto trattenimento: e tal
, per gusto, e per sollievo della sua malinconia, peccherebbe; atteso che non si deve procurare la soddisfazione del corpo
za di un perpetuo dolore? Quel piacere è simile al morso dell’Aspido, che quasi dilettando uccide. « Percussus enim ab Aspi
, le faccia rivedere, e purgare da ogni oscenità; e comandi a Comici, che si astengano da qualsivoglia dimostrazione impura
a fatto nel gran Regno di Francia il Sig. Cardinal Richeliù nel modo, che da me altrove è stato dichiarato. E chi non è Sup
intus, in interiori homine, ubi habitat Christus in ipso corde. » Ma che farebbe, se il Teatro osceno invece di ricreazion
a durius tormentum certe sustinebit. »ho. 68. in Matt. Troppo è vero, che uno va alla Commedia per trattenimento resta pres
a, e se ne parte con la pena di un cuor ferito: ma ciò non sia; dico, che come, quando i Comici non sono nella Città, o non
oso, e malinconico sa, e può, e vuole trovare, e usare altra medicina che la ricreazione oscena Teatrale per rimedio del su
suo morbo; così quando vi sono, si astenga dall’uso di quel diletto, che non è medicina, ma veleno:· non applichi l’animo
nconico affetto senza darsi in preda dei Vizio: e avverta con Seneca, che i Vizi « si invita ratione caperint, intvita pers
. Che cosa recano al corpo, ovvero all’anima gli Spettacoli vani? Deh che sono una consolazione frivola, vana, e di pregi n
nctius est otiari, quam turpiter solatiari »  ; è meglio star in ozio che sollazzarsi disonestamente. E io dico. Chi gusta
il corpo: ma perché l’uomo deve regolar le sue Azioni con la ragione; che per ciò la sua miglior parte è detta razionale » 
gione: e, come dice S. Tommaso, devono aver tre condizioni. La prima, che in cotali giochi non vi concorrano parole disones
ali giochi non vi concorrano parole disoneste, o sporche. La seconda, che non vi siano atti illeciti. La terza che non si f
este, o sporche. La seconda, che non vi siano atti illeciti. La terza che non si facciano in tempi indebiti. E queste tre c
uti licet, sicut somno, et quiete ». Da tutto il suddetto si conclude che chi va alla Commedia per un poco di ricreazione d
alla modesta. Non posso lasciare un poco del bello, e dotto discorso, che in prova di questo ha scritto Iavello con tale am
us, quasdamo esse malas. »I. 2. q. 34. a. 3. c. Platone fu di parere, che non tutti i diletti fossero cattivi secondo l’opi
n tutti i diletti fossero cattivi secondo l’opinione degli Stoici; né che tutti fossero buoni secondo la sentenza degli Epi
ci; né che tutti fossero buoni secondo la sentenza degli Epicurei, ma che ve ne fossero alcuni buoni, e alcuni cattivi. E i
urei, ma che ve ne fossero alcuni buoni, e alcuni cattivi. E io dico, che il diletto cagionato dalle Commedie oscene, è cat
oluptas ea corrumpit imbellium animos. »in Laoon. Non voglio credere, che ad alcun Fedele avvenga ciò, che racconta Damasci
imos. »in Laoon. Non voglio credere, che ad alcun Fedele avvenga ciò, che racconta Damascio del Guglielmo d’Ammonio, il qua
ome dicesi, « Asinus ad lyram », ma godeva, tanto d’udire le canzoni, che se bene egli era famelico, si scordava di cibarsi
e bene egli era famelico, si scordava di cibarsi per ascoltare. E so, che ogni buono Cristiano; è tenuto ad essere temperan
venientes. »l. 2. q. 34. a. 1. ad. 2. E nelle cose morali il diletto, che discorda dalla Ragione, è un mal diletto. « In mo
Rispondo. S. Tommaso in quel luogo dichiara l’inganno degli Epicurei, che dicevano, « delectationes omnes esse bonas » tutt
bonum quo ad hunc. » S’ingannarono, perché non distinguevano il bene, che è assolutamente bene, da quel bene, che è tale ri
hé non distinguevano il bene, che è assolutamente bene, da quel bene, che è tale rispettivamente in riguardo di qualcuno in
. Ma questa dottrina non è contraria a noi; ne si dilunga da, quello, che pretende mostrare in quell’Articolo il S. Dottore
quello, che pretende mostrare in quell’Articolo il S. Dottore, cioè, che non ogni diletto è buono di bontà morale: e però
o l’appetito, il quale appetito alle volte si termina ad un oggetto , che non è conveniente alla Ragione; e però non ogni b
um, ita non omnis delectatio est per se et vere bona. » Come avviene, che non ogni bene desiderato è veramente, e per se st
le, diletto « secundum appetitum, non secundum Rationem », e diletto, che se alleggerisce un poco dall’umor malinconico la
bono: malus autem cuius voluntas quiescit in malo. » a. 4. ad. 2. Da che si conclude che, chi vuol dilettarsi dell’oscenit
em cuius voluntas quiescit in malo. » a. 4. ad. 2. Da che si conclude che , chi vuol dilettarsi dell’oscenità, vuol essere u
ione di chi dice. Io vado per passatempo, e per ridere un poco: e so, che non acconsento al peccato delle Oscenità. Questa
de’ quali deve considerarsi diligentemente. E in quanto al primo, con che si dice. Io vado per passatempo: adunque vi posso
ia: come si deve considerare: cioè in ordine a tutti, tanto a quelli, che , come forti nella Virtù, non peccano con il conse
rtù, non peccano con il consentimento alle oscenità; quanto ad altri, che , come deboli, vi consentono. Aggiungo. Non accett
Questa ragione io non riprovo; né meno la Conclusione  ; ma permetto, che passino ambedue: e aggiungo, che forse tal uno di
meno la Conclusione  ; ma permetto, che passino ambedue: e aggiungo, che forse tal uno dirà. Può un Virtuoso Spettatore tr
icium. »l. 2. q. 34. a. 4. ad. 3. ibid. ad. 1. Ma io non affermo già, che l’andare alla Commedia per passatempo sia buona R
l’andare alla Commedia per passatempo sia buona Ragione: anzi credo, che sia cattiva, e fondata nella vanità, nell’ozio, e
a Ragione, cioè. Io vado per ridere un poco. Rispondo con un Teologo, che quelli, che vogliono essere affabili, si servono
ioè. Io vado per ridere un poco. Rispondo con un Teologo, che quelli, che vogliono essere affabili, si servono del riso; ma
Gentili, e tra noi Fedeli, il nostro Salvatore, di cui non leggiamo, che mai ridesse, « est subrisse, non negaveurim, prac
eum paruulus esset in Matris gremio », scrive questo Teologo: e par, che alluda quel bel detto di Clemente Alessandrino. «
c. 7. 7. È una vanità, la quale tal volta è stata di tanto nocumento, che per la troppa dissipazione. degli spiriti, e per
di respirare, alcuni sono morti ridendo. Così avvenne a quel vecchio, che vide un giumento che mangiava i fichi, e perché i
sono morti ridendo. Così avvenne a quel vecchio, che vide un giumento che mangiava i fichi, e perché i servitori chiamati n
giava i fichi, e perché i servitori chiamati non corsero, se non dopo che gli ebbe mangiati tutti, rise tanto gagliardament
, se non dopo che gli ebbe mangiati tutti, rise tanto gagliardamente, che col riso finì la vita. Io dico, che chi và alla C
tutti, rise tanto gagliardamente, che col riso finì la vita. Io dico, che chi và alla Commedia, per ridere un poco, e modes
edia rilassata, ove si ode qualche cosa oscenacap. 48. p. 197., dice, che il Comico scostumato la direbbe, per far ridere q
in iudicio Dei cogitabat esse plectendam. » E dal costume del Savio, che scrisse. « Risum reputavi errorem: et gaudio dixi
 Risum reputavi errorem: et gaudio dixi. Cum frustra decipieris? » Al che credo alludesse Niccolò Cancelliere di S. Bernard
a del Salvatore. « Va vobis, qui ridetis, quia flebitis. » Guai a voi che ridete; perché il vostro riso terminerà col piant
re, quanto meritamente i Santi Padri riprendano, e spaventino coloro, che gustano di ridere ascoltando o dicendo le facezie
on voglio ricordare lo scritto da molti, e molto diffusamente: spero, che basti un poco di quello, che più volte, e in più
o da molti, e molto diffusamente: spero, che basti un poco di quello, che più volte, e in più luoghi fece sentire all’Udito
l medesimo Crisostomo domanda al Cristianoho. 15. in ep. ad Hebreos., che attende a ridere. « Tu, qui rides, dic quæso, ubi
issimo Predicatore, mostrando con efficaci, e moltiplicati argomenti, che , chi professa d’essere vero, e virtuoso Fedele, d
chi professa d’essere vero, e virtuoso Fedele, deve rifiutar il riso, che nasce dalle illecite facezie Ma per non rendere q
na troppo scrupolosa, avviso con il parere del P. Cornelio; a Lapide, che al Cristiano è disdicevole quella facezia,o burla
facezia,o burla, o urbanità Ephes. c. 5. 4., la quale non mira altro, che muovere a riso l’Auditore; e della quale scrive S
magis convenit fiere, atque lugere. » E Cornelio commentando scrive, che l’Apostolo, e Crisostomo « Eutrapeliam hic, ut vi
izione. E io aggiungo; molto più deve rifiutar, e abominar quel riso, che vien cagionato dalle burle oscene de’ Comici diso
cagionato dalle burle oscene de’ Comici disonesti: e del qual coloro, che gustano, e se ne rallegrano, possono temer di peg
c. de Spect. : scrive il P. Giovanni Mariana. E possono immaginarsi, che di loro si avverano le parole di Eusebio. « De su
cuntur. » Si rallegrano della propria perdizione, fatti simili a que’ che , bevendo i velenosi sughi di erbe, se ne muoiono
ridendi sinem non faciunt »l. 24. c. 17.. E si come Aristotele disse, che uno fu ferito nelle viscere, e ridendo se ne morì
segno della piaga mortale ricevuta nell’anima. Non voglio tacere ciò, che scrive Roderico Vescovo Zamorense, Referendario d
Buffoni? Io non so, chi diventi più stolto di questi due, l’Istrione, che fa ridere lo Spettatore o pur lo Spettatore, che
sti due, l’Istrione, che fa ridere lo Spettatore o pur lo Spettatore, che si ride dell’Istrione. Io credo, che si possa dir
Spettatore o pur lo Spettatore, che si ride dell’Istrione. Io credo, che si possa dire, che è più vano lui, che spende, e
o Spettatore, che si ride dell’Istrione. Io credo, che si possa dire, che è più vano lui, che spende, e getta suoi danari .
ride dell’Istrione. Io credo, che si possa dire, che è più vano lui, che spende, e getta suoi danari . Quante volte gl’Ist
te volte gl’Istrioni veggono i Signori a ridere per rispetto di quel, che essi dicono, o fanno, tante volte ammirano la paz
, che essi dicono, o fanno, tante volte ammirano la pazzia di quelli, che si mostrano ammirati di se stessi. E invero spess
nte, ma se medesimo con verità. Felice dunque si è quell’anima santa, che stimando ogni vano riso una vera pazzia, dice. « 
e al terzo fondamento della Ragione proposta nel Dubbio: cioè. Io so, che non acconsento al peccato delle Oscenità. E dico
olloqui, e disonesti, Ogn’or da Veglie,e da Commedie ascolti. Ne sia, che il suo pensier lordo ne resti? O come i folli, e
nella Virtù (sapendo per l’esperienza, fatta più volte di se stesso, che egli non acconsente a que’ pensieri disonesti, ch
olte di se stesso, che egli non acconsente a que’ pensieri disonesti, che gli nascono nella mente per rispetto delle vedute
osceno; forse peccherà per una, o per molte altre Ragioni di quelle, che da’ Dottori si adducono in prova, che molti Spett
molte altre Ragioni di quelle, che da’ Dottori si adducono in prova, che molti Spettatori delle Commedie oscene peccano gr
ttà, per farvi al solito le Commedie; molti Nobili, e molti Popolari, che vogliono vivere con Virtù, stanno dubbiosi, se po
rché molti restano con l’animo irresoluto fino a’ tempi nostri? Credo che non si dilungherà dal vero, o almeno dato probabi
ve peccato per qualche buona, e ben fondata Ragione. E essendo certo, che molti dubitano, se hanno per se una tal buona Rag
ntorno all’operante dubbioso, e negligente. La seconda Ragione stimo, che sia; perché molti credono di peccare mortalmente,
on sanno, se le correnti Mercenarie siano Oscene; e forse suppongono, che non siano tali; non solo perché i Comici professa
rovazione de’ Signori Superiori; ma anche, perché alle volte avviene, che mentre molti Predicatori le condannano per illeci
e avviene, che mentre molti Predicatori le condannano per illecite; e che non vi si può andare, parlando regolarmente; qual
ualche Predicatore di senso affatto contrario attesta a gli Auditori, che possono star presenti alle Mercenarie Azioni del
ne alcuni poi dei popolo, prendono l’argomento, e fondano la Ragione; che sia almeno, cosa dubbiosa, se si possa andare, o
li veramente erano oscene: onde non mancarono Teologi, e Predicatori, che con Ragionamenti pieni di buone Ragioni, e di ben
i buone Ragioni, e di ben fondata dottrina, si fecero sentir in modo, che il Teatro rimase molto scemo d’Auditori, e qualch
tro rimase molto scemo d’Auditori, e qualche giorno quasi vacante: di che atterriti i Comici diedero voce di voler fare sol
uali l’Azioni meritavano il nome di oscene, e disoneste. Ora occorse, che un giorno un sacro Dicitore, pubblicamente sermon
o d’andare alle correnti Commedie, e disse chiaro. Fanno bene quelli, che non vi vanno: e io esorto voi, che non v’andiate.
e disse chiaro. Fanno bene quelli, che non vi vanno: e io esorto voi, che non v’andiate. Ma non tengo già, che l’andarvi si
e non vi vanno: e io esorto voi, che non v’andiate. Ma non tengo già, che l’andarvi sia peccato mortale: anzi stimo erronea
che l’andarvi sia peccato mortale: anzi stimo erronea quell’opinione che ciò afferma. Subito si sparse per la Città il pun
la Compagnia di Gesù, dicendo, replicando, e provando gagliardamente, che per ordinario, e secondo il corso delle cose soli
ma, e consumata dottrina e era tanto fornito di Virtù, e di Prudenza, che l’Eminentissimo Sig. Cardinal Bellarmino si consi
aso a diversi Religiosi. uno de’ quali predicò in pubblico Auditorio; che si poteva andare sopra la sua coscienza a quelle
ungo: era uomo dotto, e non poco stimato: e quindi mi nasce opinione, che egli fosse male informato, e assicurato, che quel
uindi mi nasce opinione, che egli fosse male informato, e assicurato, che quelle Commedie non erano Oscene; nel qual caso d
endo Oscene diceva il falso, parlando regolarmente, e secondo quello, che si vede comunemente. E a questo aveva riguardo il
a da persone degnissime di ogni credenza. E però avendo saputo quello che da quel Teologo era stato con molta franchezza pr
el Comico abuso, e disse. Io lodo grandemente la diligenza di quelli, che hanno fatto studiare il punto dell’andare alle co
nno fatto studiare il punto dell’andare alle correnti Commedie: ma so che uno ha detto agli Uditori suoi. Voi vi potete and
izione io ora qui appello al Tribunale della Sacra Coscienza: e dico, che egli ha spalle per portare tutti i peccati, che f
ra Coscienza: e dico, che egli ha spalle per portare tutti i peccati, che faranno quelli, che andranno alle Commedie. E chi
, che egli ha spalle per portare tutti i peccati, che faranno quelli, che andranno alle Commedie. E chi sa, che Beltrame no
i peccati, che faranno quelli, che andranno alle Commedie. E chi sa, che Beltrame non alluda a questo caso, ove scrive. Tr
ne, succeduta al tempo di S. Carlo, ne succedette un’altra a Palermo: che certe persone volevano levar le Commedie da quel
a a sottoscrivere gli Scenari; delle Commedie. Ma io dico a Beltrame, che quelle persone non volevano levare tutte le Comme
quelle persone non volevano levare tutte le Commedie; ma le correnti, che erano oscene: e sortì loro l’effetto; poiché fece
re, parlò nel suo discorso predicatorio con que’ termini di dottrina, che si richiedevano, e con quella dimostrazione di ze
di dottrina, che si richiedevano, e con quella dimostrazione di zelo, che era necessaria, per ovviare al prossimo, e morale
della Nobiltà, e molti della Plebe; supposta la debolezza di spirito, che suole ritrovarsi in molti, massimamente Giovani,
le ritrovarsi in molti, massimamente Giovani, ovvero mal’abituati. Ma che ? Non passò l’applicazione del rimedio senza l’opp
to assai diversamente: e si mostrò favorevole a’ Commedianti in modo, che asserì, non essere mancati Professori dell’Arte C
re mancati Professori dell’Arte Comica, i quali erano stati Santi. Il che se bene è vero, non si doveva ricordare per difen
i tutto il suddetto. E io lo stesso anno mi trovai in un’altra Città, che è tra le principali della Marca d’Ancona, nella q
ma Città con provvisionebu di 6. scudi il giorno, oltre il pagamento, che fanno gli Spettatori, per entrare ad udire la Com
iente peggiore. Anzi vi fu un Religioso di un ordine molto stimato, e che aveva un officio molto grave, il quale disse alla
Commedianti sono biasimati da’ Religiosi NN. i quali non vorrebbero, che facessero le Commedie, e dicono, che è peccato mo
iosi NN. i quali non vorrebbero, che facessero le Commedie, e dicono, che è peccato mortale l’andarvi: ma non è così e io,
n questo officio, vi vorrei andare. Ogni Savio si può qui persuadere, che tali parole udite da molti, e riferite a molti, f
tazione. Or diciamo una parola del rimedio al proposto Dubbio. Credo, che per levarlo da molti Nobili, e Popolari, gioverà
qualche caso particolare con uno, o più Teologi, e Padri Spirituali, che siano uomini di approvata Virtù, di fondata dottr
P. 1. mihi. 511. E io aggiungo pregando a considerare cristianamente, che è un mero passatempo vanissimo, e di cui si dovrà
9. ad Mon.. E se lo stare alla Commedia oscena non avesse altro male, che il passare vanamente il tempo; questo basterebbe
in vanum? »ep. 118. Possiamo meglio piangere i danni del tempo perso, che non piangeva il Satirico, quando disse. « Damna f
. 872. S. Bernardo, contro chi passa il tempo ciarlando, dice quello, che molto più si può dire contro chi lo passa attende
custodia. Il Teologo Bresciano dice. « La scusa d’alcuni sul essere che tali trattenimenti servono più per passatempo, ch
’alcuni sul essere che tali trattenimenti servono più per passatempo, che per altro. » Al che rispondo, che i passatempi so
he tali trattenimenti servono più per passatempo, che per altro. » Al che rispondo, che i passatempi sono per chi ha tempo
nimenti servono più per passatempo, che per altro. » Al che rispondo, che i passatempi sono per chi ha tempo d’avanzo. Ma c
ve est; dum tempus habemus, operemur bonum? ». E chi si può gloriare, che gli avanzi tempo, dovendo far penitenza di tanti
oriare, che gli avanzi tempo, dovendo far penitenza di tanti peccati, che ha commessi, pagar tanti obblighi, che ha con Dio
ar penitenza di tanti peccati, che ha commessi, pagar tanti obblighi, che ha con Dio col prossimo, con casa sua, con la sua
iere perché molti sono nel Mondo sfaccendati, e oziosi; i quali, come che variano gli umori, e ne’ gusti, variano parimente
rattenimento delle Modeste Commedie. Ridico, scrive Beltramecap. 27., che il Mondo è vario, e vari sono gli umori: e a vari
vole antidoto contro la malignità dell’ozioso morbo: ma il punto sta, che i Mercenari Comici Moderni, se non tutti, almeno
ettere loro in maniera alcuna l’arte dell’oscene Commedie. Ben li sa, che essi, e i loro amici apportano alcune scuse, con
la permissione delle Teatrali Impurità; ma chi ben le pondera, trova, che sono obiezioni di poco momento, e indegne d’esser
queste ne’seguenti Punti si dichiareranno; con quella considerazione, che si può aspettare dalla nostra debolezza. Tra tant
e, e necessaria al suo sostentamento: né vuole il diritto di ragione, che s’impedisca dal riguadagnarsi il vitto con l’Arte
ù, procura virtuosamente il suo guadagno. Tali sono i Comici modesti, che recitano modeste Commedie, per vivere con la fati
ie. Noi recitiamo per guadagnare il vivere, non avendo altro oggetto, che ne inviti, che la sola necessità  ; e però, se il
mo per guadagnare il vivere, non avendo altro oggetto, che ne inviti, che la sola necessità  ; e però, se il recitar Commed
die, fosse errore, farebbe maggior fallo, il far’ errore per diletto, che per, necessità avendo la necessità qualche privil
ne’confini dell’illecito. Il Comico Cecchino scrive ne’suoi Discorsi, che i Santip. 11. hanno mostrato, che si può, non sol
o Cecchino scrive ne’suoi Discorsi, che i Santip. 11. hanno mostrato, che si può, non solo recitare, ma vivere dell’eserciz
Urlieus in sum. cioè. Alcuni fanno il Comico più tosto per necessità, che per diletto; perché non sanno con altra Arte acqu
vitto: ne esercitano Giochi brutti, ma liberali; cioè di tal qualità che né in detti; né in fatti recano pregiudizio alcun
cuno alla Virtù;e nondimeno consolano con la giocondità: e non credo, che questi Comici siano in stato di dannazione. E io
a suo parere dicendo. Che uno sappia, dove ha da mangiare, e bere; e che voglia levar il pane alle famiglie, non so, se si
al’uno persuadesse al Principe, o al Magistrato o ad altro Superiore, che pubblicasse decreto, o legge contro i Comici Virt
erebus eorum. par. 1. l. 1. d. 2. §. 4. n. 159.. E S. Agostino avvisa che la legge, che non è giusta, non è legge. Dunque n
par. 1. l. 1. d. 2. §. 4. n. 159.. E S. Agostino avvisa che la legge, che non è giusta, non è legge. Dunque non si devono,
er mantenersi in vita. Ora per venire alla Risposta del Dubbio, dico, che i Comici veramente Virtuosi, Modesti, e Onorati,
t. Usano la voce per guadagnar il vitto. Né repugnerei a chi dicesse, che tali persone si affaticano assai per provvedersi
po di pagar i suoi debiti, e non aver comodità; onde ben si conviene, che sia compassionato, e aiutato, mentre con modestia
con modestia esercita la sua Professione. Dico poi de’ Comici osceni, che non meritano aiuto, ne compassione; e che non si
Dico poi de’ Comici osceni, che non meritano aiuto, ne compassione; e che non si devono, né possono permettere, essendo una
in peccato, alle Meretrici; cosi hanno ragione di condannare coloro, che sostentano col vitto gl’impuri, e Mercenari Comme
puri, e Mercenari Commedianti; de’ quali credo poter dire con verità, che vi vuole una grazia molto grande per fare, che es
poter dire con verità, che vi vuole una grazia molto grande per fare, che escano da quello stato: imperoché l’andare a spas
quali il Diavolo tiene si fortemente legato ogni Comico osceno, dopo che si è lasciato una volta pigliare, che egli resta
legato ogni Comico osceno, dopo che si è lasciato una volta pigliare, che egli resta come incantato, e vi vuole una grazia
lo. Punto secondo. Si aggiungono alcuni Casi. Pausania riferisce, che nella Grecia era un luogo, nomato da que’ di Delf
uella maniera di vita scandalosa. « Io mi ricordo, scrive Gambacorta, che parlando in Brescia con un Comico, che per 26. an
mi ricordo, scrive Gambacorta, che parlando in Brescia con un Comico, che per 26. anni faceva quella Professione, mi confes
n un Comico, che per 26. anni faceva quella Professione, mi confessò, che mai aveva pace alla coscienza; e mi promise di ri
. Gli anni passati in Sicilia io convinsi un Commediante, provandoli, che peccava grandemente con le oscenità; e l’esortai
arsi da tale esercizio: ma egli mezzo sospirando mi rispose. O Padre, che mi dite? Che volete da me? Se non fo’ quest’Arte,
Padre, che mi dite? Che volete da me? Se non fo’ quest’Arte, bisogna, che io pigli il moschetto e che vada alla Guerra. Qua
te da me? Se non fo’ quest’Arte, bisogna, che io pigli il moschetto e che vada alla Guerra. Quasi volesse dire: non mi sent
’anno 1641. «Io non sono buono per servire in Corte; ne ho altra Arte che la Comica, per vivere: e questo basti per giustif
staccarsi affatto, vi è bisogno di una grazia molto grande di Dio. Ma che scusa poi valevole recheranno quelli, che con un’
zia molto grande di Dio. Ma che scusa poi valevole recheranno quelli, che con un’Arte buona guadagnandosi il sufficiente vi
dei divino castigo. Loduvico Zacconi Religioso di S. Agostino scrive, che in Verona fu un certo Cesare Sonatore di tromba,
nel manoscritto de’ 200. casi al c. 118. con provisione tanto buona, che viveva con la sua famiglia molto onoratamente. Ma
no più Gentiluomini, e Signori grandi. Acquistò nome appresso quelli, che si dilettano simili persone; e ne ricevé tanti do
o simili persone; e ne ricevé tanti donativi, e cosi grosso guadagno, che con due mila scudi comprò una casa, e ogni di più
a casa, e ogni di più l’andò empiendo di mobili preziosi, e belli. Ma che permise Dio? Una notte si attaccò il fuoco in que
Dio? Una notte si attaccò il fuoco in quella casa, e lavorò si bene, che quasi mente vi lascio dell’acquistato; e l’afflit
tessi questo caso i Comici Mercenari, e osceni; e devono considerare, che meritano castigo, quando, potendo mantenersi onor
endice. Voglio aggiungere a questo Dubbio la risposta ad un’instanza, che fanno certi Comici troppo interessati nel guadagn
Comici troppo interessati nel guadagno della Scena. Dicono. Bisogna, che noi, per guadagnare i soldi necessari; al nostro
ante al Pittore secondo l’avviso del Sig. Cardinal Paleoto. Dice egli, che il Virtuoso Artefice di Pittura, per piacere alla
is solent. » Cosi dico io del Comico Moderno: egli, per piacere a chi che sia ignorante, e immodesto, non deve scordarsi de
ia ignorante, e immodesto, non deve scordarsi dell’obbligo Cristiano, che lo astringi ad anteporre l’osservanza della Divin
à, si sforzi d’usare que’ ridicoli modesti, e quelle grazie moderate, che sanno trovare gl’ingegnosi Galantuomini, e con le
solatamente tutta la brigata degli Ignoranti, e de’ poco Modesti. So, che qualche Comico osceno forse dirà. Io temo di esse
molto stimato, era modestissimo; ma di lui si divulgò questa taccia; che era troppo freddo; perché mai diceva oscenità. Io
ccia; che era troppo freddo; perché mai diceva oscenità. Io rispondo, che l’essere troppo freddo; non è errore contro la cr
senza l’oltraggio della Virtù. Anche del Comico Ganassa io ho inteso, che abbondava di ridicoli graziosi in modo, e tanto m
inteso, che abbondava di ridicoli graziosi in modo, e tanto modesti; che ogni Auditore virtuoso riceveva gran diletto dall
va gran diletto dall’udirlo, e grandemente se gli affezionava. Credo, che tra moderni, e mercenari Commedianti, non manchin
maniera necessaria per moderare la vostra oscena libertà. E sappiate che voi con le vostre indecenze vi rendete indegni de
ono le Cortigiane; acciocché siano riparo alle Donne da bene; essendo che i sensuali sono sempre in trafficocap. 43. ; e no
. ; e non potendo colpir l’une, molestano l’altre. Beltrame a quelli, che così dicono, così risponde. Non concedo che la Co
altre. Beltrame a quelli, che così dicono, così risponde. Non concedo che la Commedia sia male, né grande, né piccolo: anzi
i, come dice il Cecchino ne’ suoi Discorsi, si trovano Santi Dottori, che prescrivono il modo di far Commedie senza commett
insegna il modo di far la Cortigiana senza peccato. Ed io soggiungo, che niun Principe, e niuna Comunità si trova, che man
ccato. Ed io soggiungo, che niun Principe, e niuna Comunità si trova, che mandi a pigliare una truppa di Cortigiane alle su
trova, che mandi a pigliare una truppa di Cortigiane alle sue spese e che ad esse prometta salario, e regali; come sovente
r a far la Concubina, non sarebbe esaudita; non vi essendo Tribunale, che sottoscriva licenza di far peccato mortale; vi so
manco male. E quando la Commedia divertisce il male, non è argomento, che ella sia di meno errore: ancora il bene divertisc
il male, e pur è bene. Sin qui Beltrame: e tutto prova questa verità; che la modesta, Commedia è cosa buona; è lecita; ne è
sono molti a nostro tempo, e fanno le loro disoneste Azioni; io dico, che questi non si possono permettere; perché fanno pe
; io dico, che questi non si possono permettere; perché fanno peggio, che le Meretrici, le quali non domandano, ne ottengon
uogo pubblico, mandano per la Città un tamburino, ovvero un Trombetta, che inviti il popolo ad andar a peccare con loro; per
sa. E pure i Commedianti osceni fanno cose tali adunque fanno peggio, che le Meretrici; e con tosto ciò essi più di quelle
Noi non facciamo Commedie oscene: noi non siamo Comici disonesti. Al che io replico dicendo, che suppongo, che molti siano
ie oscene: noi non siamo Comici disonesti. Al che io replico dicendo, che suppongo, che molti siano disonesti, e nondimeno
non siamo Comici disonesti. Al che io replico dicendo, che suppongo, che molti siano disonesti, e nondimeno sono tollerati
i Commedianti osceni; e però peccano « toties, quoties », ogni volta che rappresentano l’Azioni disoneste. Aggiungo. Le Me
Commedie oscene, se levano ad alcuni l’occasione di un poco di ozio, che forse sarebbe solo peccato veniale,danno a moltis
le cacciò dal Cristianissimo Regno di Francia: e ho inteso da molti, che ne ora vi si permettono. P. o V. Pontefice di mer
amente con 9. RagioniDe fide, spe, et c. disp. 174. 5. 28. subs. 11., che non si devono permettere i Lupanari. E questo cit
.. E da queste poche cose, per tacerne altre, si può raccogliere ciò, che il moderno Cristianesimo, e i Cristiani Principi
recisa, e sradicata. E io ricordo a tali Comici, e alle Donne impure, che cessino d’abusarsi della pazienza, e benignità di
Punto quarto. Se sta buona Ragione di tollerare i Comici il sapere che da tal uno si prova, che devono esser amati. Chi
uona Ragione di tollerare i Comici il sapere che da tal uno si prova, che devono esser amati. Chi rende all’amico in vece
dio può numerarsi tra la ciurma degli ingrati: troppo indegna cosa è, che il beneficio serva con abuso per semenza d’ingrat
to senso discorronoBeltrame nel. c. 33. alcuni, e vi è, chi aggiunge, che il Comico in Scena non fa male ad alcun; perché e
ndo non v’essere quasi Professione, anzi condizione d’alcune persone, che non abbia l’animo, o l’officio intento al danno,
a induzione in prova del suo detto, la quale non è pregio dell’opera, che noi consideriamo  ; e in fine aggiunge. Solo il C
egli Scrittori, né proclamano le voci de’ Predicatori. E io confesso, che è imprudenza, e anche iniquità voler cacciare, e
lle vituperose, né l’Arte ingegnosa dalla Buffoneria. Dico io dunque, che meritano d’essere cacciati, e perseguitati que’ C
desimi, e al prossimo scandaloso. Io suppongo secondo la voce comune, che tra’ moderni Comici siano molti degni di questo v
e, e parlanti di amore con Favoriti in pubblico Auditorio, ove sanno, che sono molti Spettatori deboli di spirito, e ne con
giusta appellazione. Io non vorrei né precipitare una sentenza tale, che si potesse nomare troppo rigorosa: né affermarla
le, che si potesse nomare troppo rigorosa: né affermarla tanto larga, che trascorresse oltre i confini della troppa benigni
si può anche con proposizione considerare intorno ad altri Recitanti, che non sono Mercenari: e è la seguente. N. Comico di
ia. E se può entrare in un’altra; quando sa, o può facilmente sapere, che in lei sono Recitanti osceni. Io non ho trovata f
: e però stimo di dovere spiegare il mi senso conforme alla dottrina, che comunemente si legge intorno al Cooperatore del p
ni Comico modesto a leggere, e praticare con molta cautela quel poco, che qui io scrivo; e a volerlo conferire con qualche
dinario pecca mortalmente; perché,volendo, coopera ad un Recitamento, che secondo la sua integrità totale è grave peccato.
i vi recita; perché l’Attore è cagione più efficace, e più immediata, che non è lo Spettatore; e egli propriamente si può c
ordinario; perché forse per accidente, o molto di raro, può avvenire, che un Comico modesto entri in una Compagnia, suppone
Comico modesto entri in una Compagnia, supponendo con buona Ragione, che tutti i Compagni siano modesti, e poi in effetti
siano tali; ma egli entrato non può ritirarsi, e lasciar la Compagnia che suole durare un anno; perché non ha, con che sost
, e lasciar la Compagnia che suole durare un anno; perché non ha, con che sostentarsi: e non lo può avere con l’esercizio d
rofessione; o corre pericolo di far’ adirare qualche persona potente, che gli faccia oltraggio, danno grave, se tratta di l
cia oltraggio, danno grave, se tratta di lasciar la Compagnia, stante che essa non può senza lui fare i soliti Recitamenti;
Personaggio da lui rappresentato. Nel qual caso forse possiamo dire, che il Comico N. non pecchi mortalmente, recitando in
oralità, e si può fare senza peccato, o con peccato, e egli desidera, che si faccia senza alcuna colpa, eziandio veniale; e
a colpa deve stimar si il Capo della Compagnia, e il Compagno osceno, che è l’efficiente cagione diretta, e prossima dell’o
e cagione diretta, e prossima dell’oscenità; e non il modesto Comico, che solo « per accidens preter intentionem, et remote
rio guadagno, e per non incorrere in qualche grave sdegno di persona, che probabilmente tenterà di nuocergli più, che legge
grave sdegno di persona, che probabilmente tenterà di nuocergli più, che leggermente. Si può anche notare, che il Recitame
mente tenterà di nuocergli più, che leggermente. Si può anche notare, che il Recitamento, detto osceno per le oscenità di u
desiderando, e talvolta anche avvisando, e correggendo que’Compagni, che conosce difettosi nel morale, e virtuoso Recitame
he conosce difettosi nel morale, e virtuoso Recitamento; e però pare, che egli si possa scusare dal peccato; mentre con rag
pare, che egli si possa scusare dal peccato; mentre con ragione tale, che paia, buona a giudizio de’ Savi, continua nello s
: perché a niuno comunemente lecito si è perseverare in quello stato, che cagiona rovina spirituale al prossimo: e tale si
però occorressero circostanze tali, quali ho spiegato di sopra credo, che non sarebbe obbligato il Comico N. a ritirarsi. D
Compagnia parlando per ordinario, quando sa, o può facilmente sapere, che in lei sono Recitanti osceni, perché questo si è
vi vuole con concorrere, come Cooperatore. Ma se avvenisse, dirà uno, che mai, o quasi mai si formasse Compagnia di Mercena
n Recitante osceno; e per cagione di lui il Recitamento fosse osceno: che può fare il modesto Comico N.  ? Rispondo. Io lo
può fare il modesto Comico N.  ? Rispondo. Io lo consiglio, (e credo, che ogni dotto, e pratico Teologo, o Padre spirituale
adre spirituale bene da lui informato, non riproverà il mio pensiero) che lasci l’Arte Comica; se ha comodità di vivere sen
ito guadagno; o ponendosi alla servitù altrui; e se non trova uomini, che lo accettino per servitore in casa, (come pur tro
si risolva, se è libero, di servire a Dio in qualche sacra Religione: che così troverà il necessario sostentamento per l’an
ico di Professione, nominato tra’ Comici Dottor Graziano de’ Violoni; che in Spagna nella Città di Madrid, di Siviglia, e a
omici facoltosi. Se ciò sia vero, o no, mi rimato a’ Pratici: e dico, che , se in Italia non sono i luoghi pi eretti solamen
e pericolosa delle moderne, e drammatiche Rappresentazioni. Ma temo, che questo mio consigli da pochi sarà accettato per e
virtù della Croce di Cristo mostriamoci in vita Soldati invincibili, che così vinceremo anche nell’ultimo, vicino, e inevi
anche nell’ultimo, vicino, e inevitabile certame della Morte. Veggo, che qui tal’uno mi può rispondere, dicendo. Voi consi
e più sicuro modo di procedere, e non risolvete il dubbio principale, che travaglia non poco il Comico modesto N. Cioè. Pos
o principale, che travaglia non poco il Comico modesto N. Cioè. Posto che non voglia eseguire alcuna delle cose proposte ne
i sopra nel primo, e secondo detto. Solo aggiungo per questa materia, che molte volte la comodità si chiama necessità, e l’
modità si chiama necessità, e l’Amor proprio è un malizioso Stregone, che fa travedere gli oggetti molto diversi dalla real
e d’ogni suo interesse: e poi eseguisca diligentemente, e presto ciò, che gli sarà consigliato; o con rigore di dottrina ba
così ci prepariamo sollecitamente per l’ultimo giorno di nostra vita; che , quando sia per essere, non sappiamo. E chi vive
co’ suoi punti dottrinali può servire anche per que’ Comici modesti, che tal’ora ad instanza di qualche Principe, o di alt
enti poco modesti, essi ne saranno rei nel Tribunale Divino; e stimo, che difficilissimamente si potranno scusare da grave
Dunque fatichino essi virtuosamente nel modesto Teatro, e procurino, che ogni loro Compagno vi fatichi con Virtù, e come U
oris sui, propter Justitiam ordinat. »ser. Infer. 4. Hebd. penosa. Da che io inserisco. Dunque chi vive con l’animo ben com
. E quindi la Legge della santa Carità Cristiana, insegna alla Donna, che farà molto bene, se vorrà, ne stare alla finestra
chi mirandola facilmente pecca per la debolezza dello spirito. Vero è che lo star in finestra non si vieta per necesità all
a quale senza dubbio si porge occasione maggiore di peccato all’uomo, che con lo stare alla finestra. So, che Beltrame sent
one maggiore di peccato all’uomo, che con lo stare alla finestra. So, che Beltrame sente diversamente, ove scrive. Le Comic
non hanno tempo di girar con arte gli occhi, per far preda de’ cuori; che conviene loro star avvertite, per dar risposta a
ricolo. Così discorre questo Comico, e non nega la risposta a quello, che aggiunge cap. 34.. Oh dirà tal’uno. L’azione dell
li delle Pitture; poiché sovente corre più veloce ad un viso miniato, che alla schiettezza naturale. lo all’aggiunta di Bel
che alla schiettezza naturale. lo all’aggiunta di Beltrame aggiungo, che la Comica in Scena, essendo perita nell’Arte, sa
uta; perché verso di lui o sfoga gli affetti, o nega i vezzi, secondo che giudica meglio per allettare, e per innamorate: o
l cuore, ma muti e non molto efficaci. Non crediamo dunque al Comico, che dice. Poco male Beltr. p. 146. possono far le Don
ossono far le Donne delle Scene con i loro discorsi: e rispondiamoli, che non poco male, ma molto male, e molto grande poss
i trattengo più in questo Dubbio, e passo ad un altro, ricordando qui, che una Comica peccatrice, e trista, non solo nuoce a
c. 6. p. 74., quando scrisse. « Mirabili sono le querele, e i pianti, che il gloriosissimo Agostino fa nelle sue Confession
i . E questo tanto universalmente, e con tanto consenso degli Uomini, che apprendeva quel Santo per cosa quasi impossibile,
ll’impeto di un rapidissimo Torrente, il rimediarvi. Che più può dire che chiamar questa, usanza fiume Infernale? Ma come m
nza fiume Infernale? Ma come meglio può mostrarci il peccato mortale, che in ciò si può commettere, e bene spesso si commet
ato mortale, che in ciò si può commettere, e bene spesso si commette, che nominandolo fiume, che cammina, e conclude all’In
si può commettere, e bene spesso si commette, che nominandolo fiume, che cammina, e conclude all’Inferno? Due ben vede ogn
zi, e nelle mani de’ Giovani, e delle stesse Donzelle ancora. E quel, che è peggio, con approvazione, e precetto di color,
ancora. E quel, che è peggio, con approvazione, e precetto di color, che dovrebbero tenere simili Componimenti non men lon
ovrebbero tenere simili Componimenti non men lontani delle case loro, che il fuoco, e la peste. » Surio scrive con gran lod
che il fuoco, e la peste. » Surio scrive con gran lode di S. Ermanno, che mal volentieri leggeva le Favole de’ Poeti, quand
eniva comandato l’impararle; anzi riprendeva i suoi Maestri, dicendo, che il vero Dio riceveva oltraggio, mentre si pronunc
de’ falsi Dei con aggiunta di titoli d’onnipotenza, e di divinità: e che era una pazzia cercar i Gigli tra le spine, quand
idi in un bel Giardino. Questo errore dovrebbero pensar que’ Maestri, che per insegnar a’ Giovanetti la buona latinità, leg
gnar a’ Giovanetti la buona latinità, leggono loro pubblicamente ciò, che Terenzio, o altro Comico impuro ha scritto impura
cat, eos docere possint. » Che non possano insegnar agli Scolari cosa che sia nocevole a buoni costumi , o che induca all’i
ssano insegnar agli Scolari cosa che sia nocevole a buoni costumi , o che induca all’impietà. E facilmente urterà in questo
ligioni orthodoxa consentientes Auctores pralegantur. » Cioè. Importa che si leggano solamente Autori casti, pii, e di dott
natamente vietati con l’Indice di Pio IV. ma neanche gli altri Libri, che contengono cose brutte, e oscene. Altri Concili t
nodus Valentina sub Martino Ayala ses. I. » Ma giova a me di credere, che ad ogni virtuoso Maestro Cristiano debba per avve
virtuoso Maestro Cristiano debba per avvertimento bastare quel poco, che contiene la 7. Regola dell’Indice Romano composto
che contiene la 7. Regola dell’Indice Romano composto contro i Libri, che non si devono leggere, né tenere. Ivi si proibisc
ri, che non si devono leggere, né tenere. Ivi si proibiscono i Libri, che « ex professo » trattano, narrano,o insegnano cos
la tamenratione Pueris pralegendi erunt. » Cioè. I Maestri intendano, che si permettono loro i Libri Osceni composti da’ Ge
x aureus Babylon, inebrians omnem terram » c. 51.. Volendo accennare, che l’eloquenza vana de’ Libri osceni con il gusto de
libidinum l. 3, de sum. bono c. 13 ». E qui raccolgo io dal suddetto, che S. Ignazio Patriarca, e Fondatore della Compagnia
nia di Gesù, saggiamente comanda nelle Costituzioni p.4. c. 14. §. 2. che i Maestri si astengano dall’esplicar alla Giovent
i si contiene qualche cosa. nociva a’ buoni costumi; e vuole in caso, che si debbano leggere, siano prima purgati dalle cos
tamen Schola adhuc in latinitate ubique profecerint. » Io so in oltre che il P. Muzio Vitelleschi Generale e Successore del
egul. Com. Reg. 8. pa. 282. Meglio avrebbero fatto a seguire l’avviso che il P. Giulio Nigrone, seguendo l’autorità di Cris
. in ep. Ephes. Non voglio passare con silenzio in questo luogo ciò, che a nostro tempo è avvenuto nella Città di Perugia.
to andò ad onorare con la sua presenza quel luogo; e giunse in tempo, che il Maestro tratteneva gli Scolari in Scuola, dich
e con modo piacevole, grave, e risoluto si dichiarò con il Bonciario, che egli non voleva, che Terenzio, il quale è pieno d
grave, e risoluto si dichiarò con il Bonciario, che egli non voleva, che Terenzio, il quale è pieno di cose amatorie, e im
a sua protezione: e però lo lasciasse, e li servisse di altro Autore; che non mancavano altri forniti di buona latinità; e
di altro Autore; che non mancavano altri forniti di buona latinità; e che si potevano dichiarare senza sospetto di trovar p
buono, e bello favellare, e scrivere latino: e non andò molto tempo, che egli da’ Proginnasmi del Pontano fece una bella,
a, e giudiziosa scelta di Composizioni e le fece stampare con disegno che la loro lettura, dichiarazione, e intelligenza se
elligenza servisse per bene de’ suoi Discepoli a conseguir quel fine, che prima si aveva prefisso, dichiarando Terenzio. E
disteso il benigno Lettore; se si compiace di leggere la Prefazione, che il medesimo Bonciario compose, e stampò nel Libre
ll’illustrissimo Prelato. Ora vengo alla risposta del Dubbio, e dico: che io non posso lodare, né approvare, che i Maestri
a risposta del Dubbio, e dico: che io non posso lodare, né approvare, che i Maestri Salariati dichiarino a’ Giovanetti le A
le ragioni proposte, e dichiarate. Onde molto meno posso approvare, che I Comici moderni rappresentino al popolo le loro
ppresentazione è cosa di gran lunga più pericolosa, e più perniciosa, che quella lezione, della quale io non intendo qui de
uale io non intendo qui determinare: se sempre sia peccato, o no; nel che mi rimetto al giudizio de’ dotti, i quali avranno
io de’ dotti, i quali avranno letto in molti, e tra molti in Sanchez, che « peccant mortaliter interpretantes Libros turpes
9. d. 46. n. 43.. Ma solo intendo non approvarla, e quindi negar ciò, che da lei s’inferisce, cioè, che lecito sia a’ dison
ndo non approvarla, e quindi negar ciò, che da lei s’inferisce, cioè, che lecito sia a’ disonesti Commedianti far le Commed
5. ex Fusioribus.. E prego anche a far riflessione al seguente detto, che è, non di S. Basilio, né di altro Santo, ma del m
tichiamo la fuga della lezione de’ Libri impudichi: non è cosa nuova, che un Uomo di vita scostumata dia qualche volta ad a
ci non potranno recitarle pubblicamente? Io riferirò in Italiano ciò, che risponde in Latino il citato Autore. Molti stiman
imano assaissimo questa Ragione: ho udito da Uomini, per altro dotti, che ella è insolubile: ma non dicono ciò meritamente.
insolubile: ma non dicono ciò meritamente. Desiderare voi di sapere, che cosa di più abbia la Scena in modo, che quelle co
te. Desiderare voi di sapere, che cosa di più abbia la Scena in modo, che quelle cose, che appena sono cattive fuori di Sce
i di sapere, che cosa di più abbia la Scena in modo, che quelle cose, che appena sono cattive fuori di Scena, subito divent
rò prestamente. Ha i Gesti, i Volti, le Voci. E voi molto ben vedete, che tali cose hanno gran forza, e sono molto potenti
lizie, or tutta si oscura in mestizia: e gli occhi insomma sono tali, che voi li potete con le stelle paragonare. Mirate il
uta dell’occhio, né dalle voci; ma muta se ne sta, languida, e monca; che però Tullio disse, che l’Azione era la vita dell’
le voci; ma muta se ne sta, languida, e monca; che però Tullio disse, che l’Azione era la vita dell’Orazione. E Quintiliano
disse, che l’Azione era la vita dell’Orazione. E Quintiliano scrisse, che infinite cose più dilettano udite, che lette. « D
azione. E Quintiliano scrisse, che infinite cose più dilettano udite, che lette. « Documento sunt vel Scenici Actores, qui
, ut nos infiniti magis eadem illa audita, quam lecta delectent. » Ma che farà poi se voi alle suddette cose aggiungete il
omposta, e con graziosa varietà distinta, e arricchita? E direte voi, che è il medesimo pericolo di peccato, o si leggano l
mo una Commedia scritta Equivoca Commedia, se si paragona con quella, che nel pubblico Teatro è recitata: ne questa con que
blico Teatro è recitata: ne questa con quella più si confà di quello, che convenga un uomo vivo con un uomo esangue, morto,
e le parti del proposto Dubbio con quella maggior chiarezza, brevità, che si può aspettare dalla mia debolezza; ma perché s
e legibus. Valentuomo, ragionando contro i moderni Commedianti, dice, che le Leggi e i Legislatori secondo la dottrina di P
ori secondo la dottrina di Platone ne devono mirare a tre cose: cioè, che la Repubblica viva nelle libertà, che goda la pac
devono mirare a tre cose: cioè, che la Repubblica viva nelle libertà, che goda la pace, e che abbia la mente sana. Or quest
cose: cioè, che la Repubblica viva nelle libertà, che goda la pace, e che abbia la mente sana. Or queste tre cose perverton
ana. Or queste tre cose pervertono i Commedianti osceni; perché fanno che i Cittadini servano a’ Vizi; che tra loro nascano
o i Commedianti osceni; perché fanno che i Cittadini servano a’ Vizi; che tra loro nascano discordie; e che molti perdano l
no che i Cittadini servano a’ Vizi; che tra loro nascano discordie; e che molti perdano la sanità della mente, commettendo
voglio discorrere per via di Punti, r Dubbi secondo il solito a fine, che in tutti si vegga praticato il detto breve di S.
isfar a me stesso in questo Dubbio, bastami ponderar un poco di quel, che il P. Luigi Albrizio scrive nella sua eloquentiss
entovarsi in questo luogo la sacrosanta autorità del Sommo Sacerdote, che tiene il posto di Vice Dio in terra, del quale è
in terra, del quale è lecito avere opinioni, o formar concetti altro, che riverenti,e in tutto conformi a quelli, che di un
o formar concetti altro, che riverenti,e in tutto conformi a quelli, che di uno di essi lasciò scritti S. Bernardo l. 2. d
tione Christu. » E chi ardirà di porre la bocca in Cielo? Lascio ciò, che l’addotto Padre aggiunge eloquentemente, e dico.
r bocca in quel sacro, Apostolico, e animato Cielo, essendo persuaso, che quel Superiore de’ Superiori, che viene eletto al
e animato Cielo, essendo persuaso, che quel Superiore de’ Superiori, che viene eletto al Vicariato di Cristo, non deve ess
sere, née dotato di una mezza bontà, la quale si contentò Aristotele, che fosse nel Superiore dicendo. « Saltem sit semibon
Satanasso: tra’ quali uno si è quello delle correnti Commedie impure, che sono grandemente nocive alla Cristiana Onestà. E
a. 2. c., e per un certo onesto rilassamento con qualche diletto; ma che tal diletto non si cerchi in operazioni ovvero in
vi zelanti, e buoni, approvano gli eccessi Teatrali; anzi hanno caro, che i Predicatori, e i Padri Spirituali in luogo loro
i Predicatori, e i Padri Spirituali in luogo loro, avvisino i popoli, che si guardino dagli inganni de’ Commedianti osceni,
uardino dagli inganni de’ Commedianti osceni, e scandalosi. In oltre, che altro sono tanti Libri, tante prediche, e tanti s
non sub censura, almeno sottoo pena di censura, almeno in modo tale, che a parere de’ Dotti basti sufficientemente; accioc
arere de’ Dotti basti sufficientemente; acciocché i Fedeli intendano, che non si devono recitare, né ascoltare. D. Francesc
devono recitare, né ascoltare. D. Francesco Maria del Monaco scrive, che più volte era stata fatta questa obiezione In Par
a ancora quelle Commedie stampate, delle quali intendono i Superiori, che sono perniciose alla Cristianità; come si fa anch
provazione, e poi vietati, proibiti, sospesi . E io tengo certissimo, che se si sapesse la moltitudine gravezza de’ peccati
ngo certissimo, che se si sapesse la moltitudine gravezza de’ peccati che cagiona la comparsa delle Donne in Banco, o in Sc
olto perniciosa. E prego umilissimamente il gran Padre de’ lumi Iddio che degni per sua bontà d’illuminare, e di muovere a
lazioni, acciocché quanto prima usino il necessario provvedimento. So, che scrive Menocchio. « Simplex tollerantia non argui
, Dei precepta esse observanda » De arbit. Iudic, cas. 69. n. 64.. Da che io raccolgo, che i Papi, e gli altri Superiori Ec
se observanda » De arbit. Iudic, cas. 69. n. 64.. Da che io raccolgo, che i Papi, e gli altri Superiori Ecclesiastici non a
entono all’abuso Teatrale delle pubbliche oscenità; ma se forse pare, che ne mostrino qualche tolleranza, ciò avviene; perc
di certo, le proibirebbero per sempre dalla Cristianità, comandando, che le Rappresentazioni Teatrali, e il Teatro fossero
ntur. » Seneca ep. Punto secondo. Che si può dire di que’ Principi, che tollerano, o che ostentano i Commedianti osceni.
. Punto secondo. Che si può dire di que’ Principi, che tollerano, o che ostentano i Commedianti osceni.   Due difficoltà
« coram deputatis Censoribus », e poi in pubblico. E piacesse a Dio, che un tal costume ora si praticasse da’ nostri Comic
atim ante deponerent, qua eas Populo in Scena cantitarent. » Ma dato, che alcun Principe tolleri con negativa permissione l
lleri con negativa permissione le Commedie oscene: non per ciò segue, che non pecchino i Recitanti, e gli Spettatori: perch
o i Recitanti, e gli Spettatori: perché la tolleranza dell’inferiore, che è un terreno Principe, non deroga alla legge di D
ll’inferiore, che è un terreno Principe, non deroga alla legge di Dio che è  Rex Regum e è Superiore ad ogni Principe, e il
trici: e non dimeno esse peccano mortalmente; e peccano anche quelli, che con semplice fornicazione si domesticano con loro
ndimeno secondo alcuni Dottori peccavano ripudiando le loro Mogli. Or che diremo della permissione di un Principe? Certo ch
le loro Mogli. Or che diremo della permissione di un Principe? Certo che ella non farà. che i Commedianti osceni, e i loro
che diremo della permissione di un Principe? Certo che ella non farà. che i Commedianti osceni, e i loro Spettatori non pec
on essere più importunati, e per non parer tanto austeri. Ma io dico, che la permissione del male non è lecita secondo S. T
presentasse al suo cospetto per ragionarne e di più non avesse caro, che si scrivesse né che si predicasse, per illuminar
cospetto per ragionarne e di più non avesse caro, che si scrivesse né che si predicasse, per illuminar il Popolo a poter, e
na volta mi sono ritrovato; e forse ad altri sarà avvenuto lo stesso, che si deve fare? Che partito si può pigliare? Forse
si può praticare la dottrina del precetto della fraterna correzione, che per essere affermativo non obbliga « ad semper ».
che per essere affermativo non obbliga « ad semper ». E qui si vede, che non v’è speranza di frutto; e però si può differi
e provvedimento; perché il parlare, o lo scrivere contro, può essere, che sia tenuto per troppa, e indiscreta liberta, e pe
cientiam  e per disprezzo virtuale dell’autorità del Superiore, quasi che si giudichi degno di grave biasimo come troppo fa
legittima superiorità. Ma per rispondere all’altra parte del Dubbio, che contiene l’obiezione del sostentamento, dico, che
a parte del Dubbio, che contiene l’obiezione del sostentamento, dico, che quando un Principe con donativi, e con altre prov
s ludis utuntur, peccant, quasi eos in peccato foventes. » E io dico, che si può anche temere assai, e che il Principe pecc
os in peccato foventes. » E io dico, che si può anche temere assai, e che il Principe pecchi non solo di fomentazione nel p
fomentazione nel peccato; ma di scandalo ancora per le grosse spese: che però si odono spesso ne’ Popoli gravi mormorazion
esso ne’ Popoli gravi mormorazioni contro que’ Principi, o Superiori, che a loro spese, o con le contribuzioni di altri sos
di essere cacciati per le loro poco modeste Rappresentazioni. E vero, che alle volte i Principi si muovono a donare solleci
muovono a donare sollecitati più dalla presunzione de’ Comici tristi, che dal merito de’ virtuosi: onde scrive il Cecchino
o pag. 20. I Principi, i quali si veggono far regali a questi Comici, che non li meritano, non lo fanno, perché si compiacc
no, non lo fanno, perché si compiacciono delle loro sciocchezze; ma è che per lo più chi manca in virtù abbonda di presunzi
temerariamente domandano e sfacciatamente importunano; e il Principe, che è grande, non può dar poco; tal che per levarsi d
mente importunano; e il Principe, che è grande, non può dar poco; tal che per levarsi dall’importunità di questi da molte v
l che per levarsi dall’importunità di questi da molte volte assai più che non fa alla virtù degli altri. Lascio il resto de
ones. » Punto terzo. Se l’esempio di un Principe, o di un Superiore, che permette le Commedie Oscene perché il popolo ne g
empla non arctant Regulam. » E si deve correggere con pio rimedi ciò, che è pessimo per l’esempio. « Quod exemplo pessimum
dio. » E il famoso Imperator Giustiniano con voce universale decretò, che si doveva giudicar delle cose conforme alle Leggi
sed comites ad Gehennam inquirere. » E quindi io rispondo al Dubbio, che non è buona Ragione per la permissione delle Comm
ne delle Commedie Oscene l’esempio di un Principe, o di un Superiore, che le permette, perché il popolo ne gusta. E se il C
gi, dalle necessarie gravezze, e dalle poche faccende spaventata; ove che gli spassi, e le Commedie levano la malinconia a’
tto questo può passare, dico io, ma non può già passare, come lecito, che si mantenga la Città allegra con le disonestà Tea
rent. » Cressolio in Mystago. L. 4. c. 16. E io qui non devo tacere, che non tutti gli uomini di un Popolo gustano delle o
, e per la prudenza, e per lo zelo riguardevoli, i quali hanno gusto, che s’impediscano gli osceni Commedianti dal Recitame
far le loro solite, e oscene Azioni: e prima di cominciarle, occorse, che di notte fu trovato un biglietto sotto la porta d
scritto indirizzato ai Padre Rettore del Collegio, e dentro avvisava, che erano venuti i Commedianti, peste de’ buoni costu
e diligenza per rimediar presto all’urgente necessità di molte anime, che erano per cadere in moltitudine grande di peccati
ra de’ Comici osceni in una Città si può giudiziosamente argomentate, che ne’ Popoli vivono al certo molte persone virtuose
i quali, come nota il P, Gio. Buseo in Panar. V. Spectaculi., dicono, che il Principe procede imprudentemente, levando al P
c. 10. al diritto di questo Punto il Sig. Fabio Albergati nel tenor, che segue. Con ciò sia che per autorità del Filosofo
uesto Punto il Sig. Fabio Albergati nel tenor, che segue. Con ciò sia che per autorità del Filosofo il gioco è in vece del
mportante appresso tutti i Popoli, e massimamente valorosi, e grandi, che in essa non pure sommo studio, ma spese fuor di m
o. I Greci avevano in costume alcuni Giochi, e in modo gli stimavano, che con mirabile concorso della Nazione erano celebra
esti Giochi furono i Piti, gli Olimpi; i Nemei, e gl’Istmi. E avvenga che fossero dedicati ad Apollo, a Giove, e a Nettuno;
larmente gli Ateniesi delle pubbliche ricreazioni furono tanto vaghi, che ad esse gran parte delle entrate del comune desti
arte delle entrate del comune destinarono, con severa legge vietando, che niuno sotto pena della vita osasse di contraddirl
, quale debba essere. La onde presupposto per autorità di Aristotile, che il Gioco sia riposo, vedremo; qual Gioco in ciò s
ngono, o per la maggior parte, ferite, e morte d’uomini, nella guisa, che erano quelli de’ Gladiatori; i combattimenti degl
egli uomini con le fiere saranno dal Re vietati; e quelli similmente, che lascive cose rappresentando, e contrarie a’ costu
contrarie a’ costumi onorati, hanno forza di corrompergli. Rispetto, che indusse Platone a discacciar dalla Repubblica sua
petto, che indusse Platone a discacciar dalla Repubblica sua i Poeti, che con disoneste imitazioni Vizi sconvenevoli ne’ Po
mitazioni Vizi sconvenevoli ne’ Popoli introducevano. Lasci il resto, che scrive questo nobile Politico; bastando il soprad
le Politico; bastando il sopraddetto, e massimamente ove dice chiaro, che il Re, (diciamo noi, ogni altro Superiore), deve
badaniera. Non è buona ricreazione l. 1. c. 11. della Tribul. quella, che è nociva a buoni costumi, e distruggitrice dei vi
e, e ampliazione di tutti i Regni. Non voglio tacer ancora quel poco, che il P. Giulio Rag. 100. Mazarino scrive con questa
to, se non le oneste,e onorate Rappresentazioni. Io adunque concludo, che le Commedie oscene non sono da tollerarsi; perché
perché il popolo ne gusta: e prego tutti con le parole di Crisostomo, che ce ne ritiriamo, e facciamo diligenza, che gli al
n le parole di Crisostomo, che ce ne ritiriamo, e facciamo diligenza, che gli altri se ne ritirino; poiché tutto quello, ch
acciamo diligenza, che gli altri se ne ritirino; poiché tutto quello, che ivi si fa, non è diletto, ma rovina, ma pena, ma
ima resolvatur. » Nelle ricreazioni, e nelle burle si deve attendere, che la gravità dell’animo non si risolva in tutto « I
Cristianos mores sint artefacta. » Gir. Fior. P. 16. Comed. Guardati, che i gusti, coperti col velo di modesta ricreazione,
ici per la distruzione de’ cristiani costumi. E io concludo, e spero, che si risolverà a guardarli con diligenza chiunque s
vazione a cose di malvagità. E nel caso delle Commedie, io non credo, che siano oscene, o almeno siano tenute tali da Princ
edo, che siano oscene, o almeno siano tenute tali da Principi quelle, che essi approvano con la loro autorità: e accetto pe
nec ad mortis firmandos proponerent hæc paradigmata. » Perché quelli che con pia sollecitudine prescrivono le Leggi del be
e fu saggio l’accorgimento di Aristide Orat. de non agendis Com., con che avvisò. Se noi ci serviamo, non di qualsivoglia p
e Superiori quando approvano le Azioni per lo Recitamento; vogliono, che siano come tante Regole informative della Virtù,
o far rivedere le Azioni, danno licenza a’ Comici di recitare, dico, che credo la concedano sotto i termini lecitissimi se
o la concedano sotto i termini lecitissimi senza pensier, o sospetto, che poi i Comici trascorrano fuori di tali termini, a
o stesso, in quanto al dar licenza con la moderazione; e fu aggiunto, che non toccava al Superiore informarli di poi intorn
no all’uso, ovvero abuso dell’ottenuta licenza. Ma io sono di parere. che tale aggiunta non sia vera; né ben fondata. Con t
a non sia vera; né ben fondata. Con tutto ciò da questi casi vediamo, che i Superiori danno licenza, non di far le Commedie
avviso di là venuto. Si attende in breve una Compagnia di Comici, già che dal Pubblico è stata data licenza di far Commedie
tale trattenimento di minor danno alla Città di: qualsivoglia altro, che si permetta nelle veglie dell’Inverno. Ma io stim
voglia altro, che si permetta nelle veglie dell’Inverno. Ma io stimo: che , come quella proibizione merita somma lode, così
lecite, non già le illecite, e oscene: Anzi gli stessi Comici sanno, che molte volte sono stati castigati, e banditi da Ve
commessi ne’ Teatrali Recitamenti delle loro mercenarie Commedie. Ma che ? Infino Beltramecap. 26. Comico scrive a difesa d
lle licenze in questo modo. Forse uno dirà per suo discarico: è vero, che i Superiori concedono tali licenze:ma vengono per
li licenze:ma vengono persuasi sotto fini lecitissimi: e il mal poi è che le persone trascorrono fuori de’ permessi termini
on concede licenza di rappresentare disonestà. Punto quinto. Se, già che la Moderazione; o la Proibizione de’ Superiori no
i può tollerare l’abuso delle Commedie oscene. Misero quell’infermo, che per timore di ricadere, dopo che sia guarito, nel
medie oscene. Misero quell’infermo, che per timore di ricadere, dopo che sia guarito, nell’infermità, non prezza l’applica
i medicamenti, e s’abbandona nel male; egli è simile ad un peccatore, che temendo del recidivo, si risolve di continuare ne
uesta forma. La Moderazione o la Proibizione non giova a lungo tempo, che però si vede, e si prova con l’esperienza, che ta
n giova a lungo tempo, che però si vede, e si prova con l’esperienza, che tante volte sono state moderate, e proibite le Co
moralmente disperato, e irrimediabile. Prima di rispondere confesso, che qui si può ricordare la sentenza di S. Ciprianode
nuovo, e più volte, e con facilità proibire, S. Tommaso dichiarando, che la Legge DivinaI. 2. q. 91. a. 4. c. §. 4. quia i
cui si proibiscono tutti i peccati; e per conseguenza quelli ancora, che nascono dalle Commedie oscene. Aggiungo, che anch
nseguenza quelli ancora, che nascono dalle Commedie oscene. Aggiungo, che anche dalla Legge Canonica in più luoghi sono pro
anche secondo il fine di tali Leggi. Non vuole il diritto di Ragione, che si lasci correre il male senza qualche buono e be
ondere compiutamente alla sua carica, e obbligazione. Si può sperare, che il Successore conservi l’ordine per quella massim
e, che il Successore conservi l’ordine per quella massima universale, che è più facile conservar l’osservanza di una Legge
ù facile conservar l’osservanza di una Legge promulgata, e accettata, che sia l’introdurla da principio contro molte diffic
soddisfaccia alla sua coscienza; e così vigili con la sua tolleranza, che non dorma la disciplina Ser. 24. de ver. Apostoli
no udendo le Commedie; e poi ancora commettono que’ peccati peggiori, che non potevano commettere a tempo delle Commedie: o
o il mal peggiore, ma lo fa differire in altro tempo. E chi mai vide, che un Concubinario, per udire Commedie disoneste, la
er frequentato le Commedie? Sono tutte menzogne: il palazzo de’ Vizi, che è l’osceno Teatro, non addottora, come scuola del
scuola delle Virtù, chi lo frequenta: e se pure tal volta è avvenuto che un tristo, udendo qualche brutta Commedia, si sia
o brutto vizio; sarà dato un gran miracolo della misericordia di Dio, che , come sapientissimo Artefice, sa da una spinosa p
inosa pianta far nascere una bella rosa: ma quanti sono stati quelli, che andando senza Vizi, o con pochi Vizi alle oscene
iato la briglia all’appetito sensuale, e alle loro passioni? Un fiore, che nasca in una selva non la converte in bel giardin
atrali, e mortali oscenità. E alla risoluzione si muova considerando, che del Teatro osceno si verifica il breve detto del
. 4. Ver. ep. 12. scrive del Magistrato un avviso di gran sostanza; e che può accomodarsi anche ad ogni Superiore. « Magist
i permissione sia sconvenevole, e illecita . E nel caso del guadagno, che si ritrae dalla Commedia, scrive pag. 129. cap. 4
pagna, in Napoli, in Milano, e in altri Paesi, prenderebbero l’utile, che si cava da’ palchetti, gallerie, e sedie alla Com
nti altri esercizi men nobili, o più stimati della Commedia. Io dico, che molti luoghi prendono una porzione dell’utile, ch
Commedia. Io dico, che molti luoghi prendono una porzione dell’utile, che si cava dalla Commedia; e che il guadagno è dell’
uoghi prendono una porzione dell’utile, che si cava dalla Commedia; e che il guadagno è dell’istessa natura, e non dazio, o
il guadagno è dell’istessa natura, e non dazio, o tassa: e però dico, che il guadagno della Commedia non è altro, che giust
io, o tassa: e però dico, che il guadagno della Commedia non è altro, che giusta mercede. Sin qui Beltrame, il quale ragion
orre il presente Dubbio, a cui; rispondo io con la negativa, e tengo, che niun Magistrato, né altro Superiore possa permett
alla permissione delle Commedie turpi, fa questa obiezione dell’utile che se ne caca per sostentamento di molti Ospedali, e
spedali, e per la cura di molti corpi infermi. E risponde, mostrando, che tal Ragione non è bastevole a giustificare la tol
che tal Ragione non è bastevole a giustificare la tolleranza; e dice, che questo è un crocefiggere Cristo, acciocché siano
ché siano medicati alcuni infermi è uno stimare minore inconveniente, che molte anime vadano in perdizione, che muoiano poc
o stimare minore inconveniente, che molte anime vadano in perdizione, che muoiano pochi corpi. Qui forse altri ricorderanno
in perdizione, che muoiano pochi corpi. Qui forse altri ricorderanno, che sono tollerare le Meretrici pubbliche in alcune C
Dunque; si possono anche tollerare le oscene Rappresentazioni, posto che se ne cavi qualche buon .emolumento per sovvenire
mento per sovvenire al bisogno de’ luoghi pii. Rispondo. Verissimo è, che non mancano Città nel Cristianesimo ove le Conver
coltà alle dette Convertite, e non lo facendo, perdono tutta la roba, che a beneficio di quelle si applica al Monastero. Ma
he a beneficio di quelle si applica al Monastero. Ma non concedo già, che ; la Ragione di tollerare le pubbliche Meretrici s
delle Convertite; ma bensì l’inconveniente di altri peccati maggiori, che s’impediscono con la tolleranza delle Meretrici;
uperiore la permissione delle Teatrali, e pubbliche oscenità. È vero, che S. Tommaso chiaramente insegna, che l’umano 2. 2.
li, e pubbliche oscenità. È vero, che S. Tommaso chiaramente insegna, che l’umano 2. 2. q. 10. a. 11. c. reggimento si deri
2. 2. q. 10. a. 11. c. reggimento si deriva dal reggimento divino, e che lo deve imitare. E Dio, benché sia onnipotente, e
E Dio, benché sia onnipotente, e sommamente buono, nondimeno permette che si facciano alcuni mali nel Mondo, quali potrebbe
nvertite, ovvero ad un Ospedale di poveri infermi, non si può negare, che non sia bene, anzi un gran bene; perché è un mant
tore Caietano, e del Navarro. Dice Caietanoin 2. 2. q. 10. a. 11. c., che la permissione de’ peccati si deve esaminare sì p
a permissione de’ peccati si deve esaminare sì per la parte del bene, che non s’impedisca; sì anche per la parte del male,
parte del bene, che non s’impedisca; sì anche per la parte del male, che non segua. « Ad has causas; examinanda est permis
aggiunge egli, ne permisso sit admista partecipationi. » Ma guardati, che la permissione non sia mischiata con la partecipa
l dire secondo l’interpretazione di NavarroIn Manuali c. 17. n. 195., che niuna permissione di peccato è lecita con la part
cita non è la sua permissione. E non giova il replicare. I Superiori, che permettono le Commedie oscene, non partecipano pu
uoghi bisognosi; non giova dico perché essi sono la cagione efficace, che altri ne partecipino; e questo non possono lecita
rmissione. E chi mai stimerebbe lecito ad un Superiore il permettere, che alcuni uomini tristi guadagnando molto nella Citt
la debolezza del mio intendimento al luogo di S. Tommaso. Dice egli, che i Superiori lecitamente tollerano alcuni mali, « 
mittit aliqua mala, ne majora bona » si levino: così deve intenderli, che di poi dica. I Superiori « aliqua mala tollerant,
qua mala tollerant, ne aliqua bona maiora impediantur ». Ora io dico, che il mantenimento corporale, o delle Convertite, o
dale o de’ Bisognosi di altro luogo pio, non è bene maggiore di quel, che sia il mantenimento spirituale, e la vita della g
mantenimento spirituale, e la vita della grazia d’innumerabili anime, che la perdono per rispetto della Commedia oscena; e
unque sarà lecita al Superiore la permissione sua per questa Ragione, che con parte di quel guadagno sostentano i corpi di
ù gran bene, e incomparabilmente maggiore, si è il prevenire l’anima, che non cada nella gran miseria dal peccato mortale,
e Commedie, è una moltitudine di tanti, tali, e così perniciosi mali, che , come dice S. Crisostomo, non si può .dichiarare
edano volentieri il Fiat alla mia umilissima, e giustissima Supplica, che porgo loro facendo instanza, che caccino lungi da
umilissima, e giustissima Supplica, che porgo loro facendo instanza, che caccino lungi da se la Permissione di un abuso ta
incundum est. » Capo Quinto. Delle difficoltà prese dagli Autori, che hanno scritto contro le Commedie oscene. La Gu
gli Autori, che hanno scritto contro le Commedie oscene. La Guerra che gli Scrittori Cristiani sempre hanno fatto contro
ano diligenza, non solo per ritirarne i Fedeli; ma anche per ottenere che si levassero affatto le Rappresentazioni scandalo
ndalose recitate da persone scostumate: quali sono le Commedie oscene che oggidì ancora si veggono Rappresentate da molti M
ari e poco modesti Commedianti. E questa impresa è tanto convenevole, che l’istesso Comico Beltrame ha scritto a suo favore
e l’istesso Comico Beltrame ha scritto a suo favore dicendo cap. 27., che è bene levare la Commedia scandalosa recitata col
ecitata col mal costume delle persone poco timorate di Dio. E io dico che scandalose sono le Commedie correnti de’ Mercenar
ceni; e contro di loro vagliano i molti argomenti e le molte dottrine che gli antichi, e moderni Scrittori hanno pubblicato
tatio Fidei est. » Ora cominciamo a rispondere, ad alcune difficoltà, che a favore della permissione delle Commedie oscene
medesimi Scrittori. Punto primo. Se i Padri, e i Dottori antichi, che scrissero contro gli antichi Spettacoli si devono
i, dottrine, e autorità degli antichi Padri e Dottori: perché dicono, che quelli non condannano le correnti Azioni burlesch
cce pericolose di morte e i Giochi istituiti, in onore de’ falsi Dei: che erano cose molto diverse dalle moderne Ricreazion
à rispondo solamente co’ seguenti. Autori, lasciando tutti gli altri, che forse avrà veduti, o può vedére l’erudito Lettore
vien fatta a nostro Signore con essi e per la corruttela de’ costumi, che ne segue alla Repubblica. Il P. Giulio Mazzarino
costumi, che ne segue alla Repubblica. Il P. Giulio Mazzarino scrive, che ciò si dice senza fondamentoRag. 109.. Leggansi i
dice senza fondamentoRag. 109.. Leggansi i Dottori e si vedrà chiaro, che riprendono anche gli Spettacoli osceni, e burlesc
ne di Padri, e di Dottori, e professa di citar solamente que’ luoghi, che condannanot. de Virtutibus l. 6. 5. 2. c. 11. l’u
ndannanot. de Virtutibus l. 6. 5. 2. c. 11. l’uso de’ teatri in modo, che vengono anche a condannare l’uso del nostro tempo
i due secoli antichi ma quasi di tutti i tempi. E io questa obiezione che gli Spettacoli antichi erano più disonesti: e che
io questa obiezione che gli Spettacoli antichi erano più disonesti: e che i Padri scrissero contro di loro risponde cosi. «
, con fare scelta di que’ luoghi presi da’ Padri, e da’ Dottori amici che servono per una manifesta condannazione delle mod
arlo con la dottrina di S. Giovanni Crisostomo pag. 8. de’ Discorsi., che sono ormai 1207. anni, che morì, che questi siano
Giovanni Crisostomo pag. 8. de’ Discorsi., che sono ormai 1207. anni, che morì, che questi siano li medesimi con quelli, e
risostomo pag. 8. de’ Discorsi., che sono ormai 1207. anni, che morì, che questi siano li medesimi con quelli, e chiamarli
ostumi, né l’opere loro della stessa natura? Ne cosa immaginabile v’è che imiti il dissoluto, non che dissoluta sia per se
a stessa natura? Ne cosa immaginabile v’è che imiti il dissoluto, non che dissoluta sia per se stessa? Io rispondo, che S.
imiti il dissoluto, non che dissoluta sia per se stessa? Io rispondo, che S. Crisostomo, e molti altri antichi Dottori, pre
i condisce cibo saporito al nostro palato: e molto pochi sono quelli, che non restino trafitti, e sconsolati, quando senton
poco onore, nella Città seguiti, e persone viziose descritte in modo, che senza nominarle vengono conosciute: ancorche molt
ciò per bene: e tra questi S. Ludovico Re di Francia, il quale voleva che la vergogna delle Anime cattive, in pubblico rapp
ttive, in pubblico rappresentate, facesse arrossire gli scostumati; e che per ciò s’emendassero. E Socrate, trovandosi dell
la punizione: ne meno casi occorsi in disonor delle famiglie; atteso che più sono i viziosi, che i ben accostumati; e niun
asi occorsi in disonor delle famiglie; atteso che più sono i viziosi, che i ben accostumati; e niun ha caro d’essere sotto
ale; ove ha fatto menzione di Socrate mi ha ridotto alla memoria ciò, che scrive Paolo Manuzio l. 3. Apophth. nu. 81. di qu
à l. 3. de civis. c. 8., aggiungo il detto di Vives sopra S. Agostino che nell’antico tempo la Commedia fu proibita per la
ade fu per comando di lui sommerso nel mare Nondimeno secondo quello, che brevemente accenna il Navarro, il Principe talvol
quod raro fit absque peccato mortifero. » Nel qual caso può avvenire, che i Comici non pecchino recitando; come credo non p
recitando; come credo non peccando nel moderno Recitamento Satirico, che qui aggiungo. Un famoso Comico se ne andò la sua
i lui presenza: e ottenuto il placet, supplicò di nuovo, aggiungendo, che bramava poter parlare con libertà: di che constat
licò di nuovo, aggiungendo, che bramava poter parlare con libertà: di che constatatosi il Re, tosto si pose in ordine una C
rimessi al Regio Tesoriere, per ricevere la dovuta soddisfazione: Ma che ? Il Tesoriere si scusava dicendo, e ridicendo, a
Tesoriere si scusava dicendo, e ridicendo, a tutti con ogni serietà, che veramente non era danaro nel Tesoro. Noi credevan
Noi credevano essi, ma    pure udendo tante affermazioni e repliche, che non v’era danaro; si stringevano nelle spalle fac
sgrazia. Quando ecco uscire, nella Scena un Venditore di certi pesci, che si chiamano nel linguaggio di quel Regno con un n
erti pesci, che si chiamano nel linguaggio di quel Regno con un nome, che nell’Italia risponde, al nome di Ruffiano. Subito
o; gli sono intorno, dicono di voler comprare que’ pesci Ruffiani; ma che non sono freschi. Risponde il Venditore: v’ingann
on maraviglia, e con plauso di tutti gli Spettatori. Allora i Comici, che rappresentavano i mal contenti del Re, cominciaro
ove si consumano; nel pagare i Ruffiani, e le Ruffiane. O miseri noi, che maraviglia, che non sia pecunia nel Tesoro. Ha ra
; nel pagare i Ruffiani, e le Ruffiane. O miseri noi, che maraviglia, che non sia pecunia nel Tesoro. Ha ragione il Tesorie
lia, che non sia pecunia nel Tesoro. Ha ragione il Tesoriere di dire, che non ci può soddisfare: il Ruffianesimo ha levato
questi motti Satirici, e queste mordaci riflessioni il Re s’accorse, che erano dette contro di se per istruzione data dall
lantuomini; la mia Consorte vi ha posta la mano. Volendo significare, che aveva loro ordinato, che domandassero licenza di
te vi ha posta la mano. Volendo significare, che aveva loro ordinato, che domandassero licenza di far una Rappresentazione
iricamente contro di lui; acciocché si correggesse dalle molte spese, che faceva nel mantenimento di femmine, e di uomini,
ndegni Torcimani, e disonesti Paraninfibw de’ suoi amori. Io concedo, che altre cagioni buone possono avvenire, per le qual
un Principe, o altro, Superiore dia lecitamente licenza, o permetta, che si reciti qualche Commedia satirica; e ho saputo
o da un Gentiluomo degno di fede, e pratico del Teatro, e Fiorentino, che gia in Fiorenza si recitavano Commedie satiriche
per cagioni stimate buone da’ Superiori. Ma non posso già concedere, che sia per trovarsi qualche buona ragione,che giusti
a non posso già concedere, che sia per trovarsi qualche buona ragione, che giustifichi la licenza, o la permissione della Co
rché niuna di tal fatta corre tra’ Dotti, né si può allegare. E vero, che Battista Fragoso De reg. Reip. Par. 1. l. 1. d. 2
minus malum, ut deterius, et gravius evitetur. ». lo concedo ancora, che Azor par. 1. l. 8. c. 22. q. 13. scrive chiaramen
sape populus peccat. ». Ma la dottrina di questi Teologi, e d’altri, che potrei portare, intorno alla permissione di un ma
. 28. subs. 11. E però Hurtado, scolasticamente disputando, conclude, che secondo S. Tommaso è illecita la permissione dell
er illud vitetur aliud, quod sine illo vitari non potest ». Aggiungo, che il male delle oscene Commedie non è mal minore, m
, aut parva esse, auto nulla creduntur. »in Enchir. C. 82. Aggiungo, che Azor non parla chiaro, e specificatamente delle O
ca virtù, e abuso, vi commettano qualche peccato. Ovvero si può dire, che Azor, alludendo alla dottrina di Navarro, intenda
riche: le quali alle volte sono permissibili; benché avvenga di raro, che non vi si pecchi gravemente; delle quali Commedie
si pecchi gravemente; delle quali Commedie Satiriche io ricordo ciò, che il Sig. Fabio Albergati scrive nella sua Repubbli
meritasse imitazione, per avventura contro que’ Soggetti converrebbe, che per pubblico giudizio fossero stati legittimament
co giudizio fossero stati legittimamente giudicati infami, di miniera che in parte della pena loro cotali biasimi entrasser
detto di questo savio Scrittore si conferma il nostro pensiero, cioè, che qualche volta può essere permesso la Commedia Sat
a Commedia Satirica; ma la Oscena non può già mai: quella è un Serpe, che alle volte può giovare; questi è un Basilisco, ch
quella è un Serpe, che alle volte può giovare; questi è un Basilisco, che sempre uccide: e però gli Attori di lei, e i Prot
ri di lei, e i Protettori piangano per tempo i molti, e gran peccati, che hanno commessi per sua cagione. « Quam magna deli
porterà pericolo sentire per suo avviso quel motto vulgato, e antico, che il Cieco non giudica de’ colori: ovvero sarà para
giudica de’ colori: ovvero sarà paragonato a quel Cratone di Luciano, che essendo Filosofo, vituperava gli Spettacoli, senz
la Supplica sua al cap. 17. pone questo titolo. Che tutti gli Autori, che hanno scritto contro le Commedie, non hanno hanno
fica questo ne’ Santi Dottori Tommaso, e Bonaventura; nondimeno credo che si possa esemplificare ancora in lui medesimo: im
in scrittura propone le sue Commedie, e i Comici suoi Compagni, tali che quelle sono oscene, e questi sono disonesti secon
secondo la dottrina di tutti i Teologi, e di tutti i savi Scrittori, che da me fino al presente giorno sono stati letti; a
d’intelletto non arricchito con l’intera cognizione dell’Arte Comica: che è quello, con che egli condannando altri in quel
rricchito con l’intera cognizione dell’Arte Comica: che è quello, con che egli condannando altri in quel Capitolo, condanna
iena cognizione; e forse non vi sono mai stati: però se vedessero con che modestia noi recitiamo, muterebbero il concetto,
. Dunque non si deve far molto conto de’ Libretti, o delle esagerate, che spesso si stampano, o si odono in molti luoghi co
ere: dunque non conclude l’argomento de’ Commedianti, a’ quali. dico, che i Teologi non scriverebbero; né i Predicatori rag
oscessero la loro naturale qualità. Sanno molto bene, e molto meglio, che non sanno i Comici, quale sia l’Arte Teatrale; qu
e correnti Commedie; e quanto modestamente essi le rappresentino: il che non sanno i Teologi, né i Predicatori; perché non
correnti mercenarie Commedie, lo possono sicuramente sapere, eziandio che non vi stiano mai presenti, o per la pubblica fam
dati a posta al Teatro, per osservare segretamente, e minutamente ciò, che vi occorse contrario all’Onestà, e degno di ripre
l’istesso Comicocap. 6. Beltrame scrive; se fosse detto. Chi fa fede, che voi altri, cioè non facciate Commedie oscene? E r
ciate Commedie oscene? E risponde. Ne potranno far fede tutti coloro, che vedono molte delle nostre Commedie. E dice di più
edie. E dice di più in persona di un Spettatore. Che occorrecap. 54., che della Commedia un Savio mi dica, che sia buona, o
Spettatore. Che occorrecap. 54., che della Commedia un Savio mi dica, che sia buona, o rea; s’io mi posso chiarir, quando v
ordinario le trovano ree; e lo riferiscono a’ Teologi, e Predicatori, che non vi vanno e questi ben informati dei vero, scr
ssima qualità essi possono anche sapere alle volte da qualche Comico, che sentendo rimorso di quella vita, dice candidament
o di quella vita, dice candidamente in confidenza le molte bruttezze, che in pubblico, e in segreto passano tra le persone
gnizione di molte cose. E Hurtado scrive lo stesso di se medesime. Ma che occorre informazione, o relazione de’ Comici; o d
rivono dotate di condizioni, e vi concedono tali materie, e trattati, che ogni buon Teologo è costretto a dire. Molte Comme
, e di Beltrame, sono oscene, scandalose, e illecite. Io ben confesso che i moderni Comici possono far molte volte, se vogl
irituali; e di più fecero qualche Rappresentazione a Uso, cioè, senza che si pagasse all’ingresso. Ma poco durò quella, Mod
o, e secondo il solito loro costume, sono osceni, e sregolati: e come che fanno comparire Donne ornate sommamente, e parlan
ai, e i Libretti de’Teologi, e i Ragionamenti de’ Predicatori; mentre che trattano questa materia con la debita distinzione
e onorati dalli disonorati, e viziosi. Né si deve dire assolutamente, che i Teologi, e i Predicatori non conoscono, o non v
rivono, e ne ragionano: e hanno, quella piena cognizione di tal’Arte, che si richiede a far la loro dottrina degna di esser
le non la riprovano: ma conoscono altresì nella Commedia le oscenità, che vi frappongono i Commedianti, facendola oscena; e
ologi, e de’ Predicatori perché non leva da tutti i peccati ma opera, che si lasci un peccato, per farne un altro, e forse
Europa; e vi sono ben vedute, accarezzate, e sostentate largamente. A che proposito dunque più faticare scaldando, e batten
. A che proposito dunque più faticare scaldando, e battendo il ferro, che non si torce? A che fine prender fatiche nuove, e
nque più faticare scaldando, e battendo il ferro, che non si torce? A che fine prender fatiche nuove, e vane, senza consegu
one? Rispondo. Questo punto fere stupire il Comico Beltramecap. 19. ; che però scrisse nella Supplica sua. Stupisco, come v
rò scrisse nella Supplica sua. Stupisco, come vi siano ancor persone, che pretendono far una maggior torre di quella di Bab
persone, che pretendono far una maggior torre di quella di Babele; o che stimano di poter salire ove i Giganti di Flegra n
r innestare frutti, ove non si fa frutto. Ma io non stupisco: e dico, che , quando, chi scrive, o parla, usa il debito rispe
ttiene per ordinario il preteso fine, e il desiderato frutto; cioè, o che l’Azioni si levino, o che si facciano con la nece
eteso fine, e il desiderato frutto; cioè, o che l’Azioni si levino, o che si facciano con la necessaria Moderazione. Molto
no con la necessaria Moderazione. Molto di rado, e quasi mai occorre, che un savio Superiore non voglia sentire quegli Uomi
corre, che un savio Superiore non voglia sentire quegli Uomini dotti, che professano mostrare, e distinguere nettamente il
e distinguere nettamente il lecito dall’illecito in questa materia; e che usano il modo rigoroso, e scolastico, fondato nel
e morte. Insomma «ubi peccatum, ibi remedium», supplicando poi Iddio, che con la sua grazia concorra efficacemente a cagion
unt. »Hom. 2. de Davis et Saul. E è vero l’avviso del gran Boccadoro, che Dio da la grazia del persuadere; come dava a quel
E S. TommasoEphes. 4. proponendo quel luogo di S. Paolo, ove esorta, che si usi il parlare ad edificazione, « ut det grati
tore celeste della divina grazia per far frutto nelle anime l’uomo, o che scriva, o che parli, non è altro, che un cestello
ella divina grazia per far frutto nelle anime l’uomo, o che scriva, o che parli, non è altro, che un cestello, o cosino di
ar frutto nelle anime l’uomo, o che scriva, o che parli, non è altro, che un cestello, o cosino di tal Seminatore. « Ego qu
stro dicendo. « Nos loquimur; sed Deus erudit. » Non devo poi tacere, che per le scritture, e per le parole di molti, molto
viziose, lascive, e parlanti d’Amore, forse poco altro vi rimarrebbe, che non si potesse facilmente riformare. E a, questo
io inspirare i Superiori a levarla quanto prima, come sono obbligati; che così le fatiche de’ Dotti, e Scrittori, e Predica
osì le fatiche de’ Dotti, e Scrittori, e Predicatori, oltre al premio che riceveranno in Cielo, lo riceveranno anche in ter
ci Capi di due Compagnie unite insieme. Se si facesse la proibizione, che niuno introducesse Donne nel Teatro, ci sarebbe g
rato: e si troverebbero altri modi per allettare. Finisco ricordando, che chi scrive, o parla, non pretende annullar le Com
d’ogni cristiano Scrittore, e Dicitore, pretende, o deve pretendere, che gl’Istrioni moderni, come dice S. Tommaso, si ser
Teatro. E se questo fine non sortisce, sortirà forse quell’altro, con che molti, o almeno alcuni si ritireranno dal frequen
egli argomenti in esso contenuti, e co’ quali ella prova il pericolo, che corrono quelli, che si fanno Spettatori delle Tea
so contenuti, e co’ quali ella prova il pericolo, che corrono quelli, che si fanno Spettatori delle Teatrali oscenità: e se
no le sue efficacissime ragioni reso di modo abominevoli le Commedie, che difficilmente m’indurrei a capitare, ove si recit
citano. L’opera da lei composta è per mio credere santissima, e è più che necessarissima nel Cristianesimo, ove la licenza
ma nel Cristianesimo, ove la licenza degli Istrioni è giunta a segno, che non più, per allettare gli Auditori, studiano in
etazione, e gesti da commuovere a laidi pensieri. Io lascio il resto, che aggiunge quel Signore, concludo dicendo. « Qui su
ntur, furente, rapidi, et miserabiles. ». E se altro non ne seguisse, che impedire in molti peccati veniali, che si commett
». E se altro non ne seguisse, che impedire in molti peccati veniali, che si commettono nel godere il vanissimo passatempo
i molto spavento. S. Agostino predicando avvisò già i suoi Auditori, che « non solum exemplis, sed etiam verbis alios ad o
, il tempo commesso loro per operare il bene. E per tal fine ricordo, che Zaccaria Bonerio ha ponderato, che una volta il S
e il bene. E per tal fine ricordo, che Zaccaria Bonerio ha ponderato, che una volta il Sommo Iddio, giustissimo vendicatore
dicatore del male, si compiacque di palesarci il servissimo giudizio, che nell’altra vita si esercita contro quelli, che « 
l servissimo giudizio, che nell’altra vita si esercita contro quelli, che « temporis jacturam parvi pendentes »Ann. Capuc.
in peccati leggeri. Occorse nel Convento Romano de’ Padri Cappuccini, che un celebre Predicatore, non potendo una notte con
cciola; giunto alla metà, d’onde si poteva mirare la porta, s’accorge che dentro vi è un gran fuoco acceso; e che n’esala u
va mirare la porta, s’accorge che dentro vi è un gran fuoco acceso; e che n’esala un vapore molto caldo: meravigliato disco
tre così divisa nel suo pensiero; ecco gli comparisce un orrido Moro, che vedendolo subito atterrito, lo incoraggia, dicend
n un gran spiedo, essere miseramente arrostiti da un Cuoco infernale, che in forma di Moro, più spaventoso di quell’altro p
iamando con i propri nomi que’ due Frati, disse loro. Ohimè Fratelli, che cosa veggo? Che spettacolo considero? Mi si rappr
acolo considero? Mi si rappresenta oggetto fantastico, o vero? Ohimè, che sorte misera vi ha condotto alla tolleranza di co
ondo il bisogno, ma cicalando, mormorando, e scandalizzando gli altri che ci miravano, E quando eravamo con amore corretti
one, e lo consuma in vani passatempi, quanto maggiori saranno le pene, che si tollereranno per li peccati, eziandio veniali
ella, chiunque per difesa de’Commedianti osceni così discorre. Certo, che pare un zelo indiscreto riprendere tanto acrement
nelle Chiese, e di altre persone scandalose nella Cristianità: quasi che i poveri Comici siano la feccia de’ peccatori, e
cato nel tempo, nel luogo, e nell’altre debite circostanze: e mostra, che mostrar si deve la gravezza del medesimo peccato.
no, e devono fare i zelanti, e discreti Predicatori, e Dottori a fine, che ne segua la correzione ne’ miseri Peccatori. A qu
le, e contro ciascun in particolare. Onde è vana, e falsa la querela, che Beltrame spiega n 1 cap. 19. Ma per rispondere al
1 cap. 19. Ma per rispondere al punto de’ Commedianti ripresi, dico, che è necessaria diligenza grande contro i loro pecca
alcune delle quali accenno in breve. Prima, perché non mancano molti, che imbracciano lo scudo, e impugnano lo stocco a fav
i uomini, e di donne; e più vanamente danneggia la gioventù, facendo, che nel Teatro, come in pubblica, Scuola impari le di
molto allegramente. Sesta, perché questo difetto pare meno scusabile, che non sono gli altri: poiché si commette più tosto
e, che non sono gli altri: poiché si commette più tosto per elezione, che per essere assaltato da tentazione. Settima, perc
azione. Settima, perché la gente bassa, e popolare comunemente stima, che sia lecito il frequentare il Teatro de’ Comici os
requentare il Teatro de’ Comici osceni; perché i Superiori fanno ciò, che vi si tratta, e concedono la licenza, o almeno pr
a capricciosa e erronea; o pure cerca di trovare qualche Consigliere, che gli favelli a gusto. « Peccator vitabit correptio
cet unquam. » Queste ragioni spiega il Mazarino, per le quali io dico che non è zelo indiscreto il riprendere acremente i C
mente contro i Commedianti, e contro le Commedie; e chiama la tromba, che invita ad una Commedia, tromba, che invita all’In
le Commedie; e chiama la tromba, che invita ad una Commedia, tromba, che invita all’Inferno ovvero nomina il Cartello che
na Commedia, tromba, che invita all’Inferno ovvero nomina il Cartello che si espone, Cartello del peccato,che avvisa l’ora
Inferno ovvero nomina il Cartello che si espone, Cartello del peccato, che avvisa l’ora della dannazione; ovvero usa altri s
daci e indiscreti; così io devo approvare tutte le fatiche di coloro, che , o parlando, o seguendo, o stampando, travagliano
parlando, o seguendo, o stampando, travagliano cristianamente a fine, che il cristiano Teatro resti purgato da tutte le osc
hi fatica per un fine tanto giusto, onesto., prudente, e buono; certo che nel riprendere gli osceni Commedianti, non mostra
lascia languire, e morire l’infermo miseramente. Ricordo per ultimo, che alle volte avviene, che non solo da’ Mercenari Co
re l’infermo miseramente. Ricordo per ultimo, che alle volte avviene, che non solo da’ Mercenari Comici, ma anche da certi
elli riprese le loro immodeste Rappresentazioni. Non sono molti anni, che in una Città d’Italia, in tempo di Quaresima alcu
le feste Pasquali. Predicava nel Duomo un zelante, e dotto Religioso; che , avvisato di quell’indecente, e scandaloso disegn
mente qualche necessario, e efficace avviso, desiderando, e sperando, che fosse per essere un opportuno preservativo contro
sene, cominciarono leggere pubblicamente in piazza il Pastor fido: di che certificato il buon Predicatore, e non disperando
a sfacciataggine del Peccatore gli genera nel cuore tale impenitenza, che lo fa morire disperato. Punto settimo. Di quello
e impenitenza, che lo fa morire disperato. Punto settimo. Di quello, che si può rispondere a chi dice. Alcuni per Interess
istiani contro i Commedianti; perché maggior è il concorso al Teatro, che alla Chiesa; e ha più plauso la Commedia, che la
il concorso al Teatro, che alla Chiesa; e ha più plauso la Commedia, che la Predica, o la Lezione, ovvero il Sermone; onde
vuol far qualche buon discorso, o qualche a lui imposto ragionamento che l’audienza non corrisponda all’onorevolezza prete
isponda all’onorevolezza pretesa del merito; non s’appaga col sapere, che tali discorsi s’odano da tanti, e tante volte, ch
appaga col sapere, che tali discorsi s’odano da tanti, e tante volte, che fan rallentare la curiosità alle persone; ma sdeg
condizione de’ Recitanti Galantuomini: poiché i virtuosi sono quelli, che tirano l’audienza; quasi che per far piacere a lo
ntuomini: poiché i virtuosi sono quelli, che tirano l’audienza; quasi che per far piacere a loro, gli altri s’abbiano a mor
s’abbiano a morir di fame. Ma non avendo questi tali altro riguardo, che alla loro soddisfazione, maltrattano con parole i
oddisfazione, maltrattano con parole i poveri Comici. Lasci il resto, che questo moderno Commediante aggiunge continuando l
sua lunga querela contro un Oratore cristiano, e con la quale mostra, che l’interesse d’avere numeroso Auditorio fa parlar
lte molto ardenti nel biasimare, e condannare que’ poveri Ciarlatani, che salendo in banco, vendono a poco prezzo i loro se
ri, secondo richiede la certezza de peccati:e perché certissimo si è, che nelle Commedie oscene gli osceni Comici commetton
sti Commedianti. Nel caso poi de’ Sig. Medici credo poter rispondere, che essi hanno fatto più volte esperienza delle inuti
ere, che essi hanno fatto più volte esperienza delle inutili misture, che in vece di medicamenti ottimi sono vendute da alc
rire, chi non è meritevole di favore. Io con tutto ciò dico e ridico, che chi è veramente virtuoso Ciarlatano, merita d’ess
o, e da’ Sig. Medici, e da ogni altro giudizioso Personaggio. È vero, che , come nelle altre professioni non tutti i profess
i; e dicono di aver fondata ragione di stupirsi grandemente, vedendo, che molti Teologi, e molti Scrittori, i quali profess
rché non v’è ragion alcuna fondata di stupirsi; anzi stupore farebbe, che ove regna la peste, i medici non curassero di med
erchè queste sono fonti originari d’’innumerabili peccati; e spirano, che coni loro Trattati recheranno grandissima utilità
solazione del Paradiso, per cagione dell’illecito, e vanissimo gusto, che si riceve nell’osceno Teatro. Trattarono già ques
ttori secondo la necessità de’ tempi andati, e però non è meraviglia, che si tratti da’ Dottori anche a nostro tempo: perch
a Divina Maestà concedere lume chiaro; e grazia efficacia a ciascuno, che li legga, come gli bisogna e per conoscere, e per
i quali compatiscono loro grandemente, quando sentono persone gravi, che li condannano, ovvero leggono Libretti scritti co
non si ritiene dal formare simile discorso. Non è grande ingiustizia, che persone, le quali godono la sicurtà del vitto, e
forse all’impensata: ovvero servano con diligenza, e ardore in modo, che una povera Compagnia di Galantuomini, o Commedian
con perdita d’onore; e di credito; e tanto dannificata nel guadagno, che sia, costretta di lasciar all’osteria pegni non p
ostentamento? Non è ingiustizia trattar una tal Compagnia di maniera, che sia la misera miseramente necessitata di partirsi
ando bisogna, e come bisogna, contro le oscenità, e contro i peccati, che sono cagionati da’ Comici, e da Ciarlatani disone
tà; e non possono stimare ingiustizia il Cristiano, e Santo Zelo, con che i Virtuosi propongono rimedi contro il pestilente
o per verità. Dunque né men si possono incolpar d’ingiustizia quelli, che , scrivendo, o parlando contro gli osceni Comici,
sono molto occhiuti per mirare l’interesse del guadagno; e pare loro, che l’impedirlo sia materia di giusto, e grave rimors
ma anche fuori preparando i Recitamenti. Con tutto ciò si ricordino, che il loro guadagno, per essere ritratto da Azioni o
ccaminosa. Adunque essi lascino le oscenità; fatichino virtuosamente; che riceveranno il premio delle virtuose fatiche senz
tus malus sit, dice il Santo, bonum se palam ostendit » : e aggiunge, che tal nome è preso da’ Commedianti, « nomen autem H
lis tecta facie incedunt.» Quindi meritano i Comici viziosi e osceni, che siano ripresi da’ zelanti servi di Dio, come corr
e cose. Prima. I Padri della Compagnia operarono con non poca fatica, che molti Giovani si ritirassero dalle mercenarie Com
utore, e di provare con la sentenza di S. Tommaso, e d’altri Teologi, che era lecito andare alle Commedie: e così allettaro
e: e così allettarono molti ad andarvi. Terza. Si cercò, e fu trovato che que’Libretti erano usciti da’ Commedianti; onde l
’ Commedianti; onde la loro fallacia fu confutata. E io credo sicuro, che la confutazione si restrinse a questo. Mostrare p
o, che la confutazione si restrinse a questo. Mostrare pubblicamente, che S. Tommaso e i Teologi parlavano delle Commedie m
lle oscene, alle quali non si va lecitamente, parlando in generale: e che tali erano, cioè oscene quelle di que’ Commediant
’ Commedianti. Quarta. La cosa crebbe di modo con le dicerie popolari che il Sig. Giudice Ecclesiastico vi pose la mano  ;
 ; e vietò di leggere que’ perniciosi Libretti: onde molti di quelli, che spesso andavano alle Commedie, se ne astennero: e
etti dalla necessità a cercare altri Teatri. Io qui chiudo avvertendo che niun saggio Lettore stimerà, che que’ Religiosi c
tri Teatri. Io qui chiudo avvertendo che niun saggio Lettore stimerà, che que’ Religiosi commettessero ingiustizia, parland
ero ingiustizia, parlando, e predicando contro que’ Commedianti: anzi che facessero atto di gran carità in soccorrere molte
ti: anzi che facessero atto di gran carità in soccorrere molte anime, che ingiustamente erano ingannate, e allettare alla r
ingannate, e allettare alla rete del Diavolo, cioè al Teatro osceno, che da Tertulliano fu nomato. « Retia Diaboli »l. de
gliono, o sanno leggere i Libri; e però Cassiodoro scrisse a’ Romani, che le opere Teatrali erano un mezzo molto buono per
. Tutto può passare condizionatamente: e si può concedere a Beltrame, che la Commedia è un modo trovato da’ Saggicap. 53.,
l Vizio ridendo, e non piangendo. Ma non concedo già per vero quello, che egli aggiunge. Cioè. Tutti i mezzi sono buoni, qu
endesse a buono fine. Così nel caso nostro de’ Commedianti osceni par che succeda; hanno fine retto: vogliono correggere, e
maestrare al bene i Semplici; ma non devono prender il mezzo cattivo, che è l’oscena Rappresentazione; questo è servirsi di
se un Piloto volesse la sua nave per « scopulos ducere ad littus » : che è sentimento di S. Gregorio Nazianzenocr. 3. cont
sentimento di S. Gregorio Nazianzenocr. 3. contra Iul. ; onde credo, che i Superiori non debbano permettere tale insegname
errore sarebbe in un Principe, come nota il P. Pallav. il permettere, che gli uominidel Bene l. 4. p. 2. c. 50. n. 7. da lu
he nelle loro facezie l’autorità di Consiglieri: potrassi ben temere, che erri anche quel Superiore, che permette a’ Comici
à di Consiglieri: potrassi ben temere, che erri anche quel Superiore, che permette a’ Comici, non solo faceti, ma disonesti
nne innamorate e altre impurità di questa fatta; per le quali io dico che « non sunt facienda mala, ut veniant bona » : e l
di veder il male. I Semplici poi restano più ammaestrati al peccato, che i dotti; perché quelli più, che questi, si lascia
i restano più ammaestrati al peccato, che i dotti; perché quelli più, che questi, si lasciano tirare anche più dalla cosa r
ù, che questi, si lasciano tirare anche più dalla cosa rappresentata, che dall’artificio del Rappresentante: e così la Comm
lla pratica riesce molto perniciosa per le oscenità. Né si deve dire, che a nostro tempo il Teatro, e la Commedia è riforma
Né men giova, per giustificare le correnti Commedie oscene, il dire, che s’impediscono molti peccati; massimamente di quel
ene, il dire, che s’impediscono molti peccati; massimamente di quelli che nascono dalla conversazione con le Meretrici. Un
anno moltiplicare i peccati delle Meretrici, e con le Meretrici; però che , quando si fanno lo Commedie oscene, anche molte
ati, e imparano vari artifici di peccare, e di far peccare; e quelle, che non vi vanno, usano più diligenza, e maggiori ast
e, e per ritenere i poco modesti Amici alle loro conversazioni. Senza che io dica, che i Giovani tristi diventano peggiori,
nere i poco modesti Amici alle loro conversazioni. Senza che io dica, che i Giovani tristi diventano peggiori, e più s’avan
Donne moltiplicano le offese del Creatore. Né giova il voler provare, che le Commedie i correnti levano i peccati, che proc
giova il voler provare, che le Commedie i correnti levano i peccati, che procedono dal Gioco: come disse già un Principe,
dal Gioco: come disse già un Principe, facendo constare chiaramente, che si erano venduti dodici mila mazzi di carte mane
le Commedie; e per conseguenza si erano impediti tutti que’ peccati, che si sarebbero fatti con i Giochi di quelle carte.
erché se si scemarono sono i peccati del Gioco, si aggiunsero quelli, che le Commedie oscene fecero fare al solito, e forse
e al solito, e forse con maggior abbondanza, e con maggior bruttezza, che non sarebbero flati i peccati del Gioco. Chi sta
one, e forse in atto di moltiplicare, e aggravare i suoi peccati. So, che Beltramecap. 40. scrive. Per gli avvenimenti dell
e fatte dalla Matrigna, vedendo in una Rappresentazione farsi quello, che a lui stesso era stato fatto. Rispondo. Posto che
zione farsi quello, che a lui stesso era stato fatto. Rispondo. Posto che sia vero il detto, bisogna concedere, che la Comm
tato fatto. Rispondo. Posto che sia vero il detto, bisogna concedere, che la Commedia partorisce molti buoni effetti nelle
virtuose  ; ma nelle persone viziose, e imprudenti partorisce quello, che dicono i pratici, e che seguono i Dottori, cioè m
sone viziose, e imprudenti partorisce quello, che dicono i pratici, e che seguono i Dottori, cioè mali moltissimi, e gravis
i Dottori, cioè mali moltissimi, e gravissimi. Anzi voglio concedere, che anche ne’ tristi, e viziosi alle volte la Commedi
una gioia non forma un tesoro: e l’uomo savio giudica secondo quello, che per lo più, succede. E nel caso dello stare alla
e. E nel caso dello stare alla Commedia illecita si vede chiarissimo, che per lo più, e ordinariamente un tristo si fa pegg
iosità: e i Semplici, e Ignoranti vi bevono in più modi il veleno, da che restano privi della vita della Grazia, e seppelli
ano prima a se stessi l’ammaestramento, e pratica del bene, e quelli, che sono nel Vizio si ritirino dalla Moltitudine de’
odecimo. Se gli Scrittori non condannano molte Arti più infruttuose, che l’Arte Comica, perché scrivono tanto contro quest
tra l’altre cose dice. Quante Professioni si esercitano nelle Città, che non servono ad altro, che alla vanità, e al danno
ante Professioni si esercitano nelle Città, che non servono ad altro, che alla vanità, e al danno del Prossimo? Quanti vivo
col far belletti, lisci, acque bionde; polveri, profumi per le Donne, che ne potrebbero far di meno? Quanti campano la vita
ordigni da uccidere altrui? E questi’ sono tanti, e di tanto numero, che sono un terzo degli Artigiani, e pur lasciano viv
e pur lasciano vivere in pace, e non sono offesi come i Comici, anzi che sono accarezzati, ei lavori loro sono lodarti; li
a, l’Arpia, insomma il veleno delle anime: o garbato. Io non biasimo, che si seguano tanti esercizi ancorché non profittevo
si seguano tanti esercizi ancorché non profittevoli, poiché bisogna, che uno viva; e il ridurre le Professioni in poche, s
, sarebbe ridurre i poveri a necessità di furto. Ma ben mi sa strano, che il nostro esercizio sia da tali lacerato, e Dio s
tali lacerato, e Dio sa perché. A questa querela di Beltrame io dico, che come le detto Professioni sono lecite per la conv
anzi potrà sperare d’essere posto nel numero di que’ Beati in terra, che s’adornano con lo splendore della TemperanzaTe. 1
es sunt Monachi », non tutti i Fedeli professano il Monachismo. quasi che vogliano dire. S’inganna per regola di certezza,
io e si compone di parole, e di gesti: e può essere tanto aggiustata, che non partecipi veruna oscenità: e tale Commedia si
tre galanterie; sarà un Componimento degno di molta lode; e mostrerà, che l’Autor suo professa di essere un Comico Virtuoso
di essere un Comico Virtuoso, e buon Cristiano. Ma il punto sta qui, che le moderne Commedie de’ Mercenari Istrioni non so
ono stati Professori di modesta ricreazione. Non è dunque meraviglia, che anche a’ nostro tempo non manchino Dicitori, e Sc
viglia, che anche a’ nostro tempo non manchino Dicitori, e Scrittori, che si mostrano molto contrari a’ Mercenari Commedian
mmedianti perché molti di questi, se ben per colpevole ignoranza più, che per conosciuta malizia infettano le Scene, e il T
atro con le loro oscene impurità. In quanto poi a quella conclusione, che non tutti sono Monachi; « Non omnes sunt Monachi 
usione, che non tutti sono Monachi; « Non omnes sunt Monachi », dico, che è vero: « quid inde? » che ne vogliamo noi inferi
Monachi; « Non omnes sunt Monachi », dico, che è vero: « quid inde? » che ne vogliamo noi inferire? Licenza di peccare? Sar
provocatur sexus, atas, et dignitas. »Ser. 19. de v. Dom. Cioè. Quasi che , a chi non è monastico Professore, possa essere l
ersus vitup. Vita Monast. Veramente tu inganni te medesimo, se stimi, che altro si ricerchi dagli Uomini Secolari, e altro
erchi dagli Uomini Secolari, e altro da’ Monaci. È vera li differenza che i Secolari si legano co’ vincoli del Matrimonio,
tà, « liberi perdurant » : ma nelle altre cose, « in reliquis verò », che non sono di consiglio, ma di precetto, « eadem ab
Ciel: e tal violenza è comandata a tutti. Io ricerco questo da color, che si gloriano di aver ragione al possesso dell’eter
imo questo; e non a’ Gentili, né agl’infedeli. Non voglio tacere ciò, che tal’uno per obbiezione dice alle volte. Un Religi
e abbellite, o sentendole parlare pubblicamente di que lascivi amori, che spesso eglino odono nelle familiari Conversazioni
liari Conversazioni con le stesse Donne. L’uso al male alle volte fa, che un tristo non moltiplica, né pensa il male. Rispo
essi peccati. E io di questa dottrina servendomi a proporzione, dico, che un secolare male abituato a trattar impuramente c
, e vagheggiando; le Comiche disoneste, ma non per questo crederò io, che non pecchi; anzi stimerò, che pecchi per abito, p
isoneste, ma non per questo crederò io, che non pecchi; anzi stimerò, che pecchi per abito, per uso, e per consuetudine; be
esso di peccare sopra il suo peccato; onde sarà reo di maggior colpa, che se peccasse per pura fragilità, e sentendo timore
i volesse concedere, come vero, il caso in ordine a qualche secolare, che , o per virtù, o per abito vizioso, o per altro, n
e le loro oscenità nella Commedia oscena: non mancano altre ragioni, che provano, tal secolare essere reo di peccato, stan
o dello scandalo, o della cooperazione al male, o di altro rispetto, che può il saggio o Lettore ponderare saggiamente. E
tro, e fuori con l’opere disoneste, e scandalose? Dunque concludiamo, che la retta ragione, e il cristiano zelo, vogliono,
que concludiamo, che la retta ragione, e il cristiano zelo, vogliono, che molti Autori condannino le oscene Commedie del no
ro tempo. E non crediamo a chi dicesse con Beltrame Chi non sacap. 7. che l’acqua bagna, e annega? Ma non è fatta, perché l
neficio, tal sia di chi gira il giovamento in mala parte. Ma io dico, che quando nella Commedia sono delle Oscenità, e comp
però ogni Comico parli cautelatamente, recitando nel Teatro in modo, che le sue parole, le quali devono cagionar sanità a
t », aggiungo, « auditoribus tuis ». Punto decimo quarto. Di quello, che possiamo giudicare di certi Casi spiegati da gli
anche forza, per confermare una verità; ma non è tale di sua natura, che debba giudicarsi bastevole, per dar fondamento ad
sale. Di questo pensier si valgono i Mercenari Commedianti e stimano, che i sinistri accidenti occorsi nelle Commedie non s
52. e poi vi discorre sopra diffusamente, dicendo tra le altre, cose, che il portar esempio di casi, succeduti in Commedia,
e Commedie; e perché resista all’assedio delle vere ragioni  ; atteso che gli accidenti, che occorrono alla giornata, sono
é resista all’assedio delle vere ragioni  ; atteso che gli accidenti, che occorrono alla giornata, sono tanti, e tali, e co
nti, che occorrono alla giornata, sono tanti, e tali, e cosi diversi, che bene possono avvenir così in Commedia, come in al
asi, alcuni de’ quali sono i seguenti. Primo caso. Tertulliano narra, che una Donna resto Spiritata, stando ad un Azione Te
na resto Spiritata, stando ad un Azione Teatrale; e il Demonio disse, che occupandola aveva fatto giustissimamente; perché
in un Teatro. E quella parola, Casa sua, io prenderei per enigmatica; che tale è la frase Demoniaca: o forse in tal casa, u
fu rimesso, il Demonio pretende il «Ius» : come fanno molti Principi, che una volta dominarono uno stato: ed ancorché non l
non crederei mai al Demonio per qualsivoglia colore di verità, atteso che egli è per abito mendace, e vanaglorioso. e stima
verità, atteso che egli è per abito mendace, e vanaglorioso. e stima, che tutto il mondo sia suo: come gli uscì di bocca, q
postribolo, non è ridotto di Vizi, non è Casino, dove il manco male, che si commetta, è il Giuocare; non è Scuola d’Eresie
nde solo proteggere il Teatro Cristiano, e moderno, il quale suppone, che sia moderato a bastanza secondo i termini prescri
Ma io rispondo con il parere de’ Teologi, e degli Scrittori moderni, che egli suppone il falso; perché il Teatro de’ Merce
di Beltrame, per lo più è osceno; e le correnti Commedie, io giudico, che siano, se non tutte, almeno la maggior parte diso
i all’osceno Teatro del nostro tempo: ne è cosa non saputa da’ Dotti, che molte volte il Padre della menzogna, il Demonio,
l guadagno preteso da lui dal farsi tal Commedia. Ora di questo caso, che giudica Beltrame? Giudica, che a’ nostri tempi il
arsi tal Commedia. Ora di questo caso, che giudica Beltrame? Giudica, che a’ nostri tempi il Demonio non farebbe altro guad
nostri tempi il Demonio non farebbe altro guadagno, se non di quello, che cavasse da qualche parola laida, o da qualche ges
nestà, il quale suole aver per guiderdone un isgridamento. E io dico, che tal guadagno, nato dalle oscenità moderne, che si
gridamento. E io dico, che tal guadagno, nato dalle oscenità moderne, che si veggono, e si odono nelle correnti Commedie, b
lo; perché essendo tali osceni peccati mortali, rovinano molte anime: che è quello che il Demoni desidera, e pretende. E pe
sendo tali osceni peccati mortali, rovinano molte anime: che è quello che il Demoni desidera, e pretende. E però il narrato
nsiva interpretatine. Né io posso approvare quell’altro suo pensiero, che aggiunge, dicendo. Simili accidenti sono un nulla
di Filosofia, e di Teologia, e d’ogni altra Professione, non stimano, che sia un nulla il racconto di un Caso seguito, spie
vantaggio basta il cap. 57. ove scrive. Dirò una cosa sola occorsami, che servirà per molte ragioni. E poi narra un caso, o
sami, che servirà per molte ragioni. E poi narra un caso, ove spiega, che un Superiore spirituale non s’intendeva delle des
che un Superiore spirituale non s’intendeva delle destrezze di mano, che usano i Giuocalatori: e tutto ciò dice, dopo aver
, che usano i Giuocalatori: e tutto ciò dice, dopo aver domandato. Da che procede, che S. Tommaso, e S. Bonaventura sono di
Giuocalatori: e tutto ciò dice, dopo aver domandato. Da che procede, che S. Tommaso, e S. Bonaventura sono diversi ne’ par
S. Bonaventura sono diversi ne’ pareri intorno a’ Commedianti? Quasi che que’ Santi non avessero intera cognizione dell’Ar
mpio vale per esempio, e non per Massima universale ma mostra ben si, che può avvenire ad un particolare quello, che ad alt
iversale ma mostra ben si, che può avvenire ad un particolare quello, che ad altro è già avvenuto: tutto che non sia per av
avvenire ad un particolare quello, che ad altro è già avvenuto: tutto che non sia per avvenire a tutti per Legge di necessi
tutti per Legge di necessità. E il Caso proposto bastevolmente prova, che il Demonio fa guadagno ne’ Recitamenti osceni; e
fiori curiosi tractat. 1. p. 17., e si certificò per cosa molto vera, che in una Città di Alemagna alcuni rappresentarono c
sentò un Demonio con vestimenti, e insegne brutte, spaventevoli: dove che finita la Rappresentazione, se ne tornò a casa su
avida per simile congiungimento , e avendo nell’immaginazione quello, che rappresentava la figura, e abito, nella quale il
ra, e abito, nella quale il Marito era vestito, partorì una creatura, che rappresentava la medesima immagine del Demonio, t
va la medesima immagine del Demonio, tanto spaventosa, e tanto brutta che niuno Diavolo si potria dipingere più brutto né p
brutto né più abominevole. La Madre morse del parto; e di quel poco, che questa creatura visse; che, secondo si disse, fur
La Madre morse del parto; e di quel poco, che questa creatura visse; che , secondo si disse, furono tre giorni, si narrano
Cristianità. Or noi da questo caso possiamo ben formare un argomento, che le Commedie illecite si devono grandemente aborri
iderazione, avvenuti ne’ nostri tempi; e veduto da me in Fior. narra, che l’anno 1561. regnando in Inghilterra la Regina El
in Scena apparecchiato; e cominciando la Messa, vi fece tutto quello, che egli seppe fare per scherno, e per disprezzo de’
ecco comparir un Demonio, il quale se lo portò via vivo vivo di modo, che mai più di lui non fu saputa novella alcuna. Molt
no, tal cosa essere fatta ad arte: ma i più Savi conobbero benissimo, che quello era stato un vero Demonio, sì per lo terro
o benissimo, che quello era stato un vero Demonio, sì per lo terrore, che diede; sì per l’impeto, che operò; come anche per
stato un vero Demonio, sì per lo terrore, che diede; sì per l’impeto, che operò; come anche per la puzza e gran fetore, che
e; sì per l’impeto, che operò; come anche per la puzza e gran fetore, che subito qui sparse, e lasciò per tutto. La Commedi
questa storia fu posto in stampa: e non solo me l’ha detto un Libraro che ne vendé molte copie; ma anche ho parlato con que
un Libraro che ne vendé molte copie; ma anche ho parlato con quelli, che l’hanno letto, e da più persone sentito a raccont
o letto, e da più persone sentito a raccontare. Sin qui l’Autore. Noi che giudichiamo? Che fu una giusta manifesta e spaven
ro l’illecito abuso del Cristiano Teatro, e però temano ancor quelli, che se ne abusano con le oscenità di colpa mortale. Q
e successo narrato da Vincenzolib. 3. c. 19. nello Specchio Naturale, che a’ tempo di Pietro Damiano erano due Vecchie Stre
ano a’ Mercanti. Un giorno vi capitò solo per sua sventura un Giovane che viveva con l’Arte d’Istrionico Giocolatore. Le Ve
letto, né il discorso: ma solamente la facoltà di favellare. Occorse, che un vicino s’invaghì di quell’Animale, trattò con
itrici diedero questo avviso al Compratore. Guardatelo con diligenza, che non entri nell’acqua. E così diligentemente fu cu
nza di Asino, ritornò al sembiante di Uomo, e ricuperò la favella: di che tutto allegro uscì dall’acqua, e fu incontrato da
i che tutto allegro uscì dall’acqua, e fu incontrato da quel Custode, che lo cercava tutto sollecito, e domandò. Avete voi
a veduto un Asino. Sì, rispose, l’ho veduto; e io stesso sono quello, che prima a voi, e a gli altri pareva Asino, ma ero U
del successo, Pietro Damiano lo confermò con l’esempio di Simon Mago, che impresse la sua immagine a Faustiniano. Ora a nos
o, che impresse la sua immagine a Faustiniano. Ora a nostro proposito che giudizio facciamo noi di questo caso? Io dico, ch
a nostro proposito che giudizio facciamo noi di questo caso? Io dico, che fu un amaro frutto dell’Arte gesticolatoria, e is
derni; acciocché la esercitino con virtù, e senza oscenità, sperando, che il Signore non permetterà, che essi incontrino qu
con virtù, e senza oscenità, sperando, che il Signore non permetterà, che essi incontrino quella, o altra simile disavventu
. 10. c. 47. pag. 869. Rosueido nelle vite de’ Padri antichi racconta che in Eliopole, Città della Fenicia, si trovò un Mim
errogandolo con affetto gli disse. « Quid mali tibi feci? » O Gaiano, che male ho io mai fatto alla tua persona; perché tu
e giacendo a’ modo d’inutile tronco, e inabile Commediante confessò, che la cagione della sua infelicità era stata la sfac
ezzo della clemenza pienamente punito, e mutilato. Ma di questo caso, che giudicheremo? Io dico, che l’Arte Mimica è tanto
nte punito, e mutilato. Ma di questo caso, che giudicheremo? Io dico, che l’Arte Mimica è tanto pericolosa, che chi malamen
aso, che giudicheremo? Io dico, che l’Arte Mimica è tanto pericolosa, che chi malamente l’esercita, può temere di cadere in
si fa oggetto degnissimo di essere castigato dalla medesima Signora, che peraltro è il solito Refugio de’ Peccatori, e la
Maria del Monaco nella sua Parenesi Clas. 7. Riferisce Tertulliano, che una persona la notte seguente al giorno, nel qual
e, onde se ne morì l’infelice dopo cinque giorni. Scrive S. Gregorio, che un Giocolatore stava sonando, e trastullando con
to: sù, sù, portategli per carità il cibo, e la bevanda: ma sappiate, che è morto. E così fu; perché a pena ebbe ricevuto i
so onde spirò l’anima il seguente giorno. Narra l’Istoria Tripartita, che l’Abate Pambo, vedendo nel Teatro di Alessandria
gione seconda è la rovina, e perdizione di questa misera, e infelice, che cammina a gran passo verso l’Inferno». Avvisa Vin
cammina a gran passo verso l’Inferno». Avvisa Vincenzio Bellovacense, che un santo Servo di Dio, tra i grandi, e vari suppl
to orribili sono queste tenebre dell’Abisso. Nota Fiorenzo Harthemio, che la sorella di santo Damiano stette diciotto giorn
per aver avuto troppo diletto in udire dalla sua camera una canzona, che si cantava poco lungi con occasione di certi ball
ente restò oppressa con subitanea morte. Racconta il medesimo Autore, che un Gentiluomo vide un bruttissimo Demonio saltare
i prese di emendarsi, fu da lui licenziato né passarono molti giorni, che infelicemente finì la vita. Spiega Enrico Granate
lti giorni, che infelicemente finì la vita. Spiega Enrico Granatense, che una fanciulla tutto un giorno festivo se la passò
poi la sera tornata al suo albergo a pena chiuse gli occhi al sonno, che fu da due Diavoli portata all’Inferno, e bruciata
sonno, che fu da due Diavoli portata all’Inferno, e bruciata in modo, che rimase con il corpo ulcerato, e puzzolente: e in
a chiunque la volle mirare, e considerare. Ricorda Giacomo Menocchi, che l’anno 1567. nella notte ultima di Carnevale, in
ma di Carnevale, in Padova alcune persone ballarono tutta la notte; e che poi su lo spuntar dell’Aurora volendo partire, la
rovinò loro addosso, e ne seppellì molti, e tra molti una Giovanetta, che quali tutto quel tempo notturno aveva consumato s
tturno aveva consumato saltando, e ballando. Veniamo ora al giudizio, che possiamo formar de’ suddetti Casi. II medesimo Au
imo Autore Francesco Maria del Monaco, avanti di; spiegargli giudica, che siano prodigi, e castighi Divini, co’ quali noi m
Ma non voglio tacere per rinforzo del giudizio del citato Autore ciò, che nell’Istorie universali de’ suoi tempi fu scritto
vanni Villani Cittad. Fiorentino, il quale dicePar. pr. l. 8. c. 70., che il sig. Cardinale di Prato era in Fiorenza amato
to era in Fiorenza amato dal Popolo, e da Cittadini , sperando tutti, che fosse per mettere la pace tra loro: e però si rin
oliti farsi nel tempo della Tranquillità. Si mandò un pubblico Bando, che , chi volesse sapere novelle dell’altro Mondo, si
onde lo spettacolo riusciva molto più orribile per lo vero spavento, che co consolativo per lo finto, e rappresentato Gioc
nsolita apparenza vi trasse a vedere tanta moltitudine di Spettatori, che il ponte pieno, e calcato di gente, e essendo all
ame, cadde in un subito per la grandezza del peso, e cadendo cagionò, che moltissimi vi morirono annegati nel fiume, e molt
e moltissimi vi rimasero malamente rotti, e guasti nelle persone; si che il Gioco fatto da beffe, e per allegrezza, riuscì
istorico così conclude il racconto. Questo fu segno del futuro danno, che venir doveva in breve a Fiorenza per gli peccati
a troppo curiosi degli indegni Spettacoli Teatrali del nostro tempo, che se ne ritirino, meditando que’ beati Spettacoli,
el nostro tempo, che se ne ritirino, meditando que’ beati Spettacoli, che nel Cielo si veggono, e godono, come premi della
mo Signore: quando tra’ Recitanti nacque discordia, giudicando molti, che si doveva aver risguardo, e rispetto a quella Sol
e dilazione non piacque ad un Recitante; e tosto si lasciò intendere, che se la Commedia non si faceva quella fera, non asp
mmedia non si faceva quella fera, non aspettassero più l’opera sua, e che non voleva recitarvi in altro tempo. Laonde gli,
o tempo. Laonde gli, altri costretti ad accordarsi, furono di parere, che si facesse. Dunque dato principio al Recitamento,
na, e oscena: nella quale un Giovane, di professione Ecclesiastica, e che aveva solo gli ordini Minori, faceva la parte da
cidente assalito, vinto, e restò morto, con quel terrore degli altri, che ciascun savio si può saviamente immaginare, e per
titolo di trattenimento certe Commedie, le quali erano tanto osceno, che alcune Gentildonne se ne partirono talvolta prima
tanto osceno, che alcune Gentildonne se ne partirono talvolta prima, che si giungesse al fine. La pubblica fama presto por
larono il Predicatore appresso il Superiore suo tanto risentitamente, che n’ottennero che lo avvisasse, e disponesse a vole
atore appresso il Superiore suo tanto risentitamente, che n’ottennero che lo avvisasse, e disponesse a volersi disdire pubb
debito; e poco dopo, facendo un Ragionamento al Popolo, vi aggiunse, che la prossima Domenica avrebbe parlato delle Commed
ggiunse, che la prossima Domenica avrebbe parlato delle Commedie; già che alcuni s’erano offesi per quel poco, che avanti e
parlato delle Commedie; già che alcuni s’erano offesi per quel poco, che avanti egli n’aveva accennato. Subito si sparse v
quel poco, che avanti egli n’aveva accennato. Subito si sparse voce, che il Predicatore si voleva disdire; onde la mattina
ntati per certe mie parole dette contro le correnti Commedie; e pare, che io mi debba disdire: ma di che cosa? Forse, che l
e contro le correnti Commedie; e pare, che io mi debba disdire: ma di che cosa? Forse, che la Commedia non sia lecita? No;
nti Commedie; e pare, che io mi debba disdire: ma di che cosa? Forse, che la Commedia non sia lecita? No; perché io non ho
la Commedia non sia lecita? No; perché io non ho detto questo. Forse, che non si devono fare Commedie oscene? No; perché ta
scene? No; perché tali Azioni non sono lecite, e non si possono fare: che però alcune Gentildonne virtuose, e modeste, le q
rtite dalla Commedia udendo le oscenità,e aborrendole grandemente. Ma che volete, che io dica? Che le Commedie sono sante?
Commedia udendo le oscenità,e aborrendole grandemente. Ma che volete, che io dica? Che le Commedie sono sante? Non posso di
Signore, senza pensier di offendere, è disgustare alcun: né occorre, che vi sia, chi si quereli con il Superiore; perché i
può approvare. Finita la Predica fu detto. E stata peggio la Triaca, che non fu il Veleno: con tutto ciò ne sortì queste b
a, che non fu il Veleno: con tutto ciò ne sortì queste buono effetto, che le dette Commedie non si fecero più ne’ giorni fe
mmedie non si fecero più ne’ giorni festivi. Ma non mancarono alcuni, che biasimarono apertamente, non solo quel Predicator
Ora di questi Casi, e di altri simili, e saputi dal benigno Lettore, che diremo noi? Che giudicheremo? Io so, che non sono
saputi dal benigno Lettore, che diremo noi? Che giudicheremo? Io so, che non sono Leggi universali ma so ancora, che non s
Che giudicheremo? Io so, che non sono Leggi universali ma so ancora, che non s’inganna, chi con il racconto loro concepisc
r moriuntur. »3. p, sum. T. 8. c. 4. §. 13. fine. Alle volte avviene, che se ne muore a guisa di bestia, chi, come bestia m
a, chi, come bestia menò sua vita. Punto decimo settimo. Del frutto, che si può sperare da chi vuole scrivere, o parlare c
modesti? È un pregiato frutto di carità, porgere occasione a Comici, che essi medesimi tra di loro si correggano, quando a
a Virtù, e il Professore osceno dal modesto. Infino i medesimi Comici che si persuadono d’esercitare con Virtù l’Arte, acce
l fronte di un suo Capo per titolo questocap. 42. avviso . Se coloro, che riprendono gli scostumati Comici facessero distin
ti Comici facessero distinzione da’ buoni a rei, darebbero occasione, che gli stessi Comici tra di loro si correggessero. E
ti contro di chi sconciamente avesse parlato, dicendo al mal fattore, che per sua cagione si fosse fatto quel schiamazzo: e
ivere, e dir male in pubblico con parole tal volta ignominiose; cosa, che non trovo, che abbia detto S. Paolo agli Ebrei, n
le in pubblico con parole tal volta ignominiose; cosa, che non trovo, che abbia detto S. Paolo agli Ebrei, né S. Tommaso d’
sono stati letti, e credo anche niuno tra Predicatori, scrive, o dice che la Commedia sia illecita; ma tutti, che scrivono
a Predicatori, scrive, o dice che la Commedia sia illecita; ma tutti, che scrivono o parlano contro di lei, e contro i Comi
dall’illecito, e il modesto dall’osceno, in questa materia. Né credo, che Comico alcun possa veramente convincere di menzog
alcun possa veramente convincere di menzogna questo mio detto: tutto che non se lo persuada per vero, seguendo il parere,
li Attori Virtuosi da’Viziosi con protestarsi tal volta, e replicare, che professano di vituperare solamente le cose indegn
ione è di gran conforto, e di molta soddisfazione a que’ Commedianti, che non peccano per malizia, ma esercitano secondo il
ene, come bisogna per non peccare mortalmente. Dico terzo. Gli Autori che scrivendo, o parlando, fanno distinzione da’ Comi
parlando, fanno distinzione da’ Comici buoni a’ rei, danno occasione, che i Comici tra loro si correggono, ma, o non si fa
a, non segue l’emendazione per ordinario. Io mi rattengo dal provare, che , con la distinzione danno occasione  : perché i m
: perché i medesimi Comici lo concedono, e asseriscono, e desiderano, che si faccia, da chi scrive, o parla contro di loro.
, che si faccia, da chi scrive, o parla contro di loro. Ma dico bene, che non si fa tal correzione: e credo,proceda la Ragi
roceda la Ragione da qualcuno di questi rispetti. O perché, i Comici, che potrebbero, e dovrebbero, come principali, e d’au
reggere i tristi, sono essi ancora poco buoni; e però poco si curano, che si reciti senza peccati: e senza le solite osceni
nità. Ovvero perché vivono ingannati dalla propria opinione, stimando che le loro Commedie siano lecite, e modeste; e non i
ente. Ho saputo da un onoratissimo, e dotto Religioso, e Predicatore, che il Comico Beltrame faceva dentro la Scena gagliar
trame faceva dentro la Scena gagliarde correzioni a qualunque Comico, che atteggiando avesse detto qualche equivoco troppo
andogli, e istruendolo, come poteva moderarlo per un’altra volta. Dal che intendiamo, che Beltrame, come poi ha stampato, a
endolo, come poteva moderarlo per un’altra volta. Dal che intendiamo, che Beltrame, come poi ha stampato, aveva opinione, c
l che intendiamo, che Beltrame, come poi ha stampato, aveva opinione, che non tutte le oscenità rendevano la Commedia illec
role brutte di bruttezza ordinaria. E pure aveva letto in S. Tommaso, che l’Istrione modesto non deve servirsi « turpibus v
da tutti i Dottori condannaata, come improbabile, e indegna  ; cioè, che qualche oscenità mortale, et scandalosa si possa
da' Comici la correzione à qualche Comico scostumato, è la necessità, che hanno dell'opera sua perché se colui corretto si
mpagnia, o si guasta, e si disfà in tutto, o rimane tanto imperfetta, che non può con sodisfazione dell'Auditorio recitar l
irenze un Capo di Compagnia nomato Aurelio tra' Comici  ; soufandosi, che alle volte tra molti buoni, e virtuosi Compagni b
randissima offesa di Dio, et rovina spirituale d'innumerabili Fedeli, che rapiti da quel dolce incanto per due minuti di va
inzione una diligente, minuta, e esatta dichiarazione dottrinale, con che resti pienamente spiegato, quale sia la Commedia
ità, correggere ogni Comico reo, e scostamato. Dico 5. Io poco spero, che segua la correzione, e emendazione, almeno à lung
rimedio, come sono obligati. Ed io à questo fine ho scritto il Libro, che s'intitola L'Istanza. il quale quando stampato, s
L'Istanza. il quale quando stampato, sarà, spero nella Divina Bontà, che non sarà lettura infruttuosa. Moltissimi Superior
la loro Risposta, e Dichiarazione non m’è riuscita di quella brevità, che io sperava, e desiderava, però la pongo qui al fi
re a tutti occasione di sempre vigilare, e fuggire quella, sicurezza; che , per essere incauta, cagiona in molti il pericolo
rza la Lezione; e la quarta il Recitamento. Intorno alla prima. Dico, che , chi compone una, o molte Commedie oscene, ovvero
Libri disonesti, meritamente è censurato da Savi. S. Agostino scrive, che appresso i Romanit. 5. l. 2. de Civit. c. 14. era
rohibentur fanam ladere Civium. » Ma vuol bene il diritto di ragione, che si proibiscano molto più i Poeti Compositori di o
animi nostri, e tagliano tutti i nervi della virtù. E non il Lettore, che Cicerone parla di que’ Compositori, i quali «magn
tori, i quali «magnam speciem doctrina, Sapientieque prasetuleruint», che mostrano vita, gran pompa, bellezza, e apparenza
ita, gran pompa, bellezza, e apparenza di dottrina, e di sapienza. Or che direbbe di que’ Poeti, i quali non pur non hanno
ioso Teologonell’Antic. Par. 4. c. 1. pag. 312. Bresciano, avvisando, che sono persone discendenti quanto a costumi, da sch
persone discendenti quanto a costumi, da schiatta più tosto Epicurei, che cristiana: persone, come, si può vedere e senza t
, che cristiana: persone, come, si può vedere e senza timor di Dio, e che ben mostrano d’aver consacrato il corpo a Venere,
i delle Commedie disoneste, perché sono cagione di rovina a molti, il che si avvera, tuttoche il Componente non abbia tal’i
ona sufficientemente quella rovina: onde meritamente S. Antonino dice che peccano gravemente i Compositori delle Canzoni di
aciant, qui versus faciunt impudicos. » Se Poeticamente fanno quelli, che fanno i versi loro impudichi. Le quali Questioni
moderni Compositori delle Commedie oscene, e de’ Libri impuri, credo, che saggiamente risolverebbero di moderare la loro tr
on badi punto, presto sen venga. Venne, ma per sentire una palinodia, che non pensava. Voi, disse il Cardinale con faccia g
o Libretto avete fatto più danno all’anime tra Cattolici dell’Italia, che non ha fatto Lutero co’, suoi Libri tra gli Ereti
solato, anzi assai mortificato. Ho saputo, anche per buona relazione; che il Signor Cardinal Bellarmino, che pur’ ivi d’ord
saputo, anche per buona relazione; che il Signor Cardinal Bellarmino, che pur’ ivi d’ordine, di sua Santità si trovava ragi
viri exprimant, vel apud non non scribant».. Bisogna sforzare i Poeti che o compongano cose buone o cessino dal comporre. E
estissima, e con ragione. E vedendosi il Poeta intrigato, parendogli, che con la verità dell’istoria, e della buona fama di
ma di quella Signora, non s’accordavano bene gli amori, e leggerezze, che fingeva nella, sua favola, fu costretto per conse
conservare la sua riputazione, porre al principio della sua Commedia, che gli amori, che in quella trattava, non erano veri
ua riputazione, porre al principio della sua Commedia, che gli amori, che in quella trattava, non erano veri, ma finti, a f
ella Signora, di cui parlava, non l’ebbe però per quella de’ Lettori, che avessero a leggere le sue finte leggerezze: e cos
leggere le sue finte leggerezze: e così fu in buon linguaggio dirci, che l’attrattiva della sua favola erano gli amori van
uaggio dirci, che l’attrattiva della sua favola erano gli amori vani, che fingeva. Questo è il zuccaro, che si pone in ques
la sua favola erano gli amori vani, che fingeva. Questo è il zuccaro, che si pone in questi Libri, per addolcirli. O Dio e
almeno con il piangere, e deplorare le nostre disavventure, mi pare, che mi s’alleggerisca il cuore e mi si quieti l’anima
mento di questo Teologo possono far riflessione i Compositori osceni; che forse risolveranno di mutar stile, e abominare l’
iglio far un poco di considerazionelib. 12. Eccl. Hist. c. 44. in ciò che scrive Nicosoro intorno all’Etiopica di Eliodoro
utor Greco, e Vescovo Trecense. Cioè. Un Consilio Provinciale vedendo che quel Libro tutto che fosse una onestissima narraz
Trecense. Cioè. Un Consilio Provinciale vedendo che quel Libro tutto che fosse una onestissima narrazione e descrivesse un
ra nocivo alla pudicizia di molti Giovinetti, comandò al Compositore, che l’aveva pubblicato in sua gioventù, o che lo leva
ti, comandò al Compositore, che l’aveva pubblicato in sua gioventù, o che lo levasse dal mondo col fuoco o che lasciasse la
va pubblicato in sua gioventù, o che lo levasse dal mondo col fuoco o che lasciasse la carica episcopale, e l’ufficio di Pa
ica episcopale, e l’ufficio di Pastore delle anime; quasi accennando, che non può essere buon Pastore colui, che alle sue p
delle anime; quasi accennando, che non può essere buon Pastore colui, che alle sue pecorelle non vieta i pascoli troppo vez
ositori. De quali scrive il P. Francesco Ribera in c. 1. mich. n. 60. che mandano Soldati al Diavolo. « Emissarios dant Reg
meirssimum venenum sunt. » E dei moderni Compositori osceni io dico, che possono temere qualche grave castigo da Dio, se d
igo da Dio, se differiscono la tremenda emendazione; in testimonio di che si può allegare Giuseppe Ebreo, il quale afferma,
n testimonio di che si può allegare Giuseppe Ebreo, il quale afferma, che Dio mandò a Teopompo,e a Teodotte la piaga della
iacer loro le persone di essi in furiosi, e forsennati mostri, e quel che è peggio, attaccando loro gravissime infamie di s
ti al mondo, mentre vissero, uomini di pessima condizione, e vita: ma che fra Cristiani si trovino Scrittori, i quali sotto
nità e per mezzo di disoneste operazioni, dette, e scritte di uomini, che le abominarono, come per tante tazze, dar’a bere
gli Ateniesi Scrittori, quando nelle Tragedie loro infamarono, quasi che fosse Tiranno, Minosse, il quale secondo Platone
ncesco Sacchino della Compagnia di Gesù scrive contro que’ Cristiani, che impiegano l’ingegno, e la fatica nelle disoneste
este Composizioni, e tal’ora infamatorie di persone virtuose; e stima che siano peggiori in qualche parte, che non erano i
rie di persone virtuose; e stima che siano peggiori in qualche parte, che non erano i fabbricatori degli Idoli, e i medesim
discipulum onestatis, et magister es turpidinis? » Mostra egli anche, che questi turpi Compositori sono di somiglianza cont
i turpi Compositori sono di somiglianza contrari al Salvatore, quasi, che possano appellarsi Anticristi, « Quid enim isti s
di questi nemici del Salvatore, e Compositori impuri attesta di più, che a suo parere la loro salute è affatto disperata.
si sforza di provarlo con buoni argomenti, e massimamente con quello, che tali Compositori guerreggiano contro di Cristo sf
n oltre mostra con bel tratto d’eloquenza, e con varietà di pensieri, che un Compositore di Libri disonesti par non si cont
ravemente a moltissimi altri di varie città, province, e regni, quasi che voglia essere di rovina a tutto il mondo. Ne si c
o il mondo. Ne si contenta il crudele di avvelenare solamente quelli, che di presente godono l’aura della vita; ma prepara
nte godono l’aura della vita; ma prepara il veleno ancora per coloro, che devono venir a luce col futuro nascimento. O che
o ancora per coloro, che devono venir a luce col futuro nascimento. O che mostro insolito si è un Compositore disonesto: o
tro mostro, I suoi nocumenti, e le sue stragi sono maggior di quelle, che già cagionavano gli Stregoni, e i Malefici scelle
suddetto raccolgo secondo il concetto formato dal medesimo Sacchino, che pazzo, e furioso nomar si può l’impuro Compositor
ell’impuro Compositore fingere pazzo per amore alcuno segnalato Eroe, che pretende con lodi celebrarlo, e magnificarlo. Il
l. 51 Prolus. 3. p. 104. Poeta Omero a Poeti osceni del nostro tempo, che devono macchiar la vita de’loro Eroi con le impur
dino, ho scelto, quasi fiori, le seguente considerazioni. Egli stima, che il male delle impure Poesie, e de’ Poeti poco mod
e delle impure Poesie, e de’ Poeti poco modesti, sia tanto cresciuto, che l’uomo virtuoso vergognar si possa d’essere tenut
cio, ac deonestiamento sit. » Egli espone con lamento il grave danno, che arrecano, dicendo. « Quid serio id agunt, ut Vene
umelliam Principi omnium Deo nefarie moltantur. » E segue a spiegare, che questi Compositori sono più nocivi, che i Fabbric
tantur. » E segue a spiegare, che questi Compositori sono più nocivi, che i Fabbricatori de gli Idoli: perché, « Illi, qui
em, nobilioremque subolem procreari »Prosul. 3. p. 111. : Quello poi, che dice della seconda cagione, cioè dell’ignoranza,
ium hirudines, immo o sordes ipsas, et faculam Poetarum. » Egli brama che questi Compositori di favole Amatorie si raveggan
n eam viti, avidè arripientes. »Prolus. 3. p. 93. Si ride di costoro, che lasciando d’imitare le perfezioni d’Omero, s’inge
, s’ingegnano d’imitar i suoi difetti; come fece quell’antico sciocco che imitando il dilettoso balbutire d’Aristotele, giu
ò il racconto degli amori de’ Dei, e delle discordie loro; e insegnò, che Omero in quella parte si era mostrato, non solo n
olo non buon Cittadino ma anche mal Poeta, e difettoso nell’arte sua: che dovremmo noi giudicare de’ Compositori osceni del
eno imitar non può candore: così questi passano senza imitazione ciò, che Omero, e molti altri Poeti antichi hanno scritto
t. »l. 1. Prolus. 4. p. 139. Egli parimente confuta quella scusa con che costoro dicono di comporre Opere oscene; acciocch
Scaligero, il quale vuole più tosto astenersi dal riprendere i vizi, che proporli con il parlare degno di riprensione. « M
ficere eo nequiorem, de quo verba facio. »p. 99. Egli anche ricorda, che i principali Poeti degli antichi hanno scritto pu
yrico, Tragico, Homerum, Pindarum, Euripidem ». E alla fine conclude, che i Cristiani Compositori debbono emendare dalle os
di altri. Il P. Daniello Bartoli nota di questi Compositori lascivi, che dicono di non pretendere ne’ loro scritti il dann
risposta. In quale scuola hanno imparato costoro, non volersi quello, che si dice di non volersi, mentre in tanto avvedutis
avvedutissimamente si prendono tutti i mezzi, onde quello, si ha; si che se altro non si pretendesse, altri non se ne pren
efficacemente? E quando componevano, erano o si stupidi, o si ciechi, che non se n’avvedessero? E può dirsi, che non voless
ano o si stupidi, o si ciechi, che non se n’avvedessero? E può dirsi, che non volessero quello, che in si gagliardi mezzi e
chi, che non se n’avvedessero? E può dirsi, che non volessero quello, che in si gagliardi mezzi efficacemente volevano? A q
però di loro imbrattò mai la penna, o i versi suoi di macchia alcuna, che avesse ne pur suspizione di poco onesto. Il famos
ram hanc historiam carmine concinnatam. »p. 354. Dresselio poi dice, che lo Scrittore oscenoIn Niuta. L. 1. c. 5., « omniu
iunt, ut, tot funeru rei, quot quot inde biberint. » L’ultimo Autore, che voglio allegare, è un nobileMonsig. Azolini., e i
che voglio allegare, è un nobileMonsig. Azolini., e ingegnoso Poeta, che scrivendo contro gl’impuri Compositori, dice ad A
ori, dice ad Apollo. « Qual biasimo, e disonor Febo raccogli, Mentre che l’odierne poesie, D’impurità sfacciate empiono i
facciate empiono i fogli? Son dunque Meretrici infami, e ree Le Muse che oggidì cantano cose, Degne di Lupanari, od’osteri
a Polinia, a punto. Come se fusser gemme preziose. Infelice Paradiso che sei giunto: le tue pure fontane oggi a Toscani N
degno di si vil maniera, Ogni Poema, benché arguto, e terso? Sappi, che di cotesta indegna schiera A scaldar l’alme il m
d’Aletto, e di Megera, E s’eglino si fan della mia scola, Temerari che son fabri d’inganni, Rispondo, che ne menton per
si fan della mia scola, Temerari che son fabri d’inganni, Rispondo, che ne menton per la gola. Che per me canta gli amor
n per la gola. Che per me canta gli amorosi affanni, Serba lo stil, che dinanzi usaro i miei Messer Francesco, e Monsign
con le membra scorticate. Come viddi già Marsia, vederci. Oh vorrei che tornasse in questa etade Il mio Platon, per disc
composta dal P. Daniello Bartoli agli scrittori d’impudiche Poesie: e che comincia. Uditemi o Luciferi della terra. In un .
o, ché accarezzino come amico, e abbraccino, come caro, sono cotesti, che con Libri di durata immortale, e di malizia morta
, ed arricchire il loro regnop. 92. di molte anime. O piacesse a Dio, che ogni Verificatore impuro considerasse, e praticas
uirat. »Apud Io: Picum l. 4. ep pag. 1359. Nota quinta. Si dichiara, che cosa sono le Composizioni e i Libri poco modesti.
lti Dottori, e altri Scrittori molto santamente. Ruperto Abate vuole, che queste Composizioni immonde siano parti usciti da
nelle paludi e nel lezzo della disonestà. E a questo proposito scrive che tali Composizioni sono, appunto come le Egiziane
cchiare. San GirolamoPs. 77. dice lo stesso. E di più porta opinione, che i Libri osceni possano paragonarsi alle ghiande d
bramava empire lo stomaco; tuttoche a pieno satollo ne rimanesse. Nel che ci vien significato che i Compositori di tali Lib
o; tuttoche a pieno satollo ne rimanesse. Nel che ci vien significato che i Compositori di tali Libri vivono a modo di prod
onestà con grave offesa di Dio e danno del prossimo . Origine avvisa, che questi Componimenti impudichi sono simili ad un C
disonesti, e questi egli chiama « improba lectionis ». Componimenti, che danno materia di una scellerata lezione. Il Mazza
Francesco Ribera, e Giovanni Lorino. A’ quali io aggiungo Dressedio, che nel suo Nicera scriveL.1.c.5., che questi Libri «
o. A’ quali io aggiungo Dressedio, che nel suo Nicera scriveL.1.c.5., che questi Libri « pestis ipssissima sunt, et certiss
ofani di cavalleria, Commedie, e altric.17 dell’esercitio Spirituale. che trattano d’amore: perchè sono un trattenimento di
ana, e oziosa, e una peste mortale de’ buoni costumi. Sono un veleno, che burlando uccide: e incanti di Sirene, che inganna
ni costumi. Sono un veleno, che burlando uccide: e incanti di Sirene, che ingannano. Sono la zizzania, che nel campo della
urlando uccide: e incanti di Sirene, che ingannano. Sono la zizzania, che nel campo della Chiesa ha seminato il Demonio con
ascurando: e è cresciuta tanto in questi tempi per li nostri peccati, che pare voglia affogare la semenza de’ Libri spiritu
e gli uomini mondani. Questo è il Calice di Babilonia, e la Meretrice che ha confuso, e rivoltato il cervello di molta gent
S. Paolo si disfaceva in lacrime, ricordandosi con spirito profetico, che avevano da venir tempi, ne’ quali gli uomini chiu
le lasciassero aperte solamente per udire con gusto favole, e bugie, che solo trattengono e grattano l’orecchie. Piaccia a
ugie, che solo trattengono e grattano l’orecchie. Piaccia al Signore, che in parte non siano arrivati questi tempi: poscia
ccia al Signore, che in parte non siano arrivati questi tempi: poscia che vediamo non pochi Cristiani avere più gusto di le
ani avere più gusto di leggere Libri di Cavalleria e d’amori profani, che de’ Santi, e Sacri Profeti. Anche il P. Luigi Alb
està, insidiosi persecutori d’ogni onorato costume. O miseri mortali, che dentro tazze miniate bevete ingordamente veleni m
ola di Satanasso, spiega poi alla lunga la natura loro domandando. Ma che diremo, che siano questi infami Libri? Al certo n
asso, spiega poi alla lunga la natura loro domandando. Ma che diremo, che siano questi infami Libri? Al certo non altro, ch
do. Ma che diremo, che siano questi infami Libri? Al certo non altro, che una raccolta di mille sporchezze; piazza d’abomin
preda delle anime; vivanda in apparenza saporita, ma in sostanza più che assenzio amaro, e di pestiferi, e mortali veleni
he assenzio amaro, e di pestiferi, e mortali veleni condita; tossico, che soavemente ti dà la morte; reliquie dell’incendio
ne. Mine segrete per espugnar la rocca della buona volontà. Tignuole, che a poco a poco mangiano e consumano la forza, e il
forza, e il vigore dell’anima. Finalmente ladri, e assassini occulti, che quasi insensibilmente rubano il tesoro preziosiss
essa l’eterna Gloria del Paradiso. Nota sesta Che cosa contengono, e che effetti fanno le Composizioni, e i Libri osceni.
e Composizioni, e i Libri osceni. L’Autore ultimamente citato scrive, che taliNell Antid.p.4.c.1.p.312. Libri non sono aspe
liNell Antid.p.4.c.1.p.312. Libri non sono aspersi, né pieni d’altro, che di mille lusinghe, allettamenti, e incentivi a gr
tra la Fede, e Religione Cristiana, non di meno non mi potrai negare, che non contengono cose contra i buoni, e Cristiani c
non contengono cose contra i buoni, e Cristiani costumi. Con ciò sia che essendo tanto gli uni, quanto gli altri, usciti d
e, e maestro; e formati con l’istesso spirito di Satanasso, al centro che non posso contener altro, che veleno, morte, e da
istesso spirito di Satanasso, al centro che non posso contener altro, che veleno, morte, e dannazione. Di questi Librip.1.d
e dannazione. Di questi Librip.1.dello stimolo.c.6. scrive Baldesano, che ha più poter si fuggano; perché malamente trattan
uei Libri, i quali favellando in qualunque lingua o antica o moderna, che elle sia, e con qualunque stile, o di prosa, o di
virtù, ma imbrattati di molte macchie di gravissimi vizi. E aggiunge: che a questi tempi in tutte le lingue vanno in volta,
nno in volta, sono innumerabili, e quasi altro soggetto non trattano, che disonesto; altro non pare, che pretendano, che co
, e quasi altro soggetto non trattano, che disonesto; altro non pare, che pretendano, che con l’esca del ben dire allacciar
soggetto non trattano, che disonesto; altro non pare, che pretendano, che con l’esca del ben dire allacciar nelle reti del
chi ascolta. Di questiDisc.9.lit.Z. Libri lascivi avvisa il Mazzarino che si lascino; perché sono bastanti a stampare negli
xecrabilis putaretur. » E quanti Libri sono stati fatti da Cristiani, che sono ugualmente e forse più perniciosi che quello
stati fatti da Cristiani, che sono ugualmente e forse più perniciosi che quello, a buoni costumi, dunque si lascino e si d
stris, et omnium, quot quot potest ». Di questi Libri nota Cresellio, che senza dubbio macchiano il fiore della castità; « 
to Autore, quali siano questi Libri disonesti  ; e accenna l’effetto, che fanno contro la castità  : e per dichiarare, che
e accenna l’effetto, che fanno contro la castità  : e per dichiarare, che ciò segue facilmente  ; e in particolare ne’ giov
, che ciò segue facilmente  ; e in particolare ne’ giovani, aggiunge, che il voler leggere cose oscene, e non peccare, e co
Bernardino de Vigliegas, amori, vani, e fatui. Questo è il zuccarobx, che si pone in essi per addolcirli e dar loro il sapo
lcirli e dar loro il sapore; acciocché poi picchino il gusto di quei, che li leggono. Questo è il vivo, e i colori, con i q
cchi. Questo è il miele, o per meglio dire, il tossico, o veleno, con che s’attossicano simili lezioni: acciocché il sempli
palliata. Il Religioso Teologo Bresciano, come dichiara diffusamente, che cosa sono le Composizioni, e i Libri osceni; così
ono le Composizioni, e i Libri osceni; così spiega alla lunga i mali, che fanno, dicendo. Chi poterebbe raccontare agli inf
ali, che fanno, dicendo. Chi poterebbe raccontare agli infiniti mali, che apportano questi Libri impudichi? Essi corrompono
osì fanno diventar la persona presuntuosa, dissoluta, e sfacciata: si che di le si può dir quel detto di Geremia. « Frons m
grossano l’ingegno, e eccitano l’intelletto per le passioni veementi, che eccitano in chi li legge. Onde non per altro Plat
nfiammano la volontà a’ brutti peccati. E per questo dice S. Isidoro, che non per altro sono proibiti cotali Libri a’ Crist
ri a’ Cristiani, se non perché con la lettura di essi, non altrimenti che col vino, la mente vien eccitata, a provocar al m
Dio, e della salute. Onde chi bene avvertirà, per esperienza troverà, che quanto più di tali Libri si diletterà, tanto più
sempre si sentirà svogliato, sonnolente, e pigro nel bene: anzi quel che è peggio, tal’ora si sentirà avversione, e nausea
la memoria si sporchi oggetti, la volontà di disonesti desideri: tal che non sa pensare, né macchinar altro, che disonestà
tà di disonesti desideri: tal che non sa pensare, né macchinar altro, che disonestà, e bruttezze. Estinguono nella gioventù
gesti, nelle parole, e molto più ne’ pensieri, e nell’opere: di modo che merita più tosto di conversar con gli animali imm
re: di modo che merita più tosto di conversar con gli animali immondi che con gli uomini Cristiani. Insomma per conchiuderl
li uomini ancora. Questo Autore in un altro luogo dice. Se il veleno, che si beve mediante la lettura de’ Libri eretici, è
si beve mediante la lettura de’ Libri eretici, è di sua natura tale, che subito apporta la morteNell’Antip. p. 4. c. 4. mo
la morteNell’Antip. p. 4. c. 4. motivo 4. al sinc. : sarà anche vero, che il veleno, che si beve, mediante la lezione de’ L
tip. p. 4. c. 4. motivo 4. al sinc. : sarà anche vero, che il veleno, che si beve, mediante la lezione de’ Libri poco onest
o, intenda il giovane timorato di Dio, e zelante della sua integrità, che di questi Libri osceni del nostro tempo più si ve
di questi Libri osceni del nostro tempo più si verificano i biasimi, che contro quelli del tempo antico già dissero, e scr
biasimi, che contro quelli del tempo antico già dissero, e scrissero; che i Gentili più savi, e i Santi Dogmi della Chiesa
ero; che i Gentili più savi, e i Santi Dogmi della Chiesa di Cristo e che non meno questi, che quelli hanno da essere lonta
ù savi, e i Santi Dogmi della Chiesa di Cristo e che non meno questi, che quelli hanno da essere lontani dalle mani, e dai
iui trattiensi, e mentre pende all’esca Dell’ignoto piacer, non vuoi che brami, Di ritrovarsi anch’ella in simil cresca  
stità sono incantesimo, Dell’onestade altrui lacciuoli, e hami. Tal che ti dico, e replico il medesimo; Se stan cotali u
baldanzosa libertà de’ cattivi) la troppa fidanza de’ semplici buoni, che con fine di ripulirsi l’ingegno allo specchio de’
ingegno allo specchio de’ tesori di si dotti Autori, fanno come quei, che nel cavare le gemme di testa a’ Dragoni, ne bevon
canto, e restano nel vischio: chi cammina per polvere, o fango, come che leggermente se il faccia, sempre ne resta con qua
ia, sempre ne resta con qualche sordidezza al piede. Lascio il resto, che aggiunge l’addotto scrittore. Nota settima. Si
addotto scrittore. Nota settima. Si continua a mostrar gli effetti, che fanno le Composizioni, e i Libri osceni. Plutarco
effetti, che fanno le Composizioni, e i Libri osceni. Plutarco dice, che nell’Amore si ritrova un certo misto d’amarezza,
e si ritrova un certo misto d’amarezza, e di dolcezzaSimp. 5. p. 7. ; che però fu nomato Glycypero, cioè dolce amaro. Or io
. p. 7. ; che però fu nomato Glycypero, cioè dolce amaro. Or io dico, che un misto di simil fatta si ritrova ne’ Libri poco
dissi, adorati come tanti Idoli da tante persone; e in tanti luoghi; che però il P. Famiano Strada nota. « Multa hodie Ven
cura tradotti, perché parlino in tutte le lingue, come se per timore, che il mondo vergine non finisca, s’avessero a sparge
ù difesi: così divengono molte volte protettori d’impudicizia quelli, che ne dovrebbero esser giudici, l’autorità e il nome
e le case, le librarie, le tavole, e gli scrigni. Questi sono quelli, che nelle strade, nelle piazze, in casa, fuor di casa
bio poco timorati di Dio, e poco zelanti della salute loro. E quello, che è degno di maggior compassione è che sino gli ste
nti della salute loro. E quello, che è degno di maggior compassione è che sino gli stessi giovinetti, e giovinette, che app
i maggior compassione è che sino gli stessi giovinetti, e giovinette, che appena sanno leggere, bene spesso hanno per le ma
diventano licenziosi, dissoluti, sboccati, poco onesti e insomma tali che si può dire, che prima siano maliziosi, che nati;
osi, dissoluti, sboccati, poco onesti e insomma tali che si può dire, che prima siano maliziosi, che nati; e prima scellera
oco onesti e insomma tali che si può dire, che prima siano maliziosi, che nati; e prima scellerati, che vissuti. Per la qua
si può dire, che prima siano maliziosi, che nati; e prima scellerati, che vissuti. Per la qual cosa meraviglia non è, se po
e vissuti. Per la qual cosa meraviglia non è, se poi tal’ora avviene, che per qualche eccesso, de’ figli, o delle figlie, m
ste Autore ci sono spiegati assai chiaramente alcuni cattivi effetti, che fanno i Libri osceni, e le Composizioni disoneste
o. QualeTrattenimmento 1. pag. 38. altro frutto da tal seme si miete, che lascivia, e vergogna? Che altro nodrimento indi s
civia, e vergogna? Che altro nodrimento indi succhiano i semplicetti, che dolce veleno? Che altro sono i Lirici impuri, che
iano i semplicetti, che dolce veleno? Che altro sono i Lirici impuri, che micidiali allettatrici Sirene? Che altro i Poemi
e armi se non Giganti sproporzionatamente miniati femminili fattezze, che non aiutano, ma scemano la fortezza? Che altro gl
il. 2. dell.Impr. Impresa 1. dis. 3. li paragonò ad un piccolo fuoco, che brucia una gran città a modo di una gran selva. «
obi c. 3. 5.. E come S. Girolamo a vitupero del peccato di Ario disse che era una scintilla, che, non subito oppressaCornel
Girolamo a vitupero del peccato di Ario disse che era una scintilla, che , non subito oppressaCornel. ns. hic., divenne fia
brucerà gli onesti costumi di tutta una Città. Narra il lodato Aresi, che una Principessa di Russia vedendo, che non poteva
Città. Narra il lodato Aresi, che una Principessa di Russia vedendo, che non poteva entrare a viva forza in una Città: sua
rza in una Città: sua nemica venne all’accordo di pace; ma con patto, che i Cittadini le mandassero dalle case loro alcune
o alcune colombe, e alcune passere: le furono mandate: e ella comandò che sotto l’ali di ciascuna si ponesse un poco d’esca
case, vi portarono il fuoco, e cagionarono incendio in tanti luoghi, che ne seguì l’arsura di tutte le abitazioni. Così pr
tto molto cattivo di questi Libri vani, amatori, e cavallereschi, e é che le Eresie entrarono in un fortissimo regno di Cri
Amadigi, e altri Libri di vana cavalleria, e di poco modesti amori. E che meraviglia poi che tali Componimenti nocanoca ad
bri di vana cavalleria, e di poco modesti amori. E che meraviglia poi che tali Componimenti nocanoca ad una famiglia, e ad
d una Città, se nocquero tanto ad un Regno? Ma sentiamo il Possevino, che dice «  Istis omnibus, cioè a Compositori osceni,
Autori, dei quali il primo. Bernardino de Viglieas scrive. « Vediamo, che alla dolce consonanza de’ versi lascivi, quali co
con gusto si leggono, fa l’amor disonesto i suoi colpi tanto giusti, che , se ben lo dicono cieco, accerta però tante volte
tanto giusti, che, se ben lo dicono cieco, accerta però tante volte, che appena tocca freccia, che non trapassi il cuore d
lo dicono cieco, accerta però tante volte, che appena tocca freccia, che non trapassi il cuore dell’incauto lettore, che i
appena tocca freccia, che non trapassi il cuore dell’incauto lettore, che inconsiderato porge le precchie alle sue canzoni:
sue canzoni: perchè vi vuol poco dal leggere con gusto la disonestà, che sotto lusinghevoli parole vien mascherata, al pas
a lezione, non li voglio riferire qui; potrà V. S. vederli nel Libro, che io scrissi della sposa di Cristo, dove nel c. 20.
sta materia: e in quel luogo mi lamentai come si lamenta S. Girolamo, che vi sia uomo Cristiano, che lasci di leggere Libri
o mi lamentai come si lamenta S. Girolamo, che vi sia uomo Cristiano, che lasci di leggere Libri Santi, per spendere il tem
empo ne’profani, in comporre Commedie amorose. Riferisce S. Eucherio, che stando bene S. Basilio un giorno con i suoi scola
erio, che stando bene S. Basilio un giorno con i suoi scolari (avanti che professasse la vita monastica) standosene, dico,
con diligenza alla nostra salvazione, e di quelli di tutto il mondo, che sta sopra le nostre spalle, e n’ha ciò domandar D
ontro i suoi ministri. O quanto breve è la vita per si lungo viaggio, che ci resta, per arrivar al cielo: e con tutto ciò l
. 4. motivo 4. Teologo Bresciano scrive. « Segnalato è quell’esempio, che racconta Monsignor Rescia nella vita del gran Car
a Monsignor Rescia nella vita del gran Cardinale Osio: ove riferisce, che studiando il Cardinale, giovinetto ancora, nell’A
ell’Accademia di Cracovia, un suo amico gentiluomo, e anche giovane e che si dilettava tal volta di legger Libri Tedeschi,
nevano le enormità di Lutero, cadde un giorno in una febbre acuta: di che dolendosi il Cardinale non mancava di consolarlo,
e sotto il capo dell’infermo un Libretto, e presolo nelle mani, trovò che era eretico: allora voltatosi all’amico disse. "Q
e era eretico: allora voltatosi all’amico disse. "Questa è la febbre, che tanto gravemente vi tormenta. Voi a bello studio,
stesso." Per tanto, soggiunse, «se volete cacciar la febbre, bisogna, che quanto prima leviate da voi e di casa vostra tutt
tutti i Libri a questo somiglianti: e se ciò farete, tenete per fermo che la febbre subito partirà da voi». Cosa meraviglio
fermo che la febbre subito partirà da voi». Cosa meravigliosa subito che fu gettato il Libro nel fuoco, nello stesso tempo
i occhi di Dio; poiché anche in questa vita castiga tal volta quelli, che di essi si dilettano: e se bene i Libri osceni no
sono mezzo a mille oscenità. » Non paia dunque strano ad alcun udire, che tal volta una persona, e forse anche una famiglia
patonocc altri gravissimi, e penosi mali. Giovanni Evirato nel Libro, che compose con titolo di Prato spirituale, e che fu
anni Evirato nel Libro, che compose con titolo di Prato spirituale, e che fu approvato da’ Padri del 2. Concilio Niceno, ra
tuale, e che fu approvato da’ Padri del 2. Concilio Niceno, racconta, che Ciriaco Abate vide in sogno, che la B. Vergine ac
ri del 2. Concilio Niceno, racconta, che Ciriaco Abate vide in sogno, che la B. Vergine accompagnata da i due SS. Giovanni,
ta da i due SS. Giovanni, non volle entrare nella sua cella, dicendo, che dentro vi era un suo inimico. Risvegliossi il buo
ttato fatto da Nestorio, e legato nel fine di quel volume; e conobbe, che quello era l’inimico della Vergine, e subito lo r
noxiam aliquam aut secularem, vanamque curiositatem detorqueri ». So, che tal uno mi può dire. Quel Libro era eretico, e pe
nimico della Vergine: e noi parliamo de’ Libri osceni. Ma io replico, che anche un Libro osceno priva della visita della B.
anni Eusebio Nieremberg trattando in una sua Opera della Materna cura, che la B. Vergine tiene de’ soggetti delle Compagnia
che la B. Vergine tiene de’ soggetti delle Compagnia Gesù, riferisce, che ad una divora persona fu veduta quella gran Regin
ane per altro virtuoso, e senza intenzione di servirsene per peccato; che cattivi effetti dunque potranno temere que’ scola
per peccato; che cattivi effetti dunque potranno temere que’ scolari, che ne tengono molti e molto osceni, e peto servir ne
eto servir nel comporre le poetiche oscenità, o per far peggio? Certo che di molti si è verificato il detto del giudizioso
s virgines in meretrices. »De vitio prud. Raccontasi di due sorelle, che leggendo una famosa Tragicommedia all’ora pubblic
bblicata, si fecero con la prima lezione si buone maestre d’impurità, che n’aprirono subito scuola, mutando la casa in post
Ho saputo da persona religiosa, vecchia, e degna di pienissima fede, che il P. Giovanni Battista Pescatore, uomo di Santad
anni Battista Pescatore, uomo di Santadella Compagnia di Gesù vita, e che fu Maestro de’ Novizi, e del B. Luigi Gonzaga, st
aso un Libro profano e non osceno, il quale fu letto alcune volte: da che segui, che il Padre sentì nell’orazione aridità m
o profano e non osceno, il quale fu letto alcune volte: da che segui, che il Padre sentì nell’orazione aridità molto straor
cagione, se ne meravigliò, e ne sentì disgusto: alla fine dubitando, che non procedesse da quella lezione di Libro profano
ine dubitando, che non procedesse da quella lezione di Libro profano, che alle volte udiva, la fede in tutto cessare: e ecc
Libro profano, che alle volte udiva, la fede in tutto cessare: e ecco che subito tornò la solita serenità nell’orazione con
ncora del P. Giacomo Alverez de Paz Spagnuolo della Compagnia di Gesù che molti anni prima di morire aveva fatto voto di no
anto di vane immaginazioni, e arido tanto della solita sua devozione, che fece fermissimo proposito di astenersi nell’avvis
o di astenersi nell’avvisare sempre, e in tutto da simile lezione. Or che effetti cagioneranno i Libri osceni uditi, o lett
e viziosa: la divina Giustizia presto le fu sopra, la giunse, e fece che oppressa da grave infermità si vedesse nell’ultim
e spaventoso del Giudizio Particolare. Prego in quel punto la Madre, che afflitta le assisteva, a farle grazia, e compiace
fflitta le assisteva, a farle grazia, e compiacerla in quell’estremo, che ella fosse vestita de’ suoi preziosi vestimenti,
n quell’estremo, che ella fosse vestita de’ suoi preziosi vestimenti, che aveva né la Madre seppe né volle contraddirle: la
lo spavento della madre, e de’ parenti, o d’altri assistenti al caso, che può il saggio lettore seco stesso immaginarsi. Ce
nti al caso, che può il saggio lettore seco stesso immaginarsi. Certo che un Auditore, da cui io l’ho saputo, retto con gli
i lezione de’ Libri impudichi: della quale si possono dire le parole, che già dissero i Vescovi di un Sinodo Alessandrino.
itori poco modesti, se giudiziosamente si considerano, non hanno cosa che possa invitare alla lezione loro una persona virt
abent; aut acque stimilum ad pietatem addere cuiquam possunt? » E noi che diremo delle Composizioni, e Libri disonesti? Cer
sunt? » E noi che diremo delle Composizioni, e Libri disonesti? Certo che non sono ammaestramenti per le virtù, ma pernicio
un moderno Teologo per conferma di questo con affetto così. « Eh Dio che bisogna piangere con lacrime di sangue l’infelice
a chi fosse, di leggere alcuni Libri, i quali non raccontavano altro, che favolosi portenti, e bugie. « Maiores Statas, Sol
ari voluerunt. » E pure in questo secolo, e singolarmente, in Italia, che Libri si hanno di continuo alle mani? Ah che fino
ingolarmente, in Italia, che Libri si hanno di continuo alle mani? Ah che fino le più tenere Verginelle sanno rendere minut
imo conto di tutte le azioni di Lisuarte, e di Amadiggi di Grecia. Ah che sino i fanciulli hanno letto quanti Romanzi sono
i fanciulli hanno letto quanti Romanzi sono già usciti in stampa, ben che quasi trapassino l’infinito. E che titolo si deve
nzi sono già usciti in stampa, ben che quasi trapassino l’infinito. E che titolo si deve a cotali Libri? « Portentorum » po
infinito. E che titolo si deve a cotali Libri? « Portentorum » poscia che altro non contengono che sogni, che vanità che im
deve a cotali Libri? « Portentorum » poscia che altro non contengono che sogni, che vanità che impossibilità? Ah che vi è
ali Libri? « Portentorum » poscia che altro non contengono che sogni, che vanità che impossibilità? Ah che vi è bisogno di
« Portentorum » poscia che altro non contengono che sogni, che vanità che impossibilità? Ah che vi è bisogno di rimedio. « 
che altro non contengono che sogni, che vanità che impossibilità? Ah che vi è bisogno di rimedio. « Ossa eius velut tissul
issula aris. » La fistulaIob. c. 40. 13. propriamente è una cannella, che serve a trasportare l’acqua da un luogo all’altro
latini. « Est mihi disparibus septem compacta circuitis fistula. » Ma che cosa sono poi i Libri lascivi, e tanti; e tanti R
e tanti; e tanti Romanzi? « Ossa eius. » Sono le ossa del Demonio: e che se queste sostentano le membra, e la carne del De
nche tante fistole, cioè, tante canne sonore; essendo purtroppo vero, che apportano qualche diletto al senso, e all’intelle
roppo vero, che apportano qualche diletto al senso, e all’intelletto, che si lasciano ingannare dai Sali per dentro sparsi,
, e dai concetti con lusinghevole stile spiegati. « A Eris » Ma ahimé che sono però fistole di bronzo: voglio dire che con
ati. « A Eris » Ma ahimé che sono però fistole di bronzo: voglio dire che con i colpi di pistola feriscono l’anima nostra.
re che con i colpi di pistola feriscono l’anima nostra. E volese Dio, che di più i loro tiri no fossero di bolbarde: queste
ri no fossero di bolbarde: queste, anzi rovinano gli eserciti interi, che diano la morte a un soldato solo. E Martino Luter
to solo. E Martino Lutero volendo introdurre l’eresia nella Germania, che mezzo adoperò? Fece tradurre l’Amadigi in lingua
e l’Amadigi in lingua Francese elegantissima, lo sparse per la Corte: che poi letto dai curiosi Cortigiani, e notando quegl
ù la sacra scrittura, a nausearla, e a desiderare di sperimentare ciò che leggevano. E per questa via i breve fu piena la C
di sacrilegi, d’indovini, di maliardi,cf e d’Astrologi giudiziari. Si che l’Empio non durò poi fatica alcuna d’introdurre i
imeno tanti li leggono, e li rileggono; né fanno, né vogliono, né par che possano tralasciare cotal lezione: ciascun de’ qu
sciare cotal lezione: ciascun de’ quali può dire con suo vitupero ciò che Socrate con sua lode disse a Fedro appresso Plato
, avvisato da Basilio, e temuto dagli altri. Il secondo effetto si è, che spesse volte questecomposizioni lette aprono le f
ferite già chiuse con le cicatrici e di nuovo feriscono quegli animi, che piagati altre volte perderono la purità. E però i
æ, et altas ainfert molestias. ». Cioè Il terzo cattivo effetto si è, che quella Lezione, se non espugna la mente, e la vol
anciullezza tanto oppugnavano la mente di un uomo ritirato dal Mondo; che oppugnazione cagioneranno quelle, che nella Giove
di un uomo ritirato dal Mondo; che oppugnazione cagioneranno quelle, che nella Gioventù, nell’età virile, ne’ mesi passati
to avviso. « Ne legas, qua non ædificant. » : non leggere que’ Libri, che non vi sono di edificazione. Or che avrebbe egli
cant. » : non leggere que’ Libri, che non vi sono di edificazione. Or che avrebbe egli detto di quelli, che sono di distruz
che non vi sono di edificazione. Or che avrebbe egli detto di quelli, che sono di distruzione, e di evidente rovina a’ loro
e, apportata da chi vuole leggere Composizioni, e Libri impuri. Però, che sarà pregio dell’Opera l’esaminar un poco, e bene
inar un poco, e bene alcune di quelle Ragioni, le quali hanno coloro, che leggono Composizioni, e Libri immodesti, e molto
o debolezza, e indegnità. E la prima credo sia questa; e mi persuado, che sia di molti, i quali dicono. La Lezione de’ Libr
divina grazia: e però liberamente si può praticare . Ma io rispondo, che i Dotti sentono diversamente: onde dico di chi po
ur veritate. »Ag. Ser. 11. de V. Apost. E tutto ciò si vede nel poco, che aggiungo, come preso da gravi, e valenti Autori.
e valenti Autori. Il Teologo Religioso Bresciano dice. E cosa certa, che ogni volta, che tu leggi simili Libri, dilettando
i. Il Teologo Religioso Bresciano dice. E cosa certa, che ogni volta, che tu leggi simili Libri, dilettandoti sensualmenten
grazia, e amicizia di Dio tuo Creatore, e Signore. Anzi dico di più, che essendo vero, che, il mettersi a pericolo prossim
a di Dio tuo Creatore, e Signore. Anzi dico di più, che essendo vero, che , il mettersi a pericolo prossimo di peccare morta
ricolo prossimo di peccare mortalmente, è peccar mortalmente, secondo che dice il Savio. « Qui amat periculum, in illo » ;
econdo che dice il Savio. « Qui amat periculum, in illo » ; quindi è, che essendo la Lezione di cotali Libri, a persona mas
zi, pericolo manifesto di peccare, conseguentemente pecca, ogni volta che legge simili Libri. Il P. Giulio Nigrone dice, ch
pecca, ogni volta che legge simili Libri. Il P. Giulio Nigrone dice, che chi legge, « peccat in Deum, si se periculo macul
Ascet. In Reg. com. Reg. 8. pa. 281. Il P. Antonio Possevino mostra, che un Libro cattivo letto instilla nascostamente il
re nihil cogitatem, latenter instillant. » Il P. Sacchino considera, che gl’infami Dei de’ Gentili fecero già guerra contr
già guerra contro il nostro vero Dio, e Salvatore, usando molte cose, che avevano di bel l’apparenza, come era il nome dett
senza grave e molto buona ragione? Aggiungo secondo l’addotto Padre, che molti Giovani si ritengono da’ peccati, e dall’im
una certa naturale vergogna, e parte ancora per le buone ammonizioni, che ricevono da’ Parenti, o da’ buoni Amici: ma se av
onizioni, che ricevono da’ Parenti, o da’ buoni Amici: ma se avviene, che s’incontrino nella Lezione di un Libro disonesto,
ompagnia di Gesù. La Lezione, dice, de’ mali Libri, come sono quelli, che trattano cose disoneste, fa tanto gran rovina nel
quelli, che trattano cose disoneste, fa tanto gran rovina nell’anime, che a pena lo crederà, se non quello, che l’ode nelle
a tanto gran rovina nell’anime, che a pena lo crederà, se non quello, che l’ode nelle Confessioni. Sono innumerabili i Giov
che l’ode nelle Confessioni. Sono innumerabili i Giovani, e Donzelle che per la Lezione di simili Libri si sono persi, e g
osceni Componimenti Poetici; come con loro miseria lo provano quelli, che viziosamente si dilettano di questi allettamenti.
Prolus. 3. p. 110. E poco dopo aggiunge mostrando il gran pericolo, che corre, chi gusta della Lezione di Poeti osceni. «
adant.»pag. 113. E pur troppo vero, e apporta materia di pianto ciò, che scrive il P. Giovanni Rho della Compagnia di Gesù
tazioni di Scena, quante lacrimose catastrofi ha vedute, mentre animi che per lo pregio di vergine onesta gareggiavano in c
suole risultare dall’apprensione delle cose disoneste. O quanto temo, che siano molti quelli, che forse per vanità comincia
rensione delle cose disoneste. O quanto temo, che siano molti quelli, che forse per vanità cominciano la Lezione impudica,
ella sua salute. « Né voglio qui lasciar indietro, dice il Mazzarino, che i Poeti quando ben non recassero al costumato viv
abile danno, debbonsi con gran cautela legger per conto degli errori, che eglino hanno nella Chiesa introdotto molti de’ qu
collocare. » Nota duodecima. Della Seconda Ragione. Luciano avvisa, che gli Uomini dotti gustano di Libri tali, « ut non
Lezione de’ Libri osceni; perché vi troviamo cose belle, graziose, e che sono materia di molto piacere; anzi vi leggiamo a
ie sono gioie, benché si trovino nel lezzo; e l’oro rimane oro, tutto che sia tra le mondiglie; e i fiori graziosi allettan
rbacce, e delle spine. Rispondo prima con S. Girolamo; il quale dice, che queste Poesie dilettano, ma non giovano. « Hæc om
ectio Justitie reperitur. »Ep. 146. ad Dam. Rispondo ancora dicendo, che questa ragione non è colonna di bronzo: e non sos
one, soleva ricordare la malvagia fraude di quell’antico Agricoltore, che per uccidere le Api di un Emolo suo, da se molto
olo suo, da se molto odiato, e invidiato, sparse il veleno ne’ fiori, che nella siepe dell’orto di lui comparivano belli, e
oesia: fiori avvelenati dal nostro invidioso nimico Satanasso; fiori, che , recano all’Anime la morte spirituale della colpa
ita della Divina Grazia, e con offesa di Dio. Quanto poi all’asserire che ne’ Libri osceni tra le cose cattive se ne trovan
e dottissimo Vescovo Aresil. 2. dell’Imprese imp. 1. d. 3., ove nota, che non si mangia il veleno, benché sia misto con un
n divieto. « Ne comedas. »Genes. 2. 17. Cristo N. Signore non voleva, che i Demoni palesassero, che egli era il vero Figliu
Genes. 2. 17. Cristo N. Signore non voleva, che i Demoni palesassero, che egli era il vero Figliuolo di Dio, sapendo, che d
i Demoni palesassero, che egli era il vero Figliuolo di Dio, sapendo, che dopo tal verità avrebbero aggiunte varie falsità,
i molti nel diletto del male con la Lezione del bene. Piacesse a Dio, che chiunque legge Libri tali, sempre volesse, e sape
ersequemur; reliqua prateroamus. » A questo avviso di S. Basilio par, che alluda Cresollio, ove dice. « In operibus, qua ti
p. 402. Insomma vuole la prudenza, e il zelo della cristiana Purità, che chi legge Composizioni miste di cose buone, e osc
one di certi Libri di Origene; e non fu accettata per buona la scusa, che allegava, dicendo. « Io scelgo le cose buone, e l
le rattengo; e passo le cattive lasciando; come sogliono far le Api, che ne’ campi fioriti si posano solo in que’ fiori, d
iegare un concetto. E io rispondo con S. Agostino, allegato di sopra, che malamente si può imparar belle parole, mediante u
rdinario non si leggono questi Libri con un fine, e modo tanto buono, che a guisa degli Israeliti nelle case degli Egiziani
buono, che a guisa degli Israeliti nelle case degli Egiziani, coloro, che leggono, prendano solo i vasi dorati, e non gl’Id
si dorati, e non gl’Idoli infami. Non tutti sono imitatori d’Achille, che tra le merci esposte dall’astuto Ulisse scelga la
videdi ratione n. 36. tom. 1. E io ricordo con il Teologo Bresciano, che come è cosanell’Ant. Par. 4. c. 5. p. 342. molto
cile il maneggiar pece senza imbrattarsi, così difficilissima cosa è, che l’intelletto nostro faccia tal’astrazione, godend
brutte: perché queste due potenze sono molto connesse tra di loro, da che segue, che dalla cognizione speculativa dell’inte
ché queste due potenze sono molto connesse tra di loro, da che segue, che dalla cognizione speculativa dell’intelletto si p
uò ragionevolmente temere di non fare, come bisogna, tale astrazione: che si potrà giudicare di que’ Giovani, che liberi ne
ome bisogna, tale astrazione: che si potrà giudicare di que’ Giovani, che liberi nelle passioni, ardenti negli affetti, e f
eruntur. »l. 1. Prol. 4. p. 145. Ma l’esperienza pur troppo convince, che molti Giovani, leggendo Libri osceni, per cavarne
eni, per cavarne qualche erudizione, o per notar le belle parole, con che possano formare, e arricchire le loro modeste Com
spinis rosam »Ad Eustochium de cust. Virg. incontrano pungenti spine, che li trafiggono con molti sozzi pensieri, gravi pec
e esse discipulo discere quod interdictum sit Preceptori docere? » Ma che ? Insino l’infedele Quintiliano gravemente avvisa,
ri docere? » Ma che? Insino l’infedele Quintiliano gravemente avvisa, che devesi procurare, « ut tenera mentes, non modo, q
um aetatem. »l. 1. Instit. c. 8. Confessa di se stesso questo Autore, che mai aveva letto alcun Poeta impuro e nondimeno st
o Autore, che mai aveva letto alcun Poeta impuro e nondimeno stimava, che , bisognando, avrebbe fatto « Elegiam aliunde Carm
eius? » Dice poi di chi legge Libri impuri. Pazzo stimerebbesi colui, che raccogliesse ne’ prati i fiori puzzolenti, e l’er
Girolamo fu ripreso per esser Ciceroniano, perchè leggeva Tullio: or che riprensione merita, chi è Catulliano, Tibulliano,
quale alcuni attendono alla Lezione poco modesta. Aristotile insegna, che le Favole poetiche furono ritrovate a fine, che i
. Aristotile insegna, che le Favole poetiche furono ritrovate a fine, che i Mortali attendessero all’acquisto della Virtù,
me nota, Massimo Tirio: anzi egli, nel Dialogo 2. delle Leggi mostra, che i Legislatoriapud Possevin. Pag. 111. A. si fervo
dottrina è spiegata copiosamente anche da Strabone, il quale avvisa, che fu già antico istituto delle Città, e de’ Legisla
le impure, e molte cose inoneste, con le quali essi danno occasione , che si dica. « Et simulant Curios, cum Bacchanalia sc
Libri. Due n’ho spiegate: or ecco la terza. La quale mi do a credere, che sia; perché molti non fanno, o non si curano di s
, o non si curano di sapere, e considerare i molti e efficaci motivi, che una persona virtuosa può avere per lasciare, fugg
e l’oscena Lezione de’ Libri poco modesti. 2. Motivo è il ricordarsi, che la mente, la lingua, e la bocca del Cristiano è s
quali, e molto perniciosa, è la Lezione impudica. 4. Motivo è sapere, che le parole oscene de’ Libri disonesti sono villani
i nostri Santi Avvocati del Paradiso. Chi pratica dunque tal Lezione, che aiuto può aspettar in morte da Gesù, da Maria, e
r in morte da Gesù, da Maria, e da’ Santi  ? 5. Motivo è persuadersi, che i Libri osceni sono, come cibi avvelenati, posti
preziosi, buoni, e salutari. E come stolto si giudica da’ Savi colui, che in vece de’ cibi giovevoli, prende i nocivi, e si
e il Diavolo dirà a gli Spiriti maligni. Ecco ecco il nostro Scolaro, che con diligenza, e gusto ha letto, riletto, e studi
stintamente. 7. Motivo è il poco prezzo, anzi il molto disprezzo, con che molti Infedeli hanno condannato i Libri, e i Comp
de legib. Platone giudicò levar dalla Repubblica sua Libri de’ Poeti, che parevano parlar de’ Dei non religiosamente. E qua
osofo, e saggio Politico leggendo Omero, giunse all’esplicazione, con che dichiara gli Amori de’ Dei, subito stimò pernicio
i, subito stimò perniciosa quella Lezione. E se bene alcuni vogliono, che que’ parlari amorosi altro non siano, che giudizi
E se bene alcuni vogliono, che que’ parlari amorosi altro non siano, che giudiziose Allegorie; nondimeno SocrateIn Plat. d
diziose Allegorie; nondimeno SocrateIn Plat. dial. 2. de Rep. avvisò, che ne anche tal’Allegorie si dovevano scoprire alla
ti di condannare i Libri nocivi alla purità. Plutarcoin Crasso. nota, che Surena, Capitan Generale dell’Esercito del Re de’
affetto lussurioso. Ho letto nel Possevino un lungo Indice de’ Libri, che furono trovati nell’Armata Turchesca, quando da’
gati Cristiani ricevé la famosa Rotta Navale: e niun ve n’ho trovato, che tratti delle vanità lascive, e delle pazzie dell’
non si esercita nella palestra della pudicizia. Che diremo dunque? O che il Possevino lasciò di numerare qualche Libro de’
era osceno: ma detto tale è immaginario, e non ha fondamento; o pure che la Lezione de’ Libri disonesti è fuggita, e odiat
per animarsi alla fuga d’ogni impudica Lezione de’ Libri osceni. So, che alcuni dicono. Noi leggiamo per sapere le Favole
? » ser. 143. de Temp. Meglio sarebbe una virtuosa e pudica ignoranza che una dotta impudicizia. Nota decima quarta. Si con
per ammaestrare al bene i Lettori desiderosi. Questi Libri cagionano, che si pensino cose buone. Scaligeroapud Fam. P. 145.
Fam. P. 145. fece già una grave interrogazione intorno ad un Giovane che ode sentenze e parole oscene: la quale noi ora po
struoso sunt ingenio i, qui ea scriptis suis audent insecere? » Cioè, che pensieri nasceranno nell’animo di un Giovane, che
t insecere? » Cioè, che pensieri nasceranno nell’animo di un Giovane, che oda, o legga brutte sentenze, e parole tanto impu
da, o legga brutte sentenze, e parole tanto impure quanto sono quelle che gli Scrittori molto disonesti usano ne’ loro Comp
anno bruttissimi pensieri. Dunque ogni buona regola di ragione vuole, che si moltiplichino i Motivi, per rendere abominevol
civa Lezione. Sia però l’ 8. Motivo il considerare il grave disgusto, che molti Compositori hanno sentito d’aver impiegato
e Religioso della Compagnia di Gesù, scrive il P. Giacomo Fuligatti, che delle Opere composte da lui nell’età secolare una
apportava all’anima del medesimo Padre, fatto Religioso, ogni volta, che se ne ricordava, notabile confusione; e averia vo
notabile confusione; e averia voluto aver nelle mani tutte le copie, che s’erano pubblicate, per poterle bruciare; parendo
n Act. Ap. C. 19. v. 19. §. Deinde documentu. Così scrive, avvisando, che Giovanni Pico della Mirandola, e alcuni altri Scr
ndataris ignibus ipse dedi. » Con questa lunga numerazione di Autori, che condannarono al fuoco l’Opere loro, si prova, cre
al fuoco l’Opere loro, si prova, credo, assai bene il grave disgusto, che essi riceverono, per aver fatto Componimenti osce
molti ve n’erano Amorosi disonesti; onde que’ Fedeliloco cit. p. 76., che li bruciarono, meritano per la penitenza fatta un
Libro di materia un poco scabrosa, grandemente se ne dolse; e volle, che il Mondo credesse, che egli sopprimeva quel parto
co scabrosa, grandemente se ne dolse; e volle, che il Mondo credesse, che egli sopprimeva quel parto, come mostruoso; e ne
come mostruoso; e ne fece menzione, ritrattandosi, e pregando ognuno, che a quel suo ultimo consiglio, e ordine si asteness
recicite: Pium suscipite. » Ma se a nostro tempo vi sono Compositori, che non mostrano in vita dolore di tali oscenità, cre
sitori, che non mostrano in vita dolore di tali oscenità, credo bene, che lo mostreranno in morte; se vorranno morire da bu
nno in morte; se vorranno morire da buoni Cristiani. Io aveva inteso, che Gio. Battista Marino, quando morì in Napoli, died
i Padri di gravità di quanto V. P. m’ha comandato: e mi dicono tutti, che il famoso Poeta Marini, il quale morì con grano s
ià nostro Generale, e di santissima vita; facesse più volte instanza, che alla sua presenza si bruciassero tutti i suoi scr
cendere. E di questa verità ne fòch fede anch’io d’averla intesa. Con che la prego a ricordarsi di me ne’ suoi santi Sacrif
643. Di V. P. Umil servo nel Sig. D. Mare’Antonio Sanseverino. Credo, che gli Scrittori impudichi nel passo della loro mort
no soddisfatto a Dio per gli errori commessi; altrimenti meriteranno, che di loro si scriva ciò, che il gran Gersone, predi
i errori commessi; altrimenti meriteranno, che di loro si scriva ciò, che il gran Gersone, predicando, disse contro Giovann
. apud Lorin. In Act. c. 19. v. 19. p. 719..Cioè. Se a me fosse noto, che Giovanni Meldunense non avesse cancellato con la
luce quell’impudico Libro, io niente meglio pregherei Iddio per lui, che se pregar dovessi per Giuda Iscariota, di cui non
e pregar dovessi per Giuda Iscariota, di cui non m’è lecito dubitare, che non paia un eterno supplicio tra’ Dannati. Ma se
malam crucem, seu potius in bonas flammas. »orat. cit. Non nego già, che , chi si risolve a far un tale abbruciamento, non
almeno al tempo della sua pericolosa morte. Io so d’un famoso Poeta, che mirando questa verità, non al lume della Gloria m
ebolita grandemente, per non essere particella veruna in quell’Opera, che non gli costasse parte della vita; la pubblica as
e, e brama del Mondo desideroso di vederla; lo splendor della gloria, che gli veniva promessa da un Libro degno di plauso u
quella maniera di poetizzare. Questo fu un moltiplicato incantesimo, che più volte gli ritenne la mano, rese stupido il br
omo di lettere., e poi aggiunge per avviso de’ Poeti. Dio, vi guardi, che mai siate Padri d’un simil Libro. Quantunque lo c
ene, « Libri sunt fili animorum. »Stromat. Aggiunge l’addotto Autore, che non sa, qual più volentieri fosse per vedere di q
iù volentieri fosse per vedere di questi due Spettacoli, o un Abramo, che su l’altare sta per uccidere il Figliuolo, o un o
per uccidere il Figliuolo, o un ottimo Scrittore d’un pessimo Libro, che mostra in atto di gettarlo nelle fiamme: e forse
e fiamme: e forse gli pare impresa men difficile il primo Spettacolo, che il secondo. Da che io inserisco. Dunque dovrebbe
li pare impresa men difficile il primo Spettacolo, che il secondo. Da che io inserisco. Dunque dovrebbe ogni Scrittore impu
risolversi all’abbruciamento dell’Opere sue immodeste, persuadendosi, che si cosa di somma difficoltà di gloria segnalata a
notabile consolazione in morte e di onorata imitazione di que’ molti, che , al timor, dell’Inferno, e lacrimando vollero, ch
one di que’ molti, che, al timor, dell’Inferno, e lacrimando vollero, che s’abbruciassero i loro impuri Componimenti. E leg
. 107. Cioè i Sommi Pontefici, e gl’Imperatori decretarono con Leggi, che niente si pubblicasse, che sapore avesse, o di br
ci, e gl’Imperatori decretarono con Leggi, che niente si pubblicasse, che sapore avesse, o di bruttezza, di eresia: adunque
rovvido avviso di saggi Moderatori, e Conservatori de’ buoni costumi, che avvisano per tempo i pericoli, acciocché si fugga
GiovanniPar. 2. c. 18. p. 79. del libro intitolato, Avvisi di coloro, che hanno cura d’Anime. Bernardo Dias di Luco Vescovo
Curati delle anime. Perché l’esperienza insegna, e i Savi lo scrivono che gli Uomini tali diventano, quali sono i Libri, ch
i Savi lo scrivono che gli Uomini tali diventano, quali sono i Libri, che leggono: assai debbono i Sacerdoti Curati travagl
o i Libri, che leggono: assai debbono i Sacerdoti Curati travagliarsi che i Padri, e Signori non acconsentano, che in casa
acerdoti Curati travagliarsi che i Padri, e Signori non acconsentano, che in casa loro si leggano Libri disonesti; né che p
ori non acconsentano, che in casa loro si leggano Libri disonesti; né che possano provocare a Vizi: perché, come non consen
né che possano provocare a Vizi: perché, come non consentirebbero con che i loro Figliuoli, Figliuole, e Servitori, ancorch
tempo conversassero con persone viziose; così non debbono consentire, che si ritrovino del continuo, giorno e notte occupat
or autorità danno, e imprimono meglio la intenzione nostra in coloro, che l’ascoltano per muoverli a ciò maggiormente, debb
bbono i Curati dire loro, come Prospero antico, e Santo Dottore, dice che gli antichi, come buoni zelanti della salute dell
la salute delle anime, e de’ buoni costumi de gli uomini, ordinarono, che niun Giovane leggesse il Libro del Genesi, né do
o, e scritti per inspirazione dello Spirito Santo: perché dubitavano, che i Giovani, restassero d’imitare le cose Sante, ch
perché dubitavano, che i Giovani, restassero d’imitare le cose Sante, che si scrivono:·e si lasciassero più tosto provocare
il Cristiano, e santo zelo antico si stendeva ad evitare le occasioni che dalla Scrittura Santa prendere si potevano; che s
evitare le occasioni che dalla Scrittura Santa prendere si potevano; che si dovrebbe fare in questi miseri tempi, cosi pie
si dovrebbe fare in questi miseri tempi, cosi pieni di Libri viziosi che niun utile recano alla Repubblica, e tanto danno
niun utile recano alla Repubblica, e tanto danno alle anime di color, che li leggono? Il Teologo BrescianoNell’Antip. par.
eggono? Il Teologo BrescianoNell’Antip. par. 4. c. 3. p. 320. avvisa, che quello, che più importa. in questo negozio è il s
eologo BrescianoNell’Antip. par. 4. c. 3. p. 320. avvisa, che quello, che più importa. in questo negozio è il santissimo, e
ento, il quale per provvedere a tanto abuso, e rimediar al gran male, che partoriscono Libri tanto pestilenti, ordina così
is puniantur. » Questo modo di parlare, se bene si considera, mostra, che chi fa altrimenti casca in disgrazia di Dio per l
e chi fa altrimenti casca in disgrazia di Dio per lo peccato mortale, che si commette: come chiaramente si dice nell’ultima
reatum, quo afficitur, iudicio Episcporum severe puniatur. » È vero, che i Libri antichi scritti da’ Gentili si permettono
ermonis elegantiam, et proprietatem permittuntur. ». Ma è anche vero, che ivi si aggiunge: « nulla tamen ratione Pueris pre
di si può prendere la risposta, per darsi a chi dice. I Libri osceni, che io leggo, non trattano, né insegnano, ex professo
seguenza io non pecco leggendo le parole brutte, e le cose disoneste, che sono poste in qualche parte di un Libro, e come p
un’occasione prossima di precipitate in que’ mali gravi, e infiniti, che sogliono cagionarsi da così nociva Lezione. E for
se altro male non facesse, almeno si fa simile a que’ perversi Ebrei, che rifiutarono Cristo Redentore, e elessero Barabba
Satius profecto foret veloculis carere, quam illis tam male uti. » O che abuso, impiegar gli occhi, dati per servire al Cr
istituto loro è scellerato, e alieno da gli studi virtuosi, e onesti: che se per avventura essi sono ingegnosi e eloquenti,
role oscene, « Verborum obscenitatem fugere » : e S. Atanasio scrive, che i buoni, e onesti Cristianiep. ad Solit. erano so
perfect. Prud. L. 3. c. 4. §. 8. pag. 622. Forse taluno mi opporrà, che anche i Santi Padri antichi, e i Dottori, hanno l
are gl’errori de’ Gentili con l’autorità de’ medesimi loro Scrittori, che è un vincere il Superbo Gigante, e troncarli l’al
ns sit, quanta prudentia fuerit. » Cioè, come imprudenti sono quelli, che , senza fortificati con buoni antidoti; maneggiano
passini viziose; e tenere l’affetto tanto staccato dalle cose create, che si possa dire con S. Paolo, « omnia arbitror ut s
. Carmina quis potuit tutò legisse Tibulli? » Avvisa questo Poeta, che non si tocchino, e molto più, che non leggano gli
e Tibulli? » Avvisa questo Poeta, che non si tocchino, e molto più, che non leggano gli amorosi Componimenti de’ Poeti, c
ino, e molto più, che non leggano gli amorosi Componimenti de’ Poeti, che scrissero con oscenità. Gran cosa è questa, come
, come pondera il P. Sacchino. Un Poeta gentile, e disonesto comanda, che non si tocchino gli Scrittori di Poesie impure: e
anno dell’anima? O inganno diabolico, e infernale. Narrano l’Istorie, che una volta il Diavolo fece l’ufficio di Predicator
o a loro peccati, e non avessero la scusa di dar la colpa al Diavolo, che gli avesse sollecitati al peccare, e ingannati. U
iavolo, che gli avesse sollecitati al peccare, e ingannati. Un non so che di simile si può dire nel caso d’Ovidio, mentre p
n non so che di simile si può dire nel caso d’Ovidio, mentre predica, che non si tocchino i Poeti impuri. E se un Cristiano
disonesta? Giudichi il savio Lettore. Pondera di più il P. Sacchino, che niun Autore, né moderno, né antico, né Poeta, né
atini, ma di tutti: e in quanto a’ Latini mostra con bella induzione, che vi sono Maestri di onesta latinità per tutte l’Ar
e per tutte le Facoltà, Arti, e Scienze l’eloquentissimo Cicerone. Ma che diremo della Poetica? Bisogna per impararla pigli
Silio, Valerio Flacco, Claudiano, e Stazio, «si pauca demas» ; senza, che io proponga que’ poco insigni nella Virtù, Boezio
t, si non culta, quam verecunda debeant esse Musa Christiana ». Oltre che non mancano molti Poeti impuri, da’ quali si sono
e cose buone, e possono leggersi dal Giovane virtuoso; a cui replico, che Ovidio dice, come anche nota Baldesano, « Ne tang
fare alcuna cosa disonesta, e per conseguenza non si deve permettere, che né anche sia letta da lei, acciocché non cada nel
uid Turpe paras: nec tu Pueri contempseris annos. » Isocrate avvisa, che non si faccia, né si dica cosa, che rappresenti b
pseris annos. » Isocrate avvisa, che non si faccia, né si dica cosa, che rappresenti bruttezza: e in conseguenza non stima
emonicum. Plutarco discorrendo del modo di leggere i Poeti, mostrava che si corre gran pericolo di rovina: e però è necess
e cattive è una certa strada, per venirne all’esecuzione: il piacere, che vi si gusta leggendo, è come il miele, che ci por
ll’esecuzione: il piacere, che vi si gusta leggendo, è come il miele, che ci porge il veleno, e ce lo copre. Clemente Aless
obsecone inquinantes. »or. adhor. ad Gentes. Con le quali parole par, che accenni, che, chi gode di legger le oscenità degl
inantes. »or. adhor. ad Gentes. Con le quali parole par, che accenni, che , chi gode di legger le oscenità degli antichi Poe
ger le oscenità degli antichi Poeti, mostra di godere di una Lezione, che contiene empie bruttezze, e bruttissime empietà d
e, che contiene empie bruttezze, e bruttissime empietà de’ propri Dei: che però Tertulliano chiamò que’ Poeti « suorum Deoru
anti gli occhi de’ Fedeli i danni, o i pericoli, o pure la bruttezza, che in quelli si contiene. Origene, segue Nigrone, tr
gene, segue Nigrone, trattando dell’aureo calice di Babilonia, stima, che i Poeti ci presentino molti veleni e tra quelli «
auream », secondo l’esposizione de’ LXX. « Linguam auream », e vuole, che per lingua d’oro s’intendano i versi de’ Poeti on
iama i versi lascivi « mella venenum tegentia », favi dolci di miele, che coprono il veleno. S. Basilio, insegnando a’ Giov
iovanetti il modo di prendere utilità da Libri de’ Poeti, gli avvisa, che non leggano quelli, « qui stupra, adulteria, et o
quelli, « qui stupra, adulteria, et obscenos amores Deorum cantant », che cantano gli stupri, gli adulteri, e gli impudichi
e gli impudichi amori de’falsi Dei. S. Girolamo riprende que’ Padri, che inducono i Figlioli a leggere « Comedias, et turp
Horatius? » 12. e ultimo Motivo è il grave scrupolo, e giusto rimorso che una persona debole di spirito sente, o deve senti
Se meco si confessasse, chi legge un Libro impuro, io ti comanderei, che , o levasse le impurità, o lo lasciasse affatto. Q
rle di Poesia, dichiarate con qualche licenza di lascivo affetto, par che si possano leggere al parere di alcuni; perché al
zie secondo quel detto antico. « Impuritas vocatur urbanitas. » Oltre che tra’ Cittadini si veggono pochissimi Componimenti
nimenti poetici, ne’quali non si leggano inserti simili allettamenti, che nomar si possono gustosi saporetti per la Giovent
sono anche que famosi Poeti, o della stagione antica, o della nostra, che non abbiano con qualche libertà di lasciva penna
a proposta Ragione. Dico 1. Non è cosa degna di lode né d’imitazione; che tra Cittadini si veggano, e si leggano Componimen
di grave tentazione, a molti deboli di virtù; i quali piacesse a Dio, che non fossero allettati da queste lascive, e artifi
a’ savi Gentili, e molto più da’ buoni, e dotti Cristiani: onde que’, che non sono purgati, si dovrebbero purgar con dilige
incontrano l’opposizione oscura delle nuvole. Tengo di più per certo, che supposto l’imperfetto della nostra corrotta Natur
degli oggetti puri, o degli osceni, resterà più facilmente da questi, che da quelli allettato, e allacciato. Dico 4. L’obie
el P. Strada, è tanto bene oppugnata, e espugnata dalla sua risposta, che se il Lettore godrà di vederla, non desidererà da
cosa alcuna per aggiunta; e però a lei lo rimetto; e li ricordo solo, che quell’Autor pretende; con fondate dottrine, e con
’Autor pretende; con fondate dottrine, e con belle erudizioni provare che « Poeta dicendi non sunt obscenorum Carminum Scri
Carminum Scriptores », non devono onorarsi col nome di Poeti quelli, che scrivono Versi di oscenità. Dico per ultimo col P
e oscena, e gentilesca: ma deve provvedere alla salute sua più tosto, che acconsentire a quella mal usanza di Lettura, per
piti di tal fatta non si ammettono in una casa onorata. E io vi dico, che i Libi i osceni sono peggiori di ogni Lenone; poi
dalle mani de’ Fedeli questi impudichi Libri, a quali anche da altri, che da Dresselio sono stati giudicar peggiori de’ pes
pudico Giovane, il quale trovando a caso i quattro volumi di Amadigi, che inteso aveva essere ingegnosi, e eloquenti; egli
lumi di Amadigi, che inteso aveva essere ingegnosi, e eloquenti; egli che d’eloquenza si dilettava, cominciò a leggere; ma
eggere; ma avanti di finire il primo, sentì tali incentivi del senso, che sdegnato lo gittò via, né mai più volle vederlo.
non fissò gli occhi nel viso di Donna, o Giovanetto. Non lesse Libri, che avessero eziandio un minimo sentore di vanità,e i
a moderna Gioventù de’ virtuosi Secolari e de’perfetti Religiosi, con che tutti dovrebbero sprezzare ogni Libro vano, poco
ostra, in cui non mancano Libri di simil fatta, e in tale abbondanza, che è cosa da piangere lo sperimentare oggidì verissi
i lettere p. mibi 78.. Non mancano alla Poesia d’oggidì i suoi Ovidi, che posponendo Parnaso ad Ida, i Lauri a’ Mirti, i Ci
cizia e i ghiacci di Ponto. E è in questo ormai si ordinario il male, che dall’antecedente d’esser Poeta par, che ne venga
o ormai si ordinario il male, che dall’antecedente d’esser Poeta par, che ne venga la conseguenza d’esser lascivo. E poco d
no al Cielo, e tra le Stelle s’adorano quelle Lire de’ moderni Orfei, che hanno aperto l’Inferno, non per trarne un’Euridic
rvi un Mondo d’Innocenti. E io col zelo di questo Autore prego Iddio, che venga tempo, in cui tutti i Superiori conoscano v
ltri. Questo famoso, e dotto Predicatore tratta si bene questo punto, che io stimo far cosa grata al Lettore, riferire pura
unto, che io stimo far cosa grata al Lettore, riferire puramente ciò, che ne scrive nel Rag. 25. ove dice. Qui mi darò fret
ve dice. Qui mi darò fretta per soddisfare, e acchetare que’ Giovani, che vorrebbero senza veruno ritegno, o freno andar di
ssimamente delle Muse nell’Accademia del Parnaso molte cose. E prima, che i Poeti, e i profani Autori, scrivono molte Favol
ere ben fondati nella Religione, di ciò non temono veruno pericolo. A che rispondo, che eglino per ciò non dovrebbero consu
i nella Religione, di ciò non temono veruno pericolo. A che rispondo, che eglino per ciò non dovrebbero consumar il tempo i
r ciò non dovrebbero consumar il tempo in cose sciocche, massimamente che vedendogli gli altri Uomini, e più quelli, che al
sciocche, massimamente che vedendogli gli altri Uomini, e più quelli, che alla nostra Fede contraddicono, leggere con si in
de contraddicono, leggere con si ingorda diligenza que’ Componimenti, che sanno d’Idolatria, e che contengono Adulteri, Stu
con si ingorda diligenza que’ Componimenti, che sanno d’Idolatria, e che contengono Adulteri, Stupri, Infamie, Arti Magich
r frater, si te viderit in Idolo recumbentem? » Il tempo si prezioso, che t’e da Dio conceduto per impiegarlo in ottime occ
eno qualche giovevole cosa, e lascisi il rimanente. Appresso, dicono, che prenderanno da costoro le cose buone, lasciate le
le nocevoli; trarranno l’oro dal loto. Rispondo, come pur ora diceva, che ciò non è da tutti; e le buone sono poche; e tutt
uasi vuote guainelle de’ legumi, come dice Girolamo, e cibo da porci, che caricano lo stomaco, l’empiono di vento, e non da
plicano così. Dovrannosi almeno questi Libri leggere per eloquenza. A che risponde Agostino che in questa guisa si correreb
si almeno questi Libri leggere per eloquenza. A che risponde Agostino che in questa guisa si correrebbe pericolo di bere in
liarono cotai Libri all’aureo Calice di Babilonia; e a quella lingua, che colui involò nel bottino di Hierico, e fu anatema
one, e altri Eretici dal Hierico de’ profani Libri trassero le sette, che vollero nella Chiesa introdurre, e stabilire. Cri
, e politi: e noi potressimo paragonare questa eloquenza a quel miele che viene in Eraclea, e in qualche luogo di Spagna, n
che viene in Eraclea, e in qualche luogo di Spagna, non men velenoso, che dolce, per essere dalle Pecchie da’ fiori, e erbe
, per essere dalle Pecchie da’ fiori, e erbe simili raccolto; avvenga che queste imbellettate Favole piacciano, e uccidano.
doverassi a tutti indifferentemente concedere la lettura dell’opere, che colme sono d’errori, o di lascivie? Farannosi adu
ad opere somiglianti le potenze interne? L’esperienza non ci mostra, che con la Lezione pia l’Uomo tanto, ò quanto si comp
ne gl’Uomini diversi affetti d’ira, di mansuetudine, d’ardimento; sì che toccando egli un tratto la Cetera, Alessandrino,
mato; se con l’arte di regolare, e moderare la flebile voce le Donne, che la scrittura chiama Savie, e Cantatrici, e per av
e Trombette in Sano Matteo, eccitavano ne’circostanti amare lacrime:· che crediamo, che debba fare un’intenta Lezione turpe
Sano Matteo, eccitavano ne’circostanti amare lacrime:· che crediamo, che debba fare un’intenta Lezione turpe, che non per
mare lacrime:· che crediamo, che debba fare un’intenta Lezione turpe, che non per l’orecchie solamente, ma per gli occhi ez
o non volle rendere della fuga di cotale Lezione altra ragione, salvo che questa, cotanto la stimò vera, del grand’allettam
imolatrici della mente alla lascivia: e ingrandì cotanto questo male, che l’assomigliò all’Idolatria; perciò che, non solam
ingrandì cotanto questo male, che l’assomigliò all’Idolatria; perciò che , non solamente a’ Demoni offrendo, e incensando,
loro volentieri accettando, s’idolatra. Quinto, aggiungono di nuovo, che nelle pubbliche, e nello private Librarie ritrova
o private Librarie ritrovasi gran moltitudine di questi Libri riposta che per essere di gran prezzo, se si stracciassero, o
irebbe un’intollerabile perdita. E in risposta io non produrrò altro, che Casi seguiti. Mosè stritolò quel Vitello d’oro, c
n produrrò altro, che Casi seguiti. Mosè stritolò quel Vitello d’oro, che fu cagione dell’Idolatria del suo campo. E il Re
queste Proposte, e Risposte del P. Mazzarino aggiungo quella Proposta che fa il P. Giacomo Alvarez, e alla quale risponde m
. mibi’ 89. : e ponderi, e pratichi il moderno avviso del P. Bartoli, che interrogando scrive. Mancano i Libri, e niente me
ibri, e niente meno gustosi a chi ha sano il palato, e molto utili? A che sonare i Flauti, disse Alcibiade, vedendosi in so
sonarli colla bocca torta, e le guance gonfie sconciamente deformi: a che sonare i Flauti, se vi sono le Lire, che più vi d
nfie sconciamente deformi: a che sonare i Flauti, se vi sono le Lire, che più vi dilettano, e niente vi deformano? E con ci
i gettò via, ne vi fu in Atene, chi di poi volesse più usarli. Libri, che vi fanno divenir mostruosi; e il bel volto di Dio
nta nell’anima, vi trasformano in sembianti animaleschi, e brutali, a che leggerli? Perché bere le sordidezze d’impurissimi
a. De’ rimedi contro la Lezione oscena. Plutarco anticamente avvisò, che con non minor apparecchio si deve il Giovane mett
apparecchio si deve il Giovane mettere a leggere i Poeti, di quello, che fanno coloro, che per non inebriarsi, quando vann
ve il Giovane mettere a leggere i Poeti, di quello, che fanno coloro, che per non inebriarsi, quando vanno a’banchetti, s’a
so una Legge negativa; e dica. Voglio negar all’animo mio quel gusto, che riceverebbe dal leggere Composizioni e Libri osce
bero, credo io, il pensiero tutti quegli Autori Cristiani, e Gentili, che consigliarono sempre di non toccare le Opere degl
per horrescite. » Con le quali parole accenna i molti, e gravi mali, che si possono trarre dalla Lezione di un Libro oscen
oibizione: e di questo si serve il Concilio di Trento contro i Libri, che « ex professe » trattano, narrano, o insegnano os
e i Superiori, e proibiranno i Libri osceni, come proibiscono quelli, che contengono sospetta dottrina, poiché, dall’impudi
ella Politica dice chiaro delle Pitture, scene, e de gli atti impuri, che si proibisca di mirarli. Or che avrebbe detto de’
Pitture, scene, e de gli atti impuri, che si proibisca di mirarli. Or che avrebbe detto de’ Libri impudichi? « Aspicere aut
lla Lezione de’ Libri di Calvino: appresso del quale mentre leggendo, che questo Eretico dice, che Dio è la cagione di tutt
Calvino: appresso del quale mentre leggendo, che questo Eretico dice, che Dio è la cagione di tutti i peccati; e che egli s
, che questo Eretico dice, che Dio è la cagione di tutti i peccati; e che egli sforza gli Uomini a commetterli, io stimai,
i, io stimai, essere meglio, non concedere l’esistenza di Dio alcuno, che riconoscerne uno di tanto mala condizione. Dopo q
di levarli dalle case, e botteghe loro; e non fanno scrupolo alcuno, che siano letti liberamente, e non solo da Servitori,
tta V. S. nella sua casac. 17. dell’Eser. Spir. un abuso così grande, che vedo introdotto in case, e palaggi di gran Signor
obile:e per li corridori, e cortili di quelle s’incontrano Servitori, che li leggono: e negli stanzini, e camerini le Donze
tanzini, e camerini le Donzelle li studiano. Se io ho da dire quello, che sento in questa parte, vorrei più tosto, che in c
Se io ho da dire quello, che sento in questa parte, vorrei più tosto, che in casa di V. S. stesse un Demonio che alcuno di
uesta parte, vorrei più tosto, che in casa di V. S. stesse un Demonio che alcuno di questi Libri: imperoché non tanto danno
Demonio; anzi ne anche tutti insieme, quanto ne fanno i Libri lascivi che pervertono i costumi degli Innocenti, e aprono gl
ti, e aprono gli occhi alle leggerezze. E così il Servitore, o Serva, che avvisata, che lasci somiglianti letture, non lo f
li occhi alle leggerezze. E così il Servitore, o Serva, che avvisata, che lasci somiglianti letture, non lo farà, non vi re
sata, che lasci somiglianti letture, non lo farà, non vi resta altro, che fare, che se non cacciar di casa, e essi, e li Li
lasci somiglianti letture, non lo farà, non vi resta altro, che fare, che se non cacciar di casa, e essi, e li Libri, come
siano questi Libri profani, da’ quali si deve guardare, e quali que’ che paiono esser compresi nella generale Proibizione
determinare questa materia; né a noi tocca questo ufficio; ne è bene, che ci ponghiamo in questo. Dico ben solo, che sperim
questo ufficio; ne è bene, che ci ponghiamo in questo. Dico ben solo, che sperimentiamo i loro danni in infinite anime alle
bri profani d’amori sono cagione di miserabili cadute. E se Virgilio, che è Poeta latino, solo per la sua antichità, e eleg
ri, e de’ Supremi Moderatori de’ costumi; vaglia un ordine domestico, che può fare il Superiore in casa sua, comandando, ch
ordine domestico, che può fare il Superiore in casa sua, comandando, che niuno a se soggetto s’impieghi nell’impura Lezion
comandando, che niuno a se soggetto s’impieghi nell’impura Lezione, e che non conservi veruno, né altro Componimento di osc
onesti, eseguire nelle persone commesse da Dio alla loro cura quello, che i Superiori in molte Religioni hanno costumato di
et Clerici Regulares S. Pauli». Imperoché alcune Religioni comandano, che all’improvviso si visitino le celle; si veggano i
s, ac recognitos ab Abbate; ut Casinenses. » Altre Religioni vietano, che s’introducano nel Monastero Libri nuovi: se non s
tumano i Religiosi Casinensi: Altri, come sono i Celestini, vogliono, che i Libri si considerino molto bene, quanto si port
e dubitetur. » Tre cose contiene in ristretto quell’Ordine: la prima, che a niuno si concedano i Libri impuri, che non sono
etto quell’Ordine: la prima, che a niuno si concedano i Libri impuri, che non sono Maestri principali della lingua. La seco
bri impuri, che non sono Maestri principali della lingua. La seconda, che i segnalati nella lingua non si concedano a’ Giov
non si concedano a’ Giovani, se non purgati dalle Oscenità. La terza, che tali Libri impuri si possono permettere per promu
omuovere gli studi di Umanità a que’ virtuosi, e provetti Personaggi, che senza alcun pericolo della loro purità se ne serv
abitazioni de’ sopranominati Ordini Regolari, per ovviare a’ pericoli che possono nascere contro la purità dal tenere, o le
le osservasse, credo, meriterebbe qualche penitenza. Per acconcio di che mi ricordo d’aver sentito a raccontare, e lo serv
aver sentito a raccontare, e lo serve anche Nigrone nel citato luogo, che il Gran Pontefice Clemente VIII. visitando con gr
vato nella sua cella i versi di Francesco Petrarca Poeta Italiano. Ma che diremo di que’, o Religiosi, o Secolari Ecclesias
taliano. Ma che diremo di que’, o Religiosi, o Secolari Ecclesiastici che non sono applicati né dell’obbedienza, né dalla c
ere molto ben fortificato nella Virtù spirituale, leggere que’ Libri, che possono recar all’animo nocumento. Ricordo anche
ecessitatis est, crimen in se facere voluptatis. » Cioè. Ora vediamo, che i Sacerdoti, lasciando la Lezione de’ sacri Evang
a Virgilio, prendendo materia di far un peccato di piacere da quello, che a’ Fanciulli è soggetto di necessità. Contro ques
ibri di Umanità, e questi Poeti tanto stimati da certi Ecclesiastici, che li leggono con molto gusto, e senza necessità, fo
are, il leggere que’ Libri, e poi dicereg. 8. cit. pag. 284. ad uno , che non è occupato dall’obbedienza in tal Magistero.
oluntas tua, immo et voluptas. » A questi Ecclesiastici, o Religiosi, che senza necessità, e senza altro giusto titolo atte
ati, ac perfectioni mirum in modum officere. » Cioè. Sappiamo questi, che con i loro profani studi apportano un grandissimo
n Italia come dice il P. Alvarez in Latino) negli uomini Religiosi, e che professano la sacra dottrina, e dispiacciono a Di
dalle sacre Lettere, le quali lette, e meditate purgano la mente: il che non succede, mentre noi leggiamo cose vane, e le
ppresentazioni indegne. E invero come può piacere a Dio quella mente, che dovendo essere Sacrario dello Spirito Santo, si r
tà. È troppo saputo, e ricantato il gran caso avvenuto a S. Girolamo, che posto al Tribunal divino fu rinfacciato con quell
i ora, dice il P. Alvarez, Ecclesiastici, e Religiosi troverebbe Dio, che meritano, più che Girolamo, d’essere flagellati;
Alvarez, Ecclesiastici, e Religiosi troverebbe Dio, che meritano, più che Girolamo, d’essere flagellati; perché non leggono
utore per rispetto dell’eloquenza, « quod non multum damnaremus », il che un sarebbe da noi molto condannato, ma voltano, e
co’ Santi Padri, massimamente con l’autorità di S. Basilio in prova, che indegne sono delle mani de’ Religiosi le Poesie S
tto dalle radunanze Religiose, e si castighino serissimamente quelli, che solo li toccheranno, acciocché non restino impedi
igiosa non riceva detrimento. Concludo questa nota replicando quello, che ho detto nel suo principio, cioè, che i Secolari
questa nota replicando quello, che ho detto nel suo principio, cioè, che i Secolari Capi di casa, per mostrarsi vigilanti
atura intorno a’ Rimedi. Ci avvisa. S. Buonaventura di due gran mali, che ci vengono dalla vana Lezione, dicendo. « Vana Le
ell’Ant. Par. 4. c. 4. p. 328. Teologo Bresciano scrive un argomento, che far si può contro chiunque gode de’ Libri osceni.
si avere: perché molto maggiormente non brucerai tutti questi impuri, che sono contro l’onore di Dio, e della sua Santissim
non riconosceresti per Figliuolo,né per Figliuola, quello, o quella, che si dilettasse di leggere cose infami contro di te
bruciare l’Opere oscene, gioverà, credo, non poco l’esempio di molti, che già diedero alle fiamme i propri Componimenti; al
ti obliteraret. »Ser. 1. in Dom. 4. Advent. Lit. T. Cioè, comanderei, che cancellasse moltissime cose: il che vuol dire pur
Advent. Lit. T. Cioè, comanderei, che cancellasse moltissime cose: il che vuol dire purgare dalle impurità un Libro impuro,
abere Pueri. »t. 4. de relig. L. c. 6. n. 7. Anzi il Possevino mostra che il purgar i Libri impuri, è negozio degno dell’im
propone due maniere di farla: la prima si è questa. Che da un Autore, che scrive cose oneste, e disoneste, si scelgano solo
ette sue oneste; per atto di esempio, le Ode, gli Epigrammi, e altre, che non hanno alcuna oscenità: e fattone un Volumetto
ra divini honoris offendam, et citra pietatis jacturam. » Cioè. Dico, che si può far un Libro, nel quale si pongano molte c
orre il nome di qualche buono Autore secondo il parere del P. Lorino, che avvisa. « Non sane magnum sentiret damnum Ecclesi
, nobis propeneret. »Plut. in Apoph. Così già avvenne tra Lacedemoni, che una sentenza ottima fu ripudiata, perché aveva un
ferire una cosa, dice Fr. Luigi di Granatapar. 4. del Simb. al fine., che mi narrò un Signor del Consiglio generale della S
o generale della S. Inquisizione del Regno di Portogallo. Contò egli, che andò a chiedere misericordia al S. Officio, di su
sua propria volontà senza esser accusato, un Uomo, il quale confessò, che dandosi a legger cattivi Libri, venne a perdere i
e dandosi a legger cattivi Libri, venne a perdere in maniera la Fede, che teneva in quanto a se, non v’essere altro,che il
ere in maniera la Fede, che teneva in quanto a se, non v’essere altro, che il nascere,e il morire. Ma che da poi per certa o
eva in quanto a se, non v’essere altro,che il nascere,e il morire. Ma che da poi per certa occasione, che si offerse, o per
altro,che il nascere,e il morire. Ma che da poi per certa occasione, che si offerse, o perché la divina Provvidenza l’ordi
illo, essendo Ambasciatore nel Regno di Portogallo, il quale dissemi, che un Macometano Schiavo, nomato Hamete, aveva un Li
a un Libro dell’orazione, e Meditazione, e lo leggeva molte volte. Di che rideansi i Servitori di casa, e gli domandavano.
volte. Di che rideansi i Servitori di casa, e gli domandavano. Hamete che leggi tu ivi? E egli rispondeva. Lasciate il pens
te il pensiero a me. Finalmente continuando la Lezione, quel Signore, che illuminò l’Eunuco della Regina d’Etiopia, leggend
anata aggiungo io quest’altro. Intesi gli anni passati con mio gusto, che da una virtuosa persona si era, procurato, e otte
mio gusto, che da una virtuosa persona si era, procurato, e ottenuto, che da una sacra, e pubblica abitazione si levassero
o, uomo, di santissima vita, e zelantissimo della salute delle anime; che egli per rimediare al meglio, che poteva, con soa
antissimo della salute delle anime; che egli per rimediare al meglio, che poteva, con soavità all’abuso dell’oscena Lezione
lla Biblioteca degli Scrittori della Compagnia di Gesù dice l’Autore, che è il P. Filippo Alegambe, parlando di Gaglielmo P
’Autore, che è il P. Filippo Alegambe, parlando di Gaglielmo Pretere, che era un Uomo « Zelo Dei plenus, et inconsusibilis
applicò l’animo, e le forze questo valente Operaio di Cristo, una fu, che procurò, e ottenne, che si stampassero moltissimi
rze questo valente Operaio di Cristo, una fu, che procurò, e ottenne, che si stampassero moltissimi Libretti buoni, e accom
, e perniciosi: imperoche da un zelante Pastore, e Vescovo vigilante, che con la pubblicazione di un suo Decreto si bandiss
vi troverai cose meravigliose, generosi fatti, eroiche imprese; altre che di Orlando, o di Rodomonte, e somiglianti altre s
miglianti altre sciocche dicerie, finzioni, favole, sogni, paradossi, che gli Uomini senza giudizio, e senza timor di Dio a
che gli Uomini senza giudizio, e senza timor di Dio ammirano. Dimmi, che bene puoi tu riportare da sapere il ratto di Hele
re, leggere, e praticare in vece de’ viziosi Componimenti.·Deh dimmi, che gusto vero, e sincero hai tu di volgere per la tu
ero hai tu di volgere per la tua bocca Poesie poco oneste, e lascive, che trattano d’amor pazzi, e vani? Non t’accorgi, che
oneste, e lascive, che trattano d’amor pazzi, e vani? Non t’accorgi, che a questo modo ti fai simile alle Bestie immonde,
simile alle Bestie immonde, delle quali è propri non gustare d’altro, che di bruttezze, e sporchezze? Che confusione sarà l
fusione sarà la tua Cristiano nel giorno del Giudizio, quando vedrai, che nella comodità di tanti efficaci mezzi alla salut
one pudica, e virtuosa, tiene lontano Satanasso dalla sua casa; e fa, che gli manchi il luogo d’apportar la morte spiritual
lso Rosini nel Sacro Museo Poetico nel principio A Sophia. insegna, e che con ragione si stabilì già pena contro coloro, ch
Sophia. insegna, e che con ragione si stabilì già pena contro coloro, che su gli occhi de’ Riguardanti avessero posto una f
uanto più, come scrive un moderno, pare dovuta la pena, a que’ Poeti, che tutto giorno pongono ne’ loro Poemi mille Ritratt
simo Artefice di ben condite le vivande: ciò seguì; perché conobbero, che egli non mirava ad altro fine, che di recar al gu
ande: ciò seguì; perché conobbero, che egli non mirava ad altro fine, che di recar al gusto, e alla gola compiacimento. Il
ico Comico Eusirone, quando scrive appresso Athenea que’ versi Greci, che nell’Italiano significano a que’ versi Greci, che
a que’ versi Greci, che nell’Italiano significano a que’ versi Greci, che nell’Italiano significano. « Il Poeta è qual Cuo
gegno hanno per arte. » E a questo paragone alluse Suida, ove disse, che il Poeta era stato nomato Logomagiro, che tanto v
ne alluse Suida, ove disse, che il Poeta era stato nomato Logomagiro, che tanto vale quanto Cuoco, di parole. Si trovano, a
spiritose dell’Uomo, ma solamente al senso, e alla carne. E io dico, che le parole dell’Opera oscena sono que’ cibi, che s
lla carne. E io dico, che le parole dell’Opera oscena sono que’ cibi, che solo attizzano le passioni, e fomentano la sensua
o la sensualità. Ora si come l’Artefice buono delle vivande conviene, che abbia per fine suo principale l’utile, e mantenim
condiscede Leg. Dial. 2. il, cibo per un languido infermo, e procura, che riesca giocondo al palato, e giovevole alla ricup
al palato, e giovevole alla ricuperazione della desiderata sanità. Ma che citiamo gli Antichi? Lasciamo tutti, e lasciamo a
re il parere di molti ristretto in breve, legga il P. Famiano Strada, che con lunga, dotta, e gentilissima spiegatura dichi
ga, dotta, e gentilissima spiegatura dichiara questo punto; e mostra, che chi fatical. 1. Prolus. 4. p. 125., poetizzando,
fatiche sue potranno paragonarsi a’ travagli di quel vecchio, insano, che volle far tagliar un’antica selva, e spianar un m
l quale possono conoscere la loro vanità que’ Poeti del nostro tempo, che si faticano tutto dì scrivendo e componendo per g
rabile dolcezza, senza il fine della virtuosa utilità. Ma quelli poi, che a Componimenti di solo diletto aggiungono le burl
osciuto correggere il loro errore, tanto pernicioso a’ buoni costumi, che da lui solo cagionati sono i precipizi, e le rovi
nati sono i precipizi, e le rovine spirituali d’innumerabili persone, che non vivono molto ben fondate nella cristiana Virt
sso, ad ingrandimento, e dilatazione della disonestà. Quegli ingegni, che tante volte hanno preparati i veleni per la morte
ora preparano gli antidoti per la salute delle medesime. Que’ Poeti, che con la Lezione oscena dell’Opere loro sono stati
a, e santa purità. E questo è uno de’ più efficaci, e potenti Rimedi, che per mio sentire applicar si possa contro il pesti
o alletta il curioso Lettore ad applicarvi l’animo, e il pensiero: da che segue, che, essendo, o cosa sacra, o almeno indif
l curioso Lettore ad applicarvi l’animo, e il pensiero: da che segue, che , essendo, o cosa sacra, o almeno indifferente sen
eno indifferente senza veruna oscenità, porge al Giovane, e ad altri, che legge, occasione di sincero diletto, e di gustosa
punti. 1. Signori date alle fiamme tutti quegli osceni Componimenti, che conservate appresso di voi, e de’ quali non avete
copie a’ vostri Amici. Con le fiamme materiali consumate que’ fogli, che contengono fiamme spirituali, che possono cagiona
mme materiali consumate que’ fogli, che contengono fiamme spirituali, che possono cagionare rovinosi incendi negli animi de
quanto potete, da gli Amici, e da altri, tutte l’Opere vostre oscene, che , non pubblicate con le stampe; si conservano in p
vostre impudiche, e stampate Composizioni; fate se altro non potete, che Fama a gloria di Dio, e a vostro onore con giovam
in Proemio p. 1013. Io vi propongo l’esempio di tanti Valent’uomini, che hanno fatto le proprie Retrattazioni: così voi fa
licamente stampati; per cagione de’ quali dirò della vostra penna ciò che Lattanzio disse della lingua dell’antico Inventor
mattino di una virtuosa vita. 4. Signori imitate il gran Nazianzeno, che fatto sacro Cantor di Dio, e santo Poeta, disse.
stro; ma siano Opere sacre, o almeno in modo profane, e indifferenti, che nella faccia loro non comparisca neo alcuno, benc
parisca neo alcuno, benché minimo, d’impurità. Ciascuno di voi stimi, che seco ragioni l’addotto Gio. Francesco, dicendo. «
ed ipso etiam cano mersenisse. »lib. 3. ep. pag. 1338. Felici quelli, che dotati di grande ingegno compongono secondo l’avv
fatiche, oltre il premio essenziale della gloria. Cesario riferisce, che Riccardo, uomo dotato di bellolib. 12. es. 47., e
opere di buoni, e virtuosi Componimenti. Onde il Signor Iddio volle, che rimanesse a’posteri un chiaro segno, che molto gr
Onde il Signor Iddio volle, che rimanesse a’posteri un chiaro segno, che molto grate gli erano state le fatiche impiegate
rte fu trovato il suo corpo incenerito tutto, eccetto la mano destra, che si manteneva ancor intera, bella e fresca, come u
gomento di miracolosa conservazione operata da Dio: onde fu risoluto, che come santa reliquia si conservasse, e fosse onora
non solo dalle parole; ma anche dalle cose: poiché purtroppo è vero, che alle volte un’Opera Drammatica, abbondante di cos
enché si faccia con non brutte forme di ragionare. Non è molto tempo, che un Savio, leggendo molto attentamente, un’Opera d
aceva le Lezioni nella Chiesa della Casa Professa, e un giorno disse, che nello spazio di molti anni, ne’ quali, aveva trat
i anni, ne’ quali, aveva trattato le Anime, era venuto in cognizione, che molte persone o avevano cominciato a rovinarsi, o
i più. Io ho sentito dire pubblicamente in Ferrara da un Predicatore, che predicava ad un numeroso Auditorio in cui era il
erò difficilmente sarà levato con la Proibizione: e quindi argomento, che l’Autore deve far gran penitenza in vita: altrime
rito e inclinati allo studio di belle Lettere, o in vero, o in prosa, che si astengano dalla Lezione de0 Libri osceni: e an
Lezione de Libri modesti: e se vogliono leggere alcuni di que’ Libri, che nomar si possono misti, cioè, ne’ quali si trovan
per loro Lezione, e quelle fuggano con abominazione; e si persuadano, che potranno giungere alla cima di Parnaso, e di Pind
Omero, di Virgilio, del Tasso, e d’altri nobili Eroi tra’dotti, senza che leggano impudicizie. E che? Se Omero se Virgilio,
so, e d’altri nobili Eroi tra’dotti, senza che leggano impudicizie. E che ? Se Omero se Virgilio, e se il Tasso, non avesser
ri di una gloriosa memoria a loro comendazione? Certo sarebbero: anzi che i pochi scherzi amorosi, e osceni, da loro usati,
zi amorosi, e osceni, da loro usati, sono stimati da Savi la macchia, che non so come si è fatta nel candido velo de’ loro
rte, da farsi « diurna, nocturnaque manu »  : perché mi do a credere, che più efficaci saranno le vostre brevi esortazioni,
i do a credere, che più efficaci saranno le vostre brevi esortazioni, che le lunghe Prediche de’ Sacri Oratori, e i lunghi
egli accennati punti, non può essere sentito da chi vorrei: supplico, che almeno sia letto in una, e due volte con riflessi
ri Predicatori, e i Padri Confessori, non lasciando passar occasione, che comoda si porga loro, di avvisare con amore, e di
’ Libri osceni. Beltramenella Supplica c. 51. p. 207. scrive a prova, che l’udir le Mercenarie, e correnti Commedie, fatte
orare, mangiare, e dormire. Quanti si pongono a ristrettezza di vita, che sono sforzati col tempo a lasciar l’impresa? Risp
è comportabile il perder tempo nel leggere Poesie amorose. E io dico, che non è comportabile il perder tempo; perché è pecc
te; e tale consumazione è peccaminosa anche per sentenza di Beltrame, che dice. « È vero, che la Commedia è un passatempo;
one è peccaminosa anche per sentenza di Beltrame, che dice. « È vero, che la Commedia è un passatempo; e che il consumar il
a di Beltrame, che dice. « È vero, che la Commedia è un passatempo; e che il consumar il tempo senza frutto è peccato; ma v
nto alla Commedia, la quale è un passatempo, ma onesto, e virtuoso; e che si può goder con merito dalle persone virtuose. A
con merito dalle persone virtuose. Approvo anche il detto, in quanto che sia peccato il consumar il tempo senza frutto. Ma
vo già la distinzione del perder tempo, e del peccato: perché non so, che vi sia tal distinzione; e so che, come della paro
tempo, e del peccato: perché non so, che vi sia tal distinzione; e so che , come della parola oziosa converrà render ragione
o, «temporis impendium». E quindi anche si mosse a riprendere quelli, che frequentavano il Teatro per udir Commedie, dicend
probat. Spirituim. Se l’udir Commedie oscene non avesse altro danno, che la consumazione del tempo; questo basterebbe a un
o basterebbe a un Satanasso abbondantemente. Ma dato, e non concesso, che vi sia la distinzione del perder tempo, e del pec
sso, che vi sia la distinzione del perder tempo, e del peccato: dico, che non è comportabile il perder tempo in leggere Poe
etto bastino l’autorità, le ragioni, i casi seguiti, e l’altre prove, che si sono spiegate diffusamente nelle passate Note;
lo aggiungere un luogo di S. Ambrogio, col quale significar pretendo, che il virtuoso Cristiano deve sentire orrore dal leg
ano deve sentire orrore dal leggere Componimenti poco modesti,·e caso che li vegga, deve subito volgere altrove l’occhio su
in tempo alcun leggere, né mirare quell’Opere di Poesia, o di Prosa, che saranno con il fetore delle oscenità contaminate,
sono fatte senza la debita moderazione prescritta da’ Teologi; tutto che Beltrame, e altri suoi pari, Uomini di buona inte
noranza, stimino di farle moderate bastevolmente. E invero non basta, che vi sia sempre qualche buono esempio, quando vi si
ere totalmente buona, e non ammette parole brutte, o fatti disonesti, che siano peccati mortali secondo la dottrina di S. T
ella Conversazione umana: e in questo accetto come buona, la ragione, che soggiunge Beltrame, dicendo, che la ricreazione a
esto accetto come buona, la ragione, che soggiunge Beltrame, dicendo, che la ricreazione alle volte è necessaria, quanto si
per le molte ragioni da me spiegate altrove, ma di più per quest’una; che la viva azione de’ Recitanti, come tutti fanno, è
de’ Recitanti, come tutti fanno, è molto più efficace, e scandalosa, che non è la morta Lettura de’ Componimenti. Con altr
o ogni sorte d’affetti nelle persone, anche Catoniane, e ben composte che mossi non sono dalla lettura di pulite Prose, o d
e disonesteNel direttorio spir. c. 6. §. 2. è tanto nocivo a costumi, che sarà vederle rappresentate? Massimamente come al
tanto più, quanto men si conoscono danni, li quali sono tanto grandi, che può temere un grave castigo di Dio per quelli. Ri
un grave castigo di Dio per quelli. Rimetto il benigno Lettore a ciò che per acconcio di questa Ragione ho detto nel Punto
l Capo Terzo di questo Libro, trasportando nell’Italiano la Risposta, che D. Francesco Maria del Monaco nella sua dotta Par
e poco, modestamente. GIUDIZIO CHE SI PUO FARE di quelle Commedie, che si rappresentano tal’ora con titolo di onesta ric
ti Figliuoli di Congregazione, il negarla loro pare una rigidezza più che Catoniana: pare un volere che lo spirito di Uomo
il negarla loro pare una rigidezza più che Catoniana: pare un volere che lo spirito di Uomo sia pure spirito di Angelo; e
che lo spirito di Uomo sia pure spirito di Angelo; e pure ogn’uno sa, che lo spiriti nostro è congiunto col corpo; onde per
edere qualche corporale sollazzo, e qualche sensibile passatempo. Ora che giudizio si può fare di questo caso? Io stimo che
ile passatempo. Ora che giudizio si può fare di questo caso? Io stimo che forse colpirò nel segno di qualche buona risposta
ò nel segno di qualche buona risposta con lo scrivere fedelmente ciò, che , non sono molti anni, fu trattato per un simile a
ni, alcune delle quali giunsero all’orecchio mio, e sono le seguenti, che voglio proporre, e ponderare, per vedere, se sono
rattenimento, danno nell’indecenza, e nello sconvenevole. Quel fiume, che si schiude tra la strettezza di troppo anguste ri
me, che si schiude tra la strettezza di troppo anguste ripe, cagiona, che le sue onde, divenute altiere sdegnano i ponti, g
da loro con pubblica Rappresentazione. A questa Ragione si risponde, che merita veramente biasimo, chiunque nel governo de
I Gigli si devono difendere con le spine, e non soffocare. Conviene, che la giovanile allegrezza, sia fomentata, e non avv
fomentata, e non avvilita; sia ricreata, e non disprezzata. Conviene, che si conceda qualche spasso a’ Giovani di Congregaz
eda qualche spasso a’ Giovani di Congregazione: ma non quello spasso, che è sospetto di recar nocumento spirituale, e che n
ma non quello spasso, che è sospetto di recar nocumento spirituale, e che non si suole praticar da’ buoni Congregati. Essi
tanto ben compartito con tanti vari esercizi spirituali, e corporali, che se l’osservano con puntualità, non avanza loro te
er ordinario l’esercizio della Commedia. Contro questo dicono alcuni, che nel tempo di verno le veglie durano fino alle 4.
empo di verno le veglie durano fino alle 4. ovvero 5. ore di notte, e che però le sere de’ giorni festivi i Giovani dopo es
rò è buono rimedi il prevenir quel male, e quel pericolo, procurando, che i Giovani si ritirino insieme, e passino quelle a
per fare qualche modesta Rappresentazione. Si replica a questo detto: che i virtuosi Giovani, finita la Tornata, si ritiran
icolo, e per non dar sospetto di mala vita, o di scandalo a’ Parenti, che bramano il loro presto ritorno a casa. Ho saputo
Ho saputo da persona grave, giudiziosa e di molto credito e autorità, che il B. Servo di Dio Hippolito Galatino era solito
torità, che il B. Servo di Dio Hippolito Galatino era solito di dire, che i Giovani forniti di vera modestia, e gli Uomini
namente soddisfatto resta il cuore, e quietato perfettamente. E quei, che dopo la Tornata tutta spirituale, e fruttuosa, e
vanità, danno segno molto chiaro a’ giudiziosi, e a’ veri spirituali, che non sono consolati da quel gran Signore, che è « 
i, e a’ veri spirituali, che non sono consolati da quel gran Signore, che è « Deus totius consolationibus ». Si aggiunge: c
uel gran Signore, che è « Deus totius consolationibus ». Si aggiunge: che quando un Giovane ha faticato assai ne’ giorni di
più la sera nelle fatiche sino alle 4. ovvero 5. ore di notte; credo, che nelle sere festive, se egli non è troppo sregolat
domestica ricreazione, quanto gli parerà. In oltre non si può tacere, che quella ritirata di molti Giovani insieme dopo la
nda con lo spirito cristiano l’abominevolezza sua, non può ritenersi, che non procuri a tutto sforzo di rovinare ogni minim
tualità ergono alcuni la fabrichetta della loro vanità mentre dicono, che con, dare licenza a’ Giovani della Congregazione
allontanare affatto da ogni Congregato. Si risponde a questa Ragione; che vana riesce la speranza di impedir molti peccati
ma non è così; e lo provo discorrendo un poco distintamente. Dicesi, che s’impediscono molti peccati ne’ Giovani di Congre
ellerate Compagnie, o di altre colpe gravi, e abominevoli? Non credo, che niuno di Congregazione sia tanto rilassato nello
credo, che niuno di Congregazione sia tanto rilassato nello spirito, che , se non è impedito con l’esercizio di recitar in
uesto vilissimo concetto della Virtù d’alcun de’ Congregati; e credo, che chi l’avesse, farebbe un gran torto alla prudenza
o alla prudenza, e al zelo degli Ufficiali della Congregazione, quasi che essi non sappiano o non vogliano rimediare al gra
e essi non sappiano o non vogliano rimediare al grande inconveniente, che segue dal lasciar senza rimedio qualche Pecorella
lcun avvezzo non è, deve avvezzarsi. Ora, posto questo; chi non vede, che meglio, e più efficacemente; s’impediscono molti
con la ritirata al proprio albergo tra suoi Parenti, e tra domestici, che con la radunata in casa di altri tra’ forestieri?
eggio; perché non sono scapigliati, e vagabondi, ma virtuosi Giovani, che divisi nelle case loro, né fan peggio, né vi trov
fan peggio, né vi trovano occasione di peggiorare. Si può ben temere, che esercitandosi più volte per rappresentare una Com
ia oscena, con peccato mortale; essendo cosa nella pratica molto rara che i Giovani liberi rappresentino una Commedia senza
peccati. Orsù diamo lunga la briglia al veloce Corriere e concediamo, che molti peccati s’impediscano ne’ Giovani Recitanti
l’occasione di provarsi, e esercitarsi comicamente in Scena: certo è che alla fine dopo le molte prove essi verranno al Te
uditrici, benché modeste o parenti de’ Recitanti, chi può assicurare, che in quella radunata moltitudine non siano molti, c
i può assicurare, che in quella radunata moltitudine non siano molti, che poco timorati di Dio non colgano spine, ove fiori
oni, di adulteri, e di altre peccaminose impurità. Non è molto tempo, che in una Città nobilissima, e tra le principali d’I
; e fu intitolata col nome di un Santo di vita molto meravigliosa. Or che giudizio si fece dell’Azione, e del concorso ad u
rono, per esser cosa di un Santo; e alcune vi condussero le Figliuole che si dovevano monacare; quando ecco tra gli Uditori
ale: Giunta la Quaresima, la vollero fare la terza volta: e si disse, che la facevano per l’Instanza di un Principe; il che
volta: e si disse, che la facevano per l’Instanza di un Principe; il che non fu creduto; perché tal Principe se n’andò da
da quella Città sul principio di Quaresima: la vera cagione si stimò, che fosse l’istanza de’ medesimi Recitanti, che volle
la vera cagione si stimò, che fosse l’istanza de’ medesimi Recitanti, che vollero, che le Donne parenti loro godessero di q
ne si stimò, che fosse l’istanza de’ medesimi Recitanti, che vollero, che le Donne parenti loro godessero di quello Spettac
andaloso. Ne bastò per frenare quella sfrenata libertà, il ricordare, che era tempo di Quaresima, e giorno di Venerdì sacra
Giovani: non è degno di credenza un cotal detto. Concludiamo dunque, che col recitare una Commedia, o non s’impediscono mo
olta si permette qualche giusto motivo un inconveniente ad uno, senza che da lui si debba, o si possa prescrivere la facolt
per meglio dire, lo strepito della terza Ragione, portata da coloro, che argomentano, dicendo. Altre volte i Giovani di Co
licenza di fare una modesta, e Comica Rappresentazione. Si risponde, che è vero, che altra volta alcuni di Congregazione h
fare una modesta, e Comica Rappresentazione. Si risponde, che è vero, che altra volta alcuni di Congregazione hanno fatto l
r non mostrarsi troppo caldi, e frettolosi nelle risoluzioni. Ma dopo che si è veduto per esperienza, che tal permissione è
frettolosi nelle risoluzioni. Ma dopo che si è veduto per esperienza, che tal permissione è molto nociva, né da tollerarsi
he tal permissione è molto nociva, né da tollerarsi in modo alcuno, e che si può con la proibizione prevenir il pericolo de
inconvenienti; però si procede con prudenza, e con carità, avvisando, che chiunque è di Congregazione, deponga il pensiero
scritto da’ Superiori; e niuno si vaglia dell’allegata scusa dicendo, che se ne sia fatta qualcuna in altro tempo. L’occasi
la forza di questa persuasiva alcuni stimano di provare, e d’ottenere che si debba conceder licenze di recitar qualche Comm
a Rappresentazione. Ma la risposta a questa Ragione non è un corallo, che si peschi nel fondo del Mare con difficoltà: vogl
corallo, che si peschi nel fondo del Mare con difficoltà: voglio dire che è facile e si può comodamente spiegare co’ termin
l tenor seguente. Qualche Congregazione piena di soggetti Spirituali, che camminano con perfetta osservanza nel proprio ist
dal popolo, e alla presenza solo de’ soggetti della Congregazione, sì che quella Commedia, o Rappresentazione serve per un
ori delle cose; poiché serve di un gentilissimo sorso di fresca onda, che ricrea un tantino, chi non ricusa di essere ricre
tuosa consolazione. Ma per ragionar poi di altre Congregazioni, dico, che io so da persona degna di molta fede, e molto pra
che io so da persona degna di molta fede, e molto pratica e vecchia, che in un’altra virtuosissima, e principale Congregaz
ti Congregati una tale, e tanta diminuzione di spirito, e di fervore, che appena dopo lo spazio di un anno intiero si sono
io aggiungere cosa alcuna in riguardo di qualche altra Congregazione, che forse, o non cammina in tutto secondo la sua prim
ottima forma di perfetti costumi, e degni dell’imitazione di coloro, che professano voler sempre avanzarsi nell’accrescime
o di più consumata virtù, e santa vita. Molte cose da molti si fanno, che non sono per gli altri Catoniani Precetti, né Pla
de’ Venti, è una battaglia da Guerriero insano. La Ragione prescrive, che si provegga, come si può, a’ pericoli, quando non
r buona Ragione di far Commedie dell’esempio di que’ Giovani studenti che vivono ne’ Seminari, e Collegi di Roma, o in altr
l’impiego di qualche scenico, e pubblico Recitamento. Ma si risponde, che questa Ragione manca di buon fondamento, e è molt
e al timone, e al governo spirituale di una Congregazione di Persone, che ne’ giorni di lavoro travagliano a pro del loro v
Romano l’esercitarsi in qualche Azione in tempo di Carnevale. E quel, che dirò di quel luogo, si potrà intendere di altri C
Giovani Studenti. Ogni Uomo fornito di senno, e di prudenza conosce, che molto ben fatto si è, che nel tempo della Carneva
mo fornito di senno, e di prudenza conosce, che molto ben fatto si è, che nel tempo della Carnevalesca dissoluzione que’ Gi
ina, e obbedienza. Quindi fu costumato già, molti, e molti anni sono, che per ricreare la Gioventù del Seminario in tempo d
tà di recitare: e questo tutt’ora si continua, e riesce bene. Vero è, che pochissime volte si fa una sola Azione da tutto i
studio; perché si comincia, non subito dopo Natale, ma al più tardi, che sia possibile, l’esercizio necessari al pubblico
fa del tempo assegnato per la solita ricreazione d’ogni giorno. Senza che io dica, che chi recita, guadagna non poco nell’a
assegnato per la solita ricreazione d’ogni giorno. Senza che io dica, che chi recita, guadagna non poco nell’addestrarsi al
brevemente spiegata non è un patrocinio per dar calore al desiderio, che hanno alcuni della Congregazione degli Artisti, d
cessità di far Commedie: e se si facessero, seguirebbe almeno questo, che si giudica disordine, cioè, che molti Giovani tra
facessero, seguirebbe almeno questo, che si giudica disordine, cioè, che molti Giovani tra loro si radunerebbero senza Sup
stuona punto all’orecchio di quel savio, e provvido Congregazionista, che a modo di generoso Combattente professa militar s
tatori, e Uditori di una modesta Commedia. Io certo facilmente credo, che quando già in altri tempi i Comici Santi facevano
i compungevano, e si convertivano. E anche ne’ moderni tempi succede, che da un’Azione rappresentata da virtuosi Giovani, c
e ottimi Istruttori si cagiona spesso la Conversione di molti. E so, che quando in Roma nel passato secolo si recitò dentr
l prudentissimo Pontefice Clemente VIII. molti si compunsero di modo, che risolsero d’abbandonare i belli, e graziosi pomi
o per mezzo della vita mortificata, e della Religiosa Professione. Ma che Giovani, forniti di Virtù ordinaria, facciano una
cciano una Commedia, se ben modesta, non però santa, ne spirituale, e che Peccatori si convertano con udirla; io certo diff
fficilmente lo credo. Con tutto ciò lo voglio credere; e voglio dire, che un tale evento si è un’ottima occasione di lodar
mezzo di mezzi molto sproporzionati secondo l’umano intendimento. So, che molto grande è la forza delle Rappresentazioni: i
. So, che molto grande è la forza delle Rappresentazioni: in prova di che Beltrame nel suo Discorso al c. 41. scrive con qu
corso al c. 41. scrive con questa forma. Il veder un Giovane discolo, che per suoi mali portamenti sia esiliato dalla casa
el Padre, e abbandonato dagli Amici, e si trovi senza aiuto alcuno, e che egli non sappia, ove girarsi, e che dopo molti pe
e si trovi senza aiuto alcuno, e che egli non sappia, ove girarsi, e che dopo molti pensieri si disponga mutar vita, è di
nsieri si disponga mutar vita, è di voler chieder perdono al Padre; e che incontrandosi in quello, gli si getti a’ piedi, e
cuore a’ Circostanti: e però le Rappresentazioni imprimono assai più, che i semplici ragionamenti, e fanno colpo fin in que
che i semplici ragionamenti, e fanno colpo fin in que’capi sventati, che non vogliono sentire gli spirituali discorsi; poi
e conviene loro piangere, non potendo fare resistenza alla sinderesi, che gli violenta: e molte volte in simili luoghi alcu
pone ad effetto; poiché in ogni luogo opera il Cielo: e perciò dico, che gli altri trattenimenti sono inferiori alla Comme
di così nobili avventure. Sin qui discorre il Comico. Ma io ricordo, che tali venture succedono molto di rado, e sono come
peccatori, Maria nostra Signora. E tanti altri mezzi di simil fatta, che la servente carità, e il santo zelo suol suggerir
vi di Dio, e agli amatori della salvezza altrui. Ma dato, e concesso, che con l’occasione di un modesto Recitamento si conv
un modesto Recitamento si convertissero alcuni. Chi può far sicurtà, che molti non convertiti non si scontentano? E chi pu
sicurtà, che molti non convertiti non si scontentano? E chi può dire, che non sia maggiore i numero di quelli che si conver
scontentano? E chi può dire, che non sia maggiore i numero di quelli che si convertono? Il Teatro profano, benché modesto,
quelli che si convertono? Il Teatro profano, benché modesto, dubito, che abbia forza maggiore, per ingenerare nel cuore lo
abbia forza maggiore, per ingenerare nel cuore lo spirito di vanità, che per farvi nascer le brame, e i propositi di santi
on la vanità delle Commedie; acciocché conoscano vivamente il bisogno che hanno di piangere amaramente i peccati della pass
a vita, e d’incamminarsi per l’angusto sentiero della vera penitenza, che « plangit preterita, et plagenda non committit ».
ommedia si deve procurare la loro perseverante conversione. Io credo, che le spirituali ferite di quelli convertiti, per sa
quelli convertiti, per sanare bene hanno bisogno di altro impiastro, che del comico lenitivo: essi devono pregar il Signor
de’ loro pensieri alla vanità del gusto teatrale. Dunque concludiamo, che né per li convertiti, né per quelli pochi, li qua
e era nel suo principio, una radunanza di persone di santissima vita, che attendevano solo alla spiritualità, e al zelo del
otale, e disonorato fallimento di bontà. Che strana ragione è quella, che a favor del far Commedie, recano alcuni dicendo.
isponderà è questa Ragione con un’ardita, e franca negativa, dicendo, che la sostanza spirituale della Congregazione non è
utazione, come di numero più copioso di Congregati; di alcuni Giovani che portano i zazzaroni; di on andare unitamente tutt
one essenziale, ma solo accidentale. E però la proposta Ragione, come che si appoggia sopra un falso fondamento, non deve r
l’impulso di altra oppugnazione. Come se poi alcun volesse concedere, che veramente sia vero lo scapito dello spirito, e la
ello spirito, e la mancanza della perfezione ne’ Congregati; io dico, che non è buono mezzo per lo ristoro spirituale l’ese
fervore della carità si recupera con fervorosi esercizi di spirito. A che proposito dunque voler con la comica freddura far
à? I Pigmei non suonano la tromba per la guerra de’ Giganti: bisogna, che con il mezzo sia proporzionato al fine: se la Con
li; quelli sono di proporzione, questi di sproporzione: si consideri, che alle volte si accresce il danno, ove si stima rip
uomo tanto severo, e determinato Sacrificio al Dio del Riso, e volle, che ognuno fosse astretto all’atto di scarificare, fo
olle, che ognuno fosse astretto all’atto di scarificare, forse a fine che s’intendesse , che ogni persona deve dopo i trava
sse astretto all’atto di scarificare, forse a fine che s’intendesse , che ogni persona deve dopo i travagli ristorarsi alqu
ar le saette. Onde poi anche poetizzò colui, l’arco è di tempra tale, che , « Si numquam cesses tendere, mollis erit. » Se
speculazioni, e negozi di mente; però il corpo ha bisogno di riposo, che è la quiete non faticando; e l’anima ha bisogno d
che è la quiete non faticando; e l’anima ha bisogno della sua quiete, che è la dilettazione; e questa prende da’ Giochi, e
em in iocis, et recreatione », una virtù nomata da’ Greci Eutropelia, che per officio tiene il moderar il Gioco, e porre un
ferma, e giudiziosa regola nella Ricreazione. Che meraviglia dunque, che i Religiosi abbiano le loro Ricreazioni onestissi
ghe e molto più spesse, e molto più abbondanti delle cose ricreative, che non hanno i Religiosi. I Congregati parlano tutto
uperiore. E molte volte vanno a ricrearsi spinti più dall’obbedienza, che dal proprio gusto, o dall’elezione. In quanto poi
evole Rappresentazione per diletto carnevalesco, e passatempo, io so, che tutti sanno che molte Religioni di perfetta osser
azione per diletto carnevalesco, e passatempo, io so, che tutti sanno che molte Religioni di perfetta osservanza non le fan
sanno che molte Religioni di perfetta osservanza non le fanno, tutto che prendano qualche poco di modesta Ricreazione. Scr
, onestam Recreationem per imunt. » Vuol dire in breve questo Autore, che la sua Religione concede a’ Soggetti, che in cert
ire in breve questo Autore, che la sua Religione concede a’ Soggetti, che in certi tempi godano un poco di modesta, e virtu
dano un poco di modesta, e virtuosa Ricreazione: ma non permette già, che facciano Commedie: né essi costumano d’andar a se
à, che facciano Commedie: né essi costumano d’andar a sentire quelle, che altri Religiosi fanno; tutto che siano modeste, m
costumano d’andar a sentire quelle, che altri Religiosi fanno; tutto che siano modeste, morali, e virtuose. Or questi Reli
di soda, e spirituale consolazione. Imitino ogni Religioso nel bene, che opera; e non in altro, se vi commette errore. Ma
e render ragione al Giudice Divino de governo loro. Dico solo questo, che avendo io mostrata questa mia Risposta ad un virt
e bisogno, dal cui esempio i poveri Secolari spropositano. E io dico, che tal volta in qualche Città è succeduto, che alcun
spropositano. E io dico, che tal volta in qualche Città è succeduto, che alcuni Religiosi hanno fatto una Commedia con inv
ecitamento: non spiego caso particolare come potrei, per lo rispetto, che porto ad ogni Religione: e dico, che un fiore put
re come potrei, per lo rispetto, che porto ad ogni Religione: e dico, che un fiore putrefatto non deroga alla perfezione di
di sfregio alla virtù di molti Recitanti. Il Comico Beltrame scrive, che recitano Religiosi il Carnevale per assuefare la
ale per assuefare la Gioventù a ragionar in pubblico. E io ho saputo, che una volta occorse, che dopo essere stata rapprese
oventù a ragionar in pubblico. E io ho saputo, che una volta occorse, che dopo essere stata rappresentata un’Azione da molt
un Religioso Predicatore, figliuolo di un valente Comico, affermando, che alcune volte gli era stato ordinato da’ suoi Supe
fermando, che alcune volte gli era stato ordinato da’ suoi Superiori, che recitasse in certe loro private Azioni; e che ave
ato da’ suoi Superiori, che recitasse in certe loro private Azioni; e che avendolo fatto, n’aveva sentito notabile nocument
da buon Ecclesiastico: e può ricordarsi, per ponderar fruttuosamente, che dal Graziano si pigliano alcuni Capitoli, come ch
ar fruttuosamente, che dal Graziano si pigliano alcuni Capitoli, come che siano di un Concili Cartaginese, ma non si sa se
ume e il debito di fedele Guerriero: anzi deve rallegrarsi, e godere, che chi comanda, vigili con diligenza, acciocché la m
e. La Legge di santa carità ci stringe alla compassione verso alcuni, che forse tal volta partono da una Congregazione per
ta, e questo abbandonamento, non deve recar molto travaglio a quelli, che come veri, e perseveranti Figliuoli di una Congre
i dalla solita loro Bandiera di santità. Si può anche far congettura, che tal partenza sia per essere cagione di maggior ut
tal partenza sia per essere cagione di maggior utilità ne’Congregati, che restano; poiché non sentiranno più, o almeno poco
erio alla vana compiacenza della Comica Rappresentazione. E ben vero, che se alcuni già partiti, con lasciar di se fondato
io alla comune osservanza, e di grave danno a molti Congregati; senza che si correbbe pericolo molto probabile di dar giust
’ nuovi, e a’ vecchi, e zelanti Fratelli di scandalizzarsi. Concludo, che la partita di questi tali meglio stabilirà il san
ervarsi, e di crescere in quella semplicità, carità, schiettezza, con che i primi Fratelli fondarono la Congregazione, quan
presente a tutti i Congregati, tra quali se uno, o più si trovassero, che persistessero nell’opinione, che sia tratto di pr
a quali se uno, o più si trovassero, che persistessero nell’opinione, che sia tratto di prudenza, e cosa buona, che i Giova
ersistessero nell’opinione, che sia tratto di prudenza, e cosa buona, che i Giovani di Congregazione si esercitino in qualc
passare da una modesta Ricreazione ad una modesta dissoluzione, caso che si permettesse l’introdurre l’uso di recitare for
zzano con facilità, ma poi nel corso, e col tempo vanno a ingolfarsi, che recano rovina alle campagne, e guerra al mare. La
nversazione di qualche Fratello è discordante da queste misure, credo che si possa nomare con S. Basilio perniciosa a gli a
o all’onorato, e preso certame contro i Vizi, e contro le difficoltà, che sono incontrate da chi brama trionfare dopo la vi
lto dotto, e molto sperimentato, e disse. Io so per certa esperienza, che molti spirituali, con recitare in Scena Commedie
to, delle cascate con rovina delle anime loro. Volle dire secondo me, che la Scena, anche modesta molte volte per certe cat
data ragione s’espone al gran periglio dell’eterna dannazione. Spero, che tra poco uscirà il quarto Libro di questa Cristia
fatta con non piccola speranza di giovare all’anima d’ogni Recitante, che gode esercitarsi nel Teatro, rappresentando Comme
zio. Nota 1. della Censura. Si propone la materia, e molti Autori, che biasimano, chi compone cose impure. Pag.1 N. 2. 3
chi compone cose impure. Pag.1 N. 2. 3. e 4. Si portano molti altri, che scrivono contro gli osceni compositori. Pag. 4. s
gli osceni compositori. Pag. 4. sino alla pag. 19. N. 5. Si dichiara che cosa sono le Composizioni, e i Libri poco modesti
omposizioni, e i Libri poco modesti. 20. N. 6. Che cosa contengono, e che effetti fanno le Composizioni, e i Libri osceni.
zioni, e i Libri osceni. 23. N. 7. Si continua a mostrar gli effetti, che fanno. 29. N. 8. Segue lo stesso. 32. N. 9. Alcun
rovano cose, belle, gustose, e buone. 47. N. 13. Della Terza Ragione, che è perché molti non sanno, o non curano di sapere
Si continua la spiegatura de’ Rimedi. 90. N. 21. Di un altro Rimedio, che è composto di molti virtuosi avvisi da praticarsi
22. Intorno al Recitamento osceno. 102. Nota 1. Intorno al Giudizio, che si può, e Dela Prima Ragione addotta a Congregati
me era nel suo principio, una Radunanza di persone di santissima vita che attendevano solo alla spiritualità, e al zelo del
Sig. Girolamo, Rosati veda se nella presente Opera si contenga cosa, che repugni allo Stampare, e referisca appresso il dì
atta ho visto il presente Libro, e non solamente non ho trovato cosa, che repugni a stamparsi, ma lo giudico utilissimo all
. 74. obscienne : le coscienze. 98. faces : faces. 103. e affligera : che affligerà. 105. interesset : interessent. 106. se
er. Sig.Girolamo Rosati veda se nella presente Opera si contenga cosa che repugni alla stamparla, e referisca appresso. D.
. Illustrissimo Signore. Ho letto la presente Opera, ne vi ho trovato che cosa di utilità, e degna d’essere stampata. In fe
ho trovato che cosa di utilità, e degna d’essere stampata. In fede di che scrissi di propria mano questo di 16. Aprile. 164
p. 402. Par. 2. c. 18. p. 79. del libro intitolato, Avvisi di coloro, che hanno cura d’Anime. Nell’Antip. par. 4. c. 3. p.
. f. [NDE] Comprendre: si stamperanno. g. [NDE] Comprendre: in modo che . h. [NDE] Comprendre: attesa. i. [NDE] Comprend
: andato. l. [NDE] Comprendre: faccia. m. [NDE] Comprendre: in modo che . n. [NDE] Comprendre: dia. o. [NDE] Comprendre:
ncesso. q. [NDE] Comprendre: attività. r. [NDE] Comprendre: in modo che . s. [NDE] Comprendre: apparso. t. [NDE] Compren
sione. z. [NDE] Comprendre: giocosità. aa. [NDE] Comprendre:in modo che . ab. [NDE] Comprendre: fiumi. ac. [NDE] Origina
ità. bf. [NDE] Comprendre  : patiscono. bg. [NDE] sitibondi: coloro che hanno molta sete. bh. [NDE] Grossi Angelo, Tratt
3 (1603) La première atteinte contre ceux qui accusent les comédies « A Madama di Beaulieu » p. 
d’argento l’onde Volge la Senna : aure più dolci hauraìs. Splendor, che oscura al gran Pianeta i raìt Qualor più chiaro
ella tua lingua Tal non la pinseu, o quattro volte, e sei Beato suol, che reggi il nobil velo. Ecco non pur ardor d’amor p
rdor d’amor per lei L’almevleggiadre : ma n’avvampa il Cielo, Né sia, che Lethe un sìwbel fuoco estingua. Di V. S. Humil
4 (1603) La première atteinte contre ceux qui accusent les comédies « A Madamoiselle di Beaulieu » p. 
mpi In nube opposta di se stesso il lume, (Se d’onda è grave) avvien, che formi, e stampi. A me, che fata son nube di pian
esso il lume, (Se d’onda è grave) avvien, che formi, e stampi. A me, che fata son nube di pianto Si volga ormai la mia leg
e, che’l sen m’allaga. x. [NDE] « pennel’ ch’altri » = « pennello che (gli) altri ». y. [NDE] « presume » = « presumon
5 (1603) La première atteinte contre ceux qui accusent les comédies « A Madamoiselle de Beaulieu » p. 
A Madamoiselle de Beaulieu Isabella Andreini Quel che Gordio formò di funi attorte Nodo tenace : Sol de
6 (1846) Histoire pittoresque des passions « RELIGION » pp. 158-163
une épigramme digne de passer à la postérité. La voici : « La notte che morì, Pier Soderini Si presentò dell’inferno alla
7 (1752) Traité sur la poésie dramatique « Traité sur la poésie dramatique — CHAPITRE IX. Défauts que les Etrangers ont coutume de reprocher à notre Tragédie. » pp. 231-259
la fama i loro nomi al cielo, E narragli più tosto Le loro gesta, che la loro sorte. A lui parla ogni giorno Del va
onti : Io presi, io stillar fei nell’ ardenti mie vene Un velen, che Medea porrò seco d’Athene ; Gia dentro del miu
8 (1743) De la réformation du théâtre « De la réformation du théâtre — TROISIEME PARTIE. — Tragédies à conserver. » pp. 128-178
oilà presque généralement la mode et le goût de notre siècle. Un rifo che amaestri ed un pianto che gastighi, o non si cono
la mode et le goût de notre siècle. Un rifo che amaestri ed un pianto che gastighi, o non si conoscono o non si curano k .
9 (1756) Lettres sur les spectacles vol.1 pp. -610
cena Sedeat tedemitus Histrionæ addictus. 12. Della quale speriamo che si potrà dire e in Brescia e fuor di Brescia ciò
a quale speriamo che si potrà dire e in Brescia e fuor di Brescia ciò che si, è potuto dire di altre Poetiche Composizioni
r di Brescia ciò che si, è potuto dire di altre Poetiche Composizioni che di tempo in tempo ci siamo fatti un diletto di pu
uti arrendere à secondare il desiderio di un nostro carissimo Nipote, che troppo ci strinse, o ci fece stringere per aver l
aver la nostra presenza nel Teatro del Collegio de’ Nobili, tanto più che faceva egli la principal parte, e con raro valore
oi spiegati i nostri sentimenti circa l’abuso de’ Teatri nel Sermone, che inter Pontificalia già alcuni anni fu da Noi reci
ntim. di S. Filippo di Neri. 294. V.S. Illustrissima mi presuppone, che la Santita di N.S. si degni di richiedere il mio
ti. Mi dispiace di riferire un indegno proverbio, ma pur troppo vero, che le Commedie del Carnevale sono il lenocinio della
e le Commedie del Carnevale sono il lenocinio della quaresima : cioè, che la libertà di vedere, di udire, di addomesticarsi
ondenze nel breve tempo del Carnevale, serve per una copiosa semenza, che poi cresce, e si coltiva, e si mantiene per tutta
spirituali come temporali…. Finalmente non posso recedere da quello, che sempre ho detto a miei penitenti, che circa all a
e non posso recedere da quello, che sempre ho detto a miei penitenti, che circa all andare alle Commedie profane cerchino a
he circa all andare alle Commedie profane cerchino altro consigliere, che me … …. Intorno alli festini io non sono interrog
rno alli festini io non sono interrogato, ma in ogni caso non dubito, che con pari zelo, anzi con maggior premura si debban
ti da’ SS. Padri, e communque si sia dell’ altre città profane, certo che disconvengono alla città santa di Roma simili scu
alla città santa di Roma simili scuole d’impudicizia. 295. E’ vero, che nelle Corti de’ Grandi sogliono trovarsi ancora u
ono nel loro interno sentire dispiacere delli spettacoli scandalosi ; che vi si rappresentano, e gemere innanzi a Dio nel f
nterno principio, onde procedono, e con già dall’ apparenza o colore, che noi loro diamo. Quelli dunque solamente meritano
o indispensabilmente obbligati a trovarsi nelle divisate occasioni, e che col cuore se ne mantengono nel tempo stesso lonta
mantengono nel tempo stesso lontani…. Stimo necessario l’aggiungere, che ciò ; che ho detto di quelle persone, le quali po
o nel tempo stesso lontani…. Stimo necessario l’aggiungere, che ciò ; che ho detto di quelle persone, le quali possono alle
ivono, come la moglie, ed i figliuoli di famiglia, o per lo servigio, che prestano ad altri, come i ministri del Principe,
e quali non abbiano i sopraddetti caratteri, e specialmente a coloro, che operano volontariamente nel Teatro, come sono gli
a Musica, e simili, avvegnachè allegassero la necessità del guadagno, che vi fanno, a fine di poter vivere, o di poter mant
vivere, o di poter mantenere le loro famiglie. Somma è la differenza, che passa tra gli uni, e gli altri. I primi nulla ope
rvazione è di S. Agostino, e la faceva fare appunto a quei Cristiani, che crano insultati per non volere andare ai Teatri.
stiani, che crano insultati per non volere andare ai Teatri. Oltre di che ci debbe animare à star forti e costanti la spera
ci debbe animare à star forti e costanti la speranzá della vittoria, che si suole ordinariamente conseguire con la costanz
10 (1697) Histoire de la Comédie et de l’Opéra « HISTOIRE ET ABREGE DES OUVRAGES LATIN, ITALIEN ET FRANCAIS, POUR ET CONTRE LA COMÉDIE ET L’OPERA — CHAPITRE II. » pp. 19-41
L’ouvrage en question est : La supplica. Discorso famigliare a quelli che trattano de’ comici (1634), une apologie passionn
11 (1759) L.-H. Dancourt, arlequin de Berlin, à M. J.-J. Rousseau, citoyen de Genève « CHAPITRE IV. Apologie des Dames. » pp. 119-155
so ; E veggo a un cenno suo da’ loro oscuri Antri uscir gli Acquiloni che sul dorso Portan gli strali delle sue vendette. »
12 (1756) Lettres sur les spectacles vol. 2 «  HISTOIRE. DES OUVRAGES. POUR ET CONTRE. LES THÉATRES PUBLICS. —  HISTOIRE. DES OUVRAGES. Pour & contre les Théatres Publics. » pp. 101-566
infame la quale in altro non studia, ne d’altro si compiace, ò vive, che di corrutele di costumi, di obbrobrii palesi e di
&c. Libro, detto l’instanza, per supplicare a’ Signori Superiori, che si moderi Christianamente il Teatro dall’ oscenit
ie, 1764, en 3 vol. in-12 ; & réimprim. en 4 vol. 101. Conosco, che andando voi à Roma, che’ è sentina de tutti li ma
Vedendo nell’ Opera del Padre Concina condannarsi di grave colpa quei che permettono, gli Attori che rappresentano e gli Sp
re Concina condannarsi di grave colpa quei che permettono, gli Attori che rappresentano e gli Spettatori, che intervengono
a quei che permettono, gli Attori che rappresentano e gli Spettatori, che intervengono alle Commedie, ed alle Tragedie, ed
medie, ed alle Tragedie, ed in oltre impegnato, vedendolo a sostenere che le Scene de’ nostri tempi sono oscene, e più osce
13 (1671) La défense du traité du Prince de Conti pp. -
etiam indulgenza a tutti li fideli Christiani, confessi, et contriti che visiteranno, la chiesa di santo Marco, dal Vespro
pa et l’altra per l’Imperatore. Et all’hora il Papa fece comandamento che fusse recato, un altro trono, et un’altra ombrell
le gli presento, dicendo : lo ti do quæsto trono, et quæsta ombrella, che nelle sollennita, tu, et i tuoi successori li deb
hora il Papa præsento quæste trombe, et confaloni al Duce dicendo gli che nelle solennita esso, et i successori suoi le dev
etiam indulgenza a tutti li fideli Christiani, confessi, et contriti che visiteranno, la chiesa di santo Marco, dal Vespro
pa et l’altra per l’Imperatore. Et all’hora il Papa fece comandamento che fusse recato, un altro trono, et un’altra ombrell
le gli presento, dicendo : lo ti do quæsto trono, et quæsta ombrella, che nelle sollennita, tu, et i tuoi successori li deb
hora il Papa præsento quæste trombe, et confaloni al Duce dicendo gli che nelle solennita esso, et i successori suoi le dev
/ 13