/ 110
2. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [75.]. DEL LUPO, ET L’AGNELLO. » p. 155

DA capo a un fiumicel beveva il Lupo, E l’Agnello da lui poco lontano Vide inchinato far simil effetto : E come quel, che di natura è rio, Né havea cagion, e pur volea trovarla Di venir seco a lite, e fargli offesa, Cominciò tosto con parlar altero Dirgli, che mal faceva, e da insolente A turbar l’acque col suo bere a lui, Ch’era persona di gran pregio e stima, Esso vil animal di vita indegno.     Se n’escusava il mansueto Agnello Con voce humile e con tremante core Dicendo, Che sendo ei di sotto a lui A la seconda del corrente humore Non potea torbidar l’acque di sopra, Che dal fonte venian limpide e pure. E non sapendo che risponder l’empio Contra la forza e la ragion del vero, Soggiunse irato con altera voce, Ch’era sfacciato e di follia ripieno A dar risposta a sue saggie parole ; Ch’ad ogni modo ei non volea scostarsi Da la natura de’ parenti suoi, Che gli havean fatto mille e mille offese : E che gran voglia havea di far che a lui Toccasse un giorno di scontarle tutte Per lor col merto de le sue sciocchezze.     E volendo di ciò far nova scusa L’innocente animal con dir più basso, Ma con ragioni più possenti e salde, Il Lupo iniquo, che già in sé confuso Era rimaso, adosso al miser corse ; E divorollo con disdegno e rabbia.     Così l’huomo empio, e per natura forte L’inferior di forza e di valore, Quando li piace, a suo diletto offende, Cercando le cagioni, o vere o false Che sian, nel sen de la nequitia sua ; Con cui non val né la ragion, né il vero.

3. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [18.]. DEL SOLE, E BOREA. » p. 46

GIÀ fu che Borea, e ’l Sol vennero insieme A gran contesa di forza e valore, Ciascun tenendo haver di ciò la palma. […] Ecco, se vuoi Borea conoscer senza più contrasto Qual più vaglia di noi, novo argomento Di venir a provar le forze nostre. Vedi quel pellegrin, che di là viene ? Or quel di noi, che più tosto la veste Di dosso gli trarrà, quel sia maggiore De l’altro di valor, e ’l più lodato. […] Ma dopo breve spatio assai più fiero Mostrando seco il Sol l’intenso ardore, Tutto di sudor carco, e vuoto quasi Di spirto, et di vigor di mover passo, Stanco depose la noiosa veste, Lasciandola tra via fra certe vepri Per non lasciar in quel camin la vita : Così di voler proprio abbandonolla Con speme di poter forse trovarla Al suo ritorno nel riposto loco : E ’l Sol di quella impresa hebbe l’honore.

4. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [96.]. DEL VESPERTIGLIO, ET DELLA DONNOLA. » p. 172

ERA caduto il Vespertiglio a terra Uccel, che per natura odia la luce, E senza piume sol di notte vola, Onde di Vespertiglio il nome prese, Benché Nottola anchora il volgo il chiami, Che sol de la Civetta è proprio nome. Questi dunque giacendo in terra steso Fu preso da la Donnola rapace, Che volea divorarlo allhora allhora, Sotto pretesto di ragione alcuna, Che la movesse giustamente a questo. Et mentre ei la pregava humilmente Che de la vita gli facesse dono, Ella rispose di non poter farlo Senza gran fallo, essendo egli nimico Di tutti gli altri augei, che intorno vanno, De’ quali essa ministra era e soldato. […]     Così l’huom savio e di prudenza adorno Far dee qualunque volta si ritrova Del proprio stato in gran periglio posto : E secondo il bisogno e l’occorrenza Cangiar nell’oprar suo sermone e stile : E servirsi hor di questa, hora di quella Forma di ragionar, che più ricerca La propria occasion di sua salute Ne i simili accidenti, e ne i diversi. Chi brama di schivar vario periglio,     Usi vario parlar, vario consiglio.

5. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [21.]. DEL TOPO GIOVINE, ET. la Gatta, e ’l Galletto. » p. 716

Ma il picciol Gallo, che lo scorse anch’esso, Corse veloce dibattendo l’ali Verso di quel sol per solazzo e scherzo. […]     Veduto ho, madre, mentre a spasso i’ andava Due animali ; l’uno è di colore Simile al tuo nel pelo, ma distinto Di varie macchie di color più oscuro : Sembran di lucid’oro i suoi begli occhi, Che sono al rimirar tutti pietosi : Ha quattro piedi, et una lunga coda Di vario pelo tinta insino al fine. […] Ma l’altro, che di quello è via minore, Due piedi ha solo, et una cresta in capo Qual sangue rossa ; e fieri occhi di foco ; E veste il dosso suo di negre penne. […] Sappi, che l’animal, che tanto humile Prima ti parve, e di bontà ripieno, È il più malvaggio, che si trovi in terra, Perfido, iniquo, fiero, discortese, E di tua specie natural nimico : E sol ti si mostrava in vista humano Sol per assicurar tua puritade Di farsegli vicina, onde potesse Dapoi satiar di te sua ingorda fame. […] Dunque non dubitar di quel suo vano Impeto, che ti sembra in vista rio : E temi quel, che di lontan mostrossi Al tuo semplice ardir tutto gentile.

6. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [67.]. DELLA VOLPE INGRASSATA. » p. 24

AFFAMATA la Volpe, e divenuta Smagrita e scarna, per un picciol buco Entrò in un tetto di galline pieno Per satiar di lor la lunga fame : Né difficil le fu la stretta entrata. Ma quando satia fu, sì grosso il ventre Trovossi, che non hebbe il modo mai D’uscirne, e si dolea la notte e ’l giorno : Né restava però di mangiar sempre De’ polli il resto quando le parea Che fusse di cenar la solita hora ; Tal che ognihor più ingrassava, e venia gonfia, E inhabile ad uscir di quella stanza, Dove aspettava adhor adhor la morte, Se di quella il patron vi fosse entrato. […]     Se uscir vuoi di tal loco, ti conviene Astenerti dal cibo, onde ti pasci : Che così tornerai, come eri prima, Smagrita e scarna, onde dal picciol buco Passar potrai dove vorrai sicura. […] Ché l’esser satia, e uscir di quella buca Ripugnan sempre, e star non ponno insieme. […] Ché star non ponno insieme alta fortuna E cor quieto, honore, e lunga pace In questa vita di miserie piena.

7. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [93.]. DE GLI ARBORI, E DEL PRUNO. » p. 262

Così risolti al Fico se n’andaro Per dar a lui di tal honor la soma. […] Così da lui partendo senza frutto Gli arbori colmi di soverchio affanno Del trovar chi di ciò togliesse il carco Deliberossi di pregar la Vite, Che ’l Dominio di lor prender volesse. Ma quella, che già tutta era d’intorno Coperta d’uva ben matura e bella, Lor disse : dunque vi credete ch’io, Che di tanta ricchezza allegra vivo De’ frutti miei con mio grande ornamento, Onde il cielo e la terra in pregio m’have, Possa sì facilmente al suon piegarmi De’ preghi vostri, benché d’honor pieni, Ch’io lasci di Natura un tanto dono, Che felice mi rende in ogni tempo ; Per prender poi così noiosa cura, Che non mi lasci un dì viver contenta ? […] Et ei, che né di sé, né d’altri havea Cura, che punto l’annoiasse mai, Già tutto gonfio del concesso honore Stimando sé maggior di quel, ch’egli era, Parlò superbamente in cotal forma. […]     Così colui, ch’a le sue voglie serve, È pronto a ricercar l’altrui governo, Senza pensar qual sia l’ufficio suo : Né suole ambition di cure altrui Mover il cor di chi conosce e vuole Far sempre quanto al suo dever conviene.

8. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [27.]. DELLE VOLPI. » p. 17

E tanto scorno, e dispiacer ne prese, Che viver non sapea, né comparire Fra le compagne sue di quella priva. E per trovar il modo, onde potesse In compagnia di tutte l’altre meglio Soffrir di questo male il lungo scorno, Venne in pensier di dar consiglio a l’altre, Che si troncasser la lor coda anch’esse Per fuggir di portarla il lungo impaccio : Così stimando col comune scorno Coprir il suo, che non saria notato. Dunque chiamando tutte l’altre Volpi, Si fé di lor nel mezo, e con prolisso Sermon persuader questo sforzossi. A cui rispose una di lor più accorta. […]     Così talhor ne’ publici consigli Si trovan molti, et molti, c’han riguardo Solo al particolar loro interesse Posponendo il ben publico al privato Da l’amor ingannati di sé stessi.

9. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [35.]. DI DUE ASINI. » p. 180

DUE Asini facean camino insieme Carco di spugne l’un, l’altro di sale : Et insieme arrivaro ove d’un fiume Devean passar a nuoto il facil guado. Così nell’acque entrati ambo di pari, Quel, che di sale havea grave la soma, A sorte in certi sassi urtando cadde Oppresso anchor da quel soverchio peso, Sì che riverso andò del fiume al fondo. […] Il che veduto l’altro, che leggiero De le spugne portava il debil peso, Credendo sciorsi anch’ei del proprio carco, A studio riversciossi entro a quel guado ; Ma non sì tosto fu di quello al fondo, Che le spugne bevendo il grave humore A doppio il caricar di doppia soma. […]     Sia dunque accorto chi tal caso intende, Che ’l porsi a trar qualche pensiero al fine Non ricerca egual mezo in varia sorte D’occasion, di loco, e di valore ; Ma in diversa persona opra diversa.

10. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [14.]. D’UN HUOMO, ET UN SATIRO. » p. 35

UN huom di Villa e un Satiro silvestre D’assai stretta amicitia eran congiunti, Ma non però di conversar frequente : Onde acciò più crescesse il loro amore Cominciaro anco ad habitar insieme. […] E mentre ad agio ognun di lor mangiava Del troppo caldo incominciato pasto, L’huomo col fiato a raffreddar si diede, Soffiando ognihor l’insopportabil cibo. Allhor di novo il Satiro, c’havea Da quello inteso, che scaldar poteva Col fiato quel, che gli parea di freddo, Stupido pur che fredda a lui paresse Quella pur troppo allhor calda vivanda ; Lo ricercò de la cagione anchora. Et ei rispose, ch’egli havea dal fiato Valor di raffreddar quel caldo cibo, Ch’era nocivo al lor bramoso gusto. […]     Da questo ogn’huom, ch’è savio, esempio prenda A fuggir l’amicitia di coloro, Che di cor doppio, e di sermon bilingue Soglion mostrarsi a chi seco conversa : Che, essendo di natura empi e malvagi, Sono vuoti d’amor, di fede scarsi ; Né conto fanno de l’amore altrui, Ma sprezzano egualmente il buono e ’l rio : Et a l’occasion sembrano amici Per trar talhor d’altrui profitto alcuno ; E poi ne lascian la memoria al vento ; E ne rendono in cambio ingiuria e biasmo, Quando del lor bisogno al fin son giunti.

/ 110