Onde per visitarlo allhor si mosse Con cor maligno, e simulato volto Il Lupo ; e fatto già vicino a l’uscio, Che la stalla chiudea, per certo foro Dentro guardava ; e l’Asinel vedendo Giacersi a lato del suo infermo padre, Chiamollo a sé, pregandol ch’ei l’aprisse, Ché visitar il genitor volea. […] Allhor il Lupo in sé tutto confuso Fingendo haver pietà de’ casi suoi, Gli domandò qual fosse allhor lo stato Del padre suo, ch’esser sentiva infermo.
E cercando rimedio a l’aspra doglia Il Lupo a lui per medico s’offerse ; E di certa mercè restò d’accordo Seco, se di quel male ei lo sanava. […] Ma dopo lungo spatio rivenuto Il Lupo alfin nel suo primiero senso A sé medesmo tai parole mosse.
DA capo a un fiumicel beveva il Lupo, E l’Agnello da lui poco lontano Vide inchinato far simil effetto : E come quel, che di natura è rio, Né havea cagion, e pur volea trovarla Di venir seco a lite, e fargli offesa, Cominciò tosto con parlar altero Dirgli, che mal faceva, e da insolente A turbar l’acque col suo bere a lui, Ch’era persona di gran pregio e stima, Esso vil animal di vita indegno. […] E volendo di ciò far nova scusa L’innocente animal con dir più basso, Ma con ragioni più possenti e salde, Il Lupo iniquo, che già in sé confuso Era rimaso, adosso al miser corse ; E divorollo con disdegno e rabbia.
Inteso ciò il Leon comanda allhora A quegli altri animai, c’havea d’intorno, Che poi ch’è facil sì la medicina Spogliasser tosto de la pelle il Lupo. […] Così restando il Lupo anchora vivo Tutto spogliato de la propria pelle L’astuta Volpe motteggiando seco Dicea : non ti vergogni in questo loco, E di tanti animali alteri e degni A la presenza, e del comun Signore Lasciarti veder nudo in questo modo ?
Illæ hac oratione animatæ promittunt, iurantque se nequaquam Lupo cessuras.
Intanto un Lupo ciò vedea lontano ; Et così cominciò lagnarsi in vano.
VESTISSI il Lupo i panni d’un pastore Per ingannar le semplicette agnelle Con l’apparenza de l’altrui sembiante, Celando il troppo conosciuto pelo : E col bastone in man, co ’l fiasco al tergo, E con la Tibia pastorale al fianco, Verso il gregge vicin ratto inviossi, Sperando di condurlo entro un ovile Fatto da lui d’una spelonca oscura, E prepararsi per un anno il cibo, Che senza faticar potria godersi.
DELLA VOLPE, E ’L LUPO CADUTA era la Volpe ita per bere Da l’alte sponde in un profondo pozzo, Stando per affogarsi adhora adhora : Onde di là passando a caso il Lupo ; Che tratto dal romor, ch’indi sentiva Uscir de l’acque, era a vederla corso ; Pregollo humil per l’amicitia loro Ch’ei volesse calando al basso un laccio Darle materia, onde salir potesse, Prestando aiuto a lei, ch’era sua amica, E posta de la vita in gran periglio.
Préface de la première édition Je me propose de publier, en faisant précéder les textes de leur histoire et de leur critique, tout ce qui reste des œuvres des fabulistes latins antérieurs à la Renaissance. C’est une vaste tâche que personne encore ne s’est imposée, et qui, je le crains du moins, m’expose à être un peu soupçonné de présomption. Pour me prémunir contre un pareil soupçon, je désire expliquer comment j’ai été conduit à l’assumer. De tous les auteurs anciens qui guident les premiers pas de l’enfant dans l’étude de la langue latine, Phèdre est celui qui lui laisse les plus agréables souvenirs. Ses fables sont courtes, faciles à comprendre et intéressantes par l’action qui en quelques vers s’y déroule.