AFFAMATA la Volpe, e divenuta Smagrita e scarna, per un picciol buco Entrò in un tetto di galline pieno Per satiar di lor la lunga fame : Né difficil le fu la stretta entrata. Ma quando satia fu, sì grosso il ventre Trovossi, che non hebbe il modo mai D’uscirne, e si dolea la notte e ’l giorno : Né restava però di mangiar sempre De’ polli il resto quando le parea Che fusse di cenar la solita hora ; Tal che ognihor più ingrassava, e venia gonfia, E inhabile ad uscir di quella stanza, Dove aspettava adhor adhor la morte, Se di quella il patron vi fosse entrato.
Marie de France, n° 65b Les loups Par veille essample recunte ici que tuit le lu sunt enveilli en cele pel u il sunt né ; la remainent tut lur eé.
PASSANDO un fier Leon per certa villa Innamorossi d’una giovinetta Figlia d’un Contadin di quel contado : E sì forte d’Amor sentì l’ardore, Che mai non havea ben giorno né notte Pensando sempre a la fanciulla amata. […] Ma il Contadin, che già fatto sicuro Era dal gran valor del fier Leone, Che non haveva più l’ugne, né i denti, Non solo di negargli hebbe ardimento La figlia, ch’egli li chiedea per moglie ; Ma con un grosso fusto lo percosse Si fieramente nel superbo capo, Ch’a terra lo mandò stordito, e poi In pochi colpi gli levò la vita : E sciolto andò da tal impaccio e briga.
IN mezo d’una via stava il Serpente, Né però ad altri facea danno alcuno, Anzi sempre calcato era da ognuno, E tolto a scherno da l’humana gente : E con Giove si dolse, che innocente Essendo, gli era ogni huom sempre importuno.
Onde la mia, che sempre mi consola, È la medesma et a l’Estate e al verno, Né accidente alcun giamai l’invola.
Un milan, l’ayant aperçue, dit : « Tu n’as que ce que tu mérites, puisque, née oiseau, tu cherchais ta vie sur la mer. » Ainsi les gens qui abandonnent leur propre métier pour en prendre un qui n’est pas le leur sont justement malheureux.
Il suo padron vedendol sen ridea : Né per quello aiutar però moveasi.
Ché, se ben quello io non sarò, che adesso Mi sento, onde potria dir forse alcuno Ch’io non sia per sentir mai mal né bene ; Io, che cangiato havrò sorte e figura, In quel vivrò, che mi darà fortuna Viver con quel vigor, che da me vita Trarrà sotto altra forma in mezo al grande Fascio de gli elementi in qual si voglia Di lor che ’l corpo estinto si risolva, O forse altro animal, che da lui n’esca Per gran virtù de le celesti sfere, Che danno al tutto ognihor principio e fine. Così parlò : né la Cicogna pote Dir altro contra a sue vive ragioni.