Ond’io chi cerca di turbar mia pace Così combatto, o me gli mostro fiero, Che raro avien, ch’egli da me si parta Senza paura, e manifesto segno Del temerario ardir mostrato indarno Per farmi oltraggio : e con orgoglio crudo Non lascio ingiuria mai senza vendetta. Così l’huomo, ch’è debole e innocente, Ognuno rende a fargli oltraggio audace : E ’l forte et di mal far si vive in pace ; Perché chi gli osta ei fa tristo e dolente.
E per trovar il modo, onde potesse In compagnia di tutte l’altre meglio Soffrir di questo male il lungo scorno, Venne in pensier di dar consiglio a l’altre, Che si troncasser la lor coda anch’esse Per fuggir di portarla il lungo impaccio : Così stimando col comune scorno Coprir il suo, che non saria notato. […] Così talhor ne’ publici consigli Si trovan molti, et molti, c’han riguardo Solo al particolar loro interesse Posponendo il ben publico al privato Da l’amor ingannati di sé stessi.
Ma quel, che poco tal pensier curava Così rispose : Io non farò già questo : Perché mentre mia Donna in vita resse Fu da l’altrui parer così diversa, Così di voglia sua, così lontana Dal comune voler, così contraria A qual si voglia altrui genio e costume, Che di ragion non è da creder mai, Che natura cangiando hora ch’è morta, Deggia corso tener se non diverso Tutto, o contrario a quel, che l’onda tiene.
Il Cigno allhor per naturale istinto Mosso a cantar co’ più soavi accenti, Che possa di sua vita a l’ultime hore, Visto già il ferro de la morte autore, Et esser preso da l’infesta mano Di quell’huom rozo e di pietate ignudo, Nel cor piangendo a cominciar si diede Così leggiadro e dilettoso canto, Ch’a quello il Cuoco del suo errore avvisto Il riconobbe al primo suono, e tosto Lasciollo in pace, e diè di mano a l’Occa. […] Così l’huomo eloquente ha spesso forza Di lontanarsi da malvagia sorte : E fugge il mal di violente morte Col suo sermone, ond’ei gli animi sforza.
Tal che, sì come haver da te potrei Aiuto in divorar quel, ch’io prendessi Vittorioso co i compagni miei ; Così, s’io vinto, et morto al pian giacessi, Tu delle carni mie quello faresti, Che far a gli altri io te veduto havessi. […] Così l’huom savio dee scacciar coloro Dal suo commercio, ch’egli esser intende Di poca fede : e sol l’altrui lavoro Prezzano quanto a loro utile rende.
Ma la Volpe, che quel conobbe al suono De l’asinina voce, in mezo il passo Fermossi tosto, e non si mosse punto : Ma ridendo tra sé di sua follia Così gli disse : invero che l’aspetto Di questo horrendo e spaventoso volto M’havria mosso nel core alta paura, S’al roco suon de l’asinina voce Io non t’havessi conosciuto in prima. Così l’huom sciocco e d’ignoranza pieno Che il savio fa tra gli ignoranti, quando Avien, che con saggio huom faccia l’istesso, Dal suono sol di sua propria favella Si scopre quel, che sua natura il fece, Con gran suo scorno, e riso di chi ’l vede.
Così io m’appresto a la battaglia anchora Ch’io non n’habbia presente occasione, Perché quando assalito a l’improviso Sarò da chi vorrà movermi guerra, Non havrò tempo d’arrotar i denti, Né d’altro far, ch’oprar l’armi e la forza. […] Così dee farsi l’huom possente e forte Nelle prosperità de la fortuna, Perché, se occorre mai sorte importuna, Salvo si renda da periglio o morte.
VIDE la Volpe da lontano il Gallo Posarsi d’una Quercia in cima un ramo, E per farlo da quel scender al piano, Onde potesse poi di lui cibarsi, Trovò un’astutia : et là correndo in fretta Così si diede a ragionar con lui, Buon dì, fratello ; O che felice nova Ho da contarti. […] Così dicea la Volpe. […] Così l’huom savio, che burlato viene Da chi profession d’accorto face, Sovente suol da l’accortezze altrui Trovar difesa, e trar con doppio scorno, Chi coglierlo volea nel proprio inganno.
Così giungendo di sua vita al fine Disse fra sé quell’infelice fiera. […] Così talhor aviene a l’huomo ingrato, Che quel, che ’l tolse ad empia sorte, offenda : Che par che ’l giusto Dio merto gli renda, Quand’ei nol crede, eguale al suo peccato.
Così risolti al Fico se n’andaro Per dar a lui di tal honor la soma. […] Così da lui partendo senza frutto Gli arbori colmi di soverchio affanno Del trovar chi di ciò togliesse il carco Deliberossi di pregar la Vite, Che ’l Dominio di lor prender volesse. […] Così colui, ch’a le sue voglie serve, È pronto a ricercar l’altrui governo, Senza pensar qual sia l’ufficio suo : Né suole ambition di cure altrui Mover il cor di chi conosce e vuole Far sempre quanto al suo dever conviene.
Il Vecchio stanco l’ubidisce ; et vanno Così per breve spatio al lor camino : E trovan nove risa, e novo affanno. […] Così due pesi l’Asinel sofferse, Il padre su le spalle, il figlio in groppa, Fin che trovò chi l’occhio in lui converse. […] Così pensando al dir di questo e quello Por freno, e far cessar tanta rampogna, Che sovente rompea loro il cervello. […] Così fa l’huomo a sé medesmo male, Che far contento ognun pensa e s’ingegna De l’opre sue, né questo asseguir vale.
Così l’un danno sopra l’altro giunto Patì gran pezzo le beccate strane, Che ’l sangue tutto homai le havean consunto. […] Così la gente tal esempio invita A tolerar il suo tiranno avaro, Per non far al suo mal nova ferita, Se le è di viver lungamente caro.
Così da lei partiti, ognun si mosse A quel tentar, che più potea sua forza : E dopo breve spatio a lei tornaro Ciascun mostrando a lei la preda fatta. […] Così il giusto Signor, che tien in corte Diversa gente al suo servitio ; deve Sol prezzar più colui, che maggior segno Di valor mostra de gli effetti a prova : E non colui, che con sembianze vane Di cose esterior, che ingombran gli occhi, Cerca preporsi alla virtute altrui.
Così la miserella, che non have L’ali leggiere, onde sostenga il peso Del debil corpo suo terreno e grave, Sottosopra voltandosi alfin cadde Precipitosa sopra un duro sasso ; E schiacciata finì la vita e ’l volo. Così interviene a chi nell’alte imprese Da sé medesmo consigliar si vuole ; Ne de’ saggi dà fede a le parole Da buon discorso in sua salute spese.
Così due volte d’un periglio stesso Egli si tolse con ragion diversa Ogni volta salvandosi la vita. Così l’huom savio e di prudenza adorno Far dee qualunque volta si ritrova Del proprio stato in gran periglio posto : E secondo il bisogno e l’occorrenza Cangiar nell’oprar suo sermone e stile : E servirsi hor di questa, hora di quella Forma di ragionar, che più ricerca La propria occasion di sua salute Ne i simili accidenti, e ne i diversi.
Così di paro un pezzo entrar nell’acque Tranquillamente e senza alcun travaglio. […] Così talhor avien, che l’huomo iniquo, Ch’a far altrui si move a torto offesa, A la vita, o a l’honor tramando inganno, Primo nel fil del proprio laccio cade, E da la forte man giusta di Dio Colto con egual sorte insieme resta.
Così d’accordo cominciò calarsi Verso quel pellegrin soffiando forte Quanto potea da mille parti intorno Per levargli il mantel, che indosso havea. […] Ma dopo breve spatio assai più fiero Mostrando seco il Sol l’intenso ardore, Tutto di sudor carco, e vuoto quasi Di spirto, et di vigor di mover passo, Stanco depose la noiosa veste, Lasciandola tra via fra certe vepri Per non lasciar in quel camin la vita : Così di voler proprio abbandonolla Con speme di poter forse trovarla Al suo ritorno nel riposto loco : E ’l Sol di quella impresa hebbe l’honore.
Così d’una gran noce in cima un ramo S’assise il Gallo, e ’l Can di quella al piede Ch’era cavato, e da cento anni e cento Roso, e reso per lui capace albergo, S’accommodò passando quella notte In dolce sonno con tranquilla pace. […] Così sovente a l’empio avenir suole, Che mentre a l’altrui vita inganno ordisce, Quel, ch’egli ingannar pensa, esso tradisce ; E rende al finto dir finte parole.
Così più giorni fece insin che venne L’astuta Volpe, che da un poco sangue, Che vedea presso a lui, sospetto prese, E più oltre passar non volse prima Che ’l salutasse, e da la sua risposta Meglio congietturar potesse il fatto : E tosto accorta a salutarlo prese Lontana un poco per mostrar gran doglia Del suo languire sospirando alquanto ; E a dirle del suo stato lo pregava. […] Così da picciol segno alcuna volta L’huom savio impara con sua gran ventura A scoprir de’ malvaggi il rio secreto : De’ quai bisogna sol creder a l’opre, E non a quel, che in lor la lingua suona.
Così parlò : né la Cicogna pote Dir altro contra a sue vive ragioni. Così devrebbe contentarsi ognuno De la sua sorte, e de la legge eterna, Che Natura, e di Dio la voglia impone Con egual peso a gli animali tutti : E la morte abbracciar con lieto volto Come la vita si tien dolce e cara, Essendo il fin d’ogni miseria humana La morte, e questa vita un rio viaggio ; Dal qual l’huom dee bramar ridursi al porto De la tranquillità de l’altra vita Qual si voglia, che sia per esser poi, Poi che nulla di noi perder si puote, Che non vivi nel sen de la Natura Come a Dio piace ; al cui voler ognuno Dee star contento, e far legge a sé stesso De la ragion, che dal suo santo senno Con dotto mezzo a noi discende e piove.
Così interviene a l’huom, ch’è sempre usato Di far ingiuria indegnamente altrui : Perché non trova ne i bisogni sui Chi d’un sovvegno se gli mostri grato.
Così gli huomini rei sovente ingrati Si stiman di favore esser cortesi A quelli, in cui non sian gli ufficii spesi De i vitii loro iniqui e scelerati.
Così ne insegna l’animal discreto, Che insopportabil sempre e periglioso È de la mente cieca il rio furore, Quando il rigor de la possanza è seco.
Così l’huomo insolente ancorché vile A chi non sa né può mostrarsi rio Dà spesso impazzo : ché benigno e pio L’intende, e che non suol cangiar suo stile.
Così dee tolerar l’huomo prudente Quel, che non può per modo alcun fuggire ; E quel, che vuol necessità, seguire, Per non parer altrui di bassa mente.
Così talhor altrui l’huom donar suole Quel, che per modo alcun vender non puote, Celando il suo pensier con finte note Mentre non ne può far ciò, ch’egli vuole.
Così interviene a chi troppo bramoso Di gloria senza merto honor procaccia Da le fatiche altrui frodando il vero, Inhabile a quel far, che gli altri fanno, Che d’ingegno e valor dotati sono.
Così il Caval perdendo ognihor la pugna Partì dolente a viva forza spinto Da la pastura di quel sito ameno : E cercando d’aiuto in quella guerra Alcun, che soccorresse al suo bisogno, Incontrò l’huomo ; a cui con prece humile L’opra sua chiese. […] Così talhora un huomo, ch’è men forte Del suo nimico, e che soccorso chiede Ad huom, che più del suo nimico vale, Dopo le sue vittorie alfin rimane De la sua propria libertà perdente : Che quel, che vinto ha il suo nimico, ch’era Di lui più forte, assai più facilmente Può vincer lui, di cui già possessore Si sente, e haver tutte le forze in mano ; Né vuol haver per altri indarno speso Il valor proprio : ché raro si trova Chi per un altro il suo metta a periglio, Senza speranza di guadagno haverne.
Così spesso n’aviene a l’huom, che intento Tutto al guadagno senza haver rispetto Del mal, che del suo oprar ne senta altrui, Si mette a far ciò che ’l suo cor gli detta : Per che talhor dal suo proprio guadagno Danno gli nasce di tal cura pieno, Che lo conduce a miserabil fine.
Così lascia la sua cader nell’onda, E volendo pigliar l’altra maggiore, Vede, che mentre questa si profonda, Sparisce quella nel turbato humore : E pargli che la sua quell’altra asconda Sott’acqua sì, che non può trarla fuore : S’accorge alfin, che la vana sembianza De la sua l’havea posto in tal speranza.
Così spesso l’huom vil privo di forza E d’ardimento al forte ingiuria move Assicurato da persona, o loco, Che lo difende da l’altrui valore.
TRA i folti rami d’una ombrosa quercia Sedea il Cucuglio nell’eccelsa parte, Et d’altri varii augelli in su la sera Ivi adunati da diversi luochi Era anchor grande et abondante copia : Così tra lor la Gazza entrata anch’essa Volgendo a caso gli occhi in ver le cime Di quell’antica pianta a scorger venne Il Cucuglio, ch’in alto havea ’l suo nido : E da certo mal d’occhi oppressa allhora Mal discernendo quello in cambio il tolse De lo Sparviero, et lui temendo tosto, Ecco lo Sparvier, dice : e via sen vola Senza fermarsi in quel medesmo punto.
Così fa l’huom, che da troppo desio Di cose nove la sua patria lassa, E temerario arditamente passa Ove misero cade in stato rio.
Non m’è discaro l’esserti compagno ; Ma l’esserti vicin poco m’aggrada : Perché, s’avien che l’onda ruinosa A me scorrendo, o a te percota il fianco Sì, che stando congiunti ad un ci urtiamo, Come allhor salvo la tua forte scorcia Te renderà dal suo furor protervo ; Così la mia, che per sé stessa è frale, Agevolmente fia rotta, e spezzata.
Così interviene a chi nel vitio vive, Che spesso pria, che fuor ne traggia il piede, De l’infelice vita al fin si vede ; Perché l’huom non sa quel, che Dio prescrive.
Così l’huom nato per natura vile Quantunque armato sia poco è sicuro ; Ché, se ben fusse chiuso entro ad un muro, Però cangiar non può l’antico stile.
Così nell’acque entrati ambo di pari, Quel, che di sale havea grave la soma, A sorte in certi sassi urtando cadde Oppresso anchor da quel soverchio peso, Sì che riverso andò del fiume al fondo.
Così devria colui lasciar le imprese, Che impossibili sono alle sue forze, Né contrastar con quel, ch’è più possente Di virtute e valor : che nulla acquista Chi l’huom combatte, ch’è di lui più forte.
Così devrebbe farsi ad ogni huom rio, Che senza haver cagione offende altrui, Da quelli anchor, che mai da quello offesa Non han sentito, perché ogni altro poi Da sua malvagità viva sicuro : Perché è giustitia il vendicar il torto, Che l’innocenza da l’huom empio sente ; Né merita da gli altri haver perdono Chi fa senza ragione ad altri offesa.
Così colui, ch’è da l’amico offeso, Sente più grave assai di ciò l’affanno, Che non il duol de la medesma offesa : Che quando l’huom d’altrui favore aspetta, Se ’l contrario n’avien, tanto maggiore Di quell’ingiuria ogn’hor sente la doglia, Quanto minor di lei fu la speranza.
Così l’huom nella prospera fortuna Divien superbo, e non conosce mai La debolezza del suo vil valore : Che, se in contraria sorte avien che cada, Si riconosce suo malgrado, e sente Non esser quel che si teneva in prima.
Così quel servo fa, che del conservo Non ha pietade : et non consente in parte Talhor levargli del suo ufficio il peso Per picciol tempo : onde ne nasce poi Che la soma di quel sopra lui cade Tutta, né trova chi gli porga aiuto Per giusta ira del ciel, che lo permette.
Così spesso patir suol chi benigno È de’ favori suoi largo e cortese Ad huomo avaro e di nequitia pieno : Che con le forze stesse, ond’ei l’accrebbe Riman da quello alfin posto in ruina.
Ma quella, che più saggia era di lei, E di più lunga esperienza accorta, Così rispose al temerario invito.
Così la prova d’un passato male Render suol l’huomo di temenza pieno, Per non cader di novo a sorte tale, Di quello ancor, che dee temersi meno.
Così spesso intervien, che dove alcuno Dovrebbe oprar la man tosto e l’ingegno Per condur l’opre d’importanza a fine, Sta vaneggiando a consumar il tempo Dietro a parole, e quel, che meno importa, Al vero fin de la bramata impresa Con danno de gli amici et sua vergogna.
Così talhora un huom, che poco vaglia, Battaglia move a l’huom di lui più forte, E prende ardir da le miserie note Di far ingiuria al misero, che oppresso È da cura maggiore, onde si vanta Poi vanamente de le proprie forze, Mentre colui, che a maggior cose attende, Senza difesa far nol cura, o stima.
Così scorgendo la sagace Volpe Esser del suo disegno al fin venuta, Gli prese il pasto, e quel mangiato disse.
Così ne mostra l’animale astuto, Che chi sotto il Tiran sua vita mena È in gran periglio di sentir la pena Del fallo anchor, che non ha in mente havuto.
Così non prende l’huomo savio a sdegno Il cangiar patria, e loco, e ancor Signore, Pur che ne stia de la sua sorte al segno, Né provi stato del primier peggiore.
Così spesso intervien dove il periglio Si scorge in eseguir util consiglio : Però colui, che sua sentenza porge Che del publico ben cagione apporta, Dee pensar prima, che la lingua snodi, Se ’l fin del parer suo puote eseguirsi Senza pericol di chi ’l pone in opra, Se brama esser tenuto al mondo saggio.
Così talhor l’huom per fuggir s’adopra Un picciol mal, che sopportar potrebbe, Et quel fuggendo cade in mille danni Che d’improviso gli si movon dietro.
Così fuggendo la paurosa belva In un momento tanto avanti passa, Che quasi nel suo centro si rinselva.
Così far deve ogn’huom, che in bassa sorte Esser si sente, e senza invidia il corso Di sua vita passar, mentre comprende De’ Prencipi e Signor l’alta fortuna : Che spesse volte in gran bassezza cade, Chi posto vien de la sua rota in cima.
Così devrebbe ogni buon padre sempre Mostrarsi a i figli di virtute esempio, Se vuol, che ’l suo parlar, che li riprende Del vitio appreso, habbia valore e forza Da ritrarli da quello a miglior uso : Ch’è d’autorità spogliato e privo, In mover altri a seguitar virtute Colui, che sta nel vitio immerso sempre.
Così devrebbe il picciolo impotente A far contrasto co’ maggiori suoi Lor ceder sempre, e farsi humile in tutto Verso lo sdegno lor duro e protervo ; Perché contra il possente il debil perde : E l’humiltade ogni durezza doma ; E spesso avien, che la vittoria porta De l’huom superbo e di feroce core Colui, ch’a tempo e loco accorto cede.
Così molti lontan chiaman la Morte, Che quando se la senton poi vicina Fuggon tremando con la faccia china Per non provar di lei la dura sorte.
Il che facendo il medico mal atto, Ei levando le groppe in un momento D’ambidue i piè nel fronte e nelle spalle Così gagliardamente lo percosse, Che ’l lasciò quasi morto in mezo ’l campo ; E fuggì ratto al consueto albergo.
Così l’huom spesso a l’altrui spese impara Nelle occorrenze perigliose e strane Il ritrovar la via di sua salute Senza tema di biasmo, o d’alcun danno.
Così fa l’huom, ch’ognihor vivuto sia In mediocre stato, onde quieta Menò sua vita, e senza alcun travaglio, Quando d’alta fortuna in su la ruota Siede pensoso, e di travagli pieno : Ché quanto ha più de le ricchezze in mano, Tanto l’affanna ognihor cura maggiore.
Così l’huomo empio, e per natura forte L’inferior di forza e di valore, Quando li piace, a suo diletto offende, Cercando le cagioni, o vere o false Che sian, nel sen de la nequitia sua ; Con cui non val né la ragion, né il vero.
Così con arte mena a fiero stratio Le sue nimiche, e se ne trahe la fame Ad un sol tratto per ben lungo spatio.
Così spesso l’huom vil la lingua move Con gran bravura, e porge altrui spavento Senza vera cagion ; ché tanto offende, Quanto ferisce de la voce il suono : Né più oltra può far di quel, che ’l vento Opra, che le parole in aria sparge.
Così l’huom saggio, che ’l suo biasmo sente Da chi col vero il punge et lo molesta, Torna in sua lode con risposta honesta Quel che di darle infamia appar possente.
Così spesso interviene al vecchio insano Di mente, che dal tempo misurando Il senno, sprezza del giovine saggio Il buon consiglio di ragion matura : E seguitando il suo pazzo discorso Si mette a far con cor superbo e vano Quel, ch’a ragion tentar non può, né deve.
Così far si devria da quei, che danno Altrui la cura de l’human governo, La salute de’ popoli, e de’ regni Sol commettendo in man di quei, che sanno E posson con valor regger altrui, E sostener di tanta impresa il pondo : Lasciando lo splendor de le ricchezze, E tutte l’altre esterior grandezze, Che siano in quei, che senza ingegno od arte Mal pon regger sé stessi, e peggio altrui.
Vive con l’huomo, e sempre si nutrica D’ogni altra cosa, che d’esca o di grano, Cibo de l’huomo per usanza antica : Così perché nell’opre di sua mano Non gli suol mai far detrimento alcuno Depredando le biade in mezo il piano, A quello è cara ; et ei sempre digiuno Vive di farle offesa, e la ricetta Dentro a’ suoi tetti, onde l’osserva ognuno.
Così restando il Lupo anchora vivo Tutto spogliato de la propria pelle L’astuta Volpe motteggiando seco Dicea : non ti vergogni in questo loco, E di tanti animali alteri e degni A la presenza, e del comun Signore Lasciarti veder nudo in questo modo ?
Così fa spesso l’huom d’ingegno e forza Dotato in concorrenza di colui, Che molto inferior di ciò si vede, Quando opra tenta, onde l’honore importi ; Che confidato nella sua virtute Pigro dorme a l’oprar continuo e lungo, Sperando in breve spatio avanzar tutte Le fatiche de l’altro, e ’l tempo corso : Né s’accorge, ch’un sol continuo moto, Benché debole sia, giunge al suo fine Più tosto assai, ch’un più gagliardo e lieve, Che pigro giaccia, che la confidenza A la sciocchezza è figlia, e a l’otio madre ; Onde ne nasce l’infelice prole Biasmo, e vergogna, e danno in ogni tempo.
Così il gran Re del cielo esalta spesso L’huomo pien di bontade, e ricco il rende ; E l’huom malvagio impoverisce, e prende Diletto in farlo star sempre depresso.
Così fra noi mortali avenir suole, Che chi de l’amicitia i sacri patti Per non degna cagion profano rompe, Quantunque de gli offesi amici al tutto Possa schivarsi da l’ultrice mano ; Non è però che col girar de gli anni Schivar possa di Dio la giusta spada.
Così talhora l’huom, che da l’amore Di sé medesmo fatto in tutto cieco Stima le cose sue più, che non deve, Resta schernito quando più si crede Esser per quelle rispettato al mondo : E duolsi a torto del giudicio altrui, Che drittamente a sé contrario vede.
Così quel giorno non comparse alcuno : Onde il padron de la matura biada Giunto verso la sera in quella parte Disse al figliuol : poi che nessun si move O de gli amici, o de’ parenti nostri A prestarci lor opra in tal bisogno ; Fa’ che tosto diman, figlio, per tempo Qui due messore porti, onde ambidue Noi farem cotal opra ad agio nostro, Né ad alcun altro havremo obligo alcuno.
Così rodendo insino a meza notte Il duro cibo con tranquilla mente A un dolce sonno alfin si diero in preda.