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16. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [89.]. DEL LEONE INNAMORATO, E DEL CONTADINO. » p. 222

Et per più non soffrir la pena acerba Prese partito di chiederla al padre, Che per sua sposa a lui la concedesse. […] Ma il Contadin, cui strana cosa parve, Che d’una fiera divenisse moglie La giovinetta sua figliuola, prese Partito di sbrigarsi da tai nozze In questo modo : et tosto gli rispose. […] Et così contentò che ’l Contadino Di sua man propria gli trahesse allhora Ad uno ad uno i denti, e l’ugne tutte : E poi gli chiese la bramata sposa. […]     La favola in virtù saggia ammonisce L’huom forte, che con altri accordo brama, A non lasciarsi tor l’armi di mano, Od altra cosa, onde sua forza penda : Perché puote avenir, che ’l suo nimico Vedendolo del tutto inerme e privo Di quel, che contra lui possente il rese, Cangi pensiero di fermar la pace ; E con guerra mortal gli mova assalto, E lo conduca a l’ultima ruina, Senza poter haver da lui contrasto.

17. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [75.]. DEL LUPO, ET L’AGNELLO. » p. 155

E non sapendo che risponder l’empio Contra la forza e la ragion del vero, Soggiunse irato con altera voce, Ch’era sfacciato e di follia ripieno A dar risposta a sue saggie parole ; Ch’ad ogni modo ei non volea scostarsi Da la natura de’ parenti suoi, Che gli havean fatto mille e mille offese : E che gran voglia havea di far che a lui Toccasse un giorno di scontarle tutte Per lor col merto de le sue sciocchezze. […]     Così l’huomo empio, e per natura forte L’inferior di forza e di valore, Quando li piace, a suo diletto offende, Cercando le cagioni, o vere o false Che sian, nel sen de la nequitia sua ; Con cui non val né la ragion, né il vero.

18. (0400) Fabvlae Aviani « Avianus 22. [DE CVPIDO ET INVIDO] » p. 580

Ille ubi captantem socium sua praemia uidit, supplicium proprii corporis optat ouans : nam petit extinctus ut lumine degeret uno, alter ut, hoc duplicans, uiuat utroque carens. Tum sortem sapiens humanam risit Apollo, inuidiaeque malum rettulit ipse Ioui, quae, dum prouentis aliorum gaudet iniquis, laetior infelix et sua damna cupit.

19. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [82.]. DEL LEONE, ET LE RANE. » p. 141

SENTÌ ’l Leon gridar verso la sera Dentro un fosso lontan da la sua tana Immensa copia di loquaci Rane Con tal romor, che rimbombava intorno Il vicin bosco, e le campagne tutte, E stimando che qualche horribil mostro, Che novo habitator di quelle selve Fatto si fosse, disfidar volesse Le paesane belve a cruda guerra Per farsi ei sol Signor di quei confini, Uscì de la spelonca immantenente Cercando al suon, che gli feria l’orecchie, Con generoso core e d’ardir pieno Del suo sospetto la cagion fallace. […] E intanto il vider le loquaci Rane, E tacquero e fuggiro in un momento Da la sua vista sotto l’acque impure. […]     Dunque stimar non dee l’huom saggio e forte L’inutil suon de le parole vane ; Ma il cor, che tace ; e da gli effetti solo Donar fomento a le sue imprese suole.

20. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [87.]. DEL CIGNO, E DELLA CICOGNA. » p. 95

IL Cigno giunto homai vicino al fine De la sua vita con soavi accenti Facea l’esequie a le sue proprie membra In breve per restar di spirto prive. […] Così parlò : né la Cicogna pote Dir altro contra a sue vive ragioni.     Così devrebbe contentarsi ognuno De la sua sorte, e de la legge eterna, Che Natura, e di Dio la voglia impone Con egual peso a gli animali tutti : E la morte abbracciar con lieto volto Come la vita si tien dolce e cara, Essendo il fin d’ogni miseria humana La morte, e questa vita un rio viaggio ; Dal qual l’huom dee bramar ridursi al porto De la tranquillità de l’altra vita Qual si voglia, che sia per esser poi, Poi che nulla di noi perder si puote, Che non vivi nel sen de la Natura Come a Dio piace ; al cui voler ognuno Dee star contento, e far legge a sé stesso De la ragion, che dal suo santo senno Con dotto mezzo a noi discende e piove.

21. (1495) Hecatomythium primum - Hecatomythium secundum « [Hecatomythivm secvndvm] — Abstemius 145. De viro divite et viro litterato » p. 

Abstemius 145 De viro divite et viro litterato VIr quidam diues sed illitteratus, uirum doctum, sed inopem deridebat quod ipse sua industria multas diuitias congregasset, quom ille qui tanta doctrina pollebat, maxima inopia premeretur. […] Qui uero diues fuerat, panem ostiatim petere coactus inopia confessus est, se sua opinione deceptum.

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