Allhor il suo padron questo vedendo Tutto il carco de l’Asino ripose Sopra il Cavallo, et oltre a quello ancora Del morto socio la gravosa pelle. Allhor si dolse quel crudele indarno Del mal del suo compagno, et della pena Del doppio peso : che schivando in parte Tutto sul dorso suo venuto gli era.
GIÀ dentro un’olla, che di carne piena Era d’alesso nel tepido humore Bolliva al foco, nell’humor fervente Entrò la Mosca da la gola tratta Del grasso cibo, che nuotar vedea : Del qual dapoi, c’hebbe satiato a pieno L’ingorda brama, e ’l temerario ardire, Venne sì gonfia del mangiato pasto, E di quella bevanda a lei soave, Che non potea levarsene, e cadendo Anzi più in mezo del liquor profondo De la vicina morte in mano andava ; Onde vedendo non poter fuggire L’odiato fin de la penosa vita, Cominciò confortarsi in cotal guisa.
Ecco il guadagno Del cibo, ch’io sperava essermi vita, Havermi tratto di mia vita al fine. Così spesso n’aviene a l’huom, che intento Tutto al guadagno senza haver rispetto Del mal, che del suo oprar ne senta altrui, Si mette a far ciò che ’l suo cor gli detta : Per che talhor dal suo proprio guadagno Danno gli nasce di tal cura pieno, Che lo conduce a miserabil fine.
UN ASINEL, che sopra il tergo vile Havea di Giove un simolacro d’oro, Ch’al Tempio il suo padron seco trahea, Mentre passava per diverse vie Era inchinato da la gente tutta, Che con divotion s’humiliava Del nume vano a quella ricca imago. Ma credendo il meschin, che quell’honore Venisse fatto al suo nobile aspetto, Del suo stolto parer tanto gonfiossi, Che preso allhor da quella gloria vana, E tosto in mezo del camin fermato Levando per superbia in alto il capo Tutto si vagheggiava ; et non volea Mirando hor qua hor là mover un passo : E d’esser nato un Asino del tutto Già si scordava, se non era allhora Il suo padron, che con un grosso fusto Percotendo le natiche asinine Gli fece di sé stesso entrar in mente Con molte busse, et con simil parole.
Ma colui, che dal freddo era assalito Del fiato suo, tanto più stretto e involto Stava ne i panni, et li tenea ben chiusi ; Quanto più Borea intorno il travagliava. […] Allhora il Sole incomminciò scaldarlo A poco a poco con l’ardente raggio Sì, che ’l buon pellegrino anch’esso venne A poco a poco a lasciar giù le parti Del mantello, onde pria tutto era chiuso : Indi sentito assai maggior l’affanno Del caldo lume tutto si scoperse De la veste : et così del tutto poi Spogliossene, ch’alfin se la raccolse Sopra le spalle ; e così via n’andava.
FUGGIA veloce il Toro da la vista Del possente Leon, ch’era lontano : E ’l vil Montone, che da lunge il vide Venir correndo e di paura pieno, Credendo fargli ancor maggior paura, In mezo de la via tosto fermossi Chinando il fronte, e le ritorte corna Per cozzar seco. […] E ’l vil Monton se lo recò ad impresa Del suo valor, ch’a ciò fosse cagione.