Ché s’io muto padron, non fia giamai Ch’io muti sorte ; e son presso ad ognuno Per provar sempre egual affanno e guai. […] Così non prende l’huomo savio a sdegno Il cangiar patria, e loco, e ancor Signore, Pur che ne stia de la sua sorte al segno, Né provi stato del primier peggiore. Nulla è il loco cangiar con sorte eguale.
Così nell’acque entrati ambo di pari, Quel, che di sale havea grave la soma, A sorte in certi sassi urtando cadde Oppresso anchor da quel soverchio peso, Sì che riverso andò del fiume al fondo. […] Sia dunque accorto chi tal caso intende, Che ’l porsi a trar qualche pensiero al fine Non ricerca egual mezo in varia sorte D’occasion, di loco, e di valore ; Ma in diversa persona opra diversa.
Così l’huom nella prospera fortuna Divien superbo, e non conosce mai La debolezza del suo vil valore : Che, se in contraria sorte avien che cada, Si riconosce suo malgrado, e sente Non esser quel che si teneva in prima. La buona sorte ogni vil cor fa forte.
CON solecita cura il fier Cinghiale Attorno il duro piè d’un’alta quercia Rendeva i denti suoi più acuti e lisci, Per oprarli per arme a’ suoi bisogni : Onde la Volpe ivi passando a sorte Lo domandò per qual cagion prendesse Cotal fatica poi ch’ei non si vede Haver di guerra occasion presente. […] Così dee farsi l’huom possente e forte Nelle prosperità de la fortuna, Perché, se occorre mai sorte importuna, Salvo si renda da periglio o morte.
FUGGENDO i cacciatori entrò la Cervia D’una frondosa vite entro una macchia, E sotto i rami suoi cheta s’ascose : Sì che scorrendo i cacciatori intorno Sorte non hebber di poter vederla, E per trovarla in altra parte andaro. […] Così talhor aviene a l’huomo ingrato, Che quel, che ’l tolse ad empia sorte, offenda : Che par che ’l giusto Dio merto gli renda, Quand’ei nol crede, eguale al suo peccato.