Ei che s’accorse del crudele effetto, Né scampo a sua salute haver poteva, Lagrimando tra sé disse : Ben merto Lasso, meschino, e questo e peggior male, Poi c’havendo nel mar cibo bastante Di condur la mia vita insino al fine, S’io di Nestore ben vivessi gli anni, Ho voluto cercar novella strada Di pasturarmi fuor del luogo usato, In parti entrando a mia natura avverse ; E d’animal marin terrestre farmi, Perdendo col mio albergo ancor la vita.
Et però non potrà la tua pazzia Tanto oltraggiarmi col suo stolto riso, Ch’io macchi mai la nobiltà natia Nel tuo vil sangue mentre io t’habbia ucciso.
Non prattichi il basso huom sempre col grande.
E per trovar il modo, onde potesse In compagnia di tutte l’altre meglio Soffrir di questo male il lungo scorno, Venne in pensier di dar consiglio a l’altre, Che si troncasser la lor coda anch’esse Per fuggir di portarla il lungo impaccio : Così stimando col comune scorno Coprir il suo, che non saria notato.