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2. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [89.]. DEL LEONE INNAMORATO, E DEL CONTADINO. » p. 222

PASSANDO un fier Leon per certa villa Innamorossi d’una giovinetta Figlia d’un Contadin di quel contado : E sì forte d’Amor sentì l’ardore, Che mai non havea ben giorno né notte Pensando sempre a la fanciulla amata. Et per più non soffrir la pena acerba Prese partito di chiederla al padre, Che per sua sposa a lui la concedesse. […]     Se vuoi per moglie haver la mia figliuola, Che cotanto ami, et mio genero farti, Ti convien prima assicurarmi ch’io Non sia mai per haver da tua fierezza Oltraggio alcuno, et così la fanciulla, Che forte teme il tuo superbo aspetto. Sì che tratti di bocca i fieri denti, E l’ugne delle zampe acute e forti, Perché sicuri siam per sempre poi, Che tu non voglia, o possa farne oltraggio : E vivrem teco poi lieti e sicuri, E tu ti goderai con dolce pace L’amata sposa a le tue voglie pronta. […]     Ma il Contadin, che già fatto sicuro Era dal gran valor del fier Leone, Che non haveva più l’ugne, né i denti, Non solo di negargli hebbe ardimento La figlia, ch’egli li chiedea per moglie ; Ma con un grosso fusto lo percosse Si fieramente nel superbo capo, Ch’a terra lo mandò stordito, e poi In pochi colpi gli levò la vita : E sciolto andò da tal impaccio e briga.

3. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [40.]. DEL CERVO, E ’L CAVALLO, E L’HUOMO. » p. 269

PASCEANO il Cervo, et il Cavallo insieme Dentro un bel prato di novella herbetta Per lunga usanza, e con invidia ognuno, Che ’l compagno godesse un tanto bene, E consumasse quella parte, ch’esso, Se l’altro non ci fusse, havria per sua. […] De laquale in più assalti il Cervo sempre Restò vincente per la gran fortezza, Ch’in fronte havea de le ramose corna. […] Ond’ei, che disegnato Gran tempo haveva di soggetto farsi Quell’animal per li servigi suoi, Tosto pronto s’offerse in sua difesa : Ma disse ; che, se ben d’ingegno e forza Era bastante a superar il Cervo Quando quel si fermasse a la battaglia : Pur, quando ei si fuggisse, esso non era Possente di seguir sì lieve corso : Però mistier facea, ch’egli in sul dorso Là nel portasse, ove trovando il Cervo Non li giovasse la veloce fuga : Et ch’a bisogno tal egli devea Lasciarsi por da lui la sella, e ’l freno, D’accomodarsi seco, e dargli il modo D’intender la sua voglia ove il bisogno Cercasse, ch’ei per lui volgesse il piede. […]     Onde il Cavallo al fin de le sue voglie Venuto homai, debite gratie rese Di tal favor a l’huomo : e poi li chiese Licenza per andarsi a goder solo Quel prato ameno, il resto di sua vita In dolce libertà passando lieto. […]     Così talhora un huomo, ch’è men forte Del suo nimico, e che soccorso chiede Ad huom, che più del suo nimico vale, Dopo le sue vittorie alfin rimane De la sua propria libertà perdente : Che quel, che vinto ha il suo nimico, ch’era Di lui più forte, assai più facilmente Può vincer lui, di cui già possessore Si sente, e haver tutte le forze in mano ; Né vuol haver per altri indarno speso Il valor proprio : ché raro si trova Chi per un altro il suo metta a periglio, Senza speranza di guadagno haverne.

4. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [1.]. DELL’AQUILA, ET DELLA VOLPE » p. 1

Però fermando in un medesmo sito L’Aquila salse sovra un’alta quercia, Ove albergar per propria stanza elesse, Tessendo il nido a i suoi futuri figli. […]     Ma sendo un giorno uscita a la campagna De l’humil tana per cercar d’intorno Cosa, onde trarre a i pargoletti suoi Nati potesse l’odiosa fame, L’Aquila tratta da medesma cura De l’arbore scendendo al basso prese De la compagna misera i figliuoli, Et ne fé pasto a gli Aquilini suoi.     Il che veduto allhor l’afflitta madre Restò del caso rio trista e dolente ; Et non potendo farne altra vendetta, Quando per esser animal terrestre, Et senza penne da levarsi a volo, Non può gir dietro a sì veloce augello ; Di cor la maledice, et la bestemmia, Sì come fanno i miseri impotenti, C’han per solo rimedio in mezo a i guai Lo sfogar in tal guisa il giusto sdegno Contra chi loro a torto ingiuria move : In tanto odio e veleno si converte De le grate amicitie la dolcezza Quando da gli empi simulati amici Indegnamente violate sono. […] Tal ch’uscita la fiamma, e circondando Tutto del vampo suo già intorno il nido, De l’Aquila i figliuoli per la tema D’arder, c’havean de l’importuno caldo, Abbandonando il nido, e non havendo Valore ancor da sostenersi a volo, Si lasciaro cader sopra il terreno. […]     Però devrebbe inviolabilmente Ognun servar de l’amicitia vera Le ragion sante, e con l’honesto il dritto : Né per cagion benché importante assai, Che dal giusto si trovi esser lontana, Offesa far al suo fedele amico ; Non havendo a piacer l’esser da quello, O da Dio stesso egli medesmo colto In qualche occasion tardi o per tempo.

5. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [54.]. DEL CONTADINO, ET ERCOLE. » p. 291

PASSAVA un Contadin col carro carco Di biada per un calle assai fangoso, Né havendo i buoi per la stanchezza forze D’indi ritrarlo, miserabilmente Tutto otioso e di mestitia pieno Facea soggiorno, et non sapea che farsi. […]     Oh là tu, che dal ciel chiamato m’hai In tuo soccorso, hor da’ principio tosto Ad aiutarti per te stesso, et opra Quanto è in te di valor per tragger fuori Di questo loto il già fermato carro : Stimola i buoi ; metti le spalle sotto Le gravi sponde, et sollevando alquanto Le lente ruote invita al moto il plaustro : Ch’allhor, se da persona di valore Facendo sforzo a la tua debil possa Mi chiamerai in soccorso al tuo bisogno, Sarò presente ; e col divin potere In te raddoppierò l’humane forze.

6. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [77.]. DEL CINGHIALE, E LA VOLPE. » p. 224

CON solecita cura il fier Cinghiale Attorno il duro piè d’un’alta quercia Rendeva i denti suoi più acuti e lisci, Per oprarli per arme a’ suoi bisogni : Onde la Volpe ivi passando a sorte Lo domandò per qual cagion prendesse Cotal fatica poi ch’ei non si vede Haver di guerra occasion presente. Stolta (ei rispose) io m’affatico adesso E non indarno per quel, che potrebbe Tardi avenirmi, e forse anco per tempo.

7. (1495) Hecatomythium primum - Hecatomythium secundum « [Hecatomythivm primvm] — Abstemius 80. De vidva et asino viridi » p. 

Iussit enim asinum album, quem uidua habebat, uiridi colore depingi, et per omnes urbis uicos circunduci. […] Deinde quum huiusmodi animal cotidie per urbem duceretur desierunt admirari. « Itidem inquit ad uiduam commater, eueniet tibi. Si enim uirum acceperis per aliquot dies eris fabula uulgi.

8. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [87.]. DEL CIGNO, E DELLA CICOGNA. » p. 95

IL Cigno giunto homai vicino al fine De la sua vita con soavi accenti Facea l’esequie a le sue proprie membra In breve per restar di spirto prive. La Cicogna, che in riva al fiume stava, In ch’ei lavar solea le bianche piume, Se gli fa incontra, e la cagion li chiede Del suo cantar poi ch’è vicino a morte, Che per natura ogni animal paventa, E pianger suol pur a pensarvi il giorno, Ch’ella sia per venir, benché lontana. […] Io canto di mia vita il giusto fine, Che di necessità Natura impone A tutti madre, e gran dispensatrice E del ben e del mal, come la sorte Di ciascun brama, e con ragion richiede : Io canto le miserie mie passate : Io canto appresso la futura pace, E l’eterno riposo, onde la vita È priva sempre, e da continue cure Di procacciarsi con fatica il vitto Sempre si sente in gran travaglio e pena : Et mi rallegro, che, giungendo al fine Di questo viver, giungo al fine anchora Di tanti affanni, et son per sentir sempre Nel sen de la natura de le cose, Che sono al mondo in qual si voglia o forma O stato variate dal primiero Sembiante, in ch’elle havean sostanza e vita, Quiete dolce e sempiterna pace. Ché, se ben quello io non sarò, che adesso Mi sento, onde potria dir forse alcuno Ch’io non sia per sentir mai mal né bene ; Io, che cangiato havrò sorte e figura, In quel vivrò, che mi darà fortuna Viver con quel vigor, che da me vita Trarrà sotto altra forma in mezo al grande Fascio de gli elementi in qual si voglia Di lor che ’l corpo estinto si risolva, O forse altro animal, che da lui n’esca Per gran virtù de le celesti sfere, Che danno al tutto ognihor principio e fine. […]     Così devrebbe contentarsi ognuno De la sua sorte, e de la legge eterna, Che Natura, e di Dio la voglia impone Con egual peso a gli animali tutti : E la morte abbracciar con lieto volto Come la vita si tien dolce e cara, Essendo il fin d’ogni miseria humana La morte, e questa vita un rio viaggio ; Dal qual l’huom dee bramar ridursi al porto De la tranquillità de l’altra vita Qual si voglia, che sia per esser poi, Poi che nulla di noi perder si puote, Che non vivi nel sen de la Natura Come a Dio piace ; al cui voler ognuno Dee star contento, e far legge a sé stesso De la ragion, che dal suo santo senno Con dotto mezzo a noi discende e piove.

9. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [55.]. DEL LUPO, ET DELLA GRUE. » p. 156

IL Lupo devorato havea un agnello ; Et per la fretta, del mangiar c’havea, Un osso rotto con l’acuta punta Gli restò in gola attraversato in modo, Che sentiva di morte estrema pena. E per medico suo la Grue richiese Con assai largo premio pattuito Tra lor d’accordo per cotal fatica.

10. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [57.]. DEL CONTADINO, ET DEL CAVALLIERO. » p. 402

Or visto il Contadin, che invano havrebbe Fatto ogni prova per voler seguirlo ; Di ricovrarlo non havea più speme ; E dirgli incominciò così gridando.     Io te ne faccio un dono in cortesia, Tu dunque in cortesia portatel lieto ; E goderannel per mio amore in pace.     Così talhor altrui l’huom donar suole Quel, che per modo alcun vender non puote, Celando il suo pensier con finte note Mentre non ne può far ciò, ch’egli vuole.

11. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [4.]. DELL’AQUILA, E ’L GUFFO. » p. 

    Quindi l’Aquila un giorno andando a spasso Per l’ampio spatio d’una ombrosa valle Da la fame assalita astretta venne Di pasturarsi : e come quella, a cui Stavan sempre nel cor gl’intesi patti Di mai non far al suo compagno offesa ; Da molti augelli per gran spatio astenne L’adunco artiglio : e tuttavia cercava Di prender quelli di più brutto aspetto, Quando dal giogo d’una eccelsa rupe Sentì ullular del suo novo compagno I non mai più da lei veduti figli Nell’aspro nido quasi anchora impiumi. […]     Egli, che con gran pena intese questo, Tornò fra poco al mal guardato nido Forte piangendo il ricevuto torto : E trovando per via l’altero augello Compagno, e del suo mal cagion novella, Che di ritorno sen veniva altero Battendo il vento co i possenti vanni, Con aspra insopportabile rampogna Cominciò del suo mal seco a lagnarsi.     Quinci l’Aquila inteso esser incorsa Nell’odioso errore a punto allhora Che più da quel credeasi esser lontana, Et sol per colpa del giudicio torto Del Guffo tratto dal paterno affetto A darle de’ suoi figli il falso segno ; Forte sen dolse : e si scusò con seco1 Del torto a lui contra sua voglia fatto. Soggiungendo, che mai per le parole, Ch’egli le fece de la gran beltade De la sua prole, non havria creduto L’openion dal ver tanto lontana. […] Così talhora l’huom, che da l’amore Di sé medesmo fatto in tutto cieco Stima le cose sue più, che non deve, Resta schernito quando più si crede Esser per quelle rispettato al mondo : E duolsi a torto del giudicio altrui, Che drittamente a sé contrario vede.

12. (1495) Hecatomythium primum - Hecatomythium secundum « [Hecatomythivm primvm] — Abstemius 37. De avibvs scarabæos timentibvs » p. 

Quo modo enim pilas in nos per æra uolantes iacere poterunt, quum eas per terram magno molimine uix trahant ? 

13. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [11.]. DEL CIGNO, ET DELL’OCCA. » p. 399

DENTRO un Cortile d’un palazzo altero Vivean nudriti insieme un’Oca e un Cigno Questo per dilettar col dolce canto Del suo Signor le delicate orecchie ; Quella per dilettar col grasso petto La gola e ’l ventre. […]     Il Cigno allhor per naturale istinto Mosso a cantar co’ più soavi accenti, Che possa di sua vita a l’ultime hore, Visto già il ferro de la morte autore, Et esser preso da l’infesta mano Di quell’huom rozo e di pietate ignudo, Nel cor piangendo a cominciar si diede Così leggiadro e dilettoso canto, Ch’a quello il Cuoco del suo errore avvisto Il riconobbe al primo suono, e tosto Lasciollo in pace, e diè di mano a l’Occa.

14. (1495) Hecatomythium primum - Hecatomythium secundum « [Hecatomythivm primvm] — Abstemius 4. De aranea et irvndine » p. 

Abstemius 4 De aranea et irvndine ARanea in hirundinem excandescens, quæ muscas, qui suus est cibus, capiebat, rhætia in foribus, per quas uolitare solebat, ut eam caperet, suspenderat. Irundo uero aduolans rhetia cum textrice per æra portabat.

15. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [12.]. DELLA VOLPE, E ’L LUPO » p. 211593

DELLA VOLPE, E ’L LUPO CADUTA era la Volpe ita per bere Da l’alte sponde in un profondo pozzo, Stando per affogarsi adhora adhora : Onde di là passando a caso il Lupo ; Che tratto dal romor, ch’indi sentiva Uscir de l’acque, era a vederla corso ; Pregollo humil per l’amicitia loro Ch’ei volesse calando al basso un laccio Darle materia, onde salir potesse, Prestando aiuto a lei, ch’era sua amica, E posta de la vita in gran periglio.

16. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [36.]. DELLA TESTUGGINE, ET L’AQUILA. » p. 230

LA Testuggine un dì vistosi presso L’Aquila, che dal cielo era allhor scesa, Per riposarsi sopra il verde piano, Venne in gran voglia di poter volare Per provar quel piacer, c’haver pensava Gli augelli di passar per l’aere a volo. […] Ma non valse ragion, che s’adducesse, Per torla giù di quel cieco desio, Che ’l lume di ragion cacciava al fondo ; Sì che costretta da un pregar noioso L’Aquila alfin per contentarla prese Quella su ’l dorso fra gli adunchi artigli ; E quanto pote alto levossi a volo. […]     La Testuggine allhor, che affatto cieca Resa era già dal suo folle appetito, Le rispose bramarlo oltra ogni stima ; E che pensava haver appresa a pieno Del volar l’arte dal camin già fatto Fra l’ugne sue ; sì che lasciarla tosto Ella devesse andar per l’aria a nuoto.     Visto alfin l’ostinato suo pensiero L’Aquila, e vana ogni ragion con lei, Disse : dunque, se pur cotanto brami L’opra tentar, ch’a te natura vieta, Adopra quanto puoi le mani e i piedi, Poi che penne non hai per tal mestiero ; Che ben ti converrà destra mostrarti, Se da periglio tal salvar ti dei.

17. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [72.]. DELL’ORSO, E LE API. » p. 400

L’ORSO del bosco fuor da fame tratto Trovò due case d’Api, e intorno a quelle Incominciò lecar il mel, che in terra Gocciolando cadea del buco fuori, Del buco, che per tutto era già pieno. […] Egli, ch’ad ogni modo havea desire Di far vendetta de l’havuto oltraggio, La casa fracassando a terra trasse Con fiero sdegno ; e l’altre tutte quante Destò ad un tratto, che col morso acuto, E col pungente stral de la lor coda Gli furo intorno generosamente Quello assalendo per salvar la vita A i proprii figli, e vendicar in parte De i loro alberghi la total ruina. […]     Così talhor l’huom per fuggir s’adopra Un picciol mal, che sopportar potrebbe, Et quel fuggendo cade in mille danni Che d’improviso gli si movon dietro.

18. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [100.]. DEL LEONE, E ’L LUPO, E LA VOLPE. » p. 258

Signor, se ’l mio venir è stato tardo A visitarvi, non fu già per altro, Che per cagion di quel perfetto amore, Onde di tutto cor v’amo, e desio In tutti i modi la salute vostra. Quinci son gita in molte e varie parti Per ricercar de’ medici il consiglio, E tutti ho scorso i Tempii de gli Dei, Per haverne di voi la medicina ; Laqual per buona sorte ho alfin trovata. […] [NdA] Nous corrigeons le texte de 1570 (« per quel ragionar ») selon la leçon de 1577 (« era dal ragionar ») qui supplée le verbe de la proposition relative.

19. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [41.]. DEL PORCO, ET DEL CANE. » p. 

Mi percuote il patron tal volta il dosso, Non per odio, o dispetto, in ch’ei mi tenga ; Ma per amor, ch’egli mi porta, e farmi Di quello instrutto, ond’io possa esser atto Ne i suoi servigi, e più felice farmi. […] Utile è il mal, che per buon fin si pate.

20. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [45.]. DELLE FORMICHE, ET LA CICALA. » p. 112373

Il che sentendo una di lor più antica D’anni, e di lunga esperienza dotta Le domandò quel, che l’està passata Ella facesse : e rispondendo quella, Che col batter de l’ali, e ’l mover tuono Dentro a le cartilagini sonanti De l’aureo ventre un’harmonia soave Formar soleva per comun ristoro De gli affannati, e stanchi pellegrini, Che sotto il fiero ardor del Sole estivo Facean passaggio per gli aperti campi. […] Dunque, se allhor così cantar solevi Senza pensar che far devesti il Verno, Hor ballerai per far più bello il giuoco : Il che tanto puoi far più agevolmente, Quanto hai di cibo il ventre hora men carco.

21. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [60.]. DELL’ASINO, E DEL LUPO. » p. 187

E cercando rimedio a l’aspra doglia Il Lupo a lui per medico s’offerse ; E di certa mercè restò d’accordo Seco, se di quel male ei lo sanava. […] Ond’ei chiedendo il pattuito dono L’Asino, che pagar già nol poteva, Lo pregò caramente a rimirarli Meglio per non so che, che l’affligea, Nella ferita anchor restata aperta : Che grato poi del premio gli sarebbe. […] M’è certo a gran ragion questo avenuto : Ch’essend’io nato per mia buona sorte Atto de gli animali al far macello ; Il medico facendo, inutilmente Derogar volsi al natural valore.

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