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11. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [100.]. DEL LEONE, E ’L LUPO, E LA VOLPE. » p. 258

Sol la Volpe mancava, quando il Lupo Con gran malignità cominciò solo Ad accusarla di superbia e fasto, E verso il suo Signor di poco amore. E già sul colmo de l’accuse egli era Quando la Volpe già di questo accorta S’appresentò dinanzi al fier Leone, Che era dal ragionar1, che fatto il Lupo Havea contra di lei, con lei sì forte Sdegnato, che volea mangiarla viva. […] Signor, se ’l mio venir è stato tardo A visitarvi, non fu già per altro, Che per cagion di quel perfetto amore, Onde di tutto cor v’amo, e desio In tutti i modi la salute vostra. […] Et ella seguitò, Signor la pelle Del Lupo tratta a lui sì di recente, Ch’egli resti anchor vivo allhor che l’hai Posta sul tergo tuo calda, è quel solo Rimedio, che può trar di tanto affanno Com’io desio la tua real persona. […] Va’ dunque, e in altra parte ascondi e cela Il dorso nudo, e ’l tuo villano core Pien di malvagità crudele e ria.

12. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [46.]. DELLA VOLPE, ET DEL PARDO. » p. 12

LA Volpe e ’l Pardo si trovaro insieme Un giorno a spasso, e vennero a contesa Tra loro di beltà. Diceva il Pardo Vedi la pelle mia di varie macchie Con ordine e misura al par del cielo, Ch’è di stelle dipinto, adorna tutta Con tal vaghezza, che stupore apporta A qualunque la vede : e tal è ’l pregio Suo, che Baccho figliuol del sommo Giove Non si sdegna coprir le belle membra D’altra mai per lo più, che di tal pelle, Che tutta la mia specie adorna e veste. […]     Se di beltà fra noi movi contesa Intender dei de la beltà più vera : La qual di quella parte esser s’intende, Che forma dona a l’animal vivente, Questa s’intende la bellezza interna, Non quella esterior, che d’accidente Esterior patir può sempre oltraggio ; E variando la primiera forma Divenir sozza a l’altrui vista e lorda. Però di questa a me ceder tu dei, Se non sei folle in tutto, ognihor la palma ; A me ; che quanto hai tu vario d’aspetto Il dorso tutto, ho vario e di colori Mille dipinto l’animo e l’ingegno Atto a fornir mille lodate imprese : E per ciò bella sono in quel, ch’importa Più, che la pelle facile a smarrire L’apparente beltà, ch’offender puossi : Onde la mia non può sentir offesa Mentre con essa mi riserbo in vita.

13. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [98.]. DELL’ASINO, E DEL VITELLO. » p. 

PASCEANO insieme l’Asino e ’l Vitello     L’herba novella in un medesmo prato     Tutto di varii fiori ornato e bello : E sentito lontan più d’un soldato     Avicinarsi con feroce suono     Disse il Vitello : Or vedi un campo armato ; E però parmi, che sarebbe buono     Torci di questo loco periglioso,     Né il fulmine aspettar udito il tuono. Onde gli fu da l’Asino risposo :     Togliti pur di qua tu, che in periglio     Ti trovi ; ch’io di ciò non son pensoso. Ché, se i soldati a te danno di piglio,     Al primo tratto nello spiedo andrai ;     Ma non faran di me simil consiglio. […] Ché de la soma il carico importuno     È la pena maggior, ch’io provar possa,     E sempre è di mia carne ogniun digiuno.

14. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [32.]. DE I TOPI. » p. 613

GIÀ de’ Topi il Senato in un raccolto Fece consiglio di trovar il modo, Onde campar l’insidie e i tradimenti, Che lor tramava il Gatto, ognun potesse. Et un di lor, che primo a parlar prese, Fu di parer, ch’un gran sonaglio al collo Legar del Gatto si devesse al fine, Che ’l suo venir al suon si conoscesse Da lor, c’havriano del fuggir tal segno. […] Anch’io, Signori, tal consiglio approvo : Anch’io son di parer che ciò si faccia : Ma chi sarà di noi, dite, vi prego, Colui, che voglia esser cotanto ardito, Che de le forze sue sicuro in tutto Tenti porre il sonaglio al collo al Gatto ?     A tal proposta ognun muto restossi : Né seppe dar al ver risposta alcuna : E van restò di quel consiglio il fine.     Così spesso intervien dove il periglio Si scorge in eseguir util consiglio : Però colui, che sua sentenza porge Che del publico ben cagione apporta, Dee pensar prima, che la lingua snodi, Se ’l fin del parer suo puote eseguirsi Senza pericol di chi ’l pone in opra, Se brama esser tenuto al mondo saggio.

15. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [64.]. DELL’ASINO, E DEL CINGHIALE. » p. 484

AVENNE un dì, che ’l semplice Asinello     Per camino incontrando il fier Cinghiale,     Qual pazzo incominciò ridersi d’ello,     Per non haver più visto un mostro tale :     Ond’ei gli disse : Segui, pur, fratello,     Di me burlarti, poi ch’assai ti vale     L’esser sì vile, e di sì sciocco ingegno,     Che d’oprar mio valor teco mi sdegno. […]     Ché, benché degna di supplicio sia     L’ignoranza, onde m’hai così deriso,     Sarebbe a mia virtù di poco honore     L’abbassarsi in mostrarti il suo valore. Dunque ciò noti ognun, ch’esser si sente     Di cor gentile, e di virtute adorno :     E freni l’ira con la bassa gente,     Che talhora gli mova ingiuria, e scorno :     Perché chi di valore è più possente,     E di fregi d’honor cinto d’intorno     Spendendo le sue forze in vil figura,     La sua virtute, e la sua gloria oscura.

16. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [56.]. DEL TOPO CITTADINO, E ’L TOPO VILLANO. » p. 352

DUE Topi, un di Città, l’altro di Villa Ambo congiunti d’amicitia stretta S’invitaro l’un l’altro insieme a cena. […] Quivi senza aspettar chi gl’invitasse Ciascun di loro a ristorar si diede La fame, e del camin l’aspro disagio, Intorno a’ varii delicati cibi, Di ch’eran colmi molti piatti e deschi. […]     Ma partito colui, che fu cagione De la paura, e del disturbo loro, Tornar di novo a l’assaggiato cibo, E ne satiaro a pien l’ingorda fame, Benché tremanti, e di sospetto pieni : Né però si sapean levar da mensa Dal gusto presi del soave pasto, Se un’altra volta l’importuno hostiero, Che per altro bisogno ivi tornava, A disturbarli non venia di novo. […] Poi quando Febo con l’aurato carro Portò di novo in Oriente il giorno, L’hospite cittadino al suo compagno Con festevol parlar gioioso disse. […] Ma ben dirò ; che m’è più dolce assai Roder la fava, o la tarlata noce Nel pover tetto mio lieto e sicuro ; Che in questo loco di paura pieno, E senza mai posar sicuro un’hora Gustar l’ambrosia, e ’l nettare di Giove.

17. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [45.]. DELLE FORMICHE, ET LA CICALA. » p. 112373

MENTRE che al Sol nella più algente bruma Givan molte formiche in lunga schiera Portando ad asciugar l’humido grano Fuor de la buca, ove l’havean riposto ; La misera Cicala, che di fame Già si moriva, con preghiere humili Cominciò loro a supplicar soccorso. Il che sentendo una di lor più antica D’anni, e di lunga esperienza dotta Le domandò quel, che l’està passata Ella facesse : e rispondendo quella, Che col batter de l’ali, e ’l mover tuono Dentro a le cartilagini sonanti De l’aureo ventre un’harmonia soave Formar soleva per comun ristoro De gli affannati, e stanchi pellegrini, Che sotto il fiero ardor del Sole estivo Facean passaggio per gli aperti campi. […] Dunque, se allhor così cantar solevi Senza pensar che far devesti il Verno, Hor ballerai per far più bello il giuoco : Il che tanto puoi far più agevolmente, Quanto hai di cibo il ventre hora men carco.     Giovani, voi che de’ vostri anni il fiore Dietro a le vanità perdendo andate, Senza pensar di vostra vita il fine, Aprite a questo esempio, aprite gli occhi : Et imparate con più san discorso, Che v’è mestiero in su la primavera Di vostra età pensar di quella al verno : Se non volete a l’ultima vecchiezza Giunger infermi, e di miseria pieni ; Che l’antico proverbio è cosa vera, La vita il fine, il dì loda la sera.

18. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [85.]. DEL GATTO, E DEL GALLO. » p. 

IL Gatto entrato in un cortivo prese Un Gallo, e disegnò di darli morte Sotto alcun ragionevole pretesto, Per mangiarselo poi tutto a bell’agio, Per ciò le disse. […] Ond’ei rispose : anzi ’l mio canto è quello, Che invita a l’opre ogni mortal, che brama Menar sua vita da l’ocio lontana, Che d’ogni mal è padre ; e gli ricorda A non marcirsi nelle pigre piume ; Né per ciò canto fuor di tempo mai. […] E che dirai profano, scelerato, Incontinente, e di lussuria pieno, S’io ti ricordo che tanto empio sei, E da rispetto di virtù lontano, Che in tutti i tempi con lascivia immensa Con le sorelle, con le figlie, e insino Con la tua madre carnalmente giaci ? […]     Allhor il Gatto : benché ogni ragione Veggia in tua scusa non è di ragione Però ch’io lasci al tuo camino andarti, Et poi per amor tuo di fame io muoia : E detto questo nel condusse a morte. Ragion non ode huom di mal far disposto.

19. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [95.]. DEL NIBIO, E DELLO SPARVIERO. » p. 

IL Nibio e lo Sparvier vennero insieme A gran contesa, ognun sé stesso alzando Sopra l’altro di pregio, e di valore : E non potendo differir tal lite Senza il giudicio altrui, restar d’accordo Di far l’Aquila in ciò giudice loro. Onde esponendo sua ragion ciascuno Dinanzi a lei, che decidesse il punto De la difficultà fra loro nata, L’Aquila disse : Orsù fratelli andate A mostrarmi di ciò ragion più chiara Con l’opra del valor, che regna in voi. […] Onde mostrando il Nibio con gran suono D’altera voce un topo, c’havea preso In mezo un campo di tagliate biade ; E lo Sparvier mostrando una Colomba, Che per lo ciel volando a forza ottenne, L’Aquila disse. Poi che con l’effetto Chiara ciascun di voi fatto m’havete Del valor dubbio, onde pendea la lite, Mia sentenza sarà, che quanto meno De l’altera Colomba il Topo vale, Tanto di nobiltate e di virtute Nibio vagli tu men de lo Sparviero. […] Var. 1577: L’opra d’ognun, di quel, ch’ei vale, è il saggio.

20. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [3.]. DELL’AQUILA, ET LA SAETTA. » p. 276

L’AQUILA stanca dal continuo volo Per posar sopra un sasso al pian discese : D’onde un uccellator, ch’ivi la vide, E la prese di mira, alfin la colse Con un pungente stral da l’arco spinto Mentre ella stava per gettarsi intenta Dietro a una lepre, e farne alta rapina. […] Et veduto lo stral tutto nascoso Nell’intestine del suo proprio ventre, S’avvide ancor, che de lo stral le penne De l’ali proprie sue furon già parto : E non tanto si dolse esser traffitta Per giugner di sua vita in breve al fine, Quanto che di veder l’ali sue stesse Esser ministre a lei di tanto danno.     Così colui, ch’è da l’amico offeso, Sente più grave assai di ciò l’affanno, Che non il duol de la medesma offesa : Che quando l’huom d’altrui favore aspetta, Se ’l contrario n’avien, tanto maggiore Di quell’ingiuria ogn’hor sente la doglia, Quanto minor di lei fu la speranza.

21. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [58.]. DEL LEONE, DELL’ASINO, ET DELLA VOLPE. » p. 149

IL possente Leon, l’astuta Volpe, E ’l semplice Asinel venner d’accordo D’esser compagni, e divider tra loro Quel, che ciascun di lor prendesse in caccia. […] Ma il superbo Leon questo vedendo Arse nel cor tutto di rabbia e sdegno : E ’l miser divisor tosto accusando D’iniquità, d’inganno, e di malitia, Lacerò tutto ; e con vorace brama Ne satiò la scelerata fame. Poi volto in atto furibondo e fiero A la Volpe, che attonita mirava Quel caso strano, e di nequitia pieno, Con parlar orgoglioso le commesse, Che in giuste parti dividesse il tutto. Ond’ella accorta da l’altrui ruina Quasi tutta la preda in un raccolse, Per farla del Leon debita parte ; E presentolla a la superba fiera ; E poco più di nulla a sé ritenne. […]     Così l’huom spesso a l’altrui spese impara Nelle occorrenze perigliose e strane Il ritrovar la via di sua salute Senza tema di biasmo, o d’alcun danno.

22. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [80.]. DELLA LEPRE E LA TESTUGGINE. » p. 226

La Testuggine allhor di sdegno accesa Al corso sfida la veloce Lepre : Et ambedue per giudice del fatto Chiamar d’accordo la sagace Volpe. Or dato il segno, onde ciascuna havesse A cominciar il destinato corso Per giunger tosto a la prefissa meta, La Lepre, che colei nulla stimava, Si fé di mover piè sì poco conto Vedendo la compagna tanto lenta, Ch’a gran fatica par che muti loco, Che addormentossi ; confidando troppo Nella velocità del presto piede Tutto l’honor de la presente impresa. […]     Così fa spesso l’huom d’ingegno e forza Dotato in concorrenza di colui, Che molto inferior di ciò si vede, Quando opra tenta, onde l’honore importi ; Che confidato nella sua virtute Pigro dorme a l’oprar continuo e lungo, Sperando in breve spatio avanzar tutte Le fatiche de l’altro, e ’l tempo corso : Né s’accorge, ch’un sol continuo moto, Benché debole sia, giunge al suo fine Più tosto assai, ch’un più gagliardo e lieve, Che pigro giaccia, che la confidenza A la sciocchezza è figlia, e a l’otio madre ; Onde ne nasce l’infelice prole Biasmo, e vergogna, e danno in ogni tempo. Quinci con gran suo scorno intende e vede Il suo rival, che debole seguendo Con un continuar facile il passo Nel camin di virtù, ch’a honor conduce, A sé stesso precorso, e tor di mano De la vittoria la felice palma Da le fatiche de’ suoi lunghi studi A poco a poco assai più forte reso : Ond’ei quasi perduto haver si sente Quell’antico vigor, ch’ardeva in lui Per colpa sol de la pigritia nata Da la sua negligenza infame e stolta, Che pieno il fa d’un pentimento vile, E d’una doglia sì malvagia e poltra, Che non sa cominciar cosa che voglia, Vedendo sé di sotto di gran lunga A molti e molti, ch’ei nulla prezzava : E tutto il resto di sua vita vive Con tedio estremo assai peggio, che morto, Senza speranza haver d’honore alcuno.

23. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [83.]. DEL TOPO, ET DELLA RANA. » p. 384

E promettendo di prestarli aiuto, Come colei, che ben nuotar sapea, Lo persuase di legarsi seco Ne i piè di dietro a i suoi con certo filo, Che per tal opra a lui recato havea. […] Così di paro un pezzo entrar nell’acque Tranquillamente e senza alcun travaglio. […] Ma quel, che dal timor e dal bisogno Prendeva di valor doppio argomento, Tardi avveduto del nimico inganno, Arditamente e con possente lena Si sostentava ; e risurgeva in modo, Che rendea vano il suo malvagio intento.     Or mentre quella al fondo, al sommo questo Si ritraheva con egual valore, Nessun cedendo a le contrarie forze, Un nibio, che di là passava a caso Da l’appetito de la fame tratto Ambo li prese ; et per satiar di loro L’avido ventre, da la rana in prima, Che più molle che ’l topo havea la pelle, Tosto si cominciò render satollo.     Così talhor avien, che l’huomo iniquo, Ch’a far altrui si move a torto offesa, A la vita, o a l’honor tramando inganno, Primo nel fil del proprio laccio cade, E da la forte man giusta di Dio Colto con egual sorte insieme resta.

24. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [4.]. DELL’AQUILA, E ’L GUFFO. » p. 

S’UNIRON già d’alta amistade insieme L’Aquila e ’l Guffo : e si giuraron fede Di non mai farsi in alcun modo oltraggio : E tra i più forti inviolabil patti, Che d’osservarsi il Guffo proponesse, Con supplichevol prego aggiunse questo, Ch’a l’ Aquila piacesse haver riguardo A i figli suoi se gl’incontrasse a sorte : Onde perch’ella non prendesse errore Le diede il segno di conoscer quelli Fra l’altre specie de i diversi augelli. Il segno fu, che quei, che di vaghezza, Di leggiadria, di gratia, e di beltade Vedesse di gran lunga avanzar gli altri, Quelli esser di lui figli ella credesse.     Quindi l’Aquila un giorno andando a spasso Per l’ampio spatio d’una ombrosa valle Da la fame assalita astretta venne Di pasturarsi : e come quella, a cui Stavan sempre nel cor gl’intesi patti Di mai non far al suo compagno offesa ; Da molti augelli per gran spatio astenne L’adunco artiglio : e tuttavia cercava Di prender quelli di più brutto aspetto, Quando dal giogo d’una eccelsa rupe Sentì ullular del suo novo compagno I non mai più da lei veduti figli Nell’aspro nido quasi anchora impiumi. Onde dal cantar loro horrido tratta Tosto vi corse : e giudicando quelli I più deformi che vedesse mai, Di lor satiossi alfin l’avido ventre Non senza doglia della sozza madre, Che di lontan con gran timor la scorse Devorar tutto il suo infelice parto : Tal che fuggendo poi colma d’affanno Al marito narrò l’horribil caso.     Egli, che con gran pena intese questo, Tornò fra poco al mal guardato nido Forte piangendo il ricevuto torto : E trovando per via l’altero augello Compagno, e del suo mal cagion novella, Che di ritorno sen veniva altero Battendo il vento co i possenti vanni, Con aspra insopportabile rampogna Cominciò del suo mal seco a lagnarsi.

25. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [89.]. DEL LEONE INNAMORATO, E DEL CONTADINO. » p. 222

PASSANDO un fier Leon per certa villa Innamorossi d’una giovinetta Figlia d’un Contadin di quel contado : E sì forte d’Amor sentì l’ardore, Che mai non havea ben giorno né notte Pensando sempre a la fanciulla amata. Et per più non soffrir la pena acerba Prese partito di chiederla al padre, Che per sua sposa a lui la concedesse. […] Ma il Contadin, cui strana cosa parve, Che d’una fiera divenisse moglie La giovinetta sua figliuola, prese Partito di sbrigarsi da tai nozze In questo modo : et tosto gli rispose. […] Sì che tratti di bocca i fieri denti, E l’ugne delle zampe acute e forti, Perché sicuri siam per sempre poi, Che tu non voglia, o possa farne oltraggio : E vivrem teco poi lieti e sicuri, E tu ti goderai con dolce pace L’amata sposa a le tue voglie pronta. […]     La favola in virtù saggia ammonisce L’huom forte, che con altri accordo brama, A non lasciarsi tor l’armi di mano, Od altra cosa, onde sua forza penda : Perché puote avenir, che ’l suo nimico Vedendolo del tutto inerme e privo Di quel, che contra lui possente il rese, Cangi pensiero di fermar la pace ; E con guerra mortal gli mova assalto, E lo conduca a l’ultima ruina, Senza poter haver da lui contrasto.

26. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [49.]. DI PALLADE, ET DI GIOVE. » p. 508

    Questo veduto allhor Pallade saggia Restò sospesa di stupore alquanto, Che tale elettion fosse caduta Sovra di piante infruttuose e vane, Poi che ciascun sapea, che immensa copia Di fruttifere pur ne havea la Terra, Da farne agevolmente utile eletta : Et domandando al sommo padre Giove Modestamente la cagion di questo, Alfine hebbe da lui cotal risposta.     La cagion, figlia, che ciascun ne indusse A far elettion d’inutil pianta, Fu certo un ragionevole rispetto, C’habbiam che ’l mondo non pensasse mai, Che per l’utilità vil di quel frutto Il proprio honore alcun di noi vendesse, Onde il nome divin restasse infame. […]     O degna figlia del tuo Padre Giove, Ben mostri al tuo parlar accorto et saggio, Et al giudicio del sublime ingegno, Che non del ventre di femina vile, Ma del mio divin capo uscita sei.

27. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [78.]. DEL PARDO, E LE SIMIE. » p. 

IL Pardo, che a le Simie è per natura     Fiero nimico, e si pasce di loro,     Havea gran fame, e di cibarsi cura : E scorrendo con rabbia il terren Moro     Ove Natura in copia le produce,     Trovonne alfine, e fé cotal lavoro. […] Il Pardo, che non può là su arrivarle,     Fatto ogni prova, alfin partito prende,     Onde possa di là con arte trarle. […] Alfin si leva, e i denti opra e le branche     Crudel fra lor pria, che si renda satio,     Fin ch’ognuna di lor di vita manche. […] Tal l’huom, che studia al fin de le sue brame     Venir un dì, né haverne il modo sente,     Dee con prudenza usar di simil trame : Ch’ogni difficultà vince il prudente.

28. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [73.]. DEL PAVONE, E DEL MERLO. » p. 219

Onde il Pavone gran broglio facea D’esser quel desso, confidando assai Nella bellezza de le varie penne D’aureo color, e mille gemme tinte : E di questo facendo altera mostra Con lunga oratione in quel senato, Sì che piegavan già le voci tutte Ne i suoi suffragii, contentando ognuno Ch’ei fosse quel, che in loro imperio havesse, Quando tra gli altri se gli offerse innante Il picciol Merlo da le nere piume, E se gli oppose con simil parole. […] Cedi, misero, cedi a un altro il peso Di tanto grado, che di te più forte Possa più degnamente in sorte haverlo, Con sicurezza di noi tutti insieme, E de la vita, e del tuo proprio honore.     Non seppe a tai parole usar risposta Il Pavone, e restò tutto confuso : E gli altri a far si dier novella eletta D’altra persona di più nobil merto.     Così far si devria da quei, che danno Altrui la cura de l’human governo, La salute de’ popoli, e de’ regni Sol commettendo in man di quei, che sanno E posson con valor regger altrui, E sostener di tanta impresa il pondo : Lasciando lo splendor de le ricchezze, E tutte l’altre esterior grandezze, Che siano in quei, che senza ingegno od arte Mal pon regger sé stessi, e peggio altrui. Ché così al mondo alfin regger si puote, E la beltà, di cui vestita è l’alma, Preceder deve a la beltà del volto, Che nulla giova senz’interno merto.

29. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [79.]. DELL’ASINO, ET DELLA VOLPE. » p. 188

L’ASINO d’un Leon trovò la pelle, E tutto si coprì di quella il dorso, E gia scorrendo le campagne e i boschi Con gran paura de gli altri animali, Che in cambio lo togliean d’un fier Leone. E dilettato dal vano spavento, Ch’egli porgeva a questa e quella fera, Vedendo di lontan venir la Volpe Far volea quello a lei, ch’a gli altri fece. […] Ma la Volpe, che quel conobbe al suono De l’asinina voce, in mezo il passo Fermossi tosto, e non si mosse punto : Ma ridendo tra sé di sua follia Così gli disse : invero che l’aspetto Di questo horrendo e spaventoso volto M’havria mosso nel core alta paura, S’al roco suon de l’asinina voce Io non t’havessi conosciuto in prima.     Così l’huom sciocco e d’ignoranza pieno Che il savio fa tra gli ignoranti, quando Avien, che con saggio huom faccia l’istesso, Dal suono sol di sua propria favella Si scopre quel, che sua natura il fece, Con gran suo scorno, e riso di chi ’l vede.

30. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [82.]. DEL LEONE, ET LE RANE. » p. 141

SENTÌ ’l Leon gridar verso la sera Dentro un fosso lontan da la sua tana Immensa copia di loquaci Rane Con tal romor, che rimbombava intorno Il vicin bosco, e le campagne tutte, E stimando che qualche horribil mostro, Che novo habitator di quelle selve Fatto si fosse, disfidar volesse Le paesane belve a cruda guerra Per farsi ei sol Signor di quei confini, Uscì de la spelonca immantenente Cercando al suon, che gli feria l’orecchie, Con generoso core e d’ardir pieno Del suo sospetto la cagion fallace. […]     Così spesso l’huom vil la lingua move Con gran bravura, e porge altrui spavento Senza vera cagion ; ché tanto offende, Quanto ferisce de la voce il suono : Né più oltra può far di quel, che ’l vento Opra, che le parole in aria sparge. […] Perché colui, che di valore è ricco, Non suol dal van parlare acquistar merto. Chi meno val, più di parole abonda.

31. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [92.]. DELLA CERVIA, ET LA VITE. » p. 77

FUGGENDO i cacciatori entrò la Cervia D’una frondosa vite entro una macchia, E sotto i rami suoi cheta s’ascose : Sì che scorrendo i cacciatori intorno Sorte non hebber di poter vederla, E per trovarla in altra parte andaro. Ella veduto esser homai sicura Da le mani di lor, ch’eran lontani, A pascer cominciò di quelle foglie : E tante in breve ne mangiò, ch’alfine La vite ne restò spogliata affatto. […] Così giungendo di sua vita al fine Disse fra sé quell’infelice fiera. Ahi quanto di ragion mi vien la Morte Spogliando del vigor, che mi reggea, Poi ch’io medesma la cagion ne fui, Offendendo con mio non picciol danno Colei, ch’a l’ombra de le foglie sue La cara vita mi salvò pur dianzi : Ond’hebbe poi da me sì ingiusto merto.

32. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [55.]. DEL LUPO, ET DELLA GRUE. » p. 156

IL Lupo devorato havea un agnello ; Et per la fretta, del mangiar c’havea, Un osso rotto con l’acuta punta Gli restò in gola attraversato in modo, Che sentiva di morte estrema pena. […] Ond’ella con l’acuto e lungo rostro In breve alfin di tanto affanno il trasse. Ma richiedendol poi di sua mercede N’hebbe in premio da lui cotal risposta. […]     Così gli huomini rei sovente ingrati Si stiman di favore esser cortesi A quelli, in cui non sian gli ufficii spesi De i vitii loro iniqui e scelerati.

33. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [13.]. DEL CERVO. » p. 74

IL Cervo si specchiava intorno al fonte,     E del bel don de le ramose corna     Si gloriava di sua altera fronte : E mentre quelle a vagheggiar pur torna,     De le gambe si duol brutte e sottili,     Qual non conformi a sua persona adorna. […] Ma mentre egli dimora in tal pensiero,     Ecco sentir di cani e cacciatori     Da un campo non lontan strepito fiero. Onde già volto in fuga a tai romori     Corre veloce entro un’antica selva     Per trarsi in quella di periglio fuori. […] Quivi le corna diventar moleste     A lui pur dianzi fuor di modo care,     Che l’intricar tra quelle frondi infeste. Talché come al partir da l’acque chiare PACELe gambe lo salvar da dura sorte,     Queste cagion li fur di pene amare.

34. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [41.]. DEL PORCO, ET DEL CANE. » p. 

Quinci avien poi, che seco andando a caccia Mi rendo pronto a mille belle imprese : E mi pasco di starne, e di fagiani, E di mille altri cibi ottimi e rari : Tal che dolce mi sembra ogni percossa, Ch’io da lui sento a mia dottrina darmi ; Perch’utile et honore alfin m’apporta, Ond’ho cagion di starmi a lui vicino : Ma tu bene a ragion fuggirlo dei, Et più quando egli ti nudrisce et pasce Di miglior cibo ; perché allhor s’appressa (Né vorrei dirlo) di tua vita il fine ; Quando egli ha gran piacer, che tu t’ingrassi, Stando in quiete, e in dolce almo riposo Per goder poi de le tue carni un giorno.

35. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [47.]. DELLA MOSCA. » p. 16780

GIÀ dentro un’olla, che di carne piena Era d’alesso nel tepido humore Bolliva al foco, nell’humor fervente Entrò la Mosca da la gola tratta Del grasso cibo, che nuotar vedea : Del qual dapoi, c’hebbe satiato a pieno L’ingorda brama, e ’l temerario ardire, Venne sì gonfia del mangiato pasto, E di quella bevanda a lei soave, Che non potea levarsene, e cadendo Anzi più in mezo del liquor profondo De la vicina morte in mano andava ; Onde vedendo non poter fuggire L’odiato fin de la penosa vita, Cominciò confortarsi in cotal guisa. Tanto ho bevuto qui, tanto ho mangiato, Et tanto bene homai lavata i’ sono, Ch’a ragion debbo volontieri e in pace Sostener di mia vita un simil fine.     Così dee tolerar l’huomo prudente Quel, che non può per modo alcun fuggire ; E quel, che vuol necessità, seguire, Per non parer altrui di bassa mente.

36. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [40.]. DEL CERVO, E ’L CAVALLO, E L’HUOMO. » p. 269

PASCEANO il Cervo, et il Cavallo insieme Dentro un bel prato di novella herbetta Per lunga usanza, e con invidia ognuno, Che ’l compagno godesse un tanto bene, E consumasse quella parte, ch’esso, Se l’altro non ci fusse, havria per sua. […]     Così il Caval perdendo ognihor la pugna Partì dolente a viva forza spinto Da la pastura di quel sito ameno : E cercando d’aiuto in quella guerra Alcun, che soccorresse al suo bisogno, Incontrò l’huomo ; a cui con prece humile L’opra sua chiese. Ond’ei, che disegnato Gran tempo haveva di soggetto farsi Quell’animal per li servigi suoi, Tosto pronto s’offerse in sua difesa : Ma disse ; che, se ben d’ingegno e forza Era bastante a superar il Cervo Quando quel si fermasse a la battaglia : Pur, quando ei si fuggisse, esso non era Possente di seguir sì lieve corso : Però mistier facea, ch’egli in sul dorso Là nel portasse, ove trovando il Cervo Non li giovasse la veloce fuga : Et ch’a bisogno tal egli devea Lasciarsi por da lui la sella, e ’l freno, D’accomodarsi seco, e dargli il modo D’intender la sua voglia ove il bisogno Cercasse, ch’ei per lui volgesse il piede. […]     Onde il Cavallo al fin de le sue voglie Venuto homai, debite gratie rese Di tal favor a l’huomo : e poi li chiese Licenza per andarsi a goder solo Quel prato ameno, il resto di sua vita In dolce libertà passando lieto. […]     Così talhora un huomo, ch’è men forte Del suo nimico, e che soccorso chiede Ad huom, che più del suo nimico vale, Dopo le sue vittorie alfin rimane De la sua propria libertà perdente : Che quel, che vinto ha il suo nimico, ch’era Di lui più forte, assai più facilmente Può vincer lui, di cui già possessore Si sente, e haver tutte le forze in mano ; Né vuol haver per altri indarno speso Il valor proprio : ché raro si trova Chi per un altro il suo metta a periglio, Senza speranza di guadagno haverne.

37. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [19.]. DELLA VOLPE, ET DEL RICCIO. » p. 427

Vana era al fin d’uscirne ogni fatica,     Sì che già stanca non si move punto,     E di mosche l’assal copia nimica. […] Onde la Volpe a lui, che liberarla     Come amico volea di tanto affanno,     Gratie rendendo in cotal modo parla. Non far fratello : che poco più danno     Far mi pon queste homai di sangue piene,     Di quel ch’infin adhor sì fatto m’hanno. Che s’altro nuovo stuol di mosche viene,     Affamate a la prima havranno a trarmi     Quel poco, che mi resta entro a le vene ; Onde potrei più in fretta a morte andarmi :     Tal che meglio è restar quel poco in vita     Di spatio, che dal ciel sento lasciarmi. Così la gente tal esempio invita     A tolerar il suo tiranno avaro,     Per non far al suo mal nova ferita, Se le è di viver lungamente caro.

38. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [51.]. DELLE MOSCHE NEL MELE. » p. 80

D’UN gran vaso di mel, ch’a un pellegrino Si ruppe, era una via sparsa nel mezo Con largo giro : ond’una copia grande Di Mosche in quello da la gola tratte Dolcemente pascean l’amato humore. Ma quando fur ben satie e di mel piene Volendosi da quello alzar a volo Parte da la gravezza del pasciuto Ventre, parte dal mel tenace fatto Dal Sole ardente de l’estivo giorno Ritenute di là mover il piede Mai non potero, e faticarsi indarno. […]     Dinota questo, che colui, che tutto Si dona al senso de la gola in preda Senza tener in questo ordine o modo, Che suol ragion dottar4 a chi prudente Nutrir si vuol di delicati cibi Per sua salute, ma si astien dal troppo, Che nuocer suole, onde tal vitio nasce ; Sovente casca in misera fortuna, E de la Morte ancor tal volta in mano.

39. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [53.]. D’UN MARITO, CHE CERCAVA AL CON- trario del fiume la moglie affogata. » p. 682

UN huom, di cui la moglie in certo fiume Sendo caduta alfine estinta giacque, Il cadavero suo cercava indarno Incontra ’l corso de le rapid’onde. Tal che più d’un, che la fatica vana Scorgea di lui da carità commosso Gli ricordava con parlar cortese, Che per trovarla a la seconda andasse Del corrente liquor, che in giù trahea. Ma quel, che poco tal pensier curava Così rispose : Io non farò già questo : Perché mentre mia Donna in vita resse Fu da l’altrui parer così diversa, Così di voglia sua, così lontana Dal comune voler, così contraria A qual si voglia altrui genio e costume, Che di ragion non è da creder mai, Che natura cangiando hora ch’è morta, Deggia corso tener se non diverso Tutto, o contrario a quel, che l’onda tiene.

40. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [81.]. DELLA RONDINE, E GLI ALTRI UCCELLI. » p. 39

Ecco il Lin nasce, et ella, che pur serba     Nel cor del suo presagio il gran timore,     Disse di novo con rampogna acerba. […] Ella pur dice, e ognun le crede meno     Quanto più con ragioni aperte e vive     Mostra il lor viver di periglio pieno. […] Vive con l’huomo, e sempre si nutrica     D’ogni altra cosa, che d’esca o di grano,     Cibo de l’huomo per usanza antica : Così perché nell’opre di sua mano     Non gli suol mai far detrimento alcuno     Depredando le biade in mezo il piano, A quello è cara ; et ei sempre digiuno     Vive di farle offesa, e la ricetta     Dentro a’ suoi tetti, onde l’osserva ognuno. […] E con lacci e con reti ognihor gl’infesta,     Facendone di lor stratio crudele :     Et così merta chi a noia molesta Prende il consiglio altrui sano e fedele.

41. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [11.]. DEL CIGNO, ET DELL’OCCA. » p. 399

    Il Cigno allhor per naturale istinto Mosso a cantar co’ più soavi accenti, Che possa di sua vita a l’ultime hore, Visto già il ferro de la morte autore, Et esser preso da l’infesta mano Di quell’huom rozo e di pietate ignudo, Nel cor piangendo a cominciar si diede Così leggiadro e dilettoso canto, Ch’a quello il Cuoco del suo errore avvisto Il riconobbe al primo suono, e tosto Lasciollo in pace, e diè di mano a l’Occa. […]     Così l’huomo eloquente ha spesso forza Di lontanarsi da malvagia sorte : E fugge il mal di violente morte Col suo sermone, ond’ei gli animi sforza.

42. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [42.]. DEL LUPO, ET LE PECORE. » p. 451

VESTISSI il Lupo i panni d’un pastore Per ingannar le semplicette agnelle Con l’apparenza de l’altrui sembiante, Celando il troppo conosciuto pelo : E col bastone in man, co ’l fiasco al tergo, E con la Tibia pastorale al fianco, Verso il gregge vicin ratto inviossi, Sperando di condurlo entro un ovile Fatto da lui d’una spelonca oscura, E prepararsi per un anno il cibo, Che senza faticar potria godersi.     Ma quando l’empio fu giunto tra ’l gregge, (Tra ’l gregge, il qual non lo temea credendo Dal suo vestir ch’ei fosse il suo pastore) E volse dar la voce, onde il volgesse Al pensato camin, fiero ullulato Fuori mandò di tanto horror ripieno, Che le paurose pecorelle tutte Smarrite ne restaro, e quello al grido Riconosciuto rimirando a dietro Si diedero a fuggir velocemente A i vicin tetti del nativo albergo ; Et ei di ciò restò schernito, e tristo.     Tal l’huom bugiardo e di malitia pieno Rimaner suole a lungo andar, né puote Sempre venir al fin del suo pensiero Con la bugia del suo fallace inganno, Ché finalmente il ver da sé si scopre ; E l’istessa bugia ne ’l fa palese.

43. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [68.]. DELLA SELVA, E ’L VILLANO. » p. 303

ANDÒ un Villan dentro una Selva antica Di quercie ombrose largamente adorna, E la pregò con mansueta voce, E parole efficaci a sua richiesta, Che di prestargli ella contenta fosse Un picciol tronco de le piante sue, Ch’eran d’immensa, et infinita copia : Perch’un manico farne esso volea A la sua scure, onde tornato a casa Fornir potesse alcuni suoi lavori. […]     Ond’ei ne fece il manico ; e dapoi A spogliar cominciò di parte in parte La Selva tutta con la parte stessa, Ch’era già membro di lei stessa uscito : Sì che ’l Villano iniquo e discortese Tutta la pose in picciol tempo a terra.     Così spesso patir suol chi benigno È de’ favori suoi largo e cortese Ad huomo avaro e di nequitia pieno : Che con le forze stesse, ond’ei l’accrebbe Riman da quello alfin posto in ruina.

44. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [69.]. DI DUE RANE C’HAVEAN SETE. » p. 43

    E quel veduto una di loro allegra Invitò l’altra con parole pronte A saltar seco nel bramato humore. Ma quella, che più saggia era di lei, E di più lunga esperienza accorta, Così rispose al temerario invito.     Se ci gettiam, sorella, entro a quest’onde, D’intorno chiuse, e d’alto muro cinte, Quantunque dolce nel principio fia L’acque gustar del nostro ardor ristoro ; Dubito ancor, che se malvagia stella Seccar facesse l’abondante humore, Non ci paresse alfin pur troppo amaro, Restando a forza in su l’asciutto fondo Senza speranza di poter salire Per riparar a novo altro bisogno.

45. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [70.]. D’UN CANE, CHE TE- meva la pioggia. » p. 

UN Can fu già, che mai quando piovea     Fuor non usciva de l’albergo usato     Per gran timor, che di bagnarsi havea. […] Tal di viver sicur partito piglio :     Che per fuggirmi quel martir fatale     Patir cotal disagio hor mi consiglio. Così la prova d’un passato male     Render suol l’huomo di temenza pieno,     Per non cader di novo a sorte tale, Di quello ancor, che dee temersi meno.

46. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [54.]. DEL CONTADINO, ET ERCOLE. » p. 291

PASSAVA un Contadin col carro carco Di biada per un calle assai fangoso, Né havendo i buoi per la stanchezza forze D’indi ritrarlo, miserabilmente Tutto otioso e di mestitia pieno Facea soggiorno, et non sapea che farsi. […]     Oh là tu, che dal ciel chiamato m’hai In tuo soccorso, hor da’ principio tosto Ad aiutarti per te stesso, et opra Quanto è in te di valor per tragger fuori Di questo loto il già fermato carro : Stimola i buoi ; metti le spalle sotto Le gravi sponde, et sollevando alquanto Le lente ruote invita al moto il plaustro : Ch’allhor, se da persona di valore Facendo sforzo a la tua debil possa Mi chiamerai in soccorso al tuo bisogno, Sarò presente ; e col divin potere In te raddoppierò l’humane forze. […] Opri sé anchor, chi vuol di Dio l’aiuto.

47. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [62.]. DEL CORVO, ET LA VOLPE. » p. 124

FERMOSSE il Corvo sopra un’alta quercia ; Et un pezzo di cascio havea nel rostro. […] O che bell’animal vegg’io là suso, Che vago augello di diverse piume, Di mille varii, e bei colori adorno. […]     Allhor quel sciocco, che sentiva quali Eran le lodi, che colei gli dava, Entrato in speme di quel vano honore, Che gli augurava il suo finto sermone, Per mostrarle c’haveva e voce e canto, Incominciò gracchiar con rauco strido Sì, che dal rostro il cibo in terra cadde. […]     Colui, che in tua presenza assai ti loda, A tua semplicitade inganno ordisce ; E di giudicio assai manca e fallisce Chi suol fede prestare a finta loda.

48. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [38.]. DELLA RANA, ET SUO FIGLIUOLO. » p. 376

VIDE la Rana il Bue vicino al fosso Ito per bere, e grande invidia prese Di sua grandezza, et tosto entrò in desio Di farsi eguale di statura a lui. […] Però giù pon l’invidia ; ché non pate Invidia quel, che di gran lunga avanza Ordinario valor di sorte eguale. […]     Ella, che non volea per modo alcuno Folle patir d’esser minor del Bue, Né creder che colui, ch’era suo figlio, Lei madre vincer di saper potesse, Che d’anni e mesi l’avanzava assai, Nulla stimava il suo consiglio sano : Ma riputando sue parole vane, E stimando accortezza il proprio humore Tanto gonfiossi, che crepar convenne.     Così spesso interviene al vecchio insano Di mente, che dal tempo misurando Il senno, sprezza del giovine saggio Il buon consiglio di ragion matura : E seguitando il suo pazzo discorso Si mette a far con cor superbo e vano Quel, ch’a ragion tentar non può, né deve.

49. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [30.]. DELLA VOLPE, E DEL GALLO. » p. 671

VIDE la Volpe da lontano il Gallo Posarsi d’una Quercia in cima un ramo, E per farlo da quel scender al piano, Onde potesse poi di lui cibarsi, Trovò un’astutia : et là correndo in fretta Così si diede a ragionar con lui,     Buon dì, fratello ; O che felice nova Ho da contarti. […] E ’l Gallo accorto Fatto a sue spese de gli inganni suoi, Fingendo creder quanto ella tramava, Dal medesmo suo dir trovò soggetto Di levarsela allhor tosto dinanzi : E mostrando allegrarsene di botto Con varii segni, così prese a dire.     Io ti rendo sorella ogni maggiore Gratia, ch’io possa di sì caro aviso : Ch’a tutti porgerà pace, e salute : E credo ben che la novella intorno Tosto si spargerà per tutto il mondo, C’homai ne dee sentir gioia infinita : Poi che due cani veltri anchor lontani Veggio venir ver noi correndo in fretta Forse per far l’ufficio, che tu stessa Facendo vai di messaggier del fatto. […] E prendendo licenza al suo partire Con parlar dolce la pregava il Gallo Ch’ella aspettasse i suoi novelli amici, Ch’erano del suo ufficio a lei compagni : Perché con essi poi partendo insieme Daria maggior certezza a chi l’udisse Del grato annuncio di sì buon effetto : Perché fra poco a lei sarian presenti. […] Che con le burle a la nemica ordite Da le burle di lei medesma, allhora Salvo si rese et da gli inganni suoi.

50. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [24.]. DEL GAMBERO, E SUO FIGLIUOLO. » p. 322

IL Gambero riprese un giorno il figlio Spinto d’amor de la maniera brutta, Ch’ei tenea nel nuotar sempre a l’indietro : Dicendo, che più bel parea quel corso, Che move ogni animal col capo inanti, Ch’è membro principal di tutto il corpo.     Allhor il figlio, che veduto havea Il padre e tutti i genitori suoi2 Far sempre quello, ond’esso era ripreso, Disse : Padre, se vuoi, ch’io cangi stile, Mostrami prima tu di ciò la via ; Ch’io seguirotti, poi che quella norma Del vero caminar, che più t’aggrada, Appreso havrò dal tuo medesmo esempio : Perch’io non ho veduto, che giamai Habbi tu seguitato altra maniera ; Ond’io mi diedi a far quel, ch’imparai Da te, da gli avi, e da’ fratelli tuoi.     Così devrebbe ogni buon padre sempre Mostrarsi a i figli di virtute esempio, Se vuol, che ’l suo parlar, che li riprende Del vitio appreso, habbia valore e forza Da ritrarli da quello a miglior uso : Ch’è d’autorità spogliato e privo, In mover altri a seguitar virtute Colui, che sta nel vitio immerso sempre. Però devria colui, ch’altri riprende, Esser con l’opre ognihor norma a sé stesso Et con l’essempio de la buona vita Mover in prima, e poi con le parole Gli altri chiamar di quella al bel camino : Ch’a quel si ridurrian più facilmente, Persuadendo più l’opra, che ’l dire.

51. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [36.]. DELLA TESTUGGINE, ET L’AQUILA. » p. 230

LA Testuggine un dì vistosi presso L’Aquila, che dal cielo era allhor scesa, Per riposarsi sopra il verde piano, Venne in gran voglia di poter volare Per provar quel piacer, c’haver pensava Gli augelli di passar per l’aere a volo. […] Ma non valse ragion, che s’adducesse, Per torla giù di quel cieco desio, Che ’l lume di ragion cacciava al fondo ; Sì che costretta da un pregar noioso L’Aquila alfin per contentarla prese Quella su ’l dorso fra gli adunchi artigli ; E quanto pote alto levossi a volo. […]     Ciò detto aperse di questo e quel piede Tosto gli artigli, et la diè in preda al fato.

52. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [1.]. DELL’AQUILA, ET DELLA VOLPE » p. 1

DELL’AQUILA, ET DELLA VOLPE L’AQUILA altera, et la sagace Volpe Già di stretta amicitia unite insieme D’insieme anco habitar preser partito, Sperando pur che ’l conversar frequente Crescesse in lor di più sincero affetto La carità de l’amicitia nova. […] Così la Volpe di quel tronco al piede Preparò stanza a i suoi fra sterpi e dumi. […] Onde soffiando a maggior furia il vento In quello già di paglia et fien contesto Da i lucenti carboni a poco a poco Nell’arida materia il foco spinse. […]     Il che vedendo allhor la Volpe offesa Per far de la sua prole alta vendetta Sopra di quelli immantinente corse ; E inanzi a gli occhi de l’altera madre Devorò ingorda i pargoletti figli.     Così fra noi mortali avenir suole, Che chi de l’amicitia i sacri patti Per non degna cagion profano rompe, Quantunque de gli offesi amici al tutto Possa schivarsi da l’ultrice mano ; Non è però che col girar de gli anni Schivar possa di Dio la giusta spada.

53. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [84.]. DEL LEONE INVECCHIATO, ET LA VOLPE. » p. 16

    L’astutia fu, ch’un dì passando il Corvo Vicino a la sua grotta, a sé chiamollo Con debil voce, e con sermone humile Il mosse a gran pietà de la sua sorte : Et lo pregò, ch’ei divulgasse tosto De la sua morte già vicina il nome, Per cortesia fra gli animali tutti, Che facevan soggiorno in quel paese : Che, essendo esso lor Re, debito loro Era di visitarlo, e ritrovarsi Ciascun l’ultimo dì de la sua vita Per honorarlo de l’esequie estreme ; E ch’ei gran voglia havea di rivederli, E dir a chi l’amò l’ultimo vale : E testamento far per far herede Alcun di lor del destinato scetro.     Dunque ubidillo il Corvo, e sparse intorno Tosto di ciò l’ingannatrice fama Tal che di giorno in giorno andava a quello Alcun de gli animai da quel confino Come inteso l’havea tardi o per tempo Per visitarlo : ma quando a lui presso Se lo vedea il Leon, che ’l mezo morto Fingea, l’unghiava con le zampe adunche, E lo sbranava, e ne ’l rendea suo pasto. […] Rispose ella : Signor mi doglio assai De le vostre sciagure, et lo sa Dio : Ma di venir più avanti ho gran sospetto, Vedendo tutte le vestigie altrui De la spelonca incontra l’uscio volte, E nessuna guardar verso l’uscita : Ond’io fo stima molti esservi entrati, Né fatto haver alcuno indi partita : Però lasciovi in pace ; e se mai posso Farvi servigio, che in piacer vi sia, Farollo volontier, ma da lontano.

54. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [2.]. DEL CORVO, ET SUA MADRE. » p. 324

IL Corvo infermo, e già vicino a morte Senza speranza di terreno aiuto Con prolisso parlar pregò la madre, Che facesse per lui preghi a gli Dei Ch’ei ricovrasse il suo vigor primiero. […] Deh come sarà mai, figlio diletto, Che sieno udite le preghiere mie, E i voti, ch’io per te porga a gli Dei ; Per te, che sempre de i lor sacri altari Le vittime predando, e di brutture Contaminando i puri alberghi santi Per mille ingiurie di vendetta degne Sei fatto odioso al lor benigno nume ?

55. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [63.]. DEL LEONE IMPAZZITO, ET LA CAPRA. » p. 341

VIDE la Capra da una rupe al basso Il Leone impazzito e furioso Scorrer con atti strani, e torto passo Hor su, hor giù di campi un largo piano : Et da stupore, et gran cordoglio mossa, Né senza grave horror del suo periglio Tra sé medesma fé cotai parole. O de le fiere miserabil sorte, Infelice sciagura, empio destino : Ché, se quando il Leon di sana mente Scorgeva intorno, alcuna atta non era A sostener il suo possente orgoglio ; Che far potrà quand’ei di mente è fuori, E da discorso san tutto lontano ?

56. (1180) Fables « Marie de France, n° 81. Le prêtre et le loup » p. 687

« A », dist li prestre, « a », dist li lus, que mut ert fel e enginnus : « B », dist le prestre, « di od mei ! » « B », dist li lus, [e] jo l’otrei. » « C », dist le prestre, « di avant !  […] » Respunt le prestre : « Ore di par tei ! 

57. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [8.]. DEL CORVO E ’L SERPENTE. » p. 128

IL Corvo spinto da la fame il volo Torse verso un Serpente, che tra certi Sassi del mezo giorno al sol dormiva : E fra l’ugne ne ’l prese, e volea trarsi De le sue carni l’importuna fame : Ma quel presto destossi, e raggirando L’ardito capo, che tre lingue vibra, Lo strinse sì col velenoso morso, Che lo traffisse di mortal ferita. […] Ecco il guadagno Del cibo, ch’io sperava essermi vita, Havermi tratto di mia vita al fine.     Così spesso n’aviene a l’huom, che intento Tutto al guadagno senza haver rispetto Del mal, che del suo oprar ne senta altrui, Si mette a far ciò che ’l suo cor gli detta : Per che talhor dal suo proprio guadagno Danno gli nasce di tal cura pieno, Che lo conduce a miserabil fine.

58. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [16.]. DELL’AGNELLO E DEL LUPO. » p. 98

VIDE l’Agnello in cima al tetto stando Da la finestra di lontano il Lupo ; E cominciò con orgogliosa voce A provocarlo, e fargli ingiuria et onta Con dirgli tutto quel, che dir si puote D’una bestia crudel, vorace, e ria. […] Sciocco tu non sei tu quel, che mi dice Tal villania ; ma questa casa, dove Ti stai rinchiuso, e colà su sicuro Dal mio valor, che ti faria risposta Degna de’ merti tuoi, se in questo prato Fosti in tal modo di parlarmi ardito. […]     Così spesso l’huom vil privo di forza E d’ardimento al forte ingiuria move Assicurato da persona, o loco, Che lo difende da l’altrui valore.

59. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [50.]. DEL GRANCHIO, ET LA VOLPE. » p. 116

IL Granchio un giorno era del Mare uscito Per novello disio di trovar cibo, Che gli gustasse fuor de l’onde salse ; Onde pascendo a suo diporto andava Lungo a la spiaggia del vicino lito. E la Volpe, che intorno iva cercando Da satiar la fame, che già quatro Intieri giorni le rodeva il ventre, Visto quel di lontan subito corse, E tosto l’afferrò per divorarlo. Ei che s’accorse del crudele effetto, Né scampo a sua salute haver poteva, Lagrimando tra sé disse : Ben merto Lasso, meschino, e questo e peggior male, Poi c’havendo nel mar cibo bastante Di condur la mia vita insino al fine, S’io di Nestore ben vivessi gli anni, Ho voluto cercar novella strada Di pasturarmi fuor del luogo usato, In parti entrando a mia natura avverse ; E d’animal marin terrestre farmi, Perdendo col mio albergo ancor la vita.

60. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [90.]. DELLA SCROFA, E LA CAGNA. » p. 173

INCONTROSSI la Cagna un giorno a caso Con una Scrofa, e lei vedendo tutta Lotosa e brutta cominciò con riso Prima a schernirla, et poi con voce aperta La dileggiava sì, che venne in breve Con lei, c’haveva nel suo cor concetto Dal lungo motteggiar un fiero sdegno, A gran contesa di parole strane. […] Io ti giuro per Venere o malvagia, Che se più dietro vai con tue parole Me, che non mai t’offesi, ingiuriando, La farem d’altro, che di ciancie alfine: Ch’io ti traffigerò l’invido fianco Con questo dente mio pungente e forte, Che fia risposta del tuo vano orgoglio.     Allhor la Cagna il giuramento udito Sen rise, e via più forte la scherniva Dicendo : certo a te ben si conviene Tal giuramento d’osservanza degno : Poi che giuri per quella immortal Dea, Che t’odia sì, che ancora odia coloro, E prohibisce a i sacrificii suoi, Che de le carni tue vili et impure Si faccian pasto : anzi di più gli scaccia Dal suo bel Tempio come empi e profani. […]     Così l’huom saggio, che ’l suo biasmo sente Da chi col vero il punge et lo molesta, Torna in sua lode con risposta honesta Quel che di darle infamia appar possente.

61. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — A I LETTORI. DEL PADRE, E DEL FIGLIUOLO, che menavan l’asino. » p. 721

Il caminar a piedi era lor grato,     Né ’l debole animal di peso alcuno,     Perch’ei non si stancasse, havean gravato. […] Or disse il giovinetto al padre : vedi     Padre, come ch’ognun di noi sen ride     Per l’Asino, che scarco esser concedi. […] Subito diede a tal consiglio orecchio     L’huom rozo, e gli parea questo il più saggio,     E d’huom, che fosse di prudenza specchio. […] Mentre sì carco l’animal galloppa     Ecco il primo, che ’l vede, a gran pietade     Mosso di lui, che in ogni sasso intoppa. […] Così pensando al dir di questo e quello     Por freno, e far cessar tanta rampogna,     Che sovente rompea loro il cervello.

62. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [15.]. DELLI DUE VASI. » p. 378

DUE vasi, ch’adoprar soglion le genti Da cuocer le vivande in su la fiamma, Di terra l’uno, et l’altro di metallo, Scorrean nel mezo a la seconda un fiume Portati a galla da le rapide onde. Ma perché quel di terra assai più lieve Scorrea sicuro ; l’altro, che temea Per la gravezza sua girsene al fondo, Cominciò con parole affettuose A pregar l’altro in lusinghevol modo, Che d’aspettarlo non gli fusse grave : Et legatosi seco in compagnia Volesse far quel periglioso corso : Onde l’altro gli diè simil risposta. […]     Guardisi ognun per tal esempio dunque Di star vicino a chi è maggior di forze, Se brama da perigli esser lontano, Et nel suo stato ognihor viver sicuro.

63. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [34.]. DEL CERVO, ET SUO FIGLIUOLO. » p. 351

IL Cerbiato chiedeva un giorno al padre Da qual cagione proceder potesse, Ch’ogni volta, ch’a guerra il can lo sfida, Egli sì facilmente in fuga volto Di lui solo al latrar desse le spalle, Essendo egli di corpo e di valore Maggior del cane, e con la fronte armata Di dure corna a contrastar possenti Con qual si voglia più forte animale. […] A l’huom, ch’è di cor vil, forza non giova.

64. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [39.]. DEL DRAGO, ET LA LIMA. » p. 93

TROVÒ Il Drago una lima in mezo un campo ; E stretto da la fame allhor la prese Per divorarla non sapendo quale Cosa ella fosse : e mentre la stringea Tra duri denti indarno ritentando Di spezzarla sovente, e non potea Modo trovar, che quella a lui cedesse ; Dice ella : o sciocco, di te stesso fuori Ben sei, se stimi di poter far danno, Pur picciol danno, a la durezza estrema De’ miei ferrigni e ben temprati denti, A cui cede l’acciar più saldo e forte. […]     Così devria colui lasciar le imprese, Che impossibili sono alle sue forze, Né contrastar con quel, ch’è più possente Di virtute e valor : che nulla acquista Chi l’huom combatte, ch’è di lui più forte.

65. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [87.]. DEL CIGNO, E DELLA CICOGNA. » p. 95

IL Cigno giunto homai vicino al fine De la sua vita con soavi accenti Facea l’esequie a le sue proprie membra In breve per restar di spirto prive. […] Io canto di mia vita il giusto fine, Che di necessità Natura impone A tutti madre, e gran dispensatrice E del ben e del mal, come la sorte Di ciascun brama, e con ragion richiede : Io canto le miserie mie passate : Io canto appresso la futura pace, E l’eterno riposo, onde la vita È priva sempre, e da continue cure Di procacciarsi con fatica il vitto Sempre si sente in gran travaglio e pena : Et mi rallegro, che, giungendo al fine Di questo viver, giungo al fine anchora Di tanti affanni, et son per sentir sempre Nel sen de la natura de le cose, Che sono al mondo in qual si voglia o forma O stato variate dal primiero Sembiante, in ch’elle havean sostanza e vita, Quiete dolce e sempiterna pace. […]     Così devrebbe contentarsi ognuno De la sua sorte, e de la legge eterna, Che Natura, e di Dio la voglia impone Con egual peso a gli animali tutti : E la morte abbracciar con lieto volto Come la vita si tien dolce e cara, Essendo il fin d’ogni miseria humana La morte, e questa vita un rio viaggio ; Dal qual l’huom dee bramar ridursi al porto De la tranquillità de l’altra vita Qual si voglia, che sia per esser poi, Poi che nulla di noi perder si puote, Che non vivi nel sen de la Natura Come a Dio piace ; al cui voler ognuno Dee star contento, e far legge a sé stesso De la ragion, che dal suo santo senno Con dotto mezzo a noi discende e piove.

66. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [5.]. DEL MULO. » p. 315

UN Mulo già, che d’abondante biada Ben pasciuto era, e si godeva lieto Tutto, e lascivo un dolce ocio giocondo, Entrò folle in pensier tanto superbo, Che tra sé disse : Or qual di me più forte Vive animal in terra ? […]     Avenne poi che bisognò correndo Un certo spatio di lungo camino Viaggio far a suo malgrado in fretta : E da principio cominciò superbo Correr veloce come havesse l’ali : Ma non finì sì tosto a un tratto d’arco, O poco più lontan batter il corso, Che stanco si sentì con tanto affanno, Che bisognò fermarsi, e prender lena. Allhora in tale stato gli sovvenne Anchor d’esser de l’Asina figliuolo, Poltro animale, e di tardezza pieno.

67. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [17.]. DEL CAVALLO E L’ASINO CARCHI. » p. 181

Occorse un giorno, che sendo in camino Ambi guidati dal padrone insieme, L’Asino stranamente indebolito Da la vecchiezza, e dal soverchio peso Pregò il Cavallo in supplichevol modo Che d’un poco del peso per alquanto Di spatio gli piacesse di sgravarlo Fin ch’ei potesse sol riprender lena : Perché già si sentia venir a fine : E negando di farlo il suo compagno Cadendo lasso in mezo del sentiero Terminò col viaggio anchor la vita. […]     Così quel servo fa, che del conservo Non ha pietade : et non consente in parte Talhor levargli del suo ufficio il peso Per picciol tempo : onde ne nasce poi Che la soma di quel sopra lui cade Tutta, né trova chi gli porga aiuto Per giusta ira del ciel, che lo permette.

68. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [48.]. DELL’ASINO, CHE PORTAVA IL SIMOLACRO. » p. 182

UN ASINEL, che sopra il tergo vile Havea di Giove un simolacro d’oro, Ch’al Tempio il suo padron seco trahea, Mentre passava per diverse vie Era inchinato da la gente tutta, Che con divotion s’humiliava Del nume vano a quella ricca imago. Ma credendo il meschin, che quell’honore Venisse fatto al suo nobile aspetto, Del suo stolto parer tanto gonfiossi, Che preso allhor da quella gloria vana, E tosto in mezo del camin fermato Levando per superbia in alto il capo Tutto si vagheggiava ; et non volea Mirando hor qua hor là mover un passo : E d’esser nato un Asino del tutto Già si scordava, se non era allhora Il suo padron, che con un grosso fusto Percotendo le natiche asinine Gli fece di sé stesso entrar in mente Con molte busse, et con simil parole. […]     D’ogni superbo cor questo è figura, C’ha di publico honor titolo e nome, E non si porta in suo costume, come La prudenza richiede a sua natura.

69. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [22.]. DEL TORO E DEL MONTONE. » p. 217

FUGGIA veloce il Toro da la vista Del possente Leon, ch’era lontano : E ’l vil Montone, che da lunge il vide Venir correndo e di paura pieno, Credendo fargli ancor maggior paura, In mezo de la via tosto fermossi Chinando il fronte, e le ritorte corna Per cozzar seco. […] O pazzo e vil che sei, Poi che tanta folia tu meco ardisci, Che con un piede sol franger potrei L’ossa tue tutte, e far tue forze vane, S’io mi degnassi di contender teco, Né da cura maggior cacciato io fussi Al corso, che vietarmi indarno tenti. […]     Così talhora un huom, che poco vaglia, Battaglia move a l’huom di lui più forte, E prende ardir da le miserie note Di far ingiuria al misero, che oppresso È da cura maggiore, onde si vanta Poi vanamente de le proprie forze, Mentre colui, che a maggior cose attende, Senza difesa far nol cura, o stima.

70. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [94.]. DELLA VOLPE, ET DELLA SIMIA. » p. 

Allhor la Volpe impaurita al suono Del novo editto si metteva in punto D’abbandonar il suo natio paese, Quando la Simia di tal fatto accorta Le disse : o sciocca, a che ti metti in core Di ciò paura, se natura larga Ti fu del dono, ond’a me tanto è scarsa ? […] Ma che so io, che ’l Signor nostro altiero Me del numero far di quei non voglia, Che de la coda non han parte alcuna ?     Così ne mostra l’animale astuto, Che chi sotto il Tiran sua vita mena È in gran periglio di sentir la pena Del fallo anchor, che non ha in mente havuto.

71. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [23.]. DELL’ASINO, E ’L CAVALLO. » p. 357

L’ASINO d’un Signor nodrito in corte Vide un nobil corsier ; che d’orzo e grano Era pasciuto, e ben membruto, e grasso ; Passeggiar su e giù dentro il cortile Di seta, e d’or superbamente adorno, Mentre aspettava il suo Signor, ch’armato Montasse in sella, e ’l conducesse dove Marte feroce insanguinava il piano : E felice chiamava ognihor sua sorte, Ch’ei fosse tanto dal Signore amato, Che seco il volea sempre, e gli facea Mille carezze, et ocioso, e lieto Il tenne un tempo con solazzi e feste : Ond’esso mal pasciuto a le fatiche Sempre era posto, né mai conoscea Il giorno da lavor da quel di festa, Continuando un duro ufficio sempre Senza giamai provar ocio, o riposo.     Ma quando poscia dopo alquanti giorni Da la battaglia ria tornar il vide Di sudor carco, afflitto, polveroso, E tutto homai del proprio sangue molle Per le ferite, ch’egli havuto havea, Tutto allegrossi de la propria sorte ; Che, se ben il tenea poveramente, L’assicurava da miseria tale : E compensando il duol de le fatiche Con la dolcezza del viver in pace ; E del Cavallo ogni trionfo e pompa Con l’infelicità del mal presente, Racconsolato e di sua sorte lieto Menò contento di sua vita il resto.

72. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [37.]. D’UN VECCHIO, ET LA MORTE. » p. 60

UN Vecchio contadino ito a far legna Nel bosco assai da sua stanza lontano Tornava a dietro d’un gran fascio carco : E stanco homai dal troppo grave peso, Da la lunga fatica, e dal camino, Ma molto più da i molti giorni et anni, Che gli premean di doppia soma il fianco, Al mezo de la via su la campagna La sarcina lasciò cadersi a terra Per riposar l’affaticate membra Sotto l’ardor del caldo estivo Sole. […] L’improviso apparir del mostro horrendo Empì ’l vecchio meschin di tal paura, Che tosto allhor allhor cangiò pensiero. […]     Così molti lontan chiaman la Morte, Che quando se la senton poi vicina Fuggon tremando con la faccia china Per non provar di lei la dura sorte.

73. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [60.]. DELL’ASINO, E DEL LUPO. » p. 187

E cercando rimedio a l’aspra doglia Il Lupo a lui per medico s’offerse ; E di certa mercè restò d’accordo Seco, se di quel male ei lo sanava. E tanto fé col duro acuto dente, Che gli lo trasse, e di martìr lo sciolse.

74. (1570) Cento favole morali « Présentation »

Scielte, & trattate in varie maniere di versi volgari da M.  […] Scielte, & trattate in varie maniere di versi volgari da M.  […] Scielte, & trattate in varie maniere di versi volgari da M.  […] Scielte, & trattate in varie maniere di versi volgari da M.  […] Scielte, & trattate in varie maniere di versi volgari da M. 

75. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [25.]. DEL CANE, E ’L GALLO, E LA VOLPE. » p. 252

IL Cane e ’l Gallo un gran viaggio insieme Presero a far per varii boschi e ville Passando per dar fine al lor camino : Ma non giungendo al destinato loco Prima che nascondesse il Sole il giorno, Fra lor fecer pensier di far dimora Per quella notte, fin che ’l novo albore Rendesse il lor camin via più sicuro. Così d’una gran noce in cima un ramo S’assise il Gallo, e ’l Can di quella al piede Ch’era cavato, e da cento anni e cento Roso, e reso per lui capace albergo, S’accommodò passando quella notte In dolce sonno con tranquilla pace.     Ma poi ch’apparve in Oriente il raggio Del matutino Sol con lieta voce Diede il Gallo principio al canto usato : E replicando diè di sé novella A la Volpe, che poco indi lontana Havea ’l suo albergo : et tosto al canto corse Dove era il Gallo ; et con parole amiche Salutollo ridendo, e supplicollo Con sermon efficace, ch’ei volesse Scender del tronco, ov’egli alto sedea, E benigno di sé copia facesse A lei, che forte del suo amor accesa Già si sentia del suo leggiadro aspetto, E de l’alta virtù del suo bel canto : Onde abbracciarlo come caro amico Ella voleva, et nel suo albergo trarlo Per fargli a suo poter cortese accetto.

76. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [99.]. DEL CONTADINO, E GIOVE. » p. 

Così fece il Villano ; et nel seguente Anno la messe andò tanto feconda, E la vendemia, e ’l resto del raccolto, Che vinse di gran lunga ogni speranza, Ogni desio di Contadino avaro. […] Lascia di te la cura al Re del Cielo,     Se vuoi viver contento al caldo, e al gelo.

77. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [88.]. DELLA VOLPE, E LO SPINO. » p. 140

Ma rispose lo spin, che non deveva     Ella cercar d’haver da lui soccorso,     Che dar per uso natural soleva     A chi s’appressa a lui sempre di morso.     Che ricorrer altrove essa poteva,     E per altro sentier prender il corso :     E non salvarsi da importante affanno     In man di chi non sa se non far danno.

78. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [97.]. DELL’ALLODOLA. » p. 325

L’ALLODOLA è un augel poco maggiore Del Passero, et di piuma a lui simile, Ma sopra il capo un cappelletto porta Di piume, ch’assai vago in vista il rende : Questa di far il nido ha per usanza Dentro a le biade de gli aperti campi ; In cui suol partorir le picciol uova De la stagion de l’anno in quella parte, Che può bastarle a far prender il volo Ai nati figli al cominciar la messe. […] Però qualunque volta iva per cibo Da lor lontana la provida madre Lor avvertiva con pietoso affetto, Che se cosa occorresse a lor d’udire, Ch’a l’orecchie di lor nova paresse, Se la tenesser con gran cura a mente Per riferirla al suo ritorno a lei. […] Et ella allhor : nessun timor vi tocchi Figli di questo ancor ; che s’ei n’aspetta Gli amici, qualche giorno anchor ci vuole Prima, che questo campo habbia la messe. […]     Il che sentito i pargoletti figli Consapevole poi ne fer la madre, Che con gran tema tal novella intese : E disse lor, adesso è ’l tempo, figli, Di dubitar qualche futuro oltraggio, Poi che ’l padron di ciò la cura prende : Però stanotte ce n’andrem pian piano A trovar novo albergo in altra parte,     Che quando l’huom far vuol cosa da vero, Non aspetta gli amici, o i suoi parenti : Ma pon sé stesso con le voglie ardenti A dar debito effetto al suo pensiero.

79. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [52.]. DELL’ASINO, LA SIMIA, ET LA TALPA. » p. 

L’ASINO si dolea che l’ampia fronte Non havea, come il Bue, di corne armata ; Né la Simia facea minor lamento Di non haver la coda, onde coprisse Le parti, che modestia asconder suole. […]     Dunque colui, che sé misero crede, Stia ne gli affanni suoi costante e forte ; E nel voler di Dio paghi sua sorte De l’affanno maggior, che in altri vede.

80. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [71.]. DELLA CORNACCHIA, ET LA PECORA. » p. 553

LA Cornacchia veduto havea nel prato La pecorella, e gran desio le venne Di travagliarla, e trastullarsi seco ; E di quella volò tosto sul dorso, E gracchiando, e mordendole le orecchie La dileggiava, e ingiuria le facea. […] Ben io sollo ancora, E ben conosco ciò ch’io faccio, e a cui : Però non temo di darmi solazzo Con teco sciocca, e fa’ pur ciò che puoi.

81. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [76.]. DEL CORVO, ET LI PAVONI. » p. 101472

IL Corvo un giorno venne in gran desio D’esser tenuto anch’ei leggiadro e bello Come il Pavone, e di mostrarsi al mondo Come un di quella specie ; e ritrovando Tutte le penne d’un Pavon già morto, Se ne fé lieto una pomposa veste ; E vagheggiando sé medesmo disse, Or son pur bello, e son anch’io un Pavone.

82. (1180) Fables « Marie de France, n° 28. Le singe et le renard » p. 533

Ja de ma cüe quë est granz në aleverez voz enfanz n’en autre regnéd n’entre gent — jeo vus di bien apertement –, mes que ele fust de tel afaire que je ne la puisse a mei traire. » Ceste essample pur ceo vus di : de l’aveir humme est autresi ; si il ad plus ke li n’estut, ne volte suffrir (kar il ne peot) qu’altre en ait eise ne honur ; meuz le volt perdre de jur en jur.

83. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [9.]. DEL CANE. » p. 133

PASSANDO un’acqua il Cane con un pezzo     Di carne in bocca, che trovò per via,     Vide nell’onda, ch’era posta al rezzo,     L’ombra maggior di quella, ch’egli havia :     Et disse. […] Et dolendosi poi tra sé dicea :     Quanto era meglio, oimè, godermi in pace     Quel picciol ben, ch’io già di certo havea,     C’haver d’un ben maggior voglia rapace.

84. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [10.]. DELL’ANGUILLA, E ’L SERPENTE. » p. 

Ond’io chi cerca di turbar mia pace Così combatto, o me gli mostro fiero, Che raro avien, ch’egli da me si parta Senza paura, e manifesto segno Del temerario ardir mostrato indarno Per farmi oltraggio : e con orgoglio crudo Non lascio ingiuria mai senza vendetta.     Così l’huomo, ch’è debole e innocente, Ognuno rende a fargli oltraggio audace : E ’l forte et di mal far si vive in pace ; Perché chi gli osta ei fa tristo e dolente.

85. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [33.]. DI DUE RANE VICINE DI ALBERGO. » p. 69

VIVEAN due rane ambo vicine insieme ; Ma l’una fuor di via dentro uno stagno ; L’altra a mezo una strada in certo loto. […]     Ma non sì tosto tal risposta fece, Ch’allhora sovragiunta a l’improviso Da un carro tratto da due gran corsieri, Che passavan correndo a sciolta briglia, Sotto una ruota miserabilmente Restò schiacciata, e di sua vita al fine.

86. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [59.]. DEL FIGLIUOL DELL’ASINO, E ’L LUPO. » p. 

L’ASINO già nel suo presepio infermo Giaceva giunto assai vicino a morte, E di ciò sparsa era la fama intorno. […] Et ei, che ’l conoscea, negò di farlo.

87. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [12.]. DELLA VOLPE, E ’L LUPO » p. 211593

DELLA VOLPE, E ’L LUPO CADUTA era la Volpe ita per bere Da l’alte sponde in un profondo pozzo, Stando per affogarsi adhora adhora : Onde di là passando a caso il Lupo ; Che tratto dal romor, ch’indi sentiva Uscir de l’acque, era a vederla corso ; Pregollo humil per l’amicitia loro Ch’ei volesse calando al basso un laccio Darle materia, onde salir potesse, Prestando aiuto a lei, ch’era sua amica, E posta de la vita in gran periglio. […] Talché la Volpe, ch’era homai vicina Per annegarsi, et altro a fare havea, Che spender seco più parole in vano, Disse : ah fratello trammi pur di questo Pozzo fin che puoi farlo e sana e viva, Che poi ti conterò più adagio il fatto, E come e quando, oimè, misera, avenne, Ch’io sia sicura dal presente affanno.

88. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [26.]. DELLA CANNA, ET L’OLIVA. » p. 70

ET la Canna, et l’Oliva un giorno insieme     Vengono di valore a gran contesa :     Ciascuna l’altra vilipende e preme     Con parlar, ch’a l’honor contraria, e pesa. […] Io, che con forze estreme     Sostener soglio ogni importante offesa,     Sarò minor di te, putrida e vile,     Che non hai pianta a tua viltà simile ?

89. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [29.]. DELLA CORNACCHIA, ET DEL CANE. » p. 127

Il qual mentr’ella al sacrificio intenta Stava divotamente inanzi a l’ara, Le disse : con qual cor cara sorella Puoi sacrificio far a quella Dea, Che t’è tanto nimica, e t’odia tanto, Ch’ognihor ti sprezza, e prohibisce a tutti, Qual di nessun valor, gli augurii tuoi ? […]     Così devrebbe il picciolo impotente A far contrasto co’ maggiori suoi Lor ceder sempre, e farsi humile in tutto Verso lo sdegno lor duro e protervo ; Perché contra il possente il debil perde : E l’humiltade ogni durezza doma ; E spesso avien, che la vittoria porta De l’huom superbo e di feroce core Colui, ch’a tempo e loco accorto cede.

90. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [43.]. DELLA GALLINA, ET LA RONDINE. » p. 192

LA Gallina trovò del Serpe l’uova,     Et a covarle incominciò cortese ;     Perché n’uscisse la progenie nova     Con desio di ben far, ch’a ciò l’accese. […] Che i Serpi n’usciran, la cui natura     Sempre è di mal oprar ; e ti faranno     Le prime ingiurie, e da tua ria ventura     Ad ingiuriar gli altri impareranno :     E, se non ti trarranno a morte oscura     Il primo dì, che de l’uova usciranno,     Faran col tempo eterna ingiuria poi     Con tua gran pena a’ proprii figli tuoi.

91. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [44.]. DEL SERPENTE, ET GIOVE. » p. 198

Perché chi vive di modestia pieno     Fa ch’ogni altro l’ingiuria, e vilipesa :     E chi suol vendicarsi a lor pon freno.

92. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [65.]. DEL LEONE, ET DELLA VOLPE. » p. 10

    Dunque da tal effetto ogni huom comprende Che l’uso lungo, e ’l pratticar frequente Ogni difficultà facile rende ; Et fa parer domestiche e sicure Le cose horrende, e di perigli piene.

93. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [7.]. DELL’ASINO, IL CORVO, E ’L LUPO. » p. 190

Ahi di natura ugual disugual sorte,     Che non so qual destin da cielo piove :     Costui si pasce, e riso avien ch’apporte     Al padron, cui tal danno appar che giove :     Io fin lontan perseguitato a morte     Vengo, se ’l guardo pur pensando altrove :     Tal il favore ottien da molti spesso,     Che in altri appar minore un fallo stesso.

94. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [61.]. DELLA VOLPE, ET DELL’UVA. » p. 15

Lasciala pur, ch’ella non è matura, Per gl’immortali Dei ch’io non ne voglio ; È troppo acerba, e di spiacevol gusto.

95. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [74.]. DEL GALLO, E ’L GIOIELLO. » p. 503

SOPRA certe mondezze il Gallo fuore     Razzolando trahea lo sparso grano,     E scoperse un gioiel di gran valore.

96. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [57.]. DEL CONTADINO, ET DEL CAVALLIERO. » p. 402

Ma trovatolo a sorte uno a cavallo, Che gli venia da la cittade incontra, Di volerlo comprar sembianza fece : E prendendolo in mano, e ponderandol Per farne stima, lo chiedea del prezzo, Quando l’astuto in un medesmo punto Toccò di sprone il suo destrier veloce, E a sciolta briglia in fuga il corso prese.

97. (1180) Fables « Marie de France, n° 43. Le paysan et l’escarbot » p. 520

Par cest essample le vus di, del nunsavant est autresi ; ki creit* ceo quë estre ne peot, u vanitez lë oste e muet.

98. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [20.]. DELLA GAZZA, ET GLI ALTRI UCCELLI. » p. 

Più tosto voglio esser da voi schernita, Temendo in van del mal falsa cagione, Che stando in gran pericol de la vita Dar di piangermi a’ miei vera ragione.

99. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [86.]. DELLO SPARVIERO CHE, seguiva una colomba. » p. 

SEGUIVA lo Sparviero una Colomba, Di cui volea satiar l’avida fame, E dando a lei la caccia entro a le reti D’un villanel, ch’a lui tese le havea, Dando di capo alfin restò prigione.

100. (1180) Fables « Marie de France, n° 30. Le loup et le berger » p. 22

Quant il le vit bien esluiné, si dist al lu qu’il ot muscé : « Ne me sez tu ore bon gré que jeo te ai issi deliveré » Li lus respundi cuintement : « Ta lange, tes mains vereiment dei jeo », fet il, « bon gré saveir ; mes une rien te di pur veir : s’il alast a ma volenté, ti oil seraient ja crevé !

101. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [28.]. DEI LUPI E ’L CORVO. » p. 

Rispose uno di lor.

102. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [77.]. DEL CINGHIALE, E LA VOLPE. » p. 224

CON solecita cura il fier Cinghiale Attorno il duro piè d’un’alta quercia Rendeva i denti suoi più acuti e lisci, Per oprarli per arme a’ suoi bisogni : Onde la Volpe ivi passando a sorte Lo domandò per qual cagion prendesse Cotal fatica poi ch’ei non si vede Haver di guerra occasion presente.

103. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [31.]. DELL’UCCELLATOR, ET LA LODOLA. » p. 193

Ond’ella in tal sermone Subito sciolse la dogliosa voce : S’edificar, fratel, vuoi tal cittade, Io ti so dar per certo un buon aviso, C’havrai di cittadin vuote le strade.

104. (1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — [72.]. DELL’ORSO, E LE API. » p. 400

Tal ch’ei trafitto da gli aculei strani De l’infinito stuol, che lo feriva, Senza rimedio di poter salvarsi, Ceder convenne in tutto al primo assalto E partendosi quindi si doleva Amaramente non haver sofferto Di quella in pace la primiera offesa, Che sola un poco gli ferio l’orecchia, Godendo lieto il ritrovato cibo.

105. (1180) Fables « Marie de France, n° 98. Le renard et le chat » p. 605

» — « Jeo l’ai », fet il, « trop esparnié ; jeol te di bien, meuz amereie tun sul engin, si jeo l’aveie, que ces dunt ai ma puche pleine ; jeo te vei deliveré de peine. » — « Bien me deit », fet il, « remembrer de ceo que jeo oi cunter : suvent est ateint li gupilz, tut seit li quointes par ses diz. » Del menteür avient suvent, tut parot il raisnablement, sil put li sages entreprendre, s’il veut a sa parole entendre.

106. (1180) Fables « Marie de France, n° 34. Le roi des singes » p. 569

« De mei e de ma femme di e de mun fiz que tu veiz ici, quei t’en semble ; nel me celer ! 

107. (1180) Fables « Marie de France, n° 37. Le lion et le paysan » p. 284

Itant me di ! 

108. (1180) Fables « Marie de France, n° 46. Les oiseaux et leur roi » p. 652

Issi l’unt fet cum jeo vus di.

109. (1180) Fables « Marie de France, n° 3. La souris et la grenouille » p. 384

La suriz par amur demande a la reine de sa vïande, quei l’en semble, verité l’en di.

110. (1893) Les fabulistes latins depuis le siècle d’Auguste jusqu’à la fin du moyen âge. Tome I : Phèdre et ses anciens imitateurs directs et indirects pp. -818

5º Canzone nelle presenti turbationi di stato, MDCVI. […] Un’ altra versione dal greco di un certo Oracolo di Apollo fatta dal Sipontino in versi latini nel 1463, 9.  […] P. 31 à 75. — Parafrasi in vario metro Italiano delle nuove favole di Fedro | trovate da Gio : Ant.

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