prendre bastun u piere quere, dunc s’en deüst aillurs voler, que cil
nel
poïst encumbrer. « Si jeo nel vei », fet il, « be
dunc s’en deüst aillurs voler, que cil nel poïst encumbrer. « Si jeo
nel
vei », fet il, « beisser n[e]’en ses meins rien m
rant folie ! Jeol vei tut sul sanz cumpainie ; ceo m’est avis, si jeo
nel
gart, teus [i] vendra d’aucune part que l’en merr
art, teus [i] vendra d’aucune part que l’en merra ensemble od sei, si
nel
larra nïent pur mei. Jeol puis bien prendre pur u
ande in su la fiamma, Di terra l’uno, et l’altro di metallo, Scorrean
nel
mezo a la seconda un fiume Portati a galla da le
icino a chi è maggior di forze, Se brama da perigli esser lontano, Et
nel
suo stato ognihor viver sicuro. Non prattichi i
[27.] DELLE VOLPI. UNA Volpe,
nel
laccio, in cui fu colta, Lasciò la coda, e via to
non saria notato. Dunque chiamando tutte l’altre Volpi, Si fé di lor
nel
mezo, e con prolisso Sermon persuader questo sfor
a stagione estiva, Ch’ardendo secca d’ogni humor la terra, Quella che
nel
vicin stagno albergava, Invitò l’altra con benign
estò schiacciata, e di sua vita al fine. Così interviene a chi
nel
vitio vive, Che spesso pria, che fuor ne traggia
[59.] DEL FIGLIUOL DELL’ASINO, E ’L LUPO. L’ASINO già
nel
suo presepio infermo Giaceva giunto assai vicino
con l’occhio miglior del sano ingegno Non vedi qual gli giace il cor
nel
petto. Se vivi in rissa, e star vuoi senza pene
folet que lung tens gueita cil lui dona treis uremenz, pur quei [il]
nel
mustrast as genz. Le vilein fu joius e lez. Quant
* sa femme est repeirez, les deus uremenz li dona, un en retient, pru
nel
garda. Eissi furent bien lungement qu’il n’i fire
to una di loro allegra Invitò l’altra con parole pronte A saltar seco
nel
bramato humore. Ma quella, che più saggia era di
a quest’onde, D’intorno chiuse, e d’alto muro cinte, Quantunque dolce
nel
principio fia L’acque gustar del nostro ardor ris
iens li dit : « Amis, pur quei prend[e]rai jeo cest pain de tei ? Jeo
nel
te puis reguerduner në a tun eos le pain guarder
veut doner lüer ne par pramesse losanger que sun seignur deive traïr,
nel
veile mie cunsentir ; atendre en deit tel guer[e]
rtese entrò in pensiero Di voler aiutarlo allhor allhora : E pescando
nel
fondo a l’aria trasse Un’altra scure, ch’era d’or
s’egli anchor potesse Divenir ricco, come quel divenne. E già venuto
nel
medesmo loco Per tagliar legna, quel, che il suo
volle, Ma non essergli pur anchor cortese De la sua, che di ferro era
nel
fiume ; E da sé lo scacciò con brutti scherni.
e un giorno il figlio Spinto d’amor de la maniera brutta, Ch’ei tenea
nel
nuotar sempre a l’indietro : Dicendo, che più bel
à spogliato e privo, In mover altri a seguitar virtute Colui, che sta
nel
vitio immerso sempre. Però devria colui, ch’altri
l medico mal atto, Ei levando le groppe in un momento D’ambidue i piè
nel
fronte e nelle spalle Così gagliardamente lo perc
atto al consueto albergo. Ma dopo lungo spatio rivenuto Il Lupo alfin
nel
suo primiero senso A sé medesmo tai parole mosse.
i seguir sì lieve corso : Però mistier facea, ch’egli in sul dorso Là
nel
portasse, ove trovando il Cervo Non li giovasse l
ine, Fé ciò, che volse l’huom : lasciossi porre E sella e briglia ; e
nel
condusse in parte, Ove fra poco spatio il Cervo a
modo alcuno Lasciarlo andar senza pagargli il costo Di sue fatiche, e
nel
ritenne a forza Sì, ch’ei rimase eternamente serv
inge converserent : utre lur volenté alerent la u il erent assemblé :
nel
firent mie de lur gré. Li uns esteit forment leia
mei e de ma femme di e de mun fiz que tu veiz ici, quei t’en semble ;
nel
me celer ! » « Ceo que m’en deit », fet il, « sem
vent, quant pur lui ne fu mespreisez ne pur l’autre plus avilez ; unc
nel
cunut ne vel vit mes. Li vileins li ad dit aprés
es. Li vileins li ad dit aprés qu’il ne deit tenir sun esgart, kar il
nel
vit fors de l’une part ; pur ceo l’aveit demi pre
n pur dianzi insieme ; E stabilita hanno fra lor tal pace, Che durerà
nel
mondo eternamente. E mandan me per messaggiera in
e altrui Trovar difesa, e trar con doppio scorno, Chi coglierlo volea
nel
proprio inganno. Talhor chi ingannar pensa, è l
. Li gupilz vet aprés criant qu[e]’ il li rendist sun enfant ; mes il
nel
volt mie escuter, si l’en cuvient a returner. Un
rinces voler seneschal de grant fierté aver ne coveitus ne menteür si
nel
veut fere sun seignur.
i, che sé misero crede, Stia ne gli affanni suoi costante e forte ; E
nel
voler di Dio paghi sua sorte De l’affanno maggior
[71.] DELLA CORNACCHIA, ET LA PECORA. LA Cornacchia veduto havea
nel
prato La pecorella, e gran desio le venne Di trav
DELLA MOSCA. GIÀ dentro un’olla, che di carne piena Era d’alesso
nel
tepido humore Bolliva al foco, nell’humor fervent
giore, Vede, che mentre questa si profonda, Sparisce quella
nel
turbato humore : E pargli che la sua quell’a
e : Ben merto Lasso, meschino, e questo e peggior male, Poi c’havendo
nel
mar cibo bastante Di condur la mia vita insino al
sechier, e s[i]’il ad esforcement e cumpainë a sun talent, nule riens
nel
purra suffrir, desuz li vivre ne garir. » La Dest
one A fuggir presto dal latrar maligno, Che tremar mi fa tutto il cor
nel
petto. Così l’huom nato per natura vile Qu
’UN gran vaso di mel, ch’a un pellegrino Si ruppe, era una via sparsa
nel
mezo Con largo giro : ond’una copia grande Di Mos
ile rende. L’huom disleale offende anchor l’amico. 3. [NdE] Ce «
nel
», qui n’est pas corrigé dans les éditions succes
ro che l’aspetto Di questo horrendo e spaventoso volto M’havria mosso
nel
core alta paura, S’al roco suon de l’asinina voce
manda e par essample li mustra cum il se deust cuntregaiter* que hum
nel
p[e]ust enginner. Esop[es] escrist a sun mestre q
u’il se fust aparceüz le pertuset ot fet petit, [si] que li egles pas
nel
vit. Par ceste fable del peissun nus mustre essam
FERMOSSE il Corvo sopra un’alta quercia ; Et un pezzo di cascio havea
nel
rostro. Onde l’astuta Volpe, che ’l vedea, Cominc
o d’arrotar i denti, Né d’altro far, ch’oprar l’armi e la forza. Però
nel
tempo de la pace io voglio Apparecchiarmi de la g
Kar trop furent en grant dolur ; de humes, de chiens eurent poür, si
nel
voleient mes suffrir : pur ceo s’en veulent fors
est a saver : de l’oef e poeie bien geter [e] par chalur e par cover,
nel
poi fors mettre de nature. Maudite seit tel nuret
ggiore Con strepito et stridor ratto si cala Sopra un grosso monton ;
nel
folto velo Di cui poscia il meschin l’ugne intric
e par tençun e espoënte la fole gent e quide bien a escïent que nuls
nel
deie cuntrester des qu’i l’orrunt en haut parler.
a paurosa belva In un momento tanto avanti passa, Che quasi
nel
suo centro si rinselva. E mentre i cacciator lo
suolo ; Poi si rileva alfin come habbia l’ale. L’Oliva, che
nel
cor sente gran duolo Di ceder tosto come cos
ntre a spasso i’ andava Due animali ; l’uno è di colore Simile al tuo
nel
pelo, ma distinto Di varie macchie di color più o
o, Ch’un Diavolo è poi se ’l miri a l’opre : E spesso un, che par rio
nel
fronte, copre Ogni bontà del cor sotto al bel man
ciascun il suo dovere havesse. Ma il superbo Leon questo vedendo Arse
nel
cor tutto di rabbia e sdegno : E ’l miser divisor
a suo diletto offende, Cercando le cagioni, o vere o false Che sian,
nel
sen de la nequitia sua ; Con cui non val né la ra
t’avvedrai qual sia ’l tuo senno e ’l mio. Così fece il Villano ; et
nel
seguente Anno la messe andò tanto feconda, E la v
guardé tut en jur, que nus tenums [tuit] a seignur : si haut vola que
nel
vi pas, e quant il volt, si revient bas ; mes sa
on voce aperta La dileggiava sì, che venne in breve Con lei, c’haveva
nel
suo cor concetto Dal lungo motteggiar un fiero sd
camino andarti, Et poi per amor tuo di fame io muoia : E detto questo
nel
condusse a morte. Ragion non ode huom di mal fa
d mei. Puis afierez la vostre fei que jamés mot n’en sunerez ne jamés
nel
me repruverez. » — « Volunters, dame », il li res
rovost, apela, demanda lui pur quei ne vient. Li lus respunt : « Rien
nel
detient fors l’engresté de sun curage, kar jeo li
il unt a la femme preié, puis li unt dit e cunseillé que sis sire pas
nel
voleit. Dunc respundi que el lur dureit, mes guar
est a tut puple coneü que hum seit entailler e purtrere, mes li leüns
nel
seit pas fere. Ore en irums ensemble ça. » Li vil
i move a torto offesa, A la vita, o a l’honor tramando inganno, Primo
nel
fil del proprio laccio cade, E da la forte man gi
proprio abbandonolla Con speme di poter forse trovarla Al suo ritorno
nel
riposto loco : E ’l Sol di quella impresa hebbe l
del suo bel canto : Onde abbracciarlo come caro amico Ella voleva, et
nel
suo albergo trarlo Per fargli a suo poter cortese
chiedea per moglie ; Ma con un grosso fusto lo percosse Si fieramente
nel
superbo capo, Ch’a terra lo mandò stordito, e poi
r emblé*, si l’ad mangé e devoré*. Quant il voleient avant porter, si
nel
porent mie trover. Entr’eus en tienent mut grant
ita astretta venne Di pasturarsi : e come quella, a cui Stavan sempre
nel
cor gl’intesi patti Di mai non far al suo compagn
sia per esser poi, Poi che nulla di noi perder si puote, Che non vivi
nel
sen de la Natura Come a Dio piace ; al cui voler
ne voleit mes aillurs entendre, pur ceo qu’il ot oï* cunter que rien
nel
pot cuntreester. Li venz respunt : « Tu as failli
orno. Gli augelli allhor l’ordine udito havendo Tutti tremanti
nel
ritorno suo A la madre ne dier subito aviso. Et e
: il* ne saveit, itant li dist. Ne sot li lus qu’il en fesist, kar il
nel
poeit treire a mort s’il ne li vousist fere tort.
te in quel momento Qual disperato il mal nato animale Gettò
nel
fiume per minor tormento. Così fa l’huomo a sé
o rispose. Gratie ti rendo del cortese accetto Che fatto m’hai
nel
tuo nobil convito Degno del gusto de’ celesti Her
50. « Del granchio, et la volpe » P116 51. « Delle mosche
nel
mele » P80 52. « Dell’asino, la simia,
eco di un certo Oracolo di Apollo fatta dal Sipontino in versi latini
nel
1463, 9. Cardinalis Bessarionis vita, 10. Comment
V favole Riportate dal Burmanno ed altra di XXXII publicate in Napoli
nel
MDCCCXI. Traduzione di Ludovico Antonio Vicenzi.
me deux fables en prose intitulées, l’une : Della Capra che pasciera
nel
monte , l’autre : Della Cichala et della Formica
fedele tratta dall’ originale edictente presso il Dr Anto Ma Salvini
nel
1719. Vide Meletius monachus no 34. C’est donc u
|| volgarizzato || per uno da Siena || testo di lingua. || Padova ||
nel
Seminario || MDCCCXI. Cette édition, qui forme
ntù || dilettando ed instruendo. || Volume XXVI. || Venezia, 1854. ||
nel
Priv. stabilimento nationale || di G. Antonelli e
in Venetia per Mae-||stro Manfredo de Bonetto de Stre-||uo da Mōfera.
nel
anno del signor̄ || M.cccc.lxxxxvij. adi. xxvii.
netia per Maestro || Manfredo de Bonello de Streuo da || Monteferato.
nel
āno del signore. M. || ccccc ii. a di. xxv. de Fe
con bon magistero. Ma poi che son varie le persone, Convien che
nel
tuo stil habbi avertentia, Fermando sempre in
Et par example li moustra, Com il se deut contregairier (sic) Que on
nel
peuist engingnier. D’autre part escrit à son me
s vous ? Certes or departirons nous. Or ne lairoie ge por rien Que ge
nel
moustrasse au daien Et a l’esvesque et au clergié
storici Italiani che hanno scritto latinamente, rammentati dal Vossio
nel
III libro de Historicis Latinis. Tomo primo. In V
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