’l periglio Ti stia sopra del capo in trovar l’armi, Che pon salvarti
da
nimica mano : Che quando sei con l’avversario a f
a nimica mano : Che quando sei con l’avversario a fronte Non è allhor
da
cercar, ma da oprar l’arme, Che ti difendan da gl
: Che quando sei con l’avversario a fronte Non è allhor da cercar, ma
da
oprar l’arme, Che ti difendan da gli assalti suoi
a fronte Non è allhor da cercar, ma da oprar l’arme, Che ti difendan
da
gli assalti suoi. Così io m’appresto a la battagl
’habbia presente occasione, Perché quando assalito a l’improviso Sarò
da
chi vorrà movermi guerra, Non havrò tempo d’arrot
de la fortuna, Perché, se occorre mai sorte importuna, Salvo si renda
da
periglio o morte. Provedi anzi, ch’ei venga, al
[22.] DEL TORO E DEL MONTONE. FUGGIA veloce il Toro
da
la vista Del possente Leon, ch’era lontano : E ’l
da la vista Del possente Leon, ch’era lontano : E ’l vil Montone, che
da
lunge il vide Venir correndo e di paura pieno, Cr
e tutte, e far tue forze vane, S’io mi degnassi di contender teco, Né
da
cura maggior cacciato io fussi Al corso, che viet
poco vaglia, Battaglia move a l’huom di lui più forte, E prende ardir
da
le miserie note Di far ingiuria al misero, che op
de ardir da le miserie note Di far ingiuria al misero, che oppresso È
da
cura maggiore, onde si vanta Poi vanamente de le
rarre a i pargoletti suoi Nati potesse l’odiosa fame, L’Aquila tratta
da
medesma cura De l’arbore scendendo al basso prese
rne altra vendetta, Quando per esser animal terrestre, Et senza penne
da
levarsi a volo, Non può gir dietro a sì veloce au
nto odio e veleno si converte De le grate amicitie la dolcezza Quando
da
gli empi simulati amici Indegnamente violate sono
e l’importuno caldo, Abbandonando il nido, e non havendo Valore ancor
da
sostenersi a volo, Si lasciaro cader sopra il ter
rofano rompe, Quantunque de gli offesi amici al tutto Possa schivarsi
da
l’ultrice mano ; Non è però che col girar de gli
i Schivar possa di Dio la giusta spada. Et colui, ch’una volta, o più
da
tale Riceve a torto in alcun modo offesa Quando g
ontana, Offesa far al suo fedele amico ; Non havendo a piacer l’esser
da
quello, O da Dio stesso egli medesmo colto In qua
a far al suo fedele amico ; Non havendo a piacer l’esser da quello, O
da
Dio stesso egli medesmo colto In qualche occasion
[30.] DELLA VOLPE, E DEL GALLO. VIDE la Volpe
da
lontano il Gallo Posarsi d’una Quercia in cima un
a lontano il Gallo Posarsi d’una Quercia in cima un ramo, E per farlo
da
quel scender al piano, Onde potesse poi di lui ci
e a ragionar con lui, Buon dì, fratello ; O che felice nova Ho
da
contarti. Non molto lontano Da queste ville gli a
pace Con gli altri, che là giù soggiorno fanno. Però scendi anchor tu
da
questi rami, E là ten vola immantinente poi Ch’ab
ier del fatto. Udito ciò la Volpe, che credea Che pur venisser
da
dovero i cani, Per più non dimorar con suo gran d
la nemica ordite Da le burle di lei medesma, allhora Salvo si rese et
da
gli inganni suoi. Così l’huom savio, che b
vio, che burlato viene Da chi profession d’accorto face, Sovente suol
da
l’accortezze altrui Trovar difesa, e trar con dop
LE RANE. SENTÌ ’l Leon gridar verso la sera Dentro un fosso lontan
da
la sua tana Immensa copia di loquaci Rane Con tal
e e d’ardir pieno Del suo sospetto la cagion fallace. Ma poi ch’ei fu
da
quel condotto in parte, Ove scoperse l’importuna
e il passo : E del suo proprio error tra sé si rise : E fatto accorto
da
l’inteso effetto Dal suo sospetto van, disse in s
do, se a la mia conforme In sé la forma e la possanza havesse, Quando
da
sì vil cor manda tal suono ? E intanto il vider l
gio e forte L’inutil suon de le parole vane ; Ma il cor, che tace ; e
da
gli effetti solo Donar fomento a le sue imprese s
Di lui si dolse, e del suo rio destino. Dicendo che ferita era
da
lui, A cui ricorse ne i bisogni sui. Ma ri
ni sui. Ma rispose lo spin, che non deveva Ella cercar d’haver
da
lui soccorso, Che dar per uso natural soleva
teva, E per altro sentier prender il corso : E non salvarsi
da
importante affanno In man di chi non sa se n
[63.] DEL LEONE IMPAZZITO, ET LA CAPRA. VIDE la Capra
da
una rupe al basso Il Leone impazzito e furioso Sc
ti strani, e torto passo Hor su, hor giù di campi un largo piano : Et
da
stupore, et gran cordoglio mossa, Né senza grave
il suo possente orgoglio ; Che far potrà quand’ei di mente è fuori, E
da
discorso san tutto lontano ? Quanto ei feroce, e
[99.] DEL CONTADINO, E GIOVE. UN bel podere un Contadin
da
Giove Tolse in governo con espresso patto Che Gio
e Mandando hor vento, hor pioggia, hor caldo, hor gelo, Secondo ch’ei
da
lui chieder saprebbe. Così si contentò Giove ubid
uo modo, Ara, e semina anchor a modo tuo Quest’anno quel poder, c’hai
da
me preso E lascia a me la cura del governo De le
glio venne. Così devrebbe ognun fidarsi in Dio, Né chieder più
da
lui quello, che questo : Ch’ei, cui nostro bisogn
ell’eccelsa parte, Et d’altri varii augelli in su la sera Ivi adunati
da
diversi luochi Era anchor grande et abondante cop
pianta a scorger venne Il Cucuglio, ch’in alto havea ’l suo nido : E
da
certo mal d’occhi oppressa allhora Mal discernend
o. Ond’ella accorta alfin così rispose. Più tosto voglio esser
da
voi schernita, Temendo in van del mal falsa cagio
fame, Benché tremanti, e di sospetto pieni : Né però si sapean levar
da
mensa Dal gusto presi del soave pasto, Se un’altr
o ghiande ? A tal sermon colui, ch’era dal sonno, Ma molto più
da
la paura stanco, In cotal modo a l’hoste suo risp
esti Heroi ; Perché il favor (e sia qual ei si voglia) Che fatto vien
da
volontate amica, Deve esser sempre in tutti i mod
dicate Del corso e stato vostro il dubbio fine : Che anchor che retto
da
propitia stella Arrivar possa al desiato segno, N
ssime vivande, Le feste, i giuochi, o i trionfali honori Contrapesati
da
continue cure, E da mille sospetti indegni et vil
ste, i giuochi, o i trionfali honori Contrapesati da continue cure, E
da
mille sospetti indegni et vili, Più, che la dolce
mata libertade, Più, che l’almo riposo, e l’otio honesto Accompagnato
da
la gioia immensa D’una tranquillità grata e sicur
orma Beato, e morirà con gloria et fama. Un ben, ch’è mal sicuro, è
da
sprezzarsi.
humor d’un paludoso stagno ; Da qual cagione derivar potesse, Ch’egli
da
tutti gli huomini fuggito, Ella a studio cercata
esse, Ch’egli da tutti gli huomini fuggito, Ella a studio cercata era
da
ognuno, Ambi due sendo d’una stessa forma : E mil
ia pace Così combatto, o me gli mostro fiero, Che raro avien, ch’egli
da
me si parta Senza paura, e manifesto segno Del te
rispose al figlio. Io ben m’accorgo haver armi e valore Figlio
da
contrastar co ’l cane, e forse Con più d’un’altra
ia. Questo ben ti dirò : Che solo al suono De la sua voce, anchor che
da
lontano Molto da me talhora udita sia, Tosto mi s
dirò : Che solo al suono De la sua voce, anchor che da lontano Molto
da
me talhora udita sia, Tosto mi sento non so che t
sa nel mezo Con largo giro : ond’una copia grande Di Mosche in quello
da
la gola tratte Dolcemente pascean l’amato humore.
cean l’amato humore. Ma quando fur ben satie e di mel piene Volendosi
da
quello alzar a volo Parte da la gravezza del pasc
o fur ben satie e di mel piene Volendosi da quello alzar a volo Parte
da
la gravezza del pasciuto Ventre, parte dal mel te
de le rapid’onde. Tal che più d’un, che la fatica vana Scorgea di lui
da
carità commosso Gli ricordava con parlar cortese,
e : Io non farò già questo : Perché mentre mia Donna in vita resse Fu
da
l’altrui parer così diversa, Così di voglia sua,
ontraria A qual si voglia altrui genio e costume, Che di ragion non è
da
creder mai, Che natura cangiando hora ch’è morta,
io, Che senza haver cagione offende altrui, Da quelli anchor, che mai
da
quello offesa Non han sentito, perché ogni altro
iva sicuro : Perché è giustitia il vendicar il torto, Che l’innocenza
da
l’huom empio sente ; Né merita da gli altri haver
vendicar il torto, Che l’innocenza da l’huom empio sente ; Né merita
da
gli altri haver perdono Chi fa senza ragione ad a
fama Tal che di giorno in giorno andava a quello Alcun de gli animai
da
quel confino Come inteso l’havea tardi o per temp
a suo pasto. Così più giorni fece insin che venne L’astuta Volpe, che
da
un poco sangue, Che vedea presso a lui, sospetto
ospetto prese, E più oltre passar non volse prima Che ’l salutasse, e
da
la sua risposta Meglio congietturar potesse il fa
mai posso Farvi servigio, che in piacer vi sia, Farollo volontier, ma
da
lontano. Così da picciol segno alcuna volt
, che in piacer vi sia, Farollo volontier, ma da lontano. Così
da
picciol segno alcuna volta L’huom savio impara co
l’ultime hore, Visto già il ferro de la morte autore, Et esser preso
da
l’infesta mano Di quell’huom rozo e di pietate ig
mano a l’Occa. Et via portolla : e quel sciolto rimase Per sua virtù
da
l’accidente strano. Così l’huomo eloquente
e strano. Così l’huomo eloquente ha spesso forza Di lontanarsi
da
malvagia sorte : E fugge il mal di violente morte
suo padron seco trahea, Mentre passava per diverse vie Era inchinato
da
la gente tutta, Che con divotion s’humiliava Del
obile aspetto, Del suo stolto parer tanto gonfiossi, Che preso allhor
da
quella gloria vana, E tosto in mezo del camin fer
l tuo preso camino, Che non sei tu, ma quel, che porti, è ’l Dio, Che
da
ciascun, che vedi, è riverito. D’ogni supe
havesse, Quando tra gli altri se gli offerse innante Il picciol Merlo
da
le nere piume, E se gli oppose con simil parole.
importa, sostener si possa Da la vaghezza esterior del manto Più, che
da
la virtù d’un saggio core, E da le forze d’un ard
vaghezza esterior del manto Più, che da la virtù d’un saggio core, E
da
le forze d’un ardito petto ? Come faresti tu, se
eletta D’altra persona di più nobil merto. Così far si devria
da
quei, che danno Altrui la cura de l’human governo
cciatori allhora Per quel confine, e non essendo ascosa La Cervia più
da
la spogliata vite, La vider tosto : et mentre ell
etto in ben satiarne il ventre La saettar con un pungente strale, Che
da
l’un fianco a l’altro la trafisse. Così giungendo
bra de le foglie sue La cara vita mi salvò pur dianzi : Ond’hebbe poi
da
me sì ingiusto merto. Così talhor aviene a
i così facesse, Rispose, che col caldo, che gli usciva Nel fiato fuor
da
la virtù del core, Dava ristoro a l’agghiacciate
dar quel caldo cibo, Ch’era nocivo al lor bramoso gusto. Allhor colui
da
meraviglia preso, E da un suo certo a lui sano ri
’era nocivo al lor bramoso gusto. Allhor colui da meraviglia preso, E
da
un suo certo a lui sano rispetto In cotal modo a
spetto In cotal modo a l’huom sdegnoso disse. Frate dapoi, che
da
tua bocca io veggio Il caldo, e ’l freddo uscir c
ubbio con tremante core Tentava in ciò la più sicura via, Ecco lontan
da
mezo il largo humore A lui tosto gridar con rauca
del camin fur giunti L’iniqua Rana a far si diede il tratto, Che fin
da
prima disegnato havea. E dove dianzi pur su l’acq
la fame tratto Ambo li prese ; et per satiar di loro L’avido ventre,
da
la rana in prima, Che più molle che ’l topo havea
a l’honor tramando inganno, Primo nel fil del proprio laccio cade, E
da
la forte man giusta di Dio Colto con egual sorte
mal pasciuto a le fatiche Sempre era posto, né mai conoscea Il giorno
da
lavor da quel di festa, Continuando un duro uffic
uto a le fatiche Sempre era posto, né mai conoscea Il giorno da lavor
da
quel di festa, Continuando un duro ufficio sempre
de la propria sorte ; Che, se ben il tenea poveramente, L’assicurava
da
miseria tale : E compensando il duol de le fatich
ET LA MORTE. UN Vecchio contadino ito a far legna Nel bosco assai
da
sua stanza lontano Tornava a dietro d’un gran fas
dal troppo grave peso, Da la lunga fatica, e dal camino, Ma molto più
da
i molti giorni et anni, Che gli premean di doppia
caricarmi del caduto peso, Che, come vedi, ancora in terra giace : Né
da
te cerco verun’altra cosa. Così molti lont
o spesso Ti batte, e più tu l’accarezzi ognihora : Tal ch’io, che mai
da
lui non sento offesa, Anzi nutrito son due volte
a, Anzi nutrito son due volte il giorno, Non me ’l posso giamai veder
da
presso Con cor sicuro, pur temendo quello, Che tu
tri cibi ottimi e rari : Tal che dolce mi sembra ogni percossa, Ch’io
da
lui sento a mia dottrina darmi ; Perch’utile et h
enisse moglie La giovinetta sua figliuola, prese Partito di sbrigarsi
da
tai nozze In questo modo : et tosto gli rispose.
enero farti, Ti convien prima assicurarmi ch’io Non sia mai per haver
da
tua fierezza Oltraggio alcuno, et così la fanciul
andò stordito, e poi In pochi colpi gli levò la vita : E sciolto andò
da
tal impaccio e briga. La favola in virtù s
al gli mova assalto, E lo conduca a l’ultima ruina, Senza poter haver
da
lui contrasto. L’huomo, che brama col nimico pa
o al sommo padre Giove Modestamente la cagion di questo, Alfine hebbe
da
lui cotal risposta. La cagion, figlia, che
l ventre di femina vile, Ma del mio divin capo uscita sei. Però sarai
da
i secoli futuri Meritamente ognihor saggia chiama
nte ognihor saggia chiamata : Che veramente quella gloria è vana, Che
da
l’util si vede ognihor lontana. Vero honor non
[75.] DEL LUPO, ET L’AGNELLO.
DA
capo a un fiumicel beveva il Lupo, E l’Agnello da
O, ET L’AGNELLO. DA capo a un fiumicel beveva il Lupo, E l’Agnello
da
lui poco lontano Vide inchinato far simil effetto
li offesa, Cominciò tosto con parlar altero Dirgli, che mal faceva, e
da
insolente A turbar l’acque col suo bere a lui, Ch
Né però ad altri facea danno alcuno, Anzi sempre calcato era
da
ognuno, E tolto a scherno da l’humana gente
lcuno, Anzi sempre calcato era da ognuno, E tolto a scherno
da
l’humana gente : E con Giove si dolse, che inno
nto timor, tanto spavento, Che per poco maggior morta sarebbe. Ma poi
da
quel non ricevendo oltraggio, Incontratolo ancor
anzosamente ragionando Audace motteggiar seco presente. Dunque
da
tal effetto ogni huom comprende Che l’uso lungo,
no. Ahi di natura ugual disugual sorte, Che non so qual destin
da
cielo piove : Costui si pasce, e riso avien
Vengo, se ’l guardo pur pensando altrove : Tal il favore ottien
da
molti spesso, Che in altri appar minore un f
[61.] DELLA VOLPE, ET DELL’UVA. GIUNSE la Volpe
da
la fame scorta Ove una Vite co i pendenti rami Fa
Tal l’huomo astuto suol quel, ch’ei più brama, Spesso sprezzar, se
da
accidente strano Reso gli vien dal suo pensier lo
d’una eccelsa rupe Sentì ullular del suo novo compagno I non mai più
da
lei veduti figli Nell’aspro nido quasi anchora im
quila inteso esser incorsa Nell’odioso errore a punto allhora Che più
da
quel credeasi esser lontana, Et sol per colpa del
en d’amaro scorno Soffrir convenne alfin l’aspro accidente Partendosi
da
lei tristo e confuso. Così talhora l’huom, che
idente Partendosi da lei tristo e confuso. Così talhora l’huom, che
da
l’amore Di sé medesmo fatto in tutto cieco Stima
altrui. Tu la notte qual pazzo e canti e gridi Sì che si desta ognun
da
l’importuno Suon de la voce tua rauca e noiosa, E
o è quello, Che invita a l’opre ogni mortal, che brama Menar sua vita
da
l’ocio lontana, Che d’ogni mal è padre ; e gli ri
ntinente, e di lussuria pieno, S’io ti ricordo che tanto empio sei, E
da
rispetto di virtù lontano, Che in tutti i tempi c
negre penne. Hor questo tanto parmi empio e superbo, Che non sì tosto
da
lontan mi scorse, Che con orgoglio, qual non poss
Allhor la madre, che ben chiaro intese Quai fusser gli animai
da
lui descritti, In modo tale al suo figliuol rispo
on fidarti Del suo falso sembiante in vista pio : E tienti ben lontan
da
l’ugne sue, Se non vuoi darti in man d’acerba mor
do altero Talhor si mostra, e per costume vano Superbo in vista : che
da
l’opre poi, Se con modo prudente hai da far seco,
e vano Superbo in vista : che da l’opre poi, Se con modo prudente hai
da
far seco, Tutto te ’l troverai benigno e pio.
so in schiera. Ma quando al suon de la sua rauca voce Riconosciuto fu
da
gli altri, ognuno De le piume non sue tosto spogl
ri, ognuno De le piume non sue tosto spogliollo, E con gran scorno fu
da
lor scacciato. Così interviene a chi tropp
pensier dar argomento Di sua ruina, con parlar benigno Cercò ritrarla
da
quel van disio Mostrandole il pericolo imminente,
eco desio, Che ’l lume di ragion cacciava al fondo ; Sì che costretta
da
un pregar noioso L’Aquila alfin per contentarla p
e non hai per tal mestiero ; Che ben ti converrà destra mostrarti, Se
da
periglio tal salvar ti dei. Ciò detto aper
om vil privo di forza E d’ardimento al forte ingiuria move Assicurato
da
persona, o loco, Che lo difende da l’altrui valor
al forte ingiuria move Assicurato da persona, o loco, Che lo difende
da
l’altrui valore. A tempo e loco è il vil talhor
o di metallo, Scorrean nel mezo a la seconda un fiume Portati a galla
da
le rapide onde. Ma perché quel di terra assai più
tal esempio dunque Di star vicino a chi è maggior di forze, Se brama
da
perigli esser lontano, Et nel suo stato ognihor v
, ET LA LIMA. TROVÒ Il Drago una lima in mezo un campo ; E stretto
da
la fame allhor la prese Per divorarla non sapendo
forte. Tal che prima i tuoi denti a pezzo a pezzo Si lascieranno, et
da
la mia durezza Consumati saranno a poco a poco, C
ivi la vide, E la prese di mira, alfin la colse Con un pungente stral
da
l’arco spinto Mentre ella stava per gettarsi inte
e stesse Esser ministre a lei di tanto danno. Così colui, ch’è
da
l’amico offeso, Sente più grave assai di ciò l’af
i Per natura, et per arte iniquo e rio. Tal che, sì come haver
da
te potrei Aiuto in divorar quel, ch’io prend
iò detto verso lui con passi presti Tosto si mosse, e lo scacciò
da
loro, Perch’eran suoi costumi a tutti infest
regge vicin ratto inviossi, Sperando di condurlo entro un ovile Fatto
da
lui d’una spelonca oscura, E prepararsi per un an
pensiero Con la bugia del suo fallace inganno, Ché finalmente il ver
da
sé si scopre ; E l’istessa bugia ne ’l fa palese.
do alquanto Le lente ruote invita al moto il plaustro : Ch’allhor, se
da
persona di valore Facendo sforzo a la tua debil p
der, che Dio non suole Porger soccorso a l’huom, ch’è neghitoso, S’ei
da
sé stesso del suo ben bramoso Ad aiutarsi cominci
[66.] DELL’AQUILA, E DEL CORVO. L’AQUILA un giorno
da
una eccelsa rupe Ratto calossi da la fame spinta
E DEL CORVO. L’AQUILA un giorno da una eccelsa rupe Ratto calossi
da
la fame spinta Di grasse agnelle in mezo un ampio
[72.] DELL’ORSO, E LE API. L’ORSO del bosco fuor
da
fame tratto Trovò due case d’Api, e intorno a que
ndicar in parte De i loro alberghi la total ruina. Tal ch’ei trafitto
da
gli aculei strani De l’infinito stuol, che lo fer
Che l’intricar tra quelle frondi infeste. Talché come al partir
da
l’acque chiare PACELe gambe lo salvar da dura sor
ste. Talché come al partir da l’acque chiare PACELe gambe lo salvar
da
dura sorte, Queste cagion li fur di pene ama
guitato altra maniera ; Ond’io mi diedi a far quel, ch’imparai Da te,
da
gli avi, e da’ fratelli tuoi. Così devrebb
che li riprende Del vitio appreso, habbia valore e forza Da ritrarli
da
quello a miglior uso : Ch’è d’autorità spogliato
a Sempre è di mal oprar ; e ti faranno Le prime ingiurie, e
da
tua ria ventura Ad ingiuriar gli altri impar
pio Un cor, che nato sia crudele e rio. Chi l’empio esalta, è
da
lui posto al basso.
sso la futura pace, E l’eterno riposo, onde la vita È priva sempre, e
da
continue cure Di procacciarsi con fatica il vitto
figura, In quel vivrò, che mi darà fortuna Viver con quel vigor, che
da
me vita Trarrà sotto altra forma in mezo al grand
lia Di lor che ’l corpo estinto si risolva, O forse altro animal, che
da
lui n’esca Per gran virtù de le celesti sfere, Ch
voro. Corre lor dietro, e in gran timor le adduce, Sì che come
da
lui lontana e presta Di lor ciascuna a l’alt
e presta Di lor ciascuna a l’alto si conduce. E si salvan così
da
l’ugna infesta Del fier nimico, che vuol div
forze e del suo grado, Men darà indicio con più degno effetto, Colui
da
mia sentenza havrà la lode E de la maggioranza, e
da mia sentenza havrà la lode E de la maggioranza, e del valore. Così
da
lei partiti, ognun si mosse A quel tentar, che pi
ivetta è proprio nome. Questi dunque giacendo in terra steso Fu preso
da
la Donnola rapace, Che volea divorarlo allhora al
elo volea ; E supplicando a lei, che de la vita Don gli facesse ; udì
da
quella, ch’essa Non potea farlo con ragione alcun
allhor tutto gioioso Affermò, ch’era sua quella di ferro ; E la prese
da
lui, con lieto viso Rendendogli con dir pien di b
essergli pur anchor cortese De la sua, che di ferro era nel fiume ; E
da
sé lo scacciò con brutti scherni. Così il
deveasi Tanto prezzar, se nell’estate sola Esser a pena tal
da
te vedeasi ? Onde la mia, che sempre mi consola
d’altrui regger la cura Sotto il sembiante d’un pregiato honore. Così
da
lui partendo senza frutto Gli arbori colmi di sov
ì noiosa cura, Che non mi lasci un dì viver contenta ? Certo io sarei
da
chi più mi conosce Tenuta pazza, se ciò far voles
fanno il trasse. Ma richiedendol poi di sua mercede N’hebbe in premio
da
lui cotal risposta. Vattene sciocca, temer
nel tepido humore Bolliva al foco, nell’humor fervente Entrò la Mosca
da
la gola tratta Del grasso cibo, che nuotar vedea
ato alcun guadagno. Ma trovatolo a sorte uno a cavallo, Che gli venia
da
la cittade incontra, Di volerlo comprar sembianza
iovasse la veloce fuga : Et ch’a bisogno tal egli devea Lasciarsi por
da
lui la sella, e ’l freno, D’accomodarsi seco, e d
sse in parte, Ove fra poco spatio il Cervo altiero Da le fort’armi, e
da
l’ingegno humano Alfin restò miseramente ucciso.
[8.] DEL CORVO E ’L SERPENTE. IL Corvo spinto
da
la fame il volo Torse verso un Serpente, che tra
glia rapace. Questo è finto, ch’io vero esser credea, Mosso
da
openion sciocca et fallace. Cos’io resterò e
i, Perdendo col mio albergo ancor la vita. Così fa l’huom, che
da
troppo desio Di cose nove la sua patria lassa, E
isposta fece, Ch’allhora sovragiunta a l’improviso Da un carro tratto
da
due gran corsieri, Che passavan correndo a sciolt
a grave la soma, A sorte in certi sassi urtando cadde Oppresso anchor
da
quel soverchio peso, Sì che riverso andò del fium
mp; Latini, scielte, & trattate in varie maniere di versi volgari
da
M. Gio. Mario Verdizotti : nelle quali oltra l’or
mp; Latini. Scielte, & trattate in varie maniere di versi volgari
da
M. Gio. Mario Verdizotti : et di nuovo ristampate
mp; Latini. Scielte, & trattate in varie maniere di versi volgari
da
M. Gio. Mario Verdizotti. Nelle quali, oltra l’or
mp; Latini. Scielte, & trattate in varie maniere di versi volgari
da
M. Gio. Mario Verdizotti. Nelle quali, oltra l’or
mp; Latini. Scielte, & trattate in varie maniere di versi volgari
da
M. Gio. Mario Verdizotti : Nelle quali, oltra l’o
mp; Latini. Scielte, & trattate in varie maniere di versi volgari
da
M. Gio. Mario Verdizotti : Nelle quali, oltra l’o
Scielte, & nobilmente trattate in varie maniere di versi volgari
da
M. Gio. Mario Verdizotti. Nelle quali, oltra l’or
De i piu Illustri Antichi, e Moderni Autori Greci, e Latini. Scielte
da
M. Gio: Mario Verdizotti: Nelle quali oltre l’orn
certo spatio di lungo camino Viaggio far a suo malgrado in fretta : E
da
principio cominciò superbo Correr veloce come hav
insieme col Cavallo Un sol padrone ; et ugualmente carco Era ciascun
da
lui del proprio peso. Occorse un giorno, che send
di nequitia pieno : Che con le forze stesse, ond’ei l’accrebbe Riman
da
quello alfin posto in ruina. Però guardisi ognun
udi e stagni Sì, che penuria d’acque havea la terra : Allhor due Rane
da
gran sete spinte Andaro insieme lungamente errand
de l’albergo usato Per gran timor, che di bagnarsi havea. Onde
da
un altro Can, ch’era già stato Nel comun tet
nimal, che senza coda Fusse dal suo tener gisse lontano, E in esiglio
da
lui lontan vivesse Essendo privo de l’honor, che
periglioso, Né il fulmine aspettar udito il tuono. Onde gli fu
da
l’Asino risposo : Togliti pur di qua tu, che
suo prestasse albergo. Ma poi ch’a l’opra insidiosa diede Debito fin,
da
lei poco lontano Fra certe ombrose vepri si nasco
r, c’havriano del fuggir tal segno. Tosto approvossi tal parer
da
ognuno. In questa opinione entraron tutti.
roverbio è cosa vera, La vita il fine, il dì loda la sera. Chi vuol
da
savio oprar pensi al suo fine.
or camino : E trovan nove risa, e novo affanno. Già senton dir
da
ognun per quel confino, O che discretion d’h
homai vicini Ecco novo mistier tentar bisogna. S’aduna intorno
da
tutti i confini La turba immensa de le genti
he ’l sangue tutto homai le havean consunto. Venuto al fiume allhor
da
le sue tane Il Riccio del suo mal forte si d
le commesse, Che in giuste parti dividesse il tutto. Ond’ella accorta
da
l’altrui ruina Quasi tutta la preda in un raccols
entrato. La Donnola, che spesso i suoi lamenti Sentito haveva,
da
pietà si mosse A consigliar così quella meschina.
come empi e profani. La Scrofa udito tal parlar rispose. Anzi
da
questo puoi sciocca avvederti Qual conto faccia q
ava in questo, De la sua morte assai temendo disse : Deh cessa madre,
da
la folle impresa, Ché se più segui torneratti in
sicuro De l’huom si fece molto stretta amica, Per liberarsi
da
periglio oscuro. Vive con l’huomo, e sempre si
do cominciò calarsi Verso quel pellegrin soffiando forte Quanto potea
da
mille parti intorno Per levargli il mantel, che i
ramo S’assise il Gallo, e ’l Can di quella al piede Ch’era cavato, e
da
cento anni e cento Roso, e reso per lui capace al
r novo albergo in altra parte, Che quando l’huom far vuol cosa
da
vero, Non aspetta gli amici, o i suoi parenti : M
rafrasi in vario metro Italiano delle nuove favole di Fedro | trovate
da
Gio : Ant. Cassitto | da lui stesso eseguita. P.
aliano delle nuove favole di Fedro | trovate da Gio : Ant. Cassitto |
da
lui stesso eseguita. P. 3 à 6. — Emendationes nov
Parafrasi in vario metro Italiano delle nvove favole di Fedro trovate
da
Gio. Ant. Cassitto da lui stesso eseguita (31 à 7
ro Italiano delle nvove favole di Fedro trovate da Gio. Ant. Cassitto
da
lui stesso eseguita (31 à 75) ; 2º Emendationes n
R. Koene, s. C. Nepos. Fedro. Le Favole con note italiane precedute
da
un discorso sulla favola e sui favolisti di Atto
jésus de viii-184 p. Le Favole di Fedro. Testo annotato per le scuole
da
G. Rigutini. In Firenze, G. C. Sansoni editore. I
Le Favole di Fedro, Liberto d’Augusto, tradotte in versi volgari
da
D. Giovanni-Grisostomo Trombelli, Canonico Regola
s nouvelles. 1840. Favole Esopiane exposte in vario metro
da
Cesare Cavara. Aggiuntovi l’elegante volgarizzame
Le Favole di Fedro voltate in rime semi-giocose, con note istoriche
da
Giovanni Pasquale Professoro di Rettorica. Biella
xo este libro de la lengua Persica en hebrayco : enel qual persuade y
da
auiso alos lectores dela manera que deuen tener e
z. 5. Du chien qui porte la pece de char en son boiche. 6. Da berbiz,
da
uaiche, da chieure, dou lyon. 7. De la famme qui
ien qui porte la pece de char en son boiche. 6. Da berbiz, da uaiche,
da
chieure, dou lyon. 7. De la famme qui prist a mar
ier feuillet on lit : Stampato in Milano per Francesco Bernardino ||
da
Valle che sta alla Pescaria Vecchia ad instantia
da Valle che sta alla Pescaria Vecchia ad instantia || de D. Mattheo
da
Besozzo. Nel anno del || Signore m.d.lxi. Il e
quinze premiers feuillets, consiste dans l’Esopo volgarizzato per uno
da
Siena. Les fables ne sont pas pourvues du long pr
cet ex-libris : Questo libro è di Piero di Simone Del Nero, donatomi
da
Ser Antonio già Sagrestano degli Innocenti, addi.
, commence ainsi : Questo libro si chiama Isopo volgarizzato per uno
da
Siena. Et comincia del Ghallo che cerchava dell’
i par la traduction des fables de Walther en langage vulgaire per uno
da
Siena. Comme dans le manuscrit Gadd. 176 de la La
ères pages sont occupées par les Favole di Esopo volgarizzate per uno
da
Siena. Ces fables, en dialecte toscan, sont, tant
st donc un simple apographe. Il contient l’Esopo volgarizzato per uno
da
Siena, qui commence au recto du deuxième feuillet
double titre : Questo libro si chiama Isopo volgha||rezzato per uno
da
Siena. Et cho||minça del ghallo che cerchaua || d
la page 60, indiqué par ces simples mots : Esopo favole volgarizzate
da
Accio Zucco. Les leçons du texte en prose itali
eant le frontispice. 1811. Esopo || volgarizzato || per uno
da
Siena || testo di lingua. || Padova || nel Semina
sous la cote 191. 7. 1818. Esopo || volgarizzato || per uno
da
Siena || testo di lingua. || Brescia || per Nicco
1837. Favole || di Esopo Frigio || volgarizzate || per uno
da
Siena || precedute || da || elegante prefazione |
di Esopo Frigio || volgarizzate || per uno da Siena || precedute ||
da
|| elegante prefazione || del ch. abate || Michel
acune un exemplaire. 1840. Esopo || volgarizzato || per uno
da
Siena, || testo di lingua. || Livorno. || Presso
liothèque de Vérone. 1847. Esopo || volgarizzato || per uno
da
Siena || testo di lingua || ridotto || all’uso de
Brera et de Vérone. 1851. Esopo || volgarizzato || per uno
da
Siena || ad uso || Della Gioventu || Testo di Li
chacune un exemplaire. 1854. Esopo || volgarizzato per uno
da
Siena || testo di lingua || ridotto || al uso de
9 pages chiffrées. La version italienne des fables de Walther per uno
da
Siena occupe les pages 1 à 69. Les pages 71 à 82
emplaire de cette édition. 1856. Esopo volgarizzato per uno
da
Siena. Testo di lingua ridotto ad vso della Giove
aître en 1866. 1864. Favole d’Esopo || volgarizzate per uno
da
Siena || cavate del codice Laurenziano inedito ||
le du palais Brera. 1870 et 1881. Esopo volgarizzato per uno
da
Siena. Testo di lingua. Milano, Guigoni, 1870. Éd
anti Ondio correcto son sotto tal norma. Da Giovanni Aluise e
da
compagni sui Con diligentia bene impresso fui.
ne seconde fois. 1493. Le Favole d’Esopo ridotte in sonetti
da
Accio Zucco Somma campagna. Édition in-4º de pe
Stampado in Venetia per Mae-||stro Manfredo de Bonetto de Stre-||uo
da
Mōfera. nel anno del signor̄ || M.cccc.lxxxxvij.
it : Stampado ī Venetia per Maestro || Manfredo de Bonello de Streuo
da
|| Monteferato. nel āno del signore. M. || ccccc
nier feuillet on lit : Impresso in Milano per magi-||stro Bernardino
da
Castello. Nel || anno del signore. M. ccccc. xx.
de ce manuscrit : 1º dans les Manoscritti Palatini ordinati ed eposti
da
F. Palermo, T. I, p. 162 ; 2º à la page 86 du T.
us workommen, welche Marie noch nicht kannte, darf nicht überraschen,
da
dieselben erst von späteren abschreibern verwende
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