DELLA SCROFA, E LA CAGNA. INCONTROSSI la Cagna un giorno a caso
Con
una Scrofa, e lei vedendo tutta Lotosa e brutta c
o a caso Con una Scrofa, e lei vedendo tutta Lotosa e brutta cominciò
con
riso Prima a schernirla, et poi con voce aperta L
do tutta Lotosa e brutta cominciò con riso Prima a schernirla, et poi
con
voce aperta La dileggiava sì, che venne in breve
hernirla, et poi con voce aperta La dileggiava sì, che venne in breve
Con
lei, c’haveva nel suo cor concetto Dal lungo mott
ne. Ma crescendo più grave tuttavia L’ingiuria, che la Cagna le facea
Con
un parlar, che non havea risposta ; La Scrofa d’i
cciosa dice. Io ti giuro per Venere o malvagia, Che se più dietro vai
con
tue parole Me, che non mai t’offesi, ingiuriando,
m d’altro, che di ciancie alfine: Ch’io ti traffigerò l’invido fianco
Con
questo dente mio pungente e forte, Che fia rispos
iasmo sente Da chi col vero il punge et lo molesta, Torna in sua lode
con
risposta honesta Quel che di darle infamia appar
volea trovarla Di venir seco a lite, e fargli offesa, Cominciò tosto
con
parlar altero Dirgli, che mal faceva, e da insole
a indegno. Se n’escusava il mansueto Agnello Con voce humile e
con
tremante core Dicendo, Che sendo ei di sotto a lu
sponder l’empio Contra la forza e la ragion del vero, Soggiunse irato
con
altera voce, Ch’era sfacciato e di follia ripieno
ciocchezze. E volendo di ciò far nova scusa L’innocente animal
con
dir più basso, Ma con ragioni più possenti e sald
olendo di ciò far nova scusa L’innocente animal con dir più basso, Ma
con
ragioni più possenti e salde, Il Lupo iniquo, che
che già in sé confuso Era rimaso, adosso al miser corse ; E divorollo
con
disdegno e rabbia. Così l’huomo empio, e p
ndo le cagioni, o vere o false Che sian, nel sen de la nequitia sua ;
Con
cui non val né la ragion, né il vero. L’huomo p
Trovò un’astutia : et là correndo in fretta Così si diede a ragionar
con
lui, Buon dì, fratello ; O che felice nova
o Per allegrarsi co i novelli amici ; E giurar fedeltade e buona pace
Con
gli altri, che là giù soggiorno fanno. Però scend
Di levarsela allhor tosto dinanzi : E mostrando allegrarsene di botto
Con
varii segni, così prese a dire. Io ti rend
pe, che credea Che pur venisser da dovero i cani, Per più non dimorar
con
suo gran danno Oltra lo scorno, ch’avanzar potea,
Di fuggirsene allhor disegno fece. E prendendo licenza al suo partire
Con
parlar dolce la pregava il Gallo Ch’ella aspettas
suoi novelli amici, Ch’erano del suo ufficio a lei compagni : Perché
con
essi poi partendo insieme Daria maggior certezza
a prese anchor maggior sospetto, E senz’altro a fuggir tosto si diede
Con
sua vergogna e gran piacer del Gallo. Che con le
a fuggir tosto si diede Con sua vergogna e gran piacer del Gallo. Che
con
le burle a la nemica ordite Da le burle di lei me
corto face, Sovente suol da l’accortezze altrui Trovar difesa, e trar
con
doppio scorno, Chi coglierlo volea nel proprio in
nsier si stava D’esporsi incerto al periglioso guado. E mentre dubbio
con
tremante core Tentava in ciò la più sicura via, E
iù sicura via, Ecco lontan da mezo il largo humore A lui tosto gridar
con
rauca voce, Ch’ei l’aspettasse, una loquace Rana
fin del suo pensiero inteso : Et aprendosi il calle innanzi ognihora
Con
le man pronte, e rispingendo a dietro Spesso con
lle innanzi ognihora Con le man pronte, e rispingendo a dietro Spesso
con
ambo i piè la torbid’onda, A quello si condusse i
nuotar sapea, Lo persuase di legarsi seco Ne i piè di dietro a i suoi
con
certo filo, Che per tal opra a lui recato havea.
or doppio argomento, Tardi avveduto del nimico inganno, Arditamente e
con
possente lena Si sostentava ; e risurgeva in modo
tento. Or mentre quella al fondo, al sommo questo Si ritraheva
con
egual valore, Nessun cedendo a le contrarie forze
el fil del proprio laccio cade, E da la forte man giusta di Dio Colto
con
egual sorte insieme resta. Talhor prima a sé nu
DELLA CICOGNA. IL Cigno giunto homai vicino al fine De la sua vita
con
soavi accenti Facea l’esequie a le sue proprie me
dispensatrice E del ben e del mal, come la sorte Di ciascun brama, e
con
ragion richiede : Io canto le miserie mie passate
poso, onde la vita È priva sempre, e da continue cure Di procacciarsi
con
fatica il vitto Sempre si sente in gran travaglio
ngiato havrò sorte e figura, In quel vivrò, che mi darà fortuna Viver
con
quel vigor, che da me vita Trarrà sotto altra for
ua sorte, e de la legge eterna, Che Natura, e di Dio la voglia impone
Con
egual peso a gli animali tutti : E la morte abbra
lia impone Con egual peso a gli animali tutti : E la morte abbracciar
con
lieto volto Come la vita si tien dolce e cara, Es
ntento, e far legge a sé stesso De la ragion, che dal suo santo senno
Con
dotto mezzo a noi discende e piove. Che chi tal v
ve Dopo la morte de l’humana vita ; E muor vivendo dolcemente in Dio,
Con
cui s’unisce con mirabil modo, Quando lascia la t
de l’humana vita ; E muor vivendo dolcemente in Dio, Con cui s’unisce
con
mirabil modo, Quando lascia la terra, e un Dio si
lui capace albergo, S’accommodò passando quella notte In dolce sonno
con
tranquilla pace. Ma poi ch’apparve in Orie
pace. Ma poi ch’apparve in Oriente il raggio Del matutino Sol
con
lieta voce Diede il Gallo principio al canto usat
Havea ’l suo albergo : et tosto al canto corse Dove era il Gallo ; et
con
parole amiche Salutollo ridendo, e supplicollo Co
era il Gallo ; et con parole amiche Salutollo ridendo, e supplicollo
Con
sermon efficace, ch’ei volesse Scender del tronco
iar ti possa Come ben cara a me novella amica. Allhor la Volpe
con
un grido strano Mettendo il capo dentro a quel fo
in breve, Facendo a lei quel, ch’essa haveva al Gallo Di far pensato
con
l’astutie sue, Senza che pur la ria se n’avvedess
annar pensa, esso tradisce ; E rende al finto dir finte parole. Chi
con
fraude camina in fraude intoppa.
ila disse : Orsù fratelli andate A mostrarmi di ciò ragion più chiara
Con
l’opra del valor, che regna in voi. Che colui, ch
Con l’opra del valor, che regna in voi. Che colui, che tornando a me
con
prova Maggior de le sue forze e del suo grado, Me
e con prova Maggior de le sue forze e del suo grado, Men darà indicio
con
più degno effetto, Colui da mia sentenza havrà la
rnaro Ciascun mostrando a lei la preda fatta. Onde mostrando il Nibio
con
gran suono D’altera voce un topo, c’havea preso I
mba, Che per lo ciel volando a forza ottenne, L’Aquila disse. Poi che
con
l’effetto Chiara ciascun di voi fatto m’havete De
ggior segno Di valor mostra de gli effetti a prova : E non colui, che
con
sembianze vane Di cose esterior, che ingombran gl
l’affaticate membra Sotto l’ardor del caldo estivo Sole. E rivolgendo
con
la mente spesso L’aspra calamità, che ognihor l’a
olgendo con la mente spesso L’aspra calamità, che ognihor l’afflisse,
Con
la memoria de i passati guai Cresceva il duol del
na volta richiamò la Morte. Tal ch’ella alfin dal suo parlar commossa
Con
faccia horrenda, e minaccioso aspetto In habito l
faccia horrenda, e minaccioso aspetto In habito lugubre inanzi a lui
Con
ricercar ciò, ch’ei volea, comparse. L’improviso
chiaman la Morte, Che quando se la senton poi vicina Fuggon tremando
con
la faccia china Per non provar di lei la dura sor
lauta e copiosa mensa. Così rodendo insino a meza notte Il duro cibo
con
tranquilla mente A un dolce sonno alfin si diero
olmi molti piatti e deschi. Ma non sì tosto prima gli assaggiaro, Che
con
romor, che gli rendeo sospesi, Ecco scuotendo mil
rendeo sospesi, Ecco scuotendo mille chiavi, e l’uscio Subito aprendo
con
un lume in mano Il maestro venir de la cucina Per
r de l’inimico lume Il Topo Cittadin ratto fuggissi L’altro invitando
con
tremante core A far l’istesso per fuggir da’ guai
Più che a bastanza la golosa sete, Quivi posar le ben pasciute membra
Con
gran temenza, il resto de la notte Tutto passando
pasciute membra Con gran temenza, il resto de la notte Tutto passando
con
disagio e pena Senza mai chiuder occhio, o mover
o mover piede, Tanto sospetto havean d’ogni periglio. Poi quando Febo
con
l’aurato carro Portò di novo in Oriente il giorno
rtò di novo in Oriente il giorno, L’hospite cittadino al suo compagno
Con
festevol parlar gioioso disse. Che ti par, frate,
le terrene cose in mano il freno E voi, ch’a più poter veloci andate
Con
sommo desiderio a i regii alberghi Per vender sol
te la superbia, e ’l fasto ; Deh misurate i passi vostri alquanto ; E
con
sano discorso giudicate Del corso e stato vostro
o rustico la norma ; Che viverà nella più nobil forma Beato, e morirà
con
gloria et fama. Un ben, ch’è mal sicuro, è da s
n cima al tetto stando Da la finestra di lontano il Lupo ; E cominciò
con
orgogliosa voce A provocarlo, e fargli ingiuria e
cominciò con orgogliosa voce A provocarlo, e fargli ingiuria et onta
Con
dirgli tutto quel, che dir si puote D’una bestia
fermato il Lupo, e nulla mosso A sdegno del parlar suo dispettoso, Ma
con
la mente tutta cheta a quello Con un basso parlar
degno del parlar suo dispettoso, Ma con la mente tutta cheta a quello
Con
un basso parlar così rispose. Sciocco tu non sei
asce di loro, Havea gran fame, e di cibarsi cura : E scorrendo
con
rabbia il terren Moro Ove Natura in copia le
e, Fatto ogni prova, alfin partito prende, Onde possa di là
con
arte trarle. Finge far un gran salto, e quando
a a lui s’abbassa, Ché morto il crede, e d’allegrezza piena
Con
festa intorno a lui saltella e passa. Egli sta
che si renda satio, Fin ch’ognuna di lor di vita manche. Così
con
arte mena a fiero stratio Le sue nimiche, e
de le sue brame Venir un dì, né haverne il modo sente, Dee
con
prudenza usar di simil trame : Ch’ogni difficultà
erba Nel cor del suo presagio il gran timore, Disse di novo
con
rampogna acerba. Ecco il Lin nato a me d’alto d
usciate fuore. Ella pur dice, e ognun le crede meno Quanto più
con
ragioni aperte e vive Mostra il lor viver di
uro ; E sen fan varie reti in mille rive. La Rondinella allhor
con
cor sicuro De l’huom si fece molto stretta a
ce molto stretta amica, Per liberarsi da periglio oscuro. Vive
con
l’huomo, e sempre si nutrica D’ogni altra co
ior d’ogni sua festa, Quando ve n’ha ben piena la sacchetta. E
con
lacci e con reti ognihor gl’infesta, Facendo
ua festa, Quando ve n’ha ben piena la sacchetta. E con lacci e
con
reti ognihor gl’infesta, Facendone di lor st
, Mentre passava per diverse vie Era inchinato da la gente tutta, Che
con
divotion s’humiliava Del nume vano a quella ricca
sino del tutto Già si scordava, se non era allhora Il suo padron, che
con
un grosso fusto Percotendo le natiche asinine Gli
o Percotendo le natiche asinine Gli fece di sé stesso entrar in mente
Con
molte busse, et con simil parole. Segui pur pazzo
che asinine Gli fece di sé stesso entrar in mente Con molte busse, et
con
simil parole. Segui pur pazzo il tuo preso camino
tossi al patto Di cotal prova : et fé d’esser il primo, Che mostrasse
con
lui l’alte sue forze. Così d’accordo cominciò cal
i toccava. Allhora il Sole incomminciò scaldarlo A poco a poco
con
l’ardente raggio Sì, che ’l buon pellegrino anch’
on lasciar in quel camin la vita : Così di voler proprio abbandonolla
Con
speme di poter forse trovarla Al suo ritorno nel
be l’honore. Tal suole spesso l’huom prudente e saggio Giunger
con
la destrezza al fin, ch’ei brama, Assai più prest
gio Giunger con la destrezza al fin, ch’ei brama, Assai più presto, e
con
minore affanno, Che colui, che con impeto si move
, ch’ei brama, Assai più presto, e con minore affanno, Che colui, che
con
impeto si move In discoperta forza a le sue vogli
[80.] DELLA LEPRE E LA TESTUGGINE. VIDE la Lepre un dì
con
lento passo La Testuggine andar per suo camino, E
ne andar per suo camino, E cominciò sprezzarla sorridendo, E mordendo
con
motti acerbi e gravi La gran tardezza del suo pig
l’honor de la presente impresa. In questo la Testuggine, che ’l corso
Con
solecito passo affrettò tanto, Che giunse alfine
ce l’infelice prole Biasmo, e vergogna, e danno in ogni tempo. Quinci
con
gran suo scorno intende e vede Il suo rival, che
con gran suo scorno intende e vede Il suo rival, che debole seguendo
Con
un continuar facile il passo Nel camin di virtù,
lti e molti, ch’ei nulla prezzava : E tutto il resto di sua vita vive
Con
tedio estremo assai peggio, che morto, Senza sper
ai. Soggiunse il Gatto allhor : bench’io potrei Gettar a terra
con
ragion possente Queste tue scuse vane, inutilment
tanto empio sei, E da rispetto di virtù lontano, Che in tutti i tempi
con
lascivia immensa Con le sorelle, con le figlie, e
rispetto di virtù lontano, Che in tutti i tempi con lascivia immensa
Con
le sorelle, con le figlie, e insino Con la tua ma
tù lontano, Che in tutti i tempi con lascivia immensa Con le sorelle,
con
le figlie, e insino Con la tua madre carnalmente
i tempi con lascivia immensa Con le sorelle, con le figlie, e insino
Con
la tua madre carnalmente giaci ? Rispose a questo
utto gioioso Affermò, ch’era sua quella di ferro ; E la prese da lui,
con
lieto viso Rendendogli con dir pien di bontade Im
a sua quella di ferro ; E la prese da lui, con lieto viso Rendendogli
con
dir pien di bontade Immense gratie di cotal favor
entura, ch’avenuta gli era, Uno di lor, ch’astuto era e sagace, Tentò
con
fraude, s’egli anchor potesse Divenir ricco, come
o Per tagliar legna, quel, che il suo compagno A caso fece, fece egli
con
arte Di lasciarsi cader allhor la scure In mezzo
llhor la scure In mezzo il corso de le rapide onde : E finse lagrimar
con
gran sospiri, E gran querele la sua dura sorte. O
or cortese De la sua, che di ferro era nel fiume ; E da sé lo scacciò
con
brutti scherni. Così il gran Re del cielo
la al sacrificio intenta Stava divotamente inanzi a l’ara, Le disse :
con
qual cor cara sorella Puoi sacrificio far a quell
l’irata Dea ; Ma non voglio però darle risposta D’affetto tale : anzi
con
cor humile Pregarla sempre, e con giusta pietade
arle risposta D’affetto tale : anzi con cor humile Pregarla sempre, e
con
giusta pietade Renderle honor quant’io posso magg
er se placar posso lo sdegno Del suo superbo cor sì in me crudele : E
con
carezze mitigar l’offesa, Ch’ella m’ha fatto, e p
arle incominciò cortese ; Perché n’uscisse la progenie nova
Con
desio di ben far, ch’a ciò l’accese. Ma ment
Con desio di ben far, ch’a ciò l’accese. Ma mentre ch’ella
con
amor le cova, La Rondinella, che tal opra in
otal modo esorta. Vana è, misera, l’opra e a te mortale, A cui
con
tanto amor e studio attendi : Che tu prepari
he de l’uova usciranno, Faran col tempo eterna ingiuria poi
Con
tua gran pena a’ proprii figli tuoi. Lasciale d
prolungar sua vita quanto Gli concedesse la natura e ’l cielo ; Tentò
con
l’arte far quel, che vietato Era a sue forze inde
fu, ch’un dì passando il Corvo Vicino a la sua grotta, a sé chiamollo
Con
debil voce, e con sermone humile Il mosse a gran
ndo il Corvo Vicino a la sua grotta, a sé chiamollo Con debil voce, e
con
sermone humile Il mosse a gran pietà de la sua so
lui presso Se lo vedea il Leon, che ’l mezo morto Fingea, l’unghiava
con
le zampe adunche, E lo sbranava, e ne ’l rendea s
uanto ; E a dirle del suo stato lo pregava. Le rispose il Leon
con
voce grave, E ch’a pena parea che suono havesse ;
ontano. Così da picciol segno alcuna volta L’huom savio impara
con
sua gran ventura A scoprir de’ malvaggi il rio se
vea un agnello ; Et per la fretta, del mangiar c’havea, Un osso rotto
con
l’acuta punta Gli restò in gola attraversato in m
Che sentiva di morte estrema pena. E per medico suo la Grue richiese
Con
assai largo premio pattuito Tra lor d’accordo per
ai largo premio pattuito Tra lor d’accordo per cotal fatica. Ond’ella
con
l’acuto e lungo rostro In breve alfin di tanto af
Tra loro di beltà. Diceva il Pardo Vedi la pelle mia di varie macchie
Con
ordine e misura al par del cielo, Ch’è di stelle
rdine e misura al par del cielo, Ch’è di stelle dipinto, adorna tutta
Con
tal vaghezza, che stupore apporta A qualunque la
beltà, ch’offender puossi : Onde la mia non può sentir offesa Mentre
con
essa mi riserbo in vita. Da questo impari
ne, Che l’alma apportar suol, non la fortuna C’hor chiara sembra, hor
con
la faccia bruna, E sempre forma variar conviene.
iederla al padre, Che per sua sposa a lui la concedesse. Et così fece
con
parlar cortese. Ma il Contadin, cui strana cosa p
a farne oltraggio : E vivrem teco poi lieti e sicuri, E tu ti goderai
con
dolce pace L’amata sposa a le tue voglie pronta.
egargli hebbe ardimento La figlia, ch’egli li chiedea per moglie ; Ma
con
un grosso fusto lo percosse Si fieramente nel sup
e briga. La favola in virtù saggia ammonisce L’huom forte, che
con
altri accordo brama, A non lasciarsi tor l’armi d
che contra lui possente il rese, Cangi pensiero di fermar la pace ; E
con
guerra mortal gli mova assalto, E lo conduca a l’
ANGUILLA, E ’L SERPENTE. L’ANGUILLA un giorno domandò al Serpente,
Con
cui spesso in amor giacer soleva Dentro a l’humor
felice aventurosa vita, Come ella ognihor viveva in pena e in doglia
Con
continuo timor d’acerba morte. Allhor risp
to segno Del temerario ardir mostrato indarno Per farmi oltraggio : e
con
orgoglio crudo Non lascio ingiuria mai senza vend
esse le spalle, Essendo egli di corpo e di valore Maggior del cane, e
con
la fronte armata Di dure corna a contrastar posse
del cane, e con la fronte armata Di dure corna a contrastar possenti
Con
qual si voglia più forte animale. E ’l Cer
’accorgo haver armi e valore Figlio da contrastar co ’l cane, e forse
Con
più d’un’altra più feroce belva : Ma non ti so gi
voler de la natura Vivi de la tua sorte ognihor contenta : Né tentar
con
pericol manifesto De le tue forze l’impossibil op
di ragion matura : E seguitando il suo pazzo discorso Si mette a far
con
cor superbo e vano Quel, ch’a ragion tentar non p
e ad altri, o maggior d’anni In altra guisa, al giovine dar fede, Che
con
ragione la sua lingua mova ; Ché non sta con l’et
al giovine dar fede, Che con ragione la sua lingua mova ; Ché non sta
con
l’età sempre il sapere : Né sempre è gioventù men
a i più forti inviolabil patti, Che d’osservarsi il Guffo proponesse,
Con
supplichevol prego aggiunse questo, Ch’a l’ Aquil
lfin l’avido ventre Non senza doglia della sozza madre, Che di lontan
con
gran timor la scorse Devorar tutto il suo infelic
poi colma d’affanno Al marito narrò l’horribil caso. Egli, che
con
gran pena intese questo, Tornò fra poco al mal gu
e di ritorno sen veniva altero Battendo il vento co i possenti vanni,
Con
aspra insopportabile rampogna Cominciò del suo ma
A darle de’ suoi figli il falso segno ; Forte sen dolse : e si scusò
con
seco1 Del torto a lui contra sua voglia fatto. S
e Vive animal in terra ? io già fui figlio D’un possente corsier, che
con
la sella D’argento, e con le briglie ornate d’oro
o già fui figlio D’un possente corsier, che con la sella D’argento, e
con
le briglie ornate d’oro Vinceva ogn’altro più vel
tratto d’arco, O poco più lontan batter il corso, Che stanco si sentì
con
tanto affanno, Che bisognò fermarsi, e prender le
ISSI il Lupo i panni d’un pastore Per ingannar le semplicette agnelle
Con
l’apparenza de l’altrui sembiante, Celando il tro
oppo conosciuto pelo : E col bastone in man, co ’l fiasco al tergo, E
con
la Tibia pastorale al fianco, Verso il gregge vic
er suole a lungo andar, né puote Sempre venir al fin del suo pensiero
Con
la bugia del suo fallace inganno, Ché finalmente
tro una Selva antica Di quercie ombrose largamente adorna, E la pregò
con
mansueta voce, E parole efficaci a sua richiesta,
manico ; e dapoi A spogliar cominciò di parte in parte La Selva tutta
con
la parte stessa, Ch’era già membro di lei stessa
favori suoi largo e cortese Ad huomo avaro e di nequitia pieno : Che
con
le forze stesse, ond’ei l’accrebbe Riman da quell
o si coprì di quella il dorso, E gia scorrendo le campagne e i boschi
Con
gran paura de gli altri animali, Che in cambio lo
’ignoranza pieno Che il savio fa tra gli ignoranti, quando Avien, che
con
saggio huom faccia l’istesso, Dal suono sol di su
no sol di sua propria favella Si scopre quel, che sua natura il fece,
Con
gran suo scorno, e riso di chi ’l vede. D’un fo
’aureo color, e mille gemme tinte : E di questo facendo altera mostra
Con
lunga oratione in quel senato, Sì che piegavan gi
li offerse innante Il picciol Merlo da le nere piume, E se gli oppose
con
simil parole. Pensi tu forse, che del regn
nto grado, che di te più forte Possa più degnamente in sorte haverlo,
Con
sicurezza di noi tutti insieme, E de la vita, e d
opoli, e de’ regni Sol commettendo in man di quei, che sanno E posson
con
valor regger altrui, E sostener di tanta impresa
proprio corpo senza piume tutto, E che del pel del Topo era vestito,
Con
cui conformità per specie havea. Udita tal ragion
e de la vita Don gli facesse ; udì da quella, ch’essa Non potea farlo
con
ragione alcuna, Sendo egli un Topo, la cui specie
ea di ciò non lieve errore : E l’ale a lei mostrando aperte e larghe,
Con
cui per l’aria si levava a volo Specie d’augello
asciollo anch’essa. Così due volte d’un periglio stesso Egli si tolse
con
ragion diversa Ogni volta salvandosi la vita.
mpre, e gli facea Mille carezze, et ocioso, e lieto Il tenne un tempo
con
solazzi e feste : Ond’esso mal pasciuto a le fati
e, L’assicurava da miseria tale : E compensando il duol de le fatiche
Con
la dolcezza del viver in pace ; E del Cavallo ogn
on la dolcezza del viver in pace ; E del Cavallo ogni trionfo e pompa
Con
l’infelicità del mal presente, Racconsolato e di
nel vitio immerso sempre. Però devria colui, ch’altri riprende, Esser
con
l’opre ognihor norma a sé stesso Et con l’essempi
lui, ch’altri riprende, Esser con l’opre ognihor norma a sé stesso Et
con
l’essempio de la buona vita Mover in prima, e poi
a sé stesso Et con l’essempio de la buona vita Mover in prima, e poi
con
le parole Gli altri chiamar di quella al bel cami
valore a gran contesa : Ciascuna l’altra vilipende e preme
Con
parlar, ch’a l’honor contraria, e pesa. Dice
on parlar, ch’a l’honor contraria, e pesa. Dice l’Oliva. Io, che
con
forze estreme Sostener soglio ogni important
. Allhor la Canna la vittoria in mano Si vede, e dice a lei
con
lieta faccia : Ecco, mischina, il tuo voler
, ove l’havean riposto ; La misera Cicala, che di fame Già si moriva,
con
preghiere humili Cominciò loro a supplicar soccor
o per gli aperti campi. Allhor colei, che tal risposta intese,
Con
accorto parlar disse ridendo. Dunque, se allhor c
vita il fine, Aprite a questo esempio, aprite gli occhi : Et imparate
con
più san discorso, Che v’è mestiero in su la prima
tosto accusando D’iniquità, d’inganno, e di malitia, Lacerò tutto ; e
con
vorace brama Ne satiò la scelerata fame. Poi volt
la Volpe, che attonita mirava Quel caso strano, e di nequitia pieno,
Con
parlar orgoglioso le commesse, Che in giuste part
disse. ove sorella, hai così bene Appresa del divider la ragione, Che
con
tanta dottrina hor m’hai dimostro ? A cui l’astut
la spelonca immantenente Cercando al suon, che gli feria l’orecchie,
Con
generoso core e d’ardir pieno Del suo sospetto la
ortuna schiera De i piccioli animai, che ’l gran romore Formar potean
con
l’insolente grido, Stupido tutto alfin ritenne il
ta sotto l’acque impure. Così spesso l’huom vil la lingua move
Con
gran bravura, e porge altrui spavento Senza vera
ncasse, havean gravato. Ma ecco tosto motteggiarli ognuno, Che
con
l’Asino scarco issero a piedi, Con un parlar
motteggiarli ognuno, Che con l’Asino scarco issero a piedi,
Con
un parlar inutile importuno. Or disse il giovin
ede, a gran pietade Mosso di lui, che in ogni sasso intoppa. E
con
cor pien d’amor e caritade Dice : deh non vi
c’havea lor fatto Il popol vario al dar sentenze ardito, Legò
con
una fune affatto affatto I piedi a due a due
poi che non trovo Modo, ond’io possa ognun render contento,
Con
giusta causa a far questo mi movo. E sendo sopr
ciuto fu da gli altri, ognuno De le piume non sue tosto spogliollo, E
con
gran scorno fu da lor scacciato. Così inte
o l’ignoranza folle, E la sua ambition si fa palese ; Onde additato è
con
vergogna e scorno. Chi veste de l’altrui tosto
i sente Di cor gentile, e di virtute adorno : E freni l’ira
con
la bassa gente, Che talhora gli mova ingiuri
La sua virtute, e la sua gloria oscura. Non mostrar tuo valor
con
gente vile.
humor la terra, Quella che nel vicin stagno albergava, Invitò l’altra
con
benigno affetto A lasciar quel sì periglioso albe
i d’ogni passaggiero, Et abondante d’ogni altro disagio, Per albergar
con
lei dentro a l’humore, Ch’ella eterno godea lieta
di ciò sparsa era la fama intorno. Onde per visitarlo allhor si mosse
Con
cor maligno, e simulato volto Il Lupo ; e fatto g
e del nimico esser sospetto Il volto, che d’amor ti mostra segno ; Se
con
l’occhio miglior del sano ingegno Non vedi qual g
a, Fratelli cari : se ’l vi piace, anch’io Compagno vi sarò
con
dolce cura. Rispose uno di lor. Non piaccia a D
Che far a gli altri io te veduto havessi. Ciò detto verso lui
con
passi presti Tosto si mosse, e lo scacciò da
ndante copia. E quel veduto una di loro allegra Invitò l’altra
con
parole pronte A saltar seco nel bramato humore. M
dunque colui, ch’a l’appetito Proprio pon freno, e l’opre sue misura
Con
la prudenza ogni hor pensando il fine. Chi pens
[77.] DEL CINGHIALE, E LA VOLPE.
CON
solecita cura il fier Cinghiale Attorno il duro p
po in trovar l’armi, Che pon salvarti da nimica mano : Che quando sei
con
l’avversario a fronte Non è allhor da cercar, ma
ornato e bello : E sentito lontan più d’un soldato Avicinarsi
con
feroce suono Disse il Vitello : Or vedi un c
segno, Né provi stato del primier peggiore. Nulla è il loco cangiar
con
sorte eguale.
nque volta iva per cibo Da lor lontana la provida madre Lor avvertiva
con
pietoso affetto, Che se cosa occorresse a lor d’u
se a lor d’udire, Ch’a l’orecchie di lor nova paresse, Se la tenesser
con
gran cura a mente Per riferirla al suo ritorno a
l che sentito i pargoletti figli Consapevole poi ne fer la madre, Che
con
gran tema tal novella intese : E disse lor, adess
a da vero, Non aspetta gli amici, o i suoi parenti : Ma pon sé stesso
con
le voglie ardenti A dar debito effetto al suo pen
generoso emulo venne. Quinci esso ancor per far prova maggiore
Con
strepito et stridor ratto si cala Sopra un grosso
ene, Sovente va d’ogni miseria al fondo : E divenuto favola del volgo
Con
suo danno e dolor schernito giace. Ogni opra tu
ntre ella seguiva Senza sospetto in ben satiarne il ventre La saettar
con
un pungente strale, Che da l’un fianco a l’altro
vigor, che mi reggea, Poi ch’io medesma la cagion ne fui, Offendendo
con
mio non picciol danno Colei, ch’a l’ombra de le f
anto parmi empio e superbo, Che non sì tosto da lontan mi scorse, Che
con
orgoglio, qual non posso dirti, Due ali aprendo c
an mi scorse, Che con orgoglio, qual non posso dirti, Due ali aprendo
con
acuto strido, Mi si fé incontra sì crudele e fier
il volto veste, E di lupo rapace ha dentro il core ; E tacer suole, o
con
parole pie Adombrar de la sua perfida mente L’ini
i mostra, e per costume vano Superbo in vista : che da l’opre poi, Se
con
modo prudente hai da far seco, Tutto te ’l trover
o insieme Dentro un bel prato di novella herbetta Per lunga usanza, e
con
invidia ognuno, Che ’l compagno godesse un tanto
E tanto un giorno in lor crebbe il dispetto, L’odio e la rabbia, che
con
pugna horrenda Vennero insieme a discoperta guerr
uerra Alcun, che soccorresse al suo bisogno, Incontrò l’huomo ; a cui
con
prece humile L’opra sua chiese. Ond’ei, che diseg
gel, che non volea Al suo sciocco pensier dar argomento Di sua ruina,
con
parlar benigno Cercò ritrarla da quel van disio M
Visto alfin l’ostinato suo pensiero L’Aquila, e vana ogni ragion
con
lei, Disse : dunque, se pur cotanto brami L’opra
Leone, Che era dal ragionar1, che fatto il Lupo Havea contra di lei,
con
lei sì forte Sdegnato, che volea mangiarla viva.
avenir possa a ogni altro tale, Che iniquo e discortese accusar tenta
Con
falsitate, e non inteso inganno L’innocente in as
t enim loca pro te liberando hactenus peragraui, ut hos omnes calceos
con
[t]riuerim. Nulla mihi superest pecunia, qua alios
calcato era da ognuno, E tolto a scherno da l’humana gente : E
con
Giove si dolse, che innocente Essendo, gli e
Vite co i pendenti rami Facea d’uve mature allegra vista : E cominciò
con
appetito immenso Far ogni prova, onde potesse hav
preso havendo ne gli adunchi artigli Certe reliquie de l’adusta carne
Con
alquanti carboni accesi intorno Rapida salse al s
be inviolabilmente Ognun servar de l’amicitia vera Le ragion sante, e
con
l’honesto il dritto : Né per cagion benché import
vi credete ch’io, Che di tanta ricchezza allegra vivo De’ frutti miei
con
mio grande ornamento, Onde il cielo e la terra in
r volessi, E lasciar le mie cose irsene a male, Attendendo a l’altrui
con
tanta noia. Gli arbori allhora dal gran te
L Corvo infermo, e già vicino a morte Senza speranza di terreno aiuto
Con
prolisso parlar pregò la madre, Che facesse per l
DE la Capra da una rupe al basso Il Leone impazzito e furioso Scorrer
con
atti strani, e torto passo Hor su, hor giù di cam
en conosco ciò ch’io faccio, e a cui : Però non temo di darmi solazzo
Con
teco sciocca, e fa’ pur ciò che puoi. Così
ole Quel, che per modo alcun vender non puote, Celando il suo pensier
con
finte note Mentre non ne può far ciò, ch’egli vuo
[9.] DEL CANE. PASSANDO un’acqua il Cane
con
un pezzo Di carne in bocca, che trovò per vi
o ; l’altro, che temea Per la gravezza sua girsene al fondo, Cominciò
con
parole affettuose A pregar l’altro in lusinghevol
otato. Dunque chiamando tutte l’altre Volpi, Si fé di lor nel mezo, e
con
prolisso Sermon persuader questo sforzossi. A cui
asciar le imprese, Che impossibili sono alle sue forze, Né contrastar
con
quel, ch’è più possente Di virtute e valor : che
vaso di mel, ch’a un pellegrino Si ruppe, era una via sparsa nel mezo
Con
largo giro : ond’una copia grande Di Mosche in qu
n, che la fatica vana Scorgea di lui da carità commosso Gli ricordava
con
parlar cortese, Che per trovarla a la seconda and
se le havea, Dando di capo alfin restò prigione. Onde a pregar si diè
con
humil voce Colui, che preso in man stretto il ten
nde un uccellator, ch’ivi la vide, E la prese di mira, alfin la colse
Con
un pungente stral da l’arco spinto Mentre ella st
a parole, e quel, che meno importa, Al vero fin de la bramata impresa
Con
danno de gli amici et sua vergogna. Vano è il p
isse. O pazzo e vil che sei, Poi che tanta folia tu meco ardisci, Che
con
un piede sol franger potrei L’ossa tue tutte, e f
soggiorno, et non sapea che farsi. E così non prendendo alcun partito
Con
gran sospiri e gemiti pregava Ercole invitto, che
sermone, Per mostrarle c’haveva e voce e canto, Incominciò gracchiar
con
rauco strido Sì, che dal rostro il cibo in terra
ar vendetta de l’havuto oltraggio, La casa fracassando a terra trasse
Con
fiero sdegno ; e l’altre tutte quante Destò ad un
le vie più corte De i can la torma a lui, ch’era intricato,
Con
fiero stratio ne ’l condusse a morte. Ma mentre
trito son due volte il giorno, Non me ’l posso giamai veder da presso
Con
cor sicuro, pur temendo quello, Che tu provato og
icio, in cui Natura, O giudicio, o favor non gli consente, Da riuscir
con
utile et honore, Se gir non vuol d’ogni miseria a
tane Il Riccio del suo mal forte si duole : Et poi le dice
con
parole humane : Ch’egli si trova in punto, s’el
io insegna, Ch’io quanto a me, cui sempre giova e piace L’honor goder
con
l’utile congiunto, M’eleggerò la pretiosa oliva,
DINO, E GIOVE. UN bel podere un Contadin da Giove Tolse in governo
con
espresso patto Che Giove a sua richiesta ogni sta
Frate dapoi, che da tua bocca io veggio Il caldo, e ’l freddo uscir
con
egual modo, Non vo’ più consentir d’esserti amico
electæ. Mit Anmerkgn. von J. R. Koene, s. C. Nepos. Fedro. Le Favole
con
note italiane precedute da un discorso sulla favo
ædro, liberto de Augusto, traducidas al castellano en verso, y prosa,
con
la explicacion de los accidentes de cada palabra,
edo, catedrático de buena-version de los reales estudios de la corte.
Con
licencia. En Madrid, por Don Blas Román (1801). 2
hedro, liberto de Augusto, traducidos al castellano en verso y prosa,
con
la explicacion de los accidentes de cada palabra,
las de Phedro, liberto de Augusto, en latin y castellano, illustradas
con
algunas notas mas de las que tenian, para las mas
y uso de los principiantes en los estudios de gramática, y corregidas
con
mayor exactitud. Por de Francisco de Cepeda, maes
ulas de Fedro, liberto de Augusto, en latin y Castellano, illustradas
con
algunas notas mas de las que tenian, para la faci
y uso de los principiantes en los estudios de gramática, y corregidas
con
mayor exactitud por D. Francisco de Cepeda, maest
Francesco Pitteri, In Merceria all’ Insegna della Fortuna Trionfante.
Con
Licenza de’ Superiori, e Privilegio (1735, 1739,
ggio sopra Fedro di un Pastore Arcade. In Napoli per Michele Morelli.
Con
Licenza de’ Superiori. In-8º de 229 pages numérot
pages. 1798. Le Favole di Fedro in volgar prosa tradotte
con
annotazioni del sacerdote Antonio Millo. Edizione
olgar prosa Toscana recate a riscontro del testo latino ed illustrate
con
note di varie maniere per Sebastiano M. Zappala,
elles. Delle favole Esopiane di Fedro Liberto di Augusto Libri cinque
con
Appendice di XXXIV favole Riportate dal Burmanno
e. 1841. Le Favole di Fedro voltate in rime semi-giocose,
con
note istoriche da Giovanni Pasquale Professoro di
rofessoro di Rettorica. Biella, Presso Ignazio Feria librajo editore.
Con
permiss. In-12 de 130 pages. 1851. Le
çu : Incipit epistola veteris vigelli ad guilhelmū amicū suū secretū
con
|tinens ītegumentū speculi stultorum ad eundem dir
ibro par a que se aprouechen de su doctrina : corroborando su intento
con
muchas y buenas sentencias recolegidas d’los fabi
les autres n’en ont que six. Fol. 1 a. — Esta es la vida del Ysopet
con
| sus fabulas hystoriadas. Fol. 1 b. — Portrait
a el libro del ysopete ystoriado aplica-|das las fabulas en fin junto
con
el principio a moralidad prouecho | sa ala correc
unas nueuas muy graciosas, hasta | aqui nunca vistas ni imprimidas. |
Con
su Vida, maneras, costūbres | y muerte : y mas vn
Libro de la Vida, y fabulas del Sabio, y clarissimo fabulador Isopo.
Con
las Fabulas y Sentencias de diversos, y graves au
e diversos, y graves autores. Agora de nuevo corregido, y enmendado,
con
las anotaciones en las margenes. Impresso con lic
corregido, y enmendado, con las anotaciones en las margenes. Impresso
con
licencia de los Señores del Consejo Real de su Ma
bro de la vida, y fabulas de el Sabio, y clarissimo fabulador. Isopo.
Con
las Fabulas, sentencias de diversos, y graves aut
de diversos, y graves autores. Agora de nuevo corregido, y emendado,
con
las anotaciones en les margenes… Au bas du front
las anotaciones en les margenes… Au bas du frontispice : Año 1728,
Con
Licencia. En Madrid : A iosta de D. Pedro Joseph
— Fabulas | de la vida del sabio y clarissimo | fabulador | isopo, |
con
las fabulas, y sentencias | de diversos, y graves
diversos, y graves autores : Ahora de nue-|vo corregido y enmendato,
con
las Anotaciones. — Madrid : | En la imprenta de D
| y de otros | famosos autores, | corregidas de nuevo, Y | referidas
con
el mejor estilo, que hasta | hoy se hayan visto.
ntencia de las fabulas, se | hallara a la fin de cada una de ellas. |
Con
licencia, Barcelona : Por Matheo Barceló Im-|pres
en la imprenta de sierra y marti, | plaza de S. Jayme. | año 1815. |
Con
licencias necesarias. Cette édition consiste dan
55. B. — Fabulas de la vida del sabio y clarissimo fabulador Ysopo,
con
las fabulas de diversos y graves autores ; ahora
de diversos y graves autores ; ahora de nuevo corregido y enmendado,
con
las anotationes. Madrid, imp. de Lopez y herm. li
818. Fabulas de la vida del sabio y clarissimo fabulador Ysopo ;
con
las fabulas y sentencias de diversos y graves aut
s de diversos y graves autores ; ahora de nuevo corregido y enmendado
con
las anotaciones. Madrid, imp. de la V. de Barco L
ner ; Ceste oure en parole legiere Porte fais doneste menière ; Aussi
con
la cruise quest soiche, Lo bon noiellon danz soi
enture Ai trouée, don nauoit cure. Habaiz fu, quant la trouée, Et dit
con
cil cui point nagrée : He ! fait-il, preciouse ch
Le prologue débute ainsi : Esforçasi la presente scriptura, acciochè
con
diletto faccia utilità, elleggiere ricitato per n
du Coq et de la Perle, qui commence par les mots : Per una stagione
con
grande solecitudine. Voici comment finit celle d
ainsi : E lo buono huomo si ripigliò lo puledro suo, e andossene via
con
esso, et par bene parlate sue liberato. Le cata
n lit : In Firenze MDCCLXXVIII. || Nella stamp. di Giuseppe Vanni ||
con
Lic. de’ Super. Édition in-8º de xliv-204 pages.
da Siena || cavate del codice Laurenziano inedito || e riscontrate ||
con
tutti i codici Florentini e col Senese. || Felice
Esopo. Testo di lingua || edito per cura || di Gaetano Ghivizzani ||
con
un discorso || interno la origine della Favola, l
ttore. Hora son stato in man di correttore : Che in latino e vulgar
con
mia gran pace : Esser me fa : come gia fui : ver
correcto son sotto tal norma. Da Giovanni Aluise e da compagni sui
Con
diligentia bene impresso fui. Voici la traducti
ministros. Entri in la nostra scola chiunque usare Voi
con
gli boni e li altri lasse stare. Puis vient cet
cote O. 66 possèdent chacune un exemplaire de cette édition. — Esopo
con
la vita sua historiade vulgare et latino. À la f
exemplaire de cette édition sous la cote 7744. 1520. Esopo
con
la vita sua historiate || vulgare et latino. Ce
édition sous la cote 7754. 1544. Fabule di Esopo historiate
con
sue allegorie historice et morale. À la fin : V
are || dove si vede mira-||bilissimi et notabili am||maestramenti. ||
Con
le sue figure accomo-||date ad ogni fabula. || Di
ue fronde, Per far al mio rimar perfette sponde, Volgarizando
con
stillo sincero. Et egli a me con suo parlar sev
perfette sponde, Volgarizando con stillo sincero. Et egli a me
con
suo parlar severo, Experto e dotto, accotto m
o mi risponde I dono a te mie Fabule gioconde Che le commenti
con
bon magistero. Ma poi che son varie le persone,
ermone. Et perche il frutto di tanta eccellentia Gusti ciascuno
con
ferma rasone, Fa che dichiara giusta mia sent
e, Fa che dichiara giusta mia sententia. Cosi
con
tal licentia. Commeato presi, et egli mi benediss
te En un lit, et euure la porte De l’abitacion a l’ome. Si ramaine le
con
de rome, Et, por ce que mielz ieu talent De faire
rincipe di Toscana. In Venezia MDCCXIII. Appresso Gio. Gabriello Etz.
Con
licenza de’ Superiori, E con Privilegio anche Di
a MDCCXIII. Appresso Gio. Gabriello Etz. Con licenza de’ Superiori, E
con
Privilegio anche Di N. S. Papa Clemente XI, in-12
is. Tomo primo. In Venezia, MDCCLII, per Giambatista Albrizzi Q. Gir.
Con
licenza de’ superiori, in-4º. (Voyez, dans la Dis
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