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DELL’ASINO, E DEL CINGHIALE.
AVENNE un dì, che ’l semplice Asinello
Per camino incontrando il fier Cinghiale,
Qual pazzo incominciò ridersi d’ello,
Per non haver più visto un mostro tale :
Ond’ei gli disse : Segui, pur, fratello,
Di me burlarti, poi ch’assai ti vale
L’esser sì vile, e di sì sciocco ingegno,
Che d’oprar mio valor teco mi sdegno.
Et però non potrà la tua pazzia
Tanto oltraggiarmi col suo▶ stolto riso,
Ch’io macchi mai la nobiltà natia
Nel tuo vil sangue mentre io t’habbia ucciso.
Ché, benché degna di supplicio sia
L’ignoranza, onde m’hai così deriso,
Sarebbe a mia virtù di poco honore
L’abbassarsi in mostrarti il ◀suo valore.
Dunque ciò noti ognun, ch’esser si sente
Di cor gentile, e di virtute adorno :
E freni l’ira con la bassa gente,
Che talhora gli mova ingiuria, e scorno :
Perché chi di valore è più possente,
E di fregi d’honor cinto d’intorno
Spendendo le sue forze in vil figura,
La sua virtute, e la sua gloria oscura.
Non mostrar tuo valor con gente vile.