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DEL CIGNO, ET DELL’OCCA.
DENTRO un Cortile d’un palazzo altero
Vivean nudriti insieme un’Oca e un Cigno
Questo per dilettar col dolce canto
Del suo Signor le delicate orecchie ;
Quella per dilettar col grasso petto
La gola e ’l ventre. Or venne un giorno il Cuoco
Per apprestarne le vivande usate
Al suo Signor : e col coltello in mano
In iscambio de l’Occa il Cigno prese
Per▶ farne la cucina, error prendendo
Da la sembianza de le bianche piume.
Il Cigno allhor per naturale istinto
Mosso a cantar co’ più soavi accenti,
Che possa di sua vita a l’ultime hore,
Visto già il ferro de la morte autore,
Et esser preso da l’infesta mano
Di quell’huom rozo e di pietate ignudo,
Nel cor piangendo a cominciar si diede
Così leggiadro e dilettoso canto,
Ch’a quello il Cuoco del suo errore avvisto
Il riconobbe al primo suono, e tosto
Lasciollo in pace, e diè di mano a l’Occa.
Et via portolla : e quel sciolto rimase
◀Per sua virtù da l’accidente strano.
Così l’huomo eloquente ha spesso forza
Di lontanarsi da malvagia sorte :
E fugge il mal di violente morte
Col suo sermone, ond’ei gli animi sforza.
Un bel parlar a tempo è gran guadagno.