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DELLA TESTUGGINE, ET L’AQUILA.
LA Testuggine un dì vistosi presso
L’Aquila, che▶ dal cielo era allhor scesa,
Per riposarsi sopra il verde piano,
Venne in gran voglia di poter volare
Per provar quel piacer, c’haver pensava
Gli augelli di passar per l’aere a volo.
E tosto a pregar l’Aquila si diede
Che le piacesse d’indi trarla seco
A i superni del cielo immensi campi
Per darle il modo, onde volar potesse.
Al suo sciocco pensier dar argomento
Di sua ruina, con parlar benigno
Cercò ritrarla da quel van disio
Mostrandole il pericolo imminente,
Che deveva sortir sì vana impresa.
Per torla giù di quel cieco desio,
Che ’l lume di ragion cacciava al fondo ;
L’Aquila alfin per contentarla prese
Quella su ’l dorso fra gli adunchi artigli ;
E quanto pote alto levossi a volo.
Quindi scoprendo largamente intorno
In breve effigie i fiumi, i campi, e i monti,
Sotto l’aspetto d’una altezza immensa,
Le dimandò se allhor volar volea.
Resa era già dal suo folle appetito,
Le rispose bramarlo oltra ogni stima ;
Del volar l’arte dal camin già fatto
Ella devesse andar per l’aria a nuoto.
Visto alfin l’ostinato suo pensiero
L’Aquila, e vana ogni ragion con lei,
Disse : dunque, se pur cotanto brami
L’opra tentar, ch’a te natura vieta,
Adopra quanto puoi le mani e i piedi,
Che ben ti converrà destra mostrarti,
Se da periglio tal salvar ti dei.
Ciò detto aperse di questo e quel piede
Tosto gli artigli, et la diè in preda al fato.
Così la miserella, ◀che non have
L’ali leggiere, onde sostenga il peso
Del debil corpo suo terreno e grave,
Sottosopra voltandosi alfin cadde
Precipitosa sopra un duro sasso ;
E schiacciata finì la vita e ’l volo.
Così interviene a chi nell’alte imprese
Da sé medesmo consigliar si vuole ;
Ne de’ saggi dà fede a le parole
Da buon discorso in sua salute spese.
Merta ogni mal chi sprezza il buon consiglio.