[9.]
DEL CANE.
PASSANDO un’acqua il Cane con un pezzo
Di carne in bocca, che▶ trovò per via,
Vide nell’onda, ch’era posta al rezzo,
L’ombra maggior di quella, ch’egli havia :
Et disse. Poi ch’est’altro è un più bel pezzo
Questa voglio lasciar, e quella prendere,
Che mi potrà più satio e lieto rendere.
Così lascia la sua cader nell’onda,
E volendo pigliar l’altra maggiore,
Sparisce quella nel turbato humore :
S’accorge alfin, ◀che la vana sembianza
De la sua l’havea posto in tal speranza.
Et dolendosi poi tra sé dicea :
Quanto era meglio, oimè, godermi in pace
Quel picciol ben, ch’io già di certo havea,
C’haver d’un ben maggior voglia rapace.
Questo è finto, ch’io vero esser credea,
Mosso da openion sciocca et fallace.
Cos’io resterò essempio a gli altri avari,
Ch’ogn’un del proprio a contentarsi impari.
Chi vuol l’incerto vien del certo a nulla.