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DELL’AQUILA, E ’L GUFFO.
S’UNIRON già d’alta amistade insieme
L’Aquila e ’l Guffo : e si giuraron fede
Di non mai farsi in alcun modo oltraggio :
E tra i più forti inviolabil patti,
Che d’osservarsi il Guffo proponesse,
Con supplichevol prego aggiunse questo,
Ch’a l’ Aquila piacesse haver riguardo
A i figli suoi se gl’incontrasse a sorte :
Onde perch’ella non prendesse errore
Le diede il segno di conoscer quelli
Fra l’altre specie de i diversi augelli.
Di leggiadria, di gratia, e di beltade
Vedesse di gran lunga avanzar gli altri,
Quelli esser di lui figli ella credesse.
Quindi l’Aquila un giorno andando a spasso
Per l’ampio spatio d’una ombrosa valle
Da la fame assalita astretta venne
Di pasturarsi : e come quella, a cui
Stavan sempre nel cor gl’intesi patti
Di mai non far al suo compagno offesa ;
Da molti augelli per gran spatio astenne
L’adunco artiglio : e tuttavia cercava
Di prender quelli di più brutto aspetto,
Quando dal giogo d’una eccelsa rupe
Sentì ullular del suo novo compagno
I non mai più da lei veduti figli
Nell’aspro nido quasi anchora impiumi.
Onde dal cantar loro horrido tratta
Tosto vi corse : e giudicando quelli
Di lor satiossi alfin l’avido ventre
Non senza doglia della sozza madre,
Che di lontan con gran timor la scorse
Devorar tutto il suo infelice parto :
Al marito narrò l’horribil caso.
Tornò fra poco al mal guardato nido
Forte piangendo il ricevuto torto :
E trovando per via l’altero augello
Compagno, e del suo mal cagion novella,
Che di ritorno sen veniva altero
Battendo il vento co i possenti vanni,
Con aspra insopportabile rampogna
Cominciò del suo mal seco a lagnarsi.
Quinci l’Aquila inteso esser incorsa
Nell’odioso errore a punto allhora
Che più da quel credeasi esser lontana,
Et sol per colpa del giudicio torto
Del Guffo tratto dal paterno affetto
A darle de’ suoi figli il falso segno ;
Forte sen dolse : e si scusò con seco1
Del torto a lui contra sua voglia fatto.
Ch’egli le fece de la gran beltade
De la sua prole, non havria creduto
L’openion dal ver tanto lontana.
Ond’ei dolente e pien d’amaro scorno
Soffrir convenne alfin l’aspro accidente
Partendosi da lei tristo e confuso.
Di sé medesmo fatto in tutto cieco
Stima le cose sue più, ◀che non deve,
Resta schernito quando più si crede
Esser per quelle rispettato al mondo :
E duolsi a torto del giudicio altrui,
Che drittamente a sé contrario vede.
Ogni bruttezza a sé medesma piace.