(1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — A I LETTORI. DEL PADRE, E DEL FIGLIUOLO, che menavan l’asino. » p. 721
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(1570) Cento favole morali « CENTO FAVOLE MORALI. raccolte, et trattate in varie maniere di versi da m. gio. mario verdizoti. — A I LETTORI. DEL PADRE, E DEL FIGLIUOLO, che menavan l’asino. » p. 721

A I LETTORI.

DEL PADRE, E DEL FIGLIUOLO,
che menavan l’asino.

UN vecchio et un garzon padre e figliuolo
    Un Asinel menavano al mercato
    Per venderlo, et uscir d’affanni e duolo.
Il caminar a piedi era lor grato,
    Né ’l debole animal di peso alcuno,
    Perch’ei non si stancasse, havean gravato.
Ma ecco tosto motteggiarli ognuno,
    Che con l’Asino scarco issero a piedi,
    Con un parlar inutile importuno.
Or disse il giovinetto al padre : vedi
    Padre, come ch’ognun di noi sen ride
    Per l’Asino, che scarco esser concedi.
Però montavi sopra ; e tante stride
    Cesseran tosto ; e farai giusto inganno
    A questa lunga via, c’homai t’uccide.
Il Vecchio stanco l’ubidisce ; et vanno
    Così per breve spatio al lor camino :
    E trovan nove risa, e novo affanno.
Già senton dir da ognun per quel confino,
    O che discretion d’huomo saputo,
    Ch’a piedi lascia quel garzon mischino.
Udito spesso il padre un tal saluto,
    Scese de l’Asinello, e disse al figlio ;
    Montavi tu, ché così è ben dovuto.
Ché così cesserà tanto bisbiglio
    De la gente, che passa, e che mi vede
    Di tua salute haver poco consiglio.
Il figlio tosto ubidiente cede
    A le parole del suo buon parente,
    E fa quel, ch’ei gli dice, e ’l meglio crede.
Ma così andando trovan nova gente,
    Che biasma, che quel giovine a cavallo
    Camini, e a piedi il vecchio dispossente.
Né trovaro alcun mai, cui grave fallo
    Ciò non paresse, consigliando il vecchio,
    Ch’anch’ei s’accomodasse afflitto e giallo.
Subito diede a tal consiglio orecchio
    L’huom rozo, e gli parea questo il più saggio,
    E d’huom, che fosse di prudenza specchio.
Onde credeano in pace a tanto saggio
    D’openioni altrui varie e diverse
    Ambi fornir il resto del viaggio.
Così due pesi l’Asinel sofferse,
    Il padre su le spalle, il figlio in groppa,
    Fin che trovò chi l’occhio in lui converse.
Mentre sì carco l’animal galloppa
    Ecco il primo, che ’l vede, a gran pietade
    Mosso di lui, che in ogni sasso intoppa.
E con cor pien d’amor e caritade
    Dice : deh non vi move a compassione
    Questo Asinel, ch’ad ogni passo cade ?
Certo c’havete poca discretione ;
    Non vi deve esser caro, s’egli è vostro ;
    O sete ingrati, s’è d’altrui ragione.
Non comprendete voi, che strano mostro
    Parete a chi vi mira in questa forma ?
    A vostra utilità questo vi mostro.
Stupido il Vecchio allhor allhor s’informa
    Del discorde giudicio de le genti,
    Ch’a tutte l’opre dan precetti e norma.
E per provar se tutti far contenti
    Potea pur, prese alfin novo partito,
    Onde tanti parer fossero spenti.
E scendendo col figlio, anch’ei smarrito,
    Da le riprension, c’havea lor fatto
    Il popol vario al dar sentenze ardito,
Legò con una fune affatto affatto
    I piedi a due a due de l’Asinello,
    E tra lor fecer di portarlo patto.
Così pensando al dir di questo e quello
    Por freno, e far cessar tanta rampogna,
    Che sovente rompea loro il cervello.
Or mentre sopra un palo ognuno agogna
    Portarlo, a la Cittade homai vicini
    Ecco novo mistier tentar bisogna.
S’aduna intorno da tutti i confini
    La turba immensa de le genti sparse
    Sì de la Terra, come pellegrini
A lo spettacol novo, che comparse
    Non senza riso universal di tutti,
    Che lo mirar tosto che prima apparse.
Veduto il vecchio del rimedio i frutti
    Esser sol burle e scherni al pensier novo,
    E i suoi disegni ognihor restar distrutti,
Tosto disse tra sé : poi che non trovo
    Modo, ond’io possa ognun render contento,
    Con giusta causa a far questo mi movo.
E sendo sopra un ponte in quel momento
    Qual disperato il mal nato animale
    Gettò nel fiume per minor tormento.
Così fa l’huomo a sé medesmo male,
    Che far contento ognun pensa e s’ingegna
    De l’opre sue, né questo asseguir vale.
Perché in natura tal discordia regna,
    Che se là s’odia il rio, qua s’odia il giusto,
    E in altra parte e questo e quel si sdegna.
Vario è ’l parer d’ogni huom, diverso il gusto :
    Ognun de la sua voglia si compiace ;
    Chi loda il pan mal cotto, e chi l’adusto,
Né pur Venere stessa a tutti piace.
Chi vuol de l’oprar suo far pago ognuno
    Sé stesso offende, e non contenta alcuno.