(1779) Trattato teorico-prattico di ballo « Trattato teorico-prattico di ballo —  Parte prima — Capitolo XI. Del Passo Staccato, detto Dégagé »
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(1779) Trattato teorico-prattico di ballo « Trattato teorico-prattico di ballo —  Parte prima — Capitolo XI. Del Passo Staccato, detto Dégagé »

Capitolo XI. Del Passo Staccato, detto Dégagé

[1] Il Dégagé, benché non abbia figurazione alcuna, per esser un semplice staccare che fassi un piede dall’altro nella legazione de’ passi, pure è più necessario degli altri. Il fine di tutti i passi non puol servire da principio agli altri da ligarsi con esso; onde fa di mestiere staccare un piede dall’altro, cioè torlo da quella posizione in qual finisce il passo precedente alla positura da cui deve cominciare il passo susseguente, e ciò vale per il Dégagé. Per esempio, fatta una “Glissata avanti”, la quale finisce in quinta, vi si vorrà attaccare un “Contratempo”: come farlo se questo principia dalla quarta? Bisogna dunque distaccare il piede dalla quinta alla quarta vera o forzata, secondo il bisogno e come si deve adoprare il contratempo per prendere questo. Vorrasene fare un altro “girando” per ritornare allo stesso luogo, è necessario il distaccamento del piede, sì per prepararsi al giro, come per levarsi dalla situazione retta, ove ritrovasi con l’antecedente contratempo; che se si volesse prendere dalla stessa situazione non potrebbe far camino veruno: ma usando il Dégagé si otterrà tutto. Serve anche per prevenzione a qualche “capriola”, che in tal caso si fa con impeto e forza.

[2] Oltre di ciò serve per riempimento di tempo. Per esempio, se sia un tempo binario, la di lui battuta piglia sopra, ed il passo, o salto o capriola che fosse, si prende nella caduta della battuta: come riempirsi il sospiro che va preso in aria? Se non si adopera il Dégagé, dovrebbesi star fermo ed aspettare, per rientrare in cadenza; ma più difficile assai riesce questo star fermo per entrar poi in battuta, che usandosi il Dégagé per riempimento. Un cieco che camina con la scorta non è così soggetto ad inciampare, come lo sarebbe un altro senza guida. Così il distacco del piede precavisce assai l’uscir di tempo. Si puole, l’ammetto anch’io, lasciar passare vuoto questo sospiro, ed aspettar la cadenza; ma per una o poche volte, e questo è riserbato a que’ tali Ballerini che sanno il mestiere: né solo si ponno usare quest’entrate di tempi legati, ma ancora, con de’ “contratempi” e con dell’“intercadenza”, come avvisassimo nel Capitolo VI.

[3] Il ballare in “Contratempo” è quello il quale lascia passare due o tre battute in vuoto e poi attacca il tempo. E questo importa il ballar di contratempo.

[4] L’“intercadenza” sono quelle tali mosse che fansi con finire un passo fuor di battuta, ed il principio dell’altro si leghi sulla battuta susseguente, e non perché l’entrata sia fuor di tempo, per ciò che non balla in cadenza. Ecco come si suole adoprare: una capriola casca in intercadenza, si lega un passo sull’entrata dell’altra battuta, basta che niente abbia di dilezione, e che vadi uno ligato all’altro; questo avviene spesso, e per lo più accade a quei Ballerini che sono dell’arte periti: perché componere apposta in questo genere, fa di bisogno essere un Ballerino di fondo a cui solamente riesce vago il componere in questo stile.

[5] Non solo egli su quest’uso è buono; ma anche è necessario per guadagnar terreno: talvolta con due passi si dovrà traversare il Teatro, ma l’aria non il permette, non dona questo tempo; allora la virtù istessa del Ballante lo spinge ad acquistare il necessario terreno senza restar corto ne’ tempi: in battere non si puol far uso del Dégagé, a riserba di voler ballare o di contratempo o d’intercadenza; ma questo non accordo mai in principio o in fine del ballo.

[6] Un sol movimento si considera in questo passo, ed è l’andante. Da queste cose, che sembrano di lieve momento, si conosce chi sa l’arte fondatamente, e chi ne sa la superficie.