Capitolo II. Per apprendere perfettamente la Danza
[1] Le cose che nel mondo per sola prasse e sforniti di teoria si vogliono apprendere, mai si sanno a metà. Chi subito si vuol dare al corpo di una materia, senza prima avere atteso a’ rudimenti, insegna poco, o nulla; e questo poco imperfettamente. L’imparare le regole generali ed istruirsi nelle loro particolari eccezioni è l’unico metodo con cui un uomo possa arrivare alla perfezione di ciò che apprender voglia. Pare a taluni che la Prattica sia la maestra del tutto. Io dico che la Prattica è un edifizio cui per sostenersi ha bisogno del fondamento, e questo fondamento è la Teoria. Voglion questi con la sola sperienza giugnere al colmo della perfezione. L’esperienza convince ma non persuade, dimostra ma non conchiude; è un’arte, e non ragione. Mostrerà taluno che l’aria sia gravej con appendere in una statera un vaso di vetro ermeticamente sigillato, e il farà pendere in equilibrio con un peso apposto all’altra parte; quindi per la macchina Boiliana, o sia Pneumatica, estraendosi l’aria dal vaso vitreo si vedrà dalla parte del peso traboccar la lance. Mostrerà egli per ciò la ragion della gravità come opera, come con la macchina di Pneuma viene estratta l’aria, ed altre intrinseche ragioni, senza spiegare il sistema tutto? Niente affatto. Sarà dell’istessa maniera inscio, come lo era prima di mirar l’esperienza. Ma adduciamo un esempio più facile al capimento, e più adattato al nostro proposito. Ognuno che abbia un buon orecchio, una voce sonora e di facile apprendimento, è capace di poter cantare qualunque arietta che per due o per tre volte sia giunta alla sua fantasia per mezzo dell’organo dell’udito. Ma costui nulla saprà della Musica, e quel che cantucchia appreso ad aria, non sarà mai a perfezione cantato, malgrado l’attenzione usata e l’abilità naturale sortita. E poi non altro sa egli cantare che quelle cose sole a forza di pura prattica mandate a memoria; e con quanti falli li canta, non esso, ma chi l’ascolta e sa dell’arte, distingue le dissonanze. Que’ però, che avranno insegnato i principi della Musica, e per mezzo di quelli giungono tratto tratto a cantare un’aria a perfezione, similmente saranno capaci di intonarne quante se ne trovano create, e quante crear se ne possano.
[2] Or così parleremo della Danza. Quelli che hanno volontà d’impararla perfettamente, se non si applicano con tutto studio a ben apprendere i principi, le regole, i precetti della nostra bell’Arte, non sapran mai di ballo, ma sol mediante questi potran danzare tutti i balli possibili che nel mondo vi sono, ed esser vi possono. Ma quelli che, senza saperne i principi, voglion subito insegnarsi con la prattica questa e quella Danza per mostrare che in poco tratto di tempo, mercé la loro abilità, hanno insegnato quantità di balli, questi non avranno imparato nulla, e mai sapran formare un passo, non che un ballo a dovere; ed eccosi miseramente ingannati, e perduto tutto quel tempo che loro credevano doppiamente guadagnato. Non altro mezzo dunque v’è per riuscire nel ballo che una lunga sofferenza d’imparare i primi rudimenti, e quindi tratto tratto unirli tra loro, andarli disponendo con giusta simmetria, e caminare a lento passo per far gran strada. Cacciasi dunque via la malinconia da capo d’insegnarsi una miscellagine di Danze, di capriole, di legazioni di passi, sapute appena le posizioni, questa succede a quella, avendo una piccola tintura di una cosa, che subito si voglion dare al principio di un’altra. Chi vuole impararsi a leggere insegni prima a conoscere le lettere, quindi a formar le sillabe e così, gradatamente, giungerà alla perfetta lettura: né più né meno è del ballo; e chi prende in derisione questi miei avvertimenti, ed il contrario eseguisce, si vedrà egli infelicemente deriso ed ingannato. Io non altro pretendo ch’esporre la veritade e manifestare non solamente quello che penso in me stesso, perché mio intendimento; ma perché con le lunghe sperienze, e con disciplinare i dilettanti, mi sono occorsi simili talenti.