(1779) Trattato teorico-prattico di ballo « Trattato teorico-prattico di ballo — Prefazione »
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(1779) Trattato teorico-prattico di ballo « Trattato teorico-prattico di ballo — Prefazione »

Prefazione

[1] La Danza nasconde il suo natale nelle tenebre di una sì remota antichità, che determinatamente non si ha potuto concludere della sua origine, né da’ più rinomati Autori si ha potuto ricavar mai, e decidere con affirmazione sì fatta epoca. Quel solo, che possa asserirsi, si è che la sua invenzione è troppo lontana.

[2] Presso de’ Greci è stata in grande usanza, celebrando i Sacrifici alle loro Deità e precisamente nelle feste de’ Baccanali, che dopo di aver tranguggiato de’ generosi liquori, ponendosi in allegrezza, mettevasi tutto il meccanismo del corpo in moto ed agitazione, né potendo in quell’orgasmo le membra aver riposo, ciascuno di essi sentivasi un segreto impulso di lanciarsi, di tendersi, di muoversi, e così impazientemente dandosi di lancio, formavano danze irregolari senza artificio veruno, ma come la natura spingeva la loro brillante macchina rallegrata da dolci nappelli: onde naturalmente si fa argomento che abbia avuto l’origine sua rozza e semplice.

[3] Io non voglio però ostinatamente apponermia a questo, dirò bensì di aver preso il nascimento da qualche bizzarro Drappello, cui allegramente solazzavasi. In effetto osservasi, al dì d’oggi, che la Danza ha bisogno della spinta, ed esser ravvivata da qualche estrania cagione; ed è questa per ordinario la Musica, la quale così sveglia l’estetico, che dalla mestizia chiama sovvente all’allegrezza, e dà spinta a’ membri di distendersi e muoversi secondo la sua battuta.

[4] Si vede, oltre le varie sperienze, il signoreggio che tiene la Musica sull’animo umano nella guarigione de’ Tarantolati, che ad una sonata dal nome stesso detta la Tarantella , nel maggior stato della loro ambascia, opran da sé gli effetti puramente meccanici che, scossi da quel letargo mortale, si danno a saltellare con moto straordinario, dal che si aprono i pori cutali, tramandando disciolto tutto in sudore il veleno.

[5] Ma lasciamo da parte sì fatta digressione, e torniamo al nostro proposito. Il dottissimo Sig. Ludovico Antonio Muratori nell’Antichità d’Italia b riferisce che l’Anonimo Autore di una Cronica Manoscritta di Milano, Scrittore di molta Antichità, descrivendo l’antico Teatro de’ Milanesi, [scrive] che terminato il canto si dava principio alla Danza. Finito cantu Bufoni, et Mimi in citharis pulsabant, et decenti motu corporis se circumvolvebant.

[NdE] Antonio Muratori, De Spectaculis et Ludis Publicis Medii aevi, 1739.

[6] Tra’ giuochi appellati da’ Romani Ludi scenici v’era pure la Danza, e specialmente in que’ che chiamavansi Mimi. Veniva questa sorte di spettacolo da un solo attore, detto Pantomimus, rappresentato, cui cantando e ballando buffonescamente contraffaceva le azioni di tutti gli Uomini, imitandoli in mille guise e ponendosi in mille ridicole positure per far ridere gli spettatori: come ancora ne mantiene il suo nome, che l’azione e l’argomento ballante dicesi Pantomimo ballato.

[7] Questa costumanza festiva fu ancora presso i Sanniti e Tarentini, i quali traevano l’origine vetusta da’ Spartani. Celebravano questi i Saturnali mettendo il Nume dell’Allegrezza sopra macchina pomposamente addobbata, intrecciandovi intorno vari ed allegri balli, che furono poi annullati da Pirro Re di Epiro per agguerrir bene la gioventù e non farla divertire dalla disciplina militare, quando presa avea la loro difesa contro la potenza de’ Romani che volevano soggiogarli.

[8] Tutti questi, benché ballavano e saltavano regolati dall’armonia musicale, non facevan però balli con passi regolati: onde si vuole senza verun dubbio che alla nostra Italia debbasi l’onore e la gloria della primanza nel dar le regole alla Danza, avendone formati i precetti e datine i documenti.

[9] Per quel, che si avvisa fu il primo a scrivere intorno a’ balli Messer Rinaldo Rigoni, la di cui opera porta per titolo il Ballerino perfetto, stampata in Milano l’anno 1468. Appo di questi il signor Fabrizio Caroso da Sermoneta fé’ una Raccolta di vari balli , impressa in Roma nel 1630. Comparve nel nostro secolo il Trattato di ballo nobile di Giambattista Dufort dato al torchio in Napoli l’anno 1728.

[10] Dopo gl’Italiani furono i Spagnuoli ad imparar la Danza all’Italiana foggia, aggiugnendovi alcune capriole ed il suono delle nacchere.

[11] Sebben meritan gl’Italiani il primo vanto dell’invenzione della Danza regolata, tuttavia non la portaro a perfezione, e benché ballavano in cadenza di Musica, erano i passi così sforzati e caricati che, se si mettesse il loro carattere in Iscena sarebbe il più lepidod e grottesco pantomimo, come fu ingegnosamente eseguito da monsieur Filibois Maestro di Ballo nella Corte Imperialee. Alli Francesi siam tenuti della lindura in cui è posto il ballo al presente. Essi lo hanno ripulito al tornio del buon gusto. Essi hanno illustrato i Teatri con questo sorprendente e dilettevole spettacolof. Essi hanno nobilitato le Sale con questo maestoso e brillante divertimento, che ha luogo non solo nelle nobili e civili adunanze, ma fa pure la maggiore e principal gala nelle Corti Sovrane: onde io vedendo la preminenza a questo diversivo mi vi sono applicato per dare le vere strette regole della Danza sì Teatrale, come da Sala, sul gusto moderno, abbracciando quello che si usa a’ tempi nostri e ributtando tutto ciò che dagli antichi veniva adoprato; e mi sono studiato di spiegarmi con la maggior chiarezza ho potuto per maggiore intelligenza de’ principianti, descrivendo minutamente tutti i passi, le diversità ed i movimenti.

[12] Ho diviso questo mio Trattato in due parti. Nella prima parlerò di tutti i passi, delle materie ad essi appartinenti e delle caprioleg: nella seconda tratterò di ballo da Sala.

[13] Non pretendo altro da queste mie fatighe che l’altrui vantaggio e piacere, sgombro affatto di vanagloria, e di eternar col torchio il nome mio. Avendo il comun gradimento sono arrivato al fine de’ miei disegni; e con questa lusinga trovo il premio de’ miei sudori. Se dentro qualche difetto vi appare, se ne incolpi il mio parco sapere: ma non si defraudi il merito alla nobil bell’arte della Danza.