(1728) Trattato del ballo nobile di Giambattista Dufort « Trattato del Ballo Nobile di Giambattista Dufort — Trattato del Ballo Nobile — Capitolo XXXIV. Avvertimenti generali a coloro che vogliono perfettamente imprendere il ballo nobile »
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(1728) Trattato del ballo nobile di Giambattista Dufort « Trattato del Ballo Nobile di Giambattista Dufort — Trattato del Ballo Nobile — Capitolo XXXIV. Avvertimenti generali a coloro che vogliono perfettamente imprendere il ballo nobile »

Capitolo XXXIV. Avvertimenti generali a coloro che vogliono perfettamente imprendere il ballo nobile

[1] Tutte le scienze e le arti, e generalmente le cose tutte che si possono dall’umana mente sapere, imparar si possono dagli uomini in due modi ben differenti. Primieramente per via di regole generali ed invariabili, per le quali s’acquista il vero e diritto saper delle cose, e per le quali agevolmente s’intendono e si adoperano tutte le particolarità che sotto le dette regole son contenute. Ed in secondo luogo per via d’esempi e col voler sapere le particolarità delle cose: il qual modo è invero assai difettoso e mancante. Quindi accade ch’essendo le regole di novero pochissime, ma che nello stesso tempo istruiscono e rendono chiara la mente, ed aperta a comprendere e porre in atto tutte le cose infinite sotto di esse raccolte ed inchiuse, coloro che sanno per la loro via si possono dire che sappiano compiutamente e da maestri, e che in un tratto possono tutti gl’innumerabili esempi in esse compresi conoscere ed operare. Ove per contrario coloro che sanno le cose per via d’esempi, si può dir che non sanno nulla, perciocché essendo gli esempi di novero infiniti, e variando essi per ogni piccola circustanza, non possono già nell’angusta comprension della mente dell’Uomo capire e contenersi. Ed avvegnaché paia che il saper per via d’esempi sia molto più agevole dello intender per via di regole, perché veramente è assai più difficile d’imprendere le regole della musica, che il mandarsi in memoria, udendola più volte, un’aria nel Teatro (il qual esempio serva per tutti gli altri, che di ogni scienza e di ogni arte si possono in mezzo produrre). Tuttavia però se si riguarda a due sole cose, cioè al novero degli esempi, il quale essendo infinito, non si può dire veramente che s’imprendan tosto, ma deesi affermare che non si potrà mai finir d’apparargli, perché invero, contuttoché alcun vivesse più secoli e che di giorno in giorno si mandasse in memoria nuove arie e cantate di musica, pur ne gli resterebbero infinite altre da imparare, per le quali sapere vi vorrebbe una vita che mai non finisse, ed in secondo luogo, se si pone mente a’ difetti ed errori dove offendono costoro li quali, non avendo perle mani i principi e le regole di quella cotal arte, i cui esempi si mandano in memoria, del continuo corrono in fallo, senza che nemmeno se ne possano accorgere ed avvertire; si dovrà fermamente dire che non v’ha, né vi può avere, più sicura e più corta via da poter le cose sapere che, lasciati da banda gli esempi, i quali sono propri per gli infingardi ed ignoranti, s’imprendano le regole, i principi ed i precetti generali delle Scienze, e delle Arti, colli quali in un tratto s’intendono e si pongono in opera tutti gli esempli che sotto di lor vengono contenuti. E nel vero è molto meglio sapere le regole della Musica, senza tenere a mente una sola Cantata, che saper mille Cantate, senza aver le regole della Musica, perciocché chi saprà la Musica sarà abile a cantarne, non mille o dumilia, ma sì bene infinite, e tutte quelle che gli si presenteranno davanti a cantare.

[2] Or quanto finora s’è detto nel presente capitolo si può di leggieri applicare e rivolgere al Ballo ed a coloro che sono vaghi di perfettamente impararlo. I quali deono pone tutto il loro studio alle regole ed a’ precetti generali di cotal arte, per li quali si può ballare ogni presente e futura danza; e per contrario deono schifare e fuggire il saper per la sola via degli esempi, cioè il voler imparare il ballo, non già cominciando dalle sue regole, ma volendo questa o quell’altra danza adoperare e porre in atto, per far sembianti d’essere stati in un tratto abili a sapere molto in pochissimo tempo. E da ciò poi ne nasce che vi saranno di quelli i quali si crederanno saper ballare molte danze ed in verità non sapranno fare un sol passo; laddove se il tempo speso ad imprendere quelle danze imperfettamente l’avesser voluto impiegare alle regole di sopra dimostre, non solamente sarebbono stati abili a poter ballare assai più danze, e più regolata-mente di quelle che non sanno; ma eziandio non avrebbono male speso il loro tempo e non sarebbono certamente rimasi fuor d’ogni loro credenza ingannati.

[3] Coloro adunque che vogliono far tutto il profitto nel ballo nobile, aprano gli occhi dell’intelletto e non si lascino trasportare, anzi si ridano di quegli altri li quali, senza saper nulla, s’affrettano ad imparare un mescuglio di danze, di capriole e di passi difficili, e credendo di fargli ottimamente, non fanno altro che strapazzarsi inutilmente le gambe e tutto il corpo, ed i quali quanto più s’affrettano, tanto più vanno errati; simili a coloro i quali, ritrovandosi in una ben folta ed intralciata foresta, smarrito il dritto sentiero, quanto più corrono ed affrettano il cammino per quella, tanto più s’allontanano dalla diritta via. Ma lasciato da banda il capriccio di costoro, seguano la seguente regola: pongano ogni studio ed ogni sollicitudine ad imprendere i passi di sopra spiegati e soprattutto badino a’ lor movimenti e misura di tempo: perciocché, quantunque i passi si possano fare sopra diverse positure di piedi e sopra diverse figure; tuttavia però conservano constantemente i medesimi movimenti e valore. E poiché sapranno far bene i detti passi, è di bisogno che imparino a legargli ed incatenargli assieme in varie guise e maniere, or unendone due, or tre, or quattro ed or cinque, e da mano in mano via più crescendo nel numero, ballandogli poco a poco sopra diverse figure e sopra arie loro convenienti del tempo binario e ternario. Ed allorché saran pervenuti alla conoscenza di saper unire e legare assieme molti de’ detti passi, ravvisandone le debite positure, gl’equilibri, i movimenti ed il valor della misura, potranno liberamente inoltrarsi ad imprendere qualunque danza che si è trovata finora, e che si troverà ed inventerà in appresso.

[4] Questa si è adunque l’unica regola che si vuole seguire, e questa veggiamo che sieguono i valenti Maestri di ballo, i quali non sanno già questa o quella danza, ma sì bene le regole da farle tutte, e le già trovate, e che mai si possano dall’umano ingegno inventare. E veggiamo tutto giorno intervenire, che venute di fuori delle danze novellamente composte, per difficili che si vogliano immaginare, non avendo esse altra cosa di nuovo che le figure, le quali per se stesse son facilissime; da coloro che hanno le dette regole per le mani, in brieve ora esattamente si ballano, perciocché non hanno a far altro che porre in opera sopra le dette danze ristesse cose che sanno.