Il quale quadro fu da Lorenzo Nasi tenuto con grandissima vene[II. 67]razione mentre che visse, così per memoria di Raffaello, statogli amicissimo, come per la dignità et eccellenza dell’opera; ma capitò poi male quest’opara l’anno 1548 a dì 17 novembre, quando la casa di Lorenzo, insieme con quelle ornatissime e belle degl’eredi di Marco del Nero, per uno smottamento del monte di San Giorgio rovinarono insieme con altre case vicine; nondimeno, ritrovati i pezzi d’essa fra i calcinacci della rovina, furono da Batista, figliuolo di esso Lorenzo, amorevolissimo dell’arte, fatti rimettere insieme in quel miglior modo che si potette. […] E certo che in tal magisterio mai non fu più nessuno più valente di disegno e d’opera che fra’ Giovanni, come ne fa fede ancora in Verona sua patria una sagrestia di prospettive di legno bellissima in Santa Maria in Organo, il coro di Monte Oliveto di Chiusuri e quel di San Benedetto di Siena, et ancora la sagrestia di Monte Oliveto di Napoli, e nel luogo medesimo nella cappella di Paolo da Tolosa il coro lavorato dal medesimo; per il che meritò che dalla Religion sua fosse stimato e con grandissimo onor tenuto, nella quale si morì d’età d’anni 68, l’anno 1537. […] Come mostrò ancora in questo medesimo luogo dirimpetto a questa in una storia, quando San Piero nelle mani d’Erode in prigione è guardato dagli armati, dove tanta è l’architettura che ha tenuto in tal cosa e tanta la discrezione nel casamento della prigione, che invero gli altri appresso a lui hanno più di confusione ch’egli non ha di bellezza, avendo egli cercato di continuo figurare le storie come elle sono scritte, e farvi dentro cose garbate et eccellenti: come mostra in questa l’orrore della prigione nel veder legato fra que’ due armati con le catene di ferro quel vecchio, il gravissimo sonno nelle guardie, et il lucidissimo splendor dell’Angelo nelle scure tenebre della notte luminosamente far discernere tutte le minuzie delle carcere e vivacissimamente risplendere l’armi di coloro, in modo che i lustri paiono bruniti più che se fussino verissimi e non dipinti. […] Fece poi Marco Antonio per Raffaello un numero di stampe, le quali Raffaello donò poi al Baviera suo garzone, ch’aveva cura d’una sua donna, la quale Raffaello amò sino alla morte, e di quella fece un ritratto bellissimo che pareva viva viva, il quale è oggi in Fiorenza appresso il gentilissimo Matteo Botti mercante fiorentino, amico e familiare d’ogni persona virtuosa e massimamente dei pittori, tenuta da lui come reliquia per l’amore che egli porta all’arte e particularmente a Raffaello; né meno di lui stima l’opere dell’arte nostra e gli artefici il fratello suo Simon Botti, che oltra lo esser tenuto da tutti noi [II. 79] per uno de’ più amorevoli che faccino beneficio agli uomini di queste professioni, è da me particulare tenuto e stimato per il migliore e maggiore amico che si possa per lunga esperienza aver caro, oltra al giudicio buono che egli ha e mostra nelle cose dell’arte. […] Fece per in Francia molti quadri, e particularmente per il re San Michele che combatte col Diavolo, tenuto cosa maravigliosa; nella quale opera fece un sasso arsiccio per il centro della terra, che fra le fessure di quello usciva fuori alcuna fiamma di fuoco e di zolfo: et in Lucifero, incotto et arso nelle membra con incarnazione di diverse tinte, si scorgeva tutte le sorti della collera che la superbia invelenita e gonfia adopera contra chi opprime la grandezza di chi è privo di regno dove sia pace, e certo di avere aùpprovare continovamente pena.