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1. (1568) Vita di Raffaello

Questa, essendo stata gran tempo appresso Francesco Maria duca d’Urbino, fu poi dalla illustrissima signora Leonora sua consorte donata a don Paulo Iustiniano e don Pietro Quirini viniziani, e romiti del sacro eremo di Camaldoli; e da loro fu poi come reliquia e cosa rarissima, et insomma di mano di Raffaello da Urbino, e per memoria di quella illustrissima signora, posta nella camera del Maggiore di detto eremo, dove è tenuta in quella venerazione ch’ella merita. […] Aveva acquistato in Ro[II. 73]ma Rafaello in questi tempi molta fama; et ancora che egli avesse la maniera gentile, da ognuno tenuta bellissima, e con tutto che egli avesse veduto tante anticaglie in quella città e che egli studiasse continovamente, non aveva però per questo. dato ancora alle sue figure una certa grandezza e maestà che e’ diede loro da qui avanti. […] Figurò Raffaello in questa pittura, avanti che la cappella di Michelagnolo si discoprisse publicamente, avendola nondimeno veduta, alcuni Profeti e Sibille, che nel vero delle sue cose è tenuta la miglior[e] e fra le tante belle bellissima, perché nelle femine e nei fanciulli che vi sono si vede grandissima vivacità e colorito perfetto: e questa opera lo fe’ stimar grandemente vivo e morto, per essere la più rara et eccellente opera che Raffaello facesse in vita sua. […] Qui si scorgono nell’arme l’ombre, gli sbattimenti, i riflessi e le fumosità del calor de’ lumi, lavorati con ombra sì abbacinata che invero si può dire che egli fosse il maestro degli altri; e per cosa che contrafaccia la notte, più simile di quante la pittura ne fece già mai, questa è la più divina e da tutti tenuta la più rara. […] Gli misero alla morte, al capo nella sala ove lavorava, la tavola della Trasfigurazione che aveva finita per il cardinale de’ Medici: la quale opera, nel vedere il corpo morto e quella viva, faceva scoppiare l’anima di dolore a ognuno che quivi guardava; la quale tavola per la perdita di Raffaello fu messa dal cardinale a San Pietro a Montorio allo altar maggiore, e fu poi sempre per la rarità d’ogni suo gesto in gran pregio tenuta.

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