In questo mentre, avendo egli acquistato fama grandissima nel séguito di quella maniera, era stato allogato da Pio Secondo pontefice la libreria del Duomo di Siena al Pinturicchio, il quale, essendo amico di Raffaello e conoscendolo ottimo disegnatore, lo condusse a Siena, dove Raffaello gli fece alcuni dei disegni e cartoni di quell’opera. […] Né tacerò che si conobbe, poi che fu stato a Firenze, che egli variò et abbellì tanto la maniera mediante l’aver vedute molte cose e di mano di maestri eccellenti, che ella non aveva che fare alcuna cosa con quella prima, se non come fussino di mano di diversi e [II. 68] più e meno eccellenti nella pittura. […] Laonde veramente si gli può dar vanto che nelle invenzioni dei componimenti, di che storie si fossero, nessuno già mai più di lui nella pittura è stato accomodato et aperto e valente. […] E perché la volta di questa stanza era dipinta da Pietro Perugino suo maestro, Raffaello non la volse guastar per la memoria sua e per l’affezzione ch’e’ gli portava, sendo stato principio del grado che egli teneva in tal virtù. […] Dolse ancora sommamente la morte sua a tutta la corte del Papa, prima per avere egli avuto in vita uno officio di cubiculario, et appresso per essere stato sì caro al Papa che la sua morte amaramente lo fece piagnere.