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1. (1568) Vita di Raffaello

Per queste e molte altre opere essendo passata la fama di questo nobilissimo artefice insino in Francia et in Fiandra, Alberto Durero tedesco, pittore mirabilissimo et intagliatore di rame di bel[l]issime stampe, divenne tributario delle sue opere a Raffaello, e gli mandò la testa d’un suo ritratto condotta da lui a guazzo su una tela di bisso, che da ogni banda mostrava parimente e senza biacca i lumi trasparenti, se non che con acquerelli di colori era tinta e macchiata, e de’ lumi del panno aveva campato i chiari: la quale cosa parve maravigliosa a Raffaello; per che egli gli mandò molte carte disegnate di man sua, le quali furono carissime ad Alberto. […] Avendo dunque veduto Raffaello lo andare nelle stampe d’Alberto Durero, volonteroso ancor egli di mostrare quel che in tale arte poteva, fece studiare Marco Antonio Bolognese in questa pratica infinitamente; il quale riuscì tanto eccellente, che gli fece stampare le prime cose sue: la carta degli Innocenti, un Cenacolo, il Nettunno e la Santa Felicita quando bolle nell’olio. Fece poi Marco Antonio per Raffaello un numero di stampe, le quali Raffaello donò poi al Baviera suo garzone, ch’aveva cura d’una sua donna, la quale Raffaello amò sino alla morte, e di quella fece un ritratto bellissimo che pareva viva viva, il quale è oggi in Fiorenza appresso il gentilissimo Matteo Botti mercante fiorentino, amico e familiare d’ogni persona virtuosa e massimamente dei pittori, tenuta da lui come reliquia per l’amore che egli porta all’arte e particularmente a Raffaello; né meno di lui stima l’opere dell’arte nostra e gli artefici il fratello suo Simon Botti, che oltra lo esser tenuto da tutti noi [II. 79] per uno de’ più amorevoli che faccino beneficio agli uomini di queste professioni, è da me particulare tenuto e stimato per il migliore e maggiore amico che si possa per lunga esperienza aver caro, oltra al giudicio buono che egli ha e mostra nelle cose dell’arte. Ma per tornare alle stampe, il favorire Raffaello il Baviera fu cagione che si destasse poi Marco da Ravenna et altri infiniti, per sì fatto modo che le stampe in rame fecero de la carestia loro quella copia che al presente veggiamo; per che Ugo da Carpi con belle invenzioni, avendo il cervello vòlto a cose ingegnose e fantastiche, trovò le stampe di legno, che con tre stampe possono il mez[z]o, il lume e l’ombra contrafare le carte di chiaro oscuro: la quale certo fu cosa di bella e capricciosa invenzione, e di questa ancora è poi venuta abbondanza, come si dirà nella Vita di Marcantonio Bolognese più minutamente.

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