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1. (1568) Vita di Raffaello

Similmente il San Girolamo ha la testa elevata con gli occhi alla Nostra Donna, tutta contemplativa, ne’ quali par che ci accenni tutta quella dottrina e sapienzia che egli scrivendo mostrò nelle sue carte, offerendo con ambe le mani il cameriero in atto di raccomandarlo: il qual cameriero nel suo ritratto è non men vivo che si sia dipinto. […] A Verona mandò della medesima bontà un gran quadro ai conti da Canossa, nel quale è una Natività di Nostro Signore bellissima, con una aurora molto lodata, si come è ancora Santa Anna, anzi tutta l’opera, la quale non si può meglio lodare che dicendo che è di mano di Raffaello da Urbino: onde que’ conti meritamente l’hanno in somma venerazione, né l’hanno mai, per grandissimo prezzo che sia stato loro offerto da molti principi, a niuno voluto concederla. […] Il contrario si scorge nel San Michele, che, ancora che e’ sia fatto con aria celeste, accompagnato dalle armi di ferro e di oro, ha nondimeno bravura e forza e terrore, avendo già fatto cader Lucifero, e quello con una zagaglia gettato rovescio; insomma fu sì fatta questa opera, che meritò averne da quel re onoratissimo premio. […] La quale opera fu tanto miracolosamente condotta, che reca maraviglia il vederla et il pensare come sia possibile avere sfilato i capegli e le barbe, e dato col filo morbidezza alle carni: opera certo più tosto di miracolo che d’artificio umano, perché in essi sono acque, animali, casamenti, e talmente ben fatti che non tessuti ma paiono veramente fatti col pennello. […] E ci sia per esempio fra i vecchi Paulo Uc[c]ello, il quale affaticandosi contra quello che poteva per andare inanzi, tornò sempre indietro.

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