E la cagione che egli non continuò fu che, essendo in Siena da alcuni pittori con grandissime lodi celebrato il cartone che Lionardo da Vinci aveva fatto nella sala del Papa in Fiorenza d’un gruppo di cavalli bellissimo, per farlo nella sala del Palazzo, e similmente alcuni nudi fatti a concorrenza di Lionardo da Michelangelo Buonarroti molto migliori, venne in tanto disiderio Raffaello, per l’amore che portò sempre all’eccellenza dell’arte, che messo da parte quell’opera et ogni utile e comodo suo, se ne venne a Fiorenza. […] Per che seguitando egli ancora, fece una sala, dove di terretta erano alcune figure di Apostoli et altri Santi in tabernacoli; e per Giovanni da Udine suo discepolo, il quale per contrafare animali è unico, fece in ciò tutti quegli animali che papa Leone aveva: il cameleonte, i zibetti, le scimie, i papagalli, i lioni, i liofanti et altri animali più stranieri. […] Era Raffaello in tanta grandezza venuto, che Leon X ordinò che egli cominciasse la sala grande di sopra, dove sono le vittorie di Gostantino, alla quale egli diede principio. […] E ciò faceva egli non senza onorato proposito, perché avendo tanti anni servito la corte et essendo creditore di Leone di buona somma, gli era stato dato indizio che alla fine della sala che per lui si faceva, in ricompensa delle fatiche e delle virtù sue il Papa gli avrebbe dato un capèllo rosso, avendo già deliberato di farne un buon numero, e fra essi qualcuno di manco merito che Raffaello non era. […] Gli misero alla morte, al capo nella sala ove lavorava, la tavola della Trasfigurazione che aveva finita per il cardinale de’ Medici: la quale opera, nel vedere il corpo morto e quella viva, faceva scoppiare l’anima di dolore a ognuno che quivi guardava; la quale tavola per la perdita di Raffaello fu messa dal cardinale a San Pietro a Montorio allo altar maggiore, e fu poi sempre per la rarità d’ogni suo gesto in gran pregio tenuta.