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1. (1568) Vita di Raffaello

Dopo queste opere fu forzato Raffaello a partirsi di Firenze et andare a Urbino, per aver là, essendo la madre e Giovanni suo padre morti, tutte le sue cose in abandono. […] Né tacerò che messer Niccolò Masini, il quale mi ha di queste cose dato notizia, è, come in tutte l’altre cose virtuosissimo, delle nostre arti veramente amatore. […] Ma fra l’altre cose vi è una palla della seggiola brunita e d’oro, nella quale a guisa di specchio si ribattono, tanta è la sua chiarezza, i lumi de le finestre, le spalle del Papa et il rigirare delle stanze: e sono tutte queste cose condotte con tanta diligenza, che credasi pure e sicuramente che maestro nessuno di questo meglio non faccia né abbia a fare. […] Non si può scrivere le minuzie delle cose di questo artefice, ché invero ogni cosa nel suo silenzio par che favelli; oltra i basamenti fatti sotto a queste con varie figure di difensori e remuneratori della Chiesa, messi in mezzo da varii termini, e condotto tutto d’una maniera che ogni cosa mostra spirto et affetto e considerazione, con quella concordanzia et unione di colorito l’una con l’altra che migliore non si può imaginare. […] Queste cose, dico, considerando Raffaello, si risolvé, non potendo aggiugnere Michelagnolo in quella parte dove egli aveva messo mano, di volerlo in queste altre pareggiare e forse superarlo; e così si diede non ad imitare la maniera di colui, per non perdervi vanamente il tempo, ma a farsi un ottimo universale in queste altre parti che si sono raccontate.

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