/ 2
1. (1568) Vita di Raffaello

Dappoi continuando le camere di palazzo, fece una storia del miracolo del Sacramento del Corporale d’Orvieto, o di Bolsena che eglino se ‘l chiamino; nella quale storia si vede al prete, mentre che dice messa, nella testa infocata di rosso la vergogna che egli aveva nel veder per la sua incredulità fatto liquefar l’ostia in sul corporale, e che spaventato negli occhi e fuor di sé, smarrito nel cospetto de’ suoi uditori, pare persona inrisoluta: e si conosce nell’attitudine delle mani quasi il tremito e lo spavento che si suole in simili casi avere. […] E nel vero, chi non impara a buon’ora i buoni principii e la maniera che vuol seguitare, et a poco a poco non va facilitando con l’esperienza le difficultà dell’arti, cercando d’intendere le parti e metterle in pratica, non diverrà quasi mai perfetto: e se pure diverrà, sarà con più tempo e molto maggior fatica. […] E se non avesse in questa opera, quasi per capriccio, adoperato il nero di fumo da stampatori, il quale, come più volte si è detto, di sua natura diventa sempre col tempo più scuro et offende gl’altri colori coi quali è mescolato, credo che quell’opera sarebbe ancor fresca come quando egli la fece, dove oggi pare più tosto tinta che altrimenti. Ho voluto quasi nella fine di questa Vita fare questo discorso per mostrare con quanta fatica, studio e diligenza si governasse sempre mai questo onorato artefice, e particolarmente per utile degl’altri pittori, acciò si sappiano difendere da quelli impedimenti dai quali seppe la prudenza e virtù di Raffaello difendersi. […] Ben poteva la pittura, quando questo nobile artefice morì, morire anche ella, ché quando egli gli occhi chiuse, ella quasi cieca rimase.

/ 2