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1. (1568) Vita di Raffaello

Fece al medesimo un quadretto d’un Cristo che òra nell’orto, e lontani alquanto i tre Apostoli che dormono; la qual pittura è tanto finita, che un minio non può essere né migliore né altrimenti. […] Similmente il San Girolamo ha la testa elevata con gli occhi alla Nostra Donna, tutta contemplativa, ne’ quali par che ci accenni tutta quella dottrina e sapienzia che egli scrivendo mostrò nelle sue carte, offerendo con ambe le mani il cameriero in atto di raccomandarlo: il qual cameriero nel suo ritratto è non men vivo che si sia dipinto. […] Rimbarcatala dunque di nuovo e condottola pure in Sicilia, la posero in Palermo, nel qual luogo ha più fama e riputazione che ‘l monte di Vulcano. […] Fu Raffaello persona molto amorosa et affezzionata alle donne, e di continuo presto ai servigi loro; la qual cosa fu cagione che, continuando i diletti carnali, egli fu dagl’amici, forse più che non conveniva, rispettato e compiaciuto. […] Dicesi che ogni pittore che conosciuto l’avesse, et anche chi non lo avesse conosciuto, se lo avessi richiesto di qualche disegno che gli bisognasse, egli lasciava l’opera sua per sovvenirlo; e sempre tenne infiniti in opera, aiutandoli et insegnandoli con quello amore che non ad artifici, ma a figliuoli proprii si conveniva; per la qual cagione si vedeva che non andava mai a corte, che partendo di casa non avesse seco cinquanta pittori, tutti valenti e buoni che gli facevono compagnia per onorarlo.

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