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1. (1568) Vita di Raffaello

Per che andato a Perugia, non vi trovando Pietro, si mise, per più comodamente poterlo aspettare, a lavorare in San Francesco alcune cose. […] Qui si scorgono nell’arme l’ombre, gli sbattimenti, i riflessi e le fumosità del calor de’ lumi, lavorati con ombra sì abbacinata che invero si può dire che egli fosse il maestro degli altri; e per cosa che contrafaccia la notte, più simile di quante la pittura ne fece già mai, questa è la più divina e da tutti tenuta la più rara. […] Rimbarcatala dunque di nuovo e condottola pure in Sicilia, la posero in Palermo, nel qual luogo ha più fama e riputazione che ‘l monte di Vulcano. […] Fecevi fare da Giovanni da Udine un ricinto alle storie d’ogni sorte fiori, foglie e frutte in festoni che non possono esser più belli. […] E se non avesse in questa opera, quasi per capriccio, adoperato il nero di fumo da stampatori, il quale, come più volte si è detto, di sua natura diventa sempre col tempo più scuro et offende gl’altri colori coi quali è mescolato, credo che quell’opera sarebbe ancor fresca come quando egli la fece, dove oggi pare più tosto tinta che altrimenti.

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