Questa tavola finita del tutto, ma non condotta ancora al suo luogo, fu vicinissima a capitar male, perciò che, secondo che e’ dicono, essendo ella messa in mare per essere portata in Palermo, una orribile tempesta percosse ad uno scoglio la nave che la portava, di maniera che tutta si aperse, e si perderono gli uomini e le mercanzie, eccetto questa tavola solamente, che così incassata come era fu portata dal mare in quel di Genova: dove ripescata e tirata in terra, fu veduta essere cosa divina, e per questo messa in custodia, essendosi mantenuta illesa e senza macchia o difetto alcuno, perciò che sino alla furia de’ venti e l’onde del mare ebbono rispetto alla bellezza di tale opera; della quale divulgandosi poi la fama, procacciarono i monaci di riaverla, et appena che con favori del Papa ella fu renduta loro, che satisfecero, e bene, coloro che l’avevano salvata. […] Egli dunque, avendo nella sua fanciullezza imitato la maniera di Pietro Perugino suo maestro, e fattala molto migliore per disegno, colorito et invenzione, e parendogli aver fatto assai, conobbe, venuto in migliore età, esser troppo lontano dal vero: perciò che vedendo egli l’opere di Lionardo da Vinci, il quale nell’arie delle teste, così di maschi come di femmine, non ebbe pari, e nel dar grazia alle figure e ne’ moti superò tutti gl’altri pittori, restò tutto stupefatto e maravigliato; et insomma piacendogli la maniera di Lionardo più che qualunche altra avesse veduta mai, si mise a studiarla, e lasciando, se bene con gran fatica, a poco a poco la maniera di Pietro, cercò, quanto seppe e poté il più, d’imitare la maniera di esso Lionardo. […] Ma tornando a esso Raffaello, gli fu col tempo di grandissimo disaiuto e fatica quella maniera che egli prese di Pietro quando era giovanetto, la quale prese agevolmente per essere minuta, secca e di poco dissegno; perciò che non potendosela dimenticare, fu cagione che con molta difficultà imparò la bellezza degl’ignudi et il modo degli scórti difficili dal cartone che fece Michelagnolo Buonarroti per la sala del Consiglio di Fiorenza: et un altro che si fusse perso d’animo, parendogli avere insino allora gettato via il tempo, non arebbe mai fatto, ancorché di bellissimo ingegno, quello che fece Raffaello; il quale smorbatosi e levatosi da dosso quella maniera di Pietro per apprender quella di Michelagnolo, piena di difficultà in tutte le parti, diventò quasi di maestro nuovo discepolo, e si sforzò con incredibile studio di fare, essendo già uomo, in pochi mesi quello che arebbe avuto bisogno di quella tenera età che meglio apprende ogni cosa, e de lo spazzio di molti anni. […] E se Raffaello si fusse in questa sua detta maniera fermato, né avesse cercato di aggrandirla e variarla per mostrare che egli intendeva gl’ignudi così bene come Michelagnolo, non si sarebbe tolto parte di quel buon nome che acquistato si aveva; perciò che gli ignudi che fece nella camera di torre Borgia, dove è l’incendio di Borgo Nuovo, ancora che siano buoni, non sono in tutto eccellenti. […] Oltre ciò, quando basta il fare, non si dee cercare di volere strafare per passare innanzi a coloro che, per grande aiuto di natura e per grazia particolare data loro da Dio, hanno fatto o fanno miracoli nell’arte: perciò che chi non è atto a una cosa, non potrà mai, et affatichisi quanto vuole, arivare dove un altro con l’aiuto della natura è caminato agevolmente.