/ 2
1. (1568) Vita di Raffaello

E fu questa opera tanto stupenda in tutte le parti, che anco i cartoni sono tenuti in grandissima venerazione; onde messer Francesco Masini, gentiluomo di Cesena (il quale senza aiuto di alcun maestro, ma infin da fanciullezza guidato da straordinario instinto di natura, dando da se medesimo opera al disegno et alla pittura, ha dipinto quadri che sono stati molto lodati dagli intendenti dell’arte), ha, fra molti suoi disegni et alcuni rilievi di marmo antichi, alcuni pezzi del detto cartone che fece Raffaello per questa istoria d’Eliodoro, e gli tiene in quella stima che veramente meritano. […] E nel vero, chi non impara a buon’ora i buoni principii e la maniera che vuol seguitare, et a poco a poco non va facilitando con l’esperienza le difficultà dell’arti, cercando d’intendere le parti e metterle in pratica, non diverrà quasi mai perfetto: e se pure diverrà, sarà con più tempo e molto maggior fatica. […] Queste cose, dico, considerando Raffaello, si risolvé, non potendo aggiugnere Michelagnolo in quella parte dove egli aveva messo mano, di volerlo in queste altre pareggiare e forse superarlo; e così si diede non ad imitare la maniera di colui, per non perdervi vanamente il tempo, ma a farsi un ottimo universale in queste altre parti che si sono raccontate. E se così avessero fatto molti artefici dell’età nostra, che per aver voluto seguitare lo studio solamente delle cose di Michelagnolo non hanno imitato lui né potuto aggiugnere a tanta perfezzione, eglino non arebbono faticato invano né fatto una maniera molto dura, tutta piena di difficultà, senza vaghezza, senza colorito e povera d’invenzione, là dove arebbono potuto, cercando d’essere universali e d’imitare l’altre parti, essere stati a se stessi et al mondo di giovamento. […] Parimente non sodisfeciono affatto quelli che furono similmente fatti da lui nella volta del palazzo d’Agostin Chigi in Trastevere, perché mancano di quella grazia e dolcezza che fu propria di Raffaello: del che fu anche in gran parte cagione l’avergli fatto colorire ad altri col suo disegno; dal quale errore ravedutosi, come giudizioso, volle poi lavorare da sé solo e senza aiuto d’altri la tavola di San Pietro a Montorio della Trasfigurazione di Cristo, nella quale sono quelle parti che già s’è detto che ricerca e debbe avere una buona pittura.

/ 2