Et intanto fece un quadro che si mandò in Siena, il quale nella partita di Raffaello rimase a Ridolfo del Ghirlandaio, perch’egli finisse un panno az[z]urro che vi mancava. […] A Verona mandò della medesima bontà un gran quadro ai conti da Canossa, nel quale è una Natività di Nostro Signore bellissima, con una aurora molto lodata, si come è ancora Santa Anna, anzi tutta l’opera, la quale non si può meglio lodare che dicendo che è di mano di Raffaello da Urbino: onde que’ conti meritamente l’hanno in somma venerazione, né l’hanno mai, per grandissimo prezzo che sia stato loro offerto da molti principi, a niuno voluto concederla. Et a Bindo Altoviti fece il ritratto suo quando era giovane, che è tenuto stupendissimo; e similmente un quadro di Nostra Donna che egli mandò a Fiorenza: il qual quadro è oggi nel palazzo del duca Cosimo nella cappella delle stanze nuove e da me fatte e dipinte, e serve per tavola dell’altare, et in esso è dipinta una Santa Anna vecchissima a sedere, la quale porge alla Nostra Donna il suo Figliuolo, di tanta bellezza ne l’ignudo e nelle fat[t]ezze del volto che nel suo ridere rallegra chiunque lo guarda; senzaché Raffaello mostrò nel dipignere la Nostra Donna tutto quello che di bellezza si può fare nell’aria di una Vergine, dove sia accompagnata negli occhi modestia, nella fronte onore, nel naso grazia e nella bocca virtù, senzaché l’abito suo è tale che [II. 78] mostra una semplicità et onestà infinita: e nel vero io non penso che per tanta cosa si possa veder meglio. […] Per queste e molte altre opere essendo passata la fama di questo nobilissimo artefice insino in Francia et in Fiandra, Alberto Durero tedesco, pittore mirabilissimo et intagliatore di rame di bel[l]issime stampe, divenne tributario delle sue opere a Raffaello, e gli mandò la testa d’un suo ritratto condotta da lui a guazzo su una tela di bisso, che da ogni banda mostrava parimente e senza biacca i lumi trasparenti, se non che con acquerelli di colori era tinta e macchiata, e de’ lumi del panno aveva campato i chiari: la quale cosa parve maravigliosa a Raffaello; per che egli gli mandò molte carte disegnate di man sua, le quali furono carissime ad Alberto. […] Per che fece testamento: e prima come cristiano mandò l’amata sua fuor di casa e le lasciò modo di vivere onestamente; dopo, divise le cose sue fra ‘ discepoli suoi, Giulio Romano, il quale sempre amò molto, Giovan Francesco Fiorentino detto il Fattore, et un non so chi prete da Urbino suo parente; ordinò poi che delle sue facultà in Santa Maria Ritonda si restaurasse un tabernacolo di quegli antichi di pietre nuove, et uno altare si facesse con una statua di Nostra Donna di marmo, la quale per sua sepoltura e riposo dopo la morte s’elesse; e lasciò ogni suo avere a Giulio e Giovan Francesco, faccendo essecutore del testamento messer Baldassarre da Pescia, allora datario del Papa.