E allato a una figura che volta il didietro et ha una palla del cielo in mano è il ritratto di Zoroastro, et allato a esso è Raffaello maestro di questa opera, ritrattosi da sé medesimo nello specchio: questo è una testa giovane e d’aspetto molto modesto, acompagnato da una piacevole e buona grazia, con la berretta nera in capo. […] Qui si scorgono nell’arme l’ombre, gli sbattimenti, i riflessi e le fumosità del calor de’ lumi, lavorati con ombra sì abbacinata che invero si può dire che egli fosse il maestro degli altri; e per cosa che contrafaccia la notte, più simile di quante la pittura ne fece già mai, questa è la più divina e da tutti tenuta la più rara. […] Ma fra l’altre cose vi è una palla della seggiola brunita e d’oro, nella quale a guisa di specchio si ribattono, tanta è la sua chiarezza, i lumi de le finestre, le spalle del Papa et il rigirare delle stanze: e sono tutte queste cose condotte con tanta diligenza, che credasi pure e sicuramente che maestro nessuno di questo meglio non faccia né abbia a fare. […] E perché la volta di questa stanza era dipinta da Pietro Perugino suo maestro, Raffaello non la volse guastar per la memoria sua e per l’affezzione ch’e’ gli portava, sendo stato principio del grado che egli teneva in tal virtù. […] Quando Raffaello si diede a voler mutare e migliorare la maniera, non aveva mai dato opera agl’ignudi con quello studio che si ricerca, ma solamente gli aveva ritratti di naturale nella ma[II. 85]niera che aveva veduto fare a Pietro suo maestro, aiutandogli con quella grazia che aveva dalla natura.