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1. (1568) Vita di Raffaello

Laonde si può dire sicuramente che coloro che sono possessori di tante rare doti quante si videro in Raffaello da Urbino, sian non uomini semplicemente, ma, se è così lecito dire, dèi mortali; e che coloro che nei ricordi della fama lasciano quaggiù fra noi mediante l’opere loro onorato nome, possono anco sperare d’avere a godere in cielo condegno guidardone alle fatiche e merti loro. […] In questo mentre, avendo egli acquistato fama grandissima nel séguito di quella maniera, era stato allogato da Pio Secondo pontefice la libreria del Duomo di Siena al Pinturicchio, il quale, essendo amico di Raffaello e conoscendolo ottimo disegnatore, lo condusse a Siena, dove Raffaello gli fece alcuni dei disegni e cartoni di quell’opera. […] Aveva acquistato in Ro[II. 73]ma Rafaello in questi tempi molta fama; et ancora che egli avesse la maniera gentile, da ognuno tenuta bellissima, e con tutto che egli avesse veduto tante anticaglie in quella città e che egli studiasse continovamente, non aveva però per questo. dato ancora alle sue figure una certa grandezza e maestà che e’ diede loro da qui avanti. […] Per queste e molte altre opere essendo passata la fama di questo nobilissimo artefice insino in Francia et in Fiandra, Alberto Durero tedesco, pittore mirabilissimo et intagliatore di rame di bel[l]issime stampe, divenne tributario delle sue opere a Raffaello, e gli mandò la testa d’un suo ritratto condotta da lui a guazzo su una tela di bisso, che da ogni banda mostrava parimente e senza biacca i lumi trasparenti, se non che con acquerelli di colori era tinta e macchiata, e de’ lumi del panno aveva campato i chiari: la quale cosa parve maravigliosa a Raffaello; per che egli gli mandò molte carte disegnate di man sua, le quali furono carissime ad Alberto. […] Rimbarcatala dunque di nuovo e condottola pure in Sicilia, la posero in Palermo, nel qual luogo ha più fama e riputazione che ‘l monte di Vulcano.

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