Piacque il partito a Raffaello; per che lasciate l’opere di Fiorenza e la tavola dei Dei non finita, ma in quel modo che poi la fece porre messer Baldassarre da Pescia nella Pieve della sua patria dopo la morte di Raffaello, si trasferì a Roma. […] E di costui, come di persona veramente eccellente e rara, ho voluto far menzione, parendomi che così meritasse la sua virtù, la quale fu cagione, come si dirà in altro luogo, di molte opere rare fatte da altri maestri dopo lui. […] Al quale Agostino Chisi sanese, ricchissimo mercante e di tutti gl’uomini virtuosi amicissimo, fece non molto dopo allogazione d’una cappella, e ciò per avergli poco inanzi Raffaello dipinto in una loggia del suo palazzo, oggi detto i Chisii in Trastevere, con dolcissima maniera una Galatea nel mare sopra un carro tirato da due dolfini, a cui sono intorno i Tritoni e molti Dei marini. […] Per che fece testamento: e prima come cristiano mandò l’amata sua fuor di casa e le lasciò modo di vivere onestamente; dopo, divise le cose sue fra ‘ discepoli suoi, Giulio Romano, il quale sempre amò molto, Giovan Francesco Fiorentino detto il Fattore, et un non so chi prete da Urbino suo parente; ordinò poi che delle sue facultà in Santa Maria Ritonda si restaurasse un tabernacolo di quegli antichi di pietre nuove, et uno altare si facesse con una statua di Nostra Donna di marmo, la quale per sua sepoltura e riposo dopo la morte s’elesse; e lasciò ogni suo avere a Giulio e Giovan Francesco, faccendo essecutore del testamento messer Baldassarre da Pescia, allora datario del Papa. […] Ora a noi, che dopo lui siamo rimasi, resta imitare il buono, anzi ottimo modo da lui lasciatoci in esempio, e, [II. 88] come merita la virtù sua e l’obligo nostro, tenerne nell’animo graziosissimo ricordo e farne con la lingua sempre onoratissima memoria; ché invero noi abbiamo per lui l’arte, i colori e la invenzione unitamente ridotti a quella fine e perfezzione che appena si poteva sperare: né di passar lui già mai si pensi spirito alcuno.