Ebbe anco Raffaello amicizia grandissima con Lorenzo Nasi, al quale, avendo preso donna in que’ giorni, dipinse un quadro, nel quale fece fra le gambe alla Nostra Donna un putto, al quale un San Giovannino tutto lieto porge un uccello con molta festa e piacere dell’uno e dell’altro; è nell’attitudine d’ambidue una certa simplicità puerile e tutta amorevole, oltre che sono tanto ben coloriti e con tanta diligenza condotti, che più tosto paiono di carne viva che lavorati di colori e disegno; parimente la Nostra Donna ha un’aria veramente piena di grazia e di divinità, et insomma il piano, i paesi e tutto il resto dell’opera è bellissimo. […] E per cominciarmi da un capo, quivi è Ovidio, Virgilio, Ennio, Tibullo, Catullo, Properzio et Omero, che cieco, con la testa elevata cantando versi, ha a’ piedi uno che gli scrive; vi sono poi tutte in un gruppo le nove Muse et Appollo, con tanta bellezza d’arie e divinità nelle figure che grazia e vita spirano ne’ fiati loro; èvvi la dotta Safo et il divinissimo Dante, il leggiadro Petrarca e lo amoroso Boccaccio, che vivi vivi sono, il Tibaldeo similmente et infiniti altri moderni. […] Delle quali figure non potrebbe pittor alcuno formar cosa più leggiadra né di maggior perfezzione, avvengaché nell’aria e in cerchio son figurati que’ Santi a sedere, che nel vero, oltra al parer vivi di colori, scortano di maniera e sfuggono che non altrimenti farebbono s’e’ fussino di rilievo: oltra che sono vestiti diversamente con bellissime pieghe di panni, e l’arie delle teste più celesti che umane, come si vede in quella di Cristo, la quale mostra quella clemenza e quella pietà che può mostrare agli uomini mortali divinità di cosa dipinta. […] Lavorò un quadro al signor Leonello da Carpi signor di Meldola, il quale ancor vive di età più che novanta anni, il quale fu miracolosissimo di colorito e di bellezza singulare, attesoché egli è condotto di forza e d’una vaghezza tanto leggiadra che io non penso che e’ si possa far meglio, vedendosi nel viso della Nostra Donna una divinità e ne la attitudine una modestia che non è possibile migliorarla. […] E nel vero egli vi fece figure e teste, oltra la bellezza straordinaria, tanto nuove, varie e belle, che si fa giudizio commune degli artefici che questa opera, fra tante quant’egli ne fece, sia la più celebrata, la più bella e la più divina, avvengaché, chi vuol conoscere [il] mostrare [in] pittura Cristo trasfigurato alla divinità, lo guardi in questa opera, nella quale egli lo fece sopra a questo monte, diminuito in una aria lucida con Mosè et Elia, che alluminati da una chiarezza di splendore si fanno vivi nel lume suo.