In questa opera è tirato un tempio in prospettiva con tanto amore, che è cosa mirabile a vedere le difficultà che egli in tale esercizio andava cercando. […] Ma per diligenza o studio che facesse, in alcune difficultà non poté mai passare Lionardo; e se bene pare a molti che egli lo passasse nella dolcezza et in una certa facilità naturale, egli nondimeno non gli fu punto superiore in un certo fondamento terribile di concetti e grandezza d’arte, nel che pochi sono stati pari a Lionardo: ma Raffaello se gli è avvicinato bene più che nessuno altro pittore, e massimamente nella grazia de’ colori. Ma tornando a esso Raffaello, gli fu col tempo di grandissimo disaiuto e fatica quella maniera che egli prese di Pietro quando era giovanetto, la quale prese agevolmente per essere minuta, secca e di poco dissegno; perciò che non potendosela dimenticare, fu cagione che con molta difficultà imparò la bellezza degl’ignudi et il modo degli scórti difficili dal cartone che fece Michelagnolo Buonarroti per la sala del Consiglio di Fiorenza: et un altro che si fusse perso d’animo, parendogli avere insino allora gettato via il tempo, non arebbe mai fatto, ancorché di bellissimo ingegno, quello che fece Raffaello; il quale smorbatosi e levatosi da dosso quella maniera di Pietro per apprender quella di Michelagnolo, piena di difficultà in tutte le parti, diventò quasi di maestro nuovo discepolo, e si sforzò con incredibile studio di fare, essendo già uomo, in pochi mesi quello che arebbe avuto bisogno di quella tenera età che meglio apprende ogni cosa, e de lo spazzio di molti anni. E nel vero, chi non impara a buon’ora i buoni principii e la maniera che vuol seguitare, et a poco a poco non va facilitando con l’esperienza le difficultà dell’arti, cercando d’intendere le parti e metterle in pratica, non diverrà quasi mai perfetto: e se pure diverrà, sarà con più tempo e molto maggior fatica. […] E se così avessero fatto molti artefici dell’età nostra, che per aver voluto seguitare lo studio solamente delle cose di Michelagnolo non hanno imitato lui né potuto aggiugnere a tanta perfezzione, eglino non arebbono faticato invano né fatto una maniera molto dura, tutta piena di difficultà, senza vaghezza, senza colorito e povera d’invenzione, là dove arebbono potuto, cercando d’essere universali e d’imitare l’altre parti, essere stati a se stessi et al mondo di giovamento.