Fece al medesimo un quadretto d’un Cristo che òra nell’orto, e lontani alquanto i tre Apostoli che dormono; la qual pittura è tanto finita, che un minio non può essere né migliore né altrimenti. […] Né tacerò che si conobbe, poi che fu stato a Firenze, che egli variò et abbellì tanto la maniera mediante l’aver vedute molte cose e di mano di maestri eccellenti, che ella non aveva che fare alcuna cosa con quella prima, se non come fussino di mano di diversi e [II. 68] più e meno eccellenti nella pittura. […] E così fece dietro ad un San Matteo, mentre che egli cava di quelle tavole dove sono le figure i caratteri tenu[II. 70]teli da uno Angelo e che le distende in sun un libro, un vecchio che, messosi una carta in sul ginocchio, copia tanto quanto San Matteo distende, e mentre che sta attento in quel disagio, pare che egli torca le mascella e la testa secondo che egli allarga et allunga la penna. E oltra le minuzie delle considerazioni, che son pure assai, vi è il componimento di tutta la storia, che certo è spartito tanto con ordine e misura che egli mostrò veramente un sì fatto saggio di sé, che fece conoscere che egli voleva, fra coloro che toccavano i pennelli, tenere il campo senza contrasto. […] Oltre che vi sono ancor alcune femmine, che inginocchiate dinanzi al Papa pare che prieghino Sua Santità che faccia che tale incendio finisca.