Nacque adunque Raffaello in Urbino, città notissima in Italia, l’anno 1483, in Venerdì Santo a ore tre di notte, d’un Giovanni de’ Santi, pittore non molto eccellente, ma sì bene uomo di buono ingegno et atto a indirizzare i figliuoli per quella buona via che a lui, per mala fortuna sua, non era stata mostra nella sua gioventù. E perché sapeva Giovanni quanto importi allevare i figliuoli non con il latte delle balie ma delle proprie madri, nato che gli fu Raffaello, al quale così pose nome al battesimo con buono augurio, volle, non avendo altri figliuoli, come non ebbe anco poi, che la propria madre lo allattasse, e che più tosto ne’ teneri anni aparasse in casa i costumi paterni che per le case de’ villani e plebei uomini men gentili o rozzi costumi e creanze. […] In ultimo, conoscendo questo buono et amorevole padre che poco poteva appresso di sé acquistare il figliuolo, si dispose di porlo con Pietro Perugino, il quale, secondo che gli veniva detto, teneva in quel tempo fra i pittori il primo luogo. […] Era tanta la grandezza di questo uomo, che teneva disegnatori per tutta Italia, a Pozzuolo e fino in Grecia; né restò d’avere tutto quello che di buono per questa arte potesse giovare. […] Ora a noi, che dopo lui siamo rimasi, resta imitare il buono, anzi ottimo modo da lui lasciatoci in esempio, e, [II. 88] come merita la virtù sua e l’obligo nostro, tenerne nell’animo graziosissimo ricordo e farne con la lingua sempre onoratissima memoria; ché invero noi abbiamo per lui l’arte, i colori e la invenzione unitamente ridotti a quella fine e perfezzione che appena si poteva sperare: né di passar lui già mai si pensi spirito alcuno.