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1. (1568) Vita di Raffaello

Dimorando adunque in Fiorenza, Agnolo Doni, il quale quanto era assegnato nell’altre cose, tanto spendeva volentieri - ma con più risparmio che poteva - nelle cose di pittura e di scultura, delle quali si dilettava molto, gli fece fare il ritratto di sé e della sua donna in quella maniera che si veggiono appresso Giovan Battista suo figliuolo nella casa che detto Agnolo edificò bella e comodissima in Firenze nel corso de’ Tintori, appresso al Canto degl’Alberti. […] Nell’altro tondo, che è fatto sopra la storia dove i santi Dottori ordinano la messa, è una Teologia con libri et altre cose attorno, co’ medesimi putti, non men bella che l’altre. […] Egli fece fare a Gian Barile, in tutte le porte e palchi di legname, assai cose d’intaglio lavorate e finite con bella grazia. […] E nel vero egli vi fece figure e teste, oltra la bellezza straordinaria, tanto nuove, varie e belle, che si fa giudizio commune degli artefici che questa opera, fra tante quant’egli ne fece, sia la più celebrata, la più bella e la più divina, avvengaché, chi vuol conoscere [il] mostrare [in] pittura Cristo trasfigurato alla divinità, lo guardi in questa opera, nella quale egli lo fece sopra a questo monte, diminuito in una aria lucida con Mosè et Elia, che alluminati da una chiarezza di splendore si fanno vivi nel lume suo. […] Ma conoscendo nondimeno che non poteva in questa parte arrivare alla perfezzione di Michelagnolo, come uomo di grandissimo giudizio considerò che la pittura non consiste solamente in fare uomini nudi, ma che ell’ha il campo largo, e che fra i perfetti dipintori si possono anco coloro annoverare che sanno esprimere bene e con facilità l’invenzioni delle storie et i loro capricci con bel giudizio, e che nel fare i componimenti delle storie chi sa non confonderle col troppo et anco farle non povere col poco, ma con bella invenzione et ordine accomodarle, si può chiamare valente e giudizioso artefice.

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